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Calcoli perturbativi in QED e in QCD Stefano Sinigardi 4 novembre 2009

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  • Calcoli perturbativi in QED e in QCD

    Stefano Sinigardi

    4 novembre 2009

  • Introduzione

    La maggior parte degli esperimenti in fisica subnucleare coin-volge lo scattering. Le teorie di campo che cercano di giustificarei risultati partendo da principi primi sono pertanto teorie che inprimo luogo devono permettere di calcolare sezioni durto. Maqui compare subito un problema: lespressione esatta che da` ori-gine a questi valori non e` nota nemmeno per i processi piu` sem-plici. Il meglio che si possa fare e` ottenere unespressione formalecome serie perturbativa e di essa calcolarne i primi termini. Adaiutarci nelloperazione intervengono i diagrammi di Feynman,ciascuno dei quali rappresenta un pezzo dellespressione prece-dente. In questo articolo vedremo come si utilizza questo metodoe quando e` possibile applicarlo alle teorie dellelettrodinamica edella cromodinamica quantistiche.

    I

  • II

  • Indice

    Introduzione I

    1 Lampiezza di transizione 1

    1.1 Le funzioni di Green . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 Lintegrale di percorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.3 Il funzionale generatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

    2 I diagrammi di Feynman 7

    2.1 Diagrammi di una teoria scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.1.1 La rivoluzione grafica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

    2.2 Le regole di Feynman . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112.2.1 Le regole di Feynman per una teoria scalare reale au-

    tointeragente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

    3 Lelettrodinamica quantistica 15

    3.1 Le regole di Feynman della QED . . . . . . . . . . . . . . . . 153.2 Alcune conseguenze dello sviluppo perturbativo della QED . . 17

    3.2.1 La regolarizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173.2.2 Scattering elettromagnetico troncato al primordine . . 173.2.3 La polarizzazione del vuoto . . . . . . . . . . . . . . . 203.2.4 La costante di accoppiamento . . . . . . . . . . . . . . 20

    4 La cromodinamica quantistica 23

    4.1 La QCD e lo sviluppo perturbativo . . . . . . . . . . . . . . . 234.2 La lagrangiana QCD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 264.3 Le regole di Feynman per la QCD . . . . . . . . . . . . . . . . 27

    III

  • 4.4 QCD perturbativa e QGP . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

    A La rappresentazione dinterazione 31

    A.1 Lo stato fondamentale nella rappresentazione di interazione . . 36

    B Il teorema di Wick 41

    C Il propagatore del fotone e la liberta` di gauge 43

    D Metodi di regolarizzazione 45

    D.1 La regolarizzazione con cut-off . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45D.2 La regolarizzazione dimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . 48D.3 Rinormalizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52

    Bibliografia 53

    IV

  • 1Lampiezza di transizione

    A differenza di quanto avviene in meccanica classica, in meccanica quan-tistica, anche partendo da uno stato esattamente definito, non possiamo pre-vedere il risultato di un esperimento. Cio` che possiamo calcolare sono, piu`semplicemente, le ampiezze di transizione, che quantificano la sovrapposizio-ne tra un certo stato finale e levoluzione dello stato iniziale: sono numericomplessi il cui modulo quadro da` la probabilita` che quel preciso risultatosia raggiunto, tra i tanti accessibili. Da questi valori viene ricavata infine lasezione durto differenziale.

    In teoria dei campi, similmente, dalle ampiezze di transizione si passa allostudio di operatori di evoluzione, che compongono la cosiddetta matrice S.Essi sono costruiti partendo da una Lagrangiana che rappresenta le particellein esame e le interazioni che possono subire.

    Un processo di scattering puo` essere descritto in questo modo: al tempot , molto prima quindi che avvenga qualsiasi interazione, possiamotrascurare per definizione le interazioni e considerare le particelle come li-bere: lo stato |() e` quindi un autostato dellHamiltoniana libera; lorinomineremo per comodita` in |i.

    Al tempo t +, molto dopo gli eventuali processi occorsi nellin-terazione, possiamo pensare di ritrovare un altro stato costante, un altroautostato della teoria libera che chiameremo |f. Come abbiamo gia` visto,in generale sono accessibili piu` stati finali a partire dalle stesse condizioniiniziali. Denoteremo pertanto con |(+) la sovrapposizione delle variecomponenti |f possibili.

    Definiamo ora un operatore S tale che

    |(+) = S|() = S|i

    1

  • Un elemento di questa matrice descrive pertanto lampiezza di probabilita`di transizione da uno stato |i ad uno stato |f, in modo che possiamo scrivere

    f |S|i = SfiLa Lagrangiana che descrive la teoria interagente, pero`, a parte alcuni ca-

    si particolari1, non e` mai trattabile analiticamente. Calcolare gli elementi diS si rivela pertanto essere estremamente complesso. Uno dei metodi di mag-gior successo per trattare alcuni problemi sfrutta le potenzialita` dellanalisiperturbativa.

    Classicamente, ci aspettiamo di poter sfruttare efficacemente una teo-ria perturbativa per descrivere piccole oscillazioni attorno ad un punto diequilibrio. Anche in meccanica quantistica questo principio resta valido, no-nostante compaiano fenomeni come il tunneling che ne possono inficiare lapraticita`; in teoria dei campi, infine, la questione si complica ulteriormente:il punto di equilibrio, identificabile come stato fondamentale del sistema ostato di vuoto in seguito ad eventuali ridefinizioni, puo` essere instabile inalcune configurazioni per effetti che sono discussi in Appendice A.

    Nonostante tutto, vedremo come la teoria perturbativa sia di fondamen-tale importanza per fare previsioni e verificare lelettrodinamica quantistica(QED) e alcune applicazioni della cromodinamica quantistica (QCD).

    Esistono diversi modi di applicazione degli sviluppi perturbativi. Unodei primi studiati, basati sulla rappresentazione dinterazione, e` riportatonellAppendice A. Richard P. Feynman [1918-1988], nella sua tesi di dotto-rato, ideo` il potente e rivoluzionario metodo dellintegrale sui cammini (PathIntegral), poi sviluppato nel testo scritto con A. Hibbs del 1965 [2].

    1.1 Le funzioni di Green

    Definiamo come funzioni di Green (o funzioni di correlazione) i valori diaspettazione nello stato fondamentale del prodotto di operatori (di campo,nel nostro caso) ordinati temporalmente:

    0|(t1)(t2)(t3) . . . (tN)|0 (t1 t2 . . . tN)Per estendere la definizione a tempi arbitrari, introduciamo il simbolo di

    ordinamento temporale T che agisce come segue:

    T(t1)(t2) {(t1)(t2) se t1 t2(t2)(t1) se t2 t1

    1Si riescono a risolvere esattamente solo teorie di campo interagenti con massimo duedimensioni [1]

    2

  • Possiamo allora definire la funzione di Green ad N tempi come

    GN(t1, t2, . . . , tN) = 0|T ((t1)(t2) . . . (tN)) |0

    La funzione di Green, nota anche come funzione di correlazione, rappre-senta lampiezza di probabilita` per una particella di propagarsi nellintervallodi tempo rappresentato (|0 rappresenta lo stato fondamentale).

    Ma perche dare questa importanza a |0 e perche ordinare temporalmente(T -prodotto) gli operatori? Il vuoto e` scelto perche e` lo stato di partenza dalquale creare qualsiasi altra configurazione con operatori di creazione e distru-zione; e` lunico stato di una teoria di campo invariante sotto trasformazioniappartenenti al gruppo di Poincare. Lordinamento temporale, invece, serveper facilitare il legame tra la funzione di Green e la matrice S, cos` comedescritto nellAppendice A, oltre che permettere di sfruttare il Teorema diWick riportato nellAppendice B

    1.2 Lintegrale di percorso

    Lintegrale di percorso nasce dal principio di sovrapposizione in meccanicaquantistica: quando un processo puo` avvenire in piu` modi, lampiezza totalee` la somma coerente delle ampiezze di ciascun modo.

    Se vogliamo calcolare lampiezza di transizione da uno stato |xa ad unostato |xb troviamo:

    |xa = stato per t = t1eiTH |xa = stato per t = t1 + Txb|eiTH |xa = ampiezza di transizione a |xb (1.1)

    Enunciamo per prima cosa le Regole di Feynman cos` come scritte da luistesso [5, 6]:

    1. la probabilita` di ogni evento e` data dal modulo quadro di unampiezzadi transizione in campo complesso

    2. questa ampiezza si valuta sommando tutte le possibili evoluzioni tem-porali

    3. il contributo probabilistico di ogni possibile evoluzione del sistemae` proporzionale ad eiS/h, dove S e` lazione legata a quella partico-lare dinamica, cioe` lintegrale della Lagrangiana su quel particolarepercorso.

    3

  • Per ottemperare alle richieste del secondo postulato e` pertanto necessariointegrare il contributo di ciascun percorso del terzo punto sullo spazio di tuttii possibili percorsi (evoluzioni) del sistema tra un dato stato iniziale ed unofinale. Lintegrale sui cammini, come si puo` notare, assegna a ciascun per-corso la stessa ampiezza; varia solo la fase. I percorsi bizzarri si annullanograzie a interferenze distruttive con altri cammini.

    Per un sistema generico, possiamo scrivere lampiezza totale di passaredallo stato xa ad xb come

    xb|eiTH |xa = U(xa, xb;T ) =

    tutti i percorsi

    ei(fase) =

    Dx(t)ei(fase) (1.2)

    Il simbolo Dx(t) e` semplicemente una convenzione per indicare la somma-

    toria su tutti i percorsi. Lintegrale di 1.2 e` un funzionale siccome associa aduna generica funzione x(t) un numero complesso (unampiezza). Cos` comeuna funzione ordinaria puo` essere integrata su un insieme di punti, un funzio-nale viene integrato su un set di funzioni. Per la misura di questo integralefunzionale si usa convenzionalmente la lettera D.

    La fase dellampiezza di transizione e` data dallazione lungo la traiettoria.

    Possiamo quindi scrivere, esplicitando h:

    U(xa, xb;T ) =

    Dx(t)eiS[x(t)]/h (1.3)

    La situazione diviene approssimativamente classica se il valore dellazio-ne e` molto grande rispetto ad h, quando cioe` h 0. Lazione classica S e`naturalmente definita come

    T0L dt dove 0 e T sono gli estremi temporali

    corrispondenti al percorso. In queste condizioni, levoluzione di un sistemae` governata dal principio di minima azione. La condizione S = 0 implicache traiettorie vicine a quella di minima azione contribuiscano allintegrale1.2 con fasi molto simili, quindi interferiscono in modo costruttivo. Al con-trario, vicino ad ogni traiettoria che non estremizza lazione, ve ne sono altrecon fase differente e che interferiscono distruttivamente. Quindi lintegralesara` dominato dal contributo di un piccolo insieme di traiettorie vicine allatraiettoria xc(t) di minimo.

    Ma vediamo meglio come avviene il passaggio alla teoria dei campi.

    Passando alle coordinate canoniche qi e pi = L/qi, e introducendo ladefinizione di Hamiltoniana come trasformata di Legendre della Lagrangiana

    H(pj, qj , t) =i

    qipi L(qj, qj , t)

    4

  • la 1.3, trascurando h, diventa:

    i

    Dq(t)

    Dp(t) exp

    [i

    T0

    dti

    qipi H(q, p)]

    (1.4)

    La formula 1.4 e` stata ricavata nella massima generalita` possibile. Do-vrebbe pertanto valere anche se viene applicato a una teoria quantistica deicampi. Se prendiamo unHamiltoniana di una teoria scalare interagente senzamassa abbiamo infatti:

    H =

    d3x H

    H = 12+ V ()

    Inserendo la definizione, similmente alle coordinate canoniche, di pi:

    pi(x, t) =

    t(x, t)

    possiamo riscrivere la densita` di Hamiltoniana precedente come

    H = 12pi2 +

    1

    2()2 + V ()

    Inserendo tutto in 1.4 si ottieneDDpi exp

    [i

    T0

    d4x(pi H(, pi)

    )]

    =

    DDpi exp

    [i

    T0

    d4x

    (pi 1

    2pi2 +

    1

    2()2 + V ()

    )](1.5)

    con la limitazione di integrazione per (x) da xa(x) per x0 = 0 a xb(x) per

    x0 = T . Con alcuni calcoli algebrici quali il completamento del quadrato elintegrazione successiva in Dpi, si puo` giungere alla forma preferita:

    b(x)eiHT a(x) = D exp [i T

    0

    d4xL]

    Per fare un uso efficace di quanto ottenuto finora, in [1, 3, 4] viene derivatoil metodo per calcolarsi la funzione di correlazione a partire dal funzionalegeneratore. Riportiamo solo il risultato:

    |T(x1)(x2)| = limT

    D (x1)(x2) exp [i TT d4x L] D exp [i TTd4x L

    ] (1.6)5

  • Siamo giunti quindi a legare lazione alla funzione di correlazione. Fi-nora lespressione ricavata non ha mai subito approssimazioni. Ma, comepreannunciato allinizio di questo elaborato, labbiamo ricavata in modo taleche fosse ideale per un calcolo perturbativo: dobbiamo solo decidere quantitermini tenere dello sviluppo di Taylor dellesponenziale.

    1.3 Il funzionale generatore

    Introduciamo ora un metodo piu` raffinato e compatto per calcolare lefunzioni di Green a partire dallintegrale di percorso.

    Per prima cosa definiamo la derivata funzionale in 4 dimensioni:

    J(x)J(y) = (4)(x y) or

    J(x)

    d4yJ(y)(y) = (x)

    si puo` notare come sia la generalizzazione a funzioni continue della regolaper vettori discreti ortonormali

    xixj = ij

    Per fare la derivata funzionale di espressioni complesse si seguono le regoleordinarie di derivazione per funzioni composte:

    J(x)exp

    [i

    d4yJ(y)(y)

    ]= i(x) exp

    [i

    d4yJ(y)(y)

    ]

    Loggetto fondamentale di questo formalismo e` il funzionale generatoredelle funzioni di correlazione che, per una teoria scalare reale, e` definitocome

    Z[J ] D exp

    [i

    d4x [L+ J(x)(x)]

    ]Le funzioni di correlazione del campo di KleinGordon di questo esempio

    possono quindi essere semplicemente calcolate prendendo la derivata funzio-nale del funzionale generatore. Per esempio, la funzione di Green a due puntie`

    0|T(x1)(x2)|0 = 1Z0

    (i J(x1)

    )(i J(x2)

    )Z[J ]

    J=0

    dove Z0 = Z[J = 0]. Ciascuna derivata funzionale mi abbassa un fattore nel numeratore di Z[J ]; imponendo J = 0 ritorniamo allespressione 1.6.

    6

  • 2I diagrammi di Feynman

    2.1 Diagrammi di una teoria scalare

    Proviamo a prendere il valore di aspettazione del T -prodotto di 4 campiscalari sul vuoto. Per il teorema di Wick [7] [Appendice B], gli unici terminiche sopravvivono sono quelli totalmente contratti, dato che quelli che con-tengono operatori non contratti hanno un valore di aspettazione sul vuoto(Vacuum Expectation Value VEV) nullo.

    0|T {I(x1)I(x2)I(x3)I(x4)} |0 = I(x1)I(x2)I(x3)I(x4)

    + I(x1)I(x2)I(x3)I(x4) + I(x1)I(x2)I(x3)I(x4)

    = DF (x1x2)DF (x3x4)+DF (x1x3)DF (x2x4)+DF (x1x4)DF (x2x3)(2.1)

    Considerando la complessita` gia` raggiunta in questi primi passaggi e pre-vedendo cio` che puo` succedere con tutti i termini che vengono generati dauno sviluppo perturbativo della 1.6, abbiamo la necessita` di trovare un meto-do ingegnoso per semplificarci il lavoro. Devessere questo cio` che ha pensatoRichard P. Feynman quando sviluppo` quelli che sono universalmente noticome i Diagrammi di Feynman [5, 6].

    Consideriamo il caso analizzato nella 2.1. Rappresentiamo x1, x2, x3 e x4con dei punti e ciascun propagatore come una linea che li congiunge. Allora,la 2.1 puo` essere rappresentata come somma di 3 diagrammi:

    7

  • 0|T {I(x1)I(x2)I(x3)I(x4)} |0 =

    x3

    x1

    x4

    x2

    +

    x3

    x1

    x4

    x2

    +

    x3

    x1

    x4

    x2

    I diagrammi di Feynman qui riportati favoriscono linterpretazione dellateoria: due particelle sono create in due punti dello spazio-tempo, si propa-gano verso altri due punti e qui sono distrutte. La 2.1 descrive il processocome una somma di 3 termini ciascuno contenente due propagatori, che quisono rappresentati come traiettorie, tutte quelle possibili per collegare i puntia due a due.

    2.1.1 La rivoluzione grafica

    Come si puo` anche vedere in maniera approfondita nellAppendice A, lamatrice di scattering e` strettamente legata alle funzioni di Green. Il risultatoa cui si giunge, molto comodo per uno sviluppo perturbativo, e` il seguente:

    |T(x)(y)| = limt

    0|T{I(x)I(y) exp

    [i t

    tdt1HI(t1)

    ]}|0

    0|T{exp

    [i t

    tdt1HI(t1)

    ]}|0

    (2.2)

    Proviamo, ora che ne abbiamo gli strumenti, ad analizzare il numeratore

    8

  • della 2.2. Espandiamo per prima cosa lesponenziale come serie di Taylor:

    0T{I(x)I(y) exp

    [idtHI(t)

    ]} 0 =0T{I(x)I(y) + I(x)I(y)

    [idtHI(t)

    ]+ . . .

    } 0 (2.3)Il primo termine dello sviluppo, per quanto gia` visto, risulta essere il

    propagatore di Feynman per una teoria libera:

    0|T {I(x)I(y)} |0 = DF (x y)

    Il secondo termine, invece, inserendo la definizione di densita` di Hamilto-niana, diventa:

    0T{I(x)I(y)(i)

    dtHI(t)

    } 0 =0T{I(x)I(y)(i)

    dt

    d3z

    4!4(t, z)

    } 0 =0T{I(x)I(y)

    i4!

    d4z(z)(z)(z)(z)

    } 0Applichiamo Wick 2.1 e vediamo come ottenere i termini totalmente con-tratti dai 6 campi presenti nel precedente risultato: fortunatamente, saremofacilitati dal fatto che dentro lintegrale abbiamo solo dei (z) che quindidaranno risultati identici tra loro quando utilizzati.

    Se contraiamo (x) con (y), restano tre modi di contrarre i (z) tra

    loro: (z)(z)(z)(z), (z)(z)(z)(z) e (z)(z)(z)(z), ciascuno deiquali da` unespressione identica, per quanto appena detto. Lunica altrapossibilita` realizzabile e` quella di contrarre (x) con un (z), (y) con unaltro (z) e i due restanti (z) tra loro; si puo` verificare che essa e` realizzabilecon 12 combinazioni che danno identici risultati.

    0T{I(x)I(y)

    i4!

    d4z(z)(z)(z)(z)

    } 0 == 3

    (i4!

    )DF (x y)

    d4zDF (z z)DF (z z)+

    + 12

    (i4!

    )d4zDF (x z)DF (y z)DF (z z) (2.4)

    9

  • Proviamo ancora a disegnare x, y e z come dei punti e i propagatori comedelle linee di collegamento.

    x y z (2.5)

    DF (x y) e` una linea che collega y ad x. I due DF (z z) sono invecedue linee che ritornano nel punto di origine.

    zx y (2.6)

    Il diagramma 2.6 invece rappresenta le 12 combinazioni possibili del se-condo termine di 2.4.

    Dora in poi chiameremo i punti dove piu` linee si congiungono, come adesempio in z, dei vertici e le linee dei propagatori.

    Gli ordini successivi dellespansione in serie dellesponenziale sono sem-pre piu` complessi, ma ora, con i diagrammi di Feynman, siamo in grado divisualizzarli. Possiamo quindi dire che il numeratore della 2.2 e` la somma ditutti i possibili infiniti diagrammi con due punti esterni, x ed y.

    Diversamente dallapproccio avuto finora, si preferisce quasi sempre farei calcoli nello spazio dei momenti. E` necessario introdurre a questo fine latrasformata di Fourier del propagatore di Feynman:

    DF (x y) =

    d4p

    (2pi)4eip(xy)

    i

    p2 m2 + i (2.7)

    Percio`, quando in un vertice abbiamo quattro linee che si incontrano,facendo di ciascun propagatore la trasformata di Fourier resta lintegrale:

    d4zeip1zeip2zeip3zeip4z = (2pi)4(p1 + p2 + p3 + p4)

    In altre parole, abbiamo ritrovato un principio che ci aspettavamo divedere se la teoria ottenuta avesse senso fisico, la conservazione del momentoin un vertice.

    Come si puo` vedere in 2.5, abbiamo due tipi di diagramma di Feynman:connesso e sconnesso. Sconnessi sono tutti quei diagrammi che non hannolinee che li congiungono ad uno dei vertici esterni (in quel caso x ed y). Conun complesso calcolo sviluppato sui principali testi di teoria dei campi, alcunidei quali riportati nella bibliografia di questo articolo, si puo` dimostrare chetutti i diagrammi sconnessi vengono eliminati dal denominatore della 2.2.

    10

  • Possiamo quindi concludere scrivendo che

    |T {(x)(y)}| =

    somma di tutti i diagrammi connessi aventi due punti esterni

    = x y +z

    x y +z1 z2

    x y

    + x y + . . .

    2.2 Le regole di Feynman

    Feynman formulo` delle prescrizioni per calcolare lampiezza di transizioneassociata a ciascun diagramma, partendo dalla Lagrangiana che descrive lateoria di campo. In questo modo era possibile partire dal disegno graficodellevento allordine fondamentale e del suo sviluppo perturbativo e da essiricavarne i termini algebrici, invece che sfruttare i diagrammi solo per unavisualizzazione piu` chiara del termine ricavato dalla 2.2. Queste prescrizionisono note come Regole di Feynman.

    Ciascuna linea interna corrisponde ad un fattore legato al propagatoredella particella virtuale; ciascun vertice da` un fattore derivato dal termine diinterazione; le linee entranti ed uscenti devono essere funzioni che trasportanolenergia, il momento e lo spin delle particelle reali coinvolte nellinterazionestudiata.

    E` forse necessario ripetere che le particelle non scelgono un particolarediagramma ogni volta che interagiscono: e` la somma di tutti i diagrammipossibili, accessibili secondo le regole fisiche, a rappresentare un qualsiasievento di scattering o decadimento analizzato. Quando vogliamo calcolareunampiezza di transizione dobbiamo percio` rappresentare tutti i diagrammifino allordine (dello sviluppo di Taylor) desiderato e quindi costruire le equa-zioni tipo 2.3 assemblandole con i principi fondamentali forniti dalle Regoledi Feynman.

    Si puo` facilitare ancora di piu` il lavoro con un po di esperienza sulleLagrangiane: dopo poco basta labitudine per riuscire a leggere direttamenteda L la struttura dei propagatori e dei vertici, i pezzi fondamentali di questoLego da costruire [8].

    Interpretando lequazione di Schrodinger come unequazione di diffusione,si riesce a spiegare il successo di questo nuovo metodo anche in meccanica sta-

    11

  • tistica, a sua volta rientrata prepotentemente negli studi di fisica particellare[9].

    2.2.1 Le regole di Feynman per una teoria scalare reale

    autointeragente

    Proviamo a ricavare le regole di Feynman analizzando una teoria scalarereale autointeragente di tipo 4, la piu` semplice possibile.

    Dalla parte libera dellazione si puo` ottenere il termine per il propagatoredella particella:

    iS0[] = i

    dx

    1

    2

    {g(x)(x)m22(x)

    }

    facciamo la trasformata di Fourier dei campi

    =i

    2

    d4x

    [gdke

    ikx(k)

    dqe

    iqx(q)

    m2dkeikx(k)

    dqeiqx(q)

    ]=

    =i

    2

    d4x

    [gdk (ik) eikx(k)

    dq (iq) eiqx(q)

    m2dk dq eikx(k)eiqx(q)

    ]=

    =i

    2

    dk dq

    [(gkq) (k)(q)(2pi)4(k + q)

    m2(k)(q)(2pi)4(k + q)]=

    =i

    2

    dk(2pi)4

    [gkk(k)(k)m2(k)(k)

    ]=

    =i

    2

    dk(2pi)4(k)

    (k2 m2) (k) (2.8)

    Invece per la parte che descrive linterazione abbiamo i termini da asso-

    12

  • ciare ai vertici:

    iV [] = i4!

    dx4(x) =

    =i4!

    d4x

    dk1e

    ik1x(k1)

    dk2e

    ik2x(k2)dk3e

    ik3x(k3)

    dk4e

    ik4x(k4) =

    =i4!

    dk1 dk2 dk3 dk4 (k1) (k2) (k3) (k4)

    (2pi)4(k1 + k2 + k3 + k4) =

    =i4!

    4j=1

    dkj (kj) (2pi)

    4(k1 + k2 + k3 + k4) (2.9)

    Riassumendo, per una teoria scalare reale autointeragente abbiamo rica-vato le seguenti regole di Feynman:

    il propagatore e` uguale allopposto dellinverso delloperatore cinetico,che per questo caso di campo scalare e` loperatore (k2 m2) di KleinGordon

    k

    1

    k2 m2 + i

    il vertice in cui si congiungono quattro propagatori e` codificato neltermine del potenziale di interazione nello spazio dei momenti

    xi4!

    la conservazione del momento in un vertice e` anchessa codificata neltermine del potenziale e si esprime con il dei momenti, presi conven-zionalmente col segno positivo se entranti

    (2pi)4 (k1 + k2 + k3 + k4)

    13

  • 14

  • 3Lelettrodinamica quantistica

    3.1 Le regole di Feynman della QED

    In modo completamente analogo a quanto fatto nel paragrafo 2.2, possia-mo riformulare tutto il discorso partendo da Lagrangiane diverse. Se infattisfruttiamo una Lagrangiana di Yukawa riusciamo a descrivere linterazionedi un campo spinoriale complesso di Dirac con un campo scalare reale diKleinGordon.

    Possiamo anche provare con un modello teorico di campo completamenterealistico: lelettrodinamica quantistica (QED) spinoriale, ovvero la teoriaLorentzcovariante la cui densita` di Lagrangiana e` data da:

    LQED = 14F F +

    (1

    2i/ M + e /A

    ) (3.1)

    Essa descrive le interazioni tra un campo spinoriale materiale quantizzato eun campo vettoriale non massivo che descrive la radiazione elettromagnetica.

    Si puo` notare subito che, oltre ad essere covariante per trasformazioni diLorentz, LQED e` anche invariante per simmetrie di gauge locali del tipo

    A(x) A(x) = A(x) + f(x)(x) (x) = exp {ie f(x)}(x)(x) (x) = (x) exp {ie f(x)}

    dove f e` una funzione reale arbitraria.A causa di questa liberta` di gauge, il propagatore per il potenziale vet-

    tore non e` di facile derivazione; se infatti procediamo con il solito metodo,giungiamo al risultato mostrato in Appendice C: il termine cinetico non e`invertibile. Per risolvere il problema si introduce un termine di gauge fixing :

    Lgf = A(x) B(x) + 12 B2(x) (3.2)

    15

  • Questo termine permette di invertire lazione e di scrivere pertanto il ter-mine per il propagatore di Feynman di una teoria vettoriale (massiva ponendom 6= 0) interagente, noto come propagatore di Stuckelberg:

    DF =i

    (2pi)4

    dk

    exp{i k x}k2 m2 + i

    {g + (1 )kk

    k2 m2 + i}

    (3.3)

    Il prezzo da pagare e` stato lintroduzione di un campo B ausiliario nonfisico. Questo andra` eventualmente escluso dal settore fisico della teoria, inmodo da garantire la possibilita` di fare previsioni con i diagrammi di Feyn-man. La condizione per poterlo escludere dalla teoria e` imporre la non esi-stenza dei quanti di B. Purtroppo, in una teoria interagente questo requisitonon e` banale da esaudire.

    Lavorando con lo stesso procedimento sulla Lagrangiana definitiva dellaQED, possiamo scrivere finalmente le regole di Feynman:

    vertice:x ie

    propagatore del fotone:

    k g i

    k2 + i

    propagatore dello spinore:

    p

    i(/p+M)

    p2 M2 + i

    conservazione del momento ad ogni vertice

    q

    pk

    (2pi)4(p+ q + k)

    integrazione su ciascun momento interno:d4p

    (2pi)4

    un fattore (1)n deve essere incluso nel calcolo dellampiezza di undiagramma contenente n loop fermionici

    16

  • 3.2 Alcune conseguenze dello sviluppo per-

    turbativo della QED

    3.2.1 La regolarizzazione

    Le regole di Feynman, come visto nel paragrafo precedente, portano adintegrali sui momenti interni. Questo sempre per il principio del path integral:tutti i modi possibili vanno sommati e un momento interno non ha alcunvincolo derivante dalle condizioni esterne.

    Ma un integrale su un loop, cos` come viene chiamato un percorso chiusoin un diagramma di Feynman, porta ad espressioni palesemente divergenti.Queste divergenze che dobbiamo affrontare sono dovute al comportamentonon integrabile della funzione integranda per momenti elevati: sono ledivergenze ultraviolette delle teorie di campo quantistiche. Un altro tipo didivergenze, dovute a delle singolarita` nellespressione, compaiono nelle teoriecome la QED che prevedono particelle non massive: i fotoni, infatti soffronoanche di divergenze infrarosse, per momenti tendenti a zero.

    Per dare significato matematico e predittivo alle teorie, e` necessario ri-muovere questi termini problematici. Per questo scopo sono stati studiatimetodi di regolarizzazione al fine di riottenere integrali convergenti.

    Non sara` nostro scopo in questa relazione trattare approfonditamentequesti temi, ma una veloce descrizione dei metodi di regolarizzazione piu`diffusi per le divergenze ultraviolette si puo` trovare nellAppendice D.

    3.2.2 Scattering elettromagnetico troncato al primor-

    dine

    Ora che abbiamo familiarita` con i diagrammi fondamentali, possiamomostrare qualche utile applicazione dello sviluppo perturbativo. Se la teoriae` corretta, infatti, tutti i processi fondamentali, quale ad esempio quello delloscattering di un elettrone su di una particella pesante rappresentato in figura3.4, hanno delle correzioni di ordine superiore.

    e

    e

    (3.4)

    17

  • Quanti piu` ordini di sviluppo consideriamo, tanto piu` ci avviciniamo alladescrizione del processo reale. In figura 3.5 abbiamo riportato, a titolo de-sempio, i diagrammi al secondo ordine perturbativo descritti dallequazione2.2, relativi al processo fondamentale 3.4.

    e

    e

    e

    e

    e

    e

    e

    e

    (3.5)

    La correzione allordine della sezione durto viene quindi dallinterfe-renza tra i diagrammi del secondo ordine 3.5 e quello del livello fondamentale3.4. Ci sarebbero da considerare altri diagrammi, originati dai loop sui pro-pagatori del campo esterno, ma possono essere trascurati nel limite che laparticella sia molto piu` pesante dellelettrone (abbiamo visto che la massaappare al denominatore del propagatore1).

    Dei quattro diagrammi in 3.5, il primo, noto come correzione di vertice,e` il piu` intricato e causa effetti collaterali, come il momento magneticoanomalo dellelettrone ottenuto in via teorica da Julian Schwinger nel 1947[10]. Basandosi sui successi di questi primi risultati, le generazioni successivedi fisici migliorarono laccuratezza sia teorica che sperimentale delle misuredi questo parametro. I calcoli allordine 2 e successivi, naturalmente, sonomolto complessi dal punto di vista teorico dovendo trattare sistematicamentecon divergenze ultraviolette. Questi calcoli teorici sono stati confermati daesperimenti sempre piu` raffinati. Si ricordano, ad esempio, in letteratura latecnica ideata da Dehmelt e i suoi collaboratori, che consisteva nello studio di

    1Fisicamente, la particella pesante accelera di meno e quindi irraggia meno durante lacollisione

    18

  • stati eccitati risonanti di spin per elettroni intrappolati da campi elettrostaticie magnetostatici [11].

    Il secondo e il terzo diagramma sono delle correzioni sui rami esterni:cos` come i diagrammi sconnessi rappresentano lautointerazione del vuotodella teoria, questi termini vengono recuperati nella ridefinizione di stato diparticella singola nella rappresentazione di interazione (Appendice A). Sic-come questi diagrammi sono slegati dal processo di scattering vero e proprio,li possiamo escludere dal calcolo degli elementi della matrice S. Questoprocedimento e` chiamato amputazione.

    Lultimo diagramma e` chiamato polarizzazione del vuoto. E` sicuramen-te il piu` complesso da trattare e ne accenneremo brevemente nel prossimocapitolo.

    Lo studio di queste correzioni, come abbiamo visto, e` complicato dalla lo-ro mal definizione, a causa delle divergenze ultraviolette nellintegrazione delmomento dei loop. I primi tre diagrammi includono anche divergenze infra-rosse (k 0) che si possono cancellare includendo nei conti i diagrammi 3.6di bremsstrahlung di fotoni di basso momento. Non andremo ad analizzarele ragioni teoriche, limitandoci a dire che sono riportate nei testi di teoriadi campi citati in bibliografia oppure in qualsiasi altro manuale equivalente.Possiamo comunque specificare che sperimentalmente sono ben accetti, da-to che risulta impossibile distinguere questi fotoni aggiuntivi dalle particellenello stato finale, date le loro condizioni di collimazione e basso momento.

    e

    e

    e

    e

    (3.6)

    Calcoli di ordine elevato in QED sono stati portati avanti per molte altrequantita`: energie di transizione nellatomo di idrogeno e negli atomi idroge-noidi, il momento magnetico anomalo del muone, i tassi di decadimento delpositronio negli stati di singoletto e di tripletto. Molte di queste quantita`sono state anche misurate sperimentalmente con ottima precisione.

    I risultati sono sorprendenti: i valori calcolati sperimentalmente e quelliottenuti dal calcolo teorico combaciano oltre ogni ragionevole aspettativa. Inbase ai risultati presentati in letteratura (citiamo solo come esempio larticoloriassuntivo su questi risultati di T. Kinoshita contenuto in [12]) e` possibiledire che la QED e` la teoria fisica confermata sperimentalmente in modo piu`stringente, nonche quella che ha avuto il maggior successo.

    19

  • 3.2.3 La polarizzazione del vuoto

    Gli effetti dellultimo diagramma di 3.5 sono quelli di ridefinire il poten-ziale coulombiano. Queste correzioni radiative sono chiamate potenziale diSerber-Uehling [13, 14].

    Possiamo interpretare i risultati come dovuti allo screening: quando dueparticelle cariche, ad esempio due elettroni, sono ad una distanza della lun-ghezza donda Compton e = h/mec, lemissione e il riassorbimento di coppiee+e trasforma il vuoto in un mezzo dielettrico con la conseguenza che lacarica apparente e` inferiore alla carica nuda e0. A distanze inferiori incomin-ciamo a penetrare la nube di polarizzazione del vuoto e rileviamo una caricasempre maggiore.

    Questo fenomeno e` noto come effetto di polarizzazione del vuoto ed e`stato verificato anche in esperimenti recenti come LEP.

    3.2.4 La costante di accoppiamento

    Come abbiamo visto nel paragrafo 3.1, la carica elettrica rientra nelladefinizione di vertice attraverso la costante di accoppiamento tra campi.La variazione della carica elettrica misurata in funzione della scala di energiadellevento fa s` che non sia una costante. Si parla in questo casi di runningcoupling constant, definizione alla base dellapparato matematico noto comegruppo di rinormalizzazione.

    Se la costante di accoppiamento e` 1 la teoria e` detta debolmenteaccoppiata. La QED e` una di esse e quindi e` ben descritta da unespansionein serie di potenze della costante daccoppiamento. Ma se fosse dellordinedellunita` o piu`, la teoria sarebbe detta fortemente accoppiata, rendendo vanoqualsiasi sforzo di descriverla tramite teorie perturbative (e` un problema cheincontreremo parlando della QCD).

    Introduciamo il parametro come rapporto tra la variazione della co-stante daccoppiamento e la variazione dellenergia nel centro di massa del-levento. Se = 0 allora la teoria e` indipendente dalla scala di energia inesame.

    Vediamo che la QED ha una funzione positiva: laccoppiamento cresceal crescere dellenergia; in particolare a basse energie 1/137 mentrealla scala di energia del bosone Z ( 90 GeV), misurate a LEP, si trova 1/127. Inoltre si trova come la costante daccoppiamento continui acrescere, secondo la teoria perturbativa, con la relazione

    (Q2)=

    (2)

    1 (2)3pi

    log(Q2

    2

    ) (3.7)20

  • fino a diventare una teoria fortemente accoppiata (Polo di Landau) ( (2) e`un valore di riferimento ad un energia arbitraria, Q e` lenergia delleventoin esame).

    In realta`, non si puo` pretendere che uno sviluppo perturbativo sia validoanche con una costante daccoppiamento troppo elevata e quindi e` possibileche il polo di Landau sia semplicemente un artefatto dellapplicazione dellateoria perturbativa in una situazione nella quale non e` piu` valida [15].

    21

  • 22

  • 4La cromodinamica quantistica

    4.1 La QCD e lo sviluppo perturbativo

    Nel capitolo precedente ci siamo dedicati allo studio della Lagrangianadellelettrodinamica quantistica, ovvero le interazioni tra cariche elettrichemediate da fotoni.

    In natura esistono altri tipi di forze fondamentali descritti da altrettanteLagrangiane, che poi possono essere combinate per costituire quello che e`noto come Modello Standard [16, 17, 18, 19].

    Se nei diagrammi 3.5 sostituiamo gli elettroni con dei quarks, non sor-ge alcun problema: anche i quark possiedono carica elettrica e quindi uneventuale loro processo di scattering deve includere questi fattori. Ma, acomplicare la situazione, intervengono anche i gluoni, mediatori della forzaforte:

    23

  • q

    q

    q

    q

    q

    q

    (4.1)

    In 4.1 abbiamo riportato i tre nuovi diagrammi del livello fondamentaleche si vanno ad aggiungere ai precedenti 3.5. Da notare che non abbiamoancora modificato linterazione con il campo esterno, mediato da un fotone.

    Come prima, dobbiamo anche sommare i diagrammi che includono laradiazione di gluoni collimati di basso momento, che sarebbero difficilmentedistinguibili dal segnale delle particelle e che si rivelano essere indispensabiliper la rinormalizzazione della teoria:

    q

    q

    q

    q

    (4.2)

    A livello computazionale, verrebbe da pensare che si tratti di sostituiresolo qualche parametro, come la costante di accoppiamento QED con S e lacarica elettrica con quella di colore. Purtroppo non e` cos` semplice: il gluonestesso e` un portatore di carica, diversamente dal fotone, e svolge percio` ildoppio ruolo di radiazione e radiatore, modificando continuamente la suacarica e quella delle particelle colorate coinvolte.

    Si puo` gia` intravedere la complicazione che puo` nascere da queste pre-messe: esistono infatti nuovi diagrammi tipo 4.3, non presenti in QED.

    24

  • (4.3)

    Soprattutto, in QCD ce` il grave problema della grandezza della costantedaccoppiamento.

    In una teoria non abeliana come la QCD, la funzione puo` anche esserenegativa, cos` come dimostrato da Wilczek, Politzer e Gross [20, 21, 22, 23]che con questi articoli presero il Nobel nel 2004; il risultato e` che laccop-piamento decresce ad alte energie. Ed e` proprio questo il comportamentorivelato dagli esperimenti di QCD. Lanalisi degli ordini superiori dei dia-grammi di Feynman per il propagatore del gluone porta a questa formulaper la running coupling constant S della forza forte:

    S(Q2)=

    S (2)

    1 + S(2)

    12pi(33 2nf ) log (Q2/2)

    (4.4)

    Il coefficiente al denominatore ha segno opposto a quello della QED 3.7a meno che non si sia in un mondo con piu` di 16 sapori per i quark (e gliesperimenti non sembrano concordare con questa ipotesi).

    Questo significa che a distanze molto ravvicinate, come ad esempio i quarkallinterno del nucleo oppure in uno scattering ad energie molto elevate, laforza forte praticamente scompare e permette ai quark di muoversi comeparticelle quasi non interagenti. Questo fenomeno e` chiamato liberta` asinto-tica. Possiamo pertanto sfruttare le teorie perturbative solo in alcuni rangedi energia.

    La liberta` asintotica e` dunque un concetto perturbativo. Ma la ricerca diquark e gluoni liberi continua a dare risultati insoddisfacenti. Si puo` pertantocapire come la teoria perturbativa della cromodinamica quantistica debbaprocedere differentemente da quella della QED. La matrice S di scatteringe la sezione durto per particelle isolate in QCD svaniscono, sostituite dadinamiche di stati legati. Questa e` lipotesi del confinamento, che esulacompletamente dalle possibilita` delle teorie perturbative. Per questo motivola pQCD (perturbative QCD) si e` sviluppata molto lentamente, spesso vistacon molto scetticismo.

    Quando infatti studiamo uninterazione tra particelle che subiscono laforza forte, non possiamo descrivere solo il processo a corte distanze (alteenergie): dobbiamo considerare anche quando la distanza non e` piu` suffi-ciente a garantire una costante daccoppiamento 1. Una trattazione solo

    25

  • perturbativa di un fenomeno QCD ad alte energie, pertanto, trascura questoproblema.

    Le regole della pQCD sono costruite in modo analogo alle regole di Feyn-man per la QED presentate nei capitoli precedenti, pur tenendo conto di tuttele novita` descritte finora. Laccoppiamento molto forte della QCD, anche adalte energie, in confronto a quello debole della QED fa s` che sia necessarialinclusione di piu` ordini di diagrammi di Feynman per raggiungere un parigrado di precisione.

    Siccome la QCD rimane una teoria insoluta, priva di un unico metododi appossimazione valido a qualsiasi scala di energia, la giustificazione perluso della QCD perturbativa e` in mano ai ricercatori di ciascun esperimento.Lalternativa, molto utilizzata al giorno doggi grazie alla notevole evoluzio-ne dei computer che lha resa possibile, e` data dai calcoli su reticolo (latticeQCD), lunico metodo per fare calcoli quando la costante daccoppiamentonon permette uno sviluppo perturbativo [24, 25, 26]. Nel tempo, e` diventatochiaro che la pQCD descrive in modo accurato un ampio spettro di espe-rimenti ad alta energia e di grande momento trasferito; in questo ristrettoambito si e` sviluppata e ha dimostrato dessere uno strumento indispensabileper gli studi delle interazioni forti. Rimane molto complessa da trattare lazona di energie nella quale gli aspetti perturbativi e non-perturbativi dellateoria si sovrappongono.

    4.2 La lagrangiana QCD

    La Lagrangiana completa gauge-invariante della QCD deve descrivere lacinematica dei quanti del campo forte (gluoni), delle particelle elementarimateriali (quark) e le interazioni quark-gluoni. La formulazione completa e`la seguente:

    LQCD =f

    f (i gA)f mfff 1

    2tr (FF

    ) (4.5)

    dove F a = Aa Aa + ig [A, A ].

    La differenza sostanziale nel termine di propagazione del campo forte(gluone) rispetto alla QED sta nella presenza di termini non lineari nelladefinizione di F a . Sostanzialmente essi rendono conto del fatto che il campodi colore agisce anche come sua stessa sorgente, cioe`, come visto, che i gluonitrasportano essi stessi carica di colore.

    Una difficolta` aggiunta nella Lagrangiana QCD e` data dal gauge fixing.Anche in questo caso, per poter ricavare le regole di Feynman, dobbiamointrodurre campi fittizi, detti ghost di FaddeevPopov [27], che pero` non

    26

  • appaiano mai negli stati fisici a conferma della loro non fisicita`, risultanoessere fermioni di spin 0.

    La Lagrangiana completa nel gauge Lorentz-covariante e` pertanto la se-guente [28]:

    LQCD = 14

    (F a F

    a

    )2+ (A

    a

    )2+

    (ab + gf

    asbAs)b+

    +f

    f[( + gA

    s

    )mf]f (4.6)dove la sommatoria sugli indici di colore e` implicita, il secondo termine e` ilgaugefixing e il terzo introduce i ghost di FaddeevPopov.

    4.3 Le regole di Feynman per la QCD

    Saltiamo i dettagli riguardo lo sviluppo della QCD perturbativa e ri-portiamo solo i mattoncini fondamentali per il calcolo dei diagrammi diFeynman, cioe` i termini relativi ai propagatori e ai vertici della QCD.

    Per qualsiasi processo per il quale il diagramma di Feynman viene disegna-to usando linee e vertici seguenti, la lista permette di costruire lespressionematematica per lampiezza del processo.

    Gli indici latini si riferiscoo ai gradi di liberta` di colore, quelli greci a quellispaziali, q ai quark, g ai gluoni e FP al campo ghost di FaddeevPopov. Peri coefficienti, sono stati usati gli stessi adottati nella Lagrangiana 4.6

    propagatore del gluone:

    ki(D(k))

    ab =abgk2 + i

    propagatore del quark:

    p(S(p))

    ab =

    (ab

    /pm+ i)

    vertice quark-antiquark-gluone

    (,cqqg

    )ab

    = g(tc)ab()

    27

  • vertice tre gluoni

    (ggg

    )abc

    = gfabc [g(k p) + perm.]

    vertice quattro gluoni

    (g4

    )abcd

    = g2fiabficd [(gg gg) + permutazioni cicliche]

    propagatore del campo ghost

    k(GFP (k))

    ab =ab

    k2 + i

    vertice ghost-ghost-gluone

    (gFP

    )abc

    = gfabcp

    conservazione del momento ad ogni vertice

    q

    pk

    (2pi)4(p+ q + k)

    integrazione su ciascun momento interno:d4p

    (2pi)4

    un fattore (1)n deve essere incluso nel calcolo dellampiezza di undiagramma contenente n loop fermionici o del ghost

    assenza di propagatori ghost esterni (non devono comparire negli statifisici)

    28

  • 4.4 QCD perturbativa e QGP

    La QCD perturbativa e` stata uno strumento utilissimo nello studio deifenomeni descrivibili col modello a partoni [29]. Purtroppo le divergenze in-frarosse date dalla massa nulla del gluone causano divergenze molto difficilida trattare. Nonostante questo, esistono un buon numero di grandezze de-finite infrared safe che non soffrono di questi problemi e che non dipendonodal comportamento a lunga distanza della teoria. Lobiettivo della QCD per-turbativa e` stato pertanto quello di identificare ed analizzare esperimenti neiquali la liberta` asintotica potesse essere applicata in modo consistente: il piu`importante e` stato sicuramente lo scattering anelastico ad alte energie (DeepInelastic Scattering DIS), per il quale i risultati sono stati soddisfacenti [30]

    Al giorno doggi, invece, uno dei rami di maggior interesse nello stu-dio della forza forte e` rappresentato dal plasma quark-gluoni (Quark-GluonPlasma QGP). Questo stato della materia nucleare e` caratterizzato da al-tissime densita` (o temperature), cos` che i quark possano essere consideraticome liberi allinterno. Esperimenti al Super-Proton-Synchrotron (SPS) delCERN provarono a ricreare questo stato gia` negli anni Ottanta e Novanta.Solo nel 2000 pero` si pote annunciare la scoperta di un nuovo stato dellamateria1. Gli sforzi sono continuati oggi dal Relativistic-Heavy-Ion-Collider(RHIC) del laboratorio di Brookhaven. In futuro lo studio sara` approfonditoad LHC, in particolare con ALICE nei periodi in cui nel tunnel saranno fatticollidere ioni pesanti di piombo.

    Siccome il QGP sembrerebbe essere un sistema debolmente interagente,dovrebbe essere descrivibile con metodi perturbativi. I dati ottenuti dai primicinque anni di collisioni a RHIC dimostrano chiaramente che lobiettivo diavere temperature in eccesso di 170 MeV e` stato raggiunto. Era questala soglia prevista per ottenere la transizione di fase verso il QGP. Mentre cisono chiari segnali del ruolo come particelle libere dei quark nel determinaregli stati finali prodotti, daltra parte ci sono anche notevoli evidenze che lamateria non si comporti come uno stato quasi ideale di quark e gluoniliberi. Piuttosto, il comportamento riscontrato e` quello di un fluido densocon bassissima viscosita` [31]. Lapplicabilita` della pQCD alle temperature ealle densita` accessibili agli esperimenti attuali e` molto limitata: dai calcoliche sono stati fatti risulta che a 600 MeV di temperatura la costante diaccoppiamento g e` ancora 1, invalidando lipotesi di validita` delle teorieperturbative [32].

    Percio`, a causa di questi effetti riscontrati e riconducibili soprattutto alcomportamento dei gluoni, non e` possibile applicare la pQCD allo studio

    1http://newstate-matter.web.cern.ch/newstate-matter/Experiments.html

    29

  • dei fenomeni di QGP alle energie attualmente accessibili. Le simulazionibasate su calcolo su reticolo (lattice QCD) sono predominanti. Si attendonosviluppi sperimentali futuri per verificare se ci sia ancora spazio per teorieperturbative nellambito della QCD.

    30

  • ALa rappresentazione dinterazione

    In questappendice tratteremo un esempio di rappresentazione dintera-zione per una teoria scalare reale auto-interagente di tipo 3.

    LHamiltoniana per questo tipo di teoria e`

    H = Hlibera + Vinterazione = H0 +H = HKleinGordon +

    d3x 3 (A.1)

    In questequazione abbiamo il primo termine libero trattabile esattamente;il secondo no. Il nostro intento sara` quello ora di riscrivere la funzione diGreen

    |T(x)(y)| (A.2)come sviluppo in serie di potenze di .

    Hint contribuisce alla funzione di Green in modo duplice: sia nella defi-nizione dei campi che in quella di |. Mentre nelle teorie di campo libero lerappresentazioni di Schrodinger (SP Schrodinger picture) e di Heisenberg(HP) sono sufficienti per trattare i campi, gli operatori e le relative evoluzionitemporali, linclusione di un termine di interazione complica il formalismo.

    E` pertanto necessario passare ad una nuova rappresentazione, detta diinterazione (IP). Diversamente dalle precedenti, nella IP sia gli stati chegli operatori dipendono dal tempo, ma saranno costruiti per agevolare unosviluppo perturbativo della teoria: gli operatori dipenderanno dalla partelibera dellHamiltoniana, gli stati avranno invece una dipendenza dal tempogenerata dal potenziale di interazione.

    Nellequazione di Schrodinger le variabili dinamiche sono indipendenti daltempo, mentre invece le funzioni donda delle particelle si evolvono secondola relazione

    H(x, t) = i(x, t)

    t(A.3)

    31

  • Questa equazione ha soluzioni del tipo

    (x, t) = eiHt(x, 0)

    dove possiamo riscrivere lesponenziale con la corrispondente serie di potenze

    eiHt = 1 iHt+ 12!(iHt)2 + . . .

    Sfruttando il fatto che unHamiltoniana e` hermitiana per definizione (H =H), possiamo verificare lunitarieta` del termine esponenziale:

    U = [exp(iHt)] = exp(iHt) = exp(iHt) = U1

    Siccome gli elementi della matrice di un operatore vengono genericamentescritti nella forma

    |A| =(x, t) A (x, t) d3x

    sfruttando i precedenti risultati possiamo scrivere

    |A| =(x, 0)eiHtAeiHt(x, 0) d3x

    Nellequazione sopra riportata risiede la differenza tra la rappresentazionedi Schrodinger (funzioni donda dipendenti dal tempo ed operatori tempo-indipendenti) e quella di Heisenberg (opposta alla SP).

    Scrivendo quindi A(t) possiamo anche ricavarne la sua equazione del moto

    A(t) = eiHtAeiHt

    dA(t)

    dt= i[A(t), H]

    In termini di rappresentazione di interazione, invece, definiamo il corrispon-dente operatore AI(t) come

    AI(t) = eiH0tAeiH0t (A.4)

    = eiH0teiHtAeiHteiH0t

    = UA(t)U1

    Per mantenere consistenza nella IP, definiamo il vettore di stato come

    |(t)I = eiH0t|(t) (A.5)

    32

  • cos` che

    id

    dt|(t)I = eiH0t

    {H0|(t)+ i d

    dt|(t)

    }= eiH0t

    {H0|(t)+ H|(t)

    }= eiH0t

    {H0|(t)+ (H0 + H )|(t)

    }= eiH0t

    {H |(t)

    }

    introducendo lo stato in rappresentazione dinterazione A.5 possiamo scrive-re:

    id

    dt|(t)I = eiH0t H

    (eiH0t|(t)I

    )usando la def. A.4 diventa

    id

    dt|(t)I = H I(t) |(t)I (A.6)

    Si puo` notare come H I(t) abbia una dipendenza temporale legata allevolu-zione dellHamiltoniana libera, proprio come volevamo avere secondo le regoledi costruzione della IP.

    Possiamo ora procedere con lapplicazione del formalismo della rappre-sentazione dinterazione agli eventi che studieremo perturbativamente.

    Un processo di scattering puo` essere descritto in questo modo: al tempot , molto prima quindi che avvenga qualsiasi interazione, possiamotrascurare per definizione la componente H I(t) dellHamiltoniana, cos` che|()I sia un autostato di H0; lo rinomineremo per comodita` in |i.

    Al tempo t +, molto dopo gli eventuali processi occorsi nellinte-razione, possiamo pensare di ritrovare un altro stato costante, un autostatoquindi di H0. In generale sono accessibili piu` stati finali a partire dalle stessecondizioni iniziali. Denoteremo pertanto con |(+)I la sovrapposizionedelle varie componenti |f possibili.

    Definiamo ora un operatore S tale che

    |(+)I = S|()I = S|i

    Un elemento di questa matrice descrive pertanto lampiezza di probabilita`di transizione da uno stato |i ad uno stato |f, in modo che possiamo scrivere

    f |S|i = Sfi

    33

  • |(+)I =f

    |ff |S|i =f

    Sfi|f (A.7)

    Prima di procedere oltre verifichiamo le proprieta` di S. Assumiamo che|i e |(+)I siano normalizzati. Allora avremo che

    1 = I(+)|(+)I = i|SS|i = i|iSi puo` dedurre immediatamente che S e` unitario, valendo la relazione

    SS =

    In questo caso possiamo scrivere la seguente relazione per gli elementi di S:k

    SkfSki = fi

    Per f = i risulta kSkiSki = k|Ski|2 = 1. Questo ci conferma che la somma

    di tutte le probabilita` parziali riportate in A.7 deve risultare 1.Possiamo ora procedere a calcolare S sfruttando un metodo perturbativo.

    Integriamo la A.6 ottenuta prima e, sfruttando quanto gia` detto per lo statoa t0 , otteniamo:

    id

    dt|(t)I = H I(t) |(t)I

    d

    dt|(t)I = iH I(t) |(t)I

    |(t)I = |(t0)I i tt0

    H I(t) |(t)Idt

    dove |(t0)I e` una costante derivata dal calcolo dellintegrale, secondo laregola

    F (t0 + t1) = F (t0) +

    t1t0

    f(t)dt

    Mandando appunto t0 risulta

    |(t)I = |()I i t

    H I(t) |(t)Idt (A.8)

    Per risolvere questequazione utilizziamo un metodo iterativo: allordine zerotrascuriamo completamente H I ; questa scelta ci elimina il problema dellinte-grale ed e` giustificata dalla applicabilita` del metodo perturbativo (H I apportapiccole correzioni):

    |(t)(0)I = |()I = |i (A.9)

    34

  • Come correzione di primordine a questo risultato, possiamo inserire A.9 inA.8 al posto di |(t)I

    |(t)(1)I = |i i t

    H I(t) |idt

    = |i{1 +

    t

    (i)H I(t)dt}

    Ripetendo loperazione e portando t +S|i = |(t +)I

    = |i{1 +

    +

    (i)H I(t1)dt1

    +

    +

    dt1

    t1

    dt2(i)H I(t1)(i)H I(t2)}

    S = 1+

    +

    dt1(i)H I(t1)+ +

    dt1

    t1

    dt2(i)H I(t1)(i)H I(t2) (A.10)

    Se vogliamo includere tutti gli ordini successivi, possiamo riscrivere gli infinititermini in cui viene sviluppato loperatore S in questa forma:

    S =n=0

    (i)n +

    dt1

    t1

    dt2 . . .

    tn1

    dtn H I(t1)H I(t2) . . . H I(tn)(A.11)

    Ce` infine un ulteriore passaggio che possiamo fare, sfruttando la definizionedi densita` di Hamiltoniana:

    H I(t) =

    HI(x, t)d3x (A.12)

    che ci puo` rendere lespressione molto piu` simmetrica rispetto alle coordi-nate spazio-temporali: proviamo a riscrivere il secondo termine della A.10sfruttando la A.12

    t1>t2

    d4x1 d4x2 (iHI(x1))(iHI(x2)) (A.13)

    E` possibile [1, 3] rimuovere i limiti di integrazione in t e ripristinare unasimmetria nelle dimensioni dellintegrale. Sfruttiamo percio` il simbolo diordinamento temporale T per estendere i limiti da a + come quelli inx.

    S = 1 +

    d4x1(i)H I(x1) +

    1

    2

    d4x1d

    4x2 T[(iH I(x1))(iH I(x2))

    ]35

  • Estendendo il discorso alla A.11 otteniamo lespansione di Dyson dellopera-tore S:

    S =n=0

    (i)nn!

    . . .

    d4x1d

    4x2 . . . d4xn T

    [HI(x1)HI(x2) . . . HI(xn)

    ]

    = T

    {exp

    [id4xHI(x)

    ]}(A.14)

    dove lordinamento temporale dellesponenziale e` definito come la serie diTaylor con ciascun termine ordinato temporalmente.

    A.1 Lo stato fondamentale nella rappresen-

    tazione di interazione

    | e` lo stato fondamentale di H. Partiamo dallo stato fondamentale del-lHamiltoniana libera, H0, ed evolviamolo con lHamiltoniana intera, quellache include anche i termini di interazione:

    eiHt|0 =n

    eiEnt|nn|0 (A.15)

    dove En sono gli autovalori di H ed |n gli autostati. Assumendo che HI peripotesi sia una piccola perturbazione, sicuramente ci deve essere con questacostruzione una sovrapposizione tra i diversi stati fondamentali delle dueHamiltoniane:

    |0 6= 0Percio` possiamo riscrivere la serie A.15 in questo modo: partiamo da une-spansione della stessa e poi ridefiniamo lo zero dellenergia come lautovaloredellHamiltoniana libera sul suo stato fondamentale; risulta chiaro che, pern = 0, lunico contributo del termine con lHamiltoniana completa e` quellolegato alla sua differenza con questo nuovo stato fondamentale.

    eiHt|0 =termine per n=0 eiE0t|00|0+

    n>0

    eiEnt|nn|0

    = eiE0t||0+n>0

    eiEnt|nn|0 (A.16)

    Mandando t +, tutti i fattori eiEnt tendono a zero; siccome per defi-nizione En+1 > En, allora e

    iE0t e` il termine che ci va meno rapidamente ditutta la serie. Rimane dunque questa approssimazione

    limt

    eiHt|0 = limt

    eiE0t||0

    36

  • dalla quale si ricava

    | = limt

    eiHt|0eiE0t|0 (A.17)

    Siccome t e` molto grande, possiamo addizionargli una costante t0 senzaintrodurre alcun problema.

    | = limt

    eiH(t+t0)|0eiE0(t+t0)|0

    = limt

    eiH(t0(t))

    H0|0=0 eiH0(tt0) |0

    eiE0(t0(t))|0= lim

    t

    W (t0,t)|0eiE0(t0(t))|0 (A.18)

    dove abbiamo definito per comodita` loperatore

    W (t, t0) = eiH0(tt0)eiH(tt0) (A.19)

    Allo stesso modo possiamo scrivere |:

    | = limt

    0|W (t, t0)0|eiE0(tt0) (A.20)

    Prima di ritornare alla funzione di Green, proviamo a scrivere gli operatori dicampo sfruttando la definizione A.19. Noto un operatore di campo ad un tem-po fissato, (t0,x), per ottenerlo a t 6= t0 possiamo usare la rappresentazionedi Heisenberg e avere

    (t,x) = eiH(tt0)(t0,x)eiH(tt0) (A.21)

    Per = 0, H diventa H0 e la A.21 si riduce a

    (t,x)|=0 = eiH0(tt0)(t0,x)eiH0(tt0) I(t,x) (A.22)Se vogliamo esprimere I(t,x) in funzione di (t,x) e` sufficiente combinarele relazioni A.21 e A.22, che, combinate con A.19, risultano:

    (t,x) = eiH(tt0)eiH0(tt0)I(t,x)eiH0(tt0)eiH(tt0)

    = W (t, t0)I(t,x)W (t, t0) (A.23)

    Ricostruiamo ora la funzione di correlazione, assumendo per un attimo chex0 > y0 > t0 (vedremo poi che questa condizione potra` essere rimossa senzaproblemi):

    |(x)(y)| = limt

    { 0|W (t, t0)0|eiE0(tt0)(x)(y)

    W (t0,t)|0eiE0(t0(t))|0

    }

    37

  • Inserendo la relazione A.23 diventa:

    |(x)(y)| = limt

    { 0|W (t, t0)0|eiE0(tt0) [W (x

    0, t0)]I(x)W (x

    0, t0)

    [W (y0, t0)]I(y)W (y

    0, t0)W (t0,t)|0

    eiE0(t0(t))|0}

    Combinando gli operatori W di evoluzione temporale e riordinando i termini,si puo` riscrivere il precedente risultato come:

    |(x)(y)| = limt

    {0|W (t, x0)I(x)W (x0, y0)I(y)W (y0,t)|01

    0|eiE0(tt0)1

    eiE0(t0(t))|0}

    (A.24)

    Siccome |0 = 0| per le proprieta` del prodotto scalare, si ottengono duecoefficienti identici davanti agli esponenziali. Combinando i termini allespo-nente scompare la costante t0 che avevamo addizionato al tempo alliniziocos` come speravamo, dato che era unaggiunta per comodita`.

    |(x)(y)| = limt

    {0|W (t, x0)I(x)W (x0, y0)I(y)W (y0,t)|01

    (0|)2 eiE02t}

    (A.25)

    Per eliminare il denominatore nella A.25 e` sufficiente sfruttare le definizioniA.18 e A.20, sapendo che gli stati sono normalizzati.

    1 = | = (|0||2eiE02t)10|W (t, t0)W (t0,t)|0 (A.26)Dividiamo dunque A.25 per A.26. Otteniamo cos`:

    |(x)(y)| = limt

    0|W (t, x0)I(x)W (x0, y0)I(y)W (y0,t)|00|W (t, t0)W (t0,t)|0 (A.27)

    Notiamo che entrambe le parti della precedente equazione hanno gli opera-tori ordinati temporalmente in modo identico. Introducendo il simbolo Tche ci garantisce lordine, possiamo rimuovere lipotesi di prima, e cioe` chex0 > y0 > t0. E` dimostrabile [1, 3] che W e` una soluzione dellequazionedi Schrodinger e che, in quanto tale, e` legata ad S A.14 da una condizionedi limite: la matrice S e` semplicemente loperatore di evoluzione temporaleW nel limite di tempi molto lunghi (t ). Riunendo gli operatori W

    38

  • al denominatore di A.27 cos` come gia` fatto per A.24 giungiamo alla formafinale:

    |T(x)(y)| = limt

    0|T{I(x)I(y) exp

    [i t

    tdt1HI(t1)

    ]}|0

    0|T{exp

    [i t

    tdt1HI(t1)

    ]}|0

    (A.28)

    39

  • 40

  • BIl teorema di Wick

    Il teorema di Wick [7] e` uno strumento che permette di espremere ilprodotto cronologico di operatori di campi in termini di prodotto normale edi contrazioni. Semplifica notevolmente i calcoli che incontriamo nello studiodelle funzioni di Green.

    T {I(x1)I(x2) . . . I(xn)} = N {I(x1)I(x2) . . . I(xn)+ tutte le possibili contrazioni}

    dove N e` il simbolo di ordinamento normale del prodotto dei campi, coni distruttori che li compongono alla destra dei costruttori, cos` da garantesempre un valore daspettazione sul vuoto (Vacuum Expectation Value VEV) nullo:

    0 | ak il costruttore sul bra vuoto da` 0

    aq | 0 il distruttore sul ket vuoto da` 0

    = 0

    Una contrazione e` invece definita come

    I(x1)I(x2) { [

    +I (x), I (y)

    ]se x0 > y0[

    +I (y), I (x)

    ]se y0 > x0

    dove +I e I sono la decomposizione, sempre possibile, del campo originale

    I , tale che

    +I (x) =

    d3p

    (2pi)312E~p

    a~p eipx

    I (x) =

    d3p

    (2pi)312E~p

    a~p e+ipx

    Come si puo` notare, una contrazione e` esattamente identica ad un propaga-tore di Feynman.

    41

  • 42

  • CIl propagatore del fotone e la liberta` di gauge

    Se proviamo ad invertire il termine cinetico del fotone nella Lagrangianadella QED (3.1), a causa della liberta` di gauge giungiamo ad un problema:

    1

    4F F =

    1

    4(A A) (A A) =

    =1

    4(AA AA AA + AA)

    iS = i

    d4x

    1

    4F F =

    =i

    4

    (d4x AA

    d4x AA

    d4x AA +

    d4x AA

    )=

    =i

    4

    d4x

    (dkeikxA(k)

    )

    (dqeiqxA(q)

    )

    i4

    d4x

    (dkeikxA(k)

    )

    (dqeiqxA(q)

    )

    i4

    d4x

    (dkeikxA(k)

    )

    (dqeiqxA(q)

    )+

    +i

    4

    d4x

    (dkeikxA(k)

    )

    (dqeiqxA(q)

    )=

    43

  • iS =i

    4

    dk dq (ik) (iq) A(k)A(q)(k + q)

    i4

    dk dq (ik) (iq) A(k)A(q)(k + q)

    i4

    dk dq (ik) (iq) A(k)A(q)(k + q)+

    +i

    4

    dk dq (ik) (iq) A(k)A(q)(k + q) =

    = i4

    dk (k) (k) A(k)A(k)+

    +i

    4

    dk (k) (k) A(k)A(k)+

    +i

    4

    dk (k) (k) A(k)A(k)

    i4

    dk (k) (k) A(k)A(k) =

    = i4

    dk A(k)k2A(k)+

    +i

    4

    dk kkA

    (k)A(k)+

    +i

    4

    dk kkA

    (k)A(k)

    i4

    dk A(k)k2A(k) =

    = i2

    dk A(k)k2A(k)+

    +i

    2

    dk kkA

    (k)A(k) =

    = i2

    dk (2pi)4

    (k

    2 kk) (A(k)A(k)

    )Possiamo dimostrare che il termine ottenuto non e` invertibile sfruttando

    le proprieta` algebriche che mi dicono che non lo e` se ha un autovettore conautovalore nullo (

    k2 kk

    )k = k

    2k k2k = 0c.v.d.

    La soluzione risiede nel fare un cosiddetto gauge fixing, descritto nelcapitolo 3.1

    44

  • DMetodi di regolarizzazione

    Le regole di Feynman portano a integrali palesemente divergenti sui mo-menti dei loop, per k +. Sono le divergenze ultraviolette della teoriadei campi. Se sono coinvolte anche particelle senza massa riscontriamo an-che divergenze infrarosse, cioe` per k 0, che non andremo a trattare inquestappendice. Per risolvere questi problemi e riportare le teorie in gra-do di fare previsioni e permettere di calcolare, sono stati studiati metodi diregolarizzazione e rinormalizzazione.

    Ai fini di una semplice presentazione, tratteremo in questappendice solola regolarizzazione con cut-off e quella dimensionale. Per scopo informativoriportiamo in bibliografia larticolo originale che descrive la regolarizzazionecol metodo di PauliVillars [33].

    D.1 La regolarizzazione con cut-off

    Questo metodo di regolarizzazione e` sicuramente il piu` intuitivo e fisica-mente motivato. Si basa sul principio, sicuramente plausibile, che i fonda-menti della teoria dei campi e della teoria classica della gravitazione basatasulla relativita` generale non possano essere spinti fino ad energie molto ele-vate, quali ad esempio la massa di Planck alla quale molti ritengono possacomparire nuova fisica (MP 1019 GeV).

    Se ci fidiamo della teoria dei campi e della relativita` generale fino allamassa di Planck ma non oltre, diventa sensato tagliare lintegrazione ad unmomento limite.

    Vediamone un esempio semplice, con un tadpole scalare (teoria 4!4)

    45

  • (D.1)

    Per risolvere lintegrale in d4l dobbiamo prima introdurre le funzionigamma di Eulero.

    Innanzitutto, dallo studio degli integrali gaussiani, sappiamo che +

    dx ex2

    =pi (D.2)

    Percio`, noto in tre dimensioni che

    d~x = dx dy dz = r2dr sindd = r2dr d3

    se vogliamo risolvere D.2 in 3 dimensioni abbiamo ched3x ex

    2

    =

    d3x e(x

    21+x

    22++x

    23) =

    =3

    j=1

    +

    dxj ex2j =

    =(

    pi)3

    = pi3/2 (D.3)d3x ex

    2

    =

    d3

    +0

    dx x2ex2

    =

    facendo la sostituzione y = x2 dx = 12

    dyy

    =1

    2

    d3

    +0

    dy yn21ey

    ( 32)

    (D.4)

    Combinando i risultati di D.3 e di D.4 possiamo scrivere

    1

    2

    (3

    2

    )d3 = pi

    3/2 (D.5)

    Estendendo la D.5 al caso n-dimensionale otteniamo

    1

    2(n2

    )dn = pi

    n/2 (D.6)

    Nota (D) dalla relazione

    (D) =

    +0

    dx xD1ex (D.7)

    46

  • d (d/2)dd

    1pi 2

    2 1 2pi3

    pi/2 4pi

    4 1 2pi2

    n +0

    dx xD1ex 2pin/2

    (n2 )

    Tabella D.1: Valori tipici funzione di Eulero e dellintegrale gaussianod-dimensionale

    possiamo scrivere la tabella riassuntiva D.1.

    Possiamo ora provare a calcolare il termine legato al diagramma D.1

    1

    2(i)

    d4l

    (2pi)4i

    l2 m2 + i =

    =1

    2(i)

    dl0d~l

    (2pi)4i

    l20 ~l2 m2 + i=

    passiamo alle coordinate euclidee con una rotazione di Wick l0 il4

    =1

    2(i) (i)

    dl4d~l

    (2pi)4i

    l24 ~l2 m2 + i=

    introduciamo lE (l4,~l)

    =1

    2(i)

    d4lE

    (2pi)41

    l2E m2 + i=

    rimuoviamo li non piu` necessario e portiamo il dentro lintegrale

    =i

    2

    d4lE

    (2pi)41

    l2E +m2=i

    2

    d4

    (2pi)4

    +0

    dll3

    l2 +m2=

    R=i

    2

    2pi2

    (2pi)4

    0

    dll3

    l2 +m2=

    i

    16pi2

    0

    dll l2

    l2 +m2=

    siccome d(l2)= 2l dl

    =i

    32pi2

    20

    d(l2) l2l2 +m2

    =i

    32pi2

    20

    d(l2) { l2 +m2

    l2 +m2 m

    2

    l2 +m2

    }=

    =i

    32pi2

    20

    d(l2){

    1 m2

    l2 +m2

    }=i2

    32pi2 im

    2

    32pi2

    20

    d(l2) 1l2 +m2

    =

    =i2

    32pi2 im

    2

    32pi2ln(l2 +m2

    )]20

    =i

    32pi2

    {2 m2 ln

    (1 +

    2

    m2

    )}(D.8)

    47

  • D.2 La regolarizzazione dimensionale

    La tecnica della regolarizzazione dimensionale e` stata inventata da G. tHooft e da Veltman [34, 35, 36] nel 1972.

    Lidea fondamentale alla base di questo strumento e` molto semplice: ri-ducendo il numero di dimensioni sulle quali svolgiamo lintegrazione, la diver-genza puo` banalmente sparire. Possiamo quindi dare un significato precisoad alcuni integrali su loop attraverso il metodo della continuazione analiticanel numero di dimensioni spazio-temporali, portandole da D a 2 .Cos` facendo, le divergenze appaiono come poli nel piano complesso .

    Vediamone un esempio basato sul calcolo del loop nel cosiddetto diagram-ma a caramella:

    u2

    u1l

    l u3

    u4

    1 2 (D.9)

    Dobbiamo prima definire per comodita` la trasformata di Mellin:

    az =1

    (z)

    +0

    dt tz1 eat (D.10)

    Dalla rappresentazione in serie di prodotti della D.7 otteniamo:

    1

    (z)= zeCz

    n=1

    (1 +

    z

    n

    )ez/n (D.11)

    tale che

    () =1

    C+ o(2) (D.12)

    dove C e` la costante di Eulero-Mascheroni (C 0.5772).Definiamo inoltre la parametrizzazione di Feynman in questo modo:

    1

    AB=

    10

    dx1

    [xA+ (1 x)B]2 = 10

    dx dy (x+ y 1) 1[xA+ yB]2

    (D.13)Innanzitutto, vediamo che nel vertice 1 del diagramma a caramella, per

    la conservazione dei momenti, vale la seguente relazione

    (u1 + u2 + l l) = (k + l l) l = l k

    48

  • Proviamo ora a regolarizzare la divergenza dellintegrale sul loop:

    I =1

    2(i)2

    d4l

    (2pi)4i

    l2 m2 + ii

    (l k)2 m2 + ifacciamo la rotazione di Wick l0 = il4, lE

    (l4,~l), lE lE = l2E = l24 + ~l2;

    idem faremo per k.

    I = (i)212(i)

    dlE

    (2pi)4i

    l24 ~l2 m2 + i

    i(l4 k4)2

    (~l ~k

    )2m2 + i

    =

    =i22

    d4lE

    (2pi)41

    l2E +m2

    1

    (lE kE)2 +m2Applichiamo la regolarizzazione di t HooftVeltman e introduciamo un pa-rametro aribtrario per poter mantenere lintegrale adimensionale pur cam-biando le dimensioni di integrazione.

    IR=i22

    42

    d2l

    (2pi)21

    l2E +m2

    1

    (lE kE)2 +m2(D.14)

    Introduciamo la parametrizzazione di Feynman D.13 al denominatore dellaD.14 e otteniamo:

    I =i22

    42

    (2pi)2

    d2lE

    10

    dx{x (l2E +m

    2) + (1 x) [(lE kE)2 +m2]}2(D.15)

    Facciamo la sostituzione lE lE + (1 x)kE; la D.15 diventa pertanto:

    I =i22

    42

    (2pi)2

    10

    dx

    d2lE

    1[lE

    2 + x(1 x)k2E +m2]2 =

    poniamo 2 = m2 + x(1 x)k2E=i22

    42

    (2pi)2

    10

    dx

    d2lE

    1[lE

    2 +2]2 (D.16)

    Applichiamo la trasformata di Mellin D.10 alla D.16

    I =i22

    42

    (2pi)2

    10

    dx

    d2lE

    1

    (2)

    +0

    dt t et(l

    E2+2) =

    =i22

    42

    (2pi)2

    10

    dx1

    (2)

    +0

    dt t et2

    d2lEe

    tlE2

    (D.17)

    49

  • Dalla tabella D.1 otteniamo che (2) = 1; facciamo inoltre anche questasostituzione: tlE

    2 = p2E d2lE = d2pE/t

    I =i22

    42

    (2pi)2

    10

    dx

    +0

    dt t et2 1

    t

    d2pE e

    p2E (pi1/2)

    2=pi

    =i242pi2 22pi2

    10

    dx

    +0

    dt t1et2

    =

    =i24222+1pi

    10

    dx

    +0

    dt t1et2

    =

    sia = 2

    =i22252pi2

    10

    dx

    +0

    dt t1et2

    (D.18)

    Per procedere piu` agevolmente poniamo ora t2 = dt = d/2

    I =i22252pi2

    10

    dx1

    2

    +0

    d( 2

    )1e =

    =i22252pi2

    10

    dx222 +0

    d 1e =

    =i22252pi2

    10

    dx1

    2

    +0

    d 1e (D.19)

    Riconosciamo nellultimo termine di D.19 la definizione D.7 di () cheandiamo ad inserire:

    I =i22252pi2

    10

    dx1

    2() =

    riespandiamo il

    =i22252pi2

    ()

    10

    dx1

    (m2 + x(1 x)k2E)(D.20)

    Inseriamo la definizione D.12 e riordiniamo i termini iniziali dellespressioneper ottenere:

    I =i225pi2

    (4pi2

    )(1 C + o (2)) 1

    0

    dx1

    (m2 + x(1 x)k2E)

    =i232pi2

    (1

    C + o (2)) 1

    0

    dx1(

    (m2+x(1x)k2E)(4pi2)

    ) (D.21)

    50

  • Il termine integrando di D.21 e` ora > 0 e adimensionale. Possiamo cos`sfruttare le proprieta` dei logaritmi per risolverlo.

    I =i232pi2

    (1

    C + o (2)) 1

    0

    dx

    (eln

    m2+x(1x)k2E4pi2

    )=

    =i232pi2

    (1

    C + o (2)) 1

    0

    dxe ln

    m2+x(1x)k2E4pi2 (D.22)

    Sviluppando in serie di Taylor lesponenziale:

    I =i232pi2

    (1

    C + o (2)) 1

    0

    dx

    (1 ln m

    2 + x(1 x)k2E4pi2

    + o(2))

    =

    =i232pi2

    (1

    C + o (2))(1 1

    0

    dx lnm2 + x(1 x)k2E

    4pi2+ o

    (2))(D.23)

    Svolgendo il prodotto e tenendo solo i termini significativi otteniamo:

    I =i232pi2

    (1

    C

    10

    dx lnm2 + x(1 x)k2E

    4pi2

    )+O() =

    =i232pi2

    (1

    C +

    10

    dx ln4pi2/k2E

    m2

    k2E+ x(1 x)

    )+O() =

    =i232pi2

    (1

    C + ln 4pi

    2

    k2E 10

    dx ln

    (m2

    k2E x+ x2

    ))+O() =

    facendo la posizione R(x) = x2 x+ m2

    k2e

    =i232pi2

    (1

    C + ln 4pi

    2

    k2E ln m

    2

    k2E 10

    dx2x2 xR(x)

    )+O() =

    =i232pi2

    (1

    C + ln 4pi

    2

    m2 10

    dx2x2 xR(x)

    )+O() (D.24)

    Nella condizione 0 < k2 < 4m2, per la proprieta` dellintegrale rimasto, siottiene

    IR=i232pi2

    (1

    C + ln 4pi

    2

    m2+ 2

    4m2

    k2E 1 arcctg

    4m2

    k2E 1)+O()

    (D.25)

    51

  • D.3 Rinormalizzazione

    Attraverso i metodi di regolarizzazione, riusciamo ad isolare le divergenzedal resto dellespressione. Si puo` inoltre notare come la parte finita restantedipenda da parametri arbitrari.

    Lidea per rimuovere completamente le divergenze, ordine per ordine, nel-le teorie perturbative, e` abbastanza semplice: e` sufficiente alterare le regoledi Feynman ad ogni ordine in modo che i risultati restino finiti anche nel limi-te in cui il metodo di regolarizzazione viene rimosso (ad esempio, per 0nella reg. dimensionale). Sono cos` introdotti nella teoria dei controtermini,ad-hoc per le nostre esigenze.

    Cos` facendo, modifichiamo anche le Lagrangiane, che assumono il gra-do di Lagrangiane rinormalizzate. Esse sono solo apparentemente identichea quelle originali: tutte le divergenze sono state riassorbite in parametriarbitrari ma finiti, che e` compito degli esperimenti determinare.

    52

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