maria angela cascarano - composizione chimica dell'olio extravergine di oliva
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Tesina a cura del dott.ssa Maria Angela Cascarano - Corso di formazione "valore nutrizionale e salutistico di prodotti agroalimentari” - Università degli studi di Bari luglio 2012TRANSCRIPT
“VALUTAZIONE NUTRIZIONALE E SALUTISTICO DI
PRODOTTI AGROALIMENTARI”
Dip. di Scienze Mediche di Base - Università degli Studi di Bari “Aldo MORO”
Dip. di Interdisciplinare di Medicina - Università degli Studi di Bari “Aldo MORO”
Dip. di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali, Università del Salento, Lecce
Istituto di Fisiologia Clinica – CNR, Lecce
Dott.ssa Maria Angela CASCARANO
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INDICE
1. COMPOSIZIONE CHIMICA DELL’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA pag. 1- frazione saponificabile pag. 1- frazione insaponificabile pag. 3
• Tocoferoli pag. 3• Steroli pag. 3• composti fenolici pag. 4• pigmenti colorati pag. 5• alcoli pag. 5• altri composti pag. 6• idrocarburi pag. 6• alcoli terpenici pag. 6• fosfolipidi pag. 6
- Valutazione del contenuto fenolico dell’olio extravergine d’oliva pag. 7
- Valutazione del contenuto in tocoferoli dell’olio extravergine d’oliva pag. 112. VALUTAZIONE BIOCHIMICA E BIOLOGICO MOLECOLARE DEL VALORE pag. 13ANTIOSSIDANTE DEI COSTITUENTI MINORI E DELL’IMPATTOSULLA BIOENERGETICA CELLULARE3. VALUTAZIONE CLINICA DEL POTERE SALUTISTICO DEGLI OLI pag. 20EXTRA-VERGINE DI OLIVA4. VALUTAZIONE ORGANOLETTICA SENSORIALE: PREGI E DIFETTI pag. 29DELL’OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA• panel test pag. 29• vocabolario dell’olio extravergine d’oliva pag. 30• caratteristiche sensoriali pag. 31• fattori che influenzano la qualità dell’olio extravergine pag. 32• la bontà dell’olio d’oliva pag. 33• i pregi pag. 34• i difetti pag. 36• flavor determinati dalle condizioni climatiche, tempi pag. 37
e luoghi di conservazione delle olive• tecnologie di estrazione pag. 38• tecniche di conservazione pag. 39• procedura per classificare l’olio di oliva in funzione del livello di pag. 40
percezione dei difetti5. PROCEDURE PER LA PRODUZIONE DELL’OLIO EXTRAVERGINE pag. 41DI OLIVA• centrifuga pag. 47• parametri relativi alla qualità dell’olio pag. 47BIBLIOGRAFIA pag. 51
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Composizione chimica dell'Olio extravergine di
Oliva
E' noto che le caratteristiche di un olio d'oliva dipendono da molti fattori:
cultivar, ambiente pedo-climatico, sistema di coltivazione, epoca e sistema di
raccolta delle olive, tecnologia e modalità di trasformazione, e conservazione del
prodotto.
Gli olii d'oliva si differenziano sia per caratteristiche organolettiche (aroma,
odore, sapore), sia per le caratteristiche chimiche (composizione, acidità, ecc.).
Molti di questi fattori che influenzano la qualità di un olio non sono modificabili (per
esempio condizioni pedo-climatiche), poichè tipici di un determinato luogo, altri
invece possono essere facilmente adattabili, come le tecniche colturali e modalità
di estrazione. Pertanto, per produrre un olio eccellente bisogna individuare ed
evidenziare, le caratteristiche organolettiche e chimiche migliori, degne di
attenzione da parte del consumatore.
Chimicamente l’olio d’oliva è un grasso che si presenta liquido ad una
temperatura ambiente di circa 20°C, ed è composto da una frazione
“saponificabile” (trigliceridi per il 98-99%), e da una frazione “insaponificabile”
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(rimanente 1-2%).
Frazione saponificabile
E’ composta dagli acidi grassi saturi ed insaturi e sono questi ultimi,
caratterizzati da uno o più doppi legami, a rendere l’olio d’oliva facilmente
attaccabile dall’ossigeno.
La composizione acidica dell’olio d’oliva è costituita prevalentemente (fino
all’83%) dall’acido oleico, che è un acido grasso monoinsaturo, e da altri acidi grassi
presenti in percentuali molto inferiori come ad esempio il palmitico (5,7-18,6%) e lo
stearico (0,5-4,0%) che sono acidi grassi saturi, cioè senza doppi legami.
La frazione acidica è completata dall’acido linolenico (0,1- 0,6%) e linoleico
(3,5-20,0%), che sono acidi grassi polinsaturi chiamati anche “acidi grassi essenziali”
(AGE) perchè indispensabili per l’accrescimento e la funzionalità dei tessuti
dell’uomo che non è in grado di sintetizzali.
L’alto contenuto in acidi grassi monoinsaturi presenti nell’olio d’oliva è la
principale caratteristica che lo differenzia dagli altri grassi di origine vegetale.
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Frazione insaponificabile
Questa frazione è costituita da un numeroso gruppo di componenti minori
(circa 220 sostanze), che complessivamente costituiscono circa l’1-3% del totale e
svolge un ruolo molto importante sia dal punto di vista nutrizionale salutistico che
organolettico, oltre che rappresentare un prezioso riferimento analitico per il
controllo di genuinità del prodotto. I principali componenti sono i tocoferoli, gli
steroli, i polifenoli, i pigmenti, gli alcoli, ecc..
• Tocoferoli:
sono presenti con le forme α, β, γ e δ. Il 90% della componente tocofenolica è
nella forma α, che è anche quella biologicamente più attiva e nota come vitamina
E. I tocofenoli sono antiossidanti naturali che inibiscono il processo di
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irrancidimento del prodotto, e per svolgere questa funzione protettiva occorre che
il rapporto tra quantitativo di vitamina E (mg) e quello di acidi polinsaturi (g) non
sia inferiore a 0,79 mg/g;
• Steroli:
svolgono un ruolo importante per accertare la genuinità del prodotto poiché la
frazione sterolica di un olio di oliva è tipica e non confondibile con quella di altri
olii. Alcuni fitosteroli identificati nell’olio d’oliva sono: colesterolo (solo tracce),
campesterolo, stigmasterolo, clerosterolo e ß-sitosterolo, quest’ultimo non deve
essere inferiore al 93% del totale. La presenza di fitosteroli nell'olio di oliva è
peculiare, infatti è l'unico che possiede una concentrazione particolarmente elevata
di b-sitosterolo, sostanza che si oppone all'assorbimento intestinale del colesterolo.
Studi sperimentali ed epidemiologici hanno dimostrato che una dieta ricca di
fitosteroli offre una buona protezione verso tumori al colon – seno e prostata.
Inoltre riducono i valori di LDL-colesterolo senza alterare quelli di HDL-colesterolo,
diventando anche fattore protettivo verso le malattie cardiovascolari. Numerose
sono le ipotesi per quanto riguarda il meccanismo d’azione di queste molecole verso
la profilerazione delle cellule tumorali. In particolare l’azione del -sitosterolo
sulle cellule neoplastiche si manifesta mediante un aumento dell’apoptosi, cioè
della morte programmata della cellula. Infine recentemente è stata evidenziata una
funzione di stimolo da parte del -sitosterolo sulle funzioni del sistema
immunitario, in particolare sulla proliferazione dei linfociti anche se ancora non è
noto il meccanismo d’azione.
• Composti fenolici:
i composti fenolici dell'olio d'oliva differiscono da quelli contenuti nelle olive,
e il loro aspetto quali-quantitativo è fortemente condizionato dalla varietà, stadio
di maturazione al momento della raccolta e dal processo di estrazione. Infatti,
essendo idrosolubili, durante il processo di estrazione una parte consistente di
polifenoli viene allontanata con le acque di vegetazione; inoltre è noto che le azioni
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enzimatiche che avvengono durante l'estrazione determinano la scissione in
molecole più semplici rispetto a quelle che si trovano nell'oliva. Gli oli di oliva
vergine ed extra-vergine comunque sono gli unici grassi vegetali che contengono
naturalmente quantità apprezzabili (50-500 mg/kg) di sostanze fenoliche; il
riferimento agli olii vergini non è casuale perchè qualsiasi tipo di manipolazione
chimica di rettificazione si compia su questo prodotto non può che distruggere
completamente il patrimonio fenolico naturale. Il potere antiossidante dei
polifenoli, evidenziato da alcuni studiosi, ha consolidato l'importante ruolo che
questi composti svolgono sulla stabilità dell'olio d'oliva; la letteratura è ricca di
informazioni che mettono in rilievo la correlazione positiva tra quantità di polifenoli
totali in oli vergini e la resistenza nel tempo all'ossidazione (periodo di induzione).
Inoltre, studiosi hanno evidenziato l'azione sinergica tra polifenoli e α-
tocofenoli (vitamina E) sulla stabilità dell'olio d'oliva vergine;
svolgono un’altra azione antiossidante. Ricordiamo l'idrossitirosolo, l'oleoeuropeina,
l'acido ferulico e l'acido caffeico. L'insieme di queste sostanze conferisce all'olio di
oliva, e soprattutto a quello vergine, una particolare stabilizzazione contro i
processi di autossidazione cui si associa una attività protettiva nei confronti delle
perossidazioni biologiche. Quando il frutto matura la concentrazione di oleuropeina
diminuisce e si elevano i livelli di idrossitirosolo. Studi in vitro e in vivo hanno
evidenziato che l’oleuropeina, l’idrossitirosolo e il tirosolo hanno un ruolo protettivo
verso le infezioni batteriche del tratto intestinale e respiratorio nell’uomo.
Studi epidemiologici hanno evidenziato che il contenuto in polifenoli ha una
notevole influenza su alcune diffuse patologie come l’ipertensione, l’arteriosclerosi
(ritardano l’ossidazione delle LDL-colesterolo), la prevenzione di alcuni tipi di
tumore (mammella – stomaco – colon – endometrio - ovaio e prostata) ed un forte
impatto sulle caratteristiche del prodotto relative alle sensazioni di amaro e
piccate.
• Pigmenti colorati:
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impartiscono le colorazioni caratteristiche all'olio d'oliva, essi sono
rappresentati da clorofille e carotenoidi (colore giallo). Le clorofille di tipo a e b
conferiscono agli oli appena estratti il colore verde intenso, possono oscillare tra 0 a
10 ppm, e anch'essi variano in relazione alla cultivar ed allo stadio di maturazione
dei frutti. Queste sostanze meritano attenzione poichè in presenza di luce agiscono
sull'olio come proossidanti, mentre al buio, in sinergia con i fenoli lo proteggono
dall'ossidazione; la clorofilla svolge biologicamente un'azione di eccitamento sul
metabolismo, di stimolo sulla crescita cellulare e sulla produzione del sangue e di
accelerazione dei processi di cicatrizzazione.
• Alcoli:
gli alcoli alifatici sono presenti in piccolissime quantità; in maggior quantità
(500mg/l) sono presenti gli alcoli triterpenici, segno della presenza di olio di sansa
decerato. Alcoli terpenici possono essere presenti sia liberi che esterificati con acidi
grassi. Di particolare interesse è il cicloartenolo la cui azione favorisce
l’eliminazione di colesterolo in seguito ad un aumento della secrezione degli acidi
biliari. Gli alcoli hanno una grande importanza analitica, per l'individuazione degli
oli ottenuti mediante estrazione con solvente oppure mediante pressione
meccanica.
• Altri composti:
sono costituiti da cere, aldeidi, esteri, chetoni, ecc. Alcuni di questi
influenzano la nota aromatica dell’olio e quindi sono composti coinvolti nella
valutazione edonistica del prodotto ovvero nella definizione dei flavour (insieme
delle percezioni degli stimoli gusto-olfattivi tattili e cinestesici); nella biochimica,
della nota di “fruttato”, la componente aromatica e la frazione fenolica sono tra i
principali responsabili della diversità degli oli e delle relative caratteristiche di
tipicità.
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• Idrocarburi:
rappresentano circa il 60% dell'insaponificabile, e di questi il 60-70% è rappre-
sentato dallo squalene (idrocarburo saturo) che incide sulle proprietà nutrizionali
degli oli, mentre la restante parte (compreso il beta-carotene) svolge funzione pre-
minente per l'accertamento delle caratteristiche di genuinità e qualità del prodotto;
sono in parte saturi ed in parte insaturi, probabilmente si formano come prodotti
collaterali durante la sintesi degli acidi grassi.
• Alcoli terpenici:
sono presenti nell'olio di oliva sia liberi che esterificati con gli acidi grassi. Di
particolare interesse è il cicloartenolo la cui azione favorisce l'escrezione fecale del
colesterolo per aumento dell'escrezione degli acidi biliari.
• Fosfolipidi:
presenti in quantità non molto elevate, sono rappresentati dalla
fasfatidilcolina e dalla fasfatidilenolamina.
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Composti fenolici presenti nell’olio d’oliva extravergine
Valutazione del contenuto fenolico dell’olio extravergine d’oliva
Il contenuto fenolico totale dell’olio vergine di oliva viene determinato
utilizzando un metodo colorimetrico a 765 nm, che prevede l’utilizzo del reattivo
Folin-Ciocalteau sull’estratto metanolico ottenuto dall’olio vergine di oliva.
L’insieme dei composti fenolici viene ossidato dal reattivo di Folin Ciocalteau,
costituito da una miscela di acido fosfotunstico (H3PW12O40) e acido
fosfomolibdico (H3PMo12O40), che si riduce in una miscela di ossidi blu di
tungsteno e molibdeno (W8O23 e Mo8O), grazie all’ossidazione dei fenoli. La
determinazione si effettua sull’estratto metanolico ottenuto dall’olio vergine di
oliva. Per ottenere l’estratto metanolico 10 ml di una soluzione metanolo/acqua
(80:20 v/v) viene miscelata con 10 gr di olio di oliva; la miscela viene poi agitata
per 30 minuti e dopo un’attesa di ulteriori 15 minuti centrifugata. Dopo la
centrifugazione viene raccolto il surnatante (estratto metanolico) dove sono
presenti le sostanze fenoliche. L’estrazione viene ripetuta per due volte. L’estratto
metanolico così ottenuto viene posto in congelatore per 24 h a -20 °C per
permettere la decantazione dell’olio residuato nel estratto metanolico. Ad 1ml di
estratto metanolico così ottenuto vengono aggiunti 10 ml di reattivo Folin-
Ciocalteau e 9 ml di soluzione al 7,5% di Na2CO3 per creare l’ambiente basico
(1:10). Dopo due ore si può effettuare la lettura allo spettrofotometro a 765 nm,
utilizzando come bianco una miscela formata da 10 ml di reattivo di Folin, 9 ml
della soluzione al 7,5% di Na2CO3 e 1 ml della miscela metanolo /acqua. Un’analisi
più dettagliata a livello molecolare viene effettuata applicando tecniche
separative.
Tra queste le più usate sono le tecniche cromatografiche ed in particolare
l’HPLC. La cromatografia è un metodo chimico-fisico di separazione che sfrutta la
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tendenza delle varie sostanze a distribuirsi, secondo determinati rapporti, tra due
fasi distinte e separate, di cui una mantenuta fissa e l’altra mobile. Dal punto di
vista teorico la cromatografia si basa su principi teorici diversi, tra cui
l’adsorbimento, la ripartizione e lo scambio ionico. La cromatografia liquida ad alte
prestazioni, detta anche cromatografia liquida ad alte pressioni o più comunemente
HPLC, utilizza come principi l’adsorbimento e la ripartizione mentre le fasi
stazionarie sono impaccate in colonne chiuse con materiali di granulometria (5-10
mm): in tal modo viene aumentata la superficie di contatto fra fase mobile e fase
stazionaria e l’impaccamento diviene più omogeneo. Di solito si usano colonne
rettilinee lunghe 20-50 cm e con un diametro di 1-4 mm, anche se attualmente
sono disponibili colonne capillari di diametro inferiore. Utilizzando queste colonne
è necessario che la fase mobile venga fatta fluire ad alta pressione perché,
attraverso colonne con impaccamento a granulometria così fine, il flusso
dell’eluente diventa molto lento. Con l’impiego di pompe particolari, capaci di
applicare pressioni di 50-150 atm, diventa possibile ottenere flussi di alcuni
ml/min, sufficienti ad ottenere l’eluizione in tempi ragionevolmente brevi. Le fasi
stazionarie utilizzate per la separazione dei composti fenolici contenuti nell’olio
vergine di oliva lavorano in fase inversa ovvero, sono meno polari della fase mobili.
Le fasi stazionarie inverse usate sono in genere formate da silice su cui sono
legati dei gruppi non polari. I gruppi non polari che più spesso si trovano legati alla
superficie del supporto sono i gruppi organici gruppi organici –CH3, –C8H17, –C18H37.
Di questi il gruppo a18 atomi di carbonio (gruppo ottadecil) è il più
frequente–CH. I nomi comunemente usati per questo tipo di fase stazionaria sono
ODS e C18. Con questo tipo di fasi stazionari non polari di solito l’eluizione viene
condotta con fase polare, che è quasi sempre una miscela di solvente polare e di
uno apolare, in modo da poterne variare la forza mediante la composizione. In
questo caso saranno le sostanze polari, trascinate dalla fase mobile ad essere eluite
per prime. Si può poi effettuare una valutazione qualitativa e/o quantitativa della
separazione sottoponendo gli eluiti a misurazioni, che possono essere eseguite in
contino. Le misurazioni in continuo possono essere ottenute facendo passare
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l’eluito attraverso un rivelatore strumentale. Il rivelatore registra la variazione di
una determinata proprietà dell’eluito mentre questo lo attraversa. I rivelatori più
usati sono:
• ad assorbimento a serie di diodi a fluorescenza,
• a indice di rifrazione,
• elettrochimico (amperometrico e a conducibilità),
• a spettrometro di massa.
L’analisi dei picchi cromatografici ci permette di individuare la presenza di
uno specifico componente (analisi qualitativa), e quantificare le sostanze presenti
nella miscela (analisi quantitativa). L’analisi quantitativa delle sostanze presenti in
una miscela in cromatografia può essere valutata in base al fatto che il segnale
prodotto dal rivelatore è, ad ogni istante, proporzionale al flusso delle molecole
eluite (cioè massa nell’unità di tempo, s = dm/dt); si deduce che la quantità totale
di sostanza eluita sarà data dall’integrale m = ∫s dt cioè dall’area sottesa al picco
cromatografico. Tuttavia la proporzionalità tra aree e concentrazioni sussiste solo
nel caso in cui il rivelatore sia rigorosamente aspecifico. Quindi bisogna tener conto
della risposta di quest’ultimo nei confronti delle varie sostanze analizzate,
introducendo dei fattori correttivi come standardizzazione interna ed esterna. Il
sistema di rivelazione più usato per l’identificazione delle sostanze fenoliche è
quello ad assorbimento a serie di diodi.
Nel rivelatore a serie di diodi la luce UV proveniente da una lampada a
deuterio passa attraverso una cella a flusso prima che venga scissa nelle sue
componenti attraverso un monocromatore a gradini. L’intensità della luce
trasmessa ad ogni lunghezza d’onda viene misurata simultaneamente attraverso un
sistema di alcune centinaia di fotodiodi.
Un computer può processare, registrare e mostrare gli spettri di assorbimento
in continuo durante l’analisi. Inoltre si possono registrare i cromatogrammi a
ciascuna λ. Il largo uso del detector a serie di diodi (Solinas e cichelli, 1982;
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Cortesi e Fedeli, 1983; Solinas, 1987; Montedoro et al., 1992; Tsimidou et al.,
1996; Owen et at., 2000;) per le analisi qualitative e quantitative dell’olio vergine
di oliva è in grado di fornire spettri di assorbimento, che ci permettono di
identificare con certezza le sostanze fenoliche separate tramite HPLC.
Cromatogramma HPLC corrispondente ad un estratto fenolico contenente alcuni standards.
Questo aspetto è molto importante per la valutazione analitica delle sostanze
fenoliche presenti nell’olio extravergine d’oliva. Infatti per effettuare un’analisi
quantitativa dei composti fenolici abbiamo bisogno di conoscere il loro fattore di
risposta e questo si ottiene iniettando in HPLC gli standard delle sostanze.
Purtroppo in commercio sono disponibili solo gli standard degli acidi fenolici e
i derivati dei secoiridoidi e lignani devono essere purificati dall’olio. Pertanto la
purificazione dei lignani e derivati dei secoiridoidi può essere ottenuta utilizzando
la cromatografia HPLC con sistema di rivelazione a serie di diodi in quanto ci
permette con certezza di identificarli e procedere poi alla loro quantificazione.
L’altro tipo di rivelatore utilizzato per l’identificazione delle sostanze
fenoliche presenti nell’olio vergine è lo spettrometro di massa (MS), applicato sia
alla cromatografia liquida (HLC- MS o LC-MS), che gassosa (GC-MS).
Per ottenere uno spettro di massa, le molecole portate in fase gassosa,
vengono ionizzate. Gli ioni sono quindi accelerati per mezzo di un campo elettrico e
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vengono poi separati in base al loro rapporto massa/carica (m/q). Le difficoltà di
tutti i metodi HPLC-MS derivano dal fatto che in HPLC si utilizzano solventi molto
diversi, in funzione del tipo di analisi, (es. acqua, solventi organici, tamponi);
inoltre i flussi in HPLC sono molto elevati rispetto a quelli richiesti per lo
spettrometro di massa. Per accoppiare le due tecniche sono pertanto necessarie
opportune interfacce che oltre a ridurre i flussi dovranno consentire anche la
vaporizzazione degli analiti mediante riscaldamento. Le tecniche di LC-MS e GC-MS
vista la loro alta sensibilità possono essere utilizzate sia per compiere analisi
qualitative che quantitative dei composti fenolici presenti nell’olio (Rovellini e
Cortesi., 2002; Angerosa et al., 1995; Angerosa et al., 1996; Owen et al., 2000;
Brenes et al., 2000 ).
Valutazione del contenuto in tocoferoli dell’olio extravergine d’oliva
Generalmente nell’olio vergine di oliva viene valutata la concentrazione
dell‘α-tocoferolo in quanto le quantità del ß- tocoferolo, γ-tocoferolo e
δ-tocoferolo sono trascurabili. Le analisi dei tocoferoli presenti nell’olio vergine di
oliva sono effettuate essenzialmente attraverso tecniche di cromatografia.
Recentemente la cromatografia HPLC è stata utilizzata con successo per la
determinazione quantitativa dell’α-tocoferolo negli oli vergini di oliva. Le tecniche
HPLC applicate per la determinazione dei tocoferoli differiscono tra loro
essenzialmente per i diversi rivelatori utilizzati. Il rivelatore più utilizzato che
permette di ottenere buoni risultati è ,senza dubbio, quello UV-VIS a serie di diodi,
operante alla lunghezza d’onda di 294 nm. Per la separazione dei tocoferoli si usano
fasi stazionarie polari come ad esempio ammine, mentre le fasi mobili sono
tendenzialmente apolari. In questo modo i tocoferoli verranno eluiti per primi
essendo sostanze apolari. L’analisi HPLC dei tocoferoli viene compiuta su olio
preventivamente sciolto in esano. La separazione dei tocoferoli è molto semplice in
quanto non prevede nessuna estrazione dalla matrice oleosa; infatti il campione di
olio viene sciolto in un solvente di solito esano o acetone o una miscela composta
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da esano e alcol isopropilico all’99:1 v/v (Rovellini et al.,1997; Psmiadou et al.,
1998) e quindi iniettato in HPLC .
Valutazione biochimica e biologico molecolare
del valore antiossidante dei costituenti minori e
dell’impatto sulla bioenergetica cellulare
I fenoli sono un gruppo diversificato di composti contenenti un anello
aromatico con uno più sostituenti ossidrilici; ne sono state identificate diverse
strutture, ma quella dei flavonoidi è certamente la più consistente.
In alcuni casi la funzione ossidrilica può essere mascherata da una O-
metilazione o da un altro tipo di sostituzione. Inoltre, molti composti accanto agli
-OH fenolici contengono altri gruppi funzionali che influenzano le loro proprietà
chimico-fisiche. Sebbene un cospicuo numero di sostanze fenoliche sia stato
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ritrovato in organismi animali, la presenza di una frazione fenolica è una
caratteristica peculiare dei tessuti vegetali. Gli acidi fenolici conferiscono il sapore
acidulo, i tannini l’astringenza, flavonoidi quali naringenina e neoesperidina il
sapore amaro e gli antociani il colore.
La maggior parte dei composti fenolici presenti nelle olive si trovano sotto
forma di composti glicosilati, come oleuropeina e ligstroside.
Nell’olio di oliva sono stati individuati 36 composti fenolici strutturalmente
distinti; la loro concentrazione (0,02-600 mg/kg) può variare in base a:
- cultivar;
- regione di coltivazione;
- tecniche agricole;
- maturità del frutto al momento della raccolta;
- tipo di estrazione dell'olio d'oliva;
- metodi e sistemi di conservazione.
Durante la maturazione aumenta la concentrazione di tirosolo e
idrossitirosolo.
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Dalla letteratura si evince che questi composti fenolici hanno numerosi
effetti benefici, tra cui proprietà antiossidanti.
Gli antiossidanti rallentano o prevengono l'ossidazione, una reazione
chimica che trasferisce elettroni da una sostanza ad un ossidante. Le reazioni di
ossidazione possono produrre radicali liberi, sostanze estremamente reattive
(emivita 10-9-10-12 sec) che sottraggono elettroni ad altre molecole per completare
il loro ottetto. Esempi di specie reattive dell’ossigeno (ROS) sono l'anione
superossido (O2-),, il perossido d'idrogeno (H2O2) e il potente radicale ossidrilico
(OH•).
Tra le specie reattive dell’azoto (RNS) troviamo l’ossido nitrico NO▪ che può
reagire con O2 a formare il perossinitrito (ONOO-).
Lo stress ossidativo è il risultato dello sbilanciamento tra le forze pro-
ossidanti ed anti-ossidanti.
In particolare si verifica un incremento delle forze pro-ossidanti, come
fattori pro-infiammatori (xenobiotici, alcool, fumo), fattori ambientali, metalli
pesanti e un decremento di enzimi antiossidanti (superossido dismutasi, catalasi,
glutatione perossidasi), vitamine antiossidanti (A, C, E), piccole molecole
antiossidanti (glutatione, carnosina, acido urico, estratti antiossidanti del te’
verde, polifenoli del vino), proteine che sequestrano metalli (albumina,
transferrina, ferritina, aptoglobina).
I marker di stress ossidativo, dunque i principali target dei radicali liberi
sono il DNA, i lipidi, le proteine e i carboidrati, con conseguente mutagenesi e
cancerogenesi, alterazione delle membrane cellulari e modificazioni metaboliche
e strutturali.
Dal punto di vista biochimico esistono diversi test per la valutazione dello
stato pro-ossidante o anti-ossidante.
STATO PROOSSIDANTE
- Misura degli idroperossidi (d-ROMs test )
- Misura della Malondialdeide (Colorimetric Assay Kit)
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- Misura delle proteine carbonilate ( Protein Carbonyl Assay Kit)
- Misura degli F2-Isoprostani (Immunoassay enzime Kit)
- Misura dei prodotti di ossidazione del DNA (8-OHdG ELISA Kit)
STATO ANTIOSSIDANTE
- Misura del potere antiossidante totale (TAS Total Antioxidant)
- Determinazione dei tioli plasmatici (THIOL –SHp Anti-Oxidant Status)
- Saggio spettrofotometrico per la determinazione dei livelli di GSH/GSSG,
Glutatione perossidasi, Glutatione reduttasi, Superossido dismutasi, catalasi,
vitamina C.
- Cromatografia HPLC per la determinazione dei livelli di GSH/GSSG,
vitamina A e vitamina E.
Il valore antiossidante dei componenti minori dell’olio di oliva ha anche un
impatto sulla bioenergetica cellulare, in particolare sulla biogenesi mitocondriale.
Posttranslational modifications of PGC-1a phosphorylation, acetylation, methylation, ubiquitination, and O-linked N-acetylglucosylation. The respective residues or regions where these modifications occur
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are indicated. Certain modification sites are mapped in the mouse or the human PGC-1a protein (as indicated in the key).AMPK, AMP-activated protein kinase; PKA, protein kinase A; p38MAPK, p38 mitogenactivated protein kinase; GSK3b, glycogen synthase kinase 3b; SCFCdc4, Skp1/Cullin/F-box cell division control 4; OGT, O-linked N-acetylglucosamine transferase; Clk2, Cdc2-like kinase 2; Ac, acetylation; CPD, Cdc4 phosphodegron; SR, serine-arginine domain; GCN5, general control of amino acid synthesis 5; Sirt1, silence information regulator 2-like 1; PRMT1, protein arginine methyltransferase 1.
La biogenesi mitocondriale prevede l’espressione di due genomi, quello
mitocondriale e nucleare e per questo motivo è regolata in maniera molto
complessa e da numerosi fattori.
Il master gene PGC-1α è un fattore di trascrizione che legandosi a promotori
di geni nucleari e al DNA mitocondriale, ne stimola la trascrizione.
Questo “controllore” a sua volta è controllato dalla cascata dell’AMP ciclico
e dalla dieta: un ridotto apporto calorico stimola la cascata dell’AMP ciclico, la
quale attiva e fosforila la proteina CREB, che lega l’elemento CRE e attiva infine
il promotore di PGC-1α .
L’espressione di questo master gene è sotto il controllo di acidi grassi: gli
acidi grassi insaturi, quali l’acido oleico dell’olio di oliva, attivano l’espressione di
PGC-1α, mentre gli acidi grassi saturi la deprimono.
Su animali di laboratorio è stato visto che la restrizione calorica attiva PGC-
1α mediante l’attivazione della sirtuina SIRT-1 che deacetila e attiva PGC-
1α . Le sirtuine sono delle trans-acetilasi NAD-dipendenti, attivate durante il
digiuno dove si osserva un aumento del rapporto NAD+/NADH.
Ultimamente è stato visto che il resveratrolo dell’uva attiva
SIRT-1: ecco perché anche piccole quantità di vino hanno un effetto positivo
su PGC-1α e su tutti i processi a valle.
Ma PGC-1α è attivato anche da un’altra chinasi, la AMPK (AMP-dipendente),
attivata a sua volta dall’idrossitirosolo, antiossidante dell’olio di oliva.
PGC-1α non agisce direttamente sui geni target a livello della catena
respiratoria mitocondriale, ma attiva NRF1 e NRF2, due fattori trascrizionali con
19
sede nucleare che a loro volta attivano la trascrizione di subunità della catena
respiratoria mitocondriale.
NRF1 e NRF2 attivano l’espressione di TFAM che, dal nucleo, si lega al DNA
mitocondriale, viene importato nei mitocondri e attiva la trascrizione di geni
mitocondriali.
Oltre alla localizzazione nucleare, SIRT-1 e una frazione di PGC-1α si trovano
anche a livello mitocondriale, quindi la risposta a questi stimoli risulta molto più
coordinata.
Pubblicazioni scientifiche in merito supportano l’effetto positivo svolto dai
componenti minori dell’olio di oliva.
Ad esempio nel lavoro di Jemai e colleghi (Jemai H. et al., 2009) è stato
studiato l’effetto antiossidante dell’idrossitirosolo e dell’oleuropeina su ratti in
cui è stato indotto il diabete mediante iniezione intraperitoneale di allossano. I
ratti diabetici mostravano iperglicemia, ipercolesterolemia, aumentata
perossidazione lipidica e riduzione dell’attività di enzimi antiossidanti. La
somministrazione di idrossitirosolo e oleuropeina per quattro settimane
20
comportava invece una significativa riduzione dei livelli ematici di glucosio e di
colesterolo e un ripristino dell’attività antiossidante. Questi risultati suggeriscono
che l’effetto antidiabetico di idrossitirosolo e oleuropeina potrebbe essere dovuto
alla loro azione preventiva dello stress ossidativo, strettamente associato alla
patogenesi del diabete.
Nel lavoro di Feng Z. e colleghi (Feng Z. et al., 2011) alcuni ratti sono stati
sottoposti ad esercizio fisico sia a breve termine (3-5 giorni consecutivi) che a
lungo termine (per settimane o mesi) e in questi si osservava un aumento
dell’atrofia muscolare, oltre che dell’autofagia e della fissione mitocondriale nel
muscolo scheletrico, con conseguente riduzione dei livelli di PGC-1α e
dell’espressione del complesso I mitocondriale. La somministrazione di
idrossitirosolo aumentava la capacità di tolleranza dello sforzo fisico, riducendo
l’autofagia, la fissione mitocondriale e l’espressione di geni che codificano per
proteine marker dell’atrofia muscolare; inoltre riduceva fortemente lo stress
ossidativo aumentando l’espressione di PGC-1α e dell’attività del complesso I
mitocondriale (Papa S. et al., 2011; De Rasmo D. et al., 2009).
21
Valutazione clinica del
potere salutistico degli
oli extra-vergine di oliva
In Italia circa il 40% del totale dei decessi
che si verificano ogni anno è causato da malattie
cardiovascolari ed il 33% circa da tumori. Condizioni in cui la dieta costituisce un
rilevante fattore eziologico, come è risultato chiaro dopo anni di studi effettuati
con i più diversi metodi disponibili: studi clinici sperimentali nell‘uomo, studi in
laboratorio su animali e studi epidemiologici in popolazioni.
Tra questi, in particolare, sono numerosi gli studi di correlazione geografica in
base ai quali si confrontano abitudini alimentari e frequenza di malattie di diverse
popolazioni. Gli studi sulle abitudini alimentari dei migranti chiariscono il ruolo
della predisposizione genetica nello sviluppo delle malattie, mentre le indagini di
tipo caso-controllo, di coorte ed i trial di intervento nutrizionale rappresentano gli
strumenti più avanzati per stabilire nessi causali tra consumo di cibi e malattie.
22
Ciascuno di questi studi ha oggettivi limiti metodologici, così che i
risultati di singole ricerche non sono di per sé sufficienti a risolvere i dubbi.
Per questo, periodiche revisioni della letteratura scientifica
internazionale sono condotte da commissioni di organismi governativi che
aggiornano lo stato delle conoscenze.
Per quanto riguarda il rischio di sviluppare malattie del cuore e dei vasi, la più
consolidata evidenza nutrizionale è rappresentata dalla correlazione positiva con il
livello ematico di colesterolo e trigliceridi, ed in particolare con il colesterolo del
tipo LDL (Col-LDL o “colesterolo cattivo“). Più colesterolo cattivo e più probabili
i danni cardiovascolari. Il contrario per il tipo HDL che sarebbe protettivo.
Dunque, tutti gli alimenti che incrementano i trigliceridi, il Col-LDL o
diminuiscono il Col -HDL sono oggi ritenuti rischiosi e viceversa. I dati complessivi di
oltre 350 studi indicano che il tipo di grassi alimentari più della loro quantità è
importante nel modificare il profilo lipidico ematico del Col-LDL e Col-HDL. In
particolare, il consumo di grassi di tipo saturo, e tra questi soprattutto il laurico,
miristico, e palmitico, unica eccezione lo stearico, tutti abbondanti nella carne e
nei prodotti di origine animale, fa aumentare il Col-LDL. Viceversa, il consumo dei
monoinsaturi, come l‘acido oleico di cui è ricchissimo l‘olio di oliva, fa diminuire
il Col-LDL e tende a far aumentare il Col-HDL, ed anche ad abbassare i
trigliceridi. Dunque quello ideale. I grassi polinsaturi, distinti in ω 6, prevalenti
negli olio vegetali, ed in ω 3, abbondanti nei pesci ed in noci e nocciole,
tendono a ridurre il Col-LDL, ma talvolta anche il Col-HDL. Comunque, i grassi
ω 3 tendono a ridurre meno - se non talvolta ad aumentare - i livelli di Col-HDL
rispetto agli ω 6. Quindi sembrano migliori. In realtà sarebbe il “giusto“ equilibrio
e miscela tra saturi, monoinsaturi e polinasaturi ω 6 e ω 3 a creare le
condizioni ideali protettive. E di qui nasce la fortuna dell‘olio di oliva che,
rispetto a tutti gli altri tipi di grassi, sembra favorire le migliori condizioni per
il giusto profilo lipemico antiaterosclerotico. Già i primi studi epidemiologici
nutrizionali degli anni ‘60 suggerirono il minor rischio di malattie cardiovascolari
nelle popolazioni mediterranee rispetto a quelle del Nord Europa, e subito si
23
sospettò il ruolo protettivo, tra gli altri, dei condimenti vegetali. L‘attenzione si
focalizzò sull‘olio di oliva. Negli anni successivi, si sono andate accumulando prove
che il ruolo protettivo dell‘olio di oliva rispetto alle malattie cardiovascolari
sarebbe mediato non solo dal suo contenuto in acido oleico e dai benefici
effetti sul colesterolo ematico, ma anche dalla presenza di sostanze contenute in
tracce e da vitamine che hanno attività prevalentemente antiossidante. Queste
impedirebbero al Col-LDL di ossidarsi, ostacolando uno dei principali passaggi nella
catena degli eventi che porta alla formazione della placca ateromatosa.
Queste sostanze, numerosissime ed ancora non completamente identificate,
sono contenute nella frazione dell‘olio cosiddetta “insaponificabile“, che
rappresenta non più del 2% del prodotto, e sono oggetto di continua
sperimentazione nella speranza di identificare quella, o quelle, maggiormente
coinvolte nella protezione delle malattie cardiovascolari. Di volta in volta si sono
succedute sul palco della notorietà prodotta dall‘olio di oliva, molecole come lo
squalene, i pigmenti, i tocoferoli, i carotenoidi ed il betacarotene, i polifenoli, tra
cui tirosolo, idrossitirosolo, oleuropeina, acido caffeico, ecc. Dunque, grande
attività e vivacità di sperimentazioni alla ricerca della molecola “magica“ capace
di bloccare il processo arterisclerotico. Al momento, però, nessuna singola
molecola è risultata più efficace o altrettanto efficace dell‘olio extravergine di
oliva nel suo complesso.
Negli ultimi anni c’è stato un notevole interesse nello studio della prevenzione
del rischio cardiovascolare in particolare è stata valutata l’importanza di una
24
corretta alimentazione nel suo insieme e nei singoli componenti. Sono numerose le
evidenze scientifiche che hanno rilevato uno stretto rapporto tra aderenza alla
dieta mediterranea e riduzione dell’incidenza di malattie cardiovascolari.
Analizzando più specificamente le proprietà dell’olio di oliva, l’azione
antiaterosclerotica è emersa da vari studi epidemiologici che hanno rilevato una
maggiore incidenza di malattie cardiovascolari nelle popolazioni del Nord Europa,
propense ad una alimentazione ricca di grassi saturi rispetto alle popolazioni dei
paesi del bacino mediterraneo che fanno uso soprattutto di olio di oliva. Inoltre
hanno evidenziato numerose prove sull’azione protettiva dell’olio extravergine di
oliva nella prevenzione delle malattie cardiovascolari non solo per il suo alto
contenuto di acido oleico ma anche per la presenza di componenti minori, i
polifenoli. I polifenoli sono un gruppo eterogeneo di sostanze con varie azioni
biologiche, evidenziate in modelli in vitro e ultimamente anche in sperimentazioni
in vivo. Sono molecole biodisponibili cioè entrano all’interno delle cellule e
subiscono delle trasformazioni metaboliche e possono essere valutate
quantitativamente nelle urine. Essi hanno proprietà antiossidanti, antitrombotiche,
antinfiammatorie, modulano enzimi coinvolti nella produzione di nitrossido (potente
vasodilatatore) aumentandolo, sono in grado di ridurre la produzione di isoprostani
che si formano nei processi di perossidazione lipidica delle membrane cellulari
quando sottoposte a stress ossidativi.
In particolare sono state studiate alcune molecole come l’idrossitirosolo ed
oleuropeina che nell’ambito delle malattie cardiovascolari sono in grado di
proteggere le lipoproteine LDL dall’ossidazione. Le LDL ossidate rappresentano il
primum movens nella formazione della placca aterosclerotica responsabile del
restringimento delle arterie e conseguentemente dell’istaurarsi delle patologie
cardiache. Infatti un ruolo importante nello sviluppo dell’infiammazione della
parete delle arterie è sostenuto dalle LDL ossidate che restano intrappolate nello
spazio extracellulare dell’intima dei vasi. Le LDL ossidate svolgono un’azione
citotossica diretta sulle cellule endoteliali, inducono l’espressione di molecole
adesive per i leucociti, stimolano la produzione di sostanze chemiotattiche,
25
favoriscono la sintesi dei fattori di crescita per i monociti/macrofagi e per le cellule
muscolari lisce, promuovono la coagulazione , inibiscono l’azione dell’ossido nitrico
(sostanza con azione vasodilatatrice), attivano le piastrine favorendone
l’aggregazione.
Uno studio EUROLIVE (finanziato dall’Unione Europea) ha indagato i rapporti
tra polifenoli e colesterolo. I risultati sono stati pubblicati nel 2008 su una rivista
(Annal. Intern. Med). Questo è un trial multicentrico che ha coinvolto 6 centri di 5
paesi europei tra cui anche l’Italia. Sono stati arruolati (200) soggetti, maschi,
sottoposti ad una dieta con olio di oliva con differenti dosaggi di polifenoli (bassa-
media-alta concentrazione). Hanno valutato vari parametri: profilo lipidico e
glucidico, colesterolo LDL ossidato, polifenoli circolanti (idrossitirosolo,
oleuropeina). I risultati principali sono stati che i vari parametri presi in
considerazione miglioravano in funzione della concentrazione dei polifenoli cioè più
un olio è ricco di sostanza antiossidanti maggiori sono i benefici sull’organismo.
Passando alle malattie oncologiche, le evidenze generali indicano che i
grassi saturi sono capaci di promuovere la progressione verso alcuni tumori,
tra cui, in particolare, quello della mammella, del colon, dell‘utero e della
prostata. Che poi , insieme al tumore del polmone, sono tra i tumori più frequenti in
assoluto nel mondo. Rispetto a questi, i grassi monoinsaturi come l‘oleico sembrano
indifferenti e quindi, in termini di sostituzione calorica, utili per ridurre la quota
dietetica dei grassi saturi. Gli altri grassi, i polinsaturi della serie ω 6, sembrano
favorire talvolta, ma non sempre la promozione dei tumori, mentre quelli della
serie ω 3 più spesso inibiscono la cancerogenesi. Oltre 20 studi epidemiologici
nutrizionali sui tumori condotti nella sola area mediterranea negli ultimi 15 anni
hanno evidenziato che l‘olio è protettivo. Mai, in nessun studio è stato evidenziato
un effetto di rischio. Al massimo una mancanza di effetto. Anche nel caso
dei tumori, come già visto per le malattie cardiovascolari, gli studi clinici,
epidemiologici e di laboratorio stanno verificando la possibilità che altri
componenti dell‘olio di oliva, diversi dall‘acido oleico, siano in gioco nel
proteggere le cellule dal danno tumorale. Sarebbero, ancora una volta, quei
26
nutrienti contenuti in tracce, molti noti ma altri ancora da scoprire, oggi
chiamati nutraceutici, spesso con proprietà antiossidanti, ma non
solo, ad esercitare un‘azione anticancerogena. Se le cose stanno
così, l‘olio di oliva sarebbe protettivo non solo per il suo contenuto in acido
oleico, ma anche per la giusta miscela e composizione in fattori diversi, noti e non
ancora noti, contenuti al suo interno. Ciò significa che non si potrebbe ottenere lo
stesso effetto protettivo dal consumo di altri alimenti diversi dall‘olio di oliva ma,
come questo, ricchi di acido oleico. L‘olio di oliva non è solo acido oleico. La ricerca
è apertissima in questo settore e novità sono attese in tempi brevi. Al momento,
però, nessuna singola sostanza estratta dall‘olio si è dimostrata in modo
chiaro ed indiscutibile efficace nella prevenzione oncologica tanto quanto
l‘olio.
In assenza di certezza, perciò, ancora meglio consumare olio di oliva come
tale, piuttosto che estratti in forma di pillole o capsule.
La fama dell‘olio di oliva come prodotto mediterraneo con potenziale
beneficio per la salute, ha varcato i confini delle malattie cardiovascolari ed
oncologiche, per arrivare ad essere studiato come rimedio o prevenzione in altre
condizioni.
L’insorgenza del cancro alla mammella è influenzata soprattutto da fattori
ormonali sui quali si può intervenire solo parzialmente. L’attenzione, in termini di
prevenzione primaria, si è rivolta pertanto alla ricerca di fattori o cofattori di
cancerogenesi mammaria, che possano essere modificati con piu’ facilità , e tra
questi sembrano avere una grande importanza quelli dietetici. Esistono dati ottenuti
da esperimenti condotti su animali da laboratorio, che suggeriscono l’esistenza di
una correlazione tra grassi, proteine, introito calorico e crescita tumorale. Altri
studi hanno messo in evidenza, da un lato le differenze internazionali ed
intranazionali di incidenza del carcinoma della mammella tra popolazioni con
diverse abitudini dietetiche, e dall’altro l’aumento del rischio nelle popolazioni che
migrano da aree a bassa incidenza ad aree ad alta incidenza.
Diversi studi scientifici hanno messo in relazione l’utilizzo della dieta
27
mediterranea con un minor rischio per le donne di ammalarsi di cancro al seno. Il
periodico “Annals of Oncology” ha recentemente pubblicato i risultati di un
interessante studio, svolto da un gruppo di ricercatori della Northwestern University
(Stati Uniti), sulle virtù dell’olio d’oliva, componente principale della dieta
mediterranea. In particolare è stato studiato l’effetto dell’acido oleico, molecola
principale dell’olio extra-vergine, su due linee cellulari di cancro al seno (BT-474 e
SK-Br3) coltivate in laboratorio. Il trattamento con acido oleico delle cellule
tumorali ha portato ad una riduzione del 46% dell’attività dell’oncogene Her-2/neu,
rovinosamente iperattivo in un caso su cinque di carcinoma mammario e la cui
iperattività è legata a tumori con prognosi più delicata (Menendenz et. al., 2005).
Sono sempre di più gli studi che dimostrano un effetto favorevole per
l‘ipertensione, nel diabete, per l‘obesità, l‘ulcera gastro-duodenale, la
calcolosi biliare, l‘artrite reumatoide alcune malattie della pelle, per arrivare
ai deficit cognitivi cerebrali. Queste relazioni favorevoli non sono però ancora
conclusive ed occorrerà del tempo prima che si consolidino risultati al momento
solo suggestivi.
L’uso dell’olio d’oliva viene consigliato anche nella dieta di tutti quei bambini
considerati “a rischio” di ipercolesterolemia a causa di fattori genetici.
Lo studio del ruolo dei lipidi nella mineralizzazione e nello sviluppo delle ossa
ha dimostrato come l’acido oleico svolga un’azione positiva nell’infanzia per quanto
riguarda l’accrescimento. Somministrando a ratti da poco svezzati regimi alimentari
a diverso contenuto in acidi grassi, è stato dimostrato che lo sviluppo e la
mineralizzazione ossea migliore si otteneva in seguito alla somministrazione di
trioloeina addizionata a una modica quantità di acidi grassi polinsaturi (come si
riscontra nell’olio di oliva) (Laval-Jeantet et al. 1980).
Quindi, dai dati finora riportati, emerge la necessità di fornire al lattante ed
al bambino più grandicello una dieta nella quale prevalgono gli acidi grassi
monoinsaturi, mentre i polinsaturi dovrebbero rappresentare l’8%-10% delle calorie
totali con un adeguato rapporto tra gli ω 6 e ω 3. Tali indicazioni trovano una
risposta ottimale nell’olio di oliva.
28
E’ stata studiata la relazione tra il declino delle funzioni cognitive, i deficit
funzionali e l’assunzione di macronutrienti. E’ stato scoperto che solo il consumo di
acidi grassi monoinsaturi è associato a una riduzione del rischio relativo di declino
delle capacità (Solfrizzi et al., 2006). Quindi la presenza dell’olio di oliva per il suo
elevato contenuto in antiossidanti, lo scarso contenuto in acidi grassi saturi ed il
sufficiente, ma non eccessivo contenuto in acidi grassi polinsaturi con rapporto
ottimale tra la serie ω 6 e ω 3, appare di grande importanza nella dieta
dell’anziano e non solo per la prevenzione dei fenomeni dell’invecchiamento.
Un altro grave problema della vecchiaia è legato alla calcificazione delle ossa.
L’olio di oliva, anche in questo caso, sembra dimostrare un effetto benefico che
sarebbe addirittura dose-dipendente in quanto ad un maggior consumo corrisponde
una migliore mineralizzazione dell’osso. A conferma di questo sono state riscontrate
elevate quantità di oleato tra i lipidi strutturali delle ossa (Laval-Jeantet et al.,
1980).
Infine nell’anziano spesso si verifica una riduzione delle capacità digestive ed
un cattivo assorbimento delle sostanza nutritive, in particolare delle vitamine e dei
sali minerali. Tra i grassi, l’olio di oliva possiede i migliori requisiti di digeribilità ed
assorbibilità e la sua azione blandamente lassativa contribuisce a combattere la
stitichezza atonica tanto frequente nella vecchiaia. L’anziano può consumare quindi
l’olio di oliva cotto ma ancor meglio crudo in modo da mantenere intatto il suo
patrimonio antiossidante.
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In conclusione, l‘olio di oliva è un utile presidio per il contenimento dei rischi
di malattie cardiovascolari e, probabilmente, un utile agente di ostacolo al processo
di cancerogenesi rispetto ad altri tipi di grassi alimentari. La ricerca sugli
effetti biologici di sostanze diverse dall‘acido oleico contenute nell‘olio di
oliva, non solo rispetto ai processi aterogenetici ed oncologici, è in forte
evoluzione ed assai promettente. Non c‘è raccomandazione di società scientifica
medica, di agenzie governative per la prevenzione delle malattie e commissione
nutrizionale di qualsiasi paese che non citi l‘utilità dell‘olio di oliva nella
corretta alimentazione umana. Nessuno oggi, però, consiglia l‘uso di
supplementi od estratti di olio di oliva in sostituzione del consumo nella sua
forma naturale, perché sostanze non ancora note o la giusta miscela di composti già
noti potrebbe essere il segreto delle virtù dell‘olio di oliva.
Sulla base di queste evidenze e dalle raccomandazioni emerse dalle “Linee
Guida Europee sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari” si può concludere
che nella prevenzione delle MCV si deve prima di tutto adottare un regime dietetico
povero di grassi animali preferendo i grassi vegetali ricchi di monoinsaturi e
sostanze antiossidanti come l’olio extravergine di oliva, associato all’abolizione del
fumo di sigaretta, al controllo dei valori pressori, della colesterolemia, della
glicemia, del peso corporeo non dimenticando di praticare una regolare attività
fisica.
Questo messaggio è importante che giunga soprattutto ai giovani, la
formazione deve iniziare nella scuola, perché la consapevolezza e l’acquisizione
delle sane abitudini di vita è un processo che inizia in giovane età, si consolida nel
30
corso degli anni e rappresenta uno strumento per la lotta dell’obesità che è una
patologia in crescita nell’infanzia/adolescenza.
Noi italiani non abbiamo di certo il problema di dove trovare l’olio d’oliva,
così come non lo abbiamo nel doverlo abbinare ai piatti che prepariamo: la famosa
dieta mediterranea infatti prevede un buon uso di questo prezioso olio. Se dunque
alla sana abitudine di includere l’olio extravergine di oliva ai cibi che consumiamo
ogni giorno teniamo conto che ne bastano due cucchiaini – o un cucchiaio – per
combattere le malattie cardiache e prevenire, ecco che abbiamo trovato uno dei
modi migliori per vivere più a lungo e in salute.
Valutazione organolettica
sensoriale:pregi e difetti
dell’olio extravergine di oliva
L'analisi sensoriale attraverso la degustazione è la metodologia più valida per
mettere in evidenza i caratteri organolettici degli oli d'oliva vergini.
Ma la diversità della soglia di percezione per ogni stimolo da soggetto a soggetto e
la difficoltà di trasmettere ad altre persone le nostre percezioni olfattive, associate
a personali esperienze pregresse, conferiscono alla valutazione organolettica,
seppur espressa da uno o più soggetti con grande esperienza e di spiccate capacità
sensoriali, il carattere della soggettività.
Per superare tali problemi e quindi ottenere una valutazione oggettiva nasce
l'Analisi Descrittiva Quantitativa (QDA) o Panel Test sviluppata dal COI (Consiglio
Oleicolo Internazionale), contemplata nel regolamento CE n. 2568 del 1991.
Il Panel Test si basa sui seguenti postulati:
• il problema di diversità di soglia percettiva agli stimoli tra gli individui è
superato facendo ricorso ad un gruppo di persone, da otto a dodici, opportunamente
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selezionato e allenato al riconoscimento delle caratteristiche di pregio e di difetto
degli alimenti;
• la difficoltà di comunicazione tra i soggetti è risolta attraverso lo
sviluppo di un vocabolario ufficiale a cui gli assaggiatori debbono riferirsi per la
descrizione delle note sensoriali;
• l'adozione di una scala di intensità continua non strutturata, costituita
da una linea orizzontale da 10 cm, offre il vantaggio di consentire all'assaggiatore di
valutare liberamente l'intensità in continuo e non secondo intervalli di intensità
prefissati.
La distanza dal punto di partenza della linea fino al punto tracciato
dall'esperto che rappresenta la forza della sensazione percepita, rappresenta la
misura dell'intensità dell'attributo.
I punteggi così rilevati permetteranno il trattamento statistico dei dati come
si voleva.
Il trattamento statistico delle intensità si basa sul calcolo della mediana di
ogni attributo sia positivo sia negativo. Gli oli, infatti, verranno classificati sulla
base della mediana dell'attributo fruttato e la mediana del dell'attributo negativo
percepito con maggiore intensità (Fig.1).
IL VOCABOLARIO DELL’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA
- Attributi negativi: Riscaldo, Muffa-Umidità, Morchia, Avvinato-Inacetito,
Metallico, Rancido
- Attributi positivi: Fruttato, Amaro,Piccante
- Altri attributi negativi: Cotto o Stracotto, Fieno- Legno, Grossolano,
Lubrificanti, Acqua di Vegetazione, Salamoia, Sparto, Terra, Verme e Cetriolo.
32
CARATTERISTICHE SENSORIALI
1. Il Colore
Il colore dell’olio dipende dalla qualità di pigmenti gialli (caroteni) e verdi
(clorofille) presenti. Questi, a loro volta, dipendono da numerosi fattori quali:
varietà e stadio di maturazione delle olive, tecnologia di estrazione, conservazione.
Il colore, in senso assoluto, non è un indicatore affidabile della qualità effettiva
dell’olio. Infatti, a meno di colorazioni giallo arancio o giallo bruno che denotano
un’evidente ossidazione, il colore più o meno giallo o più o meno verde non è
esattamente legato alla qualità oggettiva del prodotto ( nutrizionale e sensoriale).
2. Il profumo e l'aroma
L’olfatto è il senso più importante nella valutazione di qualsiasi alimento e,
anche nel caso dell’olio, le nostre narici “analizzano” centinaia di sostanze volatili
diverse per dare un giudizio di sintesi sull’olio. Le sostanze volatili, caratteristiche
degli oli vergini, derivano direttamente dal frutto, e conferiscono all’olio un aroma
33
tipico, definito appunto “fruttato di oliva”. Oltre ai profumi originali del frutto,
tuttavia, una cattiva conservazione delle olive, un’errata trasformazione, ed una
cattiva conservazione dell’olio, possono conferire all’olio degli aromi negativi o
“difetti” date da sostanze volatili che si originano da fermentazione delle olive o
per ossidazione dell’olio. Tra i difetti di origine fermentativa, molto comuni sono
quelli di “avvinato-inacidito” (dovuto a fermentazione alcolico-acetiche), di
“muffa” (quando sulle olive o sull’impianto sporco si sono sviluppate muffe) o di
“riscaldo” (dovuto a fermentazioni lattiche). In frantoio si possono originare difetti
di “cotto”, “fermentato” e “metallico”. Un difetto molto comune negli oli
imbottigliati soprattutto se vicini alla data di scadenza è il “rancido”, sensazione
olfattiva che origina dall’ossidazione (inaridimento). Un olio extravergine, a norma
di legge, non deve presentare alcun difetto percepibile a presentare il solo fruttato.
3. Il gusto
Le sostanze antiossidanti naturali presenti nell’oliva (polifenoli) a cui oggi si
da grandissima importanza per la nostra salute conferiscono all’olio un gusto amaro-
piccante percepibile soprattutto nella parte basale della lingua. Tale gusto,
piuttosto persistente a causa della forte interazione fra sostanze fenoliche e papille
gustative “calciformi”, è associato ad un olio che ne contiene piccole ma
significative quantità (0,1 – 0,5 grammi/litro d’olio). L’amaro piccante dell’olio (olio
che pizzica in gola), quando non esagerato, è quindi un vero e proprio pregio del
prodotto. Purtroppo molti consumatori scambiano questo pregio per un difetto,
ritenendolo un olio “pesante” o “indigesto” o “acido”.
FATTORI CHE INFLUENZANO LA QUALITÀ DELL’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA
La qualità dell’olio è influenzata dalla composizione chimica e da fattori,
quali:
34
- Varietà delle olive
- Condizioni climatiche
- Tecniche agronomiche
- Grado di maturazione delle olive
- Metodo di raccolta delle olive: le olive devono essere raccolte nel mo-
mento della seminvaiatura, momento in cui è maggiore il numero di sostanze feno-
liche ed aromatiche.
- Modalità di stoccaggio delle olive: a terra, nei sacconi e nei serbatoi di
stoccaggio. Questa fase è importante , in quanto in seguito a schiacciamento delle
olive si ottiene un olio pessimo. Il modo migliore per conservare le olive è riporle
nei “Bins”, ovvero dei cassoni impilati l’uno sull’altro, dove le olive possono rima-
nere anche per un paio di giorni. Ad esempio il difetto di riscaldo dell’olio deriva da
trasformazioni isotermiche dovute a rottura delle olive e loro riscaldamento delle
olive (dovuto alle reazioni che si instaurano), effetto molto più comune se si conser-
vano le olive nei sacchi. L’acqua di vegetazione che fuoriesce in seguito a schiaccia-
mento delle olive libera acqua e polifenoli, quando ciò accade si ha come difetto la
morchia.
- Lavorazione delle olive: è preferibile che le olive4 vengano lavorate tut-
te insieme, cosa possibile solo ai privati, i quali non devono separare diverse partite
di olive.
- Conservazione dell’olio: La conservazione dell’olio deve avvenire in lo-
cali ben areati e asciutti, a riparo dalla luce e a temperature ambientale costanti,
preferibilmente 12-15°C, nonché a riparo da sostanze che possono trasmettere cat-
tivi odori (l’olio infatti si comporta come una spugna ed in quanto tale assorbe tutti
gli odori dell’ambiente). Il prodotto va consumato entro 12-18 mesi dalla data di
produzione. Dopo tale periodo un olio si considera vecchio in quanto perde le princi-
pali caratteristiche nutrizionali e sensoriali. Svariate prove condotte in laboratorio
hanno dimostrato, contrariamente a quanto molti pensano, l’influenza negativa
delle basse temperature sull’olio d’oliva. Al di sotto di +4°C l’olio gela e si addensa;
questo fenomeno che naturalmente può verificarsi anche quando l’olio è confezio-
35
nato in bottiglia, e guardato con benevolenza e spesso viene mostrato a ragione
come prova della genuinità del prodotto. In realtà a causa di questo addensamento,
l’olio subisce un rapido degrado, si addolcisce, perde anche una piccola parte dei
profumi (soprattutto le note di fruttato), riducendo così la propria capacità di con-
servarsi nel tempo.
L'Olio di Oliva è buono quando...
Volendo fornire un pro memoria semplificato da applicare e sperimentare agli
oli che assaggiamo, potremmo dire che l’olio è buono quando:
- Annusandolo sentiamo un odore più o meno intenso che ricorda l’oliva
fresca schiacciata o la foglia sfregata tra le mani, oppure una sensazione pungente,
fresca e gradevole di erba appena sfalciata, con eventuali note che ci ricordano la
foglia di pomodoro, il carciofo e/o odori di frutta verde quali la mela. L’insieme di
queste sensazioni viene comunemente definito “Fruttato di oliva”
- Assaggiandolo da una leggera sensazione di amaro o piccante alla base
della lingua. Questa sensazione è dovuta alla presenza di composti
fenolici,antiossidanti naturali che proteggono l’olio durante la conservazione. Tali
composti svolgono una un’importantissima azione, anche in vivo, proteggono le
nostre cellule dall’invecchiamento e dallo stress ossidativo.
L'Olio di Oliva non è buono quando...
- Annusandolo avvertiamo odori diversi dal “fruttato”, ovvero “difetti”. I
difetti più comuni più comuni sono quelli di tipo fermentativo e il difetto di
“rancido” dovuto all’ossidazione per effetto dell’aria (sentori di mandorla - noce,
grasso irrancidito, fino a vernice plastica)
- Assaggiandolo percepiamo una sensazione sgradevole che ricorda il
grasso irrancidito, o l’oliva in salamoia, il vino o l’aceto, la muffa o il putrido. Un
olio “vecchio” irrancidito evidenzia sempre un fondo dolce (non amaro). La
mancanza assoluta dell’amaro e del piccante, collegate al difetto di rancido sono un
36
chiaro indice del fatto che l’olio ha ormai subito un processo ossidativo irreversibile.
L’analisi chimica dell’olio potrà fornire ulteriori informazioni, dando conferma delle
sensazioni olfatto-gustative, sia positive che negative percepite all’assaggio.
L’acidità libera dell’olio non si percepisce all’assaggio, ma è un parametro
chimico che misura la percentuale di acidi grassi liberatisi dalla decomposizione dei
trigliceridi. Gli acidi grassi liberi sono inodore e insapore. Pertanto, chi sostiene che
all’assaggio sente che l’olio è “acido”, sta sostenendo il falso.
I PREGI DELL'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA
- Fruttato: insieme delle sensazioni olfattive, dipendenti dalla varietà di
olive, e caratteristiche dell’olio ottenuto da frutti sani e freschi, verdi o maturi,
percepite per via diretta o retronasale. Ricorda l'odore e il gusto del frutto sano,
fresco e colto al punto ottimale di maturazione. All’assaggio si può distinguere un
fruttato verde da un fruttato maturo. Il primo è più intenso, il secondo più tenue e
dolciastro (Reg.CEE 1683/92).
È il flavor tipico dell’olio che ricorda l’odore ed il gusto del frutto sano, fresco
e colto al punto ottimale di maturazione. Esso rappresenta il principale pregio
dell’olio e si manifesta già chiaramente all’olfatto. È possibile distinguere il fruttato
verde da quello maturo: il primo è molto più intenso e può provocare bruciori
nell’ultima parte della cavità orale, esso è accompagnato da note di mela verde, di
mandorla fresca, di pomodoro verde o da sentori floreali ed erbacei; il secondo è
più tenue, meno pungente a cui si accompagnano ricordi di frutta dolce (melone) o
secca (mandorla, pinolo, noce) e talora di fieno. Gli oli dotati di fruttato verde sono
più facilmente conservabili perché ricchi di sostanze antiossidanti.
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Maturo o Dolce Verde
- Verde (foglie verdi): Flavor dell'olio che ricorda il sentore della foglia
fresca e/o del frutto raccolto eccessivamente verde.
- Amaro: Sapore caratteristico dell'olio ottenuto da olive verdi o poco
invaiate. Può essere più o meno gradevole a seconda dell'intensità. E’determinato
dall’abbondanza di flavonoidi e secoiridoidi (polifenoli). In alcuni casi l’amaro può
essere determinato dalla frangitura delle foglie insieme alle olive (pratica
vivamente sconsigliata); in tal caso si accompagna il retrogusto di foglia.
- Piccante: Sensazione di gusto pungente, caratteristico degli oli ottenuti
all'inizio della campagna, essenzialmente da olive ancora verdi. È dovuto all'azione
delle sostanze fenoliche sulle terminazioni del nervo trigemino che si estendono a
tutta la cavità orale.
- Dolce: Sapore gradevole dell'olio nel quale, senza essere esattamente
zuccherino, non primeggiano gli attributi amaro, astringente, piccante. Negli oli
dolci il difetto viene immediatamente in risalto durante l’assaggio. Caratteristico
degli oli vergini che potremmo definire gentili, poco aromatici ed uniformi, senza
però essere dolciastri.
- Mela: Odore dell'olio di oliva che ricorda questo frutto. Questo flavor si
evidenzia soprattutto in oli dolci –alcuni oli spagnoli hanno particolarmente marcato
questo sapore che in alcuni casi tende al dolciastro, rasentando il sapore di banana.
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- Erba: Flavor caratteristico di alcuni oli che ricorda l’erba appena
tagliata. Questo attributo si evidenzia già alla valutazione olfattiva ed è tipico di
particolari aree geografiche individuabili in alcune zone della Grecia, Sicilia e
Sardegna.
- Altra frutta matura: Flavor caratteristico che ricorda il profumo di
frutti maturi (banana, frutti di bosco, ecc..). Si apprezza come sensazione retro-
olfattiva quando l’olio resta in contatto con la lingua ed il palato.
- Mandorlato: Questo flavor può manifestarsi in due modi: quello tipico
della mandorla fresca, o quello della mandorla secca e sana (che potrebbe
confondersi con un rancido incipiente).
- Pomodoro: Flavor caratteristico che ricorda il profumo e il sapore del
pomodoro verde o maturo.
- Carciofo: Flavor caratteristico che ricorda il profumo e il sapore del
carciofo. E’accompagnato normalmente a sentori verdi e amari. È leggermente
astringente, molto piacevole, riscontrabile in oli freschi appena prodotti.
DIFETTI DELL’OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA
I fattori che determinano i difetti dell’olio extravergine d’oliva sono:
- Condizioni climatiche;
- Tempi e luoghi di conservazione delle olive;
- Tecnologie di estrazione;
- Tecniche di conservazione dell’olio.
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Flavor determinati dalle condizioni climatiche
1. Fieno-legno: si riscontra in oli ottenuti da drupe che hanno patito la
siccità; al palato hanno una consistenza asciutta con sensazione di scarsa adesione
al cavo orale. Il sapore di un olio secco non evidenzia alcun aroma di freschezza o di
frutto.
2. Verme: Flavor caratteristico dell'olio ottenuto da olive fortemente
colpite da larve di mosca dell'oliva (Bactrocera oleae).
Flavor determinati dai tempi e dai luoghi di conservazione delle olive
1. Avvinato-inacetito: Flavor caratteristico di alcuni oli che ricorda quelli
del vino e dell’aceto. E’dovuto essenzialmente sia alla fermentazione alcolica degli
zuccheri contenuti nella drupa, sia da processi ossidativi degli acidi grassi, portando
alla formazione di acido acetico, acetato di etile ed etanolo in quantità superiori al
normale. Si avverte principalmente all’olfatto.
2. Muffa-Umidità: Flavor caratteristico dell'olio ottenuto da frutti nei quali
si sono sviluppati abbondanti funghi e lieviti per essere rimasti stoccati molti giorni
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in ambienti umidi. Ricorda la sensazione che si prova entrando in ambienti umidi e
chiusi da molto tempo (cantina). Il sapore di muffa si evidenzia soprattutto
nell’ultima parte del cavo orale durante gli ultimi momenti dell’assaggio (tra i
flavor sretro-olfattivi).
3. Riscaldo: Flavor caratteristico dell'olio ottenuto da olive ammassate che
hanno subito un avanzato grado di fermentazione anaerobica (lattica).
E’determinato da concentrazione elevata di alcoli (2-metil-1-propanolo e 3-metil-1-
butanolo).
4. Salamoia: Flavor dell'olio estratto da olive conservate in soluzioni
saline.
Flavor determinati dalle tecnologie di estrazione:
1. Acqua di vegetazione: Flavor caratteristico acquisito dall'olio a causa di
cattiva decantazione e prolungato contatto con le acque di vegetazione.
2. Cotto o Stracotto: Flavor caratteristico dell'olio dovuto ad un eccessivo
e prolungato riscaldamento durante l'ottenimento specialmente durante la termo-
impastatura, se avviene in condizioni inadatte.
3. Fiscolo: Flavor dell'olio ottenuto da olive pressate in diaframmi filtranti
inquinati e sporchi di residui fermentati. E’un flavor molto particolare, facilmente
avvertibile che ricorda perfettamente l’odore che ha un fiscolo pieno di pasta
lasciato sporco per qualche giorno.
4. Sparto: Flavor caratteristico dell'olio ottenuto da olive pressate in
fiscoli nuovi di sparto. Il flavor può essere differente se il fiscolo è fatto con sparto
verde o con sparto secco.
5. Lubrificanti: Odore dell'olio di oliva ottenuto in frantoio dal cui
macchinario non sono stati adeguatamente eliminati resti di petrolio, di grasso o di
olio minerale.
6. Grossolano: Percezione caratteristica di alcuni oli che, all'assaggio,
producono una sensazione orale-tattile densa e pastosa.
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7. Metallico: Flavor che ricorda il metallo. È caratteristico dell'olio
mantenuto a lungo in contatto con superfici metalliche, in condizioni inadatte
durante i procedimenti di macinatura, impastatura, pressione o stoccaggio.
8. Sansa: Flavor caratteristico che ricorda quello della sansa di oliva.
9. Terra: Flavor caratteristico dell'olio ottenuto da olive raccolte con terra
o infangate e non lavate. In qualche caso, questo flavor può manifestarsi insieme
con quello della muffa-umidità.
Flavor determinati dalle tecniche di conservazione dell’olio
1. Cetriolo: Flavor che si produce nell'olio durante un imbottigliamento
ermetico eccessivamente prolungato, particolarmente in lattine. Attribuito alla
formazione di 2-6 nonadienale.
2. Morchia: Flavor caratteristico dell’olio rimasto a contatto o recuperato
da fanghi decantati in depositi e torchi.
3. Rancido: Flavor caratteristico e comune a tutti gli oli e grassi che hanno
sofferto un processo ossidativo, a causa del loro prolungato contatto con l'aria.
Questo flavor è sgradevole ed irreversibile. I fenomeni di ossidazione che si
sviluppano in un olio portano prima alla formazione di perossidi, che chimicamente
possiamo definire come il numero di perossidi, e successivamente alla formazione di
aldeidi e chetoni.
4. Smorzato o piano: Flavor dell'olio dalle caratteristiche organolettiche
molto tenui, a causa della perdita dei componenti aromatici.
5. Vecchio: Flavor caratteristico dell'olio quando resta troppo tempo nei
recipienti di ammasso. Può darsi anche in oli imbottigliati per un periodo
eccessivamente lungo.
PROCEDURA DA SEGUIRE PER LA CLASSIFICAZIONE DELL’OLIO DI OLIVA VERGINE IN
FUNZIONE DEL LIVELLO DI PERCEZIONE DEI DIFETTI
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L'olio d'oliva è classificato sotto la denominazione:
1.vergine extra: quando la mediana dei difetti è uguale a 0 e la mediana del
fruttato è superiore a 0;
2.vergine: quando la mediana dei difetti è superiore a 0 e inferiore o pari a
2,5 e la mediana del fruttato è superiore a 0;
3.vergine corrente: quando la mediana dei difetti è superiore a 2,5 e inferiore
o pari a 6,0 o quando la mediana dei difetti è inferiore o pari a 2,5 e la mediana del
fruttato è pari a 0;
4.vergine lampante: quando la mediana dei difetti è superiore a 6,0.
Per Mediana dei Difetti s'intende la mediana del difetto percepito con la
maggiore intensità.
Il valore del coefficiente di variazione robusto per questo difetto deve essere
inferiore o pari al 20%. Quando la mediana dell'amaro e/o piccante è superiore a
5,0, il capo panel lo segnalerà nel certificato di analisi dell'olio.
Tuttavia, a partire dal 1 novembre 2003 le Categorie 3 e 4 sono sostituite dalla
categoria olio lampante: la mediana dei difetti è superiore a 2,5; oppure la mediana
dei difetti è inferiore o pari a 2,5 e la mediana del fruttato è pari a 0.
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Procedure per la produzione dell’olio
extravergine di oliva
L’olio di oliva si estrae dai frutti di numerose varietà del genere Olea, in
particolare dalla specie di Olea europea, pianta coltivata nel bacino del
Mediterraneo fin dai tempi delle più antiche civiltà. Il frutto dell’olivo è una drupa
di forma tondeggiante costituita dalla seguenti parti:
- epicarpo o buccia
- mesocarpo o polpa
- endocarpo o nocciolo
- seme o mandorla
L’epicarpo o buccia è la membrana esterna, liscia (di una colorazione
inizialmente verde che con la maturazione tende al violaceo) ricoperta di una
sostanza cerosa protettiva. Il mesocarpo contiene oltre all’acqua, la maggior
quantità di olio. L’endocarpo è un guscio legnoso che racchiude il seme o mandorla,
a sua volta costituito da una membrana esterna detta episperma che avvolge
l’endosperma. In quest’ultimo si trova una piccola percentuale di olio, difficilmente
estraibile. La composizione chimica dell’oliva è influenzata da numerosi fattori, tra
cui il tipo di olivo, il grado di maturazione (durante la quale si ha un graduale
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aumento di olio e una progressiva diminuzione di acqua), le condizioni climatiche.
La raccolta delle olive inizia, in quasi tutte le zone geografiche del Mediterraneo a
novembre anche se varia in relazione al clima e ai metodi utilizzati: la raccattatura
( in seguito alla spontanea caduta delle olive) o la brucatura a mano. La raccolta
tramite raccattatura ha l’indubbio vantaggio di essere un metodo con un costo di
esecuzione limitato; infatti , posizionando precedentemente sotto le piante teli o
reti di plastica, si riesce con poca manodopera a eseguire il raccolto. Non è
opportuno però, aspettare la caduta spontanea delle olive in quanto spesso queste
superano il grado di maturazione con conseguente aumento dell’acidità libera, una
variazione di colore e una maggiore tendenza all’irrancidimento. Esistono anche
sostanze cascolanti, che facilitano il distacco spontaneo delle drupe, tra cui l’acido
ascorbico, tuttavia; il loro impiego è sconsigliato, se si vuole evitare di contaminare
il prodotto. Due tecniche di raccattatura alternative sono rappresentate dall’uso di
particolari rastrelli che pettinano l’albero, facilitando così la caduta delle olive e
dalla scrollatura della pianta per mezzo di bastoni uncinati. Queste due tecniche
sono le più razionali ed economiche, sebbene la brucatura, raccolta manuale delle
drupe, rimane il metodo migliore: esso presenta l’inconveniente di essere molto
costoso di esecuzione.
Dopo la raccolta le olive vengono trasportate al frantoio dove si effettua
l’estrazione dell’ olio che avviene quasi esclusivamente mediante pressione,
utilizzando presse idrauliche discontinue. Tra la raccolta e la frangitura le olive
possono essere conservate in magazzini ben aerati e asciutti, disposte in stati sottili
su graticci sovrapposti. La lavorazione delle olive al fine di estrarne l’olio, consiste
essenzialmente nel rompere i tessuti del frutto, trasformandolo in pasta, per farne
fuoriuscire il succo o mosto oleoso, da separare nelle due fasi di olio ed acqua di
vegetazione. Il residuo solido prende il nome di sansa e può essere sottoposto ad
ulteriore estrazione chimica.
L'olio di oliva deriva dalla lavorazione delle olive attraverso una serie di fasi
che vanno dal lavaggio, alla molitura fino all'estrazione quasi completa dell'olio in
esse contenuto e viene attuata prevalentemente per pressione.
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L’estrazione dell’olio per pressione prevede una fase preliminare di pulitura
che consiste nella mondatura effettuata con apparecchi meccanici per allontanare
sostanze estranee (es. terra) che possono conferire all’olio odori sgradevole e le fo-
glie, che ne alterano il gusto e il colore. Infine si procede al lavaggio in modo da eli-
minare polvere e terriccio. Segue la fase di molitura in cui si rompe la struttura cel-
lulare dell’olive in modo da ottenere l’olio in esse contenuto, e si frantuma il noc-
ciolo, ottenendo così , con la pasta delle olive, un’emulsione costituita da olio e
acqua. Successivamente con la gramolatura si ha il mescolamento della pasta di oli-
ve che determina una maggiore lacerazione delle cellule e la formazione di gocce di
olio più grosse, separate dall’acqua di vegetazione e dalla parti solide. La molitura
e la gramolatura possono essere effettuate separatamente o in continuo con mac-
chine dette frangigramolatrici. L’ estrazione meccanica (avviene quasi esclusiva-
mente per pressione) si realizza mediante impianti tradizionali (discontinui) o im-
pianti moderni (continui).
Nell’impianto tradizionale, le olive vengono macinate per mezzo di due o più
ruote di granito (molazze) che girano su una vasca frantumando la polpa; le molazze
non poggiano direttamente sul fondo della vasca, ma sono distanziate di pochi milli-
metri per evitare una frattura eccessiva dei noccioli, importanti per il drenaggio
nella successiva fase di spremitura. La pasta ottenuta viene continuamente rimesco-
lata grazie all’azione di palette rimescolatrici, che la spingono ad ogni giro sotto lo
scalzo delle macine, favorendo l’aggregazione delle goccioline d’olio. Il lavoro ese-
guito da tali frantoi è discontinuo: la molazza riceve ogni volta 250/500 Kg di olive,
cioè la quantità di pasta che può essere sottoposto all'azione di una pressa, e la mo-
litura dura circa 15/30 min.
La pasta proveniente dalle molazze viene spalmata sui fiscoli, ovvero pannelli
circolari in fibra sintetica (un tempo fatti esclusivamente in fibra vegetale), forati al
centro in modo tale da poter essere sovrapposti (ogni 3-4 fiscoli viene messo un di-
sco rigido di acciaio) e impilati su un carrello che viene poi portato sotto la pressa
per l'operazione di spremitura. Il tempo di durata della pressione si aggira intorno ai
60 minuti. Le fibre dei fiscoli, così come le parti solide (frammenti di nocciolo), ser-
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vono da filtro, e permettono il passaggio solamente delle parti liquide. In questo
modo si ottiene la separazione della sansa (parte solida) dall’olio e dall’acqua (par-
te liquida), che vengono raccolte in vasche, dette "vasche di decantazione".
Nell’impianto moderno continuo, le olive vengono frantumate da parti mecca-
niche in acciaio che si muovono ad una velocità elevata, i frangitori. Ne esistono
principalmente di due tipi: a martelli (costituiti da martelletti che, ruotando, sbat-
tono con forza le olive contro una griglia cilindrica provocandone la rottura e il pas-
saggio attraverso i fori), o a dischi (costituiti da due dischi metallici di stesso diame-
tro, uno fisso e l'altro ruotante, dotati di una serie di denti con spigoli: durante il
funzionamento le olive cadono violentemente tra i denti e vengono frantumate).
Intorno all’apparecchiatura ci sono apposite camere ad acqua che contribui-
scono a mantenere ottimale la temperatura della pasta. I frangitori permettono
un’efficacia e fine frantumazione delle olive ma non operano il rimescolamento del-
la pasta, rendendo indispensabile la successiva fase di gramolatura. La pasta, giunta
dai frangitori, viene sottoposta ad un continuo rimescolamento allo scopo di rompe-
re l’emulsione acqua-olio e favorire l’aggregazione delle goccioline d’olio per facili-
tarne l’estrazione.
Anche in questo caso la presenza di una camera sulla parete della vasca,
dove all' interno passa acqua riscaldata, permette di mantenere la pasta a tempera-
tura controllata.
Per ottenere una buona gramolatura è importante sia il tempo di lavorazione
che la temperatura della pasta oleosa:
TEMPO: il tempo ottimale è 30-40 min. (ma si può arrivare fino ad un max. di 60-70
minuti); aumentando temperatura si può diminuire il tempo, quindi l'ossidazione di
alcune sostanze nella pasta.
TEMPERATURA: la temperatura ottimale della pasta è 28-30 °C (max. 35 °C); sotto a
28 °C si ottiene una resa minore ma un migliore sapore fruttato; aumentando la
temperatura sopra 35°C si ottiene una resa maggiore ma un olio qualitativamente
scadente.
47
La gramolatura è ultimata quando la pasta, toccata con mano, la unge senza
macchiarla di violaceo.
La pasta ottenuta viene inviata all’estrattore centrifugo (o decanter) che, gra-
zie alla differente densità dell’olio, dell’acqua e della sansa, fraziona le diverse
componenti per mezzo della forza centrifuga.
Esistono diversi tipi di estrattore:
- a tre fasi: viene aggiunta acqua fino al 50% rispetto alla pasta, per permettere una
separazione più completa dell’olio. Nella centrifuga, infatti, la sansa si dispone in-
torno alle pareti mentre l’olio, spinto da una corrente di acqua immessa nella stes-
sa, risale verso l’alto e fuoriesce già separato dall’acqua di vegetazione. Alla fine
del processo di estrazione si hanno pertanto tre prodotti:
a. olio (con qualche gocciolina d’acqua)
b. acqua di vegetazione
c. sansa (con umidità pari al 48-54%)
- a due fasi: non prevede l’aggiunta di acqua e al termine della lavorazione si hanno
2 prodotti:
a. olio (con poca acqua)
b. sansa + acqua di vegetazione (umidità pari al 58-65%)
a tre fasi A.R.A (a risparmio d’acqua): può lavorare con un’aggiunta di acqua del 10-
20% rispetto alla pasta e permette di ottenere tre prodotti:
- a. olio (con pochissima acqua)
- b. acqua di vegetazione (tracce di olio)
- c. sansa (umidità pari al 50-55%)
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SCHEMA GENERALE DELLA PRODUZIONE DI OLIO EXTRAVERGINE
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MODERNO OO CON SINOLEA
FRANGITORE
CENTRIFUGA
DECANTER
GRAMOLA GRAMOLA
DECANTER
GRAMOLA
FRANGITORE
MOLAZZE FRANGITORE
SINOLEA
DECANTER
CENTRIFUGA
CENTRIFUGA
PRESSA
GRAMOLA
MOLAZZE
CENTRIFUGA
LAVATRICE
RACCOLTA
OLIVO
CONSERVAZIONE DELL’ OLIO
LEGENDA: = acqua di vegetazione
= sanse
OLIVETO
Centrifuga
La separazione dell'olio da eventuali residui di acque di vegetazione e di pasta
viene effettuata per mezzo di separatori centrifughi, che funzionano sul principio
della divisione di sostanze con diverso peso specifico grazie all’azione di forze cen-
trifughe.
Le caratteristiche del prodotto ottenuto dalla spremitura o prima lavorazione
possono già essere tali da consentire la commestibilità ottenendo olio di oliva vergi-
ne ed extravergine. L'olio lampante proveniente dalla prima lavorazione viene inve-
ce reso commestibile attraverso ulteriori processi di raffinazione che eliminano i di-
fetti propri di questa tipologia. Analogamente si procede alla raffinazione dell'olio
estratto dalle sanse. Infatti, nelle sanse dei frantoi permane una piccola quantità di
olio che viene separata dalla parte solida con processi industriali e l'utilizzazione di
solventi presso i sansifici.
Parametri Relativi alla Qualità dell'olio
Tradizionale Moderno
Riscaldamento della
pasta
Questo metodo di lavorazione non provoca un
eccessivo riscaldamento della pasta
La temperatura della pasta sia in fase di frangitura che in
quella di gramolatura è tenuta sottocontrollo da apposite
camere ad acqua posizionate intorno alle apparecchiature
Contenuto di perossidiLe molazze abbinate alle presse consentono di
ottenere un alto numero di perossidi
Il numero dei perossidi è alto quando vengono utilizzati i
frangitori a martelli abbinati al decanter, mentre risulta
essere basso se si utilizzano i frangitori a dischi
Contenuto di fenoliCon l’utilizzo delle presse si ha un basso
contenuto di fenoli totali
Con i frangitori a dischi si ha un buon contenuto di fenoli,
mentre con i frangitori a martelli il contenuto risulta
essere più modesto
Gusto dell’olio
Da un frantoio tradizionale sarà più facile
ottenere un olio meno carico in colore, dal
sapore meno piccante e più dolce, ma nello
stesso tempo meno protetto naturalmente,
quindi di minor conservabilità
Da un ciclo continuo si ottiene spesso un olio dal sapore
più piccante, dotato di una maggiore carica clorofilliana e
maggior presenza di antiossidanti naturali
Inquinamento tra
partite
L’uso dei fiscoli determina dei rischi di
inquinamento tra una partita di olive e l’altra,
specialmente se non lavati con frequenza
Vi è la possibilità, qualora vengano lavorate olive
scadenti, di effettuare una completa pulizia dell’impianto
evitando rischi di inquinamento tra una partita e l’altra
IgieneLa pulizia risulta più complessa rispetto ad un
impianto continuo
Rispetto al metodo tradizionale, l’impianto presenta
un’elevata igiene (dovuto alla mancanza dei fiscoli)
Considerazioni finali Questo metodo di lavorazione non provoca un Rispetto al metodo tradizionale, l’impianto presenta
50
eccessivo riscaldamento della pasta e permette
di ottenere una sansa poco umida; tuttavia i
lunghi tempi di esposizione della pasta all’aria e
alla luce possono portare a fenomeni di
ossidazione e ad un inizio di decomposizione dei
polifenoli, generalmente presenti già in minor
quantità negli oli ottenuti con questo metodo di
estrazione; conseguenze sono l’aumento di
acidità, irrancidimento, perdite di colore ecc..
L’uso dei fiscoli, inoltre, determina dei rischi di
inquinamento tra una partita di olive e l’altra,
specialmente se non lavati con frequenza.
un’elevata igiene (dovuto alla mancanza dei fiscoli)
e la possibilità, qualora vengano lavorate olive scadenti,
di effettuare una completa pulizia dell’impianto evitando
rischi di inquinamento tra una partita e l’altra. Di contro,
l’utilizzo di acqua durante la fase estrazione può
determinare un lavaggio delle sostanze idrosolubili
incidendo sulla qualità dell’olio, e porta alla formazione di
sanse molto umide o di notevoli quantità di acque residue
da smaltire.
Parametri generici
Tradizionale Moderno
Ingombro macchinariL’impianto presenta un elevato ingombro dei
macchinari
Occupa una superficie nettamente minore rispetto ai
macchinari tradizionali
Costi energeticiL’impianto richiede bassi consumi energetici
(energia elettrica)
L’impianto presenta un considerevole aumento dei costi
energetici
Manodopera e
Produttività
L’impianto discontinuo richiede maggiori tempi si
lavorazione e un maggior impiego di manodopera
Richiede poca manodopera grazie all’elevato
automatismo e ha alta produttività, con produzione di
olio di qualità complessiva migliore
Impatto ambientale
Il metodo di lavorazione tradizionale comporta un
basso consumo di acqua, la formazione di sanse
poco umide e limitate quantità di acque residue da
smaltire, provocando un impatto ambientale basso
L’utilizzo più o meno consistente dell’acqua durante la
fase di estrazione porta alla formazione di sanse molto
umide o di notevoli quantità di acque residue da
smaltire; tuttavia sul mercato si stanno diffondendo
macchinari progettati per limitare l'uso di acqua, come il
decanter a tre fasi A.R.A. (a risparmio d'acqua)
In sostanza
Il sistema Tradizionale e Moderno, messi a confronto tra loro, presentano
pregi e difetti e l’esaltazione dell’uno o dell’altro, più che dalle macchine, dipende
dal modo in cui esse vengono usate. Un fatto è comunque certo: così come si
richiede al produttore di portare all’oleificio olive sane e ben conservate,
ugualmente si deve esigere dal frantoiano che utilizzi nel modo più corretto e
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razionale le macchine di cui dispone, così da ottenere il giusto compromesso tra
qualità e quantità.
Uno dei più importanti parametri per la classificazione degli oli è
rappresentato dall’acidità libera espressa come acido oleico; maggiore è il grado di
idrolisi (e quindi degli acidi grassi liberi) più l’olio è scadente e predisposto ad
alterazioni.
Con il regolamento CE 1531/2001 sono state definite le nuove denominazioni
degli oli di oliva:
oli di oliva vergini: oli ottenuti dall’oliva meccanicamente o con altri processi
fisici in condizioni termiche tali da non alterarli. Si suddividono in:
- olio di oliva vergine extra: olio di gusto assolutamente perfetto con
un’acidità libera in acido oleica non superiore allo 0.8%
- olio di oliva vergine: olio di gusto perfetto con acidità non superiore al 2%;
- olio di oliva lampante: olio di gusto imperfetto con acidità superiore al 2%.
Oli di oliva composto da oli di oliva raffinati e oli di oliva vergini: olio di
oliva ottenuto dal taglio di oliva raffinato con olio di oliva vergine diverso dall’ oliva
lampante, con un tenore di acidità libera non superiore all’1%.
Olio di sansa di oliva: olio ottenuto dal taglio di oliva di sansa di oliva
raffinato e di olio di oliva vergine , diverso dall’olio lampante, con un tenore di
acidità libera non superiore all’1%.
Gli oli vergine ed extra vergine possono ottenere il riconoscimento della
Denominazione di Origine Protetta (DOP) o Indicazione Geografica Protetta (IGP) se
possiedono le caratteristiche chimico fisiche e organolettiche previste dai
regolamenti comunitari. Le indicazioni obbligatorie da inserire in etichetta degli oli
di oliva sono:
- la denominazione di vendita (olio extra vergine di oliva, olio di oliva vergine,
olio di oliva, olio di sansa) accompagnata dalla scritta che ne identifica la categoria;
per l’olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e
unicamente mediante processi meccanici;
- il quantitativo netto;
52
- il nome del produttore;
- la sede dello stabilimento di produzione e/o confezionamento;
- il termine minimo di conservazione;
- le condizioni per la conservazione: conservare in luogo asciutto, al riparo
dalla luce e da fonti di calore;
- la raccomandazione non disperdere nell’ambiente dopo l’uso;
- il lotto di confezionamento.
L’indicazione della provenienza delle olive rimane facoltativa tranne che per
gli oli vergini ed extra vergini e per quelli a Denominazione di origine protetta (DOP)
o Indicazione Geografica Protetta. La “Puglia” vanta riguardo all'olio extravergine
d'oliva la Denominazione d' Origine Protetta (DOP) sull'intera regione. La DOP è stata
data a quattro tipi di olio, prodotti in zone specifiche del territorio
regionale:Dauno, Terra di Bari, Colline di Brindisi, Terra D' Otranto che fanno uso di
varietà di olive specifiche del territorio. Le zone sono a loro volta suddivise in
sottozone come si evince dalla cartina dell'olio.
Bibliografia:
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Dott.ssa CASCARANO Maria Angela______________________________
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