movida n.9

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N°9 - Marzo 2009 life Piazza bella piazza L'intervista: Ali Rashid Quale futuro per la Palestina È il progresso bellezza La piazza che non c'è più Stare bene nel culo del mondo Afghanistan, marzo 2009 Di ragni e di piazze nel caos di città MovidaLife - Magazine mensile - 1 EURO Copia Omaggio

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Movida Life

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Page 1: Movida N.9

N°9

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9 life

Piazza bella piazza

L'intervista: Ali RashidQuale futuro per la Palestina

È il progresso bellezzaLa piazza che non c'è più

Stare bene nel culo del mondoAfghanistan, marzo 2009

Di ragni e di piazze nel caos di città

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MOVÍDAlife - n°9 - MAR Ø9

LA PROVINCIA DI ALESSANDRIA “SBARCA” A EATALY

18 febbraio - 18 aprile

INFO:Assessorato all’agricoltura e prodotti tipici della Provincia di AlessandriaTel. 0131.304457/59 - email:[email protected]

Locale di promozione del territorioVia Piacenza n. 80 Alessandria

Mercoledì 1 aprile 2009 • dalle ore 17 • Degustazione di pesce azzurro e grignolino

In tutti i ristoranti di Eataly fino ad aprile saranno presenti i piatti della gastronomia alessandrina.

CENTRO ENOGASTRONOMICO

Via Nizza 230 - zona Lingotto - Torino - www.eatalytorino.it

13 e 19 marzo degustazione dei vini del 34° Consorzio Enologico Marengo DOC

27 marzo e 2 aprile degustazione dei vini del 4° Concorso Internazionale della Barbera

9 aprile degustazione guidata dei vini vincitori della V Rassegna Nazionaledei Vini Biologici BioDivino (Trisobbio, AL)

Eataly Degustaz. aprile:Layout 1 17-03-2009 11:49 Pagina 3

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E’ un punto fermo nella “filosofia” di Movìda: “ciò che succede nel mondo riguarda anche noi”. Su questo numero. tra gli altri articoli, spiccano l’inter-vista a Alì Raschid sul futuro possibile per Palestina, la corrispondenza dell’Afghanistan di Maurizio Mor-tara e l’esperienza in Benin del medico alessandrino Maurizio Molan. L’argomento del mese è la “Piaz-za”. Tema, se vogliamo, con significati diversi per ciascuno di noi. Sul filo dei ricordi per qualcuno o luogo di incontri quotidiani per altri, centro commer-ciale o luogo di socializzazione, crocevia urbano o incrocio di esistenze, la Piazza è stata il cuore pul-sante e vivo delle nostre città. Negli anni sessanta, quelli del grande cambiamento della società, quasi si viveva in piazza. Manifestazioni, comizi, volanti-naggi, incontri e scontri. Cariche della polizia e balli a palchetto. Sere e qualche volta notti a discutere di tutto: del mondo e della vita, di politica e di sport. La Piazza era una sorta di ombelico del mondo nel quale ci si ritrovava e ci si riconosceva. Oggi non è più così: gli spazi aperti sono ormai occupati dalle auto nei parcheggi e le panchine sono sempre più rare. Non ci sono quasi più e se ci sono, spesso sono rotte e inutilizzabili. E’ cambiata la società e siamo cambiati tutti noi, nel profondo. O forse a pensarci bene una nuova Piazza c’è: il web. Virtuale eppure così reale. Perché dietro ai monitor e alle tastiere ci sono pur sempre uomini e donne, ragazzi e ragazze che vivono e pensano. Questa Piazza virtuale è la più straordinaria, veloce e perché no, rivoluzionaria invenzione di questo inizio di millennio. E’ una nuova maniera di comunicare e di trovarsi. Facebook, se usato con intelligenza, è un modo per stare insieme e scambiarsi sensazioni, informazioni e opinioni. E’ un modo per ritrovarsi e riconoscersi. Sui blog ci si incontra e si discute. Certo, manca il contatto fisico, ma é pur sempre un bel passo avanti rispetto a sms e telefonate criptiche e superveloci, per non parla-re dello “squillo” per risparmiare sulla bolletta. In fondo nella rete un po’ di umanità può restare impi-gliata. O no?

DiRettORe RespOnsAbile:Enzo Macrì

ARt DiRectORFabio Falleti

in ReDAziOne:Piero ArchentiDanilo AronaBarbara BalbianoIlaria BarbisanEmiliano BottaccoMaria Grazia CaldirolaDiego CestinoDaniele De FlorioFlavio GemmaLucio LaugelliFrancesca LiottaAndrea LivraghiRoberto LoddiSara MacrìAngelo MarenzanaFranca NebbiaAhmed OsmanLavina PiacentiniElena Laura Pozzi

HAnnO cOllAbORAtO:Fabio GrossiMichela VerardoMaurizio MolanMaurizio Mortara

pROgettO gRAficO: Salvatore ZagariEventicomunicazione s.r.l.

stAMpA Tipolito Viscardi

eDiziOne & pubblicità:Promomedia s.u.r.l.Via Trotti, 5815100 AlessandriaTel / fax segret. 24h 0131 43201Email: [email protected]

REGISTRATO TRIBUNALE DI ALESSANDRIA

N. 616 – 20/05/2008

sOMMARiO

editoriale

N°9 - Marzo 2009

Per la Pubblicità su Movida: Via Trotti, 58 - AlessandriaTel. Segr. 24h 0131 43 [email protected]

Leggi Movida su internet digitando: www.myspace.com/movidamag

Piazza bella piazza

È il progresso bellezzaLa piazza che non c'è più Il terzo luogoDalla piazza ai nuovi multistore

Movida MooviesMi viene in mente...

Città in notturna

Stare bene nel culo del mondoLashkar gah, Afghanistan, marzo 2009

Chiara Balza e Valerio BasiliFotografi alessandrini

L'intervistaAli Rashid: quale futuro per la Palestina

Quidah e la porta del non ritorno

Di ragni e di piazze nel caos di città

Vecchio a chi???

Il fascino sottile del male e i suoi perchè

Post-itGli appuntamenti del mese

Note scordateConcorso per cantautori

Movida TestQuanto ti piace stare in piazza?

Movida golosa

L'università del gusto

Movida Books

Lost

Movida sonora

Movida ArtJulius e Sibilla

Caso aperto caso chiusoIX capitolo

Annunci economici

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A parlare con gli anziani, quasi tutti pensano con una certa gratitudine al giorno in cui l’hanno co-nosciuta. La piazza. Ma, a sentire loro, la vita è spesso infedele. E separa. Separa dagli affetti e dagli amori. Separa gli umori, per questo ogni giorno è diverso da quello successivo. Spesso costringe a voltare le spalle. A spingere lo sguar-do in un’altra direzione, a tenere lontana la me-moria. E in questo gioco di cambiamenti anche la piazza ha dovuto farci i conti.Piazza. Consumata dal tempo, contaminata dal progresso, sepolta dalla polvere della storia re-cente, asfaltata con l’acciaio degli incentivi sta-tali e dei Suv oltre ogni frontiera per uomini la cui autentica forza guerriera li vede vincitori in un posteggio sul marciapiede. Piazza. Cimitero di vetture. Sbarre all’ingresso. Sbarre all’uscita. Oblitera lo scontrino, per pagare un’ora di sosta e non pagare nulla per lo scempio che stritola la traccia di una storia antica. E intanto la piazza muore. Come un cuore che smette di pulsare e porta con se, alla rovina, tutto un corpo.

Piazza. Il cuore che batte in una città, un polmo-ne, ossigeno senza verde, piccola o grande. Ma con uno stile. Il suo stile. Un’architettura ricerca-ta, un’anima, scenografia di chiese e palazzi co-munali. Signori e Signorie. Barboni addormenta-ti, accattoni a chiedere un soldo. Una volta c’era la piazza. Una volta neanche tanto tempo fa. Poi l’accelerazione improvvisa. Piazza luogo di mer-cato, di commercio, banchi e banchetti e pure bancarelle, cesti, verdure, uova, frutta, legumi, pulcini, conigli. Odori. Stoffe, camicie, scarpe, acciughe, olive. Ancora odori. Piatti, pentole, chiodi e martelli. Donne, belle donne, mi rovi-no solo per voi, non perdetevi questa occasione. Donne sul mercato, uomini in fabbrica.Piazza bella piazza…Luogo di incontro. Bambini. Ginocchia sbuccia-te e calzoni corti. Un pallone che corre. Caviglie e calzini sempre più corti e cappotti e borse di scuola gettate a terra. Lividi. Uomini. Abito della festa, capelli lucidi e lozione alla lavanda alla domenica mattina ai tavolini del bar. Sport

e pettegolezzi. Gazzetta rosa in mano. L’Unità e la Stampa. Piazza che odora di pasticceria e di edicola, di carta stampata, di Tex, Capitan Miki e Flash Gordon. Cannoli con la panna. Donne. Poli-tica e belle donne. Politica nei fatti, e belle donne nei pensieri. Panchine e biciclette. Partenza di tappa e sole di giugno.Piazza bella piazza…Luogo di comizi e di politica urlata. Luogo di no, luogo di promesse. Luogo di protesta. Rab-bia. Slogan, studenti e operai. Striscioni e cele-re, manganelli e scudi. Luogo di nebbia, di gas lacrimogeni e di sole primaverile. Carri armati. Piazza Tien An Men, piazza San Venceslao. Bom-be. Piazza Fontana, piazza della Loggia. Guerra. Piazza Venezia. L’ora segnata dal destino. Piazza Rossa. Rossa di sangue, piazza Alimonda. Piaz-za Goito, un carcere, una rivolta, altro sangue, solo silenzio. La piazza del silenzio. Della vita e della morte. Piazza, qui si è fatta l’Italia e non tutti sono morti. Ma quelli vivi stanno scordando. Piazza bella piazza ci passò una lepre pazza…

Piazza bella piazza… di Angelo Marenzana

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A modo mio, ritengo di essere stato un privile-giato aver potuto vivere gli anni della gioventù in una palazzina situata proprio di fronte a piazza Ceriana, al Cristo. Sì va bene, direte voi, ma che straccio di privilegio è? Nemmeno si trattasse... che so, di piazza Navona!Ebbene, sì, per me e per i molti ragazzi della mia età (parliamo degli anni '50/'60) che vivevano in quel rione, piazza Ceriana era fors'anche meglio di piazza Navona se non altro perché piazza Na-vona era qualcosa di lontano, di irragiungibile...al contrario di piazza Ceriana, a portata di mano, sempre lì, sempre disponibile.Ci potevi trovare gruppi di bambini che si rincor-revano, donne sedute a crocchi sulle panchine o sulle seggiole che si portavano da casa, intente a cucire chiacchierando fra di loro. E poi anco-ra gli spettacoli viaggianti che si fermavano, di tanto in tanto, per esibire ciarlatani (ebbene sì, c'erano anche loro) e saltimbanchi. E la gente si affollava, in certe sere d'estate, seduta sulle panche collocate in buon ordine

sulla piazza, ad ascoltare divertita barzellette stantìe, o magari assistere applaudendo con convinzione le prodezze di maldestri presti-giatori. Un mondo sparito da tempo e impro-ponibile oggi. Dove lo trovi oggi un crocchio di donne intente a cucire sedute sulle panche di quella piazza? Intanto perché sarebbero delle candidate al suicidio dovendo inalare i gas di scarico delle molte auto parcheggiate e poi, chi potrebbe garantire loro l'incolumità da rombanti motorini in impennata? Oggi, di quella piazza rimangono le piante che la con-tornano e nulla più. Non più bambini che si rincorrono sul fondo ghiaioso di cui era com-posta la pavimentazione, oggi, tutto lo spazio utile è riservato alle auto. Non esiste più il chiosco della "Filide", oggi sostituito da un vero e proprio bar, bello sì, ma agli occhi di chi ha vissuto piazza Ceriana di quegli anni, quello che vede oggi, appare come un corpo estraneo. E' sopravvissuta invece, miracolo-samente, la vecchia fontanella alla quale ci

rivolgevamo dopo corse estenuanti. E che dire poi della "Festa del Cristo", nei primi giorni di settembre, quando la piazza si ve-stiva a festa, si montava il ballo a palchetto, le giostre facevano da contorno e per tutti era "la festa". Una festa oggi costretta in spazi sempre più ristretti.Non c'è più il vecchio cinema Vittoria, non c’è più Primo, che lo gestiva, che il giorno "della festa" metteva fuori un altoparlante da cui Aurelio Fierro cantava Lazzarella. Al suo posto una multisala e prima ancora un locale a luci rosse.Oggi gli spazi si sono ridotti, le giostre si sono fatte molto più tecnologiche, forse troppo, quel tipo di spettacoli viaggianti è sparito da tempo. Bambini che si rincorro-no?... Dove e come... fra tutte quelle auto che ormai si sono impossessate della piaz-za, di quella che era la "mia", anzi, la "no-stra" piazza. Beh!... Rassegnamoci... questo è il progresso, bellezza!

E’ il progresso…. bellezza!la piazza che non c’è più.di Piero Archenti

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L’aveva teorizzato Ray Oldenburg nel 1989 con il suo libro The Great Good Place. Il concetto di “terzo luogo” nasceva da una riflessione sui luo-ghi della socializzazione nella moderna società suburbana: il primo era la casa, il secondo il la-voro e il terzo la piazza. Più precisamente, quel termine si riferiva all’insieme dei luoghi (tra cui anche i pub e i caffè) che fungevano da punto di ritrovo e di scambio di opinioni, e che il socio-logo americano considerava come la base fon-dante della democrazia poichè rappresentativi di una comunità vitale. Oggi il “terzo luogo” inteso come piazza (sia quella di paese che di provin-cia) si può considerare come in via di estinzione, per non dire scomparso, mentre al contrario ap-pare evidente il suo trasferimento all’ambiente virtuale costituitosi come luogo d’incontro e di scambio trasversale quasi con le stesse carat-teristiche. Ma sarebbe troppo scontato parlare di internet come della nuova piazza sia locale sia soprattutto globale: la trasformazione in atto è sotto gli occhi di tutti e Facebook è divenuto in poco tempo il più importante punto di incontro di qualsiasi altro ritrovo reale. Piuttosto sembra interessante notare che oggi molti negozi ven-gono pensati ed organizzati come delle vere e

proprie piazze. E non ci si riferisce ai centri com-merciali che da tanto tempo sono strutturati in modo tale da far ricordare quel “terzo luogo” con strade, bar, ristoranti e quant’altro; Marc Augé li aveva definiti infatti come un nonluogo, ovvero uno spazio di transito né identitario né storico dove non si instaurano relazioni e tutti pensano solo a consumare frettolosamente il non neces-sario. Ci si riferisce invece a quei “terzi luoghi” concepiti proprio come degli spazi esperienziali, capaci di suscitare emozioni e fidelizzazione: in altre parole che mirano al riconoscimento della marca da parte del cliente e ad una successiva fruizione dello spazio proprio perchè punto di ritrovo già esperito. Ciò è quanto è stato dichia-rato dai responsabili di alcune delle più grosse catene di librerie, che negli ultimi anni hanno progettato degli spazi puntando a creare innanzi tutto un’atmosfera riconoscibile, per certi versi paragonabile a quella di una piazza: spazi aperti al pubblico quasi 24 ore su 24, con all’interno bar dove bere un caffè occhieggiando un libro, aree destinate alla presentazione di eventi e co-mode poltrone sulle quali rilassarsi e vedere la gente che passa. Lo hanno fatto le librerie Feltri-nelli nelle grandi città italiane, oppure il marchio

Fnac o il recente Mondadori Multicenter aperto in piazza Duomo a Milano. Ma non ci si ferma qui: già nel 2007, a Mestre, lo stesso gruppo Fel-trinelli aveva aperto un nuovo punto vendita con all’interno un ristorante, seguito nei mesi scorsi dalla nuovissima Libreria.coop a Bologna che, disposta su 4 piani, ospita Eataly, un ristorante che ricalca quello di Lingotto dove si possono gustare i prodotti dei presìdi di Slow Food. Perchè anche il concetto di lentezza è un punto cardine per chi ha creato queste strutture. Come nella piazza o in altri terzi luoghi, la gente va lì per ral-lentare i ritmi quotidiani e non necessariamente per comprare, ma per vedere, curiosare, bere, chiacchierare , mangiare, assistere a incontri, il tutto in un’azione che è esperienziale e che sarà reiterata in quanto riconoscibile e portatrice di piacere (almeno negli intenti degli ideatori). Certo, pensare a questi multistore come a delle piazze è per certi versi azzardato. Però il fatto che siano stati strutturati come tali dimostra che il concetto di piazza e di tutte le relative peculia-rità è ancora vivo e positivo. Allora se i tempi e i luoghi sono cambiati, non si può dire altrettanto dell’ideale di questo “terzo luogo” che al contra-rio sembra destinato a non morire facilmente.

Il terzo luogodalla piazza ai nuovi multistoredi Ilaria Barbisan

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La piazza mi intriga molto. La piazza, come luogo d’incontro, di passaggio, di ricordo ha attraversato, trasversalmente, la letteratura, la musica e ovviamente anche il cinema. Oltre che le nostre esistenze: tutti abbiamo una no-stra piazza. Mentre pensavo a come collegare al cinema questo tema (e subito non ho potuto fare a meno di pensare a Federico Fellini: I Vitel-loni, con un Alberto Sordi ubriaco e barcollante, all’alba, nella piazza riminese, dispensare verità malinconiche al suo amico Moraldo “Ma chi sei? Non sei nessuno, non siete nessuno tutti quan-ti”) ecco che mi viene in mente una ricorrenza importante: il 7 marzo di dieci anni fa, moriva nel sonno il grande regista Stanley Kubrick. E allora mi viene in mente che l’articolo si potreb-be fare sul maestro americano, sull’importanza che hanno avuto i suoi film, sulla sua intrigante personalità - i giornalisti lo dipingevano come un maniaco perfezionista ossessionato dai mi-crobi, Kubrick, e traspare dai ricordi di chi ha vissuto o lavorato con lui, era ben altro -. Mentre inizio ad abbozzare le prime righe, però vengo a sapere una cosa molto triste: Franco La Polla, docente universitario a Bologna, conosciuto da tutti nell’ambito cinefilo, semplicemente il più

grande esperto di cinema hollywoodiano in Ita-lia, si spegne a Pavia. Io che ho avuto la fortuna di averlo come insegnante, per poche lezioni, l’ho visto salutare la classe un paio di settimane fa dicendo che doveva operarsi, che ci si vedeva più avanti e un altro professore l’avrebbe sosti-tuito durante la sua assenza. Quando ho saputo della sua morte, non ho avuto più dubbi e que-sto mese, questa pagina di Movida, non può che essere per lui. L’avevo conosciuto quasi tre anni fa, leggendo sulla copertina di un manuale (In-troduzione al cinema di Hollywood) il suo nome: Franco La Polla, mese dopo mese, mi ero reso conto di quanto quel nome fosse importante per la mia università e non solo. Un maestro autore-vole. Un autore che vantava una collaborazione più che ventennale con Sidney Pollack e infatti, quando lo scorso maggio il cineasta americano era morto, come riferimento in una mia breve commemorazione, avevo citato proprio un libro di La Polla, professore universitario ordinario; così c’era scritto sul cartello appeso al porto-ne della facoltà che ho letto prima. Mi ha in-tristito profondamente questa notizia. Mi viene in mente, in particolare, l’ultima lezione in cui l’ho visto: parlava quasi sempre con un tono di

voce basso, un po’ impastato, qualche volta non capivo le parole che diceva. Ad un certo punto ha avuto un vuoto di memoria e si è rivolto alla classe: “Qual’era il primo film di Godard che ora non mi ricordo?”. In realtà detesto rispondere quando i professori si rivolgono agli allievi così in generale: alle elementari lo facevano solo i secchioni che poi venivano giustamente presi in giro; così fin da quei tempi ho maturato la convinzione di non rispondere, a prescindere dalla domanda. Ma l’altro giorno, visto che non rispondeva nessuno, probabilmente era ancora troppo presto e si dormiva profondamente, ho abbozzato un “Fino all’ultimo respiro”. Lui mi ha detto bravo, mi ha ringraziato ed ha proseguito dritto per la sua lezione. Ora che non c’è più Franco La Polla, oltre a dispiacermi per non po-ter più seguire le sue ore di cinema, le poche gradite tra tanti insegnamenti mediocri, un po’ sono contento, sinceramente, di essermi reso utile, nel mio piccolo, anche solo per un momen-to, in una delle sue ultime lezioni, supportate dal suo talento, dal suo amore per il cinematografo. Grazie Professore. Si intitolava “Fino all’ultimo respiro”, e ogni volta che lo rivedrò non potrò fare a meno di ripensarla.

MOOVIES di Lucio Laugelli

Mi viene in mente…

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Avete mai ascoltato quello che le città sussurrano di notte? Per una serata, possibilmente estiva, non prendete impegni. La scelta dell’estate è dovuta solo a questioni di temperatura, altrimenti andrebbe bene anche l’inverno. Scegliete una sera infrasettimanale, perché nei week-end potreste trovare qualche altra “anima viva” nelle strade e sulle piazze. Visto che, di questi tempi, star fuori di notte non è troppo sicuro, uscite armati: una macchina fotografica è sufficiente…Digitale o vecchio stile, poco importa. Basta che sappiate usarla in condizioni di scarsa illuminazione, quando il sole è già tramontato da un pezzo e i lampioni, le vetrine e le insegne dei negozi sono l’unica fonte di luce che vi accompagna. Uscite di casa verso mezzanotte, in bilico tra il giorno ormai trascorso e quello che verrà. Uscite soli, o poco accompagnati. Un amico. Un’amica. Magari un’amante. Un collega. Sicuramente qualcuno che abbia il dono della curiosità, e che non si stanchi di passeggiare al buio o di adeguarsi al vostro istinto. Al vostro wandering. Al vostro essere flaneur. Al vostro vagabondare. Uscite di casa e camminate per i

viali, tra i vicoli, osservando vetrine, passando su ponti, arrampicandovi su muretti, costeggiando i lungofiumi, passando sotto archi di pietra, perdendovi nel dedalo dei centri cittadini, dando la stessa importanza a cattedrali antiche e scritte a spray sui muri, avendo cura dei dettagli, immortalando quelli che più vi colpiscono con la macchina fotografica, se l’avete portata, lasciando scorrere quelli che non vi piacciono come foglie autunnali esposte al vento. Se avrete la pazienza di fermarvi ad ascoltare ed osservare, vi accorgerete di tante, piccole, diverse cose. Vi accorgerete, per esempio, che la città vi parla. Che ogni città, grande o piccola che sia, ha un’anima, del tutto indipendente da quella degli abitanti umani che vivono nelle sue case e nei suoi interstizi. Spesso le città più piccole sono più comprensibili, più portate ad esprimere sentimenti che l’uomo può capire, mentre le metropoli parlano un linguaggio complesso. Persino la vecchia, cupa e bistrattata Alessandria ha uno spirito che sa mostrare a coloro che la percorrono in notturna. A chi evita il chiasso dei nuovi bar da aperitivo alla moda, lo squallore

dei pomeriggi invernali e l’assurdo traffico delle ore di punta. Vi verranno in mente le Piazze d’Italia di De Chirico, dipinti surreali in cui le città vuote assumono una dimensione onirica, surreale, sospesa tra sogno e realtà, in cui tutto è possibile anche se non si muove un solo filo d’erba. O forse non vi verrà in mente nulla di preciso. Ma avrete a che fare con un “nulla creativo”, quel foglio bianco che si apre nella mente e che fa aguzzare i sensi. E in Alessandria, così come in molte altre città, dopo il passaggio delle prime ore piccole vi accorgerete che siete davvero soli. Nessuno in vista. Nessuno con la N maiuscola. Non troverete lavoratori, studenti, commercianti e operai, questo si sa. Ma non troverete nemmeno individui loschi seduti sulle panchine, poliziotti che li controllano, gente che ha paura di essere aggredita e gente che aspetta dietro l’angolo per aggredire, gente che scende a fare le ronde e gente che protesta contro le ronde. Non troverete vecchiette, né ragazzini. Non troverete vù comprà, e nemmeno ricchi annoiati. Troverete solo la città, pronta a sussurrarvi la sua verità.

di Daniele De FlorioCittà in notturna

At night they would go walking 'till the breaking of the dayThe morning is for sleepingThrough the dark streets they go searching to see god in their own way Coldplay, Cemeteries of London

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E’ strano come in un posto come questo si possa dire di star bene. Questi deserti sono chiamati spesso il “culo del mondo”, la gente che li vive sembra non piacere a nessuno ed è legata da una catena senza fine a tutto quello che il medioevo non ha ancora liberato. Quasi nessuno sa qualcosa di questo popolo se non per sentito dire, parlando a caso di qualche guerra e di un’ altra manciata di bambini feriti o mutilati. Un giorno della scorsa estate uno tra questi pasthum mi ha detto che è “normale”: quello afghano è un popolo che nessuno ha mai capito, come fosse fatto di persone meno importanti, con vita e morte che camminano assieme sempre per mano, come una coppia di vecchi sposi ancora innamorati. Ed a nessuno verrebbe mai in mente di venire a vivere a Lashkar-gah, in un mondo che sembra non appartenere a questo mondo, dove durante il giorno si aspetta che il sole faccia il suo giro nel cielo pitturato di blu, seguendo il contorno degli anelli di fumo bianco che lasciano le pattuglie di elicotteri in ricognizione, e la sera le donne stanno in silenzio nel buio delle loro case. E’ difficile capire la loro vita pur sfiorandola con le dita e da queste parti sembra non ci sia mai nessun motivo per sorridere. Lashkar-gah non è un luogo “aperto al pubblico”. Gli unici internazionali rispettati e lasciati lavorare senza problemi in tutta la ragione siamo noi di Emergency, otto, nove ragazzi che si sono insediati in questa città per stare più vicino a chi, chissà perché, nessuno vuole avere vicino. Siamo qui con il compito di mandare avanti un ospedale aperto a chiunque abbia bisogno di cure. Le vittime di guerra non mancano mai nella provincia di Helmand. Ci sono soldati contro soldati, militari che sparano sui guerriglieri, guerriglieri che attaccano convogli dell’ esercito afghano o di quello internazionale, e poi faide tra trafficanti di oppio e talebani, bande di predoni dei deserti, e soprattutto troppe vittime civili. I bambini come al solito sono i più indifesi: devono accettare e subire, piangere o provare a correre chissà dove per evitare di

saltare sopra una mina antiuomo o di rimanere tatuati dalle schegge impazzite che saltano in aria negli attentati. E’ questa gente che arriva al cancello bianco del nostro ospedale dove campeggia la “E” stampata in rosso: chiedono aiuto, ed Emergency apre le porte ed inizia a lavorare sino a quando, ancora una volta, qualcuno è fuori pericolo. E’ strano come in un posto come questo si possa dire di star bene. Ma può capitare. Può capitare quando, dopo giorni di lavoro e cure su uno di questi giovani feriti, lo vedi una mattina per la prima volta riprendere a camminare scalzo lungo il viale tiepido del nostro ospedale, dentro il solito pigiama bianco a disegni azzurri che loro indossano come un vestito inusuale. Alcuni piccoli pasthum camminano aiutandosi con grucce fatte di un legno leggero e chiaro, altri mostrano profonde ferite suturate che corrono sui loro corpi lungo tutto l’addome, altri ancora hanno lasciato da qualche parte un pezzo del loro corpo. Avanzano lungo il viale per rubare un po’ del primo sole della primavera di febbraio di Lashkar-gah senza chiedere nulla, e dopo qualche smorfia riescono a sorriderti, ma non so se sappiano già di essere bambini afghani, cresciuti senza infanzia tra la polvere di queste strade. L’ Afghanistan è il paese che possiede il triste primato del maggior numero di vittime di guerra nel mondo, uno degli stati più poveri dell’intero pianeta, e la gente vive ogni giorno sperando di poter continuare a vivere anche il giorno dopo. Oppresso da un conflitto con un bel numero di nazioni occidentali da ormai quasi dieci anni, ma in guerra da sempre, il popolo afghano sembra essere dimenticato da ogni dio, e vivendo con loro da ormai quasi un anno mi piace a volte provare ad immaginare cosa significhi essere un afghano. Può capitare anche in un posto come questo di star bene, quando ad esempio uno di loro ti aspetta al mattino per salutarti al termine del turno di notte in ospedale, ti stringe in un lungo abbraccio afghano domandandoti come stai in cinque o sei modi diversi, ed allora ti concentri per imparare

tutte le risposte adeguate di questo stano dialetto pasthum. Il tuo collaboratore afghano ti sorride e capisci che in quei momenti Lashkar-gah sembra appartenerti, ti senti parte dell’ aria di questi deserti; in quei momenti è come se fossi uno di loro e con loro stai bene. Non è poi così difficile, sei lontano da tutto e non puoi aver contatti con ciò che credevi di avere. Ma perché voltarsi indietro? Poi ci sono tutte le sensazioni che ognuno di noi tiene per sé, quelle che non si riescono a capire e spiegare a nessuno, che neppure tu immaginavi e che invece saltano fuori quando ti guardi in giro senza ormai più chiederti dove sei capitato, perché lentamente questo diventa il tuo posto, con i suoi ritmi, le sue strane abitudini, e tutto ciò che raccogli da questa gente lasciando al di fuori la guerra. Solitamente però si ha poco tempo per soffermarsi su queste divagazioni, arrivano nel giro di un attimo e sfuggono subito dopo, interrotti dalla radio che chiama ancora per un ferito. Uno qualsiasi, come quello di stasera, accoltellato alla gola tra le vie di quella che questi pasthum chiamano la “city”, il centro di Lashkar-gah. I ragazzi afghani sanno bene come usare i coltelli, conoscono come e dove colpire, ed anche quest’ultima vittima ha il segno di una sola pugnalata: un buco profondo sul lato destro del collo che ha tagliato qualche arteria e da dove zampillano rigagnoli di sangue. Dalle strade della “city” di Lashkar-gah al nostro ospedale ci sono pochi isolati: qualche incrocio con le strade delimitate tra i gomitoli di filo spinato. L’ uomo ferito quando arriva al nostro pronto soccorso sta perdendo molto sangue ed è trasportato subito in sala operatoria, e qualcuno sopra di lui gli comprime la base del collo per tamponare l’ emorragia che non gli lascerebbe ancora molta vita. Una volta finito l’intervento la scorta ti riaccompagna, perché senza scorta è impossibile girare, e prima del buio si passa il tempo nel giardino di casa Emergency giocando a ping-pong, tra il rumore degli elicotteri e le preghiere del mullah rivolte alle prime stelle della sera. E’ strano come in un posto come questo si possa dire di star bene.

di Maurizio Mortara

Stare bene nel…culo del mondoLashkar-gah, Afghanistan, marzo 2009

L'Afghanistan è uno stato dell'Asia centrale (647.500 km² - 31.889.923 abitanti stimati al luglio 2007) con capitale Kabul. Con la sua nuova costituzione il paese viene ora ufficialmente chiamato Repubblica Islamica dell'Afghanistan. L'attuale presidente è Hamid Karzai, in carica dal dicembre 2004. Le lingue ufficiali del paese sono il persiano (Dari) e il Pashtu, parlato soprattutto nel sud del paese. Come conseguenza della storia recente estremamente tormentata e caratterizzata da quasi trent’anni di guerra ininterrotta, il paese si trova in una situazione di profondissima crisi economica e sociale, oltre a subire direttamente le conseguenze dei recenti conflitti (per esempio il problema delle mine antiuomo sovietiche che rendono ancora pericolose vaste aree della nazione e colpiscono soprattutto i bambini).

L'Afghanistan Lashkar Gah Emergency Maurizio Mortara

Lashkar Gah è una città di 45.000 abitanti, la capitale della Provincia di Helmand. E’ situata nel sud dell’Afghanistan in una zona molto arida e desolata. La popolazione vive di agricoltura e pastorizia. Intorno a Lashkar Gar vi sono vaste coltivazioni di oppio, che costituiscono quasi il 90 per cento della produzione mondiale. La zona intorno alla città è completamente controllata dai talebani ed è territorio off-limit per gli occidentali.

Emergency è una ONG italiana, fondata nel 1994 da Gino Strada. Emergency è presente in Cambogia, Afghanistan, Iraq, Sierra Leone costruendo e gestendo ospedali per i feriti di guerra e per emergenze chirurgiche, centri per la riabilitazione fisica e sociale delle vittime di mine antiuomo e altri traumi di guerra, un centro per la maternità, posti di primo soccorso per il trattamento immediato dei feriti, centri sanitari per l'assistenza medica di base. L’ospedale Emergency di Lashkar Gah lavora in particolare nel settore della chirurgia per feriti di guerra e da mina e della traumatologia. L’ospedale, con 70 posti letto, è attivo dal 2004. Da allora ha ospitato 7.200 pazienti; i sanitari hanno effettuato 8.000 interventi chirurgici

Maur iz io Mor t a ra è opera tore radiologico presso ospedale di Ovada, in provincia di Alessandria. Dal febbraio del 2008 ha collaborato con Emergency in una missione in Afghanistan, attraversando l’ intero paese. E’ tornato in Afghanistan in un’altra missione Emergency all’inizio del 2009, per portare a termine un programma di istruzione per operatori radiologi afghani. Per la sua attività ha ricevuto il riconoscimento di Ovadese dell’Anno 2008. Maurizio Mortara racconta la sua esperienza in Afghanistan nel libro Dall’altra parte delle stelle, attualmente in corso di stampa per iniziativa della Provincia di Alessandria. Il volume sarà nelle librerie a fine aprile 2009.

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”E’ un soggetto perfetto” o “Vale la pena fotografarlo”. Cosa pensi più spesso?Credo nessuno dei due, forse ci penso ma è inconscio, è una questione d’ istinto, spesso mi rendo conto che le foto “pensate” sono quelle che alla fine scarto, credo comunque che la cosa più importante -e ovvia- sia la composizione, mi è capitato di vedere foto di una saliera su un tavolo e trovarle bellissime. Il soggetto non è tutto, anzi, puoi renderlo interes-sante proprio grazie alla resa fotografica, non credo di aver mai trovato interessante la foto di un tramonto..Ispirazione, fortuna, felicità, rabbia. Di cosa hai bisogno per fare una buona foto?Di tutto e di niente, proprio questa mattina ho chiesto a un mio amico come stava, lui invece di rispondermi a parole mi ha inviato un file con un pezzo che aveva appena composto al pianoforte dicendomi “ti invio questa per rispondere meglio alla domanda come stai”.Questa premessa per dire che per me la fotografia non è un mezzo artistico che uso per spiegare qualcosa che non riesco o non voglio dire a parole, o forse lo faccio ma torniamo alla risposta di prima, è inconscio.

Non vedo la fotografia come arte diretta e comprensibile a tutti i livelli come può essere la musica, la gente tende a percepire tristezza nella foto di un barbone o di un uomo che piange ma non va molto oltre. Non lo dico con arroganza o superbia, semplicemente conta molto avere “l’occhio allenato” e me ne sono resa conto quando ho cominciato a interessarmi seriamente alla fotografia un paio d’anni fa. Certo, ci vuole anche un po’ di gusto, le foto di barboni, paesaggi standard da cartolina, bambini o animaletti graziosi mi innervosiscono ora come allora.Io mi limito a portare con me la macchina fotografica, quando capita e mi sembra opportuno scatto, l’umore non è rilevante.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?Posso dirti il momento che preferisco di tutto il procedimento fotografico, cioè ritirare il rullino sviluppato e fare le scansioni, una delle emozioni che il digitale ha totalmente ucciso, insieme a molte altre.Per il resto l’emozione non c’è nel fare foto, c’è l’incazzatura e la frust-razione quando resto per periodi, anche brevi, senza farne, spesso causa scarse finanze per pagare e sviluppare i rullini!Sento l’esigenza di farlo, mi diverte tantissimo.

Quanto conta la tecinica e quanto l’impatto nei tuoi scatti?Come in ogni altra forma di espressione, anche in fotografia la tecnica è fondamentale per raggiungere l’idea che si ha in mente.Tuttavia sono convinto che con pochi rudimenti chiunque sarebbe in grado di fare buoni scatti, specialmente negli ultimi anni, con l’avvento del digitale e l’utilizzo di programmi di fotoritocco...Credo che in definitiva ciò che realmente conta sia la propria capacità di vedere, di immaginare, di trasmettere. E forse ancora di più il bisogno che realmente si ha di esprimere qualcosa.All’occhio non esperto una foto appariscente e artefatta potrà sembrare a volte interessante, ma una buona foto è una buona foto, prima ancora del tipo di ritocco, o del tipo di macchina che si usa.La stessa cosa vale per la tecnica... conosco fotografi che hanno compe-tenze e conoscenze vastissime ma che non riescono ad avere uno scatto davvero interessante, un guizzo.Altri che invece conoscono solo i rudimenti, ma in virtù di un ottimo oc-chio e di una grande sensibilità riescono ad ottenere sempre foto molto interessanti.Come ti aspetti che si ponga la gente davanti a una tua foto?

Quando scatto cerco di filtrare la realtà attraverso ciò che sono. Che si tratti di un paesaggio, o di un nudo in studio, la cosa che mi interessa è la possibilità che ha l’immagine di trasmettere una sensazione.Non cerco mai di canalizzare una certa emozione o un giudizio nelle mie foto. Mi piace che ognuno si confronti con l’immagine attraverso una propria visione. Quello che mi interessa è creare uno stimolo; ciò che questo stimolo genererà nell’osservatore non voglio che dipenda da me.Fortunatamente ho avuto modo di vedere quanto diverse siano le reazioni o le impressioni ad una stessa foto. A volte sono state reazione talmente diverse da sorprendermi. E questo è stato davvero molto bello per me.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?La cosa migliore per me è provare incompletezza ad ogni scatto. Una specie di impulso a fare altro. Qualcosa di simile o qualcosa di molto diverso.Solitamente non penso molto mentre scatto, ma è davvero fantastico rivedere le proprie foto. Che si tratti del monitor del mio computer, di un negativo appena sviluppato o di una polaroid, la sensazione non cambia. E’ sempre un piccolo stupore... un po’ come aprire un pacco sperando che dentro ci sia il regalo che ci si aspettava di trovare.

Valerio Basilihttp://www.flickr.com/photos/nhor/

Chiara Balzahttp://www.flickr.com/photos/unoundici/

”E’ un soggetto perfetto” o “Vale la pena fotografarlo”. Cosa pensi più spesso?Credo nessuno dei due, forse ci penso ma è inconscio, è una questione d’ istinto, spesso mi rendo conto che le foto “pensate” sono quelle che alla fine scarto, credo comunque che la cosa più importante -e ovvia- sia la composizione, mi è capitato di vedere foto di una saliera su un tavolo e trovarle bellissime. Il soggetto non è tutto, anzi, puoi renderlo interes-sante proprio grazie alla resa fotografica, non credo di aver mai trovato interessante la foto di un tramonto..Ispirazione, fortuna, felicità, rabbia. Di cosa hai bisogno per fare una buona foto?Di tutto e di niente, proprio questa mattina ho chiesto a un mio amico come stava, lui invece di rispondermi a parole mi ha inviato un file con un pezzo che aveva appena composto al pianoforte dicendomi “ti invio questa per rispondere meglio alla domanda come stai”.Questa premessa per dire che per me la fotografia non è un mezzo artistico che uso per spiegare qualcosa che non riesco o non voglio dire a parole, o forse lo faccio ma torniamo alla risposta di prima, è inconscio.

Non vedo la fotografia come arte diretta e comprensibile a tutti i livelli come può essere la musica, la gente tende a percepire tristezza nella foto di un barbone o di un uomo che piange ma non va molto oltre. Non lo dico con arroganza o superbia, semplicemente conta molto avere “l’occhio allenato” e me ne sono resa conto quando ho cominciato a interessarmi seriamente alla fotografia un paio d’anni fa. Certo, ci vuole anche un po’ di gusto, le foto di barboni, paesaggi standard da cartolina, bambini o animaletti graziosi mi innervosiscono ora come allora.Io mi limito a portare con me la macchina fotografica, quando capita e mi sembra opportuno scatto, l’umore non è rilevante.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?Posso dirti il momento che preferisco di tutto il procedimento fotografico, cioè ritirare il rullino sviluppato e fare le scansioni, una delle emozioni che il digitale ha totalmente ucciso, insieme a molte altre.Per il resto l’emozione non c’è nel fare foto, c’è l’incazzatura e la frust-razione quando resto per periodi, anche brevi, senza farne, spesso causa scarse finanze per pagare e sviluppare i rullini!Sento l’esigenza di farlo, mi diverte tantissimo.

Quanto conta la tecinica e quanto l’impatto nei tuoi scatti?Come in ogni altra forma di espressione, anche in fotografia la tecnica è fondamentale per raggiungere l’idea che si ha in mente.Tuttavia sono convinto che con pochi rudimenti chiunque sarebbe in grado di fare buoni scatti, specialmente negli ultimi anni, con l’avvento del digitale e l’utilizzo di programmi di fotoritocco...Credo che in definitiva ciò che realmente conta sia la propria capacità di vedere, di immaginare, di trasmettere. E forse ancora di più il bisogno che realmente si ha di esprimere qualcosa.All’occhio non esperto una foto appariscente e artefatta potrà sembrare a volte interessante, ma una buona foto è una buona foto, prima ancora del tipo di ritocco, o del tipo di macchina che si usa.La stessa cosa vale per la tecnica... conosco fotografi che hanno compe-tenze e conoscenze vastissime ma che non riescono ad avere uno scatto davvero interessante, un guizzo.Altri che invece conoscono solo i rudimenti, ma in virtù di un ottimo oc-chio e di una grande sensibilità riescono ad ottenere sempre foto molto interessanti.Come ti aspetti che si ponga la gente davanti a una tua foto?

Quando scatto cerco di filtrare la realtà attraverso ciò che sono. Che si tratti di un paesaggio, o di un nudo in studio, la cosa che mi interessa è la possibilità che ha l’immagine di trasmettere una sensazione.Non cerco mai di canalizzare una certa emozione o un giudizio nelle mie foto. Mi piace che ognuno si confronti con l’immagine attraverso una propria visione. Quello che mi interessa è creare uno stimolo; ciò che questo stimolo genererà nell’osservatore non voglio che dipenda da me.Fortunatamente ho avuto modo di vedere quanto diverse siano le reazioni o le impressioni ad una stessa foto. A volte sono state reazione talmente diverse da sorprendermi. E questo è stato davvero molto bello per me.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?La cosa migliore per me è provare incompletezza ad ogni scatto. Una specie di impulso a fare altro. Qualcosa di simile o qualcosa di molto diverso.Solitamente non penso molto mentre scatto, ma è davvero fantastico rivedere le proprie foto. Che si tratti del monitor del mio computer, di un negativo appena sviluppato o di una polaroid, la sensazione non cambia. E’ sempre un piccolo stupore... un po’ come aprire un pacco sperando che dentro ci sia il regalo che ci si aspettava di trovare.

Valerio Basilihttp://www.flickr.com/photos/nhor/

Chiara Balzahttp://www.flickr.com/photos/unoundici/

”E’ un soggetto perfetto” o “Vale la pena fotografarlo”. Cosa pensi più spesso?Credo nessuno dei due, forse ci penso ma è inconscio, è una questione d’ istinto, spesso mi rendo conto che le foto “pensate” sono quelle che alla fine scarto, credo comunque che la cosa più importante -e ovvia- sia la composizione, mi è capitato di vedere foto di una saliera su un tavolo e trovarle bellissime. Il soggetto non è tutto, anzi, puoi renderlo interes-sante proprio grazie alla resa fotografica, non credo di aver mai trovato interessante la foto di un tramonto..Ispirazione, fortuna, felicità, rabbia. Di cosa hai bisogno per fare una buona foto?Di tutto e di niente, proprio questa mattina ho chiesto a un mio amico come stava, lui invece di rispondermi a parole mi ha inviato un file con un pezzo che aveva appena composto al pianoforte dicendomi “ti invio questa per rispondere meglio alla domanda come stai”.Questa premessa per dire che per me la fotografia non è un mezzo artistico che uso per spiegare qualcosa che non riesco o non voglio dire a parole, o forse lo faccio ma torniamo alla risposta di prima, è inconscio.

Non vedo la fotografia come arte diretta e comprensibile a tutti i livelli come può essere la musica, la gente tende a percepire tristezza nella foto di un barbone o di un uomo che piange ma non va molto oltre. Non lo dico con arroganza o superbia, semplicemente conta molto avere “l’occhio allenato” e me ne sono resa conto quando ho cominciato a interessarmi seriamente alla fotografia un paio d’anni fa. Certo, ci vuole anche un po’ di gusto, le foto di barboni, paesaggi standard da cartolina, bambini o animaletti graziosi mi innervosiscono ora come allora.Io mi limito a portare con me la macchina fotografica, quando capita e mi sembra opportuno scatto, l’umore non è rilevante.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?Posso dirti il momento che preferisco di tutto il procedimento fotografico, cioè ritirare il rullino sviluppato e fare le scansioni, una delle emozioni che il digitale ha totalmente ucciso, insieme a molte altre.Per il resto l’emozione non c’è nel fare foto, c’è l’incazzatura e la frust-razione quando resto per periodi, anche brevi, senza farne, spesso causa scarse finanze per pagare e sviluppare i rullini!Sento l’esigenza di farlo, mi diverte tantissimo.

Quanto conta la tecinica e quanto l’impatto nei tuoi scatti?Come in ogni altra forma di espressione, anche in fotografia la tecnica è fondamentale per raggiungere l’idea che si ha in mente.Tuttavia sono convinto che con pochi rudimenti chiunque sarebbe in grado di fare buoni scatti, specialmente negli ultimi anni, con l’avvento del digitale e l’utilizzo di programmi di fotoritocco...Credo che in definitiva ciò che realmente conta sia la propria capacità di vedere, di immaginare, di trasmettere. E forse ancora di più il bisogno che realmente si ha di esprimere qualcosa.All’occhio non esperto una foto appariscente e artefatta potrà sembrare a volte interessante, ma una buona foto è una buona foto, prima ancora del tipo di ritocco, o del tipo di macchina che si usa.La stessa cosa vale per la tecnica... conosco fotografi che hanno compe-tenze e conoscenze vastissime ma che non riescono ad avere uno scatto davvero interessante, un guizzo.Altri che invece conoscono solo i rudimenti, ma in virtù di un ottimo oc-chio e di una grande sensibilità riescono ad ottenere sempre foto molto interessanti.Come ti aspetti che si ponga la gente davanti a una tua foto?

Quando scatto cerco di filtrare la realtà attraverso ciò che sono. Che si tratti di un paesaggio, o di un nudo in studio, la cosa che mi interessa è la possibilità che ha l’immagine di trasmettere una sensazione.Non cerco mai di canalizzare una certa emozione o un giudizio nelle mie foto. Mi piace che ognuno si confronti con l’immagine attraverso una propria visione. Quello che mi interessa è creare uno stimolo; ciò che questo stimolo genererà nell’osservatore non voglio che dipenda da me.Fortunatamente ho avuto modo di vedere quanto diverse siano le reazioni o le impressioni ad una stessa foto. A volte sono state reazione talmente diverse da sorprendermi. E questo è stato davvero molto bello per me.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?La cosa migliore per me è provare incompletezza ad ogni scatto. Una specie di impulso a fare altro. Qualcosa di simile o qualcosa di molto diverso.Solitamente non penso molto mentre scatto, ma è davvero fantastico rivedere le proprie foto. Che si tratti del monitor del mio computer, di un negativo appena sviluppato o di una polaroid, la sensazione non cambia. E’ sempre un piccolo stupore... un po’ come aprire un pacco sperando che dentro ci sia il regalo che ci si aspettava di trovare.

Valerio Basilihttp://www.flickr.com/photos/nhor/

Chiara Balzahttp://www.flickr.com/photos/unoundici/

”E’ un soggetto perfetto” o “Vale la pena fotografarlo”. Cosa pensi più spesso?Credo nessuno dei due, forse ci penso ma è inconscio, è una questione d’ istinto, spesso mi rendo conto che le foto “pensate” sono quelle che alla fine scarto, credo comunque che la cosa più importante -e ovvia- sia la composizione, mi è capitato di vedere foto di una saliera su un tavolo e trovarle bellissime. Il soggetto non è tutto, anzi, puoi renderlo interes-sante proprio grazie alla resa fotografica, non credo di aver mai trovato interessante la foto di un tramonto..Ispirazione, fortuna, felicità, rabbia. Di cosa hai bisogno per fare una buona foto?Di tutto e di niente, proprio questa mattina ho chiesto a un mio amico come stava, lui invece di rispondermi a parole mi ha inviato un file con un pezzo che aveva appena composto al pianoforte dicendomi “ti invio questa per rispondere meglio alla domanda come stai”.Questa premessa per dire che per me la fotografia non è un mezzo artistico che uso per spiegare qualcosa che non riesco o non voglio dire a parole, o forse lo faccio ma torniamo alla risposta di prima, è inconscio.

Non vedo la fotografia come arte diretta e comprensibile a tutti i livelli come può essere la musica, la gente tende a percepire tristezza nella foto di un barbone o di un uomo che piange ma non va molto oltre. Non lo dico con arroganza o superbia, semplicemente conta molto avere “l’occhio allenato” e me ne sono resa conto quando ho cominciato a interessarmi seriamente alla fotografia un paio d’anni fa. Certo, ci vuole anche un po’ di gusto, le foto di barboni, paesaggi standard da cartolina, bambini o animaletti graziosi mi innervosiscono ora come allora.Io mi limito a portare con me la macchina fotografica, quando capita e mi sembra opportuno scatto, l’umore non è rilevante.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?Posso dirti il momento che preferisco di tutto il procedimento fotografico, cioè ritirare il rullino sviluppato e fare le scansioni, una delle emozioni che il digitale ha totalmente ucciso, insieme a molte altre.Per il resto l’emozione non c’è nel fare foto, c’è l’incazzatura e la frust-razione quando resto per periodi, anche brevi, senza farne, spesso causa scarse finanze per pagare e sviluppare i rullini!Sento l’esigenza di farlo, mi diverte tantissimo.

Quanto conta la tecinica e quanto l’impatto nei tuoi scatti?Come in ogni altra forma di espressione, anche in fotografia la tecnica è fondamentale per raggiungere l’idea che si ha in mente.Tuttavia sono convinto che con pochi rudimenti chiunque sarebbe in grado di fare buoni scatti, specialmente negli ultimi anni, con l’avvento del digitale e l’utilizzo di programmi di fotoritocco...Credo che in definitiva ciò che realmente conta sia la propria capacità di vedere, di immaginare, di trasmettere. E forse ancora di più il bisogno che realmente si ha di esprimere qualcosa.All’occhio non esperto una foto appariscente e artefatta potrà sembrare a volte interessante, ma una buona foto è una buona foto, prima ancora del tipo di ritocco, o del tipo di macchina che si usa.La stessa cosa vale per la tecnica... conosco fotografi che hanno compe-tenze e conoscenze vastissime ma che non riescono ad avere uno scatto davvero interessante, un guizzo.Altri che invece conoscono solo i rudimenti, ma in virtù di un ottimo oc-chio e di una grande sensibilità riescono ad ottenere sempre foto molto interessanti.Come ti aspetti che si ponga la gente davanti a una tua foto?

Quando scatto cerco di filtrare la realtà attraverso ciò che sono. Che si tratti di un paesaggio, o di un nudo in studio, la cosa che mi interessa è la possibilità che ha l’immagine di trasmettere una sensazione.Non cerco mai di canalizzare una certa emozione o un giudizio nelle mie foto. Mi piace che ognuno si confronti con l’immagine attraverso una propria visione. Quello che mi interessa è creare uno stimolo; ciò che questo stimolo genererà nell’osservatore non voglio che dipenda da me.Fortunatamente ho avuto modo di vedere quanto diverse siano le reazioni o le impressioni ad una stessa foto. A volte sono state reazione talmente diverse da sorprendermi. E questo è stato davvero molto bello per me.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?La cosa migliore per me è provare incompletezza ad ogni scatto. Una specie di impulso a fare altro. Qualcosa di simile o qualcosa di molto diverso.Solitamente non penso molto mentre scatto, ma è davvero fantastico rivedere le proprie foto. Che si tratti del monitor del mio computer, di un negativo appena sviluppato o di una polaroid, la sensazione non cambia. E’ sempre un piccolo stupore... un po’ come aprire un pacco sperando che dentro ci sia il regalo che ci si aspettava di trovare.

Valerio Basilihttp://www.flickr.com/photos/nhor/

Chiara Balzahttp://www.flickr.com/photos/unoundici/

Chiara Balza, ha recentemente lavorato per la copertina di "Libro Audio", ultimo album dei Uochi Toki.

Valerio Basili, collabora con alcune riviste, specialmente nel campo della moda.

Movida intervista due fotografi alessandrini e scopre cose molto interessanti...

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MOVÍDAlife - n°9 - MAR Ø9

Che tipo di regressione?

Un tempo all’interno delle varie comunità ebraiche nel mondo c’erano più sostenitori a un’ ipotesi di questo tipo. Devo dire che all’interno di Israele nel 1948 e tra la popolazione ebraica della Palestina negli anni ’30 e ’40 c’era una buona percentuale di persone che aveva optato a favore di una soluzione di questo tipo: quella di non andare verso lo Stato ebraico, ma verso lo Stato per tutti gli abitanti della Palestina e per tutti quelli che volevano vivere in Pales-tina. Questa tendenza fu amaramente sconfitta all’interno di Israele e oggi non ne troviamo più traccia nemmeno nel mondo ebraico. E’ un’idea che rimane ancora nei palestinesi e sicuramente una persona della statura Edward W. Said, che apparteneva come età a quella generazione di cui dicevo ed era una persona di altissimo livello culturale, aveva un approccio da intellettuale verso certi problemi. Da uomo di cultura cercava di proporre delle soluzioni che sul piano teorico potessero funzionare.

Sul piano pratico, invece?

Politicamente noi ci scontriamo con la chiusura della società israeliana: con tendenze estremiste e razziste su un piano nazionale e fondamentaliste su un piano religioso. Sono tendenze che vogliono uno Stato a forte connotazione ebraica e che, comunque, sono in aperto scontro anche con i cittadini israe-liani di cultura laica. C’è una divisione netta nel Paese. Tornando alla prima domanda: quella dello Stato unico sarebbe la soluzione ottimale, ma oggi è improponibile perché significa far saltare la possibilità di un anche piccolo Stato palestinese. La scelta dei palestinesi di creare un proprio Stato, è qual-cosa di molto recente e ha rappresentato una presa d’atto dell’impossibilità di altre soluzioni. E’ per evitare il peggio, per salvare il salvabile.

Quindi per lei quale potrebbe essere la soluzione al conflitto?

Il ritiro di Israele all’interno dei confini del 1967 e la creazione di uno Stato palestinese. Rimarranno molti problemi in sospeso, ma nel momento in cui riusciremo a introdurre dei cambiamenti profondi nella situazione questo ai-uterà tutti a ripudiare la guerra come strumento e ad incominciare a pensare che esistono altri strumenti per risolvere i propri problemi. Allora questo si tradurrà, anche sul piano pratico, nell’affrontare i nodi che resteranno da scio-gliere.

Cosa pensa della presenza di Hamas all’interno di un Governo palestinese di unità nazionale?

Hamas è una forza ormai originale, che rappresenta una fetta importante del popolo palestinese, che non si può escludere e che è sbagliato escludere. Io mi considero un laico e un progressista e quindi considero Hamas il segno di un arretramento culturale, ma è un arretramento culturale che colpisce tutto il Medio Oriente. E sicuramente Hamas è cresciuta anche per via della durezza dello scontro e per il carattere marcatamente ebraico dello stato occupante. Un palestinese cosa vede? Vede che vengono da tutto il mondo e, per il sem-plice fatto, che sono ebrei hanno la casa, la cittadinanza e tutti i diritti che uno

Stato democratico garantisce ai suoi cittadini. E i palestinesi, per il semplice fatto che non sono ebrei (sfido qualsiasi persona a darne altri motivi) vengono privati di tutti i diritti di stare a casa propria e nella propria terra, quando ad-dirittura non sono espulsi. Il carattere marcatamente ebraico dello Stato di Israele condiziona anche le scelte politiche e culturali del popolo palestinese.

Sta dicendo che ormai Hamas è come Hezbollah in Libano? E’ parte integrante della società e della politica palestinese?

Assolutamente fa parte della società. Magari non ha raggiunto il livello politico e organizzativo di Hezbollah. Qui in Occidente lo si guarda con una certa suf-ficienza, ma Hezbollah è un fenomeno molto serio, che non mette nemmeno in discussione la democrazia rappresentativa in Libano.

Questo mi è chiaro; ma proprio perché si tratta di fenomeni seri è chiaro che non sono legati solo alla sfera libanese o palestinese. Sappiamo che Hezbollah e Hamas hanno legami forti con l’Iran. Fino a che punto è utile per la causa palestinese il legame con un Paese straniero?

Credo che Hamas venga sempre giudicata in modo approssimativo. E’ un movimento che ha un rapporto con l’Iran, non un legame di subalternità: non è una pedina ed è in grado di avere una sua autonomia, come ha saputo dimostrare in varie occasioni.

L’influenza dell’Iran su Hamas è però evidente.

Si tratta di un’alleanza e di una convergenza di interessi, ma Hamas non è subalterna all’Iran ed è un movimento più serio di quanto in Occidente si ritenga: ad esempio, contro il parere e la volontà dell’Iran ha avviato attraver-so l’Egitto trattative per una tregua. Non ritengo che Hamas possa essere colpevolizzato se ha dei rapporti con altri Stati mediorientali tra i quali l’Iran. A livello formale la Palestina ormai ha cessato di esistere: nei documenti uf-ficiali delle Nazioni Unite o degli Stati esteri il nome Palestina non compare nemmeno più, ma vengono usati termini come Territori occupati, Cisgiordania o Gaza. Il punto è che con la “guerra permanente” Bush ha dato inizio ad una strategia che ha superato la questione palestinese allargando il conflitto a tutto il Medio Oriente e individuando come possibili futuri obbiettivi anche Iran, Siria e Libano; questa impostazione non ha lasciato spazio ad una soluzi-one politica del conflitto tra israeliani e palestinesi. La speranza è che Obama cambi impostazione rispetto al suo predecessore, perché fino a quando non ci saranno gli spazi per risolvere la questione palestinese (secondo le modalità che ho indicato prima) tutto il Medio Oriente continuerà ad essere una regione instabile.

Abbiamo parlato di Hamas che è un movimento politico. Ma le persone comuni che cosa vogliono veramente e che prospettive vedono?

Ci sono due elementi nel cuore di ogni palestinese: il primo è di non rinunciare ai propri diritti, anche perché è impossibile. L’altro è di arrivare ad una soluzi-one che non comporti altre sofferenze e guerre.

Ali Rashid è un diplomatico palestinese naturalizzato italiano; laureato in scienze politiche ha fatto parte dell’unione generale degli scrittori e giornalisti palestinesi e, dal 1987, è primo segretario della delegazione generale palestinese in italia; è stato inoltre deputato nei banchi di rifondazione comunista durante la scorsa legislatura. lo abbiamo incontrato in occasione di una sua conferenza dal titolo “palestina: quale futuro?” presso la sede dell’associazione sintonia di alessandria. in un’ intervista rilasciata nel 2000 al quotidiano israeliano haaretz, l’intellettuale palestinese edward w. said sosteneva di auspicare l’idea di un stato bi-nazionale che riunisse insieme palestinesi e israeliani, nel rispetto dei diritti di entrambi. lei crede che questa idea sia praticabile o trova più realistica l’ipotesi di due popoli due stati? tutta la mia generazione e la generazione precedente dei palestinesi sono vissute con un’idea che ritengo sensata: che l’unica soluzione possibile a questo conflitto fosse uno stato democratico, senza alcuna discriminazione razziale o religiosa. e’ una proposta che gli israeliani hanno sempre rifiutato e la cosa più spaventosa ancora è che c’è stata un regressione che non riguarda solo israele, ma che riguarda tutto il mondo ebraico.

ALI RASHID

L’Intervistadi Emiliano Bottacco

Quale futuro per la Palestina?

”E’ un soggetto perfetto” o “Vale la pena fotografarlo”. Cosa pensi più spesso?Credo nessuno dei due, forse ci penso ma è inconscio, è una questione d’ istinto, spesso mi rendo conto che le foto “pensate” sono quelle che alla fine scarto, credo comunque che la cosa più importante -e ovvia- sia la composizione, mi è capitato di vedere foto di una saliera su un tavolo e trovarle bellissime. Il soggetto non è tutto, anzi, puoi renderlo interes-sante proprio grazie alla resa fotografica, non credo di aver mai trovato interessante la foto di un tramonto..Ispirazione, fortuna, felicità, rabbia. Di cosa hai bisogno per fare una buona foto?Di tutto e di niente, proprio questa mattina ho chiesto a un mio amico come stava, lui invece di rispondermi a parole mi ha inviato un file con un pezzo che aveva appena composto al pianoforte dicendomi “ti invio questa per rispondere meglio alla domanda come stai”.Questa premessa per dire che per me la fotografia non è un mezzo artistico che uso per spiegare qualcosa che non riesco o non voglio dire a parole, o forse lo faccio ma torniamo alla risposta di prima, è inconscio.

Non vedo la fotografia come arte diretta e comprensibile a tutti i livelli come può essere la musica, la gente tende a percepire tristezza nella foto di un barbone o di un uomo che piange ma non va molto oltre. Non lo dico con arroganza o superbia, semplicemente conta molto avere “l’occhio allenato” e me ne sono resa conto quando ho cominciato a interessarmi seriamente alla fotografia un paio d’anni fa. Certo, ci vuole anche un po’ di gusto, le foto di barboni, paesaggi standard da cartolina, bambini o animaletti graziosi mi innervosiscono ora come allora.Io mi limito a portare con me la macchina fotografica, quando capita e mi sembra opportuno scatto, l’umore non è rilevante.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?Posso dirti il momento che preferisco di tutto il procedimento fotografico, cioè ritirare il rullino sviluppato e fare le scansioni, una delle emozioni che il digitale ha totalmente ucciso, insieme a molte altre.Per il resto l’emozione non c’è nel fare foto, c’è l’incazzatura e la frust-razione quando resto per periodi, anche brevi, senza farne, spesso causa scarse finanze per pagare e sviluppare i rullini!Sento l’esigenza di farlo, mi diverte tantissimo.

Quanto conta la tecinica e quanto l’impatto nei tuoi scatti?Come in ogni altra forma di espressione, anche in fotografia la tecnica è fondamentale per raggiungere l’idea che si ha in mente.Tuttavia sono convinto che con pochi rudimenti chiunque sarebbe in grado di fare buoni scatti, specialmente negli ultimi anni, con l’avvento del digitale e l’utilizzo di programmi di fotoritocco...Credo che in definitiva ciò che realmente conta sia la propria capacità di vedere, di immaginare, di trasmettere. E forse ancora di più il bisogno che realmente si ha di esprimere qualcosa.All’occhio non esperto una foto appariscente e artefatta potrà sembrare a volte interessante, ma una buona foto è una buona foto, prima ancora del tipo di ritocco, o del tipo di macchina che si usa.La stessa cosa vale per la tecnica... conosco fotografi che hanno compe-tenze e conoscenze vastissime ma che non riescono ad avere uno scatto davvero interessante, un guizzo.Altri che invece conoscono solo i rudimenti, ma in virtù di un ottimo oc-chio e di una grande sensibilità riescono ad ottenere sempre foto molto interessanti.Come ti aspetti che si ponga la gente davanti a una tua foto?

Quando scatto cerco di filtrare la realtà attraverso ciò che sono. Che si tratti di un paesaggio, o di un nudo in studio, la cosa che mi interessa è la possibilità che ha l’immagine di trasmettere una sensazione.Non cerco mai di canalizzare una certa emozione o un giudizio nelle mie foto. Mi piace che ognuno si confronti con l’immagine attraverso una propria visione. Quello che mi interessa è creare uno stimolo; ciò che questo stimolo genererà nell’osservatore non voglio che dipenda da me.Fortunatamente ho avuto modo di vedere quanto diverse siano le reazioni o le impressioni ad una stessa foto. A volte sono state reazione talmente diverse da sorprendermi. E questo è stato davvero molto bello per me.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?La cosa migliore per me è provare incompletezza ad ogni scatto. Una specie di impulso a fare altro. Qualcosa di simile o qualcosa di molto diverso.Solitamente non penso molto mentre scatto, ma è davvero fantastico rivedere le proprie foto. Che si tratti del monitor del mio computer, di un negativo appena sviluppato o di una polaroid, la sensazione non cambia. E’ sempre un piccolo stupore... un po’ come aprire un pacco sperando che dentro ci sia il regalo che ci si aspettava di trovare.

Valerio Basilihttp://www.flickr.com/photos/nhor/

Chiara Balzahttp://www.flickr.com/photos/unoundici/

”E’ un soggetto perfetto” o “Vale la pena fotografarlo”. Cosa pensi più spesso?Credo nessuno dei due, forse ci penso ma è inconscio, è una questione d’ istinto, spesso mi rendo conto che le foto “pensate” sono quelle che alla fine scarto, credo comunque che la cosa più importante -e ovvia- sia la composizione, mi è capitato di vedere foto di una saliera su un tavolo e trovarle bellissime. Il soggetto non è tutto, anzi, puoi renderlo interes-sante proprio grazie alla resa fotografica, non credo di aver mai trovato interessante la foto di un tramonto..Ispirazione, fortuna, felicità, rabbia. Di cosa hai bisogno per fare una buona foto?Di tutto e di niente, proprio questa mattina ho chiesto a un mio amico come stava, lui invece di rispondermi a parole mi ha inviato un file con un pezzo che aveva appena composto al pianoforte dicendomi “ti invio questa per rispondere meglio alla domanda come stai”.Questa premessa per dire che per me la fotografia non è un mezzo artistico che uso per spiegare qualcosa che non riesco o non voglio dire a parole, o forse lo faccio ma torniamo alla risposta di prima, è inconscio.

Non vedo la fotografia come arte diretta e comprensibile a tutti i livelli come può essere la musica, la gente tende a percepire tristezza nella foto di un barbone o di un uomo che piange ma non va molto oltre. Non lo dico con arroganza o superbia, semplicemente conta molto avere “l’occhio allenato” e me ne sono resa conto quando ho cominciato a interessarmi seriamente alla fotografia un paio d’anni fa. Certo, ci vuole anche un po’ di gusto, le foto di barboni, paesaggi standard da cartolina, bambini o animaletti graziosi mi innervosiscono ora come allora.Io mi limito a portare con me la macchina fotografica, quando capita e mi sembra opportuno scatto, l’umore non è rilevante.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?Posso dirti il momento che preferisco di tutto il procedimento fotografico, cioè ritirare il rullino sviluppato e fare le scansioni, una delle emozioni che il digitale ha totalmente ucciso, insieme a molte altre.Per il resto l’emozione non c’è nel fare foto, c’è l’incazzatura e la frust-razione quando resto per periodi, anche brevi, senza farne, spesso causa scarse finanze per pagare e sviluppare i rullini!Sento l’esigenza di farlo, mi diverte tantissimo.

Quanto conta la tecinica e quanto l’impatto nei tuoi scatti?Come in ogni altra forma di espressione, anche in fotografia la tecnica è fondamentale per raggiungere l’idea che si ha in mente.Tuttavia sono convinto che con pochi rudimenti chiunque sarebbe in grado di fare buoni scatti, specialmente negli ultimi anni, con l’avvento del digitale e l’utilizzo di programmi di fotoritocco...Credo che in definitiva ciò che realmente conta sia la propria capacità di vedere, di immaginare, di trasmettere. E forse ancora di più il bisogno che realmente si ha di esprimere qualcosa.All’occhio non esperto una foto appariscente e artefatta potrà sembrare a volte interessante, ma una buona foto è una buona foto, prima ancora del tipo di ritocco, o del tipo di macchina che si usa.La stessa cosa vale per la tecnica... conosco fotografi che hanno compe-tenze e conoscenze vastissime ma che non riescono ad avere uno scatto davvero interessante, un guizzo.Altri che invece conoscono solo i rudimenti, ma in virtù di un ottimo oc-chio e di una grande sensibilità riescono ad ottenere sempre foto molto interessanti.Come ti aspetti che si ponga la gente davanti a una tua foto?

Quando scatto cerco di filtrare la realtà attraverso ciò che sono. Che si tratti di un paesaggio, o di un nudo in studio, la cosa che mi interessa è la possibilità che ha l’immagine di trasmettere una sensazione.Non cerco mai di canalizzare una certa emozione o un giudizio nelle mie foto. Mi piace che ognuno si confronti con l’immagine attraverso una propria visione. Quello che mi interessa è creare uno stimolo; ciò che questo stimolo genererà nell’osservatore non voglio che dipenda da me.Fortunatamente ho avuto modo di vedere quanto diverse siano le reazioni o le impressioni ad una stessa foto. A volte sono state reazione talmente diverse da sorprendermi. E questo è stato davvero molto bello per me.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?La cosa migliore per me è provare incompletezza ad ogni scatto. Una specie di impulso a fare altro. Qualcosa di simile o qualcosa di molto diverso.Solitamente non penso molto mentre scatto, ma è davvero fantastico rivedere le proprie foto. Che si tratti del monitor del mio computer, di un negativo appena sviluppato o di una polaroid, la sensazione non cambia. E’ sempre un piccolo stupore... un po’ come aprire un pacco sperando che dentro ci sia il regalo che ci si aspettava di trovare.

Valerio Basilihttp://www.flickr.com/photos/nhor/

Chiara Balzahttp://www.flickr.com/photos/unoundici/

”E’ un soggetto perfetto” o “Vale la pena fotografarlo”. Cosa pensi più spesso?Credo nessuno dei due, forse ci penso ma è inconscio, è una questione d’ istinto, spesso mi rendo conto che le foto “pensate” sono quelle che alla fine scarto, credo comunque che la cosa più importante -e ovvia- sia la composizione, mi è capitato di vedere foto di una saliera su un tavolo e trovarle bellissime. Il soggetto non è tutto, anzi, puoi renderlo interes-sante proprio grazie alla resa fotografica, non credo di aver mai trovato interessante la foto di un tramonto..Ispirazione, fortuna, felicità, rabbia. Di cosa hai bisogno per fare una buona foto?Di tutto e di niente, proprio questa mattina ho chiesto a un mio amico come stava, lui invece di rispondermi a parole mi ha inviato un file con un pezzo che aveva appena composto al pianoforte dicendomi “ti invio questa per rispondere meglio alla domanda come stai”.Questa premessa per dire che per me la fotografia non è un mezzo artistico che uso per spiegare qualcosa che non riesco o non voglio dire a parole, o forse lo faccio ma torniamo alla risposta di prima, è inconscio.

Non vedo la fotografia come arte diretta e comprensibile a tutti i livelli come può essere la musica, la gente tende a percepire tristezza nella foto di un barbone o di un uomo che piange ma non va molto oltre. Non lo dico con arroganza o superbia, semplicemente conta molto avere “l’occhio allenato” e me ne sono resa conto quando ho cominciato a interessarmi seriamente alla fotografia un paio d’anni fa. Certo, ci vuole anche un po’ di gusto, le foto di barboni, paesaggi standard da cartolina, bambini o animaletti graziosi mi innervosiscono ora come allora.Io mi limito a portare con me la macchina fotografica, quando capita e mi sembra opportuno scatto, l’umore non è rilevante.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?Posso dirti il momento che preferisco di tutto il procedimento fotografico, cioè ritirare il rullino sviluppato e fare le scansioni, una delle emozioni che il digitale ha totalmente ucciso, insieme a molte altre.Per il resto l’emozione non c’è nel fare foto, c’è l’incazzatura e la frust-razione quando resto per periodi, anche brevi, senza farne, spesso causa scarse finanze per pagare e sviluppare i rullini!Sento l’esigenza di farlo, mi diverte tantissimo.

Quanto conta la tecinica e quanto l’impatto nei tuoi scatti?Come in ogni altra forma di espressione, anche in fotografia la tecnica è fondamentale per raggiungere l’idea che si ha in mente.Tuttavia sono convinto che con pochi rudimenti chiunque sarebbe in grado di fare buoni scatti, specialmente negli ultimi anni, con l’avvento del digitale e l’utilizzo di programmi di fotoritocco...Credo che in definitiva ciò che realmente conta sia la propria capacità di vedere, di immaginare, di trasmettere. E forse ancora di più il bisogno che realmente si ha di esprimere qualcosa.All’occhio non esperto una foto appariscente e artefatta potrà sembrare a volte interessante, ma una buona foto è una buona foto, prima ancora del tipo di ritocco, o del tipo di macchina che si usa.La stessa cosa vale per la tecnica... conosco fotografi che hanno compe-tenze e conoscenze vastissime ma che non riescono ad avere uno scatto davvero interessante, un guizzo.Altri che invece conoscono solo i rudimenti, ma in virtù di un ottimo oc-chio e di una grande sensibilità riescono ad ottenere sempre foto molto interessanti.Come ti aspetti che si ponga la gente davanti a una tua foto?

Quando scatto cerco di filtrare la realtà attraverso ciò che sono. Che si tratti di un paesaggio, o di un nudo in studio, la cosa che mi interessa è la possibilità che ha l’immagine di trasmettere una sensazione.Non cerco mai di canalizzare una certa emozione o un giudizio nelle mie foto. Mi piace che ognuno si confronti con l’immagine attraverso una propria visione. Quello che mi interessa è creare uno stimolo; ciò che questo stimolo genererà nell’osservatore non voglio che dipenda da me.Fortunatamente ho avuto modo di vedere quanto diverse siano le reazioni o le impressioni ad una stessa foto. A volte sono state reazione talmente diverse da sorprendermi. E questo è stato davvero molto bello per me.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?La cosa migliore per me è provare incompletezza ad ogni scatto. Una specie di impulso a fare altro. Qualcosa di simile o qualcosa di molto diverso.Solitamente non penso molto mentre scatto, ma è davvero fantastico rivedere le proprie foto. Che si tratti del monitor del mio computer, di un negativo appena sviluppato o di una polaroid, la sensazione non cambia. E’ sempre un piccolo stupore... un po’ come aprire un pacco sperando che dentro ci sia il regalo che ci si aspettava di trovare.

Valerio Basilihttp://www.flickr.com/photos/nhor/

Chiara Balzahttp://www.flickr.com/photos/unoundici/

”E’ un soggetto perfetto” o “Vale la pena fotografarlo”. Cosa pensi più spesso?Credo nessuno dei due, forse ci penso ma è inconscio, è una questione d’ istinto, spesso mi rendo conto che le foto “pensate” sono quelle che alla fine scarto, credo comunque che la cosa più importante -e ovvia- sia la composizione, mi è capitato di vedere foto di una saliera su un tavolo e trovarle bellissime. Il soggetto non è tutto, anzi, puoi renderlo interes-sante proprio grazie alla resa fotografica, non credo di aver mai trovato interessante la foto di un tramonto..Ispirazione, fortuna, felicità, rabbia. Di cosa hai bisogno per fare una buona foto?Di tutto e di niente, proprio questa mattina ho chiesto a un mio amico come stava, lui invece di rispondermi a parole mi ha inviato un file con un pezzo che aveva appena composto al pianoforte dicendomi “ti invio questa per rispondere meglio alla domanda come stai”.Questa premessa per dire che per me la fotografia non è un mezzo artistico che uso per spiegare qualcosa che non riesco o non voglio dire a parole, o forse lo faccio ma torniamo alla risposta di prima, è inconscio.

Non vedo la fotografia come arte diretta e comprensibile a tutti i livelli come può essere la musica, la gente tende a percepire tristezza nella foto di un barbone o di un uomo che piange ma non va molto oltre. Non lo dico con arroganza o superbia, semplicemente conta molto avere “l’occhio allenato” e me ne sono resa conto quando ho cominciato a interessarmi seriamente alla fotografia un paio d’anni fa. Certo, ci vuole anche un po’ di gusto, le foto di barboni, paesaggi standard da cartolina, bambini o animaletti graziosi mi innervosiscono ora come allora.Io mi limito a portare con me la macchina fotografica, quando capita e mi sembra opportuno scatto, l’umore non è rilevante.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?Posso dirti il momento che preferisco di tutto il procedimento fotografico, cioè ritirare il rullino sviluppato e fare le scansioni, una delle emozioni che il digitale ha totalmente ucciso, insieme a molte altre.Per il resto l’emozione non c’è nel fare foto, c’è l’incazzatura e la frust-razione quando resto per periodi, anche brevi, senza farne, spesso causa scarse finanze per pagare e sviluppare i rullini!Sento l’esigenza di farlo, mi diverte tantissimo.

Quanto conta la tecinica e quanto l’impatto nei tuoi scatti?Come in ogni altra forma di espressione, anche in fotografia la tecnica è fondamentale per raggiungere l’idea che si ha in mente.Tuttavia sono convinto che con pochi rudimenti chiunque sarebbe in grado di fare buoni scatti, specialmente negli ultimi anni, con l’avvento del digitale e l’utilizzo di programmi di fotoritocco...Credo che in definitiva ciò che realmente conta sia la propria capacità di vedere, di immaginare, di trasmettere. E forse ancora di più il bisogno che realmente si ha di esprimere qualcosa.All’occhio non esperto una foto appariscente e artefatta potrà sembrare a volte interessante, ma una buona foto è una buona foto, prima ancora del tipo di ritocco, o del tipo di macchina che si usa.La stessa cosa vale per la tecnica... conosco fotografi che hanno compe-tenze e conoscenze vastissime ma che non riescono ad avere uno scatto davvero interessante, un guizzo.Altri che invece conoscono solo i rudimenti, ma in virtù di un ottimo oc-chio e di una grande sensibilità riescono ad ottenere sempre foto molto interessanti.Come ti aspetti che si ponga la gente davanti a una tua foto?

Quando scatto cerco di filtrare la realtà attraverso ciò che sono. Che si tratti di un paesaggio, o di un nudo in studio, la cosa che mi interessa è la possibilità che ha l’immagine di trasmettere una sensazione.Non cerco mai di canalizzare una certa emozione o un giudizio nelle mie foto. Mi piace che ognuno si confronti con l’immagine attraverso una propria visione. Quello che mi interessa è creare uno stimolo; ciò che questo stimolo genererà nell’osservatore non voglio che dipenda da me.Fortunatamente ho avuto modo di vedere quanto diverse siano le reazioni o le impressioni ad una stessa foto. A volte sono state reazione talmente diverse da sorprendermi. E questo è stato davvero molto bello per me.Qual è l’emozione che provi in tutti i tuoi scatti?La cosa migliore per me è provare incompletezza ad ogni scatto. Una specie di impulso a fare altro. Qualcosa di simile o qualcosa di molto diverso.Solitamente non penso molto mentre scatto, ma è davvero fantastico rivedere le proprie foto. Che si tratti del monitor del mio computer, di un negativo appena sviluppato o di una polaroid, la sensazione non cambia. E’ sempre un piccolo stupore... un po’ come aprire un pacco sperando che dentro ci sia il regalo che ci si aspettava di trovare.

Valerio Basilihttp://www.flickr.com/photos/nhor/

Chiara Balzahttp://www.flickr.com/photos/unoundici/

Page 12: Movida N.9

Abbiamo ripercorso la Route de l’Esclave , la pista di 4 km che collega la città al mare; l’ultimo cammi-no degli schiavi provenienti dai paesi limitrofi prima di essere imbarcati sulle navi negriere. Geoffraj, la nostra guida ,è un giovane studente universitario. Pantaloni neri e camicia bianca immacolata, non una goccia di sudore , ci dà una lezione di stile, fa-cendoci sentire quasi a disagio nel visitare questi luoghi che esprimono grande sofferenza, vestiti da “ turisti per caso”. Gli abbiamo chiesto di parlare lentamente, si adegua alla nostra richiesta e le sue parole ,scandite, sono pallottole di piombo fuso nella nostra testa. Settantaquattro milioni di schiavi depor-tati nel corso di tre secoli, dieci milioni passati solo sulla spiaggia dove ci troviamo, sono i dati di Geoffraj. Il Portogallo, cattolicissimo, l’Inghilterra culla della democrazia, la Francia – libertè, egalitè e fraternitè - Spagna e Belgio: i principali responsabili di questa ecatombe nei confronti della quale le atrocità del XX secolo paiono poca cosa. Poche volte in vita mia mi sono sentito una m……come in questo momento. La lettura del libro di Chatwin “Il vicerè di Ouidah” ci può aiutare a cogliere l’atmosfera di questi luoghi. E’ la storia di un meticcio brasiliano, Dom Francisco da Silva, morto nel rango di vicerè e patriarca di una discendenza con centinaia di figli, che aveva stabilito ai primi dell’800 un fiorente traffico di schiavi sulla costa del Benin - la zona è ancora oggi chiamata, non a caso,Costa degli schiavi-. “…..era anche ora di cena. Cento lampade fumose si erano accese nelle baracche dove ottimiste matrone versavano birra di miglio dalle zucche, friggevano frittelle in olio di pal-ma, avvolgevano pasta dolce di mais in foglie di ba-nano o arrostivano sulla griglia pezzi di aguto, grosso topo dai denti gialli.” Si parte dal quartiere brasiliano, chiamato così in ricordo dei primi schiavi liberati in Brasile e tornati in Africa da uomini liberi. Sulla stra-da incontriamo scanzonate scolaresche di studenti delle superiori in visita a questi luoghi della memoria. Il caldo è soffocante, nonostante gennaio sia consi-

derato qui uno dei periodi più “ freschi” dell’anno. Si sosta un’attimo nella piazza Cha-Cha, dove domina ancora la casa del Vicerè, qui gli schiavi erano acqui-stati e marchiati con il ferro ardente. Subito dopo, in catene, facevano nove volte , gli uomini, e sette volte, le donne, il giro attorno all’albero dell’oblio per di-menticare le loro origini e i loro ricordi. Erano quindi condotti alla Casa Zomai, un grosso edificio chiuso ermeticamente, dove erano tenuti per settimane inte-re, nel buio e in catene, in attesa dell’arrivo delle navi negriere. Questo allo scopo di abituarli al buio della stiva della nave, creando in loro, nel contempo, uno stato di frustrazione e di debilitazione fisica. Altri tre giri attorno all’albero del “ ritorno”, in modo che l’ani-ma potesse rimanere qui, in terra africana con i pro-pri antenati ed è ormai è il momento di avviarci lungo una strada che attraversa la laguna, ai cui lati sono stati posti numerosi monumenti simbolici, al termine della quale si giunge alla spiaggia. Nulla è cambiato da allora, se escludiamo qualche monumento: la Por-ta del Non ritorno, un tempio voodoo, un’altro monu-mento per celebrare l’arrivo dei primi missionari. Nel-le sere di bassa marea gli schiavi erano caricati sulle navi che ormeggiavano al largo. Quelli che non erano in grado sopportare il viaggio atlantico – durava circa un paio di mesi - erano uccisi, oppure gettati nella fossa comune e lasciati morire di fame. Il monumen-to eretto nel 1992 Memorial de Zounbodji li ricorda. La porta del Non ritorno è stata eretta nel 1995. Sulla stele sta scritto “ les esclaves, en arrivant sur cette place, foulent pour une dernière fois le sol de l’Afri-que et s’en vont sans espoir de retour vers un destin horrible et funestre”. Di dubbio gusto la presenza di due hotel sulla spiaggia a pochi metri di distanza, ma più ancora un cartello pubblicitario che reclamizza la creazione di altri nuovi hotel turistici, una manie-ra forse per intercettare quel turismo frettoloso, che attraversa e non si ferma a Ouidah; dall’altra forse inconsciamente la fine di una epopea e la nascita del business turistico sulla tratta negriera.

Ouidah e la porta del non ritorno di Maurizio Molan

Se vuoi arrivare primo, corri da solo. Se vuoi camminare lontano, cammina insieme. (proverbio Kenyota)

Ouidah è una città di circa 80.000 abitanti situata sul Golfo di Guinea a 40 km a ovest di Cotonou, ca-pitale economica del Benin. in direzione del Togo. E’ la città-simbolo della tratta degli schiavi diretti in Brasile e ad Haiti, insieme a Gorèe ( Senegal), Elmi-na ( Ghana) e Luanda ( Angola) Ouidah è inoltre un importante centro religioso che conta molti templi riccamente decorati. Il Benin, paese dell’Africa Oc-cidentale sul Golfo di Guinea tra il Togo e la Nigeria, è infatti il “berceau”, la culla, del vudù, una reli-gione antichissima dotata di un profondo corpus di dottrine morali e sociali, oltrechè di una complessa teologia di tipo animista, diffusasi da qui alle Antille ed in Brasile. Il Vudù, che significa letteralmente segno del profondo, non è come comunemente si pensa, un fenomeno legato alla magia nera, ma una religione a tutti gli effetti. Il Vudù rappresentò inoltre per gli schiavi africani uno spiraglio di luce nella miseria della schiavitù; una fede comune che poteva farli sentire parte di una cultura valorizzata, nonché parte di una comunità La visita al Tempio del Pitone, animale adorato e venerato in questa città, of their ancestors souls remain on Earth to help the living. consente un primo approccio con essa. Abbiamo visitato recentemente Ouidah, al termine di una missione umanitaria presso l’Ospe-dale Saint Jean de Dieu di Tanguietà.

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MOVÍDAlife - n°9 - MAR Ø9 13

Il ragno per un istinto innato crea delle ragnatele...possiede un'intelligenza progettuale molto forte, ci mette un sacco di tempo e credo anche molta fatica. Parte da una forma tendente al circolare e poi con la sua infinita saliva dirama la sua ragnatela. Ordina silenziosamente i punti in cui qualche sfortunato insetto cadrà e verrà mangiato. L'architetto mette ordine, gli viene commissionato un qualsiasi progetto a cui lui si deve adeguare cercando di trarre il miglior risultato possibile da ciò che inventerà. La città è caos e lui, con tutti i mezzi di cui dispone, deve cercare di darle una logica incastrando i diversi pezzi urbanistici tra loro. Ha poco tempo e molti vincoli per coprire gli spazi cittadini, la sua elaborazione mentale viene trasposta poi fisicamente in quei luoghi in cui camminiamo ogni giorno. E dalla mente degli architetti vengono partorite le piazze. Contenitori in cui mettere tutto ciò che non si sa dove "piazzare" e che inevitabilmente rimane in un unico posto.La piazza è un loop; e come tutti i loop che si rispettano è infinita..; evidente e presente davanti agli occhi di tutti: sarà per la sua forma circolare, o per il fatto che si ripete di continuo o perchè tutti anche senza accorgersene hanno pezzi di vita sparsi nelle piazze. Infatti: una volta vi sbucciavate le ginocchia nelle piazze, poi vi sarete "beccati" con i vostri amici li, e fra un

po’ sicuramente qualcuno si troverà in una piazza a parlare dei bei tempi andati guardando i sederi che vi passano davanti. Per piazza in urbanistica si intende un luogo racchiuso all'interno di un centro abitato, uno spazio appiattito tra palazzi e uffici che però riesce a spiccare ugualmente, è un punto di riferimento, un luogo di partenza e di arrivo. Più largo delle strade che vi convergono, in maniera che si crei un spazio di raccolta. La piazza ricopre svariate funzionalità. La si può vedere come il fulcro della vita cittadina come uno dei protagonisti più attuali e sempre aggiornati della società. La piazza soddisfa il più delle volte quelle superficiali esigenze primarie che tutti abbiamo. La piazza se si può dire "vive la città" , si nutre della linfa vitale che la città, col suo trambusto gli propone. E lei lo ridimensiona a sua misura, negli spazi che ha a disposizione. La piazza vive il presente mescolandolo e rimescolandolo, facendosi portavoce di una caos non fastidioso, di un'affluenza enorme di gente diversa. Non so perchè ma è così che la piazza piace. Fin dalle sue origini fu un luogo di grande importanza, oggi lo vedrei di più come un luogo neutro, incontaminato nonostante tutti i potenziali "virus" che vi si trovano. In città che giorno dopo giorno, in maniera più o meno netta ed immediata, si dividono in quartieri a cui

vengono appiccicati degli aggettivi: la via dello shopping, la zona con più negozi di alimentari, i quartieri ricchi e quelli poveri, quelli più e meno pericolosi: la piazza può essere vista come una zona "miscelata" piena di tutto un po'. C'è confusione nelle piazze, c'è sempre un gran via vai e manca di ghettizzazione. Certo ci sono anche le piazze d'elitè, ma fondamentalmente nasce come luogo deputato alla confusione, al caos che mille architetti non sapevano dove mettere. Il disordine era dovunque la gente che si fermava dove voleva, le macchine che ormai ai bordi della strada bloccavano la circolazione, le istituzioni politiche e religiose a cui mancava il modo di rendersi ancora più visibili e i mercanti che non sapevano dove urlare che la loro merce era più conveniente. E così è nata la piazza come quel disordine nell'armadio che riesci a bloccare solo se hai la chiave ma che è sempre pronto ad esplodere. Il caos delle città moderne affluisce e sfocia nelle piazze che talvolta perdono anche i loro nomi perché ci si vede semplicemente: "in piazza". E diventa un loop perchè ci si ritrova sempre li, girando e rigirando le piazze in tutte le ore del giorno sono piene di gente: seduta, in piedi e che passa solo di li. Anche i ragni dopo essersi costruiti una piccola città si mettono al sole della loro piazza gustandosi le prede più buone.

Di ragni e di piazze nel caos di cittàdi Lavina Piacentini

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La Festa di BlogAL, quest’anno al suo secondo appuntamento, si preannuncia più carica dello scorso 2008. Il sito www.blogalessandria.blogspot.com" www.blogalessandria.blogspot.com creato da Alessandro Doglioli nel 2006 e curato insieme ad altri volontari, che conta attualmente 400 visite al giorno, si presenta ora come associazione di promozione sociale recentemente costituita; mantenendo invariata la sua originale funzione di bacheca virtuale sul web, che dà visibilità a eventi musicali, figurativi, letterari realizzati da tutte le forze associative e individuali che operano ad Alessandria e dintorni. Motivo in più per trascorrere un pomeriggio con i navigatori abituali del blog, con chi ancora non lo conosce e con coloro che vorranno condividere un momento di festa in compagnia dei ragazzi di BlogAL. Pittori, poeti, danzatori, musicisti e sognatori, tirati a lucido per l’occasione, si esibiranno domenica 29 marzo nei locali alessandrini Four Bears

Pub e Di Noi Tre e nel tratto di via Plana compreso tra via Mazzini e via Dei Guasco, che sarà chiuso al traffico. Dalle 16 fino a notte fonda, dunque, preparatevi ad assistere a un viavai multiforme di tutte le realtà alessandrine che hanno voluto aderire all’iniziativa. La strada, protagonista iniziale dell’evento, offrirà momenti di musica live – con l’esibizione di una band acustica – e sarà animata da installazioni artistiche e dalla simpatia dell’angolo degli abbracci. Una mostra di quadri di pittori locali farà da corollario variopinto alla prima parte della festa, insieme ai disegni dei bambini presenti realizzati dal vivo con le animatrici. Gli intervenuti avranno inoltre occasione di gustare prodotti dolciari, vini e aperitivi generosamente offerti da pasticcerie e pub cittadini. All’interno del Four Bears prenderà intanto il via un incontro con alcuni scrittori alessandrini, professionisti e semplici appassionati, che esporranno i loro libri e progetti per poi interagire col pubblico in una sorta di

“pub letterario”. Il locale vedrà alle 17 un’esibizione di danze country che riscalderanno l’ambiente, mentre al Di Noi Tre andrà in scena lo spettacolo teatrale “Giorni Felici”. Alle 18 saliranno nuovamente alla ribalta gli autori presenti al Four Bears che, attraverso recital di racconti e poesie, daranno seguito all’incontro letterario avviato nel primo pomeriggio; e il Di Noi Tre presenterà in contemporanea momenti di seducenti danze orientali e una scatenata commistione di hip hop, latino-americano e balli caraibici. Date ai ragazzi il tempo di riprendere fiato… e la festa si riaccenderà nel dopocena con le note musicali di gruppi rock e acustici che, in entrambi i locali, intratterranno il pubblico fino a notte fonda e chiuderanno in gloria le celebrazioni fortemente volute da BlogAL per il secondo anno consecutivo; un appuntamento che, speriamo, si consoliderà nel tempo come importante evento alessandrino.

La Festa di Blog AL

“Invecchiare è un privilegio ed un obiettivo della so-cietà. Ma è anche una sfida, che avrà un impatto su tutti gli aspetti della società del XXI secolo.” E’ questo uno dei messaggi proposti dall’ O.M.S. (W.H.O., 2005) sul tema della salute degli anziani, un argomento che ricopre sempre maggiore importanza in una società, la nostra, che sta vivendo una specie di rivoluzione demografica: di fatto, nel 2000, al mondo c’erano cir-ca 550/600 milioni di persone con più di 60 anni; nel 2025 ce ne saranno 1,2 miliardi fino ad arrivare a 2 miliardi nel 2050 (l'O.N.U. prevede un totale di 9,1 miliardi di persone a metà di questo secolo...) con un rapporto donne-uomini di 2 a 1 nella fascia di popolazione molto anziana. Il termine invecchiamen-to implica un processo connesso all'aumento dell'età cronologica, ma non necessariamente corrispon-dente ad esso; spesso all’età anagrafica non corri-sponde completamente l’età che ci si sente. Quando l’anziano e chi lo assiste cominciano a pensare alla vecchiaia come ad una condizione di per se stessa invalidante, poco per volta tale paura si realizza: è solo affrontando tale stato della vita in modo creati-vo, positivo e dinamico che anche situazioni difficili possono mostrare la parte migliore e regalare anco-ra un forte significato all’esistenza. Il miglioramento delle condizioni generali di vita avvenuto negli ultimi decenni ha portato, attraverso una più efficiente or-ganizzazione dei sistemi di prevenzione e di riabili-tazione, una rilevante e qualitativamente accettabile aspettativa di vita. Ovvio! Un anziano non è in grado di fare ciò che fanno i giovani... ma fa molto di più e meglio: non con la forza, con la rapidità o grazie all’agilità, bensì col senno, con l'esperienza e l'inse-gnamento si compiono le grandi imprese. Sono que-ste le doti delle quali la vecchiaia non solo non rima-ne priva, ma si fa di solito più feconda. Mantenendo in esercizio il corpo e la mente, si possono compiere imprese straordinarie: Sebastiano Caboto organizzò, ultraottantenne, una spedizione alla ricerca di paesi e terre sconosciuti; Elisabetta I d'Inghilterra, a più di 70 anni, svolgeva i doveri di Corte concedendo -sempre in piedi!- parecchie udienze nell’arco della giornata. Basti pensare a George Sand, che a 72 anni scris-

se il romanzo "La tour de Percemont" o alla celebre attrice teatrale parigina Sarah Bernhardt, che fino a 79 anni ha continuato a calcare le scene con suc-cesso; Leone Tolstoj a 71 anni terminò di scrivere "Resurrezione” mentre Robert Koch -lo scopritore del batterio della tubercolosi- a 72 anni viaggiò in Africa per studiare la cosiddetta malattia del sonno; Sigmund Freud a 83 anni pubblicò il saggio "Mosé e la religione monoteistica"; Michelangelo Buonarro-ti a quasi 90 anni si dedicò con fervore alla "Pietà Rondanini" ed il grande pittore Tiziano Vecellio lavorò con assiduità fino alla veneranda età di novantano-ve anni! L’attenzione degli impianti sportivi, dunque, si è spostata verso i bisogni di questa popolazione, in quanto rappresenta un bacino di utenza di sicura crescita, e l’obiettivo negli anni a venire sarà appun-to il coinvolgimento della cosiddetta Terza Età, senza ombra di dubbio la più scettica e la più difficile da coinvolgere nei centri o negli impianti sportivi moder-ni a causa di timori, pregiudizi, credenze e difficoltà a comprendere il valore del fitness. In questa fase della vita il fitness è benefico non solo sotto il profi-lo fisico, ma anche psicologico: mantenere un livello generale di wellness più alto e contrastare i classici acciacchi contribuiscono ad alzare il tono dell’umore ed a mantenersi vivi e dinamici. Per l'organismo di un anziano l'attività fisica è davvero di notevole impor-tanza: è fondamentale dedicare del tempo all'eserci-zio fisico, vera e propria occasione per riappropriarsi della consapevolezza della propria vita in quanto momento di socializzazione ed integrazione con altre persone. Sarà importantissimo praticare un'attività motoria o sportiva medio-leggera -meglio ancora se all'aria aperta- e frequentare corsi collettivi o indi-viduali di ginnastica per adulti o per anziani, guidati e seguiti da insegnanti e personal trainers qualifica-ti che sappiano correggere gli errori di esecuzione , suggerendo gli esercizi più adatti sulla base delle individuali capacità e delle personali necessità. La vecchiaia non è essa stessa una malattia, come in-vece sostenevano gli antichi romani (“Senectus ipsa morbus”- Terenzio), e come tanti ancora oggi conti-nuano a credere. Il fitness può essere la giusta via

per smentire questa datata ed ingiallita affermazione. Ma l’isolamento degli “over sessanta” dipende spes-so dall’ambiente in cui viviamo: la decadenza fisica -con la quale gli anziani si confrontano e si identifi-cano- è temuta dalla società odierna a vantaggio di una logica di consumo, produzione ed efficienza che esclude e svalorizza chi non può raggiungere deter-minate performances. Pensiamo dunque a Cicerone che, un paio di millenni fa, nel De Senectute ha avuto modo di spiegare la sua filosofia, evidenziando come la vecchiaia possa essere una fase felice per coloro che hanno saputo operare nel corso della vita con saggezza e con spiccata giustizia, nonché per quelle persone che sanno apprezzare e valorizzare questo momento dell'esistenza. Consapevoli che tutti siamo destinati, prima o poi, a non essere più completa-mente efficienti, quasi sempre tendiamo a non voler riconoscere questi problemi evitando il confronto di-retto con l’anziano, invece di apprezzarne il valore e rispettare l’esperienza di cui è portatore. Il fitness ed un buon personal trainer possono essere veramente di aiuto alla terza età: per mantenere l’efficienza mu-scolare, per uscire dalla solitudine, per allontanare pericolose tendenze depressive. L’attività fisica può trasformarsi in un profondo momento di contatto e di benefica interazione tra diverse generazioni, portan-do vantaggi psicologici a tutti, dal più grande al più piccino! Un paio di testi consigliati? Su tutti il classico e già citato “De Senectute” di Cicerone ed il recentis-simo “Vecchio sarà lei!” (Muoversi, pensare, comuni-care) di Marcello Cesa Bianchi e Carlo Cristini.

In passato si diceva che “la vecchiaia stessa fosse una malattia”: il fitness può essere la giusta soluzione per smentire questo luogo comune

A cura di Michela e fabio grossi, Personal Trainers certificati ISSA CFT1

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MOVÍDAlife - n°9 - MAR Ø9 15

Il fascino sottile del male e i suoi perchè di Barbara Balbiano

I serial Killer. Loro che riempiono le prime pagine dei giornali, loro che si nascondono fra le persone comuni, loro che hanno il primordiale istinto animale ma l’intelligenza fine e oculata di un genio. Perchè uccide? La domanda cruciale. E' il motivo che rende i serial killer unici nel loro genere. Cosa scatta nella sua mente? Quale pulsione si impadronisce di lui, fino al punto da spingerlo a sopprimere un proprio simile? Probabilmente il fascino e l'orrore di questi criminali è soprattutto in questi interrogativi. Nel corso degli anni, con l'esperienza, con il lavoro di specialisti, psichiatri forensi, profilers, investigatori si è riusciti a delineare quelle che sono le principali cause, patologie e perversioni che scatenano questa follia omicida. Perché uccidono? I serial killer costituiscono una categoria di criminali così crudeli e letali, che è scontato chiedersi se, loro cervello sia effettivamente uguale a quello di tutte le altre persone. Diversi esami vennero effettuati sul cervello dei vari serial killer, ma i risultati furono negativi. Nessun difetto neurologico è stato riscontrato in questi criminali. Tuttavia, di recente, è emerso un dato di fatto sconcertante: molti serial killer, da Arthur Shawcross a Leonard Nelson, da Bobby Joe Long a John Wayne Gacy hanno subito lesioni alla testa di una certa gravità nell'età infantile. Nel campo dei serial killer, i maltrattamenti sono una caratteristica quasi universalmente presente nella loro infanzia. Se è vero che non tutti i bambini che subiscono maltrattamenti, automaticamente si trasformeranno i brutali assassini, è anche vero che tutti i serial killer hanno avuto questa traumatizzante esperienza a causa dei propri genitori. Ultimamente, oltre al buon senso, anche la ricerca scientifica ha confermato queste ipotesi. Una crescita segnata da esperienze traumatiche, può effettivamente alterare l'anatomia del cervello di una persona, impedendo a determinate e cruciali zone del cervello stesso, di svilupparsi correttamente, lasciando i soggetti incapaci, per il resto della loro vita, di provare sentimenti di empatia verso i propri simili. Esistono poi tutta una serie di perversioni tra cui:

Necrofilia e Necrofagia. Il necrofilo non si accontenta di avere una vittima totalmente inerme, ma esige che sia morta. I rituali sui cadaveri sono diversi, e vanno dal rapporto sessuale con esso, alle pratiche di smembramento, fino ad arrivare al cannibalismo o necrofagia. Il termine necrofagia (o cannibalismo) si riferisce invece alla pratica, reale o rituale, di mangiare la carne dei propri simili.PedofiliaPer alcuni tipi di psicopatici, i bambini non sono altro che una preda facile da catturare o colpire, esattamente come potrebbero esserlo altri sventurati che hanno la sfortuna di trovarsi sulla loro strada nel momento sbagliato. Ci sono tuttavia alcuni "predatori", i cui gusti e le fantasie riguardano esclusivamente i bambini, principalmente maschi. Si pensa che quasi sicuramente, il motivo di questa perversione sia attribuibile a precedenti maltrattamenti subiti dagli stessi serial killer, in età precoce. Siccome nell'età matura poi si tende a vendicare gli abusi subiti o a ricrearli nella speranza di esorcizzarli una volta per tutte, ecco che l'abusato si trasforma in molestatore.Vampirismo Anche se dal nome siamo portati a pensare al mito, al cinema horror, nel mondo della psicologia, il termine "vampirismo" si riferisce ad un fenomeno fin troppo reale. Si tratta di quella perversione in cui una persona trae un intenso piacere sessuale nel bere il sangue umano. Per quanto possa sembrare assurdo, il vampirismo è un fenomeno abbastanza diffuso, anche nella rete internet, dove fioccano siti e forum per gli "appassionati" con tanto di regole igieniche da osservare, e regole del galateo nel praticare questa "passione". Ovviamente nel caso dei serial killer, queste regole non esistono, non esiste il galateo. Questi psicopatici sono degli efferati criminali che non esitano a compiere atti mostruosi per soddisfare le loro malate pulsioni. L’elenco in realtà potrebbe andare avanti senza mai trovare una spiegazione vera a ogni

omicidio che viene compiuto. “Ho sempre saputo che un giorno avrei ucciso, sapevo che sarebbe finita così. Le fantasie erano troppo forti. duravano da troppo tempo ed erano troppo elaborate”. Ha dichiarato Edmund Kemper Per Ed le prime fantasie ed i primi incubi iniziano già a dieci anni in seguito ai maltrattamenti subiti dalla madre e all’odio verso di lei. Comincia a sognare ad occhi aperti scene omicide, ed è solito giocare a contorcersi sulla sedia, simulando la sua stessa esecuzione capitale sulla sedia elettrica, e nel frattempo fantastica che sua sorella sia la boia ed esecutrice della condanna, tanto da convincerla ogni volta ad imbavagliarlo e legarlo, prima di dimenarsi per lungo tempo per fingere il sopraggiungere della morte. Ma già a 13 anni le fantasie gli stanno strette, così, con il suo fidato coltello, che lui stesso soprannominerà "Il Generale", uccide e decapita il gatto di famiglia. Edmund ha un coefficiente intellettivo pari a centoquarantacinque, su una media di cento. E’ un genio. 1972. L'anno del primo omicidio. Le vittime preferite sono bellissime ragazze, scelte per il motivo che la proprio il tipo di donna che mai avrebbe accettato di uscire con lui. Saranno ben cinque le sue vittime. Sarà lui alla fine a telefonare alla polizia e confessare l'accaduto. In un primo tempo non viene creduto. Il grande Ed, una specie di gigante buono, non poteva essere il vero autore di quegli omicidi. Al processo chiese che gli venisse inflitta come pena la "morte per tortura". Edmund Kemper è solo uno delle migliaia di esempi in cui una mente geniale, forse troppo, sviluppa la parte peggiore, secondo me la più vera, del proprio io.

Mi chiedo allora, cari amici … vi siete guardati intorno? Il vostro vicino di casa, un vostro cugino, il vostro collega di lavoro, quel figlio adolescente troppo silenzioso, forse sotto sotto è pronto a impugnare la mannaia.

Hanno il fascino sottile del male. Risvegliano quella parte nascosta in noi, quella che le regole e le leggi hanno seppellito sotto la dura cortina del buon senso. Perché l’eterna lotta fra bene e male affascina da sempre la mente umana, perché i film di genere hanno sempre un successo enorme, perché la mente di grandi scrittori è affascinata da loro e perché presto o tardi nella vita di ognuno di noi è balenata l’idea di fare del male a qualcuno.

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MarzoVENERDI’ 20 intorno al '900 - Alessandria - Auditorium pittaluga - conservatorio VivaldiConcerto del duo formato da Paola Biondi e Debora Brunialti (pianoforti), che suoneranno brani di Berio, Kurtag, Ligeti, Dufourt e Sollima. Inizio alle 17.

SABATO 21Ovada Jazz l'arte del duo - Ovada - loggia di s. sebastiano Concerto di Alan Farrington (voce) e Andrea Pozza (pianoforte). Inizio alle 21.30.

A me gli occhi - fubine - casa del popoloNell'ambito della rassegna di teatro brillante "Fubine Ridens", va in scena questo spettacolo di George Feydeau presentato da "Gli Stregatti" di Alessandria. Inizio alle 21.15.

i volontari e... l'Arte - Alessandria - teatro parvum - Via Mazzini Concerto di primavera, recital del duo pianistico composto da Ilaria Davite e Ivana Zincone, con musiche di Rossini, Brahms e Liszt. Rassegna di spettacoli organizzata da Aprova e Aveas onlus. Inizio alle 21.

in & Out - gavi - teatro civicoSpettacolo teatrale realizzato da "EDE S.r.l. - Eventiduemila Entertainment", con Elisa Crosetto, Simona Ranfi e Luisa Stella. Regia di Antonio Vallegi. Inizio alle 21.15.

barba e capelli - pontestura - teatro VerdiCommedia brillante dal repertorio di Gilberto Govi, rappresentata dalla compagnia teatrale "Genova Spettacoli", nell'ambito della stagione "Un invito a teatro". Regia di Riccardo Canepa. Inizio alle 21.

e' sempre Domenica - bistagno - teatro somsNell'ambito della rassegna "Aggiungi un posto a teatro", va in scena uno spettacolo di Eleonora Bombino, presentato dall'associazione "Teatro Ernesto" che tratta il tema dell'omosessualità femminile. Regia di Marco Zanutto. Inizio alle 21, ingresso 8 €.

premio Dottor burattino - tortona - teatro civicoA conclusione della rassegna "Assoli", organizzata dall'associazione "Peppino Sarina", verrà consegnato il premio per la migliore Tesi di laurea sul teatro di figura. Verrà inoltre presentato il nuovo volume della collana "Le Tesi del Premio Dottor Burattino". Inizio alle 16.30.

bagna cauda - pozzolo f.ro - cantine del castello Medioevale - piazza castelloSerata a tema con menù: aperitivi e stuzzichini, bagna cauda, pinzimonio (a richiesta), formaggi misti, dessert. Intrattenimento musicale con fisarmonica. Prezzo 20 €. Inizio alle 20.30. Prenotazioni presso la sede della Pro Loco il mercoledì e il venerdì dalle 9 alle 11.30. Info: 0143-418557.

Davide Van De sfroos - pica tour teatrale - casale M.to - teatro Municipale

Ac / Dc - Milano – forum

concerto dei someone else - san Michele - soms - Via Remotti

primavera beat Volume tre - castelceriolo - teatro Macallè dalle ore 18 con aperitivo beat e dj set e dalle ore 21 con i concerti

DOMENICA 22nell’ambito delle Domeniche scientifiche al teatro delle scienze (via 1821, 11 –Alessandria) ore 16.00 2009 Anno Internazionale di Astronomia Relatore: Massimo Volante Ingresso gratuito Info: Assessorato alla Cultura e Turismo tel. 0131 40035 Teatro delle Scienze tel. 0131 254633

fisalmuseo - Alessandria - Museo etnografico - piazza gambarina La rassegna “Nebbia e Musica", al Museo della Gambarina si conclude oggi con un concerto del fisarmonicista Carlo Fortunato. Inizio alle 16.30, ingresso libero.

2009 Anno internazionale di Astronomia - Alessandria - teatro delle scienzeIncontro che fa parte del ciclo di appuntamenti "Domeniche scientifiche al Museo", organizzati dal Gruppo Astrofili Galileo. Il relatore sarà Massimo Volante. Inizio alle 16, ingresso gratuito.

carnevale a Momperone - Momperone - piazza i° Maggio e area attrezzataA Momperone il Carnevale si festeggia all'arrivo del bel tempo, con polenta e salamini, musica dal vivo e ballo in piazza, inizio alle 15.

LUNEDI’ 23

franco Ambrosetti - uri caine Quartetto -Valenza - teatro sociale Appuntamento con questa straordinaria formazione, che porta in scena alcuni dei più importanti brani della scena jazzistica europea. I musicisti saranno Franco Ambrosetti (tromba), Uri Caine (piano), Darryl Hall (basso) e Alvin Queen (drums). Inizio alle 20.45.

il Divo in concerto - Milano – teatro degli Arcimboldi (www.teatroarcimboldi.it)

Dal 23 al 26 marzobologna – fiera del libro per ragazzi, 46° edizione

MARTEDI’ 24

synagosyty - tortona - teatro civicoAppuntamento con lo spettacolo interpretato da Aram Kian e Francesca Porrini. Regia di Gabriele Vacis. Inizio alle 21.

Aspen santa fe ballet - Alessandria - teatro comunale Penultimo appuntamento della stagione per il Teatro Comunale di Alessandria con l'Aspen Santa Fe Ballet, compagnia americana costituita da dieci ballerini di formazione classica, che eseguono in maniera eclettica il repertorio di alcuni tra i più famosi coreografi del mondo. Inizio alle 20.45. Info biglietti: www.teatroregionalealessandrino.it.

intorno al '900 - Alessandria - Auditorium pittaluga - conservatorio Vivaldi Concerto di Roberto Beltrami che suonerà anche i brani di Rachmaninov e Fuga. Inizio alle 17.

la nuova banca cooperativa di tortona - castelnuovo scrivia - biblioteca - sala pessini. Discussione con il Relatore il dott. Alessandro Scaccheri, Segretario Generale della Camera di Commercio di Pavia. Inizio alle 21.15.

incontro lilt - casale Monferrato - Auditorium s.chiara - Via f.caneMomento pubblico di riflessione e discussione sul vuoto istituzionale italiano in merito a malattie terminali, dopo il caso di Eluana. Aperto ad esponenti della cultura laica e religiosa, inizio alle 21.

concerto di Ornella Vanoni - torino - teatro colosseo (www.teatrocolosseo.it)

MERCOLEDI’ 25

Romanze senza parole - Kinderstucke op. 72 - Alessandria - Auditorium pittaluga - palazzo cuttica Secondo appuntamento con l'esecuzione integrale dell'opera di Felix Mendelssohn Bartholdy, nel bicentenario della sua nascita. L'esecuzione di questa composizione per pianoforte sarà affidata a 47 allieve ed allievi del Conservatorio Vivaldi. Inizio alle 16. concerto di luca carboni - torino - teatro colosseo (www.teatrocolosseo.it)

GIOVEDI’ 26

Raimondo campisi tortona - teatro civicoNell'ambito della XXX stagione di concerti organizzati dal circolo "Amici della Musica" di Tortona, si esibirà il pianista Raimondo Campisi. In programma celebri brani di Chopin, Liszt e Gershwin. Inizio alle 21.15. Info biglietti: 0131-820195.

Rassegna gruppo cinema enrico foà - Alessandria - teatro comunale - sala zandrino Proseguono gli appuntamenti del giovedì con il Gruppo Cinema alessandrino "Enrico Foà": in programma un omaggio ai capolavori della commedia hollywoodiana con la proiezione del film "La signora di mezzanotte" di Mitchell Leisen. Inizio alle 20 e 22.20.

Ragazze interrotte - tortona - centro giovani Off Spettacolo incentrato sul tema dei disturbi psichiatrici. La proiezione sarà introdotta da esperti. Seguirà dibattito. Inizio alle 20.30.

VENERDI’ 27

il pane nel pozzo - novi ligure - teatro paolo giacometti Rassegna teatrale dedicata al teatro di base, a cura di "Teatro del Rimbombo".

dal 27 marzo al 3 aprilela biblioteca di babele suite – una rassegna di parole e immaginiLibreria Mondadori di Alessandria (Via Trotti, 58)

Mostra di bozzetti,immagini e copertine Babele Suite di Perdisa Editore con Onofrio Catacchio. Presentazioni di libri e buffet letterari sabato 28/3 e venerdì 3/4 alle 18,30.

SABATO 28

Madame butterfly - casale - teatro Municipale Appuntamento con la visione dell'opera diretta da Claudio Morbo. Orchestra "B. Bruni" di Cuneo, regia di Vincenzo Santagata. Inizio alle 20.30.

i volontari e... l'Arte - Alessandria - teatro parvum - Via Mazzini Nell'ambito della rassegna di spettacoli organizzata da Aprova e Aveas onlus, è in programma un concerto dei migliori allievi del Conservatorio Vivaldi di Alessandria, a cura di A. Lovisiolo e M.T. Pasero. Inizio alle 21.15.

l'assassino è in teatro - frassineto po - Auditorium san Rocco Nell'ambito della rassegna "Il teatro è... servito", va in scena una produzione del Laboratorio Artistico Piccolo Sipario di Casale, realizzata dal gruppo "Siparietto". Inizio alle 21.

synagosyty - gavi - teatro civicoSpettacolo teatrale di Gabriele Vacis e Aram Kian realizzato dalla "Fondazione Teatro Regionale Alessandrino" in coproduzione con la "Fondazione Teatro Stabile di Torino". Con Aram Kian e Francesca Porrini. Regia di Gabriele Vacis. Inizio alle 21.15.

Marilyn - bistagno - teatro somsNell'ambito della rassegna "Aggiungi un posto a teatro", va in scena uno spettacolo con Lucilla Giagnoni, realizzato dall'associazione culturale "Teatro in folio", ispirato all'intramontabile mito di Marilyn Monroe. Progetto e regia di Michela Marelli. Inizio alle 21.

Ovada Jazz l'arte del duo - Ovada - loggia di s. sebastiano Concerto di Antonio Marangolo (sax tenotre) e Umberto Petrin (pianoforte). Inizio alle 21.30.

il sole e la luna - gamalero - biblioteca civica Lettura animata dal titolo "Il sole e la luna", storia di un'amicizia. A seguire: "Intrecciare i fili", una ragnatela con gomitoli di lana per giocare insieme. Inizio alle 16.30.

concerto del cocker milanese Massimo priviero - Milano - Rolling stone

DOMENICA 29

ernesto Roditore guardiano di parole - sale - teatro soms Spettacolo della compagnia "Nonsoloteatro" di Pinerolo, consigliato ai bambini di età superiore ai 5 anni. Inizio ore 17.

Astrologia - Alessandria - Teatro delle ScienzeNell’ambito del ciclo di appuntamenti "Domeniche scientifiche al Museo", organizzati dal Gruppo Astrofili Galileo. Il relatore sarà Stefano Bagnasco. Inizio alle 16, ingresso gratuito.

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AprileLUNEDI’ 30

Romanze senza parole - Kinderstucke op. 72 - Alessandria - Auditorium pittaluga - palazzo cuttica Terzo appuntamento con l'esecuzione integrale dell'opera di Felix Mendelssohn Bartholdy, nel bicentenario della sua nascita. L'esecuzione di questa composizione per pianoforte sarà affidata a 47 allieve ed allievi del Conservatorio Vivaldi. Inizio alle 16.

franz ferdinand - Milano – Alcatraz (www.alcatrazmilano.com)

MARTEDI’ 31

Martedì all'Ambra - Alessandria - cinema Ambra - Viale brigata RavennaProsegue la II edizione della rassegna di cinema e teatro organizzata dalle associazioni Tempi Moderni, Dispari e Gioco del Mondo, con lo spettacolo "Spogliatoio", scritto e diretto da Massimo Brusasco. Inizio alle 21, ingresso 6 €.

Musica: forma mentis? - Alessandria - conservatorio Vivaldi - AuditorioTerzo appuntamento del ciclo organizzato dal Conservatorio Vivaldi, dal titolo "Forme, vie, meccanismi della creazione artistica in ottica psicoanalitica". Interverrà il prof. Stefano Pozzoli dell'Università di Pavia. Inizio alle 15.

MERCOLEDI’ 1

nek in concerto- un'altra direzione - Alessandria - teatro comunale

GIOVEDI’ 2

Otello - Valenza - teatro socialeAppuntamento con la visione dello spettacolo di William Shakespeare con Andrea Giordana. Traduzione, adattamento e regia di Alessandro Sepe. Inizio alle 20.45.

Rassegna gruppo cinema enrico foà - Alessandria - teatro comunale - sala zandrino Proseguono gli appuntamenti del giovedì con il Gruppo Cinema alessandrino "Enrico Foà": in programma un omaggio ai capolavori della commedia hollywoodiana con la proiezione del film "Lady Eva" di Preston Sturges. Inizio alle 20 e 22.20, ingresso 5 €.

boys don't cry - tortona - centro giovani Off Proiezione incentrata sul tema della diversità sessuale. La proiezione sarà introdotta da esperti, seguirà un dibattito. Inizio alle 20.30.

Atlantide - Alessandria - teatro Alessandrino Musical a cura della "G. Company", i cui incassi saranno parzialmente devoluti a favore della Lega Italiana per la Lotta Contro i Tumori. Inizio alle 16 e replica alle 21. Info: 0131-236837.

l'invasione dei lanzichenecchi - Acqui terme - biblioteca civica

Proseguono le letture sceniche da "I Promessi Sposi" di Manzoni. Ideazione, organizzazione e scelta dei testi di Enzo Roffredo. Commentatore: Carlo Prosperi. Inizio alle 21.

SABATO 4

spogliatoio - fubine - casa del popoloLa rassegna di teatro brillante "Fubine Ridens" si conclude con uno spettacolo di Massimo Brusasco, presentato dalla Compagnia Teatrale Fubinese. Inizio alle 21.15, ingresso 7 €.

i volontari e... l'Arte - Alessandria - teatro parvum - Via Mazzini Commedia "Gli imbianchini non hanno ricordi" di Dario Fo, presentata dall'associazione "Teatro Tascabile", regia di Roberto Pierallini. Rassegna organizzata da Aprova e Aveas onlus. Inizio alle 21.15.

i bit-nik - gavi - teatro civico Appuntamento con il concerto del gruppo. Inizio alle 21.15.

Romanze senza parole - Kinderstucke op. 72 - Alessandria - Auditorium pittaluga - palazzo cuttica Appuntamento finale con l'esecuzione integrale dell'opera di Felix Mendelssohn Bartholdy, nel bicentenario della sua nascita. L'esecuzione di questa composizione per pianoforte sarà affidata a 47 allieve ed allievi del Conservatorio Vivaldi. Inizio alle 16.

MARTEDI’ 7

niente sesso siamo inglesi - tortona - teatro civico Spettacolo di Anthony Marriot e Alistar Foot con Erika Blanc, Gianfelice Imparato, Valerio Santoro e Loredana Giordano. Regia di Renato M. Giordano. Inizio alle 21.

Riforme per rilanciare la nostra economia - castelnuovo scrivia - biblioteca - sala pessini. Discussione sul tema, con il prof. Roberto Perotti, dell'Università "Bocconi" di Milano. Inizio alle 21.15.

MERCOLEDI’ 8

intorno al '900 - Alessandria - Auditorium pittaluga - conservatorio Vivaldi Concerto del duo Fiorenza Bucciarelli-Lucio Cuomo (pianoforte a quattro mani), i quali suoneranno brani di Debussy, Ravel, Satie e Rodrigo. Inizio alle 17.

GIOVEDI’ 9

la passione secondo luca e paolo - Alessandria - teatro comunaleSpettacolo teatrale con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, ex Iene di Italia 1, che narra la storia dei due ladroni crocifissi con Gesù, rivisitata in chiave comica. La regia è di Giorgio Gallione. Inizio alle 20.45.

io speriamo che me la cavo - tortona - centro giovani Off Spettacolo incentrato sul tema del bullismo e del disagio familiare. La

proiezione sarà introdotta da esperti. Seguirà dibattito, inizio alle 20.30.

MARTEDI’ 14

Viaggiatori di pianura - Valenza - teatro sociale Appuntamento con lo spettacolo di Gabriele Vacis e Natalino Balasso. Gli interpreti saranno Laura Curino, Natalino Balasso, Cristian Burruano e Lyiu Jin. Scenografia di Roberto Tarasco. Scene di Lucio Diana. Regia di Gabriele Vacis. Inizio alle 20.45.

MERCOLEDI’ 15

Viaggiatori di pianura - casale - teatro Municipale Appuntamento con lo spettacolo di Gabriele Vacis e Natalino Balasso. Gli interpreti saranno Laura Curino, Natalino Balasso, Cristian Burruano e Lyiu Jin. Scenografia di Roberto Tarasco. Scene di Lucio Diana. Regia di Gabriele Vacis. Inizio alle 20.45.

concerto di bob Dylan - Milano – forum

Fino al 2 giugnoscuderie del castello Visconteo – paviaIl Bacio. Tra Romanticismo e Novecento. 60 opere dei maggiori artisti italiani (Hayez, De Chirico, Previati, Lega, ecc…) ripercorrono le varie declinazioni di questo universale gesto d’amore, restituendone le diverse chiavi interpretative.www.scuderiepavia.com

Fino al 7 giugnofondazione stelline – MilanoFilippo Tommaso Martinetti=Futurismowww.stelline.it

23 APRILEsAn giORgiO – giORnAtA MOnDiAle Del libRO (proclamata dall’Unesco) Tantissime iniziative in tutta Italia dal 20 al 26 aprile organizzate da Leggere:tutti. www.leggeretutti.it

HAT’S PHOTO ART GALLERyVia Venezia 7, all’interno in cortile a

sinistra piano terreno

FOTO GRAFICAiMMAgini DI yVONN VAAR

toronto-canadala nuova galleria alessandrina aperta al pubblico dallo scorso settembre 2008, con un ricco calendario di eventi espositivi, propone sino a fine marzo 2009

una particolare rassegna composta di circa 40 immagini offrendo uno

“spaccato” di manipolazione e creatività dall’immagine di base alla manipolazione realizzata attraverso

i sofistacati software di nuova generazione del computer dove si permette all’artista con le nuove

tecniche la realizzazione di immagini surreali di arte contemporanea.

la mostra è aperta al pubblico su appuntamento telefonico con ingresso

gratuito e gradito

338 2962815 338 6131602

nelle giornate di giovedì e sabato dalle h. 16, 30 alle 19, 00

il venerdì dalle h. 16, 30 alle 19, 00 e dalle h. 21, 30 alle h. 23, 00

MAx MAnfReDi in AlessAnDRiA

l'isola ritrovata

ven. 3 aprile ore 21via Verona ang. via s.Maria di castello

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In occasione della Festa della Donna 2009, l’ANMIL (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) ha voluto richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni sul tragico fenomeno degli infortuni sul lavoro di cui rimangono vittime le donne e sulla necessità di garantire a queste ultime sia una maggior sicurezza in ambito lavorativo che una più valida tutela all’indomani di un infortunio. E per farlo l’Associazione - che da oltre 60 anni si occupa delle vittime di incidenti sul lavoro e raccoglie più di 450.000 iscritti - ha voluto promuovere una nuova iniziativa volta a sensibilizzare principalmente i giovani ma anche tutti gli amanti della musica su questi temi lanciando un Concorso nazionale dal titolo “Note Scordate” per la composizione di un brano musicale “completo” che parli proprio di donne, lavoro e infortuni. Accanto al Concorso, l’ANMIL ha poi previsto di invitare nei prossimi mesi artisti noti del panorama musicale a comporre una nuova canzone sul tema per creare una rete di consensi tale da accrescere il valore dell’iniziativa e raggiungere il più ampio pubblico possibile. Canzone che in questo caso diventerebbe essa stessa oggetto di attenzione da parte dei fans degli artisti che si troverebbero a contribuire in modo concreto e personale ad una

campagna di sensibilizzazione contro gli infortuni sul lavoro. I brani che perverranno saranno giudicati da una Giuria di eccellenza composta da esperti e professionisti impegnati nei vari ambiti del mondo musicale e i vincitori, oltre ai premi in danaro, vedranno inserita la loro canzone in una compilation in cui ci saranno anche i testi degli artisti famosi. Il tutto per dare all’iniziativa un’ulteriore visibilità il cui valore perduri nel tempo e prosegua al di là del Concorso. L’iniziativa - che ha ottenuto il Patrocinio del Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, del Ministero delle Pari Opportunità e del Comune di Roma - si concluderà con un concerto-evento nel mese di marzo 2010. Ad oggi hanno accettato di far parte della Giuria: la Senatrice Ombretta Colli, anche Vice Presidente della Commissione Parlamentare per le morti bianche del Senato; la cantautrice Mariella Nava; il Direttore d’Orchestra Silvia Massarelli; il compositore Piero Pintucci; Tosca e Edoardo Vianello; Massimo Bubola e Simone Cristicchi. Ma l’opera dell’ANMIL non si ferma qui e da oggi inizia la ricerca di partner, artisti ed esperti del settore e no che si rendano disponibili a far diventare questo progetto un importante strumento per veicolare e incentivare la sicurezza nei luoghi lavoro.

con il Patrocinio di

DONNALAVORO

INFORTUNI

PRIMOCONCORSOMUSICALE

2009

Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali

Il 1° concorso musicale per la composizione di un brano musicale dedicato al ruolo della donna nel mondo del lavoro tra sicurezza e incidenti nei luoghi lavorativi

cosè l'Amnilattualmente riconosciuta come un

ente morale con personalità giuridica di diritto privato, cui è affidata, con D.p.R. 31 marzo 1979, la tutela e la rappresentanza di coloro che sono

rimasti vittime di infortuni sul lavoro, delle vedove e degli orfani.

sei un cantautore e vuoi un occasione?

clicca su www.anmil.it oppure telefona all’organizzazione del concorso AnMil:

06.54196208/1.Marinella de Maffutiis - Resp. ufficio

stampa AnMil06.54196205 – 335.6870875

cosa fapromuovendo iniziative tese a migliorare

la legislazione in materia di infortuni sul lavoro e di reinserimento lavorativo.

tra le numerose iniziative, ogni anno vengono promossi due appuntamenti

fissi (l’8 marzo e la seconda Domenica di ottobre in cui ricorre la “giornata nazionale per le Vittime di incidenti

sul lavoro”) che coinvolgono l’intero territorio nazionale.

i servizi l'AnMil oltre ad assolvere alla

sua funzione primaria di tutela e rappresentanza della categoria, offre una serie di servizi personalizzati e

gratuiti tra cui:

consulenza medico-legale sui postumi dell’infortunio

consulenza legale generica e specialistica

patrocinio per questioni connesse al collocamento al lavoro

istruzione di pratiche in materia infortunistica, previdenziale ed

assistenzialerapporti con gli enti locali per

l’erogazione di prestazioni legate all’invalidità

numero verde per l’assistenza tecnica in materia previdenziale 800.864173

numero verde per il sostegno psicologico degli infortunati sul lavoro

800.275050numero verde per le convenzioni e i

servizi ai soci 800164173

Responsabile ufficio stampa:Marinella de Maffutiis

tel. 06.54196-201/205/208

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a cura di Maria Grazia Caldirola

A forza di rompere...Abbiamo trovato una sorpresa!

La LAV - Lega Anti Vivisezione – nelle piazze contro il traffico di cuccioli, con i disegni di Andrea Musso. L’Italia e i Paesi come la Spagna, la Francia e il Belgio sono il punto di arrivo di migliaia di cuccioli di cane e gatto provenienti dai Paesi dell’Est, in particolare da Ungheria, Slovacchia, Polonia, Romania, Repubblica Ceca, precocemente strappati alle cure delle loro madri costrette a continue gravidanze ed importati in modo truffaldino, falsificando i documenti. Sottoposti a infernali viaggi, quelli che sopravvivono, vengono imbottiti di farmaci per farli sembrare sani all’ignaro acquirente. I principali committenti sono negozianti e allevatori italiani disonesti. Questi mostrano, agli inconsapevoli compratori finali, presunte madri e padri “made in Italy” e propongono anche il pedigree a pagamento, quindi falso, come la restante documentazione che accompagna i cuccioli. Il traffico dei cuccioli è un vero e proprio

business che movimenta circa 300 milioni di euro all’anno, legato al valore economico degli animali. Un cucciolo straniero è “merce” poco pregiata. Diverso è invece il cucciolo italiano, dal valore molto superiore. Un esempio? Un cane di razza di origine ungherese può essere venduto a 200 euro. Un cane della stessa razza di origine italiana ha un valore sul mercato compreso tra 500 e 1500 euro. Da qui nasce il profitto: cuccioli dell’Est acquistati a circa 60 euro sono venduti a prezzi fino a 20 volte superiori, una volta “trasformata” la loro origine da est europea a italiana. Per sollecitare provvedimenti a tutela dei cuccioli la LAV, Lega Anti Vivisezione, ha previsto una campagna di raccolta firme in tutta Italia, con centinaia di tavoli informativi. Chi vorrà fare di più, potrà anche dare il proprio contributo acquistando L'UOVO DI PASQUA DELLA LAV, realizzato esclusivamente con ingredienti e sorprese equo solidali. L'appuntamento è per

sabato 28 Marzo presso il Centro Commerciale OASI di Tortona, dalle 15.00 alle 20.00. Si replicherà quindi sabato 4 Aprile ad Alessandria, sotto i portici di Piazza Garibaldi angolo Via Roma, sempre nel pomeriggio dalle 15.00 alle 20.00. A questo appuntamento, sarà presente il disegnatore alessandrino Andrea Musso, illustratore ufficiale della rivista QuattroZampe Magazine e amico da sempre della LAV che, per l’occasione, ha creato simpatici disegni per i più piccoli, che saranno distribuiti in tutte le piazze italiane durante tutta la campagna. Il celebre vignettista, infatti, si è reso disponibile per quanti vorranno presentarsi con il proprio animale o con una sua foto, per essere “immortalati” insieme e gratuitamente, in un fumetto realizzato sul momento. La campagna, infine, si svolgerà anche Domenica 5 aprile, dalle 09.30 alle 12.00, nel centro storico di Gavi, in occasione del tradizionale mercatino.

1) Qual'è il tuo stile di vacanza ?a) Villaggio turistico b) bici e zaino in spalla c) piccoli alberghi o agroturismo2) Hai vinto 10 000 euro, però li devi spendere subito:a) impianto hi-fi, megaschermo, megacomputer ecc. b) vacanza da sogno con il partner c) una super-festa indimenticabile per amici e parenti3) Devi fare da baby-sitter ai bambini di tuo fratello :a) li porti in corso Roma a mangiare il gelato b) organizzi un pomeriggio di cartoni e videogiochi c) insegni loro a giocare a “Monopoli”4) Nelle riunioni dove ti siedi ?a) vicino alla porta b) in una poltrona comoda c) vicino al tuo collega più simpatico, per fare due chiacchiere5) Gli altri pensano di te:a) è interessante b) è divertente c) è una persona su cui si può contare6) Quale titolo di film esprime la tua idea dell’amore ?a) tutti dicono i love you b) love story c) Vento di passioni7) Un collega si comporta in modo villano, cosa gli dici:a ) “cerchi di stare calmo” b) “cosa ha mangiato per colazione ?”c) “chi diavolo si crede di essere” ?8) Secondo te, come si veste una persona di successo ?a) in modo costoso b) casual ma elegante c) in modo classico9) Ti dicono che sei un “punto di riferimento”:a) “Mi fa molto piacere” b) “che responsabilità” c) “stupefacente”10) Qual è il tuo eroe:a) Robin Hood b) lancillotto c) superman

TESTE a te, quanto piace “stare in piazza” ?

da 25 a 30 – Per te non c’è niente di meglio che essere al centro dell’atten-zione. Lo sguardo degli altri ti fa sentire bene; ma non sarà che altrimenti ti annoi ? Sei una persona molto amichevole, ti piace essere utile, insegnare, ascoltare, ma potresti correre il rischio di diventare dipendente da questo bisogno di contatto umano. E conoscere sempre nuova gente limita la pos-sibilità di stringere rapporti profondi, ti espone al rischio di impoverire le tue capacità emotive.

Da 16 a 24 – Hai un carattere abbastanza equilibrato, socievole ma indipen-dente. Se vuoi sai essere “di compagnia”, ma se sei di malumore preferisci chiuderti in casa. Ti piace la libertà e ti infastidiscono i condizionamenti.In realtà non dovresti considerare una debolezza i tuoi momenti “down” e lasciare che gli altri ti vengano incontro.

Da 10 a 15 – Dici sempre quello che pensi e non fai nessuno sforzo per essere “popolare”. Non sei l’anima della festa ma non te ne importa, hai i tuoi amici che contano su di te e che ti amano molto. Non ti sforzi di cercare compromessi tra i tuoi gusti, le tue convinzioni e quelle degli altri, ti va bene come sei e per te la genuinità è molto importante. Però magari potresti sfor-zarti di aggiungere un pochettino di flessibilità al tuo carattere.

Profili :

1) a 3, b 1, c 2 2) a 1, b 2, c 3 3) a 2, b 1, c 3 4) a 1, b 2, c 35) a 2, b 3, c 1 6) a 3, b 1, c 2 7) a 2, b 3, c 1 8) a 3, b 2, c 19) a 3, b 1, c 2 10) a 2, b 1, c 3

Punteggi:

lAV (lega anti vivisezione)prov. AlessAnDRiAtel. 3332113280

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da Michele e Andrea

Via Vochieri 108 – 15100 Alessandria – tel/fax 0131 55752 – e-mail: [email protected]

Ristorante Torino

a cura di Roberto LoddiGOLOSA

Ingredienti: g 80 di farina bianca, 2 cucchiai di olio ex-travergine d’oliva, 2 uova, un bicchiere di birra, 2 zucchini, 16 fiori di zucchine appe-na colti, g 100 di prosciutto cotto o salame cotto, g 60 di parmigiano grattugiato, un mazzo di basilico, un mazzetto di maggio-rana e uno di timo freschissimi, olio extra-vergine d’oliva per friggere, noce moscata, sale e pepe q.b.

Preparazione:prepara la pastella, frustando insieme la fari-na con le uova, l’olio, la birra e una spruzza-ta di noce moscata e lasciala riposare tran-quillamente. Intanto asporta il pistillo interno dei fiori di zucchine, poi lavali insieme alle erbe aromatiche e asciugali alla centrifuga. Fatto ciò, pulisci gli zucchini e tagliali a pez-zi, quindi accomodali insieme ai fiori, alle erbe aromatiche e al prosciutto dentro al bicchiere del cutter. Arrivati a questo punto, aziona il pulsante e frulla gli ingredienti fino a ridurre il tutto ad un composto non troppo sottile. Terminata questa operazione, amal-gama il ricavato alla pastella, quindi preleva a cucchiaiate parte del composto e friggilo in abbondante olio bollente. Una volta che i subrich risulteranno dorati da ambo le parti, scolali su dei fogli di carta assorbente a per-dere l’unto eccedente, cospargili di sale e di pepe e servili ancora caldi con un flute di Gavi spumante brut metodo classico ben freddo.

Le uova sode con bagnetto

Ingredienti:8 uova freschissime, un mazzo di prezze-molo, quattro acciughe sottosale, 1 spicchio d'aglio, mollica di pane bagnata nell'aceto, un peperoncino rosso piccante, olio extra-vergine d’oliva, sale q.b.

Preparazione:in un recipiente, fai rassodare le uova in acqua per sette minuti circa dal primo bol-lore. Terminato questo tempo, immergile in acqua fredda per poterle sgusciare agevol-mente e lasciale raffreddare. Nel frattempo, trita molto finemente il prezzemolo con il peperoncino, le acciughe ben dissalate e diliscate, la mollica di pane ben strizzata e l’aglio, quest’ultimo è facoltativo per chi non lo digerisce. Fatto ciò, unisci a filo un bel giro di olio, sempre mescolando, fino a quando otterrai una bella salsa di giusta consistenza. Arrivati a questo punto, taglia le uova a spicchi, accomodali dunque su un piatto da portata e coprili con il bagnetto. Decora il piatto con ciuffi di sersetti (vale-riana) selvatici. Un altro modo di preparare le uova sode, è quello di aggiungere al ba-gnetto i tuorli sodi e con il ricavato messo dentro ad una sacca per pasticcere, farcisci gli albumi rassodati. Vino consigliato: Colli Tortonesi Chiaretto

I frittini con erbe di primaveraIngredienti:g 400 g di erbe campestri (denti di cane, donnette, ortiche, borragine e via discorren-do), un mazzetto di prezzemolo, un mazzetto di basilico e uno di maggiorana, 2 spicchi d’ aglio, g 100 di salame cotto, la mollica di un panino, g 80 di parmigiano grattugiato, due uova che devono essere freschissime, burro, olio d’oliva per friggere, latte, sale e pepe di mulinello q.b.

Preparazione:come prima operazione, monda, lava tutte le erbe e ponile ad appassire in un capace recipiente con la sola acqua di sgrondatura, poi strizzale, tritale e falle insaporire con un pezzo di burro e l’aglio che eliminerai. Fatto ciò, trita insieme molto finemente, il basilico con il prezzemolo, la maggiorana, il salame e il pane inzuppato in poco latte ben strizzato, poi aggiungi il battuto e il parmigiano grattu-giato al composto di erbe. Terminata questa operazione, aggiungi le uova e amalgama insieme il tutto fino ad ottenere un impasto non troppo morbido ed omogeneo. Arrivati a questo punto, preleva a cucchiaiate parte del composto e lasciale cadere poche alla volta in abbondante olio caldo e quando le frittelle risulteranno dorate da ambo le parti, scolale su dei fogli di carta assorbente da cucina a perdere il grasso in esubero. Regola imme-diatamente il sapore di sale e impreziosiscilo con una generosa macinata di pepe, quindi servi i frittini ancora caldi con l’aperitivo in ab-binamento di una flute di Gavi spumante brut metodo classico.

I subrich con fiori di zucchineIl carciofo è una pianta erbacea poliennale, appartenente alla famiglia delle Composite. Il fusto ha una sezione circolare e un'altezza che varia fra i 50 e i 150 cm, i fiori sono azzurri con tonalità violacee, l’ortaggio ha forma oblunga e colore grigioverde bruno. La freschezza di un carciofo si riconosce nel seguente modo: punta chiusa, foglie esterne di colore verde scuro, interne tenere, assenza di peluria, gambo grosso, tenero, senza ammaccature. Il carciofo è un antico prezioso prodotto della natura, che si mangiava comunemente sin dal tempo degli Egizi. Una leggenda narra che Giove, il padre di tutti gli dei, pare avesse un pessimo carattere; diventava furibondo quando qualche fanciulla lo respingeva. Infatti Cynara, una bellissima ragazza bionda rifiutò le attenzioni del dio e per questo fu trasformata in carciofo, (la pianta che punge), da Linneo poi catalogata nella famiglia delle Composite con il nome di Cynara cardunculus. Il carciofo nasce da una attenta selezione del cardo (Cardo Cardunculus) e le sue proprietà medicinali sono conosciute da tempo antichissimo, apprezzato dai Greci e dagli Egizi. Il carciofo(Cynara scolymus), ortaggio tipico delle aree del Mediterraneo, come attestano gli scritti di alcuni autori antichi (De Rustica di Columella e Naturalis Historia di Plinio), continuò a essere apprezzato all'epoca dei Romani. Notizie più certe sulla sua coltivazione in Italia sono da attribuire alle attenzioni dei giardinieri italiani che risalgono al XV secolo. La coltura del carciofo si diffuse prima in Toscana (Caterina dei Medici ne fu una grande consumatrice) e successivamente in molte altre regioni. Mammole romane, violetti di Toscana, spinosi di Liguria e di Sardegna sono le varietà più pregiate e diffuse, fra marzo e aprile i carciofi sono in piena produzione, un invito a gustarli in tutti i modi. I carciofi romaneschi sono il simbolo del Lazio vegetale e molti paesi sono al centro di feste e sagre. I carciofi romaneschi sono grossi e con il capolino quasi rotondo, hanno poco scarto e sono i più adatti per essere cucinati ripieni. La parte commestibile della pianta è in realtà il fiore e il cuore centrale chiamato cimarolo è il più ricercato e di conseguenza anche il più costoso, perché più tenero e con le foglie più seriate. I carciofi possono essere cucinati in vari modi: alla romana, alla giudia, alla siciliana, con l’agnello in casseruola e con le patate in Sardegna e Liguria, o fritti e castellati, per citare alcune delle ricette più note. In farmacia, il carciofo è un alimento tonico e digestivo, contiene molto ferro e la Cinarina contenuta in una buona quantità è risultata avere un importante ruolo nell’abbassare il livello del colesterolo. Tale effetto farmacologico è stato dimostrato da numerosi studi scientifici, insomma una vera miniera di proprietà a difesa del corpo umano.

Tapas | Fingerfood | Drinks

Il CarciofoStorie & Sapori

uniOne RistORAnti Del buOn RicORDOlocale informato A.i.c

su prenotazione per intolleranze alimentari proponiamo vini ed alimenti biologici

cucina di territorio e mediterraneawww.bioristorantetorino.it

chiuso il lunedì

Domenica 12 aprile: pranzo di pasqua

lunedì 13 aprile: pasquetta, aperti solo a pranzo

Martedì 14 aprile: il ristorante è chiuso

Domenica 26 aprile: serata a tutta pizza

anche per intolleranti e celiaci

pranzo di pasquaAntipasti:

Prosciutto crudo di San Daniele Salame di Varzi

Bresaola con noci e rucolaGalantina di galletto con salsa tartaraInsalatina di mare alla mediterranea

Torta PasqualinaFlan di asparagi con fonduta

Primi piatti:Risotto ai fiori di zucchine e funghi

Ravioli di magro in salsa di noci

Secondi piatti:Agnello alle erbe aromatiche con patate e carciofiReale di vitello al forno con salsa al tartufo nero

Soutee di piselli e carote

Dolci:Mousse alle fragoleColomba pasquale

Caffè

Vini:Selezione del ristorante Torino

È gradita la prenotazione

Appuntamenti mese di aprile

A disposizione per comunioni – cresime – nozze – catering - eventi ecc.

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MOVÍDAlife - n°9 - MAR Ø9

Molti studenti dell’ultimo anno delle superiori si trove-ranno, in questo periodo, di fronte alla scelta di quale strada intraprendere per il futuro, a quale facoltà iscri-versi ed in quale ateneo. In tutto il territorio italiano sono presenti 94 atenei, sono spuntate più di 600 facoltà, esistono i più svariati corsi di laurea, l’Italia, infatti, ha il primato europeo di numero di corsi attivi ben 5.400, tra i quali, persino: “Corso di composizione floreale per imparare a realizzare decorazioni di Natale con rametti di pino, candele e bacche colorate”. E poi dicono che l'università italiana non punta sulle specializzazioni...Nonostante questa varietà, la scelta rimane difficile. In questo periodo di crisi assale ancora maggiormente il dubbio di quale sia il corso di laurea che più garantisca un lavoro...beh, posso dire che, attualmente, non esiste! Pensiero comune è che per gli indecisi rimangono le fa-coltà “generiche” come Scienze della Comunicazione e Scienze Politiche, la prima considerata, ahimè, la “lau-rea delle merendine”, la seconda, come la più “facile” per prendere un agognato pezzo di carta. Allora tanto vale seguire una passione, una strada che piace, perchè solo con questa si ottengono i risultati migliori, innanzi-tutto per riuscire a concludere il percorso universitario (la percentuale di studenti che abbandona il corso di studi o cambia facoltà è altissima) e, in secondo luogo, per fare la differenza. La passione facilita l’impiego in un certo settore, permette di fornire dei benefici effettivi; ci sono tanti settori che sono in continua espansione e in fase di cambiamento, nei posti di lavoro si richiedono nuove idee, nuove proposte e di contribuire attivamente. Il curriculum non viene più valutato come una volta, la “concorrenza” è aumentata, tanti studenti escono con il massimo dei voti, tanti hanno il patentino europeo (ecdl) , tutti se la cavano con l’inglese e molti hanno anche frequentato corsi all’estero, ma la passione per qualco-sa è diversa in tutti, non combacia mai con un punteg-gio di valutazione o un attestato di riconoscimento, la passione si vede negli occhi. La città universitaria è un altro punto interrogativo: Milano, Torino, Bologna, Geno-va, e Pavia, che rimane tra le top ten del nord. Ma non tanto lontano da Alessandria esiste una realtà diversa,

di cui sono rimasta affascinata: a Pollenzo, nel cuore delle Langhe e il Roero, tra Alba e Brà, è stata fondata molto recentemente l’Università di Scienze Gastronomi-che, la prima in Italia e l’unica di questo tipo. Alle spalle c’è il movimento internazionale dello Slow Food con cui collabora attivamente, infatti è nata grazie al genio di Carlo Petrini, davanti a sè ha il compito di promuove-re la scienza gastronomica. Per dare una definizione di scienza gastronomica voglio riportare alcuni passi del libro “ Buono, Pulito e Giusto” di Carlo Petrini: “ La ga-stronomia è la conoscenza ragionata di tutto ciò che si riferisce all’uomo in quanto egli si nutre; serve a sce-gliere perchè serve a capire che cos’è la qualità. L’uomo in quanto si nutre è cultura: la gastronomia è cultura, prima materiale e poi immateriale. La scelta è diritto dell’uomo: la gastronomia è libertà di scelta. Il piacere è un diritto di tutti e quanto tale deve essere il più respon-sabile possibile: la gastronomia è un fatto creativo, non distruttivo. La conoscenza è un diritto di tutti, ma anche un dovere: la gastronomia è educazione. La gastrono-mia è una scienza che studia la felicità. Tramite il cibo, linguaggio universale e immediato, elemento identitario e oggetto di scambio, essa si configura come una del-le più potenti forme di diplomazia della pace.” E credo che quest’arte non possa essere coltivata e apprezzata in luogo diverso; la cittadina di Pollenzo è riconosciuta come patrimonio dell’Unesco, fu costruita su un anfite-atro romano. I ragazzi iscritti a questa università, svol-gono le lezioni in un luogo suggestivo e completamente diverso dalle altre realtà didattiche, gli edifici sono im-mersi in un grande parco, tra boschi e campi coltivati, e sono adiacenti all’Agenzia di Pollenzo, fondata da Carlo Alberto a metà dell’Ottocento come centro sperimenta-le agrario; Il complesso comprende, oltre l’Università e l’Agenzia, anche la Banca del Vino, una sorta di biblio-teca del vino, ed il ristorante stellato Michelin, da Guido. Tra gli insegnamenti, tenuti da i migliori specialisti del settore, ci sono: basi molecolari del gusto, produzioni vegetali e animali, viticoltura, analisi sensoriale, estetica gastronomica, economia dell’ azienda agroalimentare, marketing dei prodotti di qualità. La conoscenza del

cibo a tutti i livelli, quindi, da quando il prodotto nasce, a quando viene degustato. La vera differenza rispetto alle altre proposte universitarie è che il viaggio fa parte della filosofia di insegnamento, infatti, già dal primo anno, gli studenti partecipano a stage territoriali e tematici: in Ita-lia, per conoscere ed approfondire la realtà produttiva di alimenti come per esempio, i salumi, la pasta e l’olio, ed all’estero, per conoscere la gastronomia internaziona-le di paesi come: Francia, Germania, Spagna, e anche India, Australia, Canada e Messico. Un vero e proprio viaggio alla scoperta e conoscenza del gusto! Parlando con alcuni studenti appena rientrati da una settimana di stage, è percepibile l’entusiasmo nei loro occhi, mi fanno capire che oltre alla parte puramente didattica, hanno la possibilità di vivere insieme, confrontarsi e scontrarsi; sono ragazzi che provengono da ogni parte del mondo, dal Kenia, dal Giappone, dall’Australia, ed hanno dato al Comune di Pollenzo una curiosa impronta internazionale. Riprendendo Petrini, concludo: “ Il cibo è il principale fattore di definizione della identità umana, poichè ciò che mangiamo è sempre un prodotto cultu-rale. Il cibo, e uno studio attento di come è prodotto, commercializzato e consumato, in realtà è un elemento in grado di aprirci gli occhi su ciò che siamo diventati e su dove stiamo andando.” E se la vorranno definire “scienza delle merendine”...beh, almeno sapranno leg-gerne gli ingredienti!

GIORNATE DELL’ORIENTAMENTO: SABATO 4 APRILE

SABATO 16 MAGGIOPER INFO E PRENOTAZONI:

www.unisg.itwww.slowfood.it

www.agenziadipollenzo.com

Università del gustodi Elena Laura Pozzi

A Pollenzo nel cuore delle Langhe la prima università di Scienze Gastronomiche

“Centro Yoga Shanti” ha il piacere di organizzare uno stupendo fine settimana all'insegna dello Yoga e del benessere nelle colline vicino ad Acqui Terme (10 km). L' Agritu-rismo ci accoglierà in camere doppie, triple e quadruple. La struttura dispone di uno spazio per lo yoga, sia all'aperto che all'interno, è circondato dalla campagna e offre la possibilità di fare passeggiate e trascorrere il tempo libero in assoluto relax, in piscina o negli spazi comuni. Il delizioso paesino di Montabone è tranquillo e senza traffico, passeggiando per le strette vie del borgo ci si immerge in un lento ritmo di pace autentica. Il fine settimana sarà dedicato allo Yoga, con lezioni approfondite. Chi lo vorrà potrà anche ricevere un trattamento Shiatsu per riequilibrarsi. L'alimentazione sarà strettamente vegetariana e i pranzi saranno a buffet.

Per informazioni e prenotazioni telefonare al 347 4902286

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BOOkS di Maria Grazia Caldirola

La gentile Lady Phillis Dorothy James, baronetto per meriti letterari e membro della Camera inglese dei Lord, arriva in libreria con l’ultima avventura del suo detective Adam Dagliesh impeccabile ispettore di Scotland Yard dall’animo sensibile, dalla grande cultura e insospetta-bilmente dedito, nel tempo libero, alla creazione poetica. L’inchiesta a lui affidata ha come oggetto la morte di una giornalista di successo, famosa per le inchieste scottanti in cui ha coinvolto illustri personaggi londinesi. Il genere è quello “classico”: pochi cadaveri, ricerca del colpevole attraverso un paziente lavoro di indagine, lo svelarsi pro-

gressivo dei caratteri dei protagonisti. Limpida ed ele-gante la scrittura, molto suggestive le atmosfere della campagna inglese con le sue meravigliose ville in cui si incontrano nobili decaduti e borghesi che hanno fat-to i soldi, ma che si scoprono simili nel comune amore per le cose belle, nella cultura raffinata, nelle maniere impeccabili, Alla fine del romanzo vi dispiacerà lasciare un mondo in cui non solo i colpevoli vengono inesora-bilmente scovati e puniti, ma le atmosfere sono quelle senza tempo della “Country Life” dove la buona cucina, il gusto raffinato, gli arredi eleganti, l’amore per la natura

e la cultura fanno da sottofondo all’esistenza dei pro-tagonisti.sensazione di essere “gli unici dolorosamente vivi, nell’ambito di una civiltà intossicata e morente” va rovinosamente a sbattere contro la meschinità e la mancanza di coraggio di Frank e il bisogno di approva-zione e di affetto di April, il cui gesto di indipendenza e di autoaffermazione arriva troppo tardi per non sfociare in tragedia. “Se nella letteratura americana moderna ci vuole qualcos’altro per fare un capolavoro, non saprei dire cosa” – fu la recensione di Tennessee Williams a questo libro.

Un’autrice americana che noi, sue fans dagli esordi, aspettiamo ogni volta con impazienza. Anche questo ul-timo romanzo ha come protagonista Mallory, la detective “dagli occhi di ghiaccio” della squadra omicidi di New York. Come quasi tutti i gialli, anche quelli di Carol O’ Con-nell devono in gran parte il loro successo all’originalità del carattere del protagonista. Mallory è stata una bambina di strada, e sulla strada ha imparato tutti i trucchi per so-pravvivere, Raccolta e adottata da un sergente di polizia, diventerà a sua volta detective ma non abbandonerà il

suo stile di vita solitario, il suo disprezzo per le regole, la sua diffidenza nei confronti dell’umanità intera. La passione per i computer, l’infanzia tormentata, la difficoltà nei rapporti umani, l’abilità nelle arti marziali, l’intelligenza acutissima la accomunano ad un altro personaggio che abbiamo imparato ad amare di recente, la Lisbeth di Stieg Larsson. La differenza è che Mallory non ha il fisico da elfo di Lisbeth, ma è decisamente bella e ama vestirsi in modo costoso. In quest’ultima avventura si trova a dare la caccia a un serial killer particolarmente crudele e ripeti-

tivo, le cui vittime sono bambini, e contemporaneamente a seguire il filo di una ricerca personale con cui spera di chiarire una parte della sua storia. A tenere insieme queste due piste è il comune luogo della ricerca, quella “Route 66” che abbiamo imparato a conoscere nell’epica americana dei romanzi di Kerouac e delle canzoni degli Eagles, di Dylan, di Springsteen. Una scia di tombe e un pacco di vecchie lettere guidano Mallory nel suo viaggio da Chicago a Los Angeles, alla fine del quale troverà un assassino e una parte importantissima del suo passato.

“Scrivo gialli per annullare la morte, e non sop-porto la violenza, neanche al cinema” dice Fred Vargas in una recentissima intervista. Francese, colta, autrice di gialli in cui abbondano gli ele-menti simbolici, gli enigmi, le atmosfere magiche e un po’ surreali e in cui la verosimiglianza delle vicende e dei caratteri non è considerata indispen-sabile, Fred Vargas è proprio per questo molto

amata. Il suo ultimo libro si ispira ad una storia vera, quella di un “vampiro” su cui nel 1725 tut-ta la Francia mobilitò la sua attenzione, e trascina Adamsberg, il detective parigino che da qualche tempo è protagonista dei romanzi di Vargas, prima a Londra e poi in Serbia tra piedi mozzati, tombe e antiche leggende, alla caccia di una spiegazione ad avvenimenti misteriosi. Un gatto e un cagno-

lino svolgono un ruolo importante nell’indirizzare le indagini, ci sono un paio di uccisioni “horror”, atmosfere gotiche, grande capacità di far rivive-re miti e superstizioni del passato e una divertita accuratezza nei dettagli più sorprendenti. L’autri-ce ha fantasia, talento e immaginazione, uno stile brillante e a tratti ironico e sa farci amare il suo svagato, silenzioso, poetico ispettore.

Questo libro ha fatto vincere a Ian Rankin il Crime Thriller Award nel 2008. E’ il diciassettesimo caso per l’ispettore Rebus, poliziotto testardo, irascibile, solitario e dolorosamente umano, così complesso da aver ispirato un intero ciclo di romanzi al suo autore. Lo troviamo qui alla soglia della pensione, mentre sta passando le consegne alla collega Siobhan, da sem-pre alleata e spesso complice nel tranquillo disprezzo per le regole che contraddistingue il nostro eroe. Ma

i suoi ultimi dieci giorni di lavoro sono sconvolti da due violenti omicidi. Si intrecciano nella vicenda la morte di un poeta russo, la disavventura toccata a Big Gear Cafferty, vecchia conoscenza dell’ispettore, e l’inquietante presenza di potenti e misteriosi ma-gnati russi, sullo sfondo di una Edimburgo sporca e cupa che come sempre è la vera protagonista dei libri di Rankin.Al solito la storia procede su diversi piani e interseca

diverse situazioni e personaggi in un complesso gio-co narrativo, reso da una scrittura concisa, limpida e spesso ironica. Vincitore di numerosi premi letterari, l’autore oltre ad essere uno dei più raffinati e originali scrittori di thriller è un personaggio molto interessan-te con una bellissima faccia scozzese, che nella vita ha fatto i lavori più vari “vendemmiatore, porcaro, esattore, giornalista e musicista punk”. Vale la pena di conoscerlo.

Vastamente pubblicizzato prima ancora che uscisse, questo romanzo segna l’esordio di un giovane autore italiano che si cimenta con un genere fin qui appannaggio quasi soltanto di scrittori americani, quello dei gialli con un serial killer pro-tagonista. Infatti il nostro ambienta la vicenda in un posto imprecisato che però agli Usa assomiglia abbastanza. Il libro inizia con il ritrovamento di cinque piccole fosse che contengono ognuna il braccio sinistro appartenuto ad una bambina. E appunto nei giorni precedenti cinque bambine

sono state rapite. Ma già dopo poche pagine c’è il primo colpo di scena: le braccia non sono cinque, ma sei…. Il protagonista del libro, “Il suggeritore”, userà i cadaveri delle bambine rapite per indicare alla polizia i colpevoli di altri cri-mini orrendi, in un crescendo di efferatezze in cui compare non un solo “serial killer”, ma un’intero drappello di plu-riassassini, pedofili, stupratori, sterminatori di famigliole in-nocenti. Carrisi non ci fa mancare niente, dal genio del male assoluto che usa cadaveri ed enigmistica con tranquilla e

schizofrenica efficienza, al poliziotto coinvolto nei crimini, all’attrazione sentimentale tra colleghi, all’utilizzo dei poteri di una medium che “legge” nella mente di un moribondo i ricordi delle sue passate malefatte, accatastando un col-po di scena dopo l’altro, e inframmezzando l’azione con informazioni criminologiche sulla psicologia e sui “modus operandi” dei serial killer, fino all’imprevedibile finale alla Psycho che dovrebbe ammonire tutti noi su quanto Male possa annidarsi nell’abisso del cuore umano.

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Los Roques sono quelle trecento isolette, mai così tristemente famose negli ultimi mesi, al largo del Venezuela, meta quotidiana di vacanzieri che le hanno scoperte soprattutto in rete. A causa della media scarsità di vegetazione le chiamano “le Isole della Luce” e, come recita un’ambigua e un po’ sinistra scritta di benvenuto leggibile dall’alto dalle avionetas in fase di atterraggio a Gran Roque, “se credete nel paradiso, questo è il vostro posto”. Nel 2004 ho ambientato a Los Roques un frammento di Palo Mayombe, uno dei miei vari romanzi, di certo uno dei miei più intimi e più sofferti. Occorre da parte mia precisare il significato di parole come “intimità” e “sofferenza” a proposito di una creazione letteraria: per me, credo di confessarlo per la prima volta, significa collegarsi con certe zone ultradimensionali per mezzo di una channeller che vive e lavora in Alessandria (e della quale non posso dire nulla) e lasciar aperte le porte a concetti, visioni e presagi che entrano “al di qua”.Quale sia la tecnica non lo so proprio; mi si dice che ogni channeller ha la sua e spesso trattasi d’istinto. Ma sono anche certo che parecchi scrittori operano canalizzazioni senza neppure rendersene conto. Sono sicuro di quel che affermo perché mi ci sono confrontato con parecchi “colleghi”: non sono l’unico a connettermi con quei posti, che vanno dal “basso astrale” alle terre d’ombra. Se al momento ci capite poco, pazientate e andate magari a rileggervi Session 9. Più in là, se questa rubrica avrà la fortuna e l’ardire di proseguire, ne capirete di più. Alla fine, però, non avrete capito tutto. C’è gente che certe cose non le comprende neppure dopo la morte. Torniamo a Palo Mayombe. A pag. 117 uno dei vari “io narranti” (il Cacciatore, un investigatore privato un po’ troppo compromesso con le forze del male) dichiara: “E’ nella luce, nella luce alla sua massima potenza, forse quando è mezzogiorno, che vivono i demoni più pericolosi. Il fulcro del Palo Mayombe è l’animismo. Non c’è cosa, animata o inanimata, che non possieda il suo spirito. Anche la luce ne possiede uno e, a quanto pare, è il più letale. Se un demone decide di trasferirsi in un’Isola della Luce, state certi che ogni spirito dell’aria di quel luogo paradisiaco sarà in breve tempo imprigionato nel sacro Nganga. Presto tutto l’arcipelago, cui appartiene la disgraziata isola, sarà invaso da spiriti maligni che, dopo il magico trattamento nel pentolone, vagheranno in lungo e in largo alla ricerca di esseri umani da distruggere. Semplificata in questo modo, la storia fa un po’ ridere, me ne rendo conto. Ma gli spiriti vaganti sono tipi comunissimi e molto stronzi, contro i quali si può andare a sbattere in ogni angolo del pianeta.” Lo scrivevo nel 2004 e da parte mia era ovvia e pura fantasia. Il fatto che io debba constatare (oggi) che allora sulla luce di Los Roques non si erano ancora allungate le ombre tragiche del volo Transaven YV2081, quello del 4 gennaio dell'anno scorso con gli otto italiani scomparsi (dicono in mare), non implica – va da sé – che esistano rapporti reali e fattuali tra Palo Mayombe e i tragici avvenimenti che verranno qui riportati. Allora, qualcosa era già successo vicino a Los Roques, per la precisione il 2 marzo 1997. Un evento analogo che aveva risucchiato nell’identico nulla degli ultimi scomparsi una coppia di giovani sposi connazionali, Mario Parolo e Teresa De Bellis. Volo Chessna 402 YV784. Mario e Teresa si erano imbarcati più o meno alle dieci del mattino assieme all’avvocato Antonio Anez, rappresentante di Amnesty International, la sua compagna Graciela Lugo e un australiano che si chiamava Robert Wood Bradley. In volo l’aereo ne seguiva altri due della stessa compagnia che effettuavano il medesimo tragitto. Ma a cinque chilometri da Gran Roque, i piloti dei primi Chessna si resero conto che il terzo era scomparso dalla rotta e non rispondeva più alle chiamate radio. Il tenente colonnello Mijares, capo della Divisione ricerca e salvataggio dell’Aeronautica militare del Venezuela, ricostruì le fasi della ricerca. Rodriguez, il pilota, aveva mantenuto il contatto radio fino alle 10:18 senza mai segnalare guasti meccanici

o avverse condizioni meteorologiche. Nell’ultima comunicazione aveva indicato la sua posizione: 50 miglia nautiche a nord di Maiquetia, radiale 0.20, altitudine 5.000 piedi. Poi il silenzio. La mattina del 3 marzo 1997 a 40 miglia a nord di Maiquetia veniva recuperato un cadavere. Quello dell’australiano Robert Wood Bradley. Mostrava la testa fracassata, diverse fratture agli arti, ma nei suoi polmoni non c’era traccia di acqua. Segno che Bradley era morto prima di cadere in mare. Nessuna traccia del Chessna, tanto che qualcuno iniziava a ipotizzare il sequestro del velivolo: pare che il Chessna volasse sulla rotta dei narcotrafficanti che commerciano con il Centro America, e che quel tipo di apparecchio fosse già stato sequestrato altre volte in passato. Del resto, a bordo dell’aereo, che ha nove posti, avrebbero potuto esserci altri tre passeggeri, ma all’imbarco non era stata fatta alcuna registrazione e non era quindi possibile accertarlo. Se l’aereo fosse precipitato o esploso in volo, si sarebbero trovati frammenti a pelo d’acqua o, perlomeno, macchie di carburante in mare. Le informazioni che le autorità comunicarono di volta in volta alle famiglie dei dispersi apparvero contraddittorie. Lo testimoniarono gli articoli apparsi sulla stampa locale: “El Universal” di Caracas il 4 marzo titolava “Recuperato il cadavere del passeggero australiano del piccolo aereo incidentato – L’incidente sarebbe avvenuto molto vicino all’arcipelago Los Roques); e il giorno successivo, “Hanno localizzato a sud-est di Los Roques i resti del piccolo velivolo.” Ma il titolo del 14 marzo era molto diverso: “Avioneta desaparecida pudo ser secuestrada – Autoridades comienzan a descartar tesis del accidente” (L’aereo scomparso potrebbe essere stato sequestrato – Le autorità cominciano a scartare la tesi dell’incidente). Non è una novità, anche se per motivi “turistici”, se ne scrive il meno possibile. Ma le “isole della luce” si trovano in una zona in cui sono frequenti sequestri e incidenti aerei. Dal ‘97 a oggi i voli inghiottiti dal nulla, compreso l’ultimo del 4 gennaio, risultano essere 34. Per il più recente volo fantasma i fatti sono noti. Spariscono otto italiani, uno svizzero e tre venezuelani. Più i due piloti e, ovvio, l’aereo. Ma il 14 gennaio, al largo dello Stato venezuelano di Falcon, viene ritrovato un cadavere e non lontano (400 mt) il giubbetto salvagente usato dalla compagnia Transaven. Si tratta del cadavere del copilota Osmel Alfredo Avila Otamendi. L’autopsia stabilisce che la causa del decesso è avvenuta per contusioni. Il cadavere mostra lo sterno fracassato, è privo di quattro denti, ha lacerazioni su tutto il corpo e diverse fratture agli arti. Ma nei suoi polmoni non c’è acqua, segno che il copilota è morto prima di cadere in mare. Proprio come nell’incidente del ‘97. Proprio come l’australiano Robert Wood Bradley. Né quest’ultimo né il pilota dell’avioneta sono morti annegati. Stavano in acqua, ma non sono annegati. La mia amica channeller sostiene che negli ultimi anni tutti i demoni più pericolosi stanno nella luce e per questo non li vediamo. Sono fatti proprio di “luce oscura”, e qualcuno ogni tanto sulla Terra, qui e là, riesce a percepirli. Dilagano – dice lei – si moltiplicano e si nutrono della morte delle persone. Si concentrano laddove in ogni mare del modo esistono “isole della luce” e dove la gente si ammassa per tuffarsi nell’acqua e abbronzarsi sulla sabbia.Lo scrittore che vivacchia in me ne trae ispirazione. Il ricercatore vi si accosta con prudenza. L’uomo, un vecchio frammento residuale di materialismo storico, non vuole crederci. Ma nell’ottobre 2006 una donna italiana, incinta, era stata aggredita nella sua stanza d’albergo a Gran Roque e uccisa a pugni e calci. Demoni o uomini, a volte l’equazione è nulla. Ma da Malindi a Tobago, da Capo Verde a Sagres, “loro” continuano a colpire. “Con discrezione”, dice la mia amica channeller, “perché di quegli eventi purtroppo tragici, ma statisticamente nella norma, ci si dimentica quasi subito.” Sommersi dal Grande Fratello, dal super-euro e dalla più letale crisi economica della storia del mondo.

LOSTdi Danilo Arona

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24 MOVÍDAlife - n°9 - MAR Ø9

SONORA di Flavio GemmaHEAVy PSyCHO UNDERGROUND D’AUTORElegenDA

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STEVE WILSON“Insurgentes”KSscope 2009

FUTURE SOUND OF LONDON“Environments”“From the archives vol.5”Ebv 2008

Disco di maturità artistica ,è il loro sesto,per un gruppo lanciato a maggior fama sulla scena metal mondiale.Apriranno al “World Magnetic Tour”dei Metallica il prossimo giugno,proponendo questo albumche ritengo un disco imponente,sia per i riff travolgenti,sia per voce e aperture vocali,sia per botta ritmica che per maestranza tecnica. Stanno a cavallo tra tradizione e innovazione,anima metal e sound americano,come certosini maestri di umiltà e potenza,non fanno parte della scena glamour/carnevalesca ma rendono semprepiù grande il genere heavy…..

Progressive,modernità,liricità,astuzia,genialità,sprazzi di psichedelia immersi in eleganza visionaria, cito Pink Floyd e king Crimson ma anche i gotici/metal Opeth(dei quali Steve Wilson è stato produttore). Prodotto per reinventare la musica che troppe volte non compare in molti dischi,il nostro è un talento naturale,dedito a rendere grande e accessibile a tutti musica e poesia(anche apocalittica), senza dimenticare il mondo che ci circonda,tra chiaro/scuro, rosa e blu….

P.S. senza dimenticare i suoi Porcupine Tree.

Storica formazione di musica elettronica,reinventarono un genere fin dai primi anni novanta,insieme a for-mazioni come Orb,Orbital,klf,808 State. In pochi mesi di distanza licenziano due lavori che nulla aggiungono ai loro primi album (Lifeforms e Isdn fra gli altri),ma essendo già avanti vent’anni fa,oggi suonano sempre moderni, tra ambient e cibernetica,psichedelia elettronica e ritmi riverberati. Più vicini alla musica d’ambiente come lo furono pionieri del genere come gli storici Tangerine Dream, i FSOL virano la loro musica coltivata nell’underground londinese come solo i grandi della musica e dell’arte sanno fare. Neurali,per chi ama la fantascienza di Dick,Sterling o Gibson,videabili per chi ama un viaggio su Sirio. Ascoltare questi due album è come utilizzare una pacifica e stimolante esperienza neurale ai confini di qualche galassia interna,viaggiare con la fantasia alla ricerca di stimoli rilassanti o immaginando pianeti ricchi di vegetazioni colorate…..e magari con decisa calma,guardarci attorno e amare il nostro.

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MOVÍDAlife - n°9 - MAR Ø9 25

Julius e Sibilla Un amore dopo il Futurismodi Francesca Liotta

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Nell’incontro “FUTURISMO Avventura Di-namismo Rivoluzione” - tenutosi a Palazzo del Monferrato sabato 7 marzo scorso, a cura della sottoscritta e di Claudio Rolando. nell’ambito della mostra “900. Cento anni di creatività in Piemonte”( prorogata al 26 aprile e con la sezione del movimento fu-turista allestita nello stesso Palazzo, in Via San Lorenzo 21, che ospita il primo ‘900), si sono confrontati due grandi della cultura quali Delmo Maestri, saggista di letteratura italiana (intellighenzia alessandrina senza bisogno di presentazioni) e Francesco Te-deschi, docente di Storia dell’Arte Contem-poranea dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (esperto del rivoluzionario movimento di cui si continua a festeggiare in tutta Italia il centesimo anniversario). Nella sua relazione critica e documentaria, nella selezione delle proiezioni al pubblico, Tedeschi ha soffermato la sua attenzione anche su Julius Evola artista tra Futurismo e Dada e teorico dell’arte astratta, men-zionandone sia i trascorsi esoterici, sia i trascorsi amorosi con Sibilla Aleramo. Solo gli studiosi più dotti della scrittrice ales-sandrina (1867 - 1960) possono tenere un conto preciso e dettagliato delle sue innu-merevoli storie sentimentali e sicuramente

la fama – che si può azzardare a definire tragica, data l’appartenenza elitaria ad un anarchismo di estrema destra – del mae-stro filosofo nobile romano di origini sicu-lo - spagnole (1898 – 1974) va ben oltre all’abbandono dell’amante Rina Faccio (Si-billa Aleramo), la quale lo narra nel roman-zo epistolare del 1927 Amo dunque sono, in relatà dedicato a Giulio Parise (Luciano), giovane esoterista del cenacolo di Evola, amato dalla scrittrice fra il 1924 e il 1926. Nella ricostruzione cronologica che degli amori di Sibilla ha compiuto Bruna Conti – la quale ha lavorato al fondo Sibilla Ale-ramo lasciato da quest’ultima alla Fonda-zione Gramsci, collaborando con la studio-sa per eccellenza dell’Aleramo, cioè Alba Morino1 – Evola e Parise si accaparranno il primato amoroso nei due anni consecutivi 1925 (Julius Evola) "...il mago! Il giorno del-la presentazione s'era inchinato, con uno strano tremore visibile in tutto il volto (...) Io avevo detto a me stessa: "Costui mi vuo-le". Avevo soggiunto: "Perché‚ no?" ("Amo dunque sono",127) "...Disumano qual è, gelido architetto di teorie funambolesche, vanitoso, perverso, s'è trovato dinanzi a me come a cosa tutta viva, tutta schietta, mentre aveva fantasticato chissà... quale

avventura necrofila. E questa cosa tutta schietta l'ha turbato, l'ha commosso, se-gretamente..." ("Amo dunque sono",104) e 1926 (Giulio Parise) "...con la chioma di viola, col tuo sguardo d'aquilotto, col corpo perfetto che non ha voluto denudarsi per me e donarsi alla sete del mio..." ("Amo dunque sono",32) "...Mi dicesti che nor-malmente il rapporto fisico con la donna ti estrania da lei ancor più. Ma io voglio che il nostro amore sii più forte della tua 'nor-ma'..." ("Amo dunque sono",152). Facile orientarsi nella percezione di quello stesso circolo a cui appartennero, tra i rappresen-tanti dell’aristocrazia intellettuale esoteri-ca della Roma fascista, i due citati amanti, dove l’iconografia dell’impero, la scanda-losa Sibilla ravvisò addirittura negli occhi di uno e dove l’altro venne percepito quale agghiacciato ideatore di dottrine al limite della vertigine … ma, si sa, a lei erano care le vertigini amorose e poco le importava di attraversare disinvolta les élites della dit-tatura, per poi aderire nel dopoguerra al PCI. Julius Evola, il Maestro, rappresenta perfettamente la ricerca esasperata, quasi malata, di sé, traducentesi nell’autocela-brazione e nell’affabulazione proprie di Si-billa (poi stemperatesi nell’impegno sociale

dettato dalla fede comunista) nella misura in cuiil nostro, allontanatosi dedinitivamen-te nel 1923 (salvo mite ritorno una quaran-tina d’anni dopo) dall’arte - che lo aveva visto, tra l’altro, partecipe dell’Esposizione Nazionale Futurista di Milano e poi uno dei massimi esponenti del Dadaismo in Italia - diventò con la Teoria e fenomenologia dell’individuo assoluto (del 1927, lo stesso anno di Amo, dunque sono dell’Aleramo), il filosofo (ad oggi noto) della stessa esa-sperata ricerca di sé, autore di centinaia di pubblicazioni2. Non gli bastò la pittura, quel talento naturale che manifestò già dalla prima adolescenza, non gli bastaro-no le sostanze stupefacenti di cui fece uso in particolare nell’anno della sua intensa passione per Rina, si spinse alla magia, all’alchimia, al sovrarazionale, al tantrismo e poi fu filosofo. A Sibilla non bastò mai nulla, né l’amore – quando lo trovò – né la letteratura, né la politica. Julius aveva smesso di cercare i paesaggi interiori dei periodi futurista e dada, Rina continuava a cercare la sua anima in diversi corpi altrui. Iulius Evola e Sibilla Aleramo si cercarono e si trovarono, entrambi affamati di spiritua-lismo, menzogna forse romantica dell’ego-tismo.

Oltre che pubblicista feconda dell’Aleramo, ne ha curato la mostra itinerante realizzata anche a Palazzo Guasco, ad Alessandria, nel 2003, “Sibilla Aleramo, per pensieri per immagini”, in stretta collaborazione con l’I stituto Gramsci, Roma.

AlessandriaPALAZZO DEL MONFERRATO

via S. Lorenzo 21 Il Primo ‘900

Da Morbelli a Pellizza da Volpedo, Carrà, Chessa, Casorati

PALAZZO CUTTICAvia Parma 1

Alessandria oltre il ModernoDa Bozzetti a Morando, Porta,Marchelli e Maddalena Sisto

Novi LigureMUSEO DEI CAMPIONISSIMI

viale dei Campionissimi 2Il Secondo ‘900

Da Spazzapan a Merz, Mastroianni, De Maria, Salvo

Acqui TermeMOVICENTROvia Alessandria

La scultura e l’installazione contemporanea

Da Mainolfi a Grassino, Viale, Bolla, Todaro

ValenzaORATORIO SAN BARTOLOMEO

Piazza LanzaLe tempere, gli acquarelli

e i disegniDa Bistolfi a Pistoletto,

Boetti, Cremona, Paulucci

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nerdì dalle 15,00 alle 19,00. Sabato e domenica dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 15,00 alle 19,00.

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Due giorni. Questo è quel che il rapitore aveva detto. Due fottutissimi giorni. Nessun termine più preciso e Mancini non poteva certo perde-re tempo a domandarsi quale potesse essere. Il punto sulla situazione: non restava che tenere la notizia all’oscuro di tutti, fuorché di Sara che da quel momento sarebbe stata la sua unica collaboratrice. Tutto questo non rispettava il regolamento. Tutto questo avrebbe potuto ritor-cersi come un boomerang sulla sua vita, sulla sua carriera ormai all’epilogo. Coinvolgere al-tri avrebbe significato comprometterli. I minuti passavano e non c’era tempo da perdere. Il te-lefono squillò: «Sara. Ciao dimmi…». «Ho fatto la ricerca che mi avevi chiesto. Posso parlare?». «Certo». «Ho quattro casi patologici che possono fare al caso nostro. Tutti in provincia, natural-mente. Quattro uomini condannati per omicidio di donne, in nessuno dei casi si trattava di re-lazioni sentimentali, in due di questi il movente era passionale, amori non corrisposti, negli altri una sorta di vendetta trasversale e un omicidio e basta». «Cosa significa “un omicidio e basta”?». «Che non è stato definito un movente». «Chi è?». «Magari te lo dico di persona». «Dove?». «Al so-lito, alle 13». Mancini riagganciò e guardò l’ora: le dieci. Doveva fare quel che da qualche ora gli passava per la testa. Lasciò l’ufficio dicendo ad Accardi che sarebbe tornato prima possibi-le, di cercarlo sul cellulare in caso di necessità.

Poco dopo era davanti casa di Polito. Suonò a un campanello. «Chi è?». «Posta Signora!». Il por-toncino si aprì. Salì le scale senza troppa fretta e arrivò al pianerottolo del terzo piano, davanti alla porta dell’appartamento. Si assicurò che non ci fosse nessuno. La porta di fronte era senza spioncino. Tirò fuori il grimaldello e fece scatta-re la serratura. Un attimo e fu dentro. Richiuse lentamente la porta. La casa era già stata per-quisita, ma niente era sembrato pertinente alle indagini. Mancini si mise alla ricerca della busta, della lettera. Cercò ovunque. «Dove la mette una cosa così, uno che la riceve?». Lui ce l’aveva in tasca. Polito… no! Frugò dappertutto, fino a che, quasi inaspettatamente, fra le pagine di una rivi-sta: «Eccola!». Per un attimo gli occhi si velarono di lacrime di commozione. Stessa calligrafia, in apparenza, stessa busta. Non poteva restare lì. Questa volta si era premunito di guanti di lattice, prese la lettera e la mise in una bustina steri-le, quindi volò alla scientifica. Nessuno avrebbe mai potuto rilevare e comparare le impronte in meno di ventiquattrore, senza uno straccio d’in-dagine ufficiale. Non ci si poteva mettere di più, il resto del tempo sarebbe servito per trovare il maniaco. Qui entrano in gioco le amicizie. Quel Maggiore dei Carabinieri conosciuto quando era solo un giovane studente di biologia, poi rimasto amico e diventato “collega”. «Mario, ho bisogno del tuo aiuto». Tutto iniziò così. «Roberto, vedrò

cosa posso fare». Tutto finì così. Era il momen-to di coinvolgere Accardi, dopotutto si trattava di un fidato collaboratore. Dopo meno di un’ora l’ispettore era in autostrada direzione Parma, con due buste sul sedile della sua macchina pri-vata. Due fotocopie accurate erano fra le mani di Mancini che faceva anticamera nello studio del-la dottoressa Alessia Mantovani, perito calligra-fo. Passarono tre ore. Nel frattempo Mancini era stato all’incontro con Sara: «Francesco Cannis-sari. Si chiama così il tuo uomo». «Tu credi possa essere lui?». «Certo che no! È il più probabile dei quattro, ma non è detto che la bestia… sia… fra i quattro!». Tutto si stava svolgendo convul-samente, ma nel più accurato dei modi possibili. «Commissario! Il Maggiore mi ha detto che entro domani potremmo avere una risposta». Le lacri-me rigarono il volto dell’uomo. «Commissario?». «Sì, Accardi… grazie! Torna a casa. Grazie!». La dottoressa Mantovani ruppe gli indugi: «Non ci sono dubbi Commissario: si tratta della stessa grafia, della stessa mano». Era davvero possi-bile fare indagini in così breve tempo con questi esiti? Dove si sarebbe inceppato l’ingranaggio. Roberto si fermò a pensare alle conseguenze di tutto questo. Pensò che ormai quei due anni alla pensione se li sarebbe giocati così, con qualche abuso e qualche omissione. Una carriera al ven-to. «Si fotta la carriera!» pensò risoluto, versando lacrime sulla foto di Elena.

pulp geneRAtiOn • romanzo a puntate • Capitolo iX • Scritto da Mariangela ciceri

a cura di Angelo Marenzana

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Contratto di lavoro autonomoTEL. 0131 861402

AZIENDA DI RESTURO MOBILI AN-TIChI SEDE: GREMIASCO CERCA 4 PROCACCIATORI D’AFFARIRif . 16936REqUISITI RIChIESTI :Patente B - AUTOMUNITOE’ gradita una precedente espe-rienza, anche minima, nella stessa mansioneCONDIZIONI CONTRATTUALI:Contratto a progettoE’ previsto un pagamento su prov-vigione TEL. 0131 861402

AZIENDA GESTIONE APPAREC-ChIATURE ELETTRONIChE SEDE: VOLPEDO CERCA 1 PERITO ELET-TRONICO IN TIROCINIO Rif . 17070REqUISITI RIChIESTI :Età: 18/25 anniPatente BDiploma di perito elettronicoConoscenza di word. Excel e Inter-net Il candidato deve essere inoc-cupatoCONDIZIONI CONTRATTUALI:Tirocinio, part-timeTEL. 0131 861402RISTORANTE SEDE: CARBONARA SCRIVIA CERCA 2 CUOChI Rif . 17121REqUISITI RIChIESTI :

Età: 25/40 anniPatente B - AUTOMUNITOE’ necessaria una precedente espe-rienza nella stessa mansioneCONDIZIONI CONTRATTUALI:Contratto a tempo indeterminato, full-time TEL. 0131 861402

CONCESSIONARIA AUTO SEDE: TOR-TONA CERCA 1 APPRENDISTA MEC-CANICO AUTO Rif . 17139REqUISITI RIChIESTI :Età: 18/25 anniPatente B – AUTOMUNITOTecnico delle industrie meccaniche e dell’autoveicolo, perito industriale meccanico/metalmeccanico o opera-tore meccanicoCONDIZIONI CONTRATTUALI:Contratto di apprendistato, full-time Orario di lavoro: 8.30-12.30 e 14.30-18.30 Prospettiva di trasformazione del contratto a tempo indeterminato TEL. 0131 861402

AZIENDA EDILIZIA E AFFINI SEDE: TORTONA CERCA 1 LAUREATO/A IN GIURISPRUDENZA IN TIROCINIO Rif . 17184 REqUISITI RIChIESTI :Età: 18/30 anniPatente B – AUTOMUNITOConoscenza informatica: word, excel, Internet Il/la candidato/a deve essere inoccupato/a o non aver mai lavorato

nella stessa mansione Il/la candidato/a si occuperà della preparazione gare d’appalto, gestione contratti, gestione contenzioso pregiudizialeCONDIZIONI CONTRATTUALI:Inserimento lavorativo tramite breve periodo di tirocinio TEL. 0131 861402

AZIENDA EDILIZIA E AFFINI SEDE: TORTONA CERCA 3 LAUREATI IN INGEGNERIA ENERGETICA/ELETTRI-CA/INFORMATICA IN TIROCINIO Rif . 17187REqUISITI RIChIESTI :Età: 18/35 anniPatente B – AUTOMUNITOConoscenza informatica: word, excel, Internet, AUTOCAD Il/la candidato/a deve essere inoccupato/a o non aver mai lavorato nella stessa mansioneCONDIZIONI CONTRATTUALI:Inserimento lavorativo tramite breve periodo di tirocinio TEL. 0131 861402

AZIENDA EDILIZIA E AFFINI SEDE: TORTONA CERCA 1 LAUREATO/A IN ECONOMIA E COMMERCIO IN TIROCINIO Rif . 17189REqUISITI RIChIESTI :Età: 18/30 anniPatente B – AUTOMUNITOConoscenza informatica: word, ex-cel, Internet Il/la candidato/a deve essere inoccupato/a o non aver mai

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lavorato nella stessa mansioneIl/la candidato/a si occuperà del settore amministrativo: contabilità, gestione banche, redazione busi-ness planCONDIZIONI CONTRATTUALI:Inserimento lavorativo tramite breve periodo di tirocinio TEL. 0131 861402

PIZZERIA D’ASPORTO SEDE: TOR-TONA CERCA 1 PIZZAIOLO Rif . 17233REqUISITI RIChIESTI :Età: min 18 anniPatente B – AUTOMUNITOE’ richiesta una precedente espe-rienza, anche minima nella stessa mansione. CONDIZIONI CONTRATTUALI:Contratto a tempo determinato, 6 mesi, part-time Prospettiva di tra-sformazione del contratto a tempo indeterminatoOrario di lavoro: ven-sab-dom dalle 17.00 alle 21.00TEL. 0131 861402

AZIENDA SETTORE ChIMICO SEDE: CASTELNUOVO CERCA 1 IMPIEGATO/A D’UFFICIO IN TIRO-CINIO CON CONOSCENZA DELLA LINGUA INGLESE Rif . 17241REqUISITI RIChIESTI Età: 18/31 anniPatente B – AUTOMUNITOOttima conoscenza della lingua in-glese e preferibile conoscenza della lingua francese Buona conoscenza del computer: word, excel, InternetIl/la candidato/a deve essere inoccupato/a o non aver mai lavo-rato nella stessa mansione.CONDIZIONI CONTRATTUALI:Inserimento lavorativo tramite un breve periodo di tirocinioTEL. 0131 861402

AZIENDA METALMECCANICA SEDE: CASTELNUOVO SCRIVIA CERCA 2 COMMERCIALI PER L’ITALIA Rif . 17260REqUISITI RIChIESTI :Età: 23/30 anniPatente B – AUTOMUNITOConoscenza della lingua ingleseBuona conoscenza del computer: word, excel, Internet E’ richiesta una precedente esperienza, anche minima, nella stessa mansione Sono previste trasferte su tutto il territorio nazionaleCONDIZIONI CONTRATTUALI:Contratto a tempo determinato, 12 mesi, full-time Orario di lavoro: 8.00-12.30 e 14.00-17.30TEL. 0131 861402

AZIENDA METALMECCANICA SEDE: CASTELNUOVO SCRIVIA CERCA 1 COMMERCIALE ESTERO Rif . 17262REqUISITI RIChIESTI :Età: 25/30 anniPatente B – AUTOMUNITOOttima conoscenza della lingua inglese e francese Buona conoscenza del computer: word, excel, Internet E’ richiesta una precedente espe-rienza, anche minima, nella stessa mansione Sono previste trasferte in Francia e in Medio Oriente CONDIZIONI CONTRATTUALI:Contratto a tempo determinato, 12 mesi, full-time Orario di lavoro: 8.00-12.30 e 14.00-17.30 TEL. 0131 861402

SUPERMERCATO SEDE: VILLAL-VERNIA CERCA 1 BANCONISTA CON ESPERIENZA REPARTO MA-

CELLERIA Rif . 17272REqUISITI RIChIESTI :Età: min 19 anniPatente B – AUTOMUNITOE’ richiesta una precedente espe-rienza nella stessa mansione: con-trollo cella carne, proporre ai clienti tagli carne, formaggi, salumi, paneCONDIZIONI CONTRATTUALI: Con-tratto a tempo determinato, part-time Prospettiva di trasformazione del contratto a tempo indeterminato TEL. 0131 861402

AZIENDA SETTORE METALMEC-CANICO SEDE: TORTONA CERCA 1 AIUTO IDRAULICO IN TIROCINIO Rif . 17282REqUISITI RIChIESTI :Età:18/22 anni Il candidato deve essere inoccupato o non aver mai lavorato nella stessa mansioneCONDIZIONI CONTRATTUALI:Inserimento lavorativo tramite un breve periodo di tirociniTEL. 0131 861402

RISTORANTE SEDE: SAN SEBA-STIANO CURONE CERCA1 AIUTO CUOCO/A Rif . 17289REqUISITI RIChIESTI :Età min:18 anniPatente B automunitoE’ richiesta una precedente espe-rienza nella stessa mansione: im-piattare, condireCONDIZIONI CONTRATTUALI:Contratto a tempo determinato, 3 mesi, part time Prospettiva di trasformazione del contratto a tempo indeterminato Orario di la-voro: ven,sab,dom dalle 16.00 alle 22.00, dom dalle 10.00 alle 14.30TEL. 0131 861402

AZIENDA SETTORE ChIMICO SEDE: TORTONA CERCA 1 PERITO ChIMICO IN TIROCINIO Rif . 17298REqUISITI RIChIESTI :Età:18/30 anniPatente B automunitoDiploma di perito per la chimicaBuona conoscenza del computer: ex-cel, Outlook Express e Internet Explorer Conoscenza scolastica della lingua in-glese Il candidato dovrà essere inoc-cupato o non aver mai lavorato nella stessa mansioneCONDIZIONI CONTRATTUALI:Inserimento lavorativo tramite breve periodo di tirocinio TEL. 0131 861402

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MOVÍDAlife - n°9 - MAR Ø9

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Ciao sono una 38 enne briosa, spiritosa, esube-rante, fantasiosa, roman-tica. Nonostante queste mie caratteristiche non frequento discoteche, e la mia vita scivola tra il la-voro , le giornate a casa e le mie amiche di sempre. Sento il bisogno di avere un compagno al mio fian-co, per rimettere in gioco tutto l’amore dimenticato. Chiamami magari ne par-liamo! Tel. 340 1677410

47 anni, Annamaria una donna semplice, lunghi capelli e bellissimi occhi nocciola. Sono vedova e sola da molto tempo. In questi anni mi sono dedi-cata al lavoro lasciando in disparte le cose belle, le emozioni che la vita mi ha proposto. Ora vorrei pen-sare anche a me stessa; i ricordi restano ma non possono pesare sul mio futuro che desidero vive-re accanto ad un uomo gentile. Non ho figli e non mi pesa un rapporto con un uomo che li abbia. Tel. 346 0193577

50 anni sono alle porte e mio marito mi ha lasciato per una donna più giovane. Eppure mi sono guardata allo specchio con tutta la crudezza della sincerità, ed ho scoperto una don-na ancora bella, di classe, femminile . Mi sono sentita trascurata, mai capita…..così l’ho lasciato andare. Forse il tradimento lo capi-sce solo chi lo ha subito……o forse il tradimento ser-ve a conoscere meglio chi tanto tempo prima abbiamo sposato. Desidero conosce-re un uomo vero, sincero che consideri seriamente il rapporto con una donna. Tel. 338 7311688

42enne molto bella, medi-terranea, sensuale. Amo leggere, la natura sono sincera spontanea e diffi-cilmente accetto compro-messi con la vita e con l’amore. Cerco l’amore la passione, la sincerità di un “lui”rassicurante allegro che come me desideri un rapporto vero,solido, pro-fondo. Se ci sei…e se esi-sti… Tel. 347 2806237

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Antonio è un medico sulla cinquantina . Ama il suo lavoro e lo svolge con de-dizione e cura. Dopo una separazione vissuta male ha voluto staccare i fili con sentimenti, storie d’amore, ed implicazioni amorose. Superato quel momento de-sidera innamorarsi ancora di una donna dolce, femminile, seriamente intenzionata a vivere una storia d’amore coinvolgente e definitiva. Tel. 0131 235551

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MOVÍDAlife - n°9 - MAR Ø9 31

cOnsegnA il cOupOn A MAnO O peR pOstA pRessO:Redazione di MOViDA o presso la libreria Mondadori in Via trotti, 58 15100 Alessandria Oppure scrivi a [email protected]

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Hdi Assicurazioni Viale B. Ravenna, 8 la Bici Via Carlo Alberto 64Frisko Surgelati – C.so Acqui, 27Studi medici – Via de Amicis 2 angolo Corso Acqui - 1° pianoCinema Kristalli – Via Parini, 17 Ambulatorio Veterinario Cristo - Corso Acqui, 135Parafarmacia del Cristo Corso Acqui 160Veneta Arredi – Corso Acqui angolo Corso C. Marx, 149Centro Don Bosco/Centro formazione prof. CnOS – FAP Corso Acqui, 398

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Foto cine Chiariotti Via Don Canestri 1 Bar gipsy – Via Galvani, 12Crepes l’Avarizia Corso IV Novembre, 46edicola – Corso IV Novembreedicola – Piazza MentanaPanetteria – Via G. Galilei, 73Piazza Maino – Via G. Galilei, 91

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Bar Beppe – Viale M. Ignoto, 130Bar Intrigua – Viale M. Ignoto, 50Birreria gagliaudo – Via Bellini, 40edicola Sette – Via BelliniPalestra Pianeta sport Via Cilea, 11 ang. Via BelliniPolitecnico – Viale Michel, 5Amiu Alessandria – Viale Teresa Michel cancello BJamaica Pub – Piazza F. De Andrè (zona stadio moccagatta)Atm s.p.a. Lungo Tanaro Magenta, 7/A

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Ristorante Torino – Via Vochieri, 108l’Antica Caffetteria Via Milano, 4Andy – Corso Roma e Via Migliarale Muse Acconciatori Corso Roma, 85Marie Anne – Corso Roma, 65Provincia di Alessandria Assessorato al lavoro Corso Roma, 127Zogra Music Club Corso Roma, 123Adm ViaggiVia Trotti 18 ang. Via Alessandro IIIImmar casa – Via Dell’Erba, 7Beauty Drugstore Via Rattazzi, 6 ang. Via dell’Erbaedicola n°47 di Ranzan gianna – Via Bergamo, 45libreria Mondadori – Via Trotti, 58nuova Marengo Immobiliare Via Trotti, 73Provincia di Alessandria Centri di soggiornoVia Trotti, 122Otello dischi – Via Trotti, 25Colpo di Testa – Via Modena, 62 Palomino – Via Trotti, 8Mandragora – Via Legnano, 25garage autorimessaVia S. F. d’AssisiBar Turati – Via Gramsci, 1Repetto Intermediazioni Via Gramsci, 42Barber Shop – Corso Crimea, 61FunSlot - Pazzale Couriel presso stazione di AlessandriaYoga Shiatsu - Via Castellani, 11edicola Maccarone Piazza MarconiFor.Al – Corso 100 Cannoni, 4Sevencafè – C. 100 cannoni, 35 Tasso 1948 – C. 100 Cannoni, 66/cW-Dabliu – Via Mondovì, 4libreria University Via Mondovì, 1Bar Il Veliero – Via Cavour, 69Cgil – Via Cavour, 27Università degli studi del Piemonte Orientale - Via CavourPinet – Via Faà di Bruno, 69Prospettiva - Via Cremona, 5Circolo Culturale Matteotti Via Faà di Bruno, 39Cinema Alessandrino Via Verdi, 12la locanda dei Sapori Via Verdi, 38Ismail ristorante - via Cavourang. XXIV Maggio, 24Uisp – Via S. Lorenzo, 107Biblioteca Civica Piazza V. Veneto, 1Big Mama Bar – Via SavonaBrivido Caffè – Via BergamoHolliwood Bar – Piazza Carducci, 5Bar evergreen – Via Pistoia, 9edicola Fusetto – Via Tortonaedicola Parodi – Piazza MatteottiUil - Via fiume, 10Arco Sport – Corso Lamarmora, 35

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Alcar – Via Galimberti, 19/cCentro galimberti “la Casetta”- Via Galimbertiedicola – Piazza Basileedicola Pacto – S.to Marengo, 44edicola tabacchi Centro Comm. gli Archi – Via SclavoPalestre Pianeta Sport Via Don GiovineProvincia di Alessandria ass. ambiente Via, Galimberti, 2

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Palestra Somatos – Spalto Borgoglio, 65 interno cortileBar Mao – Spalto Borgoglio, 97Vineria Mezzo litro Corso Monferrato, 49gruppo Amag s.p.a.Via Damiano Chiesa, 18

fuORi cittA’luna Rossa – S.S. Bis dei Giovi, 35 Bosco MarengoPaglieri Sell System Via Industria Pozzolo FormigaroRistorante pizzeria Dell’Olmo CabanetteThunder RoadStrada Voghera Genestrello, 1 Codevilla (PV)Circolo Canottieri Tanaro Via V.dei Bagliani, 140Zona artigianale D3edicola Via Genova Spinetta M.goCentro Benessere Bella Vita Spinetta Marengo

VAlenzAMondialcar90 – Str. Prov. Per Pavia, 24 ValmadonnaBar Achille – Corso Garibaldi, 132Bar Alter ego – Corso Garibaldi, 84Bar Carpe Diem Via Del Castagnone, 46Bar Ceries – Via B. PartigianeBar garibaldi - Corso GaribaldiBar Principe – Viale Dante, 15Bar Ristorante Pomini Rossi Giardini A. MoroBar Teatro – Corso Garibaldi, 55Biblioteca Civica – P. 31 MartiriFashion Cafè – Corso Garibaldi, 118Mannauto centro Ford Via Faiteria, 4Osteria la Cantinetta Piazza Verdi, 5U.r.p. Comune di Valenza Piazza 31 Martiri

tORtOnACentro giovani OFF via CeretiBiblioteca com.le c.so Romita, 16Palazzetto sport p. UbertisPalestra Coppi v.le kennedy, 21Piscina com.le v. Dellepiane, 1Palestra Bianca v. GaribaldiStudio estetico Rivita, c.so Garibaldi, 19/AUffici territ. lavoro v. Piave, 6Bar Santa Caterina P. Malaspina, 1Bar gambrinus piazza Milano, 38nARA camicie str. Prov. per Viguzzolo, 2Agriturismo Vigna Santa S.S. n. 10 - San Giuliano V.libreria Mondadori v. Emilia

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