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KENGO KUMA Bacci Giacomo [jiib]

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I padiglioni di Kengo kuma

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Page 1: Ricerca su Kengo Kuma

KENGO KUMA

Bacci Giacomo [jiib]

Page 2: Ricerca su Kengo Kuma

SOMMARIOIntroduzione

Dal materiale all’immateriale.

Le opere

L’importanza delle opere minori per la sperimentazione continua di KENGO KUMA.

Padiglione KXK, 2005.Shape Memory alloys e Polietilene espanso tipo Eva.

La casa del tè di Oribe, 2005.Una sperimentazione didattica: La ricostruzione del Padi-glione Oribe.

Moderna casa per il té, 2005.Tessuto in Tenara ® Gore™ le sue applicazioni.

Umbrella House, 2008.

CCCWall, 2010.

Il giardino pensile Fukusaki, 2005.

Internazionale di architettura Barbara “Capocchin”, 2007.

Conclusione

Bibliografia essenziale

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Page 4: Ricerca su Kengo Kuma

Kengo Kuma è un architetto che racconta delle vi-sioni, quando costruisce. E le racconta quando usa un

materiale. In entrambi i casi il risultato è un uso

sapiente delle parole con cui raccontare le sue visioni.

KENGOKUMAENGOENGO

Page 5: Ricerca su Kengo Kuma
Page 6: Ricerca su Kengo Kuma

Fermandosi all’epidermide del

suo operare, per quanto raffi-

nato e convincente, si negano i

principi cardine di una filoso-

fia che muove Kengo Kuma oltre

alla fisicità dei materiali di

cui si serve, certamente in ma-

niera appassionata ma al tempo

stesso strumentale, trascurando

gli aspetti impalpabili e meno

visibili di un agire vicever-

sa fondato sulla manipolazione

dello spazio. Dal vetro alla

terra cruda, dal legno alla

pietra, dal cemento al bambù,

dalle reti metalliche all’or-

ganza, dall’onice alla plasti-

ca, è un continuo sovrapporsi

e modificarsi di “ingredienti”

utilizzati indifferentemente

rispetto alle tecniche e alle

modalità d’impiego, mentre un

loro uso articolato appare sol-

lecitato dalle caratteristi-

che e dalla consistenza delle

sensazioni tattili, cromatiche

o percettive che il progetto,

come costruzione di uno speci-

fico habitat, vuole interpreta-

re. La materia è ciò che deli-

mita semplicemente uno spazio,

un vuoto, inteso non come as-

senza (concezione prettamente

occidentale) ma piuttosto quale

valore costitutivo di ogni fi-

losofia orientale. Come è noto

il fondatore del taoismo lao-

tzu asseriva che solo nel vuoto

si trova ciò che è veramente

essenziale”. La realtà di una

stanza, ad esempio, va ricer-

cata nello spazio vuoto delimi-

tato dal tetto e dalle pareti,

non dalle pareti e dal tetto

stesso. L’utilità di una broc-

ca consiste nel vuoto nel quale

l’acqua può essere versata, e

non nella forma o nel materiale

in cui è fatta. Parallelamen-

DAL MATERIALE ALL’IMMATERIALE.

te, in una città come Tokyo dove

il valore del suolo è uno dei

più elevati al mondo, il tes-

suto urbano, seppur estremamen-

te denso, prevede un vuoto. E’

in quel vuoto nell’interstizio

tra un’abitazione e l’altra che

si genera e si distingue il ca-

rattere specifico di una città,

così come letteralmente è nelle

pause e nei silenzi tra le pa-

role che si compie il timbro, il

tono e l’essenza di un discorso.

Anche per Kuma è il vuoto rac-

chiuso dall’involucro e non la

sostanza costitutiva dell’in-

volucro a raccogliere il sogno

di ogni sua speculazione cono-

scitiva, tuttavia quello stesso

involucro, ritenuto secondario

come ruolo e come importanza,

acquista un valore pradigmatico

quando partecipa con le sue ca-

ratteristiche alla costruzione

e alla definizione dello spa-

zio attraverso l’attivazione di

particolari relazioni con l’in-

torno. Nelle sue architetture

il vuoto individuato da perime-

tri impalpabili e raffinatissi-

mi si traduce in interni sobri

ed essenziali, come le antiche

stanze del tè lasciate comple-

tamente spoglie. Nei vuoti e ne-

gli spazi coperti, come le ter-

razze della Lotus House, non c’è

ridondanza o ostentazione; coe-

rentemente, i muri e i pavimenti

tendono a dissolversi e a farsi

sempre più sottili o assenti.

E se tradizionalmente le pareti

scomparivano nel terreno o si

sovrapponevano in particolari

telai scorrendo le une sulle al-

tre, adesso il legno, il bambù o

particolari elementi metallici

utilizzati da Kuma in forma di

sottili lamelle costituiscono

un lieve tramite, un diaframma

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Page 8: Ricerca su Kengo Kuma
Page 9: Ricerca su Kengo Kuma

6

tra interno ed esterno. Questa

volontà di smaterializzazione

dell’involucro ricorre in mol-

ti esempi, indifferentemente

rispetto al materiale impiega-

to, fino al perdersi nell’uso

di sottili lastre traslucide o

di materiali trasparenti, come

quelli pensati per la Oribe Tea

House, dove la tradizione è re-

cuperata, se non nei materia-

li, negli spazi; nel padiglio-

ne KXK, dove al mutare della

temperatura l’edificio cambia

il suo comportamento e la sua

forma o, ancora, nel Museo di

storia di Nasu, dove un con-

glomerato composto da paglia,

fibra di canna e pasta d’in-

tonaco, montato su un pannello

in alluminio forato, raggiunge

una trasparenza e una leggerez-

za paragonabili a quelle delle

pareti washi. Paradossalmente

nelle sperimentazioni proposte

da Kuma un materiale tradizio-

nalmente associato all’idea di

pesantezza e massività con le

pietre viene utilizzato e im-

piegato per ottenere effetti

di particolare trasparenza e

leggerezza, mentre il vetro è

utilizzato talvolta per crea-

re una palpabile e iridescente

presenza di riflessi e opacità

percepibili in modo stratifica-

to. Sensibile alla modificazio-

ne che l’architettura ha subito

con l’evolversi delle tecniche

di rappresentazione che hanno

determinato spesso un aspetto

monolitico, Kuma sottolinea in

un suo recente saggio come nella

contemporaneità “siamo passati

dal punto alla linea ed ora ci

imbarchiamo in reti. Comunque

la forma chiamata architettura

sopravvive ancora e, come og-

getto, non può che disturbare

la rete”. Kego Kuma risolve il

quesito pensando all’opera ar-

chitettonica come formata da

particelle, l’opposto dell’ar-

chitettura fotografabile. La

forma è ambigua. Se vista da

differenti distanze le parti-

celle che la compongono sono

diversamente distinguibili. Un

lavoro costituito da frammen-

ti è estremamente relativo in

natura; esso può apparire tan-

to trasparente e senza peso in

un momento quanto opaco e pe-

sante in quello successivo, ad

esempio a seconda di come la

luce lo colpisce. Non possiede

un’immagine unitaria distinta.

Non sembra godere di vantaggi

in fotografia o nella prospet-

tiva. Le immagini prospetti-

che descrivono meglio oggetti

che non sono atti a sfocarsi

o a variare, ed è precisamen-

te verso questa direzione che

i media hanno condotto fino a

oggi l’architettura. Per Kengo

Kuma, viceversa, il risultato

del progetto è semplicemente

e pervicacemente correlato a

un’architettura dotata di alto

tasso di variabilità, mentre

permane tra i più l’idea che

l’architettura sia considerata

come qualcosa di fermo e dalla

forma immutabile. D’altra par-

te, sottolinea lo stesso Kuma,

anche le nuove tecniche infor-

matiche e l’invasione dei media

nella vita contemporanea con-

tinuano ad alterare il modo (o

meglio i modi) con cui si per-

cepisce lo spazio, che diviene

indefinito come in un’immagine

a bassa risoluzione in cui i

pixel, come particelle, sono

distinguibili solo all’avvi-

cinarsi alla struttura (…) Se

pur senza uno stile uniforme e

inequivocabile, l’architettura

di Kengo Kuma risulta ancora

“naturalmente” giapponese e la

risposta non si trova nei mate-

riali o nelle forme, bensì nel-

le sensazioni, in un agire che

non si spiega e difficilmente

si scrive, nel vento che passa

attraverso i suoi diaframmi, in

una diversa organizzazione dei

diaframmi, in una diversa orga-

nizzazione degli spazi, nella

Page 10: Ricerca su Kengo Kuma

La sperimentazione continua di Kuma si ritrova soprattutto nelle

sue opere minori, quelle dove riesce a rendere le sue visioni:

«Adoro i progetti minori perché è grazie ad essi che posso mostrare

al pubblico il mio manifesto». Kuma mostra le sale da the «simbolo

prezioso della cultura giapponese» costruite negli ultimi anni :

«Mi divertono moltissimo perché posso provare i vari materiali: ho

costruito pareti di plastica e di organza ma anche leghe di cartone

e plastica». L’architetto è appassionato di materiali poveri: «Mi

piace creare attraverso i materiali poveri uno spazio spirituale,

dice. Adoro indagare il rapporto tra spiritualità e materiali di

basso costo». «Una volta ho dovuto costruire un padiglione per

una nota marca di champagne - racconta - La committenza mi spiegò

che la particolarità del prodotto stava nel non perdere mai il

sapore, neanche a temperatura ambiente. Allora ho pensato di te-

nere come concetto guida proprio la temperatura ed è venuto fuori

un padiglione che cambia forma a gradi diversi». Se le Corbusier

affermava che la forma era tutto, per Kuma è l’opposto. «La stes-

sa lega molto duttile l’ho utilizzata poi per la sala da tè dei

giardini del museo del design di Francoforte disegnato da Meyer.

Il museo è per me un’opera troppo quadrata, rigida, pesante. Per

questo ho voluto una sala con pareti molto morbide, un edificio

fragile e duttile» e continua «ma il direttore del museo temeva che

i vandali della città l’avrebbero buttato giù presto». La soluzio-

ne? Una sala da the gonfiabile. «Così da poter scomparire quando

non serve – spiega - per poi essere costruita in cinque minuti».

E’ in occasione della mostra “Casa per tutti” alla Triennale di

Milano che Kengo Kuma ha esposto il suo modello di abitazione-

ombrello: «La parola casa in giapponese significa ombrello, per

questo ho costruito una casa fatta di ombrelli di tessuto cartaceo

e molto economico: i miei studenti l’hanno realizzato in due ore

e una volta realizzata, hanno fatto una festa all’interno che è

durata tutta la notte».Una mostra personale dedicata all’architet-

to KENGO KUMA si è svolta nel 2007 a Padova ed è stato lo stesso

Kuma a curare l’allestimento, concepito come un mondo sensoriale

attraverso il quale i visitatori potranno vivere le atmosfere dei

suoi spazi.Due imponenti strutture in superorganza - materiale

sperimentale in fibra ultraleggera - imiteranno due “carpe”, sim-

bolo della nuova vita nella tradizione giapponese, “legame stretto

fra il nuovo design dell’architettura e la tradizione”, afferma

Kuma. E accompagneranno il visitatore lungo una pedana retroil-

luminata, il percorso lungo il quale saranno esposti i proget-

ti suddivisi in quattro categorie: water, land, urban, village.

L’importanza delle opere minori per la sperimentazione continua di KENGO KUMA.

Page 11: Ricerca su Kengo Kuma

LE OPERE : I padiglioni di Kengo Kuma Padiglione KXK, 2005.

La casa del tè di Oribe, 2005

Moderna casa per il tè, 2007

Umbrella House, 2008

CCCWall, 2010

Il giardino pensile Kukusaki, 2005

Internazionale di architettura a Padova, 2007

Page 12: Ricerca su Kengo Kuma

Un padiglione temporaneo, che viaggerà per il mondo, progettato per un evento presentato da un produttore di champagne. Cercando di prendere le distanze dall’im-magine dell’architettura come qualcosa di fermo, con una forma invariabile, ho selezionato una membrana estremamente morbida di un materiale chiamato EVA: un fo-glio di resina intrecciata (di 2 mm di diametro) che è poi soste-nuto da una struttura metallica shape-memory (che ricorda la sua geometria). Anche questa ha un diametro di 2 mm: è più simile ad

PADIGLIONE KXK,2005. Tokyo.

una membrana che ad una struttura, intesa a neutralizzare al massimo grado la dicotomia membrana-strut-tura. Poiché il metallo si modifica al variare della temperatura, anche il profilo della cupola è varia-bile. Il modo in cui la forma si trasforma è più vicino all’essere biologico che a quello architet-tonico. In definitiva il raffred-damento elimina la rigidità della lega metallica, rendendo possibile ripiegare la cupola che si adatta cosi ad un piccolo container: que-sta caratteristica permette al pa-diglione di viaggiare per il mondo.

Page 13: Ricerca su Kengo Kuma

ANNO: PROGETTO 2005-REALIZZAZIONE 2005

LUOGO: HARA MUSEUM, SHINAGAWA-KU,TOKYO,GIAPPONE

DESTINAZIONE D’USO: PADIGLIONE

SUPERFICIE UTILE TOTALE: 4 MQ

10

SEZIONI

Page 14: Ricerca su Kengo Kuma

Il Padiglione KXK, veduta dall’esterno.

Page 15: Ricerca su Kengo Kuma
Page 16: Ricerca su Kengo Kuma

1

I materiali a memoria di for-

ma (Shape Memory Alloys) rappresenta-

no una classe di materiali metalli-

ci dalle inusuali proprietà meccaniche.

In particolare, con il termine leghe a

memoria di forma (Shape Memory Alloys,

SMA’s, o LMF) si indica un’ampia classe

di leghe metalliche, scoperte abbastan-

za recentemente, che hanno come caratte-

ristica principale quella di essere in

grado di recuperare una forma macrosco-

pica preimpostata per effetto del sem-

plice cambiamento della temperatura o

dello stato di sollecitazione applicato,

sono cioè capaci di subire trasformazio-

ni cristallografiche reversibili, in fun-

zione dello stato tensionale e termico.

Quando una SMA è sotto la sua temperatura di

trasformazione può essere deformata abba-

stanza facilmente a causa del suo basso σ y;

se riscaldiamo però il materiale sopra

la temperatura di trasformazione, suben-

tra un cambio nella struttura cristallina

che causa il ritorno alla forma origi-

naria e sviluppa una forza notevole. In

particolare, le SMA subiscono una tra-

sformazione di fase cristallina quando

vengono portate dalla loro configurazione

più rigida ad alta temperatura (auste-

nite), alla configurazione a più bassa

energia e temperatura (martensite). Tale

trasformazione è appunto la causa prima

delle qualità peculiari di queste leghe.

Questa proprietà, unica nel suo gene-

re, è sfruttata in moltissimi campi che

spaziano da quello medico a quello mec-

canico fino a quello microelettrico.

Oltre alla caratteristica di reversibili-

tà termica della deformazione (“effetto a

memoria di forma”, SME), le LMF presen-

tano anche altre caratteristiche, quali

il comportamento superelastico (noto in

letteratura come “effetto superelastico”)

che ha moltiplicato le possibilità di im-

piego, e la capacità di generare eleva-

te forze in fase di recupero della for-

ma, che risultano di notevole interesse

per possibili applicazioni industriali.

Con la dicitura Polietilene - EVA ci rife-

riamo ad una famiglia di prodotti che han-

no in comune il fatto di essere composti

Shape Memory Alloys e Polietilene principalmente da resine poliolefiniche

reticolate ed espanse (polietilene espan-

so). Sono schiume a cella chiusa, che per

le loro caratteristiche trovano applica-

zione in tutti i settori; in particolare

presentano ottimi comportamenti alle sol-

lecitazioni meccaniche, ottima galleg-

giabilità, buon isolamento termico e, in

combinazioni particolari, anche acustico.

L’eccellente lavorabilità permet-

te l’impiego in applicazioni ottenu-

te per stampaggio, accoppiatura, spac-

catura, fustellatura, floccaggio ecc..

È possibile accoppiarlo a diversi mate-

riali per migliorarne le caratteristiche,

ad esempio ad un film di alluminio o ad

una lastra di piombo oppure a pellicole

protettive per migliorare la resistenza

al calore, le caratteristiche acustiche

o la resistenza all’abrasione. È al-

tresì possibile trattare una superficie

con vari tipi di adesivi (protetti da

pellicola rimovibile) al fine di faci-

litarne la posa in opera. Il materiale

fa della leggerezza e del comfort i sui

punti di forza: bassa densità (0,11-0.35

gr/cm3), buone proprietà fisico-meccani-

che (abrasione DIN 53516/77, 90/200 mm3)

congiuntamente ad ottimo aspetto tatti-

le (durezza 14-50 Sh.A). Ha un’ottima

resistenza agli agenti atmosferici sia

alle medie che alle basse temperature.

Il materiale proprio per la caratteri-

stica di essere a cellula chiusa è com-

pletamento antibatterico. Il materiale

ha un’ottima resistenza ai raggi U.V.

e quindi all’invecchiamento e riesce a

mantenere il colore invariato nel tem-

po. Proprio la vastissima gamma di colo-

ri rende questo materiale appetibile per

infinite applicazioni. Inoltre si pos-

sono creare nuovi colori a secondo del-

le specifiche esigenze del Cliente. Una

speciale formulazione del materiale che

si può definire “antifiamma” e che ha già

superato i test per la classificazione

nel settore automotive (direttiva 95/28/

CE) e nel settore arredamento (UNI 9175

– Classe 1). Una speciale formulazione

del materiale ha superato la normativa EN

1621 – 1/97 per i protettori d’impatto.

Page 17: Ricerca su Kengo Kuma

La casa del tè di Oribe,2005 Tajiimi.

Il Padiglione Oribe è stato realizzato da

Kengo Kuma nel 2005 al Ceramics Park Mi-

no, a Tajimi, nella prefettura di Gifu, in occa-

sione dell‘annuale mostra dedicata alle ce-

ramiche, per celebrare uno dei più grandi

maestri giapponesi del tè, Furuta Oribe, co-

mandante militare e uomo di grande cultura

vissuto nel XVI secolo. Il Padiglione è realiz-

zato interamente in policarbonato e misura

circa mt 6 ≈ 3,40. Le 92 costole di policarbo-

nato alveolare di 5 mm che formano la strut-

tura, distanziate tra di loro di cm 6,5, creano

un involucro traslucido dalla forma organica

che genera lo spazio interno ed al tempo

stesso permette alla luce di-

filtrare attraverso di esso.

I distanziatori, anch’essi in poli-

carbonato, assolvono la duplice funzione di

“cucire” tra di loro le costole e, non essendo

queste sempre ricavate da un unico pannel-

lo di policarbonato ma dall’accostamento di

2/3 pezzi sagomati, di unirne la varie parti

che le compongono. La pedana, alta

18,5 cm, è formata da pannelli di policarbo-

nato da 20 mm poggiati su di una sottostrut-

tura costituita da longheroni in policarbonato

bianco opaco da 2 mm a sezione trapezioi-

dale,disposti traversalmente alla generatri-

ce della composizione; i longheroni sono a

loro volta fissati, tramite strisce di velcro, a

pannelli in multistrato di legno sui quali sono

disposte in serie delle lampade fluorescenti

lineari. Grazie alla traslucenza del policar-

bonato e della particolare sezione dei longhe-

roni,la pedana diventa unasorgente lumi-

nosa che permea di luce diffusa le costole

del padiglione.

Page 18: Ricerca su Kengo Kuma

LUOGO: CERAMIC PARK MINO,TAJIMI,GIAPPONE

DESTINAZIONE D’USO: PADIGLIONE

SUPERFICIE UTILE TOTALE: 8 MQ

ANNO: PROGETTO 2005 - REALIZZAZIONE 2005

La cerimonia del

tivo del progett

le. Si tratta de

costo. La casa pe

da e collegati t

se che, una volt

SEZIONE

PIANTA

Page 19: Ricerca su Kengo Kuma

tè è una delle espressioni artistiche principali della cultura giapponese. Il tratto distin-

o per la casa per il tè Oribe, nel Ceramics Park Mino, è il suo carattere temporaneo e mobi-

ella realizzazione di uno spazio reso prezioso dall’impiego di materiali informali e a basso

er il tè Oribe ha una struttura in fogli di plastica corrugata, montati come a formare una ten-

tra loro da strisce orizzontali. Queste ultime sostengono l’intera struttura e sono le stes-

a smontate, consentono al progetto di rivelarsi un sistema costruttivo facilmente trasportabile.

Page 20: Ricerca su Kengo Kuma

Il Padiglione Oribe è stato ricostruito ad

Ascoli Piceno nel giugno del 2006

all’interno della duecentesca chiesa

di Sant’Andrea, in occasione dell’alle-

stimento della mostra itinerante “Kengo

Kuma, selected works”curata da Luigi Ali-

ni. La realizzazione costituisce l’esito

di una sperimentazione progettuale com-

piuta in un workshop che ho coordinato

presso la Facoltà di Architettura di

Ascoli Piceno, nell’ambito del Laborato-

rio di laurea in “Costruzione dell’archi-

tettura e dell’ambiente”. Il workshop,

che ha visto impegnati a tempo pieno 16

studenti per circa quattro mesi, si è

articolato in tre sessioni di lavoro: la

prima dedicata allo studio del progetto

originale, la seconda alla progettazione

e alla realizzazione delle parti compo-

nenti, l’ultima al montaggio in situ del

Padiglione. Nella prima fase il proget-

to del padiglione, sulla base dei dise-

gni originali messi a disposizione dallo

studio di Kengo Kuma, è stato indagato,

ridisegnato e ricostruito attraverso mo-

delli e plastici di studio per giungere

all’individuazione delle sue parti com-

ponenti e del sistema di giunzioni. Il

padiglione è stato così scomposto in 3

elementi essenziali: le costole, i di-

stanziatori, la pedana. La seconda ses-

sione di lavoro è stata svolta in stretto

contatto con le aziende che hanno sponso-

rizzato l’operazione che, oltre a fornire

materiali e prodotti per la realizzazione

del padiglione, hanno messo a disposizio-

ne il loro know-how tecnico-organizzativo

per lo sviluppo delle soluzioni tecnico-

costruttive. Dal confronto con le azien-

dee con lo stesso Kuma è stato messo a

punto un nuovo progetto realizzativo che

ha previsto alcune necessarie modifiche

al progetto originario. Le 92 costole che

formano la struttura sono state ricavate

da pannelli di policarbonato alveolare

di colore neutro di 6 mm di spessore

(in Europa non esistono infatti lastre

da 5 mm), di quattro diverse dimensioni:

210 ≈200 cm, 210 ≈ 250 cm, 210 ≈ 300

cm, 210 ≈ 350 cm. Ciascuna costola, a

seconda della forma, della dimensio-

ne e della posizione, è stata ricava-

ta dall’accostamento di 2 o 3 pezzi di

policarbonato precedentemente sagomato.

Per ottimizzare il taglio delle lastre

e per favorire una migliore diffusio-

ne della luce, le costole, a diffe-

renza del progetto di Kuma, sono state

disposte con i canali orientati in sen-

so verticale. Il metodo di “cucitura”

delle lastre è rimasto invariato: sono

stati impiegati distanziatori di poli-

carbonato da 6 mm di 6,5 ≈ 10 cm al

cui interno, sfruttando la presenza

dei canali alveolari, sono state po-

sizionate delle fascette di plastica,

abitualmente utilizzate per il cablaggio

impiantistico, dotate di un fermo che rende

definitivo e reversibile il fissaggio. La

modifica più importante ha interessato la

pedana, laddove la struttura prevista

da Kuma, interamente in policarbonato,

è stata sostituita da un’altra in mat-

toni di vetro di cm 20 ≈ 20, alloggiati

all’interno di una griglia di profili

in alluminio a maglia quadrata da 100 ≈

100 cm, poggiante su piedini metallici

regolabili in altezza. Gli elementi di

vetromattone formano una pedana rettan-

golare di mt 6 ≈ 8 che funge da “vasso-

io” luminoso su cui poggiano le costole.

In virtù di questa modifica anche l’im-

pianto di illuminazione ha subito alcune

variazioni: al di sotto della struttura

in alluminio sono stati posizionati 32

tubi fluorescenti collegati ad un dim-

merizzatore che, regolandone l’intensità

di luce, simula una sorta di “respiro”

luminoso del padiglione con un conse-

guente effetto di smaterializzazione

delle costole che lascia fluire lo spa-

zio interno verso l’esterno e vicever-

sa. La fase di montaggio del Padiglione

all’interno della chiesa è durato una

settimana. Inizialmente è stata posta in

opera la pedana: montato l’intero reti-

colo di alluminio, sono stati posiziona-

ti i 1200 elementi di vetromattone. Il

processo di montaggio delle 92 costo-

le costituenti la struttura prevedeva:

-

ra, con nastro adesivo, dei vari pez-

Una sperimentazione didattica: La ricostruzione del Padiglione Oribe.

Page 21: Ricerca su Kengo Kuma
Page 22: Ricerca su Kengo Kuma

zi che formavano la singola costola,

te uno schema grafico di riferimento;

punta di 8 mm, mediante il posiziona-

mento sulla lastra di policarbonato di

una mascherina

in metallo con 2 fori;

-

pressore, per eliminare i residui pla-

stici formatisi durante la foratura;

-

tettive delle lastre;

pedana;

-

ziatori,

facendo prima passare un capo della fa-

scetta di cablaggio nell’alveolo supe-

riore

del distanziatore, appoggiando poi il

distanziatore alla lastra in corrispon-

denza dei fori ed infilando la fascetta

prima ne foro superiore, poi in quello

inferiore per passare quindi in un altro

canaletto alveolare in prossimità del

margine inferiore del distanziatore;

-

siva:

facendo passare i due capi della fa-

scetta

nei fori della seconda costola per poi

stringerla ed infine tagliare la parte

di fascetta

rimanente. La ri-costruzione del Padi-

glione Oribe ha costituito una speri-

mentazione didattica assai rara nelle

scuole di architettura italiane ed ha

consentito agli studenti di effettua-

re una simulazione della complessità

del processo progettuale e costrutti-

vo, entrando in contatto con tutti gli

aspetti che lo caratterizzano, indi-

pendentemente dalla scala del manufat-

to, dalle fasi ideative a quelle pro-

gettuali, dalla produzione delle parti

componenti alle verifiche progettuali,

fino alla costruzione degli strumenti

necessari alla operatività tecnico-ese-

cutiva. La sperimentazione condotta nel

workshop di Ascoli Piceno ha offerto

inoltre un’occasione di confronto tra

la formazione universitaria e la produ-

zione industriale. Se, infatti, studen-

ti e docenti hanno potuto sperimentare

praticamente il potenziale innovativo

industriale, sotto forma di materia-

li, tecniche, logiche e conoscenze, le

aziende che hanno concorso alla realiz-

zazione del padiglione, dal canto loro,

hanno potuto sperimentare alcune ipo-

tesi tecniche che potrebbero ampliare

e innovare il campomdi applicazione di

prodotti e di tecnologie a volte confi-

nati all’interno di ristrette logiche di

mercato. In modo particolare, il Padi-

glione mette in risalto le qualità este-

tiche e funzionali del policarbonato,

da sempre considerato un materiale “po-

vero” e utilizzato prevalentemente per

edifici industriali, che è stato impie-

gato in questo caso da Kuma per stabili-

re una relazione tra materia e luce con

l’obiettivo di coniugare la trasparenza

dell’involucro con il senso di chiusu-

ra e di intimità dello spazio interno:

le lastre traslucide di policarbonato

si dissolvono al passaggio della luce

consentendo allo spazio interno di “as-

sorbire” osmoticamente lo spazio ester-

no. Il policarbonato, materiale “chip”

ma capace di alte prestazioni, ben si

presta ad assecondare l’intenzione di

Kuma di dimostrare con quest’opera il

cambiamento radicale operato dai mae-

stri del tè nel XVI secolo nella di-

rezione dell’esaltazione degli aspetti

più spirituali della cerimonia e della

rinuncia alla ricchezza dei materiali

da costruzione, che doveva- ∂ 2007 ¥ 10

Inserto ampliato in italiano Traduzioni

in italiano 2 no essere standardizza-

ti, economici e presi dalla vita comune.

Il Padiglione Oribe è stato realizza-

to nell’ambito delle attività didat-

tiche del Laboratorio di Costruzio-

ne dell’Architettura e dell’Ambiente

(corso di laurea triennale in Scienza

dell’Architettura – Facoltà di Archi-

tettura di Ascoli Piceno – Università

di Camerino) prof. Massimo Perriccioli

(coordinatore), prof. Sergio Altomonte,

prof. Jean Philippe Vassal Il proget-

to scientifico è stato realizzato dal

prof. Luigi Alini e dal prof. Massimo

Perriccioli.

Page 23: Ricerca su Kengo Kuma

MONTABILITÀ / SMONTABILITÀ

- Facilità di smontaggio- Completa smontabilità- Ripetibilità del montaggio- Movimentazione manuale dei componenti smontati

TRASFERIBILITÀ

- Flessibilità di movimentazione e di stoccaggio- Facilità di trasporto e di movimenta-zione- Semplicità di stoccaggio- Assenza di elementi a seguito del di-sallestimento(reti e cablaggi, allacciamenti, …)

INTEGRABILITÀ

- Integrabilità reciproca dei moduli- Integrabilità impiantistica degli ele-menti tecnici- Integrabilità dei componenti

ACCESSIBILITÀ

- Fruibilità da parte di utenti con ridot-te capacità motorie- Riconoscibilità dell’insediamento- Accessibilità ai servizi comuni

Page 24: Ricerca su Kengo Kuma

Moderna casa per il té,2005Francoforte.

Il progetto per una moderna casa per il

tè nasce appositamente nell’ambito di

una mostra dedicata al design giapponese

presso i Museums fur Angewandte Kunst di

Francoforte nel 2007. Poiché si tratta

di una struttura tempranea e trasporta-

bile, la Modern Tea House potrà essere

ricostruita in differenti luoghi e, gra-

zie alla sua conformazione, adeguarsi ai

diversi contesti. La struttura portante

è costituita da un’innovativa membrana

gonfiabile sintetica chiamata Tenara, ca-

ratterizzata da un doppio strato di mate-

riale all’interno del quale viene intro-

dotta aria compressa; grazie all’assenza

delle tradizionali fibre di vetro delle

membrane convenzionali, il Tenara è in

grado di modellare la sua forma seguendo

i cambiamenti climatici e le condizio-

ni naturali specifiche del luogo in cui

quest’architettura potrebbe essere rico-

struita. La sua superficie, luminosa e

trasparente, riflette i cambiamenti di

luce e di climache la circondano, men-

tre la creazione dello spazio è piutto-

sto elementare: è sufficiente rimuovere i

pannelli di acciaio che sostengono l’in-

volucro e gonfiare la membrana. In questo

modo il progetto prende vita. Il risul-

tato è una forma voluttosa e indefinita

il cui interno, rarefatto e offuscato,

si dissolve nel tempo e nello spazio.

Lo spazio interno, raccolto e di appena

30 mq, è popolato da tatami opportunata-

mente posizionati secondo il rito della

cerimonia del tè e l’atmosfera che viene

a crearsi sollecita esperienze oniriche

come quelle che questa cerimonia dovrebbe

essere in grado di suscitare. Il caratte-

re di malleabilità e la capacità di inte-

grarsi con le condizioni metereologi che

dell’intorno non sono elementi nuovi nel-

la filosofia progettuale di Kengo Kuma e

ricordano altri progetti precedenti come

quello temporaneo per il padiglione KXK.

Page 25: Ricerca su Kengo Kuma

SEZIONE

PIANTA

Page 26: Ricerca su Kengo Kuma

Moderna casa per il Tè, veduta dall’esterno.

Page 27: Ricerca su Kengo Kuma

Tessuto in Tenara ® Gore™ Le sue applicazioni.

La membrana TENARA viene spesso utilizzata

in numerosi progetti per la sua capacità di

trasmettere luce garantendo protezione, affi-

dabilità, flessibilità, durata ed esaltando

al tempo stesso la bellezza di uno spazio.

Queste superfici gonfiabili vengono realiz-

zate con fili molto più resistenti rispet-

to ai fili convenzionali in poliestere usati

su tendoni o altre strutture all’esterno che

perdono stabilità nel tempo e possono romper-

si a causa dell’esposizione ai raggi UV, ai

detergenti, all’acqua marina e agli agenti

atmosferici. Al contrario la speciale strut-

tura in PTFE del filo per cucire GORE™ TENARA®

garantisce una lunga durata delle cuciture e,

di conseguenza, del prodotto nel quale vie-

ne utilizzato. Il filo TENARA® non subisce

in alcun modo gli effetti di questi agenti

ed è perciò ideale per l’impiego all’ester-

no, viene garantito per una durata superiore

persino al tessuto sul quale viene cucito.

Il nuovo tetto mobile sul campo centra-

le di Wimbledon, 5200 metri di tessuto

architettonico GORE™ TENARA®.

Entrato in azione per la prima volta

ufficialmente in occasione della vit-

toria dello scozzese Murray, il tetto

mobile di Wimbledon si appresta a di-

ventare una delle caratteristiche del-

lo storico tempio del tennis. Uno solu-

zione high tech, che in soli 10 minuti,

grazie ad un meccanismo complesso, co-

pre il campo centrale stendendo ben

5200 metri di tessuto speciale Gore,

leggerissimo, impermeabile, resistente

al vento e in grado di far passare la

luce naturale. La struttura portante

dello speciale tessuto architettonico

GORE™TENARA®, solo 0,5 millimetri, anti

raggi UV, molto durevole, utilizzabi-

le con saldature ad alta frequenza, è

realizzata con una filatura di PTFE

(politetrafluoroetilene) traslucida e

antistrappo, resa impermeabile da un

rivestimento fluoropolimerico flessi-

bile. La superficie inoltre è repel-

lente allo sporcizia, che viene pulita

via dalla sola pioggia. Anche quando

il tetto è chiuso si ha la sensazione

di giocare sempre all’aperto. Questo è

importante sia per mantenere la tra-

dizionale esperienza per i giocatori

e gli spettatori, sia per consentire

alle telecamere di catturare immagi-

ni ad alta qualità. La capacità della

membrana di flettere senza usura è sta-

to un altro fattore determinante nella

sua selezione. Per la maggior parte

dell’anno la copertura resta ripiega-

ta a drappo nel suo apposito spazio,

questo materiale deve quindi assicu-

rare che il tessuto non si crini o

apporti muffe. Perfetto dunque per un

utilizzo del genere, lo speciale ma-

teriale è particolarmente apprezzabile

per i suoi canoni estetici visibili ad

occhio nudo, che insieme alla straor-

dinaria luminosità, rendono il campo

centrale di Wimbledon ancora più unico

ed esclusivo.

Page 28: Ricerca su Kengo Kuma

Festungsarena Kufstein, Rectable Roof

Kugel & Rein Architects and En-gineers hanno progettato una struttura circolare a scomparsa che copre una superficie di circa 2.000 metri quadrati. La membra-na traslucida, di colore bianco, che si snoda con leggerezza as-sumendo le sembianze di un fiore, può essere aperta e chiusa nel giro di soli quattro minuti per proteggere l’area dalle intempe-rie atmosferiche. Questa coper-tura consente di utilizzare spa-zi all’aperto proteggendoli in caso di maltempo e non solo. An-che l’acustica complessiva dello spazio sembra migliorare e l’uso dell’illuminazione dinamica mul-ti-colore proiettata sulla mem-brana produce un effetto visivo suggestivo.

‘She Changes’, Janet Echelman

Una grande medusa si muove dol-

cemente, animata dal vento, so-

pra il Phoenix Park dell’omonima

città in Arizona. L’ideatrice di

Her Secret is Pacience, animale

sui generis fuori scala e ambien-

te naturale, è Janet Echelman,

artista americana non nuova alle

sperimentazioni con sculture tes-

sili in maxiscala. Le opere si

adattano ai ritmi naturali propri

del volgere del giorno e delle

stagioni. Belle di giorno, per i

riflessi sull’acqua che moltipli-

cano la corporeità dell’instal-

lazione, belle di notte per il

vestito luminoso che illumina il

cielo. La scultura dinamica ha un

diametro di 46 metri e la sua al-

tezza è paragonabile a quella di

un edificio di 14 piani. Anche

in questo caso viene utilizzata

la membrana Tenara intracciata in

corde colorate. La scultura gal-

leggiante in aria, è tenuta in

alto da un enorme anello in ac-

ciaio dal peso di circa 50 ton-

nellate collegato a dei cavi a

tre pali di varie altezze, che

permettono alla scultura di muo-

versi e ondeggiare con il vento.

Page 29: Ricerca su Kengo Kuma
Page 30: Ricerca su Kengo Kuma

Umbrella House di Kengo Kuma

e’ un’abitazione costituita

da ombrelli fissati da cernie-

re utilizzate per mute da sub e

sostenuti da una capriata com-

posta di bacchette da ombrello.

E’ attraverso questo assemblag-

gio che l’architetto realizza una

sorta di rifugio modulare. Ogni

ombrello è dotato di due “lacci”

che pendono dalla punte centra-

li per consentire diverse compo-

sizioni. Le cerniere lampo sono

tagliate leggermente più lunghe

rispetto ai bordi degli ombrelli

in modo che il materiale in ec-

cesso possa essere legato insie-

me per la sigillatura dei giunti.

All’interno la struttura che ca-

ratterizza gli ombrelli permette

l’affisione di oggetti vari...

Umbrella House,2008Milano, Triennale di Milano.

Page 31: Ricerca su Kengo Kuma

CCCWall,2010Milano, Salone internazionale del mobile.

Il Cortile dei Bagni dell’

Università degli Studi di

Milano ha ospitato l’istal-

lazione di Kengo Kuma.

Una parete, realizzata

in leggerissima organza,

si anima sotto l’impul-

so del minimo spostamento

d’aria… e separa due mondi

in relazione attraverso la

mutevole e cangiante tra-

sparenza del materiale.

La super-organza”, un ma-

teriale simile all’organ-

za e ancora più sottile

e leggero, viene spesso

utilizzato Da Kengo Kuma

nelle sue installazioni.

Interni Think Tank ha proposto una ri-

flessione sul bisogno di rinnovamento

e sui mutamenti dei valori del pro-

getto nel nuovo millennio. Un momento

di verifica sulla condizione contem-

poranea, dove design e architettura,

disegno dell’oggetto, dell’arredo e

dello spazio convergono in un processo

di positiva contaminazione. Attraver-

so installazioni sperimentali create

con l’apporto di progettisti inter-

nazionali e il supporto di aziende

d’eccellenza nel campo del design e

dell’architettura, la Mostra ha of-

ferto una scenografica composizione,

all’interno dei cortili e dei loggiati

dell’Università degli Studi di Milano.

Casalgrande Padana è stata una dei

principali protagonisti dell’evento

con il suggestivo allestimento CCC-

Wall, progettato da Kengo Kuma ispi-

randosi alla sua prima opera ita-

liana: “Casalgrande Ceramic Cloud”,

spettacolare landmark in corso di re-

alizzazione davanti al sito produtti-

vo dell’azienda a Casalgrande (RE).

CCCWall divideva il chiostro del Cortile

dei Bagni dell’ateneo in due giardini

ideali di ceramica, simili ma contrap-

posti, metafora di Yin e Yang. La pare-

te, realizzata in leggerissima organza,

Page 32: Ricerca su Kengo Kuma

separa due mondi in relazione attraverso la mutevole e cangiante trasparenza del materiale che,

grazie alla sua estrema leggerezza, si animea sotto l’impulso del minimo spostamento d’aria.

Un layer di fibra semitrasparente, che durante la notte si trasformerà in uno scre-

en sul quale verranno proiettate straordinarie immagini, anticipazioni e uno spe-

cial cut del trascorrere di un giorno attorno all’opera in costruzione a Casalgrande.

L’allestimento è completato da una sequenza di installazioni tematiche posizionate lun-

go la loggia e all’interno delle stanze che si affacciano sul chiostro che raccontano

la storia e il collegamento tra istallazione temporanea e l’opera reale in costruzione.

Page 33: Ricerca su Kengo Kuma

Il giardino pensile Fukusaki,2005Osaka

Il Vertical Graden, collocato nell’area

del litorale di Osaka, è stato proget-

tato come un terreno tridimensiona-

le temporaneo di gioco per i bambi-

ni. Questo giardino è capace di unire

varie attività: incontri, concer-

ti e giochi accanto alla gara podi-

stica e al chiapparello dei bambini.

Per ottenere la flessibilità di uno

spazio che fosse in grado di ospitare

diverse funzioni, ho utilizzato tende

di vinile al posto di spesse pareti di

cemento. le tende di vinile sono co-

munemente usate nei magazzini e nelle

fattorie. L’unicità della tenda risie-

de nel fatto che questa ha una morbi-

dezza che è differente sia dal cemento

che dal vetro. Le tende di vinile sono

un materiale morbido perciò i bambni,

attraversandole in corsa, non possono

farsi male. E’ il motivo per cui ho

sentito di voler realizzare l’edifi-

cio con materiali morbidi e leggeri.

Inoltre le tende di vinile non sono

come le pareti o le porte: ogni punto

può diventare un ingresso. Se la gente

vuole entrare all’interno, deve solo

dare una spinta alla tenda di vinile.

Fino ad ora si sono realizzati edifici

fatti di pareti e di porte, di muri e

di finestre. Ma l’uso della tenda di

vinile sta aumentando la possibilità

di nuovi tipi di edifici e implica nuo-

ve pareti leggere e vaghe. Ho sentito

che il carattere di questa parete e i

bambini erano fatti l’uno per l’altro.

Page 34: Ricerca su Kengo Kuma
Page 35: Ricerca su Kengo Kuma

PIANTE E SEZIONI

Page 36: Ricerca su Kengo Kuma

Il giardino pensile Fukusaki.

Page 37: Ricerca su Kengo Kuma
Page 38: Ricerca su Kengo Kuma

Entrando nel Salone del Palazzo della Ra-

gione di Padova non si fatica a immaginare

perché Kengo Kuma abbia presumibilmente

intravisto, tra i raggi di luce che pe-

netrano da ovest, le due carpe che hanno

dato titolo e corpo alla mostra. Questo

luogo è, infatti, come un enorme acqua-

rio o una carena di nave rovesciata; un

ventre magico, capace di contenere i più

importanti eventi culturali padovani.

Come le carpe svolazzanti della Festa dei

Bambini il 5 maggio in Giappone accarez-

zano e colorano i cielo, così l’instal-

lazione della mostra dialoga, lievemen-

te, con lo spazio storico. Un percorso

sopraelevato a forma di otto misura la

veneziana del pavimento e, allo stesso

tempo, contiene i panelli espositivi,

cosicché il visitatore li calpesti e

abbia lo sguardo rivolto verso il bas-

so. Lungo questo nastro si susseguono

i lavori dell’architetto, suddivisi in

quattro classi tematiche: acqua, terra,

villaggio e città, interrotti da un lun-

go tunnel di stoffa a sezione variabile.

Ai lati, come isole emerse, due micro-

padiglioni: una tea house in policarbo-

nato alveolare dedicata al maestro Oribe

e una troppo ardita costruzione cubica

in carta, andata parzialmente distrutta

durante la mostra. La composizione è,

infine, spezzata diagonalmente da una

processione di cerchi metallici e or-

ganza appesi alle catene della copertu-

ra. I cardini dell’estetica del maestro

giapponese hanno, perciò, poeticamente

preso forma. E se il percorso cicli-

co ricorda che l’architettura è un’arte

dinamica e sequenziale come il cinema e

la musica, l’enorme pesce di stoffa con

la bocca spalancata sprona a distrug-

gerla e a rielaborarla. “I want to era-

se architecture”, dice Kuma. Il tutto

in precario equilibrio, tra sofisticate

rimembranze e un effetto “ottovolante”

sempre in agguato, quando l’esposizione

si trasforma in installazione, in even-

to. L’architettura di Kuma non è immune

da questo conflitto: la fama di cui gode

è più legata alla sua poetica capacità

compositiva o alla sequenza iconografi-

ca che costella la sua mirabile carrie-

ra? I discepoli dell’architettura come

disciplina a sé, arte del costruire e

del dettaglio, guardano a lui come a uno

degli ultimi profeti. Ma chi è uscito da

questa mostra si rende conto che anche

questa volta lo spettatore ha dettato

la sua dittatura. Anche se ha gli occhi

di un bambino giapponese. La carpa sim-

boleggia il legame stretto fra il nuo-

vo design dell’architettura e la tradi-

zione; viene ribaltata la definizione

“architettura rigida / natura organica”

astraendo, con la schematizzazione dei

due pesci, un’allegoria che si avvicina

Internazionale di architettu Palazzo della regione, Padova.

Page 39: Ricerca su Kengo Kuma

all’effimero della scenografia, ma che

restituisce comunque delle sensazioni

legate alla spazialità architettonica.

Un gioco di volumi, reso quasi immagi-

nario dall’eterea inconsistenza dei ma-

teriali e amplificata dalle dissolven-

ze luminose, che parzialmente inghiotte

una lunga pedana continua. Costruita

con una struttura metallica, sulla qua-

le è poggiato superiormente un doppio

vetro calpestabile, la passerella pro-

tegge e mostra una sequenza di immagi-

ni retroilluminate dal suo interno che

raccontano la carriera dell’architetto

giapponese. Un effetto altamente sce-

nografico, a definire un percorso di

lettura delle varie opere di Kuma, che

difficilmente potrebbe essere più chia-

ro nella sequenza proposta ai visitato-

ri. Una sorta di sentiero luminoso che

durante l’affollata inaugurazione “ha

messo in fila” tutti gli intervenuti

generando un inedito ordinato corteo.

Una documentazione di opere però pre-

vedibile che forse, causa la non sempre

attraente qualità delle fotografie e

dei rendering esibiti, dissipa le sug-

gestioni sensoriali di tutto l’apparato

allestitivo, concatenando le immagini

del catalogo in una lunga e … scon-

tata striscia luminosa. Le suggestione

evocata dalla figura delle due grandi

carpe non trova quindi riscontro nel-

la sequenza fotografica, pur esaltata

dalla retroilluminazione e felicemente

integrata e scandita da brevi e incisive

frasi in inglese ad introdurre i vari

interventi architettonici rappresenta-

ti. Nei recessi sinuosi creatisi tra

la forma ad “otto” della pista-circu-

ito, hanno ben convissuto le presenze

“inamovibili”del Salone, tra le quali il

cavallo ligneo del 1466 e, appartenenti

alla mostra, le strutture architettoni-

che riproponenti, in scala reale, due

opere di Kuma: la Oribe Tea House e la

Paper Tea House. Alla fine è comunque

risultata intrigante l’interazione che

si è generata tra il percorso obbligato

- scandito dalla lettura del materiale

fotografico - e la libertà offerta dalle

suggestioni figurative giù dalla pas-

serella luminosa, con la visione delle

strutture aeree e degli interventi a

livello del pavimento. Una spazialità

inedita che, partendo dall’assunto del

progettista “I want erase the archi-

tecture”, cerca, nell’astratto dialogo

con il contesto, la ragione spaziale

del suo essere e trova, nell’appro-

priato uso delle suggestioni luminose

(messe in opera con la preziosa colla-

borazione di Carlotta de Bevilacqua),

la sua smaterializzazione percettiva.

ra Barbara “Capocchin”,2007.

Page 40: Ricerca su Kengo Kuma
Page 41: Ricerca su Kengo Kuma

Internazionale d’architettura,Padova 2007.

Page 42: Ricerca su Kengo Kuma

h

http://www.designboom.c

ht

Kuma sembra condividere la posizione di Heideg-

ger di fare spazio: “Fare spazio significa sfoltire, ren-

der libero, liberare un che di libero, un che di aperto.

Solo quando lo spazio fa spazio e rende libero un che di li-

bero, lo spazio accoda, grazie a questo libero, la pos-

sibiltà di contrade, di vicinanze e lontananze, di dire-

zioni e limiti, le possibilità di distanze e di grandezze”.

L’architettura per Kuma deve cercare di non costringere le per-

sone a viverci dentro. Al contrario, attraverso quello che egli

chiama il garden method l’architettura dovrà assomigliare a

un giardino, senza muri o finestre che frammentano le viste.

Page 43: Ricerca su Kengo Kuma

Bibliografia essenziale

Marco Casamonti: Kengo Kuma, 24 ORE Motta Cultura srl, Milano 2009

Leone Spita: Kengo Kuma, Edilstampa srl, Roma 2006

Luigi- Alini, Kengo Kuma. Opere e progetti, Mondadori Electa, Milano 2005

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http://www.bombe.to.it/polietilene.htm

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http://www.detail.de/Archiv/De/HoleHeft/199/ErgebnisHeft

http://www.tenarafabric.com/

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com/weblog/cat/9/view/2938/umbrella-house-by-kengo-kuma-casa-per-tutti-at-milan-triennale.html

ttp://www.arkidesignblog.it/2010/03/30/kengo-kuma-con-casalgrande-padana-a-interni-think-tank/

http://www.archimagazine.com/dkengokuma.htm

Bacci Giacomo [jiib]