lezioni dalla crisi: perché il parlamento dovrebbe sfiduciare la commissione

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Lezioni dalla crisi: perché il Parlamento dovrebbe sfiduciare la Commissione (il testo del mio intervento al convegno "Morire per l'euro?", organizzato dal gruppo EFD presso il Parlamento Europeo il 3 dicembre 2013. Qui il video originale ). ( English version here ) Grazie Magdi per l'invito a questo incontro così importante. Vi parlerò in inglese, e in questo c’è un’amara ironia. Perché? Perché l'inglese è la lingua del paese dov'è nata la scienza economica, almeno così come la conosciamo oggi, e che forse per questo motivo non è entrato nell'euro e sta seriamente considerando l'uscita dall'Unione Europea. È abbastanza paradossale che per poter essere capito dalla fetta più vasta possibile di cittadini europei io debba utilizzare proprio la lingua di questo paese. È una lezione importante per quanti credono che gli Stati Uniti d'Europa siano una possibilità vera, concreta. In effetti la lezione è duplice. Primo: qui c'è una maggioranza di italiani e la soluzione più democratica sarebbe che io parlassi in italiano. Ma vi do una lezione di politica europea: io appartengo ad un'élite, ne vado fiero, quindi decido per voi e parlo in inglese. E questa è la prima lezione. Seconda lezione: non sono contro l'Europa. Posso viaggiare in Europa, parlando nelle rispettive lingue con buona parte delle popolazioni che incontro. La prima volta che sono andato in Portogallo mio figlio ha detto a mia moglie: “Questo è il primo paese dove il babbo non parla la lingua locale!”, ed è vero, perché purtroppo non parlo il portoghese e non lo capisco. Ma con l'inglese si può praticamente girare il mondo, e anche l'Europa. Fatta questa premessa, andiamo avanti con il contenuto. Nel mio intervento cercherò di mettere i problemi che stiamo vivendo nella giusta prospettiva. La prima cosa che vi mostrerò è che gli squilibri finanziari, e quindi le crisi debitorie, derivano spesso da squilibri di distribuzione del reddito. Questo non va sottovalutato perché ci dà indicazioni positive rispetto a quello che dovremmo fare una volta fuori dall'euro. Secondo punto: il matrimonio tra moneta unica e riforme economiche è burrascoso. Ci è stato detto che la moneta unica ci avrebbe costretto a riforme che erano assolutamente necessarie, ma ora sappiamo che la letteratura economica presenta molte argomentazioni per confutare queste argomentazioni e sostenere la tesi contraria: i tassi di cambio fissi, o peggio la moneta unica, in realtà sono strumenti utili per procrastinare le riforme economiche. Poi andrò avanti presentando le due principali lezioni derivanti dalla crisi: la prima è che dovremmo cominciare da una riforma del mercato del lavoro a livello europeo, la seconda è che dovremo togliere di mezzo l'euro. Queste sono due condizioni necessarie, per i motivi che presto vi spiegherò e che in parte sono stati spiegati anche da Antonio (Maria Rinaldi, ndr) e da Claudio (Borghi Aquilini, ndr). Un’altra premessa: la crisi della zona euro ha origine nella finanza privata. Gli squilibri finanziari nel settore privato sono stati promossi da problemi di competitività e da mercati finanziari non regolamentati. È un’impostura presentare la crisi della zona euro come crisi di debito pubblico. Questo non ve lo dice Claudio Borghi Aquilini, ma Vítor Constâncio... E chi è questo Vítor Constâncio? Il vice presidente della Banca Centrale Europea. Sentiamo dunque la parola di questo signore con la “S” maiuscola: “Gli squilibri han trovato origine principalmente dalle spese nel settore privato”, punto secondo: “finanziate dal settore bancario dei paesi creditori e debitori”, punto terzo:

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Il testo dell'intervento di Alberto Bagnai al convegno "Morire per l'euro?", organizzato dal gruppo EFD presso il Parlamento Europeo il 3 dicembre 2013.

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Lezioni dalla crisi: perché il Parlamento dovrebbe sfiduciare la Commissione

(il testo del mio intervento al convegno "Morire per l'euro?", organizzato dal gruppo EFD presso ilParlamento Europeo il 3 dicembre 2013. Qui il video originale).

( English version here )

Grazie Magdi per l'invito a questo incontro così importante. Vi parlerò in inglese, e in questo c’è un’amaraironia. Perché? Perché l'inglese è la lingua del paese dov'è nata la scienza economica, almeno così come laconosciamo oggi, e che forse per questo motivo non è entrato nell'euro e sta seriamente considerando l'uscitadall'Unione Europea.

È abbastanza paradossale che per poter essere capito dalla fetta più vasta possibile di cittadini europei iodebba utilizzare proprio la lingua di questo paese. È una lezione importante per quanti credono che gli StatiUniti d'Europa siano una possibilità vera, concreta. In effetti la lezione è duplice.

Primo: qui c'è una maggioranza di italiani e la soluzione più democratica sarebbe che io parlassi in italiano.Ma vi do una lezione di politica europea: io appartengo ad un'élite, ne vado fiero, quindi decido per voie parlo in inglese. E questa è la prima lezione.

Seconda lezione: non sono contro l'Europa. Posso viaggiare in Europa, parlando nelle rispettive lingue conbuona parte delle popolazioni che incontro. La prima volta che sono andato in Portogallo mio figlio ha dettoa mia moglie: “Questo è il primo paese dove il babbo non parla la lingua locale!”, ed è vero, perchépurtroppo non parlo il portoghese e non lo capisco. Ma con l'inglese si può praticamente girare il mondo, eanche l'Europa.

Fatta questa premessa, andiamo avanti con il contenuto.

Nel mio intervento cercherò di mettere i problemi che stiamo vivendo nella giusta prospettiva. La prima cosache vi mostrerò è che gli squilibri finanziari, e quindi le crisi debitorie, derivano spesso da squilibri didistribuzione del reddito. Questo non va sottovalutato perché ci dà indicazioni positive rispetto a quello chedovremmo fare una volta fuori dall'euro. Secondo punto: il matrimonio tra moneta unica e riformeeconomiche è burrascoso. Ci è stato detto che la moneta unica ci avrebbe costretto a riforme che eranoassolutamente necessarie, ma ora sappiamo che la letteratura economica presenta molte argomentazioni perconfutare queste argomentazioni e sostenere la tesi contraria: i tassi di cambio fissi, o peggio la monetaunica, in realtà sono strumenti utili per procrastinare le riforme economiche. Poi andrò avanti presentando ledue principali lezioni derivanti dalla crisi: la prima è che dovremmo cominciare da una riforma del mercatodel lavoro a livello europeo, la seconda è che dovremo togliere di mezzo l'euro.

Queste sono due condizioni necessarie, per i motivi che presto vi spiegherò e che in parte sono stati spiegatianche da Antonio (Maria Rinaldi, ndr) e da Claudio (Borghi Aquilini, ndr).

Un’altra premessa: la crisi della zona euro ha origine nella finanza privata. Gli squilibri finanziari nel settoreprivato sono stati promossi da problemi di competitività e da mercati finanziari non regolamentati. Èun’impostura presentare la crisi della zona euro come crisi di debito pubblico. Questo non ve lo dice ClaudioBorghi Aquilini, ma Vítor Constâncio...

E chi è questo Vítor Constâncio? Il vice presidente della Banca Centrale Europea.

Sentiamo dunque la parola di questo signore con la “S” maiuscola:“Gli squilibri han trovato origine principalmente dalle spese nel settore privato”,

punto secondo: “finanziate dal settore bancario dei paesi creditori e debitori”,

punto terzo:

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“il mercato finanziario europeo non ha funzionato in conformità con la teoria economica” (aggiungo:secondo la sua teoria, perché altri economisti invece avevano previsto quello che poi sarebbe successo e stasuccedendo),

punto quarto: “l’esposizione creditoria verso i paesi sotto stress è più che quintuplicata” (e questo ve l'ha mostrato Claudio,facendo vedere che l’Italia è stata il paese meno coinvolto in questa esplosione massiccia del debito estero),

e infine: “ciò ha portato alla perdita di competitività”.

Sintesi: le economie periferiche sono state drogate dal debito estero proveniente dai paesi “core”.

L’ha detto Vítor Constâncio ad Atene il 23 Maggio di quest'anno, vi sta bene?

Non c'è bisogno di applaudirmi perché è banale...è banale, tutto quello che dirò oggi sono banalità,qualsiasi economista lo sa, credetemi, credete a me, non a Mario Draghi!

Andiamo a vedere la spesa pubblica primaria nella zona euro. L'Italia spesso è accusata da personeprovenienti da altri paesi, per lo più esportatori di zanzare, che l'accusano di essere uno dei paesi col settorepubblico più spendaccione, uno dei paesi meno accorti. Ciò è semplicemente falso.

Andate a vedere i dati: l'Italia ha un rapporto spesa pubblica/Pil che è vicino, e al disotto, della media dellazona euro, se considerate la spesa pubblica primaria. Se aggiungete la spesa per interessi la situazionepeggiora, ma non di tanto. Notate un altro dettaglio: la Francia, la Finlandia, l'Austria, il Belgio, l'Olanda, la Germania, insomma, icosiddetti "virtuosi" spendono molto più, in rapporto al loro Pil, dell’Italia e dei cosiddetti PIGS: Portogallo,

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Grecia, Spagna e Irlanda. Suppongo che questi dati non vi fossero noti: molti non li conoscono, ma questidati sono importanti perché mostrano una semplice cosa: un’intera classe politica, un intero sistemadei media vi sta mentendo. E siamo in democrazia, non è vero?

Andiamo avanti. Il mantra! Viviamo nell’economia dei mantra: dobbiamo diventare più competitivi, quindidobbiamo comprimere i costi del lavoro (perché i costi delle materie prime sono in buona parte esogeni, percui possiamo agire nel breve solo su quelli del lavoro), dobbiamo diventare più produttivi...

Andiamo a vedere l'esperienza storica di un’economia avanzata che spesso ci viene portata ad esempio.Perché? Perché qualcuno pensa che i nostri problemi possano essere risolti diventando gli Stati Unitid'Europa. Andiamo allora a vedere cosa è successo negli Stati Uniti d'America.

(Fonte: Wolff, R., 2010. "In capitalist crisis, rediscovering Marx", Socialism and Democracy, 24:3, 104-146; vedianche questo post per dati di altra fonte).

Questo è un grafico interessante a mio modo di vedere: in blu vedete la produttività del lavoro, in rosso isalari reali. Sono indici che vanno dal 1890 al 2007, all'inizio dell’ultima crisi in sostanza. Cosa vedete?Vedete che ci sono stati periodi in cui la produttività è cresciuta più rapidamente dei salari reali, soprattuttoalla fine del campione. Se crediamo al mantra, questi avrebbero dovuto essere periodi di prosperità,perché un paese dove cresce la produttività e i salari reali ristagnano diventa più competitivo. Ma guardiamoquesta tabella, dove ho riportato i tassi di crescita medi delle variabili. Certo, siamo in una istituzione politica

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e qui le cifre forse non sono benvenute, ma vale la pena di dare un’occhiata a questi dati.

Ho sottolineato in rosso i due periodi in cui la produttività del lavoro è cresciuta più rapidamente rispetto aisalari reali; il primo periodo dal 1919 al 1932, quello nel quale è maturata ed esplosa la crisi di Wall Street, ilsecondo periodo dal 1971 al 2011, nel quale è maturata ed esplosa la crisi della Lehman Brothers. Vedeteanche che i salari reali sono cresciuti più della produttività durante il New Deal negli Stati Uniti, e allo stessotasso di crescita della produttività dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel periodo in cui gli Stati Unitid'America hanno liquidato gli enormi debiti di guerra accumulati per liberare l'Europa da quello che sapetevoi.

La domanda è: perché le cose vanno così male quando ci comportiamo “bene”? Perché ci sono crisi allafine dei periodi in cui siamo così competitivi? E la risposta è semplice: perché il capitalismo funziona se c'èabbastanza domanda aggregata. Non si produce per produrre: si produce per vendere. Se si reprimono i salarila domanda deve essere finanziata attraverso l'indebitamento, e ci sono diversi tipi di indebitamento chepossono essere utilizzati per questo scopo. Se siete keynesiani, proteste utilizzare il debito pubblico. Èsuccesso negli anni ’80 negli Stati Uniti d'America: sembra paradossale, ma è successo sotto il governorepubblicano di Reagan, e nello stesso periodo è successo anche in Italia col socialista Craxi. Se siete invecesiete liberisti, economisti conservatori, diciamo, forse potreste apprezzare il debito privato: “lasciamo liberi icapitali, lasciamo funzionare il mercato”. Se infine siete tedeschi, preferirete utilizzare il debito deglialtri, praticando una politica mercantilista: prestare (incautamente) agli altri per fare in modo che glialtri comprino i vostri prodotti, naturalmente comprimendo i salari a casa vostra. Questo è quello cheha fatto la Germania. Nel breve periodo è un metodo molto furbo, non lo contesto, ma purtroppo porta ad unsistema instabile, perché favorisce un eccesso di indebitamente estero, e ora stiamo pagando il prezzo diquesta instabilità.

Nel periodo della globalizzazione abbiamo visto repressione salariale ovunque nel mondo. Qui abbiamo idati per gli Stati Uniti, la Germania, la Francia e l'Italia. La caduta principale della quota salari è stata pari-8% in Germania, in Italia -5%, comunque c'è stata una riduzione un po' dappertutto. La compressione deisalari nel breve periodo è una politica che frega il vicino: si cerca di fare dumping salariale, di pagare

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il lavoro a vile prezzo, per essere più competitivi e vendere di più all'estero, crescere sulla domandaaltrui (finanziata dal debito) anziché sulla propria (finanziata dal reddito – guadagno di più e quindispendo di più, ndr). Alla fine però diventa sempre una politica che frega se stessi, perché lacompressione dei salari distrugge il mercato interno e in un'Unione Economica distruggere il mercatointerno significa andare contro la logica dell'economia. Perché? Perché come ha detto Alberto Alesina,che insegna all'Università di Harvard (non alla Gabriele D'Annunzio), come ha detto Alesina moltochiaramente nel 1997, quando era contrario all'euro, il beneficio principale di una unione economica èquello di godere di un vasto mercato interno che può agire da ammortizzatore rispetto a choc esterni(qui, nel suo commento a Obstfeld). Insomma, se c'è una recessione da qualche parte nel mondo noivendiamo di meno all’estero, certo, se c'è una domanda sufficiente a casa, nel mercato interno, se il mercatointerno è molto grande, non fa niente: si continua a crescere. Ora, questo non è successo nella zona euro, maperché? Perché l’Eurozona è stata gestita come un gioco a somma zero, dove quello che vinceva la Germaniaveniva perso dai paesi del Sud, come ha spiegato così bene Claudio.

Il gioco a somma zero sta diventando un gioco a somma negativa. L’euro è un morto che cammina.

Lo vediamo bene in questo grafico pubblicato dal Washington Post. Dopo lo shock Lehman, gli Stati Uniti,la zona euro ed il Giappone sono caduti assieme, poi hanno ripreso a crescere. Ma nel 2011 c'è statoFukushima in Giappone, Mario Monti in Italia e la Troika nella zona euro. Lo tsunami è durato ungiorno e poi il Giappone ha ricominciato a crescere. La Troika c'è ancora, è ancora al potere nell’Europaperiferica, e quel che fa davvero paura è che questo morto che cammina sta camminando nella direzionesbagliata: dovrebbe salire, invece sta scendendo. Ricordatevelo, questo grafico!

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Quello che è veramente triste, dal punto di vista di un economista accademico, è che tutto questo era statoprevisto dalla teoria economica. Sappiamo molto bene che i politici hanno scelto di prendere una decisioneche andava contro la logica economica, perché ostacolando o alterando il funzionamento del mercato lamoneta unica avrebbe avuto effetti perversi sia sul settore pubblico che su quello privato, sia dei paesideboli che di quelli forti. Non dimenticatevelo mai: tutti questi effetti sono ed erano noti, e sono menoevidenti per i paesi forti, ma ci sono anche per loro, ed è per questo motivo, per gli effetti avversi,perversi, sui paesi forti che ritengo che l'euro presto finirà.

Quali sono gli effetti perversi sui paesi deboli? Le cose non stanno come ci era stato detto. Una moneta forte,dicevano, avrebbe avuto come effetto la “disciplina” del settore pubblico. La letteratura economica ci diceche le cose stanno al contrario, in realtà. Se adottiamo un tasso di cambio fisso ed il Governo pratica unapolitica fiscale o monetaria troppo espansiva, non ci sono effetti sul mercato valutario. Se invece il cambio èflessibile, una volta che il paese si impegna in una politica monetaria e fiscale troppo espansiva va in deficitestero, s’indebita col resto del mondo, e il tasso di cambio svaluta. In questo caso il deprezzamento del tassodi cambio dà al mercato un segnale immediato del fatto che le cose non stanno andando per il verso giusto.

Perché mai la gente ha continuato a prestare soldi alla Grecia al ritmo del 10% del Pil greco e oltre per anni?Perché la Grecia era credibile. E perché era credibile? Perché aveva l'euro, aveva un cambio fisso, e quindinon c'erano segnali provenienti dal mercato che potessero avvertire gli agenti economici che le cose stavanoandando storte. Questo è il problema: AaronTornell e Andrés Velasco l'hanno spiegato sul Journal of Monetary Economics, non sulla Pravda o su qualche rivistella italiana di provincia, no: sulla più importanterivista scientifica nel campo dell’economia monetaria, pubblicata da Elsevier, la casa editrice scientifica piùprestigiosa.

Poi c’è un altro problema, sempre riferito alla creazione di incentivi “perversi”, che Martin Feldsteinsottolineò sul Journal of Policy Modeling : se si prende una valuta unica si avrà un unico tasso di interesse, equesto sarà troppo basso per i paesi deboli (sia per il loro settore pubblico che per quello privato). Ora la Germania ci accusa, ci dice che abbiamo avuto condizioni di credito troppo facili, troppo buone, ed èvero! È verissimo! Ma è proprio questo l’argomento che dimostra quanto sia illogico l’euro, perché diversipaesi devono avere tassi di interesse diversi per gestire bene le loro economie. Ribadisco: tra l'altro anche il settore privato nei paesi deboli ha un incentivo indebitarsi troppo, e questofondamentalmente è quello che ha detto Vítor Constâncio, come ricordavo all'inizio della mia presentazione.Peraltro questa argomentazione era stata esposta molto chiaramente da Roberto Frenkel e Martin Rapetti inun'altra rivista scientifica di primissimo ordine, il Cambridge Journal of Economics , circa 4 anni fa.Sottolineo la rilevanza scientifica delle riviste per evidenziare come questi studi non potessero passareinosservati ai professionisti dell'economia (a meno che non intendessero ignorarli per motivi di tatticapolitica).

Attenzione: ci sono effetti perversi anche sui paesi forti, ed è importante sottolinearlo. Se si abolisce ilrischio di cambio, se si eliminano i segnali legati ai tassi di cambio, le istituzioni finanziarie e private deipaesi forti presteranno troppo all'estero. Le banche tedesche hanno prestato troppo all'estero. Non ti puoiindebitare troppo se non c'è nessuno che presta troppo. Avete mai cercato di avere i soldi della vostrabanca? E allora sapete come vanno le cose. La moneta unica poi ha un altro incentivo perverso, per i paesiforti, oltre a quello di spingerli a prestare troppo. Come ha spiegato Claudio, la moneta unica è troppo deboleper i paesi forti, come la Germania, e consente dunque ad essi di fare grandi profitti rispetto esportando versoi paesi deboli. Il rovescio della medaglia è che questa facilità di far profitti col cambio drogato disincentivagli investimenti produttivi. Il settore privato non finanziario dei paesi forti investe troppo poco a casapropria. Hans-Werner Sinn, un importante economista tedesco, ha presentato questa argomentazione, non uneconomista americano “invidioso”, o un “pigro” economista italiano, no, è un professionista bravo, cheammiro (non sempre), ed è soprattutto un economista tedesco.

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Andiamo a vedere i dati: la Germania è il paese col più basso rapporto tra investimento e PIL in Europa nelperiodo 1999-2007. Insomma: dimenticatevi la favoletta dalla Germania che è competitiva perchéinveste tanto. Scordatevelo, va bene?

Andiamo avanti. Cosa ha fatto la Germania?

Ha fatto una politica assolutamente standard di dumping salariale, esattamente quella che, ironia della sorte,

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rimproveriamo alla Cina, dove però i salari crescono e la povertà cala. I paesi del Nord ci danno la colpadella crisi perché non avremmo fatto le riforme strutturali. Cosa sono le riforme strutturali? Sono pagareun po' meno i lavoratori. La Germania ha cominciato a farlo nel 2002. In nero vedete la quota salari inGermania dal 2002 al 2007, e il suo crollo dopo le cosiddette riforme Hartz, un tipo che pare avesseabitudini abbastanza simili a quelle di Berlusconi (ma questo è un altro discorso, non voglio entrare neipettegolezzi). La discesa dei salari è impressionante, e ha reso possibile un aumento di competitività proprioperché il tasso di cambio coi principali partner era fisso (ne riparlerò dopo).

Ma questa politica dei redditi slealmente competitiva ha costi sociali nascosti.

(Fonte: http://inequalitywatch.eu/spip.php?article114&lang=en).

Osservate l’andamento della disuguaglianza del reddito in Germania: vedete quanto è aumentata rapidamentedopo l'approvazione delle cosiddette riforme strutturali? La Germania è il paese della zona euro dove lediseguaglianze sono cresciute di più in questo periodo: la povertà cresce, cresce il divario fra Est eOvest, e quello tra lavoratori strutturati e lavoratori precari o con contratti atipici.

Due condizioni sono necessarie per superare la crisi.

Primo, armonizzare i mercati del lavoro dei paesi membri, riportando i salari reali in linea con la produttivitàdel lavoro ovunque nella zona euro, perché se un paese fa il giochetto sporco della Germania comprimendole dinamiche dei salari reali al di sotto della dinamica della produttività alla fine saltiamo tutti. Dobbiamoregolamentare nuovamente i mercati finanziari europei, e naturalmente dobbiamo smantellare l'euro, edobbiamo farlo ora, sia per motivi di breve termine che per motivi di lungo termine. Analizziamo questipunti.

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(Fonte: Reinhart, C., Sbrancia, B., 2011, "The liquidation of government debt", BIS Working Papers, N. 363 -http://www.bis.org/publ/work363.pdf ).

Andate a vedere la linea arancio, che descrive un secolo di debito pubblico nei paesi avanzati. Abbiamo duepicchi evidenti, e una evidente fase di discesa ordinata. Partiamo da qui: questa fase (nel box rosso) è quella in cui come vi ho detto prima i paesi avanzati hannoliquidato l'enorme debito accumulato a causa del secondo conflitto mondiale. È un periodo che va diciamodal 1946 fino al 1971. Guardate la situazione attuale (nel box verde): c’è stato un aumento improvviso del debito pubblico, dovutoal bisogno di salvare la finanza privata, che ha imposto ai governi uno sforzo enorme, che si è tradotto in unmassiccio e improvviso accumulo di debito pubblico. Per quanto riguarda il debito pubblico, lasituazione attuale è molto simile a quella vissuta alla fine della Seconda guerra mondiale. Veniamo datrent'anni di guerra del capitale contro il lavoro. Cos’è successo a quel tempo, cosa è stato fatto dai governidopo la Seconda guerra mondiale?

Due cose.

La prima l'abbiamo già vista in precedenza: questo è il periodo in cui i salari reali sono cresciuti in linea conla produttività, quindi c'è stata una equa distribuzione del reddito. La seconda è che abbiamo regolamentato i mercati finanziari. Consideriamo questo punto. La liquidazionedell'enorme debito dopo la Seconda guerra mondiale è stata resa possibile da due cose: intanto, daquello che gli economisti chiamano “repressione finanziaria” (io la chiamerei piuttosto“regolamentazione finanziaria”). Carmen Reinhart e Belen Sbrancia hanno analizzato questo processostorico nel loro paper del 2011. La seconda cosa che ha facilitato il rientro del debito è stata l'equadistribuzione del reddito: il capitalismo funzionava come afferma (o pretende) di funzionare, cioèpagando i fattori della produzione in funzione della produttività. Ciò ha favorito la crescita e ha

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evitato l’accumularsi di ulteriori debiti per assorbire la produzione, rendendo possibile il rientro daidebiti pregressi, perché qualsiasi problema di debito è sempre un problema di crescita del reddito.

Cosa vuol dire repressione finanziaria? Dovremmo reintrodurre per esempio qualche forma di regolamento,di norma Glass–Steagall, cioè separare le banche commerciali dalle banche d'investimento, perché ilmodello tedesco di banca universale non ha funzionato. Dovremmo riconsiderare la posizione dellebanche centrali. L'indipendenza della banca centrale è stata additata come una minaccia allademocrazia da economisti come Josef Stiglitz o Axel Lejonhufvud (che è meno noto al grande pubblico, maè comunque un economista keynesiano molto importante).

Cosa vuol dire adeguata distribuzione dei redditi?

Ci sono diverse proposte: ne prendo una di un economista tedesco, per mostrarvi che i tedeschi non sono imiei nemici, sono amici, perché viviamo nello stesso mondo e viviamo in questo mondo per un periodomolto breve: la vita è breve e non val la pena di viverla male quando abbiamo i mezzi tecnici per viveremolto meglio. Un' equa distribuzione del reddito vuol dire che il salario nominale contrattuale dovrebbe aumentare al tassodella crescita della produttività aumentato dall'obiettivo d'inflazione (se decidiamo di conservare un obiettivod’inflazione comune fra paesi europei).

Questo significa equa distribuzione del reddito: che chi produce sia remunerato in proporzione al propriocontributo.

L'euro è un morto che cammina. Avete notato la dichiarazione di Jens Weidmann, il presidente dellaBundesbank, quando ha detto che il prossimo stress test del settore bancario sarà eseguito considerandodiversi coefficienti di rischio per i titoli sovrani? Capite cosa vuol dire? Vuol dire che il "whatever ittakes", il "faremo qualsiasi cosa" di Draghi, era un bluff, perché se avesse ragione Draghi i titolipubblici avrebbero rischio zero. Questo significa che in Germania qualcuno è stufo di questa situazione e vuole smantellare l'euro. Le dichiarazioni di Hans-Werner Sinn, sul fatto che Berlusconi sia stato messo da parte perché stavapreparando l'uscita dall'euro dell'Italia dice molto: Sinn ha sempre detto che i paesi del Sud dovrebberouscire dall’euro (e lui è un economista tedesco), e se è lui che fa questa affermazione, si tratta di un segnalepolitico molto importante. Le opinioni dei nostri Letta, Renzi, Napolitano, e dei loro bardi, sono irrilevanti.

I motivi di breve periodo per smantellare l'euro sono ovvi: la flessibilità del cambio consentirebbe unriequilibrio simmetrico degli enormi squilibri accumulati durante il periodo dell'euro. Ci sono però anchemotivi di lungo periodo. Per integrare le rispettive economie i Paesi europei non possono rinunciare a due caratteristiche dei tassiflessibili. La prima è la funzione di segnalazione (signaling): il tasso flessibile dà un segnale rapido e chiaro almercato se c'è qualcosa che sta andando storto in un paese. La seconda è la funzione di adempimento degli accordi: questa funzione è stata evidenziata nel 1957 daJames Meade, venti anni prima di vincere il Nobel (nel 1977). Si tratta, ve lo sottolineo, di un economistaillustre, che poi è stato dimenticato, ingiustamente, perché molto attuale, e nel mio libro concludo la miaproposta di politica economica utilizzando appunto un articolo che lui scrisse nell'anno in cui sono statifirmati i Trattati di Roma (1957).

Meade dice che se un governo europeo vuole utilizzare politiche monetarie o di bilancio in modo noncooperativo, a esclusivo fine di stabilizzazione interna, se per esempio, usando le sue parole “nella presentesituazione di surplus delle partite correnti le autorità tedesche dovessero usare la politica monetaria percontenere l’inflazione...bisognerà fare maggior ricorso all’arma della variazione del cambio”. La flessibilitàdel tasso di cambio è un'arma difensiva contro il comportamento non cooperativo di altri stati membridi un’Unione Economica e Monetaria, ed è l’arma più efficace, perché di fronte a politiche di dumpingsociale così forti come quelle praticate dalla Germania il tasso nominale tedesco si sarebbe apprezzato.

Sarebbe andata così: “Cari tedeschi, va bene, siete bravi, avete fatto le riforme senza aspettarci, che bello!Così facendo oggi violereste l'art. 5 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, ma che gli fa,siamo amici, va bene così. Ora i vostri prodotti costano di meno, fantastico! Ci piacciono molto, benissimo!

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Siete un paese in surplus, che bello, vi facciamo anche un applauso...” Ma se dieci anni or sono per comprare i prodotti tedeschi avessimo dovuto comprare la valuta tedesca,questa, essendo molto richiesta, si sarebbe apprezzata, e così a lla Germania non sarebbe servito a moltoschiacciare i salari dei propri lavoratori!

Noi viviamo in un sistema sovietico dove abbiamo pianificato il prezzo più importante per un paese, ilprezzo della sua valuta.

Un’ultima osservazione.

Cosa dovreste fare, in qualità di deputati europei? Visto che difendendo l'euro a tutti i costi la

Commissione sta distruggendo, con politiche di austerità rese necessariedall'euro, le prospettive di sopravvivenza dell'Unione Europea, perché questo è quello che

sta succedendo, allora voi deputati dovreste utilizzare il vostro potere di sfiduciare la CommissioneEuropea e costringerla a dimettersi. Perché la Commissione sta distruggendo l'Europa, e questo non èquello che ci si aspetta da lei. Forse non avete i numeri per farlo ora, ma dopo le prossime elezioni le cosepotrebbero cambiare, come avevo previsto ormai due anni fa, e se non segnalate il vostro dissenso versoquesta situazione assumete un rischio politico e probabilmente dovrete anche pagare un costo politico.

State attenti, e buona fortuna!

Fonte: http://goofynomics.blogspot.it/2013/12/lezioni-dalla-crisi-perche-il.html

Filmato: http://youtu.be/888DTmP4iVY