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110 - Avventure nel mondo 2 | 2019 Testo e foto di Alessandra Guerini V iaggio da sempre, ma questo trek in Nepal ha superato di gran lunga le mie aspettative. Siamo partiti diretti a Kathmandu con un discreto allenamento alle spalle, in vista dei 13 giorni di trek. La quota rappresentava l’incognita più forte: impossibile allenarsi per i due passi cruciali dell’itinerario ad anello, entrambi sopra i 5000m. Solo il graduale acclimatamento in quota ci ha permesso di superarli senza problemi. Il trek si sviluppa dai 2000m della partenza fino al Numa La (LA significa passaggio) a 5318 m e il nostro itinerario ad anello è di 183km. La civiltà? Siamo a Kathmandu: passeggiamo con la nostra mascherina antismog fra piccoli templi, polli e teste di capra in vendita, canna da zucchero, radici di zenzero, frutta e verdura di ogni genere. Da una porta sentiamo un muggito: due mucche ruminano in una stanzina buia. Zizzaghiamo fra scooter, auto, pedoni, biciclette, minibus e talvolta la congestione è tale che non si passa neppure a piedi. Ressa, odori, gas, povere, rumori. Sappiamo di essere qui solo di passaggio, una sosta inevitabile, che affascina nonostante il caos e l’inquinamento. Ma ci affascina soprattutto perché è la porta di accesso al Nepal sconosciuto. Da un Basso Dolpo Trek Gruppo Guerini NEPAL SCONOSCIUTO RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal avventu.re/7635

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110 - Avventure nel mondo 2 | 2019

RACCONTI DI VIAGGIO | Iran

Testo e foto di Alessandra Guerini

Viaggio da sempre, ma questo trek in Nepal ha superato di gran lunga le mie aspettative. Siamo partiti diretti a

Kathmandu con un discreto allenamento alle spalle, in vista dei 13 giorni di trek. La quota rappresentava l’incognita più forte: impossibile allenarsi per i due passi cruciali dell’itinerario ad anello, entrambi sopra i 5000m. Solo il graduale acclimatamento in quota ci ha permesso di superarli senza problemi. Il trek si sviluppa dai 2000m della partenza fino al Numa La (LA significa passaggio) a 5318 m e il nostro itinerario ad anello è di 183km.

La civiltà?Siamo a Kathmandu: passeggiamo con la nostra mascherina antismog fra piccoli templi, polli e teste di capra in vendita, canna da zucchero, radici di zenzero, frutta e verdura di ogni genere. Da una porta sentiamo un muggito: due mucche ruminano in una stanzina buia. Zizzaghiamo fra scooter, auto, pedoni, biciclette, minibus e talvolta la congestione è tale che non si passa neppure a piedi. Ressa, odori, gas, povere, rumori. Sappiamo di essere qui solo di passaggio, una sosta inevitabile, che affascina nonostante il caos e l’inquinamento. Ma ci affascina soprattutto perché è la porta di accesso al Nepal sconosciuto.

Da un Basso Dolpo Trek Gruppo Guerini

NEPAL

SCONOSCIUTO

RACCONTI DI VIAGGIO | Nepalavventu.re/7635

Avventure nel mondo 2 | 2019 - 111

RACCONTI DI VIAGGIO | Nepal

I voli interniIncontriamo la nostra guida, Sange Sherpa, e con lui raggiungiamo l’aeroporto, area voli nazionali. C’è parecchio caos ed è ormai buio quando finalmente decolliamo diretti a Nepalgunj, una grande città del Nepal occidentale, molto vicina al confine indiano. Anche se è ottobre troviamo caldo e umido, con la notte affollata di insetti. Il volo successivo, quello per Juphal, viene effettuato solo al mattino presto a causa dei venti forti in quota che iniziano a soffiare intorno alle 1O di mattina nella valle di Thuli Bheri. Così alle 4:45 siamo in prima fila al cancello dell’aeroporto anche se il decollo sarà solo alle 6:30. L’aereo ad eliche ha 20 posti e nei 35 minuti di volo sfioriamo le creste sottostanti (con tanto di beep di allarme dalla cabina dei piloti).

Il DolpoIl Dolpo è una regione molto estesa ma quasi tutta priva di strade. I villaggi si raggiungono solo a piedi e sono gli yak a garantirne gli approvvigionamenti. Ad eccezione dei villaggi più grandi, Juphal e Dunai, non c’è rete. E per tutta la durata del trek niente acqua calda e pernottamenti esclusivamente in tenda. Nel Dolpo la vita è sopravvivenza: si prende l’acqua dal ruscello, si coltivano campi a 4000 metri, si raccoglie lo sterco di yak per cucinare e scaldarsi.Atterriamo a Jupal, quota 2500m, un animato villaggio dove si respira aria fresca e frizzante. Carichiamo su una jeep le sacche: verranno portate direttamente a Dunai, dove ci aspettano il cuoco, gli asini ed il resto del team. A Dunai la strada finisce. Per noi il trek inizia ufficialmente da Juphal, lungo un sentiero in discesa tra campi di riso, pannocchie, peperoncino, attraverso villaggi e tra i campi dove si coltivano grano saraceno, carote, zucche e crescono piante di noce, fino al fiume Thuli Bheri, che risaliremo nei giorni a seguire. Seguendo il sentiero raggiungiamo Dunai, la capitale del Dolpo, con circa 2.500 abitanti. Sono in corso i festeggiamenti per Dashain, una festa che dura cinque giorni: tutti fanno festa e si mangia insieme. Per gli animali non va altrettanto bene: sono loro il piatto forte!

Le prime tappeDa Dunai ci aspettano 17km di sentiero in uno splendido paesaggio montano: le pendici rocciose sono punteggiate da pini, per lo più pino blu. Lungo il percorso costeggiamo il fiume e la guida ci dice che un mese prima era passato di lì ed era tutto inondato dal fiume ingrossato per i monsoni. All’orizzonte si vede il Kala Tokal innevato (6294 m). Il sentiero è un continuo sali e scendi lungo il fiume Thuli Bheri. In un paio d’ore raggiungiamo il villaggio di Byasghar, a 2430m. Il sentiero è a tratti scavato nella roccia e in alcuni punti molto stretto, fino ad arrivare ad un ponte. Il nostro campo è vicino a Tarakot, un piccolo insediamento costruito in alto sul fiume e un

tempo famoso poiché era la capitale di un antico regno indipendente. In attesa dell’arrivo degli asini con i bagagli seguiamo le attività in corso nella casa accanto a cui ci accamperemo: stanno setacciando il miglio. Stellata da non perdere .Da Lingdo a Lahini (3310m) sono 18km. Stiamo guadagnando quota: il paesaggio cambia e aumentano gli alberi, in particolare i ginepri anche

se molti sono stati danneggiati. Superiamo gli ultimi villaggi con le loro pareti di mani (un muro con pietre sciolte con i mantra buddisti incisi su di esso) e chorten. Secondo l’usanza buddhista li si deve passare lungo il lato sinistro. Il paesaggio è impressionante: rocce appuntite sormontate da ginepri e altri pini con il sentiero che prosegue su un grande ponte sospeso di 120 metri. Nel piccolo villaggio di Laisicap (2775m) la polizia controlla i nostri p erme ssi. Superato il controllo in mezz’ora raggiungiamo il monastero di Chhedhul Gompa, isolato ed accessibile grazie ad un altro ponte sospeso. Il Gompa è chiuso e non si vedono monaci nei dintorni, ma solo bellissime raffigurazioni delle divinità del buddismo tibetano ed il monte Kailash, la montagna sacra per nepalesi e tibetani. Risaliamo la collina dietro al gompa seguendo un sentierino che passa accanto ad altri mani wall e chorthen. La cresta è aerea e panoramica, a precipizio sul fiume che andremo a risalire dopo pranzo. Tornando al Gompa principale ci viene incontro un ragazzo che ci chiede se vogliamo visitare il Gompa (ha le chiavi). L’interno è bellissimo, con tutto quanto serve per le cerimonie religio se : ciotole di riso , lampade di burro, blocchetti di preghiere in scatole ro sse . Quando il ragazzo ci invita a seguirlo sul retro del gompa, attraverso una piccola porticina, troviamo tre grandi statue di divinità e attorno tantissime statuette più picc ole. Veramente stupendo!Dopo Laisicap ci aspetta una lunga e faticosa salita tutta a gradoni che in 3 ore ci portaa Laina Odar (3370 m). La valle si stringe, diventa più fredda e umida. Si passa tra foreste e da rocce scoscese alternate a pini, alcuni dei quali enormi. Davanti a noi c’è una carovana di yak che rallenta la salita ma cosl, quando arriviamo, le tende sono già montate e approfittiamo degli ultimi raggi di sole per lavarci nel fiume...gelido!Da Lahini a Toltol (3750m) per 17km Oggi è un

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continuo saliscendi tra rocce e boschi di ginepri. Superiamo una the house e dopo un thè caldo ripartiamo attraversando il fiume su un ponte cigolante. La sponda destra del fiume presenta slarghi pianeggiante con tenera erba verde e foreste di pini, con un odore meraviglioso. Si continua a salire lungo un sentiero creato grazie a muretti di pietra a secco. Una volta al campo andiamo in perlustrazione e scopriamo che il primo ponte del giorno successivo è parzialmente crollato. Speriamo di riuscire a passare arrampicandoci su quanto rima sto.Da Toltol a Dho Tarap (4080m) per 21km.Notte fredda, umida e ventata. In cinque minuti siamo al ponte crollato e lo superiamo arrampicandoci sui pioli, uno alla volta . Il freddo è pungente, il paesaggio diventa presto brullo. Oggi i ponti sono vecchi ed instabili. In alcuni punti il sentiero è magnificamente scavato nella roccia e ci si ritrova a camminare in una specie di tunnel. La gola si stringe ancora e abbandoniamo il fiume per risalire su sentiero ripido fino ad un passo dove troviamo un chorten vecchissimo: siamo a 3800 m. Poco dopo il

passo, la valle si allarga all’improvviso e superiamo l’ultimo ponte della giornata . Il paesaggio è completamente cambiato, gli alberi sono scomparsi e c’è tutto arido. Sono necessarie ancora 2h30 per arrivare a de st ina zione. All’orizzonte appare Dho Tarap.

La famosa Dho TarapDho Tarap è un villaggio di fascino, simbolo del Dolpo, unico punto di scambio per i commercianti di Tibet e Mustang nei tempi antichi.Il villaggio è preceduto da pareti di mani e piccoli

chorten: il buddismo per la popolazione del Dolpo è intrecciato ad ogni aspetto della vita quotidiana. I bimbi del villaggio sono i primi a vederci e a correrci incontro e si attaccano alle nostre gambe in modo affettuoso. Diamo loro biscotti e pane tibetano avanzato dal pranzo. Non ci lasciano più andare e vogliono vedere le foto che gli facciamo:

sono felicissimi! E’ una sensazione incredibile, viene la pelle d’oca. Si entra in un altro mondo...La guida ci viene a recuperare ed entriamo nel cortile del lodge dove sistemiamo le tende per le due notti successive perché qui faremo acclimatamento. I

muretti di sassi ci riparano dal vento e per i pasti siamo all’interno del lodge/market dove la stufa smorza la rigida temperatura (e non è neppure inve rno).L’influenza tibetana a Dho è ben visibile : le donne indossano abiti scuri di tessuti realizzati con lana di yak. La maggior parte degli uomini ha i capelli lunghi con nastri rossi nei capelli nello stile dei kampas tibetani. Il vestito tipico è un lungo cappotto con una manica non infilata. Un tashi delek (buona giornata, come il Namaste nepalese) è sempre accolto con un grande sorriso. Dho Tarap è un villaggio agricolo tradizionale, circondato da campi. Vediamo uomini e yak impegnati ad arare la terra . Orzo, grano saraceno e patate sono tra i pochi alimenti che possono crescere, stentatamente, in questo paesaggio arido. Il villaggio ha un piccolo mulino con la macina azionata dall’ac qua . Gli abitanti vivono grazie agli yak (formaggio, lana, sterco) e al commercio. Le case sono di pietre, in tipico stile tibetano, con piccole finestre e tetti piatti coperti da legna da ardere. Il monastero di Ribo Bumpa Gompa, vecchio di 1000 anni, situato proprio sulla collina alle spalle del villaggio. All’interno è presente una grande statua di Guru Rinpoc he , un santo buddista del VII

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secolo d.C. facilmente riconoscibile per i baffetti ed il bastone con i teschi.Prima che cali il buio assistiamo all’arrivo di una carovana di yak. Le donne del villaggioaccorrono e dividono gli animali, slegando i pesanti carichi. Questi yak sono enormi, pelosi ed imponenti. Le donne trasportano nelle abitazioni i carichi, probabilmente grano.

I passiDa Dho Tarap a Numa La (4440m) percorsi 9km.A circa un’ora da Dho Tarap è stata creata la Crystal Mountain School, un insieme di edifici di sassi e fango costruiti intorno a una specie di cortile. I fondi sono arrivati da una ONG francese che copre i modesti stipendi di alcuni degli undici insegnanti. Gli studenti sono 175, dai 5 ai 14 anni . La maggior parte di loro torna a casa solo il sabato e la domenica perché abitano troppo lontano nella valle. La scuola è gratuita, ma gli studenti devono avere il proprio cibo. Studiano nepalese, inglese e tibetano. Dopo avere assistito al canto in cortile dell’inno della scuola, attività che viene fatta tutte le mattine, ripartiamo e arriviamo al villaggio di Tokyu, a 4209m, che i nepalesi dicono essere il più alto insediamento permanente nel mondo. In un’altra ora e mezza arriviamo ai 4440 metri del Numala Base Camp. Nel pomeriggio c’è tempo per salire su una cresta sopra il campo dove c’è un vecchio chorten. Leghiamo delle bandiere colorate di preghiera in segno di buon auspicio. Il sole tramonta presto e la temperatura prec ipita . Mentre ci godiamo gli ultimi raggi dalla tenda, ci passano accanto tre carovane di yak di rientro dal passo. Una carovana trasporta sterco, le altre due trasportano pesanti assi di legn o.Notte gelida, con -10 gradi, all’inte rno della tenda.

Da Numa La a Numa La Pass (5318m) e Danigar 4480m, 12km faticosi.La quota si fa sentire e dobbiamo procedere con calma. Si sale su un ripido pendio erboso fino ad una cresta a quota 4580 dove ci sono diversi muri di Mani ed un Chorten. In una giornata limpida si ha una splendida vista su innumerevoli montagne: il Daulagiri (8767 m), l’Annapurna e il Manaslu Range, lo Shey Shikar (6139 m), il Kanjirowa (6883 m) e

molti altri. Noi abbiamo avuto cielo velato al mattino e nuvoloso da metà giornata e perciò, arrivati al Numa La Passe fatte le foto di rito, leghiamo anche noi delle bandierine e ripartiamo per la lunga e ripida discesa fino al fiume, dove si incrocia il sentiero che arriva dal passo Numa La centrale. Da qui si risale per un’ora abbondante: il sentiero sembra non finire mai. Arriviamo esausti ed infreddoliti al campo, a quota 4631 m. È un luogo suggestivo con il Norbung Kang (6085 m) innevato che domina la valle. Il vento è gelido e la temperatura è già sotto zero. Dalla vetta arrivano fiocchi di neve.

Da Danigar a Baga La Pass (5190m) e Yak Kharka (3800m) per 11.5kmCi svegliamo al gelo. Il sentiero parte subito ripido a zig zag sul versante oltre il Panklanga Khola. Un buon 2 ore dopo aver lasciato il campo arriviamo al campo alto. Da qui si ha un’ottima vista sul Norbung Kang e sul gruppo di Baga La. Dal campo si vede l’ultimo tratto del sentiero verso il passo, che sale molto gradualmente in un semicerchio sul pendio fino a Baga La (5190m). Oggi la giornata è limpidissima. Dopo il passo il sentiero scende ripido per un paio di ore. Quasi all’improvviso entriamo in una valle dove compaiono i primi cespugli e degli alberi: il primo albero è a 3925 metri. Una bella visione dopo diversi giorni in quota con il paesaggio totalmente brullo.Il campo è a Yak Kharka, 3800m, che significa “alpeggio degli yak”, dal quale si ha una splendida vista dell’imponente Kanjirowa Himal (6612 m).

Il lago più blu del pianetaDa Yak Kharka a Ringmo (Phoksundo Lake 3600m) per 7km.Tappa breve, solo tre ore per raggiungere il lago. Il sentiero per Ringmo procede sul lato destro della valle e attraversa una rigogliosa vegetazione di pini, ginepri e cipressi, ed è scavato nella roccia con passaggi esposti sul Maduwa Khola, con splendide viste sulle vette innevate circostanti. Dal passo è visibile la cascata, la più alta del Nepal e poco dopo si intravede il lago sacro di Phoksundo il cui colore turchese è fantastico. Ripide scogliere e montagne innevate circondano il lago. Ringmo si trova sulla riva del lago all’interno del parco nazionale Shey Phoksundo, creato nel 1984 allo scopo di preservare l’ecosistema trans-himalayano e flora e fauna di tipo tibetano.Sulla sponda destra c’è un monastero Bonpo e un monaco ci mostra il gompa: è vecchio di 600 anni e ospita la statua del fondatore della religione Bon.Il giorno dopo è dedicato al lago, perché vogliamo percorrere almeno un tratto del famoso “Demons’ Trail” del film Himalaya - L’infanzia di una capo - di Eric Valli. E’ l’unico sentiero che costeggia il

lago, spettacolare e molto esposto. Proseguiamo fino ad un punto panoramico contrassegnato dalle bandierine nepalesi, a quota 4007 metri. In alcuni tratti il sentiero è ripidissimo oltre che esposto.Rientrati al villaggio lo esploriamo: telai, donne sui tetti che battono il grano, gli yak che rientrano dai pascoli in autonomia, i blocchi di legno per legare gli animali fuori dalle case, le finestre decorate ed intagliate.

Si rientra: siamo contenti o ci dispiace? Entrambi!Da Phoksundo a Chepka (2660m) 22km: lasciamo il view point sulla cascata e un ripido sentiero su terreno scivoloso ci fa perdere di colpo 500 metri per diventare poi un falso piano in discesa ed infine attraverso stupende pinete miste a betulle e ad altri alberi a foglia caduca. Anche la temperatura aumenta gradualmente e costeggiamo un fiume di un bel verde smeraldo. Arriviamo al villaggio di Rechi. E’ un continuo sali e scendi seguendo il fiume, sempre su sentiero molto esposto. Gli uccelli ed i colori della vegetazione, ormai in veste autunnale, ci accompagnano finché raggiungiamo Chhekpa, un piccolo villaggio di dieci case circondato da campi di miglio e grano.Da Chekpa a Juphal, 20km. E’ l’ultimo giorno a

piedi, una lunga giornata. Il sentiero, parecchio esposto, ci regala momenti piacevoli nella valle verde e ricca di campi. Superiamo numerosi piccoli villaggi e ormai il fieno è stato tutto raccolto. Il fiume si fa sempre più grosso, mantenendo la sua limpidezza e lo stupendo azzurro. Attraversato il ponte di Sulighar lasciamo il National Park e ci dirigiamo in salita verso Juphal, pronti per il volo della mattina

presto per il Nepalgunj. E’ l’ultima sera anche per la nostra squadra e il nostro ottimo cuoco riesce anche a cucinare una torta al cioccolato!La mattina dopo il volo è più movimentato dell’andata, ma arriviamo senza problemi a Kathmandu. Già ci manca il Dolpo ma un vero letto, la doccia calda e gli ottimi ristoranti di Kathmandu sono molto graditi. Ma il vero finale è scoprire in libreria ...

Un libro fantastico : YAK GIRL - Growing Up in the Remote Dolpo Region of Nepal di Dorje Dolm a, Pilgrims Publishing .

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