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TESI N. 13 CONQUISTA GRADUALE DELLA TONALITÀ – STRUMENTI MUSICALI DEL ‘500
1. Il passaggio verso il mondo ‘moderno’ Modalità versus Tonalità
Tra la fine del Rinascimento e l’epoca barocca, quando le tendenze conservatrici della
Controriforma parevano paralizzare ogni innovazione, il pensiero europeo conobbe una svolta
radicale grazie all’affermazione del metodo scientifico razionale basato sul concetto di esperimento
(Galileo) e della teoria eliocentrica (Keplero). Anche la musica riflette tale svolta: passa dalla
staticità immutabile del sistema modale al dinamismo di quello tonale, fatto di equilibri instabili, di
campi di forze che fanno gravitare il discorso attorno alla tonica e alla dominante (come i pianeti
gravitano in continuo movimento attorno al sole). Le colonne qui riportate segnano in sintesi le
caratteristiche dei due sistemi:
Sistema modale Sistema tonale
Sistema articolato in 8 modi, 4 autentici e 4 plagali.Sistema bipolare, articolato in un modo maggiore e un modo minore.
Ogni modo è imperniato su una finalis, il suono iniziale dell’ottava autentica, e su una repercussio, posta alla quinta della finalis dell’ottava autentica.
I perni fondamentali del sistema sono il I, il IV e il V grado.
Il sistema è essenzialmente statico, non ci sono tensioni interne.
Il sistema è essenzialmente dinamico, retto da forze che tendono a far convergere il discorso musicale sui gradi forti.
Il discorso si articola solo orizzontalmente, non è concepita l’idea di accordo.
Il livello principale è quello verticale, ossia quello accordale-armonico. Su di questo si fonda l’elemento melodico.
Ogni suono ha senso solo in se stessoOgni suono ha senso anche all’interno di un più vasto contesto armonico.
La polifonia è concepita solo come un contrappunto in cui le voci si conducono in piena autonomia: non ci sono legami tra voce e voce, se non quelli della semplice consonanza.
La polifonia è imprescindibile dall’armonia. Ogni voce è legata alle voci superiori e a quelle inferiori. Ciononostante il contrappunto non è negato.
Non è concepita l’idea di modulazione: il tono d’impianto non può essere cambiato durante il brano.
Il concetto di modulazione sta alla base stessa del sistema tonale. Nessun brano è vincolato ad una singola tonalità.
N.B. Il concetto di ‘modo’ si riferiva a: = una scala con successione precisa di toni e semitoni
= una peculiarità della linea melodica
Nel sistema modale sono del tutto assenti i concetti di tonica, dominante e sensibile. Non si può dire
che ci sia una gerarchia netta dei suoni. Esso segue infatti un concetto di orizzontalità (conta la
melodia di ciascuna voce) e solo in parte quello di verticalità (relazioni di tipo armonico tra le voci)
esplicitato nelle cadenze collocate intorno ad uno dei gradi cardine (repercussio e finalis) che
stabilivano un punto d’arresto comune alle diverse voci.
I criteri di classificazione dei modi non furono uniformi e non sempre un compositore intendeva
far rientrare nell’ambito di una griglia modale una sua opera (la modalità non fu mai coercitiva
come è invece, nel sistema tonale, la scelta di una tonalità). La distinzione dei modi non fu mai
chiara.
Il passaggio dal sistema modale al sistema tonale non avvenne in modo brusco e netto ma attraverso
un lungo e complicato processo determinato da
fattori legati alla prassi musicale:
1. (importanza del basso) nel genere della Frottola e degli Aeri per cantar ottave il basso
assurge al ruolo di base dell’edificio sonoro. In ambito sacro per sostenere il canto
polifonico un organista prendeva la voce più grave per dedurre la struttura armonica
soprastante (il bassus pro organo). La necessità di ridurre una texture polifonica condusse
all’adozione del basso continuo (così detto perché suonato senza soluzione di continuità
durante l'intero pezzo). Il termine è usato per la prima volta nell’op. 12 di Lodovico da
Viadana nel 1602.
2. (allontanamento dai modi gregoriani) nelle opere polifoniche si moltiplicano le note estranee
al modo di base grazie al genere cromatico che a fini espressivi pone continue deviazioni
dalla modalità iniziale.
3. (senso accordale) la verticalizzazione delle strutture sonore è facilitata dalla pratica
dell’intavolatura (ma anche la presenza di opere basate su forme di danza stilizzate, dove
era basilare la forte scansione ritmica, implicò un assetto sostanzialmente accordale della
composizione).
4. (sensibilità monodica) La polemica anti-contrappuntistica aveva prodotto un sottogenere di
madrigali detti ‘ariosi’ o ‘per cantare e per sonare’ dove a cantare era una voce mentre le
restanti parti della texture polifonica erano ridotte su strumento a tastiera o su liuto.
fattori legati alla teoria musicale:
1. Glareanus (ossia Heinrich Loris da Glarus 1488-1563) nel suo trattato Dodekachordon del
1547 propose 4 nuovi modi (Eolio ipoeolio Ionico ipoionico) che sommati agli 8 gregoriani
portarono a 12 il numero complessivo: i due nuovi modi autentici prefigurano i due toni
maggiore e minore dal la (eolio) e dal do (ionico). Il concetto di esacordo fu
definitivamente superato da quello di ‘scala’ formata da 7 note. Secondo Glareanus il vero
compositore era quello che inventava ex novo monodie e non il polifonista che basava
l’opera su materiale pre-esistente.
2. Vicentino (1511-1576) nel trattato L’antica musica ridotta alla moderna prattica (1555)
tentò di rivitalizzare la dottrina greca dell’ethos e di reintrodurre i tre generi (diatonico,
cromatico, enarmonico) che la attuavano. A tal fine costruì particolari strumenti quali
l’archicembalo e l’archiorgano. Fu favorevole ad una semplificazione della polifonia piegata
al rispetto della prosodia e della pronuncia delle parole.
3. Zarlino (1517-1590) nelle Istituzioni harmoniche (1558) Dimostrazioni harmoniche del
(1571) Introduce la nozione di accordo maggiore e minore, sostituisce agli otto modi
gregoriani la bi-modalità; fa partire la numerazione dei modi dal Do. Invita a considerare la
struttura di un brano partendo dalla linea di basso («fondamento et basa della Fabrica»)
Unico tra i teorici coevi teorizzò l’esistenza della polifonia anche per la musica greca antica.
2. Le intavolature
Con Intavolatura si indica un tipo di notazione strumentale che si differenzia da quella riferita alla
polifonia vocale perché, invece di rappresentare l'altezza relativa delle note, ne rappresenta solo la
posizione delle mani sullo strumento. Tra le prime raccolte di pezzi strumentali, mirate a potenziare
le caratteristiche idiomatiche e a discostarsi dalla pratica vocale, sono da ricordare:
Musica instrumentalis deudsch di Agricola 1529
La Fontegara la quale insegna a sonare di flauto di Ganassi 1535
Trattado de glosas [...] en la musica de violones di Ortiz 1553
Fronimo [...] ver, et necessarie regole del intavolare la musica nel liuto di Galilei 1568
Il transilvano dialogo sopra il vero modo di sonar organi, er istromenti da penna di Diruta
1593
La notazione varia da scuola a scuola, da strumento a strumento, da nazione a nazione ed è
esprimibile in: numeri lettere oppure in numeri e lettere contemporaneamente.
In genere viene raffigurata la cordiera dello strumento. I valori di durata erano espressi con gambi
verticali. Il nome delle corde del liuto a 6 ordini sono: Canto, Sottana, Mezzana, Tenore, Bordone,
Basso. Le prime intavolature noi pervenuteci hanno come strumento di riferimento il liuto e si
dividono nella notazione:
Italiana: è speculare rispetto all’esecutore e ha cifre arabe. Si veda nell’immagine seguente
la riduzione su liuto di una polifonia a tre voci:
Spagnola: è inversa rispetto a quella italiana ma ha cifre arabe
Francese: usa le lettere
Tedesca: non vengono usate le righe ma lettere e cifre, come per l'organo.
Antoine de Févin
Sancta Trinitas. Intavolatura di liuto di Vincenzo Capirola, ms. Chicago, Newberry Library, Acq.No.107501, c.22v
Nelle intavolature di liuto o di altri strumenti pizzicati o ad arco ogni linea rappresenta una corda, i
numeri la posizione delle dita sui tasti e i segni sopra il rigo la durata delle note.
Boumgartner
Composizione per organo, Intavolatura d'organo tedesca "antica", ms. "Buxheimer Orgelbuch", München, Bayerische
Staatsbibliothek, Mus.ms.3725 (c.1460), p.61
Nell'intavolatura d'organo tedesca "antica" la mano destra legge da un rigo analogo a quello
moderno, la sinistra da lettere poste sotto il rigo.
3. Gli strumenti musicali tra Cinque e Seicento
Dalla grande varietà timbrica che contrassegnava gli organici strumentali del ‘500 (cui conseguiva
una sorta di indifferenza, o comunque di modularità, da parte del compositore verso le indicazioni
di quella che modernamente si chiama “strumentazione”) con il nascente Barocco si verificò una
più rigorosa classificazione delle famiglie strumentali.
Il Liuto (dall’arabo “al hud” = il legno) rimane lo strumento più frequentato per ragioni di
funzionalità: era impiegato nella realizzazione del continuo in ambiti cameristici come pure nella
nascente monodia accompagnata. Le strisce lignee che formano la cassa bombata sono sottili così
come la tavola armonica forata da un “rosone”; il cavigliere rispetto al manico forma un angolo
retto; le 5 corde (2+2 chori+1 cantino) nel corso del ‘500 divennero 6 (canto, sottana, mezzana,
tenore, bordone, basso) accordate con: una 4a una 4a una 3a una 4a una 4a . Alcuni tipi di liuto
prevedevano un manico più lungo con corde di bordone (tiorbe e chitarroni detti anche arciliuti).
La diffusione del liuto, notevole in Germania, Francia e Italia, fu minore in Spagna dove
primeggiava la Vihuela de mano (6 corde) e la Chitarra ‘spagnola’ (5 corde). L’intavolatura di
Montesardo (1606) è indicativa del successo di quest’ultimo strumento.
La viola del ‘500 era divisa in due tipologie dettate dalle modalità esecutive: da brazzo (antenata
del violino e della viola) e da gamba detta anche violone. A sua volta il violone si poteva dividere
in violone da brazzo, in violone da gamba (da cui deriva il violoncello) e in contrabbasso di viola
(antenato del contrabbasso).
Il clavicembalo (nato alla fine del ‘300) è lo strumento a corde pizzicate (da plettri detti saltarelli)
che almeno fino agli inizi del ‘700 (quando Cristofori a Firenze inventerà i primi pianoforti a corde
percosse) domina la musica genericamente definita “per tastiera”. Le corde del clavicembalo sono
disposte in linea con i tasti. Le possibilità dinamiche erano assai limitate (anche se la presenza di
due saltarelli poteva creare un effetto di alternanza tra piano e forte) mentre effetti timbrici
diversificati erano conseguenti allo spostamento, tramite tiranti o pedali, dei saltarelli che
pizzicavano su diverse posizioni le corde. I modelli del ‘600 avevano una tastiera unica, quelli del
‘700 prevedevano due o tre tastiere. Fa eccezione l’Archicembalo ideato da Vicentino:
A differenza del clavicembalo la Spinetta e il Virginale avevano le corde trasversali rispetto ai
tasti. Quest’ultimo strumento, che conobbe grande diffusione in Inghilterra, sarà prediletto dai più
grandi compositori per tastiera tra XVI e XVII secolo: Tallis, Byrd e Gibbons (riscoperti dal
pianista Glenn Gould negli anni 1960-1980).
Il clavicordo, a corde percosse da una piastra metallica applicata alla fine del tasto, si diffuse nei
paesi tedeschi ma in contesti di consumo privato. Verrà soppiantato dal pianoforte.
L’Organo resta lo strumento prediletto per accompagnare la polifonia sacra. Tra ‘500 e ‘600 le
dimensioni continuano ad essere ridotte e solo Oltralpe inizia la costruzione di organi a tre tastiere
con pedaliera dotata di autonomia notevole.
Gli strumenti a fiato mantengono ancora nel primo ‘600 un’estrema varietà di taglie e di modalità costruttive: trombe, tromboni e corni registrano le “taglie” più disparate. Analoga varietas contrassegna gli strumenti ad ancia.Il cornettoDegli strumenti a fiato il più eccellente è il Cornetto per imitar la voce humana più degli altri stromenti. Questo stromento si adopera piano et forte, et in ogni sorta di Tuono, si come fa la voce. Bisogna dunque esercitarsi a far buono stromento, et guardarsi di non far il stromento che abbi del Corno né del muto. Adunque si deve accomodar il labro talmente, che faccia buon stromento, il labro aperto fa il strumento che ha del corno et muto, il labro troppo stretto fa il stromento fesso. Dunque si tenerà la via di mezzo. Vuol essere suonato con discretione et giudizio. La lingua vuol non essere né troppo morta né troppo battuta: ma vuole esser simile alla gorgia. Poi nella minuta far poca robba, ma buona. Si che ogn'uno tendi al bel stromento, alla bella lingua et alla bella Minuta, et ad imitar la voce humana, più che sia possibile.
Così si esprime Girolamo della Casa nel suo trattato Il vero modo di diminuir (Venezia 1584) su questo aerofono ricurvo (arcuato verso destra) con sezione interna conica e profilo esterno ottagonale (le due componenti lignee erano saldate con una guaina in pelle seccata) dotato di sei fori anteriori ed uno posteriore (non è un foro portavoce ma serve per raggiungere il La4). Seconda e terza ottava si producono agendo semplicemente sulla pressione del fiato e la tensione delle labbra, in maniera simile a come accade col flauto traverso. L'imboccatura, più piccola ma in tutto analoga al bocchino della tromba, era innestata nella sommità acuta del cono. L'estensione dello strumento spaziava dal La3 al Re6.
Il serpentone, in uso nella Francia del ‘500 e poi diffusosi in Europa era il basso della famiglia dei cornetti che accompagnava gruppi di cori ma al tempo stesso poteva eseguire ogni tipo di abbellimenti; la flessibilità di suono e la completezza della gamma cromatica lo rendevano uno strumento poliedrico. Il tubo era realizzato con due valve di legno di castagno fissate tra loro da strisce di cuoio. All'estremità superiore (normalmente realizzata in tubo metallico) vi era un profondo bocchino in corno o avorio identico a quello del moderno trombone La curvatura a serpentina rendeva agevole la posizione dello strumento tra le ginocchia dell'esecutore
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La bombarda e il serpentone