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1 MORTI SOSPETTE IN OSPEDALE : TRA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA EX LEGGE N. 231/ 2001 E BYSTENDER EFFECT. Un caso di cronaca, che ancora in questi giorni occupa le prime pagine dei giornali, è lo spunto per riflettere circa i modelli organizzativi ed il meccanismo di segnalazione degli illeciti all’interno degli enti pubblici. Il caso, come è noto, concerne un sanitario del pronto soccorso dell’ Ospedale di Saronno sospettato di aver volontariamente procurato il decesso di alcuni pazienti mediante la somministrazione di un cocktail di farmaci letali. La notizia ha suscitato clamore - oltre che per il fatto in sé - perché le segnalazioni pervenute (anonime e non) agli organi di controllo aziendali circa il comportamento del predetto sanitario non avrebbero sortito alcun effetto disciplinare o penale. La stampa ha riportato infatti che l’Ufficio Procedimenti Disciplinari avrebbe archiviato un procedimento promosso nei confronti del sanitario avente ad oggetto proprio gli stessi addebiti in relazione ai quali è stata esperita l’azione penale. Il ruolo dunque dei membri del predetto ufficio, del Direttore Generale, del Direttore del Presidio e anche del Responsabile del Pronto Soccorso sarebbero sotto la lente di ingrandimento dei magistrati non avendo i medesimi quantomeno vigilato sul dipendente in questione. Nel caso di specie non vi sarebbe stata la corretta applicazione del codice etico (27 giugno 2007 (http://www.asst- valleolona.it/images/Codice%20etico%20Azienda%20Ospedaliera%20Ospedale%20di%20 Circolo%20di%20Busto%20Arsizio.pdf) e del codice disciplinare (delibera in data 30 gennaio 2014 di approvazione del codice di comportamento dei dipendenti dell’ex azienda ospedaliera http://www.aobusto.it/attachments/article/374/delibera_89-2014.pdf). Inoltre, a quanto è dato comprendere, gli organismi di controllo aziendali ('Organismo di Vigilanza, Nucleo di Valutazione delle Prestazioni, Ufficio Procedimenti Disciplinari) a partire dall’Organismo di vigilanza (Odv), non sarebbero stati informati delle segnalazioni pervenute. Ciò significherebbe che il flusso informativo verso l’Odv, organismo che dovrebbe essere costituito da membri esterni all’Ospedale, non sarebbe stato strutturato correttamente nel Modello 231/2001 pacificamente applicabile anche agli enti pubblici o che l’Odv, nonostante la segnalazione pervenuta, non abbia assunto provvedimenti oppure che il modello organizzativo sia stato eluso fraudolentemente dai soggetti preposti al controllo del sanitario. Alle tre ipotesi corrispondono, ovviamente responsabilità diverse. Infatti soltanto nell’ultimo caso opererebbe l’esimente e non vi sarebbe responsabilità amministrativa dell’ex azienda ospedaliera – ora ASST –. Nei primi due casi, invece, è evidente che il

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MORTI SOSPETTE IN OSPEDALE : TRA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA

EX LEGGE N. 231/ 2001 E BYSTENDER EFFECT.

Un caso di cronaca, che ancora in questi giorni occupa le prime pagine dei giornali, è lo

spunto per riflettere circa i modelli organizzativi ed il meccanismo di segnalazione degli

illeciti all’interno degli enti pubblici.

Il caso, come è noto, concerne un sanitario del pronto soccorso dell’ Ospedale di Saronno

sospettato di aver volontariamente procurato il decesso di alcuni pazienti mediante la

somministrazione di un cocktail di farmaci letali. La notizia ha suscitato clamore - oltre

che per il fatto in sé - perché le segnalazioni pervenute (anonime e non) agli organi di

controllo aziendali circa il comportamento del predetto sanitario non avrebbero sortito

alcun effetto disciplinare o penale. La stampa ha riportato infatti che l’Ufficio

Procedimenti Disciplinari avrebbe archiviato un procedimento promosso nei confronti del

sanitario avente ad oggetto proprio gli stessi addebiti in relazione ai quali è stata esperita

l’azione penale. Il ruolo dunque dei membri del predetto ufficio, del Direttore Generale,

del Direttore del Presidio e anche del Responsabile del Pronto Soccorso sarebbero sotto la

lente di ingrandimento dei magistrati non avendo i medesimi quantomeno vigilato sul

dipendente in questione. Nel caso di specie non vi sarebbe stata la corretta applicazione

del codice etico (27 giugno 2007 (http://www.asst-

valleolona.it/images/Codice%20etico%20Azienda%20Ospedaliera%20Ospedale%20di%20

Circolo%20di%20Busto%20Arsizio.pdf) e del codice disciplinare (delibera in data 30

gennaio 2014 di approvazione del codice di comportamento dei dipendenti dell’ex azienda

ospedaliera http://www.aobusto.it/attachments/article/374/delibera_89-2014.pdf).

Inoltre, a quanto è dato comprendere, gli organismi di controllo aziendali ('Organismo di

Vigilanza, Nucleo di Valutazione delle Prestazioni, Ufficio Procedimenti Disciplinari) a partire

dall’Organismo di vigilanza (Odv), non sarebbero stati informati delle segnalazioni

pervenute.

Ciò significherebbe che il flusso informativo verso l’Odv, organismo che dovrebbe essere

costituito da membri esterni all’Ospedale, non sarebbe stato strutturato correttamente nel

Modello 231/2001 pacificamente applicabile anche agli enti pubblici o che l’Odv,

nonostante la segnalazione pervenuta, non abbia assunto provvedimenti oppure che il

modello organizzativo sia stato eluso fraudolentemente dai soggetti preposti al controllo

del sanitario.

Alle tre ipotesi corrispondono, ovviamente responsabilità diverse. Infatti soltanto

nell’ultimo caso opererebbe l’esimente e non vi sarebbe responsabilità amministrativa

dell’ex azienda ospedaliera – ora ASST –. Nei primi due casi, invece, è evidente che il

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modello sia stato approntato o interpretato come una mera formalità e non quale mezzo di

prevenzione dei reati, con conseguente responsabilità dell’Ospedale.

E’ pacifico infatti che in una struttura preposta alle cure in cui, peraltro, sono resi

disponibili farmaci, il sovradosaggio degli stessi sia un rischio del tutto prevedibile e

dunque oggetto di preventiva valutazione ai fini della costruzione del modello e

dell’articolazione delle strutture preposte al controllo.

Pacifico altresì che l’Odv deve essere costituito da soggetti non destinatari del modello,

anche se la prassi ricorrente, soprattutto nelle aziende private, è di inserire fra i membri

dell’Odv il responsabile del personale, il responsabile dell’ufficio legale o il responsabile di

produzione con conseguente inidoneità dell’Odv a svolgere la funzione sua propria per

incompatibilità dei suoi membri.

In ogni caso, è evidente, dato il numero esiguo di segnalazioni dell’accaduto da parte del

personale del reparto (una o due) che poca formazione ed informazione vi sia stata circa

l’obbligo dei dirigenti pubblici di segnalare agli organismi di controllo condotte che

integrano violazione del codice etico ed alla facoltà, per tutti i dipendenti, attraverso

l’attività di whistlblowing, di portare a conoscenza dell’ODV sia potenziali reati che

violazioni del codice etico e di condotta ed illeciti (wrongdoing).

Ampia e diffusa è stata infatti l’informazione sul whistleblowing in funzione

anticorruzione, in ragione dell’azione propulsiva dell’ANAC ma poco o nulla, anche a

livello di aziende private, per incentivare le segnalazioni di altri illeciti in funzione di

salvaguardia della reputazione aziendale.

Ciò detto, il caso in esame, a mio avviso, è però inquadrabile, per quanto finora emerso,

non soltanto nella mancanza di una cultura della segnalazione, ma è paradigmatico

dell’effetto spettatore (o testimone : bystender effect) studiato da Jhon M. Darley & Bibb

Latané, due psicologi sociali, che elaborarono il principio secondo i quali più testimoni ci

sono di un reato, meno persone saranno portate ad agire.

Questa conclusione si fonda sulle seguenti dinamiche, accertate nel corso di diversi test :

più ampio è il gruppo, più diffusa è la responsabilità e bassa la probabilità di intervento

perché ognuno osserva che cosa fa l’altro e se nessuno interviene la passività o la

sottostima dell’evento è la regola; inoltre più ampio è il gruppo più è probabile il

giudizio nei confronti di chi non si conforma ad un determinato comportamento.

Qual è allora il fattore che ha determinato l’infermiera – non italiana - a non restare inerte

ma a denunciare e determinare un intervento ? L’onestà intesa come bellezza morale

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(traduzione del greco kalos ) e senso dell’onore del ruolo di cura ricoperto, da molti

andato perduto.

Milano 11 dicembre 2016

Gigliola Pirotta

Avvocato in Milano