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Universit` a degli Studi di Genova Facolt` a di Scienze M.F.N. Anno accademico 2003-2004 Tesina per il secondo anno del corso di Dottorato in Fisica - XVIII ciclo L’equazione di Boltzmann Marco Martins Afonso

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Universita degli Studi di Genova

Facolta di Scienze M.F.N.

Anno accademico 2003-2004

Tesina per il secondo anno del corso di

Dottorato in Fisica - XVIII ciclo

L’equazione di Boltzmann

Marco Martins Afonso

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Indice

1 Introduzione 3

2 L’equazione di Boltzmann: ipotesi, enunciato e conseguenze 4

2.1 Lo spazio delle fasi e l’equazione di Liouville . . . . . . . . . . 42.2 L’equazione di Boltzmann per sfere rigide e l’ipotesi di caos

molecolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62.3 Le interazioni a distanza: la gerarchia BBGKY e l’equazione

di Vlasov . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.4 Potenziale di interazione: il modello di Lennard-Jones e le

particelle di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102.5 Il calcolo delle sezioni d’urto e delle grandezze statistiche as-

sociate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112.6 Casi limite di interazione: l’equazione di Fokker-Planck e i gas

di densita anomala . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142.7 Derivazione dell’equazione di Boltzmann nel caso generale . . 162.8 Gli invarianti d’urto e l’equazione di scambio . . . . . . . . . . 192.9 Equilibrio: il teorema H e la distribuzione di Maxwell-Boltzmann 212.10 L’interazione gas-superficie e il principio del bilancio dettagliato 23

3 Risoluzione dell’equazione di Boltzmann 25

3.1 L’equazione di Boltzmann linearizzata o lineare . . . . . . . . 253.2 Il modello BGK e le sue evoluzioni . . . . . . . . . . . . . . . 273.3 Il metodo delle espansioni di Hilbert e Chapman-Enskog . . . 303.4 Il metodo dei momenti di Grad: regime fluidodinamico . . . . 323.5 I regimi di rarefazione e di transizione . . . . . . . . . . . . . . 343.6 Altri metodi di risoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

4 Conclusione 37

A Appendice: nota biografica 40

2

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Capitolo 1

Introduzione

Quando la densita di un gas decresce in modo da rendere il cammino libe-ro medio non piu trascurabile rispetto a una lunghezza caratteristica dellageometria del flusso, i risultati ottenuti nella fluidodinamica dei continui ne-cessitano di correzioni sempre piu rilevanti all’aumentare del grado di rarefa-zione, fino a dover introdurre la teoria cinetica dei gas e sostituire l’equazio-ne di Navier-Stokes con quella di Boltzmann. Quest’ultima e un’equazioneintegro-differenziale non lineare, enunciata da Ludwig Boltzmann nel 1872,complicata al punto tale da rendere necessarie tecniche matematiche di ap-prossimazione per la risoluzione di problemi pratici. In effetti l’equazionedi Boltzmann, oltre a descrivere flussi di rarefazione arbitraria ormai all’or-dine del giorno in aerodinamica, si e rivelata adatta (mediante appropriategeneralizzazioni) per lo studio del trasporto di elettroni in solidi e plasmi,di neutroni in reattori nucleari, di fononi in superfluidi e di radiazione inatmosfere planetarie e stellari. Essa risulta appropriata qualora applicata aigas diluiti, ma non ai gas densi o ai liquidi: la teoria cinetica di questi ultimirisulta notevolmente piu complicata.

3

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Capitolo 2

L’equazione di Boltzmann:

ipotesi, enunciato e

conseguenze

2.1 Lo spazio delle fasi e l’equazione di Liou-

ville

Assumendo applicabili le leggi della meccanica newtoniana per un gas di Nparticelle, per studiarne l’evoluzione appare naturale porsi nello spazio dellefasi (6N +1)-dimensionale, in cui le variabili indipendenti sono costituite dari, vi e t (i = 1, . . . , N). A priori si potrebbe pensare di risolvere esattamentele equazioni ri = vi & vi = ai(r, v, t) con condizioni iniziali note ri(t = 0) &vi(t = 0) per ogni particella: se cio fosse possibile si avrebbe una descrizioneistantanea esatta del gas in termini delle traiettorie generalizzate ri(t) &vi(t) e la probabilita di trovare simultaneamente ogni particella i-esima in ri

con velocita vi diverrebbe una “densita di certezza”

PN(r1, . . . , rN , v1, . . . , vN , t) =

N∏

i=1

δ(ri − ri(t))δ(vi − vi(t)) ,

soddisfacente l’equazione di Liouville

∂tPN +N∑

i=1

vi · ∇riPN +

N∑

i=1

ai · ∇viPN = 0 . (2.1)

4

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Ovviamente, data l’enormita di N , tale proposito e irrealizzabile, sia a causadell’ignoranza sulle condizioni iniziali che per la potenza di calcolo richiesta.E preferibile quindi una trattazione in termini statistici, operando medie d’in-sieme per calcolare le grandezze macroscopiche di interesse comune (problemalegato all’ergodicita) e accontentandosi di conoscere la densita di probabilitadell’evoluzione, che in generale risulta una funzione piu regolare della prece-dente (nonche simmetrica nei vari argomenti, se le particelle hanno identicamassa m e interagiscono con le stesse leggi) e, derivando da un processolineare di media, continua a soddisfare l’equazione omogenea (2.1). Notevo-le importanza e rivestita anche dalle densita di probabilita condizionate diordine n (dette “funzioni di distribuzione a n particelle”)

P(n)N (r1, . . . , rn, v1, . . . , vn, t) = (2.2)

=

d3rn+1 . . .

d3rN

d3vn+1 . . .

d3vN PN(r1, . . . , rN , v1, . . . , vN , t) ,

che misurano la probabilita di trovare n particelle tra ri e ri + d3ri convelocita tra vi e vi + d3vi, indipendentemente dalle altre N − n particelle.Il numero totale di particelle e esprimibile come integrale sullo spazio dellefasi di una funzione di distribuzione F = NP

(1)N con normalizzazione

N =

d3r

d3v F (r, v, t) =

d3r n(r, t) ,

ove la “densita numerica” (numero di particelle per unita di volume fisico) eespressa da

n(r, t) =

d3v F (r, v, t) .

E inoltre comune introdurre la corrispondente funzione di distribuzione nor-malizzata nello spazio delle velocita:

f(r, v, t) =F (r, v, t)

n(r, t).

Per concludere questo richiamo introduttivo appare infine opportuno scriverele espressioni di densita, velocita media e temperatura del gas:

ρ(r, t) = mn(r, t) = m

d3v F (r, v, t) ,

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u(r, t) =1

n(r, t)

d3v vF (r, v, t) ,

T (r, t) =m

3k

d3v c2F (r, v, t) ,

avendo indicato con k la costante di Boltzmann e con c la cosiddetta “velocitapeculiare” (legata all’agitazione microscopica) c(r, v, t) = v − u(r, t).

2.2 L’equazione di Boltzmann per sfere rigide

e l’ipotesi di caos molecolare

Per un gas composto da N particelle identiche, idealizzate come sfere rigidedi diametro s, la densita di probabilita PN(r1, . . . , rN , v1, . . . , vN , t) si an-nulla per distanze relative |ri − rj| < s e risulta discontinua in s. Oltre taledistanza il moto delle particelle e sostanzialmente inerziale (eccezion fattaper le forze esterne note) e vale l’equazione di Liouville, (2.1).Si integra ora tale equazione rispetto all’intero spazio delle velocita di N −nparticelle e alle loro posizioni, limitatamente alla regione occupata dal gas edescludendo gli insiemi dello spazio delle fasi per cui |ri−rj| < s. Sfruttandola definizione (2.2) e operando diverse integrazioni per parti (con relativa ap-plicazione del teorema di Gauss) si ottiene un’equazione che lega la funzione

di distribuzione a n particelle P(n)N (r1, . . . , rn, v1, . . . , vn, t) con quella a n+1

e a n+2. L’intervento di quest’ultima puo essere semplificato tenendo contodella simmetria della funzione per scambio di particelle, e analogamente epossibile trascurare i vari integrali di superficie (corrispondenti ai valori alcontorno) ipotizzando semplicemente che gli urti contro le pareti fisiche didelimitazione facciano riemergere istantaneamente (e nello stesso punto) leparticelle incidenti con una qualsiasi velocita: si rimanda a un paragrafo suc-cessivo lo studio piu approfondito di tali interazioni. In definitiva, indicandocon ni il versore entrante nella superficie sferica della particella i-esima lungola congiungente col centro della particella urtante (variabile di integrazioneindicata da un asterisco) e ponendo V i = vi − v∗, si ha

∂tP(n)N +

n∑

i=1

vi · ∇riP

(n)N +

n∑

i=1

ai · ∇viP

(n)N =

= (N − n)s2n

i=1

dn

d3v∗[P

(n+1)′

N − P(n+1)N ]|V i · n| , (2.3)

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in cui l’integrale e esteso al semispazio |V i · ni| < 0 (particelle “entranti” inun urto) e gli argomenti delle funzioni di distribuzione a n + 1 punti sono

tali che nell’i-esimo integrale a P(n+1)N (r1, . . . , rn, ri − sn, v1, . . . , vn, v∗, t)

corrispondono in P(n+1)′

N le sostituzioni:

ri − sn 7→ ri + sn

vi 7→ v′i = vi − ni(ni · V i)

v∗ 7→ v′∗ = v∗ + ni(ni · V i)

Particolare interesse riveste l’equazione corrispondente a n = 1:

∂tP(1)N + v · ∇rP

(1)N +a · ∇vP

(1)N = (N − 1)s2

dn

d3v∗[P

(2)′

N −P(2)N ]|V ·n| .

Si tratta evidentemente di un’equazione non chiusa in P(1)N (r, v, t), in quan-

to compare nell’integrale anche la funzione di distribuzione a due particelle.Per operare la chiusura, Boltzmann avanzo l’ipotesi del cosiddetto caos mo-

lecolare, equivalente sostanzialmente al considerare nulla la correlazione fradue particelle e all’assumere la velocita di una particella scorrelata dalla suaposizione. Piu precisamente, si pone

P(2)N (r, r∗, v, v∗, t) = P

(1)N (r, v, t)P

(1)N (r∗, v∗, t) . (2.4)

Tale ipotesi viene verificata esattamente per un gas perfetto monoatomi-co all’equilibrio, in cui cioe la funzione di distribuzione sia stazionaria e leparticelle (non dotate di alcun grado di liberta interno) interagiscano re-pulsivamente in modo molto intenso solo in regioni pressoche puntiformi.Chiaramente non si puo dire altrettanto per gas non in equilibrio, tuttaviaoccorre notare come nel procedimento per ricavare la (2.3) si siano espressele quantita coinvolgenti le particelle che hanno appena urtato in funzionedi grandezze precedenti l’urto, come sottolineato dal vincolo sul dominio diintegrazione di n; e intuitivamente, due particelle che stanno per urtarsi pro-vengono da regioni diverse e hanno storie separate, per cui l’applicabilitadella (2.4) non risulta irragionevole. La veridicita dell’ipotesi trova partico-lare riscontro considerando un numero infinito di particelle, nel senso che perla funzione di distribuzione “limite”

P (n) = limN→∞

P(n)N

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si trova l’equazione di evoluzione

∂tP(n) +

n∑

i=1

vi · ∇riP (n) +

n∑

i=1

ai · ∇viP (n) =

= Ns2n

i=1

dn

d3v∗[P

(n+1)′ − P (n+1)]|V i · n| ; (2.5)

occorre ovviamente prestare attenzione al fatto che, contemporaneamente aN → ∞, occorre assumere s → 0 in modo da mantenere finito il termineNs2 e salvaguardare allo stesso tempo l’ipotesi che il volume occupato dalleparticelle costituisca un insieme di misura (pressoche) nulla. La soluzionedella (2.5) si presenta nella forma fattorizzata

P (n)(r1, . . . , rn, v1, . . . , vn, t) =n∏

i=1

P (1)(ri, vi, t) ,

in cui ogni singolo fattore soddisfa

∂tP(1)+v ·∇rP

(1)+a·∇vP(1) = Ns2

dn

d3v∗[P

(1)′P (1)′

∗ −P (1)P (1)∗ ]|V ·n| ,

(2.6)in corrispondenza di una condizione iniziale altrettanto fattorizzata:

P (n)(r1, . . . , rn, v1, . . . , vn, 0) =

n∏

i=1

P (1)(ri, vi, 0) .

Si e cosı ricavato il notevole risultato secondo cui per un insieme infinitodi sfere rigide puntiformi l’ipotesi di caos molecolare e autoconsistente etende a sussistere nel tempo: non occorre che lo stato indicato dalla (2.4) siastato preparato artificialmente, e sufficiente che esso si sia verificato in unistante precedente e che sia in accordo con le condizioni fisiche al contorno(interazione con le pareti) per mantenersi tale.

2.3 Le interazioni a distanza: la gerarchia

BBGKY e l’equazione di Vlasov

Nel caso in cui la forza per unita di massa agente sulla i-esima particella(ai) sia la risultante di N − 1 interazioni a due corpi (aij = a(ri, rj), con

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aii = 0) dipendenti dalle sole posizioni ri e rj , l’equazione di Liouville (2.1)puo essere scritta come

∂tPN +N∑

i=1

vi · ∇riPN +

N∑

i,j=1

aij · ∇viPN = 0 . (2.7)

Integrando l’equazione (2.7) rispetto alle posizioni e alle velocita di N − nparticelle, e sfruttando la definizione (2.2), si ottiene:

∂tP(n)N +

n∑

i=1

vi · ∇riP

(n)N +

n∑

i,j=1

aij · ∇viP

(n)N +

+(N − n)n

i=1

∇vi·∫

d3r∗

d3v∗ ai∗P

(n+1)N = 0 , (2.8)

dove ai∗ = a(ri, r∗).L’insieme di equazioni costituito dalle (2.8), che legano le funzioni di distribu-

zione a n particelle (P(n)N (r1, . . . , rn, v1, . . . , vn, t)) con quelle a n+1 particelle

(P(n+1)N (r1, . . . , rn, r∗, v1, . . . , vn, v∗, t)), e noto come gerarchia BBGKY, dai

nomi di Bogoliubov, Born, Green, Kirkwood e Yvon. L’interesse di questerelazioni consiste non solo nel legame con l’equazione di Boltzmann, ma anchenella forma limite assunta quando il numero di particelle tende a infinito maallo stesso tempo le interazioni diventano uniformemente infinitesime, peresempio di ordine ǫ, in modo che la forza totale (stimata come Nǫ) rimangafinita. In tal caso la (2.8) diventa

∂tP(n) +

n∑

i=1

vi · ∇riP (n) +N

n∑

i=1

∇vi·∫

d3r∗

d3v∗ ai∗P

(n+1) = 0 ,

che possiede una soluzione fattorizzata in cui la funzione di distribuzione diparticella singola soddisfa

∂tP(1) + v · ∇rP

(1) +A(r, t) · ∇vP(1) = 0 , (2.9)

con

A(r, t) = N

d3r∗

d3v∗ a(r, r∗)P

(1)(r∗, v∗, t) .

L’equazione di Vlasov, (2.9), descrive il comportamento per brevi intervallidi un sistema di corpi puntiformi debolmente interagenti a distanza: per

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esempio gli elettroni di un gas ionizzato (forza elettrostatica) o le stelle diuna galassia (forza gravitazionale). Evidentemente essa non e applicabilea un gas comune, in cui la vicinanza fra le particelle rende preferibile unmodello di urti tra sfere rigide.

2.4 Potenziale di interazione: il modello di

Lennard-Jones e le particelle di Maxwell

L’interazione fra particelle viene spesso modellizzata considerando forze cen-trali, e di conseguenza conservative, tra coppie di corpi puntiformi. In talcaso l’intero problema e definito dalla forma del potenziale U , che nelle si-tuazioni piu semplici viene assunto come legge a potenza in funzione delladistanza relativa r = |r1 − r2|:

U(r) = Kr1−β . (2.10)

Valori positivi o negativi di K corrispondono rispettivamente a interazionirepulsive o attrattive, date dall’opposto del gradiente di U e dirette lungo lacongiungente le due particelle: il coefficiente β (comunque > 1) corrispondequindi all’esponente della proporzionalita inversa fra forza e distanza. Un’e-stensione molto comune della forma precedente consiste nel potenziale di

Lennard-Jones, in cui si tiene conto di un range attrattivo a lunga distanzaaccanto a un intenso core repulsivo:

U(r) = |Krep|r1−βrep − |Katt|r1−βatt ,

con βrep = 13 e βatt = 7. Formulazioni alternative prevedono l’introduzionedi un termine esponenziale oppure, rifacendosi al modello a sfere rigide giamenzionato, di un gradino infinito del tipo

U(r) =

∞ per r < s0 per r > s .

Limitandosi a espressioni del potenziale aventi forma di monomio in 1/r, lecomuni interazioni gravitazionali ed elettrostatiche presentano β = 2; tut-tavia, in teoria cinetica, risulta abbastanza diffuso lo studio delle cosiddetteparticelle di Maxwell, caratterizzate dal valore β = 5. Tale scelta, sebbenesenza riscontro fisico, ha particolare rilevanza per il fatto che in generale latrattazione analitica dei processi d’urto e dei coefficienti di trasporto risulta

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piuttosto difficile, tranne che in questo caso particolare.Per evitare divergenze nel calcolo delle sezioni d’urto (si veda il paragrafoseguente) si e soliti introdurre un cutoff “angolare”, cioe considerare nulla laforza oltre una certa distanza critica s:

U(r) =

Kr1−β per r < sKs1−β per r > s .

Si dimostra che, nel limite N → ∞ & s → 0 con Ns2 finito, l’equazione diBoltzmann (2.6) puo essere dedotta mediante un ragionamento molto similea quello applicato nel modello a sfere rigide, ammesso che U sia sufficiente-mente piccolo e confrontabile con una misura della massa particellare (talecircostanza viene normalmente verificata nei gas monoatomici). La possibi-lita di urti multipli contemporanei e ora a priori presente, tuttavia la lororilevanza e nulla perche la loro probabilita e proporzionale a Ns3 (→ 0).Inoltre, occorrerebbe tener conto del fatto che dopo l’urto la particella “inci-dente” riemerge dalla “sfera di interazione” (di raggio s) in un punto diversoda quello di ingresso anziche dallo stesso (ponendosi per semplicita nel siste-ma di riferimento della particella “bersaglio”): tuttavia anche questo puntodiviene irrilevante per s→ 0.In generale la presenza di termini attrattivi crea un certo grado di stabilitae di correlazione fra le particelle (si pensi ai liquidi), per cui e preferibi-le applicare questi concetti solo ai gas e considerare interazioni puramenterepulsive.

2.5 Il calcolo delle sezioni d’urto e delle gran-

dezze statistiche associate

Dando per noti i concetti fondamentali degli urti binari e limitandosi a unaloro trattazione classica, si ricorda che, in funzione del parametro d’urto b edella velocita relativa iniziale V0, l’angolo di deflessione e dato da

θ = π − 2

∫ ∞

rm

drb

r

[

r2 − b2 − 2r2U(r)

MV 20

]−1/2

, (2.11)

dove M indica la massa ridotta e rm la distanza di massimo avvicinamentofra i centri delle particelle, che soddisfa l’equazione implicita

r2m − b2 − 2r2mU(rm)

MV 20

= 0 .

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Nel caso di sfere rigide rm equivale alla somma dei due raggi, per cui si hasemplificazione da problema dinamico a geometrico: θ = 2 arccos(b/rm); incaso di potenziale di interazione (2.10) si hanno invece i seguenti casi notevoli:

β = 2 ⇒ rm =br0

1 + r20 − 1& θ = 2 arcsin

1√

1 + r20

β = 3 ⇒ rm =b√

1 + r20r0

& θ = π

1 + r20 − r0√

1 + r20

β = 5 ⇒ rm =b

r0

[

r40 + 2− r20

]−1/2

,

con r0 = b [MV 20 /K(β − 1)]

1/(β−1).

Sfruttando la simmetria assiale del problema attorno alla direzione individua-ta dalla velocita relativa iniziale, si ottiene per la sezione d’urto differenzialel’espressione

σ(V0, θ) = − b(θ)

sin θ

db

dθ,

in cui si e sfruttata la biunivocita della relazione (2.11) tra b e θ per invertirla.Come sempre il caso piu semplice e rappresentato dall’urto fra due sfererigide, per cui σ = r2m/4 e la sezione d’urto totale, definita come l’integraleangolare

S(V0) =

dΩσ(V0, θ) = 2π

dθ sin θ σ(V0, θ) ,

risulta semplicemente S = πr2m (area fisica del cerchio massimo della “sfera diinfluenza”). Il discorso diventa piu delicato quando si trattano le interazionia potenziale del tipo (2.10), perche per piccoli angoli di deflessione si trovache σ ha un andamento simile a θ elevato a una potenza compresa fra −4 e−2 per esponenti β ≥ 2 (per esempio si hanno i casi particolari

β = 2 ⇒ σ(V0, θ) =K2

4M2V 40

sin−4 θ

2

β = 3 ⇒ σ(V0, θ) =2Kπ2(π − θ)

MV 20 θ

2(2π − θ)2 sin θ

con espressioni esplicite esatte) e quindi S diverge. Cio indica la necessitadi introdurre la meccanica quantistica o la fisica dei plasmi, tuttavia si notaintuitivamente come gli urti corrispondenti a piccole deflessioni generino solo

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un debole trasferimento di impulso ed energia e dunque le quantita fisica-mente rilevanti siano altre. Piu precisamente, e molto comune introdurre lecosiddette “sezioni d’urto generalizzate”

Sn(V0) = 2π

dθ sin θ (1− cosn θ) σ(V0, θ) ,

con n intero positivo: si ha che la grandezza S1 gioca un ruolo importantenello studio del coefficiente di diffusione, mentre altre proprieta di trasportocome la viscosita e la conducibilita termica dipendono da S2. Per sfere rigidesi trova S1 = πr2m e S2 = 2πr2m/3, mentre le interazioni a potenza inversarendono ora risultati regolari tranne che nel caso β = 2.Partendo dalla nozione di sezione d’urto e sfruttando metodi generali di teoriacinetica, e possibile ricavare le seguenti relazioni tra grandezze statistiche pergas monospecie di massa particellare m:

velocita media v =

8kT

πm,

velocita piu probabile =

2kT

m(< v) ,

velocita quadratica media =

3kT

m(> v) ,

cammino libero medio λ =1√2nσ

,

intervallo medio fra due urti successivi τ =1√2nσv

.

Risulta di particolare interesse l’estensione allo studio degli urti fra due diver-se specie molecolari, indicate dai pedici 1 e 2, di cui si conoscano le funzioni didistribuzione normalizzate nello spazio delle velocita f e le densita numerichen; il numero di urti per unita di tempo fra particelle che subiscono scattering

nell’angolo solido dΩ e dato da

dI = V σ(V,Ω)n1f1(v1)n2f2(v2) d3v1 d

3v2 dΩ , (2.12)

formula generale che pero richiede l’accortezza di inserire un fattore 1/2 perevitare conteggi doppi qualora le due specie siano identiche. Tale artificio sus-siste anche per l’espressione del tasso complessivo d’urto, cioe per il numero

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di urti fra particelle 1 e 2 per unita di tempo e volume, dato dall’integraleangolare e sulle velocita della quantita precedente; in particolare, per sezionid’urto totali costanti σ12, si ha

I = σ12n1n2

v21 + v22 .

Considerando un numero arbitrario di specie diverse si ottiene la seguenteforma per il cammino libero medio:

λi =1

j σijnj

1 +mi/mj

.

2.6 Casi limite di interazione: l’equazione di

Fokker-Planck e i gas di densita anomala

Qualora il potenziale non presenti cutoff e l’interazione si estenda all’infi-nito, come gia notato si possono generare divergenze di vario tipo. I nuovitermini non creano particolari problemi per esponenti β > 4, tuttavia cionon risolve il problema per le particelle cariche (β = 2). Per queste ultimel’equazione di Vlasov (2.9) fornisce una buona descrizione per tempi brevi,ma per intervalli indefinitamente lunghi (con distanze che tendono a infinito)e preferibile trattare queste interazioni (piccole ma non uniformemente) inmodo statistico, tenendo conto che il loro effetto globale puo essere immagi-nato come una sequenza continua di lievi deviazioni quasi casuali. A tal fine,detta a(r, v, t) la forza per unita di massa (variabile casuale) che intervienenell’equazione del moto

dv

dt= a(r, v, t) ,

ci si riconduce a specificare le sue proprieta statistiche, che in media devonoriflettere l’influenza esercitata dalle altre particelle. La scelta piu comune con-siste nel considerare una variabile gaussiana δ-correlata nel tempo (cioe ognicorrelazione temporale, di durata generalmente estesa su un certo intervallofinito, viene concentrata in un unico istante), avente valor medio

〈a(r, v, t)〉 = C(r, v, t)

e covarianza

〈[a(r, v, t1)−C(r, v, t1)][a(r, v, t2)−C(r, v, t2)]〉 = 2Dδ(t1 − t2) .

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La grandezza D viene detta “tensore di diffusione” nello spazio delle velocita,mentre il vettore C, dovendosi annullare per v = u (velocita media), e legatoal concetto di deriva e di attrito esercitato dalle particelle vicine. Di conse-guenza, considerando le variazioni di velocita in un intervallo ∆t, sussistonole seguenti relazioni:

∆v =

∫ t+∆t

t

dτ a(r, v, τ)

lim∆t→0

〈∆v〉∆t

= C(r, v)

lim∆t→0

〈∆v∆v〉∆t

= 2D(r, v)

Senza scendere eccessivamente nei dettagli, si dimostra che la funzione didistribuzione soddisfa l’equazione di Fokker-Planck (generalizzata):

∂tF + v · ∇rF = ∇v∇v : (DF )−∇v · (CF ) . (2.13)

Le espressioni di D eC devono soddisfare alcuni vincoli, quali la conservazione(in media) di impulso ed energia: se ne deducono le condizioni

d3v FC = 0 =

d3v F tr(D) +

d3v Fv ·C ,

che impongono una dipendenza di D e C da F . Ulteriori considerazioni diisotropia suggeriscono le espressioni

D = DI & C = −Cc ,

con D e C funzioni opportune di r e c (velocita peculiare). In tal caso la(2.13) si riduce a:

∂tF + v · ∇rF = ∇2v(DF ) +∇v · (CcF ) .

Assumendo D e C indipendenti da v, si trova la seguente relazione con latemperatura:

D = CRT ,

con R =costante specifica del gas.Un ragionamento alternativo consiste nello studio dgli urti corrispondentia s → ∞, che intuitivamente generano anche piccole deflessioni (si ricordiche il raggio d’azione delle particelle appare nell’equazione di Boltzmann

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solo attraverso la sezione d’urto). L’angolo di deflessione e il modulo dellavariazione di velocita risultano cosı quantita piccole, e mediante semplicisviluppi alla Taylor si deduce:

C(v) =

d3v∗ V σ(Ω, V )F∗ = −

d3v∗ V Γ(V )F∗ ,

D(v) =1

2

d3v∗ V V σ(Ω, V )F∗ =

1

4

d3v∗(V

2I− V V )Γ(V )F∗ ,

essendo l’integrale angolare definito come:

Γ(V ) = limǫ→0

∫ π/2

π/2−ǫ

dθ V σ(θ, V ) sin θ cos2 θ .

Ovviamente il discorso precedente vale per F sufficientemente regolare: intal caso si dimostra che il fatto di tener conto della parte di interazione agrande distanza del potenziale non e rilevante se β > 2.Il limite di gas denso e ottenuto invece assumendo al solito N → ∞ & s→ 0ma con Ns3 finito; in tal caso la trattazione diventa alquanto complicata,perche la finitezza del volume complessivamente occupato dalle particelleinduce due effetti in competizione fra loro: la riduzione dello spazio dispo-nibile tende a incrementare il numero di urti, tuttavia esso viene diminuitodall’apparizione di un fenomeno di schermatura (si noti che Ns2 → ∞).Sostanzialmente la difficolta di questo caso consiste nella rilevanza delle inte-razioni a piu corpi e nella non applicabilita del principio di sovrapposizione,che per esempio consente di ricavare l’equazione di Fokker-Planck come com-binazione di molte interazioni a due corpi.Si noti infine che sussiste un’ultimo possibile limite, corrispondente a N → ∞& s → 0 con Ns3 → 0 ma contemporaneamente Ns2 → ∞: si parla alloradi gas di Knudsen, caratterizzati da cammino libero medio infinito e urtitrascurabili. La loro trattazione puo essere ricondotta a quella dei comunigas di Boltzmann assumendo λ→ ∞.

2.7 Derivazione dell’equazione di Boltzmann

nel caso generale

L’equazione di Boltzmann e stata ricavata esattamente nel caso delle sfererigide, con la sola assunzione aggiuntiva del caos molecolare. E pero istruttivovederne una deduzione piu costruttiva, basata sulle ipotesi seguenti.

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• Il gas e assunto sufficientemente rarefatto, in modo da tener conto deisoli urti fra coppie di particelle, tuttavia il cammino libero medio enotevolmente minore delle dimensioni caratteristiche del problema.

• Le velocita delle particelle urtanti sono assunte statisticamente indi-pendenti, analogamente si trascura ogni possibile correlazione tra lavelocita e la posizione di ogni singola particella.

• Le particelle e le interazioni fra loro sono assunte a simmetria sferi-ca, anche se le asimmetrie presenti nella maggior parte dei gas realisono ugualmente trattabili con un notevole incremento delle difficoltamatematiche.

• Si considerano applicabili le leggi della meccanica classica non relativi-stica (eccetto per la sezione d’urto, esportabile dalla fisica quantistica).

• Si trascurano gli effetti delle azioni esterne sulla sezione d’urto e siconsiderano solo forze a divergenza nulla nello spazio delle velocita(∇v · a = 0: oltre alle forze indipendenti dalla velocita tale condizionee per esempio soddisfatta anche dalla forza di Lorentz).

• La scala di lunghezza tipica della funzione di distribuzione e moltomaggiore della distanza di azione delle forze interparticellari e la suascala temporale e tale da non darne variazioni apprezzabili durante ilbreve intervallo di un urto.

Nello spazio delle fasi si considerano le trasformazioni

r′ = r + v dtv′ = v + a(r, v, t) dt

che presentano matrice jacobiana data da

J =∂(r′, v′)

∂(r, v),

con det(J) = 1 + ∇v · a dt + . . . ≃ 1. Ne consegue la conservazione delvolume nello spazio delle fasi (d3

r′d3

v′ = det(J) d3

r d3v = d3

r d3v), per cui

il numero di particelle attorno al punto (r′, v′), dN ′ = F (r′, v′, t) d3r′ d3v′ =F (r + v dt, v + a dt, t) d3r d3v, differisce da quello al punto (r, v), dN =

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F (r, v, t) d3r d3v, solo per il tasso netto di cambiamento dovuto agli urti,indicato con

dN ′ − dN =DF

Dtd3r d3

v dt .

Sostituendo le varie espressioni si ricava

F (r + v dt, v + a dt, t)− F (r, v, t) =DF

Dtdt ,

che in seguito a uno sviluppo di Taylor diventa

(∂t + v · ∇r + a · ∇v)F =DF

Dt.

A questo punto e necessario esplicitare il secondo membro, che indica la va-riazione del numero di particelle intorno a (r, v) a causa degli urti ed e quindiscrivibile come differenza fra gli effetti di “riempimento” e di “svuotamento”:

DF

Dt=

DF

Dt

(+)

− DF

Dt

(−)

.

Il secondo addendo e facilmente calcolabile sfruttando la (2.12), per cui (po-nendo V = |v− v∗|, dove l’asterisco indica la variabile di integrazione primaindicata dal pedice 2 e si tralascia ovunque il pedice 1):

DF (r, v, t)

Dt

(−)

=

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)F (r, v, t)F (r, v∗, t) . (2.14)

Il primo termine e ricavabile in modo del tutto analogo alla (2.14) studiandole collisioni inverse, che per motivi di simmetria presentano esattamente glistessi parametri (angolo di deflessione, velocita baricentrale e modulo dellavelocita relativa, e di conseguenza si ha d3v′

1 d3v′

2 = d3v1 d3v2), quindi

dI ′ = V ′σ(V ′,Ω′)F (r, v′1, t)F (r, v

′2, t) d

3v′1 d

3v′2 dΩ

′ =

= V σ(V,Ω)F (r, v′1, t)F (r, v

′2, t) d

3v1 d

3v2 dΩ =⇒

DF (r, v, t)

Dt

(+)

=

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)F (r, v′, t)F (r, v′∗, t) . (2.15)

Si ricava percio l’equazione di Boltzmann nella forma

(∂t + v · ∇r + a · ∇v)F =

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)(F ′F ′∗ − FF∗) , (2.16)

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con ovvio significato dell’apice e dell’asterisco posti accanto a F . La nonlinearita dell’equazione, oltre a un eventuale contributo dovuto alla possibiledipendenza di a da F (generalmente trascurato), e resa evidente dalla naturadel secondo membro, indicato con Q(F, F ) e detto “integrale d’urto”.In termini della velocita peculiare, a causa della nuova forma assunta dallederivate parziali

∂F (r, v, t)

∂t7→ ∂F (r, c, t)

∂t+∂ci(r, v, t)

∂t

∂F (r, c, t)

∂ci=

=∂F (r, c, t)

∂t− ∂ui(r, t)

∂t

∂F (r, c, t)

∂ci

∂F (r, v, t)

∂rj7→ ∂F (r, c, t)

∂rj+∂ci(r, v, t)

∂rj

∂F (r, c, t)

∂ci=

=∂F (r, c, t)

∂rj− ∂ui(r, t)

∂rj

∂F (r, c, t)

∂ci

∂F (r, v, t)

∂vj7→ ∂F (r, c, t)

∂cj,

la (2.16) diventa

∂t + (u+ c) · ∇r + [a− ∂tu− (u+ c) · ∇ru] · ∇cF =

=

d3c∗

dΩ |c− c∗|σ(V,Ω)(F ′F ′∗ − FF∗) .

In presenza di gas multispecie sussiste un’equazione per la funzione di distri-buzione di ogni specie, Fi = Fi(r, vi, t), e bisogna tener conto degli urti contutti gli altri tipi di particelle esistenti. Posto ai = ai(r, vi, t) si ha

(∂t + vi · ∇r + ai · ∇vi)Fi =

j

d3vj

dΩ |vi − vj |σ(V,Ω)(F ′iF

′j − FiFj) .

2.8 Gli invarianti d’urto e l’equazione di scam-

bio

Particolare interesse riveste lo studio dell’integrale d’urto Q(F, F ) (che ri-mane funzione di r, v e t) qualora esso venga moltiplicato per una generica

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funzione w(c) e nuovamente integrato sulla variabile v. La grandezza

∆w =

d3v

d3v∗

dΩwV σ(V,Ω)(F ′F ′∗ − FF∗)

rappresenta infatti la variazione subita da w a causa di tutti i possibili urtie risulta invariante sia per scambio tra i componenti della coppia urtante(cambiamento delle quantita con asterisco nelle rispettive senza asterisco eviceversa) sia per scambio tra situazione iniziale e finale dello stesso compo-nente (cambiamento delle quantita con apice nelle rispettive senza apice eviceversa). Essa e quindi esprimibile equivalentemente nei seguenti modi:

∆w =

d3v

d3v∗

dΩw∗V σ(V,Ω)(F′F ′

∗ − FF∗)

= −∫

d3v

d3v∗

dΩw′∗V σ(V,Ω)(F

′F ′∗ − FF∗)

= −∫

d3v

d3v∗

dΩw′V σ(V,Ω)(F ′F ′∗ − FF∗) .

Sommando le quattro espressioni precedenti si ricava

∆w =1

4

d3v

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)(F ′F ′∗ − FF∗)(w + w∗ − w′ − w′

∗) ,

che esprime semplicemente il fatto che la variazione di w dovuta a ipoteticiurti invertiti e uguale a quella degli urti diretti. Riscrivendola nella forma

∆w =1

2

d3v

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)FF∗(w′ + w′

∗ − w − w∗)

si puo notare come la variazione totale di w sia ovviamente nulla qualora es-sa rappresenti un “invariante d’urto”, cioe una quantita conservata duranteuna collisione. Si dimostra che ogni funzione w avente ∆w = 0 e esprimibilecome combinazione lineare degli invarianti d’urto elementari, rappresentatida massa, impulso ed energia delle particelle: tale proprieta e anche fisica-mente intuibile considerando il fatto che ogni altro invariante indipendentedai precedenti consentirebbe la scrittura di una relazione aggiuntiva fra lecoppie di velocita iniziale e finale di un urto, il che non ha ragione di acca-dere. Si indicano con χl gli invarianti d’urto fondamentali (l va da 1 a 5,comprendendo le tre componenti della velocita), per cui se ∆w = 0 allora

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w = ω0 + ω1 · v + ω2v2 (ωl costanti).

L’equazione di scambio viene ottenuta applicando le stesse operazioni di mol-tiplicazione per w e di integrazione su v anche al primo membro dell’equazio-ne di Boltzmann, e uguagliando a una delle espressioni di ∆w, anche nel casogenerico in cui non si tratti di un invariante d’urto. La forma piu semplice diquesta equazione si ottiene in termini della velocita totale anziche di quellapeculiare:

∂t

d3v Fw +∇r ·

d3v Fvw −

d3v Fa · ∇vw =

=1

2

d3v

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)FF∗(w′ + w′

∗ − w − w∗) . (2.17)

2.9 Equilibrio: il teorema H e la distribuzio-

ne di Maxwell-Boltzmann

La quantita

H(t) =

d3r

d3v F (r, v, t) lnF (r, v, t)

assume una notevole importanza perche collegata all’entropia η tramite η(t) =−kH(t). Il fondamentale teorema H di Boltzmann stabilisce che

dH(t)

dt≤ 0 ,

e di conseguenza, a meno di imporre particolari condizioni al contorno checonsentano un flusso entrante di H , esso non aumenta mai, bensı decrescefino a raggiungere un valore limite stazionario (la divergenza e vietata daconsiderazioni sull’energia totale). Per la dimostrazione basta sostituire, in

dH(t)

dt=

d3r

d3v (1 + lnF (r, v, t))

dF (r, v, t)

dt,

la derivata temporale di F (che rappresenta il primo membro dell’equazionedi Boltzmann) con l’integrale d’urto (corrispondente secondo membro):

dH(t)

dt=

d3r

d3v

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)(F ′F ′∗ − FF∗)(1 + lnF ) .

Operando manipolazioni del tutto simili a quelle descritte nel paragrafoprecedente, si giunge a

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dH(t)

dt=

1

4

d3r

d3v

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)(F ′F ′∗ − FF∗) ln

FF∗

F ′F ′∗

.

L’integrando, e di conseguenza l’integrale, non risultano mai positivi, e anzisi annullano solo nel caso che F ′F ′

∗ = FF∗. Oltre a dimostrare il teoremaH, questo prova anche che condizione necessaria e sufficiente per raggiungereuna situazione di equilibrio (assenza di variazioni temporali) e lnF (r, v′, t)+lnF (r, v′

∗, t) = lnF (r, v, t)+ lnF (r, v∗, t), cioe lnF deve essere un invarian-te d’urto. Ne consegue che la funzione di distribuzione all’equilibrio deveessere esprimibile come esponenziale di una combinazione lineare degli in-varianti d’urto elementari, e una ridefinizione dei vari parametri conduceall’espressione canonica della distribuzione di Maxwell-Boltzmann:

F0 = ρ

(

1

2πmkT

)3/2

e−m|v−u|2/2kT ⇔ f0 =( m

2πkT

)3/2

e−mc2/2kT . (2.18)

Tale espressione vale anche per gas multispecie, applicandosi alla funzione didistribuzione di ognuna di esse, a patto di sostituire m con la massa parti-cellare della specie in questione.Il significato del teorema H e piuttosto profondo ma non deve essere soprav-valutato: evidentemente esso e valido quando vale l’equazione di Boltzmann,e quest’ultima sussiste esattamente solo in presenza di caos molecolare, percui la derivata temporale di H puo anche non essere una funzione continua.Esiste un apparente paradosso, l’obiezione di Zermelo, basata sul teorema

di Poincare, secondo cui ogni sistema confinato ritorna prima o poi indefi-nitamente vicino a qualsiasi punto dello spazio delle fasi, e quindi anche lagrandezza H deve riapprossimare il suo valore iniziale, tornando a crescere seinizialmente in diminuzione. In realta cio accade per ogni singola realizzazio-ne, mentre il teorema H si applica in media, e comunque il ciclo di Poincare hadurata molto maggiore dell’eta dell’universo. Un’altra apparente contraddi-zione (obiezione di Loschmidt) e quella legata all’irreversibilita congenita nelteorema, contrapposta alla reversibilita della meccanica classica su cui e ba-sato: se per l’evoluzione diretta si ha dH/dt < 0, allora considerando il motoinverso (ugualmente possibile) si ottiene dH/d(−t) = −dH/dt > 0. La pre-senza di un “prima” e di un “dopo” e interpretata a livello statistico in terminiprobabilistici, in alternativa si puo pensare che la “freccia del tempo” sia ot-tenibile proprio invertendo la relazione iniziale: non t1 < t2 ⇒ H(t1) > H(t2)bensı H(t1) > H(t2) ⇒ t1 < t2.

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2.10 L’interazione gas-superficie e il principio

del bilancio dettagliato

Per un gas contenuto in un recipiente risulta tutt’altro che banale il proble-ma delle condizioni al contorno: basti pensare che, assumendone particolariforme, puo accadere che il teorema H cambi completamente significato o ad-dirittura non sussista del tutto, mentre la distribuzione maxwelliana puo nonessere in grado di soddisfarle attraverso i suoi parametri liberi e in tal casoil gas non raggiunge mai l’equilibrio. Per l’interazione gas-superficie solidasono stati proposti vari modelli, anche in relazione al fatto che, a differenzadei liquidi, non e richiesta la condizione di aderenza alle pareti e quindi glischemi di flusso possono risultare molto diversi. In generale, limitandosi aicasi in cui ogni particella urtante viene riemessa nello stesso punto e istante(cioe trascurando i fenomeni di adsorbimento e catalisi), occorre esplicitarela forma della densita di probabilita B(v → v′; r, t) (non negativa) che unaparticella collidente con la frontiera del dominio nel punto r all’istante t eavente velocita v ne riemerga con velocita v

′. Indicando con u0 la velocitadella parete e con n il versore perpendicolare alla superficie e diretto versoil gas, sussiste il vincolo di normalizzazione

d3v′B(v → v

′; r, t) = 1 ,

limitatamente alle velocita iniziali che soddisfano (v − u0) · n < 0 e condominio di integrazione esteso al semispazio (v′ −u0) ·n > 0. Il principio diconservazione della massa impone anche la condizione

|(v′ − u0) · n|F (r, v′, t) =

d3vB(v → v

′; r, t)|(v − u0) · n|F (r, v, t) ,

limitatamente alle velocita finali che soddisfano (v′−u0)·n > 0 e con dominiodi integrazione esteso al semispazio (v−u0) ·n < 0. Ne consegue la relazione

d3v′ (v′ − u0) · nF (r, v′, t) = 0 ,

con integrazione ora estesa a tutto lo spazio, e quindi l’uguaglianza fra lecomponenti normali della velocita media del gas e della parete: (u−u0) ·n =0. Riscrivendo in termini della velocita peculiare si ottiene (v′−u0)·n = c′ ·n

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e quindi

|c′ · n|F (r, v′, t) =

d3vB(v → v

′; r, t)|c · n|F (r, v, t) ,

limitatamente alle velocita peculiari che soddisfano c′ · n > 0 e con dominiodi integrazione esteso al semispazio c · n < 0.Riguardo la forma specifica di B, Maxwell ipotizzo inizialmente che le pa-reti (lisce) riflettano specularmente in maniera perfettamente elastica, manotando che in questo modo non si eserciterebbe alcuna tensione obliqua frasuperficie solida e gas (fatto contrario alle evidenze sperimentali) modificola sua ipotesi considerando la possibilita che le particelle urtanti venganoriemesse in equilibrio termico con la parete in una direzione casuale. Unendoi due modelli, si e soliti introdurre il “coefficiente di adattamento” α, parialla frazione di particelle che subiscono questo processo di “termalizzazione”(sperimentalmente vicina all’unita), e scrivere

B(v → v′; r, t) = (1−α)δ(v′−v−2n(c′ ·n))+α 1

2πR2T 20

|c′ ·n| e−|v′−u0|2/2RT0

(con c · n < 0 < c′ · n), dove T0 indica la temperatura della parete chepuo variare da punto a punto, cosı come la sua velocita. Un’importanteconseguenza deriva dalla considerazione che, per una questione di simmetriaspeculare in situazione di equilbrio, il numero di particelle che modificanola loro velocita da v − u0 a v′ − u0 a causa dell’interazione deve essereuguale a quello delle particelle che passano da v′

R ≡ v′ − u0 − 2n(c′ · n) avR ≡ v − u0 − 2n(c · n); cio implica

|c · n|B(v → v′; r, t)e−|v−u0|2/2RT0 = |c′ · n|B(v′

R → vR; r, t)e−|v′−u0|2/2RT0 .

Si tratta del cosiddetto principio del bilancio dettagliato (soddisfatto dallaforma di B ipotizzata da Maxwell), legato alla questione della reversibiltadella fisica classica: esso si applica anche agli urti interparticellari e corri-sponde all’assunzione (tutt’altro che banale) che la probabilita di passareda una coppia iniziale di velocita (v, v∗) a una finale (v′, v′

∗), indicata conB(v, v∗ → v′, v′

∗), equivale non solo a B(−v′,−v′∗ → −v,−v∗) (ovviamente)

ma anche a B(v′, v′∗ → v, v∗).

Un possibile raffinamento del modello di Maxwell, senza modificare nel detta-glio il nucleo di interazione B, consiste nell’introdurre due diversi coefficientidi adattamento αn e αt per le componenti della velocita rispettivamentenormale e tangenziale alla parete.

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Capitolo 3

Risoluzione dell’equazione di

Boltzmann

L’equazione di Boltzmann risulta integro-differenziale alle derivate parziali,oltre che non lineare e funzionale: quest’ultimo termine si riferisce al fattoche l’incognita F appare nell’integrale d’urto non solo con gli argomenti v(variabile indipendente corrente) e v∗ (variabile muta di integrazione), maanche con v′ e v′

∗, che sono le variabili trasformate delle precedenti in seguitoall’urto. Ne consegue che trovare soluzioni analitiche esatte e sostanzialmen-te impossibile, eccezion fatta per la distribuzione di Maxwell, che peraltrocorrisponde a una situazione di equilibrio e puo essere ricavata con altriragionamenti, e per una soluzione trovata da Ikenberry e Truesdell senzaparticolare significato pratico ma solo illustrativo. Occorre quindi introdurremetodi di approssimazione, analitici o numerici, che permettano di trova-re una soluzione simile a quella esatta, mantenendone certe caratteristicheimportanti e trascurandone di volta in volta altre meno rilevanti.

3.1 L’equazione di Boltzmann linearizzata o

lineare

La maggior parte delle tecniche di approssimazione consiste in metodi per-turbativi, in cui si sceglie un parametro ǫ, sufficientemente piccolo in certesituazioni, e si espande F in serie di potenze di ǫ o in sue successioni asin-totiche. L’espansione in generale non risulta convergente ma solo asintotica,tuttavia essa fornisce solitamente risultati corretti per un certo intervallo di

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valori di ǫ. In particolare presenta un notevole interesse il caso in cui, dopoaver sviluppato la funzione di distribuzione come

F =

∞∑

i=0

ǫiFi ,

si studia la conseguente espansione dell’integrale (quadratico) d’urto

Q(F, F ) =

∞∑

i=0

ǫii

j=0

Q(Fj , Fi−j) =

∞∑

i=0

ǫiQi, Qi =

i∑

j=0

Q(Fj , Fi−j)

in funzione dell’operatore bilineare simmetrico

Q(G, g) =1

2

d3v∗

dΩV σ(V, θ) (G′g′∗ +G′∗g

′ −Gg∗ −G∗g) .

Una caratteristica comune alla maggior parte di queste espansioni risiedenel fatto che l’approssimazione di ordine zero e costituita dalla maxwellianaF0, che comunque in generale non ha il vincolo di soddisfare l’equazionedi Boltzmann e puo presentare parametri (densita, velocita media, tempe-ratura) dipendenti da spazio e tempo (si parla di “maxwelliana locale”):tale caratteristica non influisce su Q, che non agisce sulla dipendenza spazio-temporale di F . Di conseguenza si ha Q0 = Q(F0, F0) = 0, mentre il genericotermine della serie puo essere spezzato nella forma

Qi = 2Q(F0, Fi) +

i−1∑

j=1

Q(Fj , Fi−j) ,

in cui il secondo addendo rappresenta semplicemente un termine di sorgente(Σi) essendo gia noto dal passo precedente. Ne consegue che l’informazionerilevante e contenuta nell’operatore (lineare nell’incognita Fi) Q(F0, Fi), percui si pone solitamente hi = Fi/F0 e si studia l’operatore linearizzato di

Boltzmann

Λ(h) =2

F0

Q(F0, F0h)

che soddisfa Qi = F0Λ(hi) + Σi. Sfruttando le proprieta della maxwellianasi deduce

Λ(h) =

d3v∗

dΩV σ(V, θ)F ∗0 (h

′∗ + h′ − h∗ − h) . (3.1)

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A partire dall’equazione linearizzata sussiste evidentemente la possibilita disfruttare gli strumenti dell’algebra lineare: il risultato piu interessante con-siste nello studio degli autovettori dell’operatore Λ e si trova che quelli cor-rispondenti all’autovalore nullo sono i 5 invarianti d’urto fondamentali χl.Esiste un caso di notevole interesse in cui l’equazione di Boltzmann risultadi per se lineare. Si consideri infatti una miscela di due gas aventi massemolecolari molto diverse: e evidente che le particelle piu pesanti risentonopoco degli urti con quelle leggere e l’equazione per la loro funzione di di-stribuzione permane normalmente quadratica, coinvolgendo urti fra coppiedi esse stesse; al contrario, la dinamica delle particelle leggere non e guidatadagli urti fra loro coppie, perche influsso di gran lunga maggiore sul moto diuna particella leggera e dato dall’urto contro una pesante: ne consegue chenell’equazione per la funzione di distribuzione delle particelle leggere l’inte-grale d’urto presenta una dipendenza non piu quadratica ma sostanzialmentesolo lineare dall’incognita, avendo trascurato gli urti fra coppie e ottenendoquindi sempre prodotti fra una funzione di distribuzione “pesante” e una“leggera”. La differenza piu notevole col caso linearizzato sta nel fatto cheora l’unico invariante di collisione riguardo le particelle leggere e la loro mas-sa, perche nel loro sottoinsieme impulso ed energia non sono conservati acausa degli urti con le particelle pesanti, che in questa descrizione fungonoda corpi esterni; inoltre l’incognita stessa del problema e ora una normalefunzione di distribuzione, di per se positiva, mentre nel caso linearizzato leincognite hi non soggiacciono a tale restrizione. Attraverso questa analisi epossibile risolvere problemi di trasporto di neutroni, fotoni o elettroni.

3.2 Il modello BGK e le sue evoluzioni

Il problema principale nella risoluzione dell’equazione di Boltzmann e da-to dalla natura complicata dell’integrale d’urto, sia nella versione completa(2.16) che in quella linearizzata (3.1). Non e quindi sorprendente che ne sianostate proposte versioni alternative piu semplici, note come “modelli d’urto”:ogni equazione “alla Boltzmann” in cui sia effettuata tale sostituzione vie-ne detta “equazione modello” o “modello cinetico”. L’idea fondamentaleconsiste nella considerazione che gran parte dei dettagli delle interazioni bi-narie non influenza significativamente i valori delle quantita macroscopichedi interesse, per cui la struttura fine dell’operatore Q(F, F ) puo essere resatranquillamente piu grossolana considerando un operatore piu semplice q(F ),

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che ne mantenga solo le proprieta medie e qualitative.Il modello cinetico di gran lunga piu diffuso e quello cosiddetto del tempo di

rilassamento o BGK (dalle iniziali di Bhatnagar, Gross e Krook), propostoperaltro indipendentemente anche da Welander nello stesso periodo. I puntichiave che l’operatore q deve soddisfare sono la tendenza verso la distribu-zione maxwelliana (teorema H) implicita nell’integrale d’urto e la relazionesugli invarianti d’urto riguardo Q che implica

d3v χlq(F ) = 0 . (3.2)

La prima condizione viene implementata semplicemente supponendo che ogniurto cambi la funzione di distribuzione F in modo proporzionale alla distanzadi quest’ultima da una maxwelliana F0, cioe q(F ) = [F0(v)− F (v)]ν, in cuila “frequenza di collisione” ν viene generalmente assunta come dipendenteda spazio e tempo ma non dalla velocita (tale restrizione viene eliminata inmetodi piu complessi). I parametri liberi della maxwelliana locale (ρ, u e T )vengono fissati dalla (3.2), che impone

d3v χlF0(v) =

d3v χlF (v) :

in ogni punto e istante F0 deve avere la stessa densita, velocita media etemperatura di F . In principio la non linearita di q puo essere molto peggioredi quella di Q, che e semplicemente quadratico: infatti q contiene F siaal numeratore che al denominatore di un esponenziale tramite u e T cheappaiono in F0. Una possibile scorciatoia e costituita dalla possibilita dipartire dall’equazione linearizzata, tuttavia anche la forma completa puocondurre a utili equazioni integrali non lineari per le variabili macroscopiche.E piuttosto interessante studiare in dettaglio la semplificazione risultantedell’integrale d’urto nel caso di gas monospecie. Si ha che la funzione didistribuzione delle particelle che contribuiscono agli “urti di riempimento”(2.15) e, come ipotizzato, una maxwelliana:

DF

Dt

(+)

=

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)F ′0F

′0∗ .

Sfruttando la (2.18) tale espressione puo essere riscritta come

DF

Dt

(+)

=

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)F0F∗0 ,

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per cui l’integrale d’urto diventa

DF

Dt= F0

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)F ∗0 − F

d3v∗

dΩV σ(V,Ω)F∗ .

I due integrali possono essere visti come frequenze medie d’urto e sono quindiscrivibili come inversi di tempi caratteristici, rispettivamente 1/τ0 e 1/τF ,ottenendo

DF

Dt=F0

τ0− F

τF.

Il significato fisico sottostante e che le particelle che seguono la funzione didistribuzione reale F vengono “rimosse” esponenzialmente a causa degli urticon un tempo scala τF e vengono “sostituite” da altre particelle (che seguonoF0) su tempi τ0. D’altra parte, trascurando le reazioni chimiche e i variprocessi di ionizzazione o ricombinazione, gli urti non creano ne distruggonoparticelle, quindi si deve avere τF = τ0. L’espressione finale dell’integraled’urto e dunque

DF

Dt=

1

τ0

[

ρ

(

1

2πmkT

)3/2

e−m|v−u|2/2kT − F

]

.

Quanto detto giustifica il nome alternativo del modello, “tempo di rilassa-mento”.Il metodo BGK risolve facilmente alcuni problemi, fra i quali il rilassamentoverso l’equilibrio in un caso spazialmente omogeneo, in cui si trova l’evolu-zione temporale a partire dalla funzione di distribuzione (arbitraria) inizialeG(v):

F (v, t) = G(v)e−νt + (1− e−νt)F0(v) .

I parametri ρ, u e T in F0 possono essere calcolati mediante G, essendocostanti, e il significato di ν e proprio quello di inverso del tempo di rilassa-mento verso l’equilibrio.Altrettanto facilmente puo essere dimostrato il teorema H, mentre uno svan-taggio e costituito dal fatto che il numero di Prandtl assume un valore sba-gliato Pr = 1 (per confronto si veda anche il paragrafo successivo). A talesbaglio si puo porre rimedio considerando il cosiddetto modello ellissoidale

statistico (ES), in cui si sostituisce una gaussiana tridimensionale localmenteanisotropa alla maxwelliana (che e una gaussiana isotropa), in modo da poterdisporre di almeno due parametri liberi, invece del solo ν, per catturare con-temporaneamente gli andamenti dei coefficienti di viscosita e conducibilita

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termica. Un altro raffinamento del metodo BGK originale consiste nella pro-cedura proposta da Gross e Jackson, che lo sfrutta come punto di partenzaper generare una gerarchia sistematica che approssima l’integrale d’urto conaccuratezza arbitraria: presentato inizialmente come studio delle autofunzio-ni per le particelle di Maxwell, e stato successivamente esteso anche ad altricasi.

3.3 Il metodo delle espansioni di Hilbert e

Chapman-Enskog

Un semplice studio sugli ordini di grandezza presenti nei vari termini del-l’equazione di Boltzmann mostra l’esistenza di due fondamentali rapportiadimensionali: τ/t† e λ/l†, corrispondenti ai quozienti di intervallo e cammi-no libero medio rispettivamente con un tempo e una lunghezza caratteristicidel problema (t† e l†). In prima approssimazione tali rapporti possono esse-re considerati confrontabili (in realta essi differiscono per un’altra quantitaadimensionale, detta numero di Sherwood, solitamente prossima all’unita),e il rapporto tipico tra il primo e il secondo membro dell’equazione e fornitodal numero di Knudsen, definito come Kn = λ/l† e analogo al rapporto frai numeri di Mach e di Reynolds. Si vuole studiare il limite di gas piutto-sto denso, con Kn piccolo: una semplice riscalatura delle variabili in terminiadimensionali conduce allora alla forma

ǫ (∂t + v · ∇r + a · ∇v)F = Q(F, F ) ,

intendendo ǫ = Kn come il parametro piccolo di sviluppo. Nonostante ap-paia subito evidente il problema dovuto al fatto che esso moltiplica tutte lederivate e quindi sia possibile fonte di singolarita, e utile tentare l’espansionedi Hilbert (3.1) sostituendo direttamente nell’incognita F . Si ha

∞∑

i=1

ǫi (∂t + v · ∇r + a · ∇v)Fi−1 =

∞∑

i=0

ǫiQi ,

da cui Q0 = 0 (cioe F0 e una maxwelliana) e

(∂t + v · ∇r + a · ∇v)Fi−1 = Qi (i ≥ 1) .

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Di conseguenza si puo ripetere il trattamento linearizzato (esposto in unparagrafo precedente) sulle incognite hi che obbediscono a

(∂t + v · ∇r + a · ∇v) (F0hi−1) = F0Λ(hi) + Σi ,

con h0 = 1 , Σ1 = 0 , Σi =

i−1∑

j=1

Q(F0hj , F0hi−j) (i ≥ 2) .

Il problema puo essere affrontato passo per passo e il risultato e il seguente:occorre risolvere le equazioni di Eulero (non viscose) dei fluidi, ordinarie nellaprima approssimazione e linearizzate disomogenee nelle successive.In questo modo si puo estrarre una descrizione macroscopica in termini didensita, velocita media e temperatura, tuttavia sorge spontanea una doman-da: tale espansione e lecita? Un indizio per una risposta in senso negativoviene dalla considerazione che il limite di fluido ideale e singolare, per cuiogni piccola deviazione genera correzioni non esprimibili mediante metodiperturbativi regolari: in sostanza la dipendenza di F da ǫ non e analitica.Una scorciatoia a questa difficolta viene dall’espansione di Chapman-Enskog,in cui si sviluppa non la soluzione ma l’equazione stessa. Sostanzialmente ilpunto fondamentale e il medesimo del metodo precedente, cioe che la funzio-ne di distribuzione dipenda da spazio e tempo solo tramite i parametri ρ, ue T (si ha che F0 e sempre una maxwelliana), ma la differenza importanteconsiste ora nell’esattezza di questi ultimi; inoltre lo sviluppo (3.1) presentaadesso Fi dipendenti implicitamente da ǫ e quindi non richiede analiticita. Ilrisultato e che occorre fin dal principio fissare un livello L-esimo di appros-simazione e valutarvi la soluzione: se si vuole passare a un livello successivooccorre risolvere un sistema di equazioni completamente nuovo e piu compli-cato. Per L = 1 se ne deriva l’equazione di Navier-Stokes per fluidi aventicomportamento termico alla Fourier, con coefficienti di trasporto dipendentisolo dalla temperatura e da costanti molecolari; in particolare la viscosita µrisulta proporzionale al libero cammino medio ma indipendente dalla densita,fatto confermato dagli esperimenti solo successivamente, mentre la conduci-bilita termica κ e tale che il numero di Prandtl cpµ/κ (cp calore specifico apressione costante) ha un buon accordo con il valore sperimentale di 2/3 pergas monoatomici.Per L = 2, invece, si ottengono le cosiddette equazioni di Burnett, di diffi-cile utilizzo pratico: questo fatto sottolinea come l’espansione di Chapman-Enskog sia in un certo senso “ultraraffinata”, tenendo in considerazione ec-cessiva i contributi dei diversi ordini in ǫ e aggiungendo addirittura soluzioni

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spurie in determinati casi. Esistono quindi tecniche di miglioramento ba-sate sulla sostituzione dell’operatore di Eulero con quello di Navier-Stokesnell’espansione di Hilbert, in modo da poter trattare anche le zone in cuiquest’ultima fallisce. E cosı possibile studiare non solo le “regioni normali”,ma anche strati limite (cioe raccordo con le condizioni al contorno), onded’urto e stati iniziale e “finale” (evoluzione a tempi lunghi, di ordine 1/ǫ),tutte situazioni in cui la rapidita di variazione spazio-temporale dei para-metri non consente la regolarita dei parametri necessaria per l’utilizzo delmetodo originale.

3.4 Il metodo dei momenti di Grad: regime

fluidodinamico

Un metodo di soluzione matematicamente equivalente a quello esposto nelparagrafo precedente fu proposto da Grad e prende il nome di metodo dei

momenti. Esso consiste nel ricavare equazioni di trasporto per le grandezzemacroscopiche sfruttando vari momenti di velocita dell’equazione di Boltz-mann, cioe moltiplicando quest’ultima per una certa potenza della velocita(in modulo o anche attraverso componenti) e integrando su tutto lo spaziodella stessa variabile velocita. Come ogni tecnica basata su tale schema,anche questa si scontra con il ben noto problema della chiusura, per cui nel-l’equazione del momento n-esimo compare anche quello (n + 1)-esimo; neconsegue che per ottenere equzioni chiuse occorre fermarsi a un determinatoordine ed esprimere un momento piu elevato in funzione di altri piu bassimediante relazioni di chiusura, operando cosı ipotesi implicite sulla funzionedi distribuzione: generalmente si attua questa operazione sul quart’ordinee lo si esprime in funzione degli ordini zero e due, ottenendo equazioni ditrasporto per i momenti da zero a tre.Senza entrare eccessivamente nei dettagli, e sufficiente ricordare che densita,velocita media e temperatura corrispondono rispettivamente a momenti diordine zero, uno e due e che il momento di ordine n e collegato da relazionitensoriali al flusso del momento di ordine n− 1. Per una grandezza fisica w(funzione della velocita) si definisce

Φ(w)(r, t) =

d3v vw(v)F (r, v, t) ,

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cosicche appare naturale introdurre le seguenti quantita tensoriali:

flusso di massa = Φ(m)i = ρui , flusso di impulso = Φ

(mvj )i = ρuiuj + pij ,

tensore delle pressioni = pij = m

d3c cicjF ,

pressione (scalare) = p =1

3tr(p) =

1

3

d3v c2F ,

tensore delle tensioni = τij = pδij − pij ,

flusso di calore: tensore Ψijk = m

d3c cicjckF ⇒ vettore ψi =

1

2Ψijj ,

momento del quart’ordine = Rijkl = m

d3c cicjckclF .

Il primo tentativo di ottenere equazioni chiuse a partire dalla (2.17) consistenell’ipotizzare “equilibrio termodinamico locale”, cioe che vi siano sufficientiurti per poter approssimare la funzione di distribuzione con una maxwel-liana avente parametri dipendenti da spazio e tempo. In questo modo siottengono le cosiddette equazioni di Eulero, che costituiscono una sorta diapprossimazione di ordine zero e la cui applicazione a fluidi non esattamentein equilibrio risulta piuttosto critica. Fra di esse e compresa l’equazione dicontinuita ∂tρ+∇r · (ρu) = 0.Il passo successivo di approssimazione permette di giungere anche a rela-zioni di trasporto, in cui cioe siano presenti lievi deviazioni dall’equilibrio.Particolare rilievo riveste la chiusura ipotizzata da Grad, che conduce allacosiddetta “approssimazione dei 20 momenti”: essa si basa sull’ipotesi che ilmomento del quart’ordine sia legato a quello del secondo dalla relazione

Rijkl =1

mn(pijpkl − τijτkl + termini simmetrizzati) .

Si puo mostrare che essa equivale sostanzialmente a uno sviluppo alla Chap-man-Enskog e viene spesso scritta senza i termini di tensore delle tensioni,che corrispondono a ordini superiori nel parametro piccolo. In questo mo-do si ottengono relazioni chiuse nell’insieme costituito dalle incognite ρ, ui,pij e Ψijk, per un totale di 20 quantita indipendenti. Tale descrizione risul-ta pero ridondante, nel senso che dalle 10 componenti del tensore di flussodi calore e possibile ridursi alle 3 del corrispondente vettore senza perdereeccessivamente in ricchezza di descrizione: in sostanza, si impone la relazione

Ψijk =2

5(δijψk + termini simmetrizzati) .

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Si giunge cosı alle equazioni di Navier-Stokes, che descrivono l’evoluzionedelle 13 quantita (da cui il nome di “approssimazione dei 13 momenti”) datedalla densita, dalla velocita media, dal tensore delle pressioni e dal vettoredel flusso di calore: in particolare si derivano le ben note relazioni secondocui quest’ultimo e proporzionale all’opposto del gradiente di temperatura eil tensore delle tensioni dipende da quello di deformazione, cioe dalla matricecostruita a partire dai gradienti di velocita.L’estensione ai gas multispecie non presenta particolari problemi, mentreulteriori livelli di semplificazione possono essere elencati come segue.

• “Approssimazione dei 10 momenti”: si trascura completamente il flussodi calore, che a priori costituisce una quantita del terz’ordine, e si man-tiene l’effetto del tensore delle tensioni, corrispondente a una grandezzadel second’ordine.

• “Approssimazione degli 8 momenti”: si tiene conto del vettore del flussodi calore ma si trascurano le tensioni, spesso fisicamente meno rilevantidel precedente.

• “Approssimazione dei 5 momenti”: trascurando completamente tensio-ni e flusso di calore si ritorna alla descrizione alla Eulero per gas mo-nospecie, ma in presenza di piu componenti si ottiene un altro insiemedi equazioni di uso comune.

Indipendentemente dal grado di approssimazione scelto, il metodo di Grade le espansioni di Hilbert e Chapman-Enskog caratterizzano il cosiddettoregime fluidodinamico, in cui l’esiguita del cammino libero medio rispettoalle dimensioni caratteristiche del flusso consente una descrizione in terminicontinui della materia.

3.5 I regimi di rarefazione e di transizione

Il limite opposto rispetto alle situazioni studiate finora ha luogo quandoKn ≫ 1, cioe se gli urti interparticellari sono trascurabili rispetto a quel-li contro le pareti o comunque non contribuiscono efficientemente a riportareil gas in una situazione di equilibrio: si parla quindi di regime di rarefazione.Tale situazione puo essere ulteriormente divisa in due sottocasi distinti: siparla di “regime senza urti” per flussi su scala molto grande, per esempionell’alta atmosfera, mentre si da il nome di “flusso libero” ai problemi in cuisi studia l’interazione di tali gas con oggetti di dimensioni finite (quali untubo quasi sotto vuoto o una navicella spaziale).

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Lo studio di quest’ultimo regime trae spunto dalla considerazione di base chele particelle riflesse dall’urto con il corpo esterno percorrono generalmenteuna grande distanza prima di collidere con le altre particelle e quindi noninterferiscono con il flusso incidente. Di conseguenza l’ipotesi fondamentale(peraltro valida solo per i corpi convessi ma non per quelli concavi) e che ogniparticella incidente non porti alcuna traccia di (eventuali) precedenti urti colcorpo esterno: cio consente di assumere una condizione iniziale di equilibriotermodinamico locale, tenendo comunque conto del carattere prettamenteindividuale e non collettivo dell’interazione particelle-oggetto. L’applicazio-ne principale riguarda lo studio del trasferimento di calore e delle forze diresistenza e portanza che si generano per esempio su una navicella spazia-le: un paragone col regime fluidodinamico sottolinea come i risultati sianoovviamente simili per basse velocita ma differiscano notevolmente per motisupersonici. A tal proposito e curioso rilevare come in questa situazione nonsi possano formare onde d’urto (descritte viceversa come superfici di discon-tinuita nella descrizione alla Eulero e come regioni di rapida variazione deiparametri in quella di Navier-Stokes), mentre gli strati limite saranno gene-ralmente spessi e diffusi.Un problema molto interessante e quello dell’“effusione”, cioe della fuoriu-scita di un gas da un orifizio sulla parete di un recipiente. Il risultato piunotevole consiste nel fatto che il flusso netto di particelle uscenti risulta sem-pre maggiore nell’approssimazione idrodinamica (cioe quando il diametro delbuco e notevolmente maggiore del cammino libero medio) rispetto a quellacinetica (situazione opposta): tale fenomeno e collegato al cosiddetto “conge-lamento termico”, per cui il gas, pur espandendosi nel vuoto (o in un ambientedi densita comunque minore), non riesce a supplire alla propulsione neces-saria per mantenere il flusso. Analogamente e possibile trattare l’estensionedel flusso di Poiseuille ai gas rarefatti: pur con le dovute precauzioni (peresempio si ottengono risultati diversi a seconda che il gradiente imposto dipressione sia dovuto a differenze di temperatura o di densita), anche in que-sto caso si trova che la portata del tubo diminuisce al crescere del camminolibero medio.Il caso piu difficile da trattare corrisponde naturalmente alla situazione in-termedia, in cui il numero di Knudsen assume valori vicini all’unita: si parlaallora di regime di transizione. Il trattamento analitico di questo regime ri-sulta molto problematico, in quanto non esistono parametri piccoli assumibilicome punto di partenza per metodi perturbativi: di conseguenza, a parte casispeciali di risoluzione, occorre rifarsi a tecniche numeriche.

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3.6 Altri metodi di risoluzione

Tra gli altri metodi di soluzione dell’equazione di Boltzmann, importanza par-ticolare riveste la tecnica di separazione delle variabili, soprattutto quandoapplicata alla forma linearizzata. In questo modo, infatti, dopo aver trovatoun insieme completo di “soluzioni elementari” in variabili separate, grazie alprincipio di sovrapposizione e possibile combinarle linearmente per trovare lasoluzione generale; i valori dei coefficienti della sovrapposizione vengono quin-di determinati sfruttando le condizioni iniziali e al contorno. La dipendenzaspazio-temporale risulta in genere esponenziale, del tipo exp[i(k · r + ωt)],e il problema si riconduce allo studio della relazione di dispersione tra k eω (in generale complessi). Trovati i modi normali, occorre poi sovrapporlisui valori discreti dei due parametri e integrarli su quelli continui. Il passosuccessivo, relativo all’imposizione delle varie condizioni, e stato risolto incasi particolari dotati di simmetria, quali i flussi di Poiseuille e Couette, ilproblema di Kramers e il flusso di shear; piu in generale e possibili trattarecasi in cui il dominio occupato dal gas occupa lo spazio intero, un semispazioo una “fetta” compresa fra due piani (o due cilindri). In questo modo e anchepossibile descrivere i fenomeni di propagazione del suono e diffusione dellaluce in gas monoatomici.Un altro metodo molto comune e dato dalla trasformazione dell’equazioneintegro-differenziale in una puramente integrale, riconducendo cosı il proble-ma alla determinazione dell’operatore inverso lungo le caratteristiche. Ov-viamente come punto di partenza puo essere assunta sia l’equazione completache quella linearizzata, oppure un’equazione modello tipo BGK o ellissoidale.Accanto alla tecnica perturbativa esiste poi un altro approccio molto diffu-so, costituito dal metodo variazionale. Esso e impiegato soprattutto quandonon si e interessati a ricostruire il campo di flusso del gas ma solo alcunegrandezze totali, caratteristiche del problema in questione.Grazie alla potenza raggiunta dai calcolatori, negli ultimi anni hanno infinesubito un notevole sviluppo le procedure numeriche, quali la tecnica delleordinate discrete e soprattutto il metodo Montecarlo. Tale termine si riferi-sce a un’ampia varieta di procedure computazionali il cui elemento comuneconsiste in una simulazione matematica del fenomeno fisico, su un computerad alta velocita.

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Capitolo 4

Conclusione

Quando si studia un gas, diversi tipi di approcci possono essere utilizzati. Inparticolare si hanno tre fondamentali distinzioni:

• gas denso ↔ gas rarefatto

• validita dell’approccio continuo (Navier-Stokes) ↔ necessita dell’ap-proccio microscopico

• fluttuazioni statistiche trascurabili ↔ fluttuazioni statistiche significa-tive

Le tre distinzioni sono ovviamente legate fra loro, ma un’analisi piu dettaglia-ta conduce al grafico della pagina seguente, che rappresenta una dimensionecaratterisica l† (espressa in metri) in ordinata e il rapporto fra la densitareale ρ e quella in condizioni standard ρ0 in ascissa.A parte la definizione arbitraria di alcuni fattori vicini all’unita, uno studiosugli ordini di grandezza rivela che le tre rette si intersecano approssimati-vamente in un unico punto. Inoltre si nota come il limite di validita dell’e-quazione di Navier-Stokes sia intermedio fra gli altri due: in particolare peri gas rarefatti esso risulta piu critico rispetto al livello di significativita dellefluttuazioni statistiche, tuttavia tale situazione si inverte in presenza di gasdenso.Come considerazione conclusiva, introducendo il parametro δ = Ns3/W datodal rapporto tra il volume occupato dalle particelle e quello complessivo, siha che il numero di Knudsen puo essere riscritto come Kn ∼ W 2/3/Ns2 =N−1/3δ−2/3; assumendo un andamento N ∝ δ−γ si ha quindi, per N → ∞,la seguente suddivisione:

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1. γ < 2 ⇐⇒ Kn → ∞: gas di Knudsen,

2. γ > 2 ⇐⇒ Kn → 0: gas “continui”,

3. γ = 2 ⇐⇒ Kn finito: gas alla Maxwell-Boltzmann.

1e-08

1e-07

1e-06

1e-05

0.0001

0.001

0.01

0.1

1

10

100

1e-10 1e-08 1e-06 0.0001 0.01 1 100ρ/ρ0

l† (metri)

gasrarefatto

gasdenso

validita dell’approccio continuo(Navier-Stokes)

necessitadell’approcciomicroscopico

fluttuazionistatistichetrascurabili

fluttuazionistatistichesignificative

*-

Figura 4.1: Relazione fra i diversi approcci utilizzabili.

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Bibliografia

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Appendice A

Appendice: nota biografica

Ludwig Eduard Boltzmann nacque a Vienna il 20 febbraio 1844 da un impie-gato delle imposte e dalla figlia di un ricco mercante. Dopo aver frequentatoil ginnasio a Linz si iscrisse in Fisica all’Universita di Vienna, divenendoassistente di Josef Stefan e ottenendo successivamente la cattedra di FisicaMatematica. Nel 1876 si sposo con Henriette von Aigentler, da cui ebbe 2figli maschi e 3 femmine. In seguito si trasferı a Graz, dove dopo la cattedrain Fisica ottenne anche l’incarico di Preside di Facolta e poi di Rettore del-l’Universita. Nel frattempo divenne membro dell’Accademia Imperiale delleScienze e consigliere del Governo e di Corte, oltre a ricevere le laurea honoriscausa a Oxford e nel Massachusetts. Si dedico quindi alla Fisica Teorica (ti-tolare della cattedra a Monaco di Baviera, Vienna e Lipsia) e divento sociostraniero dell’Accademia dei Lincei. Il 5 settembre 1906 morı suicida a Duino(Trieste).Fu uno dei piu grandi fisici della storia: oltre ai suoi celeberrimi risultatiin Meccanica Statistica e Termodinamica (legge di Stefan-Boltzmann), diedeimportanti contributi in Elettromagnetismo (misura della costante dielettri-ca nei gas e sua anisotropia nei cristalli) e in Viscoelasticita (suo il principiodi sovrapposizione). Della matematica, Boltzmann fu piu un “utente” cheun “creatore”, mentre in filosofia si dichiarava un “materialista” e ammiravale teorie evoluzionistiche di Darwin.Fu un personaggio controverso e le sue idee innovative (sull’atomismo, l’irre-versibilita, ecc.) furono spesso fraintese e osteggiate.

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