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Home » Newsletters » Wolf. 176 Cromologia, strategia, pratica e teoria Wolf. 176 Cromologia, strategia, pratica e teoria Inserito su 22 marzo 2017 da AlbertoPuliafito in // 0 Commenti Sei un Wolf se puoi entrare per leggere, se non lo sei, abbonati. Google Adsense e Wordpress: un amore finito? / Il plugin ufficiale di Google viene dismesso e Google non supporta altri plugin (anche se molti li usano). Se monetizzi sui tuoi siti con quello e con Adsense, è ora di trovare una soluzione (o di cominciare a farlo!) che sia consona a quel che consiglia Google, perché non si sa mai / di Alberto Puliafito Metodo – Non si butta via niente / Come declinare un contenuto in tutte le forme possibili, dall’apprendimento alla formazione, dal contenuto editoriale a quello conversazionale, dal free al pay. Un esempio concreto / di Alberto Puliafito Cromologia / Mettere in ordine cromatico 2000 libri imparando quanto è fondamentale avere in testa un obiettivo, un metodo e un piano editoriale di Andrea Coccia

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Wolf. 176 Cromologia, strategia, pratica e teoriaInserito su 22 marzo 2017 da AlbertoPuliafito in // 0 Commenti

Sei un Wolf se puoi entrare per leggere, se non lo sei, abbonati.

Google Adsense e Wordpress: un amore finito? / Il plugin ufficiale di Google vienedismesso e Google non supporta altri plugin (anche se molti li usano). Se monetizzi sui tuoi siticon quello e con Adsense, è ora di trovare una soluzione (o di cominciare a farlo!) che siaconsona a quel che consiglia Google, perché non si sa mai / di Alberto Puliafito

Metodo – Non si butta via niente / Come declinare un contenuto in tutte le forme possibili,dall’apprendimento alla formazione, dal contenuto editoriale a quello conversazionale, dal freeal pay. Un esempio concreto / di Alberto Puliafito

Cromologia / Mettere in ordine cromatico 2000 libri imparando quanto è fondamentale averein testa un obiettivo, un metodo e un piano editoriale di Andrea Coccia

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Google Adsense e WordPress: un amore finito?

Il 2 marzo 2017 a tutti i publisher che utilizzano il plugin ufficiale di WordPress per gli annuncipubblicitari di Google è stata inviata una mail molto chiara.

Quindi, tanto per cominciare sappiamo che se non abbiamo alcuna esigenza di modifica, gliannunci continueranno ad essere mostrati. Il che è come minimo una notizia.

D’altra parte, però, sarà bene trovare una soluzione al più presto, perché non potrà durare.

A giudicare dalla letteratura che è già stata proposta sul web, è altamente sconsigliabilerivolgersi ad altri plugin. Bisogna imparare a fare come suggerisce Google.

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Il mio consiglio è di leggere questa piccola guida e poi di fare esperimenti in ambienti doveassenze di banner non causeranno gravi perdite. Io ci sto lavorando, per cominciare, sul miosito personale, www.albertopuliafito.it, dove posso permettermi di fare dei test non avendoalcun tipo di obiettivo di monetizzazione legato a banner pubblicitari.

Metodo

Prima di cominciare i test ho letto attentamente la mail di Google. So che sembra una cosabanale da dire. Ma è sempre più raro trovare persone che leggono tutto. In particolare imanuali.

Dopo aver letto la mail di Google – il testo è riportato anche nella sezione degli annunci – misono fatto un bel giro online, alla ricerca di letteratura a tema, e ho trovato questo pezzosu WP Tavern dove si conferma che il cambiamento voluto da Google

«riguarda dozzine di altri plugin, visto che Google sta cambiando la propria politicadi annunci pubblicitari e non sosterrà altri plugin di WordPress per questi propositi».

Se questo non bastasse, c’è anche la sezione di supporto ufficiale di Google in cui, fra lealtre cose, si spiega chiaramente che

«Il Plug-in AdSense per WordPress è l’unico plug-in AdSense ufficiale. Google nonavvalla né supporta altri plug-in WordPress».

Una precisazione è doverosa. In molti sostengono che non ci si deve affidare a questo tipo dicomunicazioni. Parlandone sul mio profilo Facebook, un collega mi ha fatto notare che esistonomolti plugin solidi con cui utilizzare Adsense e che nessuno fra i «fatti di WordPress» (esistonoun sacco di gruppi con queste diciture su Facebook) ha mai pensato di usare il plugin ufficialedi Google per gestire AdSense. La mia risposta a questo tipo di obiezioni è molto semplice. Sì,è vero, ci sono altri modi per gestire gli AdSense. Ma se Google annuncia una modifica apartire da maggio 2017 è meglio essere preparati a gestire un cambiamento, casomai anchegli altri plugin dovessero smettere di essere solidi. Per pura precauzione.

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Alberto Puliafitocirca 3 settimane fa

Ciao Plugin di Google AdSense. È stato molto bello. Ma adesso è ilmomento di trovare alternative. Il messaggio di Google è chiaro: lasciateperdere le terze parti e usate quel che vuole Big G.

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Google dismette il plugin di Adsense per WordpressMeglio non affidarsi ad altre parti terze. Qui i primi test, su Wolf il resto.

ALBERTOPULIAFITO.IT

D’altra parte, in altri gruppi di conversazione analoghi si pratica abitualmente lo scambio link.Quindi, diciamo così, preferisco avere un approccio razionale a questo tipo di situazioni. E larazionalità mi dice che tutto quel che funzionava prima potrebbe non funzionare dopo e quindivoglio imparare come suggerisce di fare Google.

Primo: backup

Siccome quando si maneggia un sito va sempre consigliato, lo consiglia Google e lo consiglioanch’io. Fatti il backup, che non si sa mai. Come si fa il backup te lo spiega direttamenteWordPress (ok. Io non ho fatto il backup, perché mi piace vivere pericolosamente e perché ilmio server lo fa una volta a settimana. Ma è bene sapere che è una cosa da fare).

Secondo: disattivare il plugin

La seconda cosa da fare è disattivare il plugin Google Adsense. Non ti preoccupare. Se sbagliqualcosa e lo riattivi, torna a funzionare tutto come prima (ovviamente ho provato, perché nontutto è andato bene al primo tentativo).

A questo punto, Google dà due suggerimenti.

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Partiamo da quello che può sembrare per smanettoni ma che, se introiettato, dovrebbe darti lasensazione di avere massimo controllo di quel che stai per fare. Ovvero, la creazione di unitàpubblicitarie che piazzi dove vuoi all’interno delle tue pagine.

Per farlo devi entrare nel tuo account AdSense.

Clicca su Contenuti –> unità pubblicitarie –> Nuova unità pubblicitaria.

Google ti consente di creare due tipologie di annunci. Pubblicitari veri e propri e corrispondenti(cioè, ti permette di creare una sorta di correlazione all’interno delle tue pagine. Non costa, maè utilizzabile solo per siti da un certo traffico in su. Per esempio, sul mio personale non èabilitato).

Seleziono allora Annunci di testo e display ed entro nel pannello in cui posso decidere che

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tipo di annuncio utilizzare.

La faccio semplice e quindi scelgo, da qui in avanti, tutte le tipologie pre-definite di annunci, perarrivare al risultato più rapidamente possibile. Anche perché se vuoi imparare a fare tutti i tipidi annunci di AdSense, ti consiglio di iniziare a usarli. E ti consiglio anche un caro vecchio dettodell’internet: RTFM. Read The Fucking Manual (Sarà una nuova rubrica di Wolf. Il titolo dellarubrica è interamente da ascriversi alla conoscenza enciclopedico-citazionista del web che cioffre Mafe).

Scelgo la dimensione automatica, gli annunci di testo e display di dimensione automatica eadattabile (voglio proprio faticare poco. Vuol dire che si adatta alle porzioni di spazio adisposizione e vuol dire che si adatta anche ai dispositivi che utilizzano i nostri lettori).

Google AdSense genera un codice.

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Copio-incollo il codice. Vado sul mio sito, nel backend di WordPress.

Entro in Aspetto–> Widget. A questo punto ho l’elenco di tutti i Widget che posso utilizzare.Scelgo Testo. Lo trascino nella colonna relativa alla barra laterale (il tema sul mio sito èsemplicissimo e ha una sola colonna a destra).Gli do un titolo pertinente (potrei anche non metterlo) e incollo all’interno del testo il codice chemi ero copiato in precedenza.

A questo punto salvo e ho finito il giochino.Non mi resta che andare sul mio sito nel frontend e vedere cosa succede. Quel che visualizzonel posto che ho scelto per l’annuncio pubblicitario è uno spazio verticale blu. È normale:Google ci mette un po’ a erogare banner (e succede perché nello spazio apposito al momentodella creazione dell’annuncio era selezionata l’opzione “Riempi lo spazio con un colore a tintaunita” alla voce Annunci di backup, cioè quelli che Google AdSense propone se non ne ha adisposizione.

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Dopo un’ora circa arriva il primo annuncio.

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Ok, non è esattamente pubblicità contestuale,ma abbiamo ottenuto quel che volevamo inmaniera semplice e non ci siamo messi apersonalizzare la tipologia di annunci.Chiaramente, con questo metodo, puoipubblicare gli annunci in tutte le posizioni chevuoi (quelle consentite dalle policy di Google,da tenere sempre presenti anche in tema diaffollamento pubblicitario sulla pagina).Le Norme per il posizionamentodegli annunci sono un’altra lettura da RTFM,onde evitare brutte sorprese. Di certo, poi, cisarà qualcuno che le viola o prova adaggirarle. Fatti suoi.

Quick Start

Cosa possiamo fare, invece, con l’altratipologia di operazione suggerita da Google,

questo QuickStart?

Anche troppo semplice.

Accedi all’account AdSense, clicca su Annunci a livello di pagina. C’è come prima opzioneAnnunci QuickStart.

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A destra c’è un interruttore. Lo abiliti. Fine dei giochi. A questo punto Google AdSensepubblicherà automaticamente, tramite QuickStart, gli annunci di Google nelle posizioni cheriterrà migliori.

Naturalmente ciò funziona se hai inserito il codice di attivazione di AdSense nel tuo sito.

Puoi seguire la guida di Google per farlo.

Non si butta via niente

di Alberto Puliafito

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Quello che hai visto qui sopra è un pezzo di quel che si intende quando si dice che – comesostiene giustamente anche il collega Sergio Ferraris – del contenuto non si butta vianiente.

È una delle cose più difficili che mi capita di dover far capire quando faccio una consulenza diqualunque genere, soprattutto in realtà che hanno già un piano editoriale per un cartaceo epensano di dover fare qualcosa di diverso per il digitale.

In realtà la parola chiave è: strategia integrata.

Che cos’ho fatto con Google AdSense e quali parti di contenuto non ho buttato e ho cercato divalorizzare?

1. Studio. Avevo bisogno di imparare le nuove modalità suggerite da Google per i miei siti,quindi dovevo studiare

2. Contenuto per Wolf (a pagamento). Visto che è un tema che interessa il pubblico dilettori di Wolf, mentre provavo le tecniche da implementare ho preparato il pezzo.

3. Conversazione per Wolf. Nel gruppo di conversazione, che è uno strumentorelazionale, un abbonato ha fatto una domanda in merito e ne abbiamo parlato. Ilgruppo è chiuso ma aperto anche a non abbonati e serve dunque a due scopi. Chi pagapuò fare domande e ottenere risposte dirette e poi messe in ordine tramite pezzi chepuò leggere in virtù del fatto che è abbonato. Chi legge il gruppo potrebbe, prima o poi,convertirsi in abbonato.

4. Contenuto per il mio sito personale (gratuito) . Già che c’ero, ho spiegato sul mio sitopersonale, con un pezzo, che stavo sperimentando per capire come cambiassel’esperienza con Google AdSense. Il pezzo è qui. Anche questo singolo pezzo viene

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usato per vari scopi e per varie leve. Mi serve per spiegare a chi atterra sul sito perchévede un box pubblicitario in home (prima non c’era). Mi serve per scopi diposizionamento sui motori di ricerca (leva SEO. È altamente probabile che qualcunocerchi su Google informazioni a proposito di AdSense su WordPress: il pezzo non èmolto lungo, perché la guida completa è su Wolf, ma comunque potrebbe avere qualchesperanza di posizionamento a lungo termine). Mi serve per condividerlo sul mio profilosocial, quello che uso di più, Facebook. Ma potrei metterlo anche su LinkedIn, peresempio. Così alimento la conversazione anche sul mio profilo social, creo relazioni econversazioni. Infine, nel pezzo invito alla scoperta di Wolf (casomai qualcuno ciatterrasse senza saperne nulla). Quindi, il contenuto stesso, derivativo, diventa unaforma di content marketing per Wolf stesso.

5. Contenuto per Wolf parte seconda (a pagamento). Anche la spiegazione che leggiqui è un contenuto derivativo, che alimenta il meccanismo e sfrutta la medesimastrategia.

Si può fare di meglio? Certo che sì. E tutto questo è applicabile a qualsiasi ambito di lavoro coni contenuti. Basta mettersi a tavolino e pensarci.

Cromologia

di Andrea Coccia

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Mettere in ordine cromatico circa 2000 libri imparando quanto è fondamentale avere in testa unobiettivo, un metodo e un piano editoriale

Domenica ho passato tutto il giorno in casa, ma diversamente dal solito, non ho accessonemmeno una volta il computer e ho guardato massimo un paio di volte le notifiche delcellulare. Ho passato la giornata — dalle 10 circa alle 20 — tra libri accatastati per terra epolvere che riempiva l’aria. Il mio obiettivo era fare qualcosa che ho sempre sognato di fare.Ordinare i miei libri seguendo un ordine particolare, che se ne infischia dell’alfabeto,della tematica, del formato e del genere: l’ordine cromatico, l’unico ordine che non lascianessun elemento fuori e che, oltre ad essere molto bello da vedere, per uno come me la cuimemoria è soprattutto visiva, è una vera e propria manna.

Perché ne sto parlando qui su Wolf, ovvero in un contenitore in cui mettiamo solo valoreaggiunto, strumenti ed esperienze che migliorano la vita, soprattutto lavorativa? La risposta ègià dentro la domanda. Perché domenica, affrontando quel lavoro immenso e non di radofrustrante e faticoso, ho imparato una cosa molto importante: il valore dell’organizzazione, lapotenza di muoversi con un piano editoriale in mente.

Non importa che vi sia capitato o meno di fare una operazione del genere. Ma tirare giù dagli

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scaffali tutti i vostri libri e rimetterli su con un ordine che non è esattamente univoco (almeno,non lo è come l’rodine alfabetico) non richiede soltanto la pazienza di un lavoro che impiega 10ore del vostro tempo, né soltanto la resistenza richiesta da un lavoro fisico. C’è infatti undettaglio fondamentale che rende un’operazione del genere diversa e peculiare rispettoa tantissime altre: la complessità.

È una cosa di cui ti accorgi al primo scaffale che tiri giù, quando i primi cumulonembi di polverevelano la vista del fondo della tua camera. Succede la prima volta che guardi per terra. Locapisci subito che non ci sarà mai abbastanza spazio per appoggiare tutti i libri per terra e,contemporaneamente, averne ancora per disporli in un altro ordine: ti serve un metodo. Sì, unmetodo, un modo di procedere schematico e ripetibile che ti consenta di non perdertiper strada. Perché quando si fa fatica e ci si deve concentrare, se ci si perde per strada sirischia di non ritrovarsi più.

Non so se c’è un metodo valido per tutti. Forse no. Ma so — ed è già più che sufficiente — chesenza metodo avrei passato la notte a bestemmiare. Perché? Perché senza metodo mi sareiperso e, bene che fosse andata, ora avrei una libreria tutta riempita a caso, tranne magari unafila, la prima dell’esperimento, che ora mi guarderebbe con tutta la disapprovazione con cui siguarda un traditore o un debole.

Quando ti ritrovi con una libreria sparpagliata per terra il metodo diventa una questioneurgente, ma nient’affatto casuale. E il metodo che ho scelto, ovviamente, non è statodettato dal caso, ma da quattro elementi:

1. L’obiettivo della giornata2. Il tempo che avevo a disposizione3. La forma della realtà che avevo intorno4. La forma della mia mente

Mentre pensavo a come riuscire a non ritrovarmi sepolto dai libri e, nello stesso momento, acome avanzare nell’ordinamento cromatico senza dover rifare tutto ogni dieci minuti, stavoaffrontando la seconda fase di un processo quadrifasico che si chiama loop di OODA,acronimo di Orientarsi, Osservare, Decidere, Agire (è un concetto che abbiamo introdotto inun articolo sul numero 130 di Wolf, che si intitolava La ballata dei certificatori terzi. Unavolta osservate e calcolate tutte le variabili e le condizioni di lavoro, quindi prendendomi iltempo necessario per ragionare e non agire d’impulso, ho capito una cosa fondamentale, maleggermente controintuitiva, a cui, se me ne avessero parlato prima, non avrei creduto: permettere in ordine 2000 libri bisogna lavorare modularmente, senza toglierli tutti insiemebuttandoli sul pavimento e iniziando a mettere insieme dei piccoli frattali del disegno finale (suWolf 162 anche Filippo Pretolani ha parlato di frattali e di loro applicazioni).

Al frattale ho capito un’altra cosa che non avrei mai pensato potesse essere così decisiva inuna operazione del genere: il prototipo.

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La realtà con cui avevo a che fare, infatti, non era una semplice libreria compatta, fatta di Xscaffali tutti uguali. Era più complessa, come accade sempre quando non si lavora con gliarchetipi delle cose presenti solo nella mente di dio. A realtà particolare, serve un ordineparticolare. Per questo ho pensato, prima ancora di aver messo un solo libro nel nuovoordine, di testare quel che pensavo di fare su un prototipo, ovvero su un singolo scaffale cherappresentava l’intero spettro.

È così che ho capito che, per esempio, visto il numero eccessivo di libri bianco-grigi rispettoagli altri, il bianco lo avrei dovuto piazzare in mezzo allo spettro, e non, come si vede se sicerca su google “libri ordine cromatico”, dal bianco al nero.

Una volta deciso il metodo — modulare e basato sui frattali — e il mio nuovo obiettivo sumisura — non genericamente ordinarli cromaticamente, ma ordinarli cromaticamente seguendole caratteristiche della mia libreria e dei miei libri, ovvero personalizzare — ho agito, arrivandoalla quarta fase del loop OODA.

Il risultato finale è questo che vedete in foto. È stato necessario il lavoro di due personeper circa 8 ore, con pausa pranzo e pause ogni paio d’ore. E ora, oltre ad avere unalibreria fighissima, ho anche capito che, di qualsiasi lavoro si stia parlando, è fondamentaleagire con metodo, prendersi il tempo necessario, e preparare un piano editoriale perarrivare in fondo e non perdersi a metà.

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