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Dipartimento di

Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali

Fondamenti di Costruzioni Meccaniche AA.2019/2020

Lezioni del Prof. Filippo Bertolino 1

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IL TENSORE DEGLI SFORZI E

IL TENSORE DELLE DEFORMAZIONI

Riassumiamo brevemente le formule per il calcolo degli sforzi che abbiamo visto nelle

ultime lezioni:

a) Trazione/compressione semplice: 𝜎π‘₯(π‘₯) =𝑁(π‘₯)

𝐴(π‘₯);

b) Flessione semplice: 𝜎π‘₯(π‘₯, 𝑦) =𝑀𝑧(π‘₯) 𝑦

𝐼𝑧𝑧(π‘₯);

c) Taglio: 𝜏π‘₯𝑦(π‘₯, 𝑦) =𝑇𝑦(π‘₯) 𝑆𝑧(𝑦)

𝑏(𝑦) 𝐼𝑧𝑧(π‘₯);

d) Torsione nelle sezioni circolari: 𝜏π‘₯𝑑(π‘₯, π‘Ÿ) =𝑀π‘₯(π‘₯)π‘Ÿ

𝐼π‘₯π‘₯(π‘₯)=

𝑀π‘₯(π‘₯)π‘Ÿ

𝐼𝑝(π‘₯)

o una loro combinazione (vedi la pressoflessione e la flessione deviata).

Il Principio di De Saint Venant afferma quanto segue:

In una trave prismatica e rettilinea caricata solo sulle facce trasversali

di estremitΓ , lo stato di sforzo nei punti lontani dalle basi dipende solo

dalla risultante dei carichi e non dalla loro reale distribuzione.

In base a questo principio, per il calcolo degli sforzi nella zona centrale della trave

(lontano dai punti di applicazione dei carichi e lontano dai vincoli) Γ¨ possibile utilizzare

le formule che abbiamo visto nelle lezioni precedenti.

𝜎 ? 𝜎 ?

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Ma la realtΓ  Γ¨ ben piΓΉ complicata: difficilmente le travi sono caricate solo sulle basi

e raramente hanno una forma cosΓ¬ semplice. E’ sufficiente esaminare una semplice

mensola:

In questo caso, la trave non Γ¨ sottoposta solo ad uno stato di sforzo 𝜎π‘₯ monoassiale in

direzione del suo asse, ma il materiale sotto il carico distribuito sopporta anche uno

sforzo πœŽπ‘¦ verticale. Inoltre, all’incastro, la sezione non Γ¨ libera di contrarsi per

β€œl’effetto Poisson” quindi sarΓ  sottoposta ad uno stato complesso di sforzi.

Esaminiamo per esempio il seguente complessivo in cui l’albero Γ¨ a sezione variabile:

𝜎π‘₯ πœŽπ‘¦

𝑦

π‘₯ 𝜏π‘₯𝑦

𝑧

𝑦

πœŽπ‘§ πœŽπ‘§

πœŽπ‘¦

πœŽπ‘¦

𝜎π‘₯ > 0

𝜎π‘₯ < 0

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oppure il seguente albero di trasmissione:

Sono evidenti le numerose variazioni di sezioni, i raccordi, le cave per linguetta, etc.

La teoria dell’elasticitΓ  applicata in modo rigoroso, dimostra che nei punti di rapida

variazione di geometria (per esempio intorno ai fori o nelle immediate vicinanze dei

raccordi di piccolo raggio) lo stato di sforzo raggiunge valori non previsti dalle

precedenti formule semplificate. E l’analisi sperimentale delle tensioni ha confermato

queste previsioni.

Concentrazione degli sforzi causati da una rapida variazione della sezione trasversale

Concentrazione degli sforzi intorno ai bordi di un foro praticato in una piastra sottoposta a trazione

semplice e in una trave sottoposta a torsione in presenza di un intaglio.

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Per semplificare il progetto delle strutture reali, sono state eseguite numerose analisi

teoriche, numeriche e sperimentali che hanno condotto alla formulazione dei

coefficienti di intensificazione degli sforzi 𝐾𝑑 cosΓ¬ definiti:

𝐾𝑑 =πœŽπ‘šπ‘Žπ‘₯

πœŽπ‘›π‘œπ‘š oppure 𝐾𝑑 =

πœπ‘šπ‘Žπ‘₯

πœπ‘›π‘œπ‘š

In base alla geometria del componente e della distribuzione dei carichi, sono disponibili

centinaia di tabelle che contengono il valore dei 𝐾𝑑; noto lo sforzo nominale, Γ¨ possibile

risalire allo sforzo massimo che sollecita il particolare della struttura in esame:

πœŽπ‘šπ‘Žπ‘₯ = 𝐾𝑑 πœŽπ‘›π‘œπ‘š oppure πœπ‘šπ‘Žπ‘₯ = 𝐾𝑑 πœπ‘›π‘œπ‘š

E’ quindi indispensabile saper calcolare gli sforzi nominali con le formule che abbiamo

esaminato nelle lezioni precedenti.

Si consideri il solido rappresentato in figura, sottoposto ad un sistema di forze

equilibrate:

Possiamo immaginare di sezionare l’intero solido con tre piani ortogonali passanti per

un generico punto P.

οΏ½βƒ—οΏ½ οΏ½βƒ—βƒ—οΏ½

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Dividendo le forze infinitesime 𝑑𝐹 𝑛 per l’area infinitesima 𝑑𝐴𝑛 su cui agiscono, si

ottengono gli sforzi:

𝜎π‘₯π‘₯ =𝑑𝐹π‘₯π‘₯

𝑑𝐴π‘₯ ; 𝜏π‘₯𝑦 =

𝑑𝐹π‘₯𝑦

𝑑𝐴π‘₯ ; 𝜎π‘₯𝑧 =

𝑑𝐹π‘₯𝑧

𝑑𝐴π‘₯

πœπ‘¦π‘₯ =𝑑𝐹𝑦π‘₯

𝑑𝐴𝑦 ; πœŽπ‘¦π‘¦ =

𝑑𝐹𝑦𝑦

𝑑𝐴𝑦 ; πœπ‘¦π‘§ =

𝑑𝐹𝑦𝑧

𝑑𝐴𝑦

πœπ‘§π‘₯ =𝑑𝐹𝑧π‘₯

𝑑𝐴𝑧 ; πœπ‘§π‘¦ =

𝑑𝐹𝑧𝑦

𝑑𝐴𝑧 ; πœŽπ‘§π‘§ =

𝑑𝐹𝑧𝑧

𝑑𝐴𝑧

Il precedente tipo di rappresentazione grafica Γ¨ poco utilizzato, ma si preferisce

assemblare i tre piani a formare un cubo, che rappresenta i tre piani ortogonali passanti

per il punto P. Gli sforzi vengono assemblati in una tabella che prende il nome di

tensore degli sforzi:

[𝜎] = [

𝜎π‘₯ πœπ‘¦π‘₯ πœπ‘§π‘₯𝜏π‘₯𝑦 πœŽπ‘¦ πœπ‘§π‘¦πœπ‘₯𝑧 πœπ‘¦π‘§ πœŽπ‘§

]

Quando sono orientati come

rappresentato nella figura, gli

sforzi sono considerati positivi.

𝑑𝐹 𝑦 = {

𝑑𝐹𝑦π‘₯𝑑𝐹𝑦𝑦𝑑𝐹𝑦𝑧

}

𝑑𝐴𝑦

𝑃

π‘₯

𝑦

𝑧

𝑃 π‘₯

𝑦

𝑧

𝑑𝐴𝑧

𝑑𝐹 𝑧 = {

𝑑𝐹𝑧π‘₯𝑑𝐹𝑧𝑦𝑑𝐹𝑧𝑧

} 𝑦

𝑧

π‘₯

𝑑𝐹 π‘₯ = {

𝑑𝐹π‘₯π‘₯𝑑𝐹π‘₯𝑦𝑑𝐹π‘₯𝑧

}

𝑃

𝑑𝐴π‘₯

πœŽπ‘¦

πœŽπ‘¦

𝜎π‘₯ 𝜎π‘₯

πœŽπ‘§

πœŽπ‘§

𝜏π‘₯𝑦

πœπ‘¦π‘₯

𝜏π‘₯𝑧

πœπ‘¦π‘§

πœπ‘§π‘₯

πœπ‘§π‘¦

π‘₯

𝑧

𝑦

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Il cubo appena rappresentato ricorda lo schema utilizzato quando si Γ¨ parlato della

convenzione dei segni per il calcolo delle azioni interne:

In questo caso i momenti non sono piΓΉ presenti perchΓ© lo schema rappresenta l’intorno

di un punto e non la sezione dell’intera trave. Quindi per la terza legge di Newton sulla

faccia destra e sinistra del cubo gli sforzi normali e di taglio hanno modulo uguale ma

verso opposto: sono gli sforzi che agiscono sui lati contrapposti della stessa sezione di

taglio: lo stessa ragionamento Γ¨ valido nelle altre due direzioni.

Guardando l’immagine a destra, osserviamo che

per l’equilibrio alla rotazione intorno all’asse 𝑧

deve risultare 𝜏π‘₯𝑦 = πœπ‘¦π‘₯; due relazioni simili si

possono scrivere per gli altri due piani coordinati,

cioΓ¨: πœπ‘¦π‘§ = πœπ‘§π‘¦ e πœπ‘§π‘₯ = 𝜏π‘₯𝑧; ne discende che il

tensore degli sforzi Γ¨ simmetrico, quindi solo 6

dei suoi coefficienti sono sufficienti a definirlo.

[𝜎] = [

𝜎π‘₯ 𝜏π‘₯𝑦 𝜏π‘₯π‘§πœπ‘₯𝑦 πœŽπ‘¦ πœπ‘¦π‘§πœπ‘₯𝑧 πœπ‘¦π‘§ πœŽπ‘§

]

Se lo stato di sforzo Γ¨ piano (il che significa che πœŽπ‘§ = 𝜏π‘₯𝑧 = πœπ‘¦π‘§ = 0) il tensore

diventa:

𝜎π‘₯ 𝜎π‘₯

πœŽπ‘¦

πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝜏π‘₯𝑦

πœπ‘¦π‘₯

πœπ‘¦π‘₯

π‘‘π‘Ÿπ‘Žπ‘£π‘’ π‘‘π‘Ÿπ‘Žπ‘£π‘’

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[𝜎] = [𝜎π‘₯ 𝜏π‘₯π‘¦πœπ‘₯𝑦 πœŽπ‘¦

]

e per definirlo sono sufficienti solo tre informazioni: 𝜎π‘₯, πœŽπ‘¦ e 𝜏π‘₯𝑦.

Come detto diverse volte nel corso delle passate lezioni, la densitΓ  di energia elastica

si calcola con la formula seguente:

Ξ¨ =1

2[𝜎][πœ€]

dove [𝜎] indica il tensore degli sforzi e [πœ€] il tensore delle deformazioni:

[πœ€] =

[ πœ€π‘₯

𝛾𝑦π‘₯

2

𝛾𝑧π‘₯2

𝛾π‘₯𝑦

2πœ€π‘¦

𝛾𝑧𝑦

2𝛾π‘₯𝑧2

𝛾𝑦𝑧

2πœ€π‘§ ]

Ricordo che tra il campo degli spostamenti 𝑒, 𝑣, 𝑀 e il campo delle deformazioni

intercorrono le seguenti relazioni:

πœ€π‘₯ =πœ•π‘’

πœ•π‘₯ ; 𝛾π‘₯𝑦 =

πœ•π‘’

πœ•π‘¦+πœ•π‘£

πœ•π‘₯ ; 𝛾π‘₯𝑧 =

πœ•π‘’

πœ•π‘§+πœ•π‘€

πœ•π‘₯

𝛾𝑦π‘₯ =πœ•π‘£

πœ•π‘₯+πœ•π‘’

πœ•π‘¦ ; πœ€π‘¦ =

πœ•π‘£

πœ•π‘¦ ; 𝛾𝑦𝑧 =

πœ•π‘£

πœ•π‘§+πœ•π‘€

πœ•π‘¦

𝛾𝑧π‘₯ =πœ•π‘€

πœ•π‘₯+πœ•π‘’

πœ•π‘§ ; 𝛾𝑧𝑦 =

πœ•π‘€

πœ•π‘¦+πœ•π‘£

πœ•π‘§ ; πœ€π‘§ =

πœ•π‘€

πœ•π‘§

Se il materiale ha un comportamento lineare elastico ed Γ¨ isotropo, allora Γ¨ valida la

legge di Hooke:

{

πœ€π‘₯ =

1

𝐸[𝜎π‘₯ βˆ’ 𝜈(πœŽπ‘¦ + πœŽπ‘§)]

πœ€π‘¦ =1

𝐸[πœŽπ‘¦ βˆ’ 𝜈(πœŽπ‘§ + 𝜎π‘₯)]

πœ€π‘§ =1

𝐸[πœŽπ‘§ βˆ’ 𝜈(𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦)]

;

{

𝛾π‘₯𝑦 =

𝜏π‘₯𝑦

𝐺

𝛾𝑦𝑧 =πœπ‘¦π‘§

𝐺

𝛾𝑧π‘₯ =πœπ‘§π‘₯

𝐺

quindi noto un tensore Γ¨ possibile calcolare l’altro.

Il prodotto tra tensori non si esegue come quello tra matrici: la densitΓ  di energia

elastica Γ¨ una quantitΓ  scalare, mentre se [𝜎] ed [πœ€] fossero matrici, il loro prodotto

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darebbe origine ad una matrice 3 Γ— 3. Il prodotto tra tensori si esegue nel modo

seguente:

Ξ¨ =1

2βˆ‘βˆ‘πœŽπ‘–π‘—πœ€π‘–π‘—

3

𝑗=1

3

𝑖=1

sommando i prodotti dei coefficienti posti nelle stesse posizioni. Quindi:

Ξ¨ =1

2[𝜎π‘₯πœ€π‘₯ +

1

2𝜏π‘₯𝑦𝛾π‘₯𝑦 +

1

2𝜏π‘₯𝑧𝛾π‘₯𝑧 +

1

2πœπ‘¦π‘₯𝛾𝑦π‘₯ + πœŽπ‘¦πœ€π‘¦ +

1

2πœπ‘¦π‘§π›Ύπ‘¦π‘§

+1

2πœπ‘§π‘₯𝛾𝑧π‘₯ +

1

2πœπ‘§π‘¦π›Ύπ‘§π‘¦ + πœŽπ‘§πœ€π‘§]

PoichΓ© i due tensori sono simmetrici, il prodotto si semplifica e diventa:

Ξ¨ =1

2[𝜎π‘₯πœ€π‘₯ + πœŽπ‘¦πœ€π‘¦ + πœŽπ‘§πœ€π‘§ + 𝜏π‘₯𝑦𝛾π‘₯𝑦 + πœπ‘¦π‘§π›Ύπ‘¦π‘§ + πœπ‘§π‘₯𝛾𝑧π‘₯]

In alternativa, Γ¨ possibile esprimere i tensori in forma vettoriale:

{𝜎} =

{

𝜎π‘₯πœŽπ‘¦πœŽπ‘§πœπ‘₯π‘¦πœπ‘¦π‘§πœπ‘§π‘₯}

; {πœ€} =

{

πœ€π‘₯πœ€π‘¦πœ€π‘§π›Ύπ‘₯𝑦

𝛾𝑦𝑧

𝛾𝑧π‘₯}

facendo attenzione che la successione dei coefficienti sia coerente.

Quindi la densitΓ  di energia elastica si puΓ² ottenere tramite un semplice prodotto

scalare:

Ξ¨ =1

2{𝜎}𝑇{πœ€}

dove {𝜎}𝑇 indica la trasposta del vettore {𝜎}.

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CALCOLO DEGLI SFORZI SU GIACITURE RUOTATE RISPETTO AL

SISTEMA DI RIFERIMENTO ORIGINALE: CERCHI DI MOHR

Per il momento limiteremo l’analisi al caso piano. Dato il seguente stato di sforzo:

l’obiettivo Γ¨ il calcolo degli sforzi che agiscono su

un qualsiasi piano inclinato individuato dalla sua

normale οΏ½βƒ—οΏ½ .

Il versore οΏ½βƒ—οΏ½ e il versore 𝑑 sono i seguenti:

οΏ½βƒ—οΏ½ = {π‘π‘œπ‘ (𝛼)

𝑠𝑖𝑛(𝛼)} = {

π‘™π‘š} ; 𝑑 = {

π‘π‘œπ‘ (90Β° + 𝛼)

𝑠𝑖𝑛(90Β° + 𝛼)} = {

βˆ’π‘ π‘–π‘›(𝛼)

π‘π‘œπ‘ (𝛼)} = {

βˆ’π‘šπ‘™}

Si scrivono le equazioni di equilibrio delle forze che agiscono in direzione π‘₯ ed 𝑦.

Indichiamo con 𝐴𝑛 la superficie inclinata di normale οΏ½βƒ—οΏ½ . Di conseguenza:

𝐴π‘₯ = π΄π‘›π‘π‘œπ‘ (𝛼) ; 𝐴𝑦 = 𝐴𝑛𝑠𝑖𝑛(𝛼)

Le forze che agiscono sulle facce di normale π‘₯ ed 𝑦 valgono:

{

𝑑𝐹π‘₯ = 𝜎π‘₯𝐴π‘₯ = 𝜎π‘₯π΄π‘›π‘π‘œπ‘ (𝛼)

𝑑𝐹π‘₯𝑦 = 𝜏π‘₯𝑦𝐴π‘₯ = 𝜏π‘₯π‘¦π΄π‘›π‘π‘œπ‘ (𝛼)

𝑑𝐹𝑦 = πœŽπ‘¦π΄π‘¦ = πœŽπ‘¦π΄π‘›π‘ π‘–π‘›(𝛼)

𝑑𝐹𝑦π‘₯ = πœπ‘¦π‘₯𝐴𝑦 = πœπ‘¦π‘₯𝐴𝑛𝑠𝑖𝑛(𝛼)

Si proiettano queste forze in direzione οΏ½βƒ—οΏ½ e 𝑑 e si scrivono le equazioni di equilibrio:

𝜎π‘₯ 𝜎π‘₯

πœŽπ‘¦

πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝜏π‘₯𝑦

πœπ‘¦π‘₯

πœπ‘¦π‘₯

πœŽπ‘›π‘₯ 𝜎π‘₯

𝑑

πœŽπ‘¦

πœŽπ‘›π‘¦

𝜏π‘₯𝑦

οΏ½βƒ—οΏ½

πœπ‘¦π‘₯

𝛼

𝛼

𝑑𝐹𝑛

𝑑𝐹π‘₯

𝑑𝐹𝑦

𝑑𝐹𝑛𝑑

𝑑𝐹π‘₯𝑦

𝑑𝐹𝑦π‘₯

𝛼 𝛼

𝛼

𝛼 𝛼

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In direzione οΏ½βƒ—οΏ½ :

𝑑𝐹π‘₯ π‘π‘œπ‘ (𝛼) + 𝑑𝐹π‘₯𝑦𝑠𝑖𝑛(𝛼) + 𝑑𝐹𝑦𝑠𝑖𝑛(𝛼) + 𝑑𝐹𝑦π‘₯π‘π‘œπ‘ (𝛼) = πœŽπ‘›π΄π‘›

In direzione 𝑑 :

𝑑𝐹π‘₯π‘¦π‘π‘œπ‘ (𝛼)βˆ’π‘‘πΉπ‘₯ 𝑠𝑖𝑛(𝛼) + π‘‘πΉπ‘¦π‘π‘œπ‘ (𝛼) βˆ’ 𝑑𝐹𝑦π‘₯𝑠𝑖𝑛(𝛼) = πœπ‘›π‘‘π΄π‘›

da cui:

{𝜎π‘₯𝐴𝑛 π‘π‘œπ‘ 

2(𝛼) + 𝜏π‘₯𝑦𝐴𝑛𝑠𝑖𝑛(𝛼)π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœŽπ‘¦π΄π‘›π‘ π‘–π‘›2(𝛼) + πœπ‘¦π‘₯𝐴𝑛𝑠𝑖𝑛(𝛼)π‘π‘œπ‘ (𝛼) = πœŽπ‘›π΄π‘›

𝜏π‘₯π‘¦π΄π‘›π‘π‘œπ‘ 2(𝛼) βˆ’ 𝜎π‘₯𝐴𝑛 𝑠𝑖𝑛(𝛼)π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœŽπ‘¦π΄π‘›π‘ π‘–π‘›(𝛼)π‘π‘œπ‘ (𝛼) βˆ’ πœπ‘¦π‘₯𝐴𝑛𝑠𝑖𝑛

2(𝛼) = πœπ‘›π‘‘π΄π‘›

Dividendo tutto per 𝐴𝑛, semplificando e ricordando che 𝜏π‘₯𝑦 = πœπ‘¦π‘₯ si ottiene:

{𝜎π‘₯ π‘π‘œπ‘ 

2(𝛼) + 2𝜏π‘₯𝑦𝑠𝑖𝑛(𝛼)π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœŽπ‘¦π‘ π‘–π‘›2(𝛼) = πœŽπ‘›

𝜏π‘₯𝑦[π‘π‘œπ‘ 2(𝛼) βˆ’ 𝑠𝑖𝑛2(𝛼)] + (πœŽπ‘¦βˆ’πœŽπ‘₯)𝑠𝑖𝑛(𝛼)π‘π‘œπ‘ (𝛼) = πœπ‘›π‘‘

Note le componenti degli sforzi 𝜎π‘₯, πœŽπ‘¦ e 𝜏π‘₯𝑦 in direzione degli assi coordinati π‘₯, 𝑦 Γ¨

possibile conoscere gli sforzi che agiscono su una qualsiasi giacitura.

La spiegazione di questo risultato si puΓ² ottenere anche attraverso il calcolo matriciale.

Le forze che agiscono in direzione orizzontale e verticale:

[𝜎π‘₯ πœπ‘¦π‘₯𝜏π‘₯𝑦 πœŽπ‘¦

] {𝐴π‘₯𝐴𝑦} = 𝐴𝑛 [

𝜎π‘₯ πœπ‘¦π‘₯𝜏π‘₯𝑦 πœŽπ‘¦

] {π‘π‘œπ‘ (𝛼)

𝑠𝑖𝑛(𝛼)} = 𝐴𝑛 {

𝜎π‘₯π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœπ‘¦π‘₯𝑠𝑖𝑛(𝛼)

𝜏π‘₯π‘¦π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœŽπ‘¦π‘ π‘–π‘›(𝛼)}

devono essere equilibrate dalle forze {𝐹𝑛π‘₯𝐹𝑛𝑦

} che agiscono sulla superficie di normale οΏ½βƒ—οΏ½ .

La proiezione di {𝐹𝑛π‘₯𝐹𝑛𝑦

} in direzione οΏ½βƒ—οΏ½ fornisce il modulo della forza normale ad 𝐴𝑛:

𝐹𝑛 = {𝑛}𝑇 {𝐹𝑛π‘₯𝐹𝑛𝑦

} = 𝐴𝑛{π‘π‘œπ‘ (𝛼) 𝑠𝑖𝑛(𝛼)} {𝜎π‘₯π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœπ‘¦π‘₯𝑠𝑖𝑛(𝛼)

𝜏π‘₯π‘¦π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœŽπ‘¦π‘ π‘–π‘›(𝛼)}

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la proiezione di {𝐹𝑛π‘₯𝐹𝑛𝑦

} in direzione 𝑑 fornisce il modulo della forza tangente ad 𝐴𝑛:

𝐹𝑛𝑑 = {𝑑}𝑇 {𝐹𝑛π‘₯𝐹𝑛𝑦

} = 𝐴𝑛{βˆ’π‘ π‘–π‘›(𝛼) π‘π‘œπ‘ (𝛼)} {𝜎π‘₯π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœπ‘¦π‘₯𝑠𝑖𝑛(𝛼)

𝜏π‘₯π‘¦π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœŽπ‘¦π‘ π‘–π‘›(𝛼)}

In sintesi si puΓ² scrivere:

{𝐹𝑛𝐹𝑛𝑑} = 𝐴𝑛 [

π‘π‘œπ‘ (𝛼) 𝑠𝑖𝑛(𝛼)

βˆ’π‘ π‘–π‘›(𝛼) π‘π‘œπ‘ (𝛼)] [𝜎π‘₯ πœπ‘¦π‘₯𝜏π‘₯𝑦 πœŽπ‘¦

] {π‘π‘œπ‘ (𝛼)

𝑠𝑖𝑛(𝛼)}

dividendo tutta l’espressione per l’area 𝐴𝑛 e sviluppando si ottiene:

{πœŽπ‘› = 𝜎π‘₯π‘π‘œπ‘ 

2(𝛼) + 2𝜏π‘₯𝑦𝑠𝑖𝑛(𝛼)π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœŽπ‘¦π‘ π‘–π‘›2(𝛼)

πœπ‘›π‘‘ = 𝜏π‘₯𝑦[π‘π‘œπ‘ 2(𝛼) βˆ’ 𝑠𝑖𝑛2(𝛼)] + (πœŽπ‘¦ βˆ’πœŽπ‘₯)𝑠𝑖𝑛(𝛼)π‘π‘œπ‘ (𝛼)

PoichΓ© π‘π‘œπ‘ (𝛼 + 90Β°) = βˆ’π‘ π‘–π‘›(𝛼) e 𝑠𝑖𝑛(𝛼 + 90Β°) = π‘π‘œπ‘ (𝛼)

gli sforzi normali che agiscono su una superficie ruotata di 𝛼 + 90Β° valgono:

𝜎π‘₯ 𝑠𝑖𝑛2(𝛼) βˆ’ 2𝜏π‘₯𝑦𝑠𝑖𝑛(𝛼)π‘π‘œπ‘ (𝛼) + πœŽπ‘¦π‘π‘œπ‘ 

2(𝛼) = πœŽπ‘‘

Sommando questa equazione con quella che esprime lo sforzo πœŽπ‘› si ottiene:

𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦ = πœŽπ‘› + πœŽπ‘‘

Si dice che la somma degli sforzi normali calcolati rispetto ad assi ortogonali Γ¨

β€œinvariante”, nel senso che Γ¨ costante indipendentemente dall’angolo 𝛼.

πœŽπ‘›

𝜎π‘₯

πœŽπ‘¦

πœπ‘›π‘‘

𝜏π‘₯𝑦

πœπ‘¦π‘₯

𝛼

πœŽπ‘‘

𝜎π‘₯

πœŽπ‘¦

πœπ‘‘π‘›

𝜏π‘₯𝑦

πœπ‘¦π‘₯

𝛽

𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦ = πœŽπ‘› + πœŽπ‘‘ = π‘π‘œπ‘ π‘‘

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Il ragionamento precedente si puΓ² estendere al caso tridimensionale. Si indichi con

οΏ½βƒ—οΏ½ il versore normale alla superficie 𝐴𝑛 sulla quale si desiderano calcolare gli sforzi:

οΏ½βƒ—οΏ½ = {π‘™π‘šπ‘›}

dove l, m, n indicano i coseni direttori del versore rispetto al sistema di riferimento

cartesiano;

gli sforzi 𝜎π‘₯, 𝜏π‘₯𝑦 e 𝜏π‘₯𝑧 agiscono su una superficie di area 𝐴π‘₯ = 𝐴𝑛𝑙;

gli sforzi πœπ‘¦π‘₯, πœŽπ‘¦ e πœπ‘¦π‘§ agiscono su una superficie di area 𝐴𝑦 = π΄π‘›π‘š;

gli sforzi πœπ‘§π‘₯, πœπ‘§π‘¦ e πœŽπ‘§ agiscono su una superficie di area 𝐴𝑧 = 𝐴𝑛𝑛.

Per l’equilibrio delle forze nelle tre direzioni x, y, z devono essere soddisfatte le

seguenti equazioni:

{

𝐹𝑛π‘₯𝐹𝑛𝑦𝐹𝑛𝑧

} = 𝐴𝑛 [

𝜎π‘₯ πœπ‘¦π‘₯ πœπ‘§π‘₯𝜏π‘₯𝑦 πœŽπ‘¦ πœπ‘§π‘¦πœπ‘₯𝑧 πœπ‘¦π‘§ πœŽπ‘§

] {π‘™π‘šπ‘›}

Il modulo della proiezione di questo vettore in direzione della normale οΏ½βƒ—οΏ½ vale:

𝐹𝑛 = {𝑛}𝑇 {

𝐹𝑛π‘₯𝐹𝑛𝑦𝐹𝑛𝑧

} = 𝐴𝑛{𝑙 π‘š 𝑛} [

𝜎π‘₯ πœπ‘¦π‘₯ πœπ‘§π‘₯𝜏π‘₯𝑦 πœŽπ‘¦ πœπ‘§π‘¦πœπ‘₯𝑧 πœπ‘¦π‘§ πœŽπ‘§

] {π‘™π‘šπ‘›}

Dividendo per l’area 𝐴𝑛 si ottiene lo sforzo normale πœŽπ‘›.

Con una procedura simile, si possono ottenere gli sforzi tangenziali.

π‘₯

𝑦

𝑧

οΏ½βƒ—οΏ½

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Esiste una rappresentazione grafica che, noti gli sforzi 𝜎π‘₯, πœŽπ‘¦, 𝜏π‘₯𝑦, consente di

stimare rapidamente i valori degli sforzi πœŽπ‘›, πœŽπ‘‘, πœπ‘›π‘‘ calcolati rispetto ad un sistema di

riferimento ruotato di un angolo π‘Ž. Per eseguire questa rappresentazione grafica nel

cosΓ¬ detto β€œpiano di Mohr”, Γ¨ necessario ricordare le seguenti formule trigonometriche:

π‘π‘œπ‘ 2(𝛼) =1+π‘π‘œπ‘ (2𝛼)

2 ; 𝑠𝑖𝑛2(𝛼) =

1βˆ’π‘π‘œπ‘ (2𝛼)

2 ; 𝑠𝑖𝑛(𝛼)π‘π‘œπ‘ (𝛼) =

𝑠𝑖𝑛(2𝛼)

2

Sostituendo queste espressioni nelle equazioni precedenti si ottiene.

{

πœŽπ‘› = 𝜎π‘₯

1 + π‘π‘œπ‘ (2𝛼)

2+ πœŽπ‘¦

1 βˆ’ π‘π‘œπ‘ (2𝛼)

2+ 𝜏π‘₯𝑦𝑠𝑖𝑛(2𝛼)

πœπ‘›π‘‘ = 𝜏π‘₯𝑦 [1 + π‘π‘œπ‘ (2𝛼)

2βˆ’1 βˆ’ π‘π‘œπ‘ (2𝛼)

2] + (πœŽπ‘¦βˆ’πœŽπ‘₯)

𝑠𝑖𝑛(2𝛼)

2

Riordinando si ottiene:

{πœŽπ‘› =

𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦2

+ 𝜎π‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦2

π‘π‘œπ‘ (2𝛼) + 𝜏π‘₯𝑦𝑠𝑖𝑛(2𝛼)

πœπ‘›π‘‘ = 𝜏π‘₯𝑦 π‘π‘œπ‘ (2𝛼) +πœŽπ‘¦βˆ’πœŽπ‘₯2

𝑠𝑖𝑛(2𝛼)

Questo sistema non Γ¨ altro che l’equazione parametrica di una circonferenza (di

parametro 2𝛼) il cui centro si trova sull’asse delle ascisse alla coordinata 𝜎π‘₯+πœŽπ‘¦

2 .

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦

2

2𝛼

(πœŽπ‘› ,πœπ‘›π‘‘)

(πœŽπ‘‘ ,βˆ’πœπ‘›π‘‘)

𝑄(𝜎π‘₯ ,βˆ’πœπ‘₯𝑦)

𝑃(πœŽπ‘¦ ,𝜏π‘₯𝑦)

𝐡

𝐴

2𝛽 𝐸(𝜎1 ,0)

𝐹(𝜎2 ,0)

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Dall’esame della figura precedente osserviamo che la distanza CB Γ¨ pari a |𝜎π‘₯βˆ’ πœŽπ‘¦|

2, che

la distanza PB vale |𝜏π‘₯𝑦| e che il raggio della circonferenza vale:

𝑅 = 𝐢𝐡 βˆ™ π‘π‘œπ‘ (2𝛽) + 𝑃𝐡 βˆ™ 𝑠𝑖𝑛(2𝛽)

Ovvero: 𝑅 =|𝜎π‘₯βˆ’ πœŽπ‘¦|

2βˆ™ π‘π‘œπ‘ (2𝛽) + |𝜏π‘₯𝑦| βˆ™ 𝑠𝑖𝑛(2𝛽) = √(

𝜎π‘₯βˆ’ πœŽπ‘¦

2)2+ 𝜏π‘₯𝑦

2

Gli sforzi normali possono assumere i seguenti valori estremi:

𝜎1 = 𝐢 + 𝑅 ; 𝜎2 = 𝐢 βˆ’ 𝑅

che vengono comunemente chiamati β€œsforzi principali”. CiΓ² capita nei due punti in cui

lo sforzo di taglio 𝜏π‘₯𝑦 si annulla.

Osservando le equazioni precedenti vediamo che lo sforzo di taglio 𝜏π‘₯𝑦 si annulla

quando:

π‘‘π‘Žπ‘›π‘”(2𝛽) =2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

ovvero quando

𝛽 =1

2π‘Žπ‘Ÿπ‘π‘‘π‘Žπ‘›π‘” (

2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

)

D’altra parte se si cerca il punto di stazionarietΓ  della funzione:

πœŽπ‘› =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦

2+ 𝜎π‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

2π‘π‘œπ‘ (2𝛼) + 𝜏π‘₯𝑦𝑠𝑖𝑛(2𝛼)

si ottiene:

𝑑(πœŽπ‘›)

𝑑𝛼= βˆ’

𝜎π‘₯ βˆ’πœŽπ‘¦2

2𝑠𝑖𝑛(2𝛼) + 2𝜏π‘₯π‘¦π‘π‘œπ‘ (2𝛼) = 0

da cui si ricava che i punti di stazionarietΓ  si hanno quando l’angolo assume il valore:

π‘‘π‘Žπ‘›π‘”(2𝛼) =2𝜏π‘₯𝑦

𝜎π‘₯ βˆ’πœŽπ‘¦

In conclusione gli sforzi principali si manifestano in corrispondenza dello stesso angolo

che annulla lo sforzo di taglio.

Calcolati gli sforzi che agiscono in un punto della struttura rispetto ad un sistema di

riferimento π‘₯ βˆ’ 𝑦, si procede con il disegno del cerchio di Mohr. Per una corretta

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interpretazione degli angoli (positivi se antiorari), sul piano di Mohr Γ¨ necessario

individuare due punti, P e Q, rappresentativi degli sforzi che agiscono sulle superfici

di normale π‘₯ e 𝑦: 𝑄(𝜎π‘₯, βˆ’πœπ‘₯𝑦) e 𝑃(πœŽπ‘¦ , 𝜏π‘₯𝑦); allo sforzo πœŽπ‘¦ si associa lo sforzo di taglio

calcolato, positivo se orario. I casi che si possono presentare sono i seguenti:

𝜎π‘₯ < πœŽπ‘¦ e 𝜏π‘₯𝑦 > 0:

π‘‘π‘Žπ‘›π‘”(2𝛽) =2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

< 0

𝜎π‘₯ > πœŽπ‘¦ e 𝜏π‘₯𝑦 < 0:

π‘‘π‘Žπ‘›π‘”(2𝛽) =2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

< 0

𝜎π‘₯ < πœŽπ‘¦ e 𝜏π‘₯𝑦 < 0:

π‘‘π‘Žπ‘›π‘”(2𝛽) =2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

> 0

𝜎π‘₯ > πœŽπ‘¦ e 𝜏π‘₯𝑦 > 0:

π‘‘π‘Žπ‘›π‘”(2𝛽) =2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

> 0

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦

2

𝑄(𝜎π‘₯ ,βˆ’πœπ‘₯𝑦)

𝑃(πœŽπ‘¦ ,𝜏π‘₯𝑦)

2𝛽 𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦

2

𝑃(πœŽπ‘¦ ,𝜏π‘₯𝑦)

𝑄(𝜎π‘₯ ,βˆ’πœπ‘₯𝑦)

2𝛽

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦

2

𝑄(𝜎π‘₯ ,βˆ’πœπ‘₯𝑦)

𝑃(πœŽπ‘¦ ,𝜏π‘₯𝑦)

2𝛽

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦

2

𝑃(πœŽπ‘¦ ,𝜏π‘₯𝑦)

𝑄(𝜎π‘₯ , βˆ’πœπ‘₯𝑦)

2𝛽

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ESEMPI

Stato di sforzo monoassiale.

Nei punti A e B i momenti sono nulli e il

taglio Γ¨ massimo quindi:

{

𝜎π‘₯(π‘₯, 𝑦) =

𝑀𝑧(π‘₯) 𝑦

𝐼𝑧𝑧(π‘₯)= 0

𝜏π‘₯𝑦(π‘₯, 𝑦) =𝑇𝑦(π‘₯) 𝑆𝑧(𝑦)

𝑏(𝑦) 𝐼𝑧𝑧(π‘₯)β‰  0

Diagramma dell’azione di taglio

Diagramma del momento flettente 𝑀𝑧

In mezzeria il taglio Γ¨ nullo e il momento

Γ¨ massimo:

{

𝜎π‘₯(π‘₯, 𝑦) =

𝑀𝑧(π‘₯) 𝑦

𝐼𝑧𝑧(π‘₯)β‰  0

𝜏π‘₯𝑦(π‘₯, 𝑦) =𝑇𝑦(π‘₯) 𝑆𝑧(𝑦)

𝑏(𝑦) 𝐼𝑧𝑧(π‘₯)= 0

B L

q

y

x A

𝑇𝑦

x

x

𝑀𝑧

A

C

D

E

B

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Stato di taglio puro:

{𝜏π‘₯𝑦 < 0

𝜎π‘₯ = πœŽπ‘¦ = 0

Ipotizziamo 𝜎π‘₯ = πœŽπ‘¦ + πœ€

𝛼 = limπœ€β†’0

[1

2π‘Žπ‘Ÿπ‘π‘‘π‘Žπ‘›π‘” (

2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

)] = βˆ’45Β°

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦2

= 0

𝑅 = √(𝜎π‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

2)2

+ 𝜏π‘₯𝑦2 = 𝜏π‘₯𝑦

{𝜎1 = 𝐢 + 𝑅 = 0 + 𝜏π‘₯𝑦 = 𝜏π‘₯𝑦

𝜎2 = 𝐢 βˆ’ 𝑅 = 0 βˆ’πœŽπ‘₯2= βˆ’πœπ‘₯𝑦

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 = 0

𝑄(𝜎π‘₯, βˆ’πœπ‘₯𝑦)

𝑃(πœŽπ‘¦ ,𝜏π‘₯𝑦)

90Β°

𝜎2 𝜎1

A

𝜏π‘₯𝑦

𝜏π‘₯𝑦

πœπ‘¦π‘₯

πœπ‘¦π‘₯

Q

P

𝜎1

𝜎1

𝜎2

𝜎2

βˆ’45Β°

Q

P

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Stato di taglio puro:

{𝜏π‘₯𝑦 > 0

𝜎π‘₯ = πœŽπ‘¦ = 0

Ipotizziamo πœŽπ‘¦ = 𝜎π‘₯ + πœ€

𝛼 = limπœ€β†’0

[1

2π‘Žπ‘Ÿπ‘π‘‘π‘Žπ‘›π‘” (

2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

)] = βˆ’45Β°

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦2

= 0

𝑅 = √(𝜎π‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

2)2

+ 𝜏π‘₯𝑦2 = 𝜏π‘₯𝑦

{𝜎1 = 𝐢 + 𝑅 = 0 + 𝜏π‘₯𝑦 = 𝜏π‘₯𝑦

𝜎2 = 𝐢 βˆ’ 𝑅 = 0 βˆ’πœŽπ‘₯2= βˆ’πœπ‘₯𝑦

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 = 0

𝑃(πœŽπ‘¦ ,𝜏π‘₯𝑦)

𝑄(𝜎π‘₯ ,βˆ’πœπ‘₯𝑦)

90° 𝜎2

𝜎1

B

𝜏π‘₯𝑦

𝜏π‘₯𝑦

πœπ‘¦π‘₯

πœπ‘¦π‘₯

Q

P

𝜎1

𝜎1

𝜎2

𝜎2

βˆ’45Β°

P

Q

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Stato di sforzo monoassiale:

{𝜎π‘₯ > 0πœŽπ‘¦ = 𝜏π‘₯𝑦 = 0

𝛼 =1

2π‘Žπ‘Ÿπ‘π‘‘π‘Žπ‘›π‘”(

2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

) = 0

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦2

=𝜎π‘₯2

𝑅 = √(𝜎π‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

2)2

+ 𝜏π‘₯𝑦2 =

𝜎π‘₯2

{𝜎1 = 𝐢 + 𝑅 =

𝜎π‘₯2+𝜎π‘₯2= 𝜎π‘₯

𝜎2 = 𝐢 βˆ’ 𝑅 =𝜎π‘₯2βˆ’πœŽπ‘₯2= 0

𝜎π‘₯ 𝜎π‘₯

C

C

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 =𝜎π‘₯2

𝑄(0,0) 𝑃(𝜎1 ,0)

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 = βˆ’πœŽπ‘₯2

𝑄(𝜎2 , 0) 𝑃(0,0)

D

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{

𝜏π‘₯𝑦 > 0

𝜎π‘₯ > 0πœŽπ‘¦ = 0

𝛼 =1

2π‘Žπ‘Ÿπ‘π‘‘π‘Žπ‘›π‘” (

2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯

) > 0

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦2

=𝜎π‘₯2

𝑅 = √(𝜎π‘₯2)2

+ 𝜏π‘₯𝑦2 > 𝐢

{𝜎1 = 𝐢 + 𝑅 > 0𝜎2 = 𝐢 βˆ’ 𝑅 < 0

𝜎π‘₯ 𝜎π‘₯

𝜏π‘₯𝑦

𝜏π‘₯𝑦

πœπ‘¦π‘₯

πœπ‘¦π‘₯

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 =𝜎π‘₯2

𝑄(𝜎π‘₯ , βˆ’πœπ‘₯𝑦)

𝑃(0, 𝜏π‘₯𝑦)

2𝛼

𝜎1

𝜎2

𝜎1

𝜎1

𝜎2

𝜎2

𝛼

E

Q

P

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Lezioni del Prof. Filippo Bertolino 21

{

𝜏π‘₯𝑦 = 0

𝜎π‘₯ > 0πœŽπ‘¦ > 0

𝛼 =1

2π‘Žπ‘Ÿπ‘π‘‘π‘Žπ‘›π‘” (

2𝜏π‘₯π‘¦πœŽπ‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

) = 0

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦2

𝑅 = √(𝜎π‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦

2)2

+ 𝜏π‘₯𝑦2 =

|𝜎π‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦|

2

{

𝜎1 = 𝐢 + 𝑅 =

𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦

2+|𝜎π‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦|

2= π‘šπ‘Žπ‘₯(𝜎π‘₯, πœŽπ‘¦)

𝜎2 = 𝐢 βˆ’ 𝑅 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦

2βˆ’|𝜎π‘₯ βˆ’ πœŽπ‘¦|

2= π‘šπ‘–π‘›(𝜎π‘₯, πœŽπ‘¦)

Se 𝜎π‘₯ = πœŽπ‘¦ > 0 il cerchio di Mohr degli sforzi collassa in un punto: tutte le

direzioni, sono principali.

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 =𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦2

𝜎1

𝜎2

𝜎π‘₯ 𝜎π‘₯

πœŽπ‘¦

πœŽπ‘¦

𝜎π‘₯ , πœŽπ‘¦

𝜏π‘₯𝑦

𝐢 = 𝜎π‘₯ = πœŽπ‘¦

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Calcoliamo il tensore delle deformazioni nel caso di stato di sforzo mono assiale; il

tensore degli sforzi in questo caso Γ¨ il seguente:

[𝜎] = [𝜎π‘₯ 0 00 0 00 0 0

]

Usando la legge di Hooke:

{

πœ€π‘₯ =

1

𝐸[𝜎π‘₯ βˆ’ 𝜈(πœŽπ‘¦ + πœŽπ‘§)]

πœ€π‘¦ =1

𝐸[πœŽπ‘¦ βˆ’ 𝜈(πœŽπ‘§ + 𝜎π‘₯)]

πœ€π‘§ =1

𝐸[πœŽπ‘§ βˆ’ 𝜈(𝜎π‘₯ + πœŽπ‘¦)]

;

{

𝛾π‘₯𝑦 =

𝜏π‘₯𝑦

𝐺

𝛾𝑦𝑧 =πœπ‘¦π‘§

𝐺

𝛾𝑧π‘₯ =πœπ‘§π‘₯

𝐺

calcoliamo le deformazioni:

{

πœ€π‘₯ =

𝜎π‘₯

𝐸

πœ€π‘¦ = βˆ’πœˆ

𝐸𝜎π‘₯

πœ€π‘§ = βˆ’πœˆ

𝐸𝜎π‘₯

; {

𝛾π‘₯𝑦 = 0

𝛾𝑦𝑧 = 0

𝛾𝑧π‘₯ = 0

da cui:

[πœ€] =

[ πœ€π‘₯

𝛾π‘₯𝑦

2

𝛾π‘₯𝑧2

𝛾𝑦π‘₯

2πœ€π‘¦

𝛾𝑦𝑧

2𝛾𝑧π‘₯2

𝛾𝑧𝑦

2πœ€π‘§ ]

=𝜎π‘₯

𝐸[1 0 00 βˆ’πœˆ 00 0 βˆ’πœˆ

] = [

πœ€1 0 00 πœ€2 00 0 πœ€3

]

Page 23: IL TENSORE DEGLI SFORZI E IL TENSORE DELLE …...Note le componenti degli sforzi 𝜎 , 𝜎 e 𝜏 in direzione degli assi coordinati , Γ¨ possibile conoscere gli sforzi che agiscono

Dipartimento di

Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali

Fondamenti di Costruzioni Meccaniche AA.2019/2020

Lezioni del Prof. Filippo Bertolino 23

E’ possibile disegnare il cerchio di Mohr delle deformazioni, seguendo la stessa

procedura utilizzata per disegnare il cerchio di Mohr degli sforzi; bisogna perΓ²

ricordate che sull’asse delle ordinate si riportano la metΓ  degli scorrimenti 𝛾π‘₯𝑦:

Osserviamo che esiste un angolo in corrispondenza del quale le deformazioni assiali

πœ€π‘› si annullano:

πœ€π‘› =πœ€π‘₯ + πœ€π‘¦

2+ πœ€π‘₯ βˆ’ πœ€π‘¦

2π‘π‘œπ‘ (2πœ—) +

𝛾π‘₯𝑦

2𝑠𝑖𝑛(2πœ—) = 0

PoichΓ© in questo esempio 𝛾π‘₯𝑦 = 0 e πœ€π‘¦ = βˆ’πœˆπœ€π‘₯ sostituendo si ottiene:

πœ€π‘₯ βˆ’ πœˆπœ€π‘₯2

+ πœ€π‘₯ + πœˆπœ€π‘₯

2π‘π‘œπ‘ (2πœ—) = 0

da cui:

π‘π‘œπ‘ (2πœ—) = βˆ’(1 βˆ’ 𝜈)

(1 + 𝜈)

Se 𝜈 = 0.3 si ottiene: πœ— β‰… 61.29Β°. Se si sottopone un provino a trazione semplice e

sulla sua superficie si incolla un estensimetro ruotato di 61.29Β°, non si registrerΓ  alcun

segnale, come se il provino fosse scarico !!

πœ€π‘₯ , πœ€π‘¦

𝛾π‘₯𝑦2

𝐢 =πœ€π‘₯ + πœ€π‘¦2

πœ€1

πœ€2

2πœ—

𝐹 𝐹 πœ— β‰… 61Β°


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