elettrodinamica dell’effetto cherenkov 1.2 tensore elettromagnetico e formulazione tensoriale...

68
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO TESI DI LAUREA TRIENNALE IN FISICA DIPARTIMENTO DI FISICA “E.R CAIANIELLO” ELETTRODINAMICA DELL’EFFETTO CHERENKOV Relatore: Candidato: Prof. Gaetano Lambiase Antonio Flavio Donnarumma Matricola: 0512600449

Upload: others

Post on 23-Oct-2020

1 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

  • UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO

    TESI DI LAUREA TRIENNALE IN FISICA

    DIPARTIMENTO DI FISICA “E.R CAIANIELLO”

    ELETTRODINAMICA DELL’EFFETTO

    CHERENKOV

    Relatore: Candidato: Prof. Gaetano Lambiase

    Antonio Flavio Donnarumma

    Matricola: 0512600449

  • Abstract:

    Nel seguente lavoro di tesi saranno esposte inizialmente le equazioni di Maxwell,

    illustrandone la covarianza per Trasformazioni di Lorentz, e la loro formulazione

    mediante il tensore elettromagnetico. In particolare, sarà mostrato come si trasfor-

    mano campi elettrici e campi magnetici passando da un sistema di riferimento iner-

    ziale ad un altro, legato al primo da un boost lungo uno dei tre assi. Sarà enunciato

    anche il principio di conservazione dell’energia in elettromagnetismo e sarà definito

    il tensore energia-impulso. Successivamente si discuterà dell’Effetto Cherenkov, fe-

    nomeno che coinvolge l’emissione di onde elettromagnetiche, sotto opportune con-

    dizioni, da parte di una particella carica che si muove di moto rettilineo ed uniforme

    in un mezzo omogeneo, isotropo e trasparente. Si illustrerà come l’effetto Cherenkov

    sia spiegabile partendo dalle equazioni di Maxwell e lo si esaminerà in due sistemi

    di riferimento notevoli. Infine, se ne darà un’interpretazione fenomenologica, si mo-

    strerà la correzione che si può introdurre all’angolo di emissione facendo uso della

    meccanica quantistica e si faranno esempi di applicazioni dell’effetto Cherenkov, i

    rivelatori Cherenkov, i telescopi Cherenkov e il Cherenkov imaging.

  • Indice

    Capitolo 1 – Equazioni di Maxwell in forma esplicitamente cova-

    riante.

    1.1 Equazioni di Maxwell e Trasformazioni di Lorentz………………………..……………….. 4

    1.2 Tensore elettromagnetico e formulazione tensoriale delle Equazioni di Max-

    well…………………………………………………………………………………………………..……….…… 10

    1.3 Equazioni di Maxwell nella materia…………………………………..………………………... 14

    1.4 Teorema di Poynting e tensore energia-impulso…..………………………..…………….. 15

    1.5 Impulso ed energia relativistici…………..……………………………………….…………….... 18

    Capitolo 2 – L’effetto Cherenkov.

    2.1 Potenza irraggiata e angolo di emissione nel sistema di riferimento del dielet-

    trico……………………………………………………………………………………………….………………. 21

    2.2 Campi elettromagnetici in un dielettrico in movimento………………...……….….….. 36

    2.3 Interpretazioni fenomenologiche dell’effetto Cherenkov……………..………..……… 45

    2.4 Validità del modello di descrizione dell’effetto Cherenkov e correzioni quantisti-

    che all’angolo di emissione.…………………………………………………………………………….... 47

    Capitolo 3 – Applicazioni dell’effetto Cherenkov.

    3.1 Rivelatori Cherenkov……………………..…………………………………………………….…….. 51

    3.2 Telescopi Cherenkov………………………………………………………………………………….. 55

    3.3 Cherenkov Imaging……………………………………………………………………………………. 56

    Riepilogo e conclusioni……………………..……………………………………………………….….. 58

    Appendice A – Cenni di calcolo tensoriale…………………..……………………………….... 60

    Appendice B – Formula di Sellmeier sull’indice di rifrazione………………....…….. 66

  • Capitolo 1 – Equazioni di Maxwell in forma esplici-

    tamente covariante.

    In questo capitolo sarà mostrato, in un primo momento, cosa ha portato a supporre

    che le Trasformazioni di Lorentz fossero le giuste trasformazioni, saranno scritte le

    equazioni di Maxwell per sorgenti nel vuoto mediante il tensore elettromagnetico

    (definito sia nella sua forma covariante che controvariante) e sarà fatto vedere come

    i campi elettrici e magnetici si trasformano passando da un sistema di riferimento

    ad un altro, che si muove di moto traslatorio uniforme lungo l’asse x rispetto al

    primo. Successivamente saranno enunciate le equazioni di Maxwell nella materia, il

    teorema di Poynting e il tensore energia-impulso. Il capitolo, infine, terminerà con

    la generalizzazione di impulso ed energia in ambito relativistico.

    1.1 Equazioni di Maxwell e Trasformazioni di Lorentz.

    Le equazioni di Maxwell furono pubblicate per la prima volta, al completo e in forma

    differenziale, nell’articolo “A Dynamical Theory of the Electromagnetic field” pubbli-

    cato da James Clerk Maxwell nel 1865. Di seguito sono riportate le equazioni di Max-

    well per sorgenti nel vuoto, non nella loro forma originale ma in una versione mo-

    dernizzata1.

    𝜵 ⋅ 𝑬 = 4𝜋𝜌 (1.01)

    (1.02) 𝛁 × 𝑬 = −

    1

    𝑐

    𝜕𝑩

    𝜕𝑡 (1.02)

    𝛁 ⋅ 𝑩 = 0 (1.03)

    (1.04) 𝛁 × 𝑩 =

    4𝜋

    𝑐𝑱 +

    1

    𝑐

    𝜕𝑬

    𝜕𝑡 (1.04)

    1 Il sistema di unità di misura che si userà in questo lavoro di tesi è quello Gaussiano [3].

  • Dove 𝜌 e 𝑱 indicano rispettivamente la densità di carica e di corrente libere, e c la

    velocità della luce nel vuoto. Si può dimostrare che le equazioni (1.01)-(1.04) pos-

    sono essere riformulate utilizzando due campi (uno vettoriale e uno scalare) detti

    potenziale vettore, che indicheremo con A, e potenziale scalare, che indicheremo con

    Φ. Di fatti si può ottenere il seguente nuovo set di equazioni [3]:

    𝑬 = −

    1

    𝑐

    𝜕𝑨

    𝜕𝑡− 𝛁𝛷

    (1.05)

    𝑩 = 𝛁 × 𝑨

    (1.06)

    ∇2𝑨 −

    1

    𝑐2𝜕2𝑨

    𝜕𝑡2= −

    4𝜋

    𝑐𝑱 (1.07)

    ∇2𝛷 −

    1

    𝑐2𝜕2𝛷

    𝜕𝑡2= −4𝜋𝜌 (1.08)

    Tuttavia, tali equazioni hanno una forma analitica che non viene preservata per tra-

    sformazioni di Galileo, e pertanto non sono covarianti per tali trasformazioni, vio-

    lando così il principio di relatività galileiana. Supponiamo infatti, per semplicità, il

    caso unidimensionale e di voler calcolare potenziale vettore e potenziale scalare nel

    vuoto, dove le densità di carica e di corrente sono nulle. Consideriamo una trasfor-

    mazione che faccia passare da un sistema di riferimento S di coordinate (x,y,z) ad un

    sistema di riferimento S’ di coordinate (x’,y’,z’), che si muove di moto rettilineo uni-

    forme rispetto al primo, nella direzione positiva dell’asse x.

    𝜕2𝑓

    𝜕𝑥2−1

    𝑐2𝜕2𝑓

    𝜕𝑡2= 0 (1.09)

    𝜕𝑓

    𝜕𝑥=𝜕𝑓

    𝜕𝑥′𝜕𝑥′

    𝜕𝑥+𝜕𝑓

    𝜕𝑡′𝜕𝑡′

    𝜕𝑥

  • 𝜕𝑓

    𝜕𝑡=𝜕𝑓

    𝜕𝑥′𝜕𝑥′

    𝜕𝑡+𝜕𝑓

    𝜕𝑡′𝜕𝑡′

    𝜕𝑡

    𝜕2𝑓

    𝜕𝑥2=𝜕2𝑓

    𝜕𝑥′2(𝜕𝑥′

    𝜕𝑥)

    2

    +𝜕𝑓

    𝜕𝑥′𝜕2𝑥′

    𝜕𝑥2+𝜕2𝑓

    𝜕𝑡′2(𝜕𝑡′

    𝜕𝑥)

    2

    +𝜕𝑓

    𝜕𝑡′𝜕2𝑡′

    𝜕𝑥2

    𝜕2𝑓

    𝜕𝑡2=𝜕2𝑓

    𝜕𝑥′2(𝜕𝑥′

    𝜕𝑡)

    2

    +𝜕𝑓

    𝜕𝑥′𝜕2𝑥′

    𝜕𝑡2+𝜕2𝑓

    𝜕𝑡′2(𝜕𝑡′

    𝜕𝑡)

    2

    +𝜕𝑓

    𝜕𝑡′𝜕2𝑡′

    𝜕𝑡2

    Ricordando che le trasformazioni di Galileo sotto le ipotesi precedenti sono:

    𝑥′ = 𝑥 − 𝑣𝑡

    𝑡′ = 𝑡

    Si ottiene:

    (1.10) 𝜕2𝑓

    𝜕𝑥2−1

    𝑐2𝜕2𝑓

    𝜕𝑡2= (1 −

    𝑣2

    𝑐2)𝜕2𝑓

    𝜕𝑥′2+ 2

    𝑣2

    𝑐2𝜕2𝑓

    𝜕𝑥′𝜕𝑡′−1

    𝑐2𝜕2𝑓

    𝜕𝑡′2 (1.10)

    Come si può osservare dall’equazione (1.10) la forma dell’espressione (1.09) non è

    rimasta invariata. Di conseguenza, le trasformazioni di Maxwell cambiano passando

    da un sistema di riferimento inerziale ad un altro. Oltre questo, nelle equazioni di

    Maxwell compare una costante c, che come è stato detto precedentemente è la velo-

    cità della luce nel vuoto, ma in quale sistema di riferimento? Una volta fatte tali os-

    servazioni si possono considerare tre ipotesi:

    1) Le equazioni di Maxwell sono sbagliate: vanno riformulate in modo tale che siano

    covarianti per trasformazioni di Galileo.

    2) Le equazioni di Maxwell sono corrette e le trasformazioni di Galileo anche, ma

    quest’ultime valgono solo nel caso meccanico. Quindi, la velocità della luce che com-

    pare nelle equazioni di Maxwell è quella rispetto a un sistema di riferimento “privi-

    legiato”, l’etere luminifero.

    3) Le equazioni di Maxwell sono corrette, le trasformazioni di Galileo no. Vanno

    scritte nuove trasformazioni che lascino invariate la forma delle equazioni di Max-

    well passando da un sistema di riferimento inerziale ad un altro, e che, in qualche

  • limite, restituiscano approssimativamente quelle di Galileo (essendo quest’ultime

    comunque in accordo con i dati sperimentali di una grossa parte di fenomeni di na-

    tura meccanica).

    La prima ipotesi può essere scartata piuttosto in fretta: le equazioni di Maxwell fu-

    rono riscritte in una forma covariante per trasformazioni di Galileo ma nessun dato

    sperimentale era in accordo con tali equazioni [1]. Al contrario, le equazioni di Max-

    well hanno collezionato numerose conferme sperimentali.

    La seconda ipotesi può essere a sua volta scartata in virtù dell’esperimento di Mi-

    chelson e Morley e nello studio della velocità di dielettrici in movimento, eseguiti

    per la prima volta da Fizeau nel 1851 [1].

    Resta soltanto la terza ipotesi, che si rivelerà corretta come andremo a dimostrare.

    Le equazioni di Maxwell furono scoperte essere invarianti per un nuovo tipo di tra-

    sformazioni, le trasformazioni di Lorentz, che si basano su un principio (coerente

    con l’esperimento di Michelson e Morley) nuovo rispetto a quelli della meccanica

    Newtoniana:

    “[…] che la luce nello spazio vuoto si propaghi sempre con una velocità determinata

    V, indipendente dallo stato di moto dei corpi emittenti.”[2]

    Ovvero che il modulo della velocità della luce nello spazio vuoto sia costante in tutti

    i sistemi di riferimento inerziali.

    In questo lavoro di tesi ci limiteremo semplicemente ad enunciare le Trasformazioni

    di Lorentz, dato che il modo in cui esse possono essere ricavate è presente in svariati

    testi (si veda ad esempio [1]). In particolare, indicando la quaterna (𝑥, 𝑦, 𝑧, 𝑐𝑡) con

    (𝑥1, 𝑥2, 𝑥3, 𝑥4), e considerando un boost di velocità 𝒗 = (𝑣, 0,0), le trasformazioni di

    Lorentz assumono la seguente forma:

    𝑥1′ = 𝛾(𝑣)𝑥1 − 𝛾(𝑣)𝛽𝑥4

    𝑥2′ = 𝑥2

    𝑥3′ = 𝑥3

    𝑥4′ = −𝛾(𝑣)𝛽𝑥1 + 𝛾(𝑣)𝑥4

  • Dove si è indicato con 𝛾(𝑣) la quantità 𝛾(𝑣) = 1

    √1−𝑣2

    𝑐2

    , detta fattore di Lorentz e con 𝛽

    la quantità 𝛽 =𝑣

    𝑐. Importante è sottolineare che la condizione di realtà del fattore di

    Lorentz sancisce come 𝑐 sia l’estremo superiore delle velocità raggiungibili da un

    qualsiasi sistema massivo (e in particolare si può dimostrare che solo corpi privi di

    massa possono viaggiare con velocità 𝑐 [1]).

    Come si può osservare, la trasformazione di Lorentz non assicura sempre 𝑡′ = 𝑡

    (viene restituita solo nel caso 𝒗 = 𝟎). Di conseguenza, come si poteva intuire, per

    avere la costanza di c, il tempo non deve essere più assoluto. Proviamo adesso che

    le equazioni di Maxwell sono invarianti per Trasformazioni di Lorentz. Conside-

    rando un boost lungo l’asse x di fatti si ha:

    𝜕2𝑓

    𝜕𝑥2−

    1

    𝑐2𝜕2𝑓

    𝜕𝑡2= [𝛾(𝑣)2 − (𝛾(𝑣)𝑣)2]

    𝜕2𝑓

    𝜕𝑥′2 −

    1

    𝑐2[(

    𝑣

    𝑐2𝛾(𝑣))

    2

    − 𝛾(𝑣)2]𝜕2𝑓

    𝜕𝑡′2 =

    𝜕2𝑓

    𝜕𝑥′2 −

    1

    𝑐2𝜕2𝑓

    𝜕𝑡′2

    Le trasformazioni di Lorentz sono pertanto le trasformazioni corrette, e come è fa-

    cile verificare, nel limite 𝑣 ≪ 𝑐 si riducono a quelle di Galileo [1].

    Concludiamo il paragrafo ricavando le trasformazioni di Lorentz per un boost omo-

    geneo lungo un asse generico2. Supponiamo infatti di ruotare gli assi di S ed S’ in

    modo tale che uno di loro giaccia lungo la direzione della velocità relativa fra i due

    sistemi di riferimento, e che gli assi risultino comunque paralleli e concordi. Deno-

    tiamo con (𝜉1, 𝜉2, 𝜉3) il nuovo set di coordinate spaziali e supponiamo che 𝜉1 sia

    quella associata all’asse parallelo alla velocità. In virtù del postulato di isotropia

    dello spazio [1], dovrà risultare:

    𝜉1′ = 𝛾(𝑣)𝜉1 − 𝛾(𝑣)𝛽𝑥4

    𝜉2′ = 𝜉2

    𝜉3′ = 𝜉3

    𝑥4′ = −𝛾(𝑣)𝛽𝜉1 + 𝛾(𝑣)𝑥4

    2 La trasformazione considerata non è la più generica trasformazione di boost in quanto si suppone che esista un istante t=t’=0 in cui le origini spaziali dei due sistemi di coordinate coincidano. Le trasformazioni di boost più generiche prendono il nome di Trasformazioni di Poincaré. [1]

  • Indicando con 𝝃𝒊 il versore relativo alla coordinata 𝜉𝑖 e decomponendo il vettore po-

    sizione 𝒙′ rispetto a questa base di versori:

    𝜉1𝝃𝟏 =𝒙 ⋅ 𝒗

    𝑣𝟐𝒗

    𝒙′ = 𝜉1′ 𝝃𝟏 + 𝜉2

    ′ 𝝃𝟐 + 𝜉3′ 𝝃𝟑 = (𝛾(𝑣)

    𝒙 ⋅ 𝒗

    𝑣− 𝛾(𝑣)𝛽𝑥4)

    𝒗

    𝑣+ 𝜉2𝝃𝟐 + 𝜉3𝝃𝟑 =

    (𝛾(𝑣)𝒙 ⋅ 𝒗

    𝑣− 𝛾(𝑣)𝛽𝑥4)

    𝒗

    𝑣+𝒙 ⋅ 𝒗

    𝑣𝟐𝒗 + 𝜉2𝝃𝟐 + 𝜉3𝝃𝟑 −

    𝒙 ⋅ 𝒗

    𝑣𝟐𝒗

    O scritto in modo più compatto:

    (1.11) 𝒙′ = [(𝛾(𝑣) − 1)𝒙 ⋅ 𝒗

    𝑣− 𝛾(𝑣)𝛽𝑥4]

    𝒗

    𝑣+ 𝒙

    (1.11)

    L’equazione che lega le coordinate temporali nei due sistemi di riferimento può es-

    sere, invece, riscritta semplicemente come:

    (1.12) 𝑥4′ = −𝛾(𝑣)𝛽

    𝒙 ⋅ 𝒗

    𝑣+ 𝛾(𝑣)𝑥4 (1.12)

    Le equazioni (1.11) e (1.12) esplicitate assumono la forma:

    𝑥1′ = (1 +

    (𝛾(𝑣)−1)

    𝑣2𝑣12) 𝑥1 + (

    (𝛾(𝑣)−1)

    𝑣2𝑣1𝑣2) 𝑥2 + (

    (𝛾(𝑣)−1)

    𝑣2𝑣1𝑣3) 𝑥3 −

    𝛾(𝑣)𝑣1

    𝑐𝑥4

    𝑥2′ = (

    (𝛾(𝑣)−1)

    𝑣2𝑣1𝑣2) 𝑥1 + (1 +

    (𝛾(𝑣)−1)

    𝑣2𝑣22) 𝑥2 + (

    (𝛾(𝑣)−1)

    𝑣2𝑣2𝑣3) 𝑥3 −

    𝛾(𝑣)𝑣2

    𝑐𝑥4

    𝑥3′ = (

    (𝛾(𝑣)−1)

    𝑣2𝑣1𝑣3) 𝑥1 + (

    (𝛾(𝑣)−1)

    𝑣2𝑣2𝑣3) 𝑥2 + (1 +

    (𝛾(𝑣)−1)

    𝑣2𝑣32) 𝑥3 −

    𝛾(𝑣)𝑣3

    𝑐𝑥4

    𝑥4′ = (−

    𝛾(𝑣)𝑣1

    𝑐) 𝑥1 + (−

    𝛾(𝑣)𝑣2

    𝑐) 𝑥2 + (−

    𝛾(𝑣)𝑣3

    𝑐) 𝑥3 + 𝛾(𝑣)𝑥4

    Di conseguenza la matrice per questa trasformazione di Lorentz è:

    𝛬𝐵 =

    (

    1 +

    (𝛾(𝑣) − 1)

    𝑣2𝑣12

    (𝛾(𝑣) − 1)

    𝑣2𝑣1𝑣2

    (𝛾(𝑣) − 1)

    𝑣2𝑣1𝑣3 −

    𝛾(𝑣)𝑣1𝑐

    (𝛾(𝑣) − 1)

    𝑣2𝑣1𝑣2 1 +

    (𝛾(𝑣) − 1)

    𝑣2𝑣22

    (𝛾(𝑣) − 1)

    𝑣2𝑣2𝑣3 −

    𝛾(𝑣)𝑣2𝑐

    (𝛾(𝑣) − 1)

    𝑣2𝑣1𝑣3

    (𝛾(𝑣) − 1)

    𝑣2𝑣2𝑣3 1 +

    (𝛾(𝑣) − 1)

    𝑣2𝑣32 −

    𝛾(𝑣)𝑣3𝑐

    −𝛾(𝑣)𝑣1𝑐

    −𝛾(𝑣)𝑣2𝑐

    −𝛾(𝑣)𝑣3𝑐

    𝛾(𝑣) )

  • 1.2 Tensore elettromagnetico e formulazione tensoriale delle equazioni di

    Maxwell.

    Facendo leva su alcuni concetti basilari del calcolo tensoriale esposti in Appendice

    A, tra cui la convenzione degli indici ripetuti, in questo paragrafo ci occuperemo di

    generalizzare alcune grandezze fisiche che si incontrano in elettromagnetismo, scri-

    vendole in forma tensoriale. Successivamente, introdurremo il tensore elettroma-

    gnetico, scrivendo le equazioni di Maxwell in funzione di quest’ultimo.

    Indichiamo con 𝜕𝜇 il tensore 𝜕𝜇 = (𝜕

    𝜕𝑥1,𝜕

    𝜕𝑥2,𝜕

    𝜕𝑥3,𝜕

    𝜕𝑥4) e con 𝐴𝜇 = (𝐴1, 𝐴2, 𝐴3, −𝛷),

    dove 𝐴1, 𝐴2, 𝐴3 sono rispettivamente le componenti x, y, z del potenziale vettore e 𝛷

    è il potenziale scalare.3

    Da questo momento in poi useremo sempre la seguente convenzione: le lettere la-

    tine i, j, k ecc saranno usate per indicare indici che vanno da 1 a 3, lettere greche

    come α, μ, ν saranno usate invece per indicare indici che vanno da 1 a 4.

    Si definisce tensore elettromagnetico l’oggetto geometrico 𝐹𝜇𝜈 = 𝜕𝜇𝐴𝜈 − 𝜕𝜈𝐴𝜇. Come

    si può osservare il tensore elettromagnetico è antisimmetrico in quanto cambia se-

    gno scambiando 𝜇 e 𝜈. Dimostriamo ora che le componenti non nulle del tensore 𝐹𝜇𝜈

    sono: 𝐹𝑖𝑗 = 𝜖𝑖𝑗𝑘𝐵𝑘 e 𝐹𝑖4 = 𝐸𝑖.

    A tale proposito osserviamo che in virtù della Proprietà 5 in Appendice A:

    𝜖𝑖𝑗𝑙𝜖𝑖𝑗𝑘 = 2𝛿𝑘𝑙

    E che per l’equazione (1.06), risulta:

    𝐵𝑘 =

    1

    2𝜖𝑖𝑗𝑘 (

    𝜕𝐴𝑗

    𝜕𝑥𝑖−𝜕𝐴𝑖𝜕𝑥𝑗

    ) (1.13)

    Da cui dalla relazione (1.13) contraendo gli indici i e j tramite 𝜖𝑖𝑗𝑘 :

    𝜖𝑖𝑗𝑘𝐵𝑘 =

    1

    2𝜖𝑖𝑗𝑘𝜖𝑖𝑗𝑘 (

    𝜕𝐴𝑗

    𝜕𝑥𝑖−𝜕𝐴𝑖𝜕𝑥𝑗

    ) = (𝜕𝐴𝑗

    𝜕𝑥𝑖−𝜕𝐴𝑖𝜕𝑥𝑗

    ) = 𝐹𝑖𝑗

    Invece dalla (1.05) e dalla definizione di 𝐹𝜇𝜈 e di 𝐴𝜇 segue 𝐹𝑖4 = 𝐸𝑖.

    3 Da ora in avanti le componenti di un vettore saranno sempre indicate mettendo un pedice o un apice che può andare da 1 a 3.

  • Pertanto, il tensore elettromagnetico in forma covariante assume la rappresenta-

    zione matriciale4:

    𝐹𝜇𝜈 = (

    0 𝐵3 −𝐵2 𝐸1−𝐵3 0 𝐵1 𝐸2𝐵2 −𝐵1 0 𝐸3−𝐸1 −𝐸2 −𝐸3 0

    )

    Al fine di ricavare il tensore elettromagnetico in forma controvariante va applicato

    per due volte il tensore della metrica in forma controvariante (vedi (A.6) in Appen-

    dice A):

    𝐹𝜇𝜈 = 𝜂𝜇𝛼𝜂𝜇𝛽𝐹𝛼𝛽

    E di conseguenza la rappresentazione matriciale di 𝐹𝜇𝜈 è identica a quella di 𝐹𝜇𝜈 , a

    meno di cambiare segno alla quarta riga e alla quarta colonna:

    𝐹𝜇𝜈 = (

    0 𝐵3 −𝐵2 −𝐸1−𝐵3 0 𝐵1 −𝐸2𝐵2 −𝐵1 0 −𝐸3𝐸1 𝐸2 𝐸3 0

    )

    Ora mostriamo come si trasformano campi elettrici e campi magnetici passando da

    un sistema di riferimento S ad uno S’, legato al primo da un boost omogeneo (vedi

    seconda nota a piè di pagina, pag.8) lungo l’asse x. Risulterà:

    𝐹𝜇′𝜈′ = (𝛬𝐵)𝜇𝜇′(𝛬𝐵)𝜈

    𝜈′𝐹𝜇𝜈

    Con 𝑣1 = 𝑣 e 𝑣2 = 𝑣3 = 0.

    Di seguito sono riportate le equazioni che legano le componenti dei campi elettrici e

    dei campi magnetici nel sistema di riferimento S’ a quelle nel sistema di riferimento

    S.

    𝐸1′ = 𝐸1 𝐵1

    ′ = 𝐵1 (1.14)

    𝐸2′ = 𝛾(𝑣) (𝐸2 −

    𝑣

    𝑐𝐵3) 𝐵2

    ′ = 𝛾(𝑣) (𝐵2 +𝑣

    𝑐𝐸3) (1.15)

    𝐸3′ = 𝛾(𝑣) (𝐸3 +

    𝑣

    𝑐𝐵2) 𝐵3

    ′ = 𝛾(𝑣) (𝐵3 −𝑣

    𝑐𝐸2) (1.16)

    4 Il primo pedice sarà usato come indice di riga, il secondo come indice di colonna.

  • Si può osservare dalle relazioni (1.14)-(1.16) come le componenti di campo elettrico

    e campo magnetico, parallele alla velocità relativa fra i due sistemi di riferimento,

    siano rimaste invariate.

    Mostriamo ora la formulazione delle equazioni di Maxwell (1.01)-(1.04) mediante il

    tensore elettromagnetico. Dimostriamo che le equazioni di Maxwell possono essere

    riscritte nel seguente modo:

    𝜕𝜈𝐹

    𝜇𝜈 =4𝜋

    𝑐𝐽𝜇 (1.17)

    𝜖𝜇𝜈𝛼𝛽𝜕𝜈𝐹𝛼𝛽 = 0 (1.18)

    Dove 𝐽𝜇 = (𝐽1, 𝐽2, 𝐽3, 𝑐𝜌) e 𝜖𝜇𝜈𝛼𝛽 è definito come:

    𝜖𝜇𝜈𝛼𝛽 = {

    +1 𝑝𝑒𝑟 𝜇𝜈𝛼𝛽 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑢𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑝𝑎𝑟𝑖 𝑑𝑖 1234 −1 𝑝𝑒𝑟 𝜇𝜈𝛼𝛽 𝑝𝑒𝑟𝑚𝑢𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑎𝑟𝑖 𝑑𝑖 12340 𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑢𝑒 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑖 𝑢𝑔𝑢𝑎𝑙𝑖 𝑗𝑑𝑗𝑑𝑗𝑑𝑗𝑑𝑗𝑑𝑑𝑗𝑗𝑑𝑗𝑑

    Infatti, prendendo μ=4 nell’equazione (1.17) si ottiene:

    𝜕𝑖𝐹4𝑖 = 𝜕𝑖𝐸

    𝑖 = 𝜵 ⋅ 𝑬 = 4𝜋𝜌

    Ovvero l’equazione (1.01).

    Invece prendendo μ=j nell’equazione (1.17) risulta:

    𝜕𝑖𝐹𝑗𝑖 + 𝜕4𝐹

    𝑗4 = (𝛁 × 𝑩)𝑗 −1

    𝑐

    𝜕𝐸𝑗

    𝜕𝑡=4𝜋

    𝑐𝐽𝑗

    Ovvero l’equazione (1.04) scritta in termini della j-esima componente vettoriale.

    Per poter sfruttare invece l’equazione (1.18) conviene riscriverla usando la pro-

    prietà che un tensore, dato dalla contrazione di due indici simmetrici con due indici

    antisimmetrici, è il tensore identicamente nullo (Proprietà 6, Appendice A). Usando

    la Definizione 7-8 in appendice A è facile osservare che 𝜖𝜇𝜈𝛼𝛽 = 𝜖[𝜇𝜈𝛼𝛽] e 𝐹𝛼𝛽 = 𝐹[𝛼𝛽].

    Da qui:

    𝜖𝜇𝜈𝛼𝛽𝜕𝜈𝐹𝛼𝛽 = 𝜖[𝜇𝜈𝛼𝛽]𝜕𝜈𝐹[𝛼𝛽] = 𝜖

    [𝜇𝜈𝛼𝛽](𝜕(𝜈𝐹[𝛼)𝛽] + 𝜕[𝜈𝐹[𝛼]𝛽]) = 𝜖[𝜇𝜈𝛼𝛽]𝜕[𝜈𝐹[𝛼]𝛽] =

    𝜖[𝜇𝜈𝛼𝛽]𝜕[𝜈𝐹𝛼𝛽] = 0

  • Ovvero:

    (1.17) 𝜖𝜇𝜈𝛼𝛽𝜕[𝜈𝐹𝛼𝛽] = 0 (1.19)

    Dimostriamo che la condizione (1.19) è equivalente a:

    𝜕[𝜈𝐹𝛼𝛽] = 0 (1.20)

    L’equazione (1.19) deve valere per ogni μ, per semplicità assumiamo μ=1.

    Dall’espressione (1.19) si ha allora:

    𝜖1234𝜕[2𝐹34] + 𝜖1324𝜕[3𝐹24] + 𝜖

    1342𝜕[3𝐹42] + 𝜖1243𝜕[2𝐹43] + 𝜖

    1423𝜕[4𝐹23] +

    𝜖1432𝜕[4𝐹32] = 𝜕[2𝐹34] − 𝜕[3𝐹24] + 𝜕[3𝐹42] − 𝜕[2𝐹43] + 𝜕[4𝐹23] − 𝜕[4𝐹32] = 6 ⋅

    𝜕[2𝐹34] = 0

    Ma se un tensore totalmente antisimmetrico ha una componente nulla, con indici

    tutti diversi, allora è il tensore identicamente nullo5 e quindi le equazioni (1.19) e

    (1.20) sono fra di loro equivalenti.

    Dall’equazione (1.20) prendendo 𝜕[1𝐹23] = 0 si ottiene:

    𝜕[1𝐹23] =1

    3(𝜕1𝐹23 + 𝜕2𝐹31 + 𝜕3𝐹12) =

    1

    3(𝜕1𝐵1 + 𝜕2𝐵2 + 𝜕3𝐵3) =

    1

    3𝛁 ⋅ 𝑩 = 0

    Cioè l’equazione (1.03). Prendendo invece 𝜕[𝑖𝐹𝑗4] = 0, si ottiene:

    𝜕[𝑖𝐹𝑗4] =1

    3(𝜕𝑖𝐹𝑗4 + 𝜕𝑗𝐹4𝑖 + 𝜕4𝐹𝑖𝑗) =

    1

    3(𝜕𝑖𝐸𝑗 − 𝜕𝑗𝐸𝑖 + 𝜖𝑖𝑗𝑘𝜕4𝐵𝑘) = (𝜕𝑖𝐸𝑗 − 𝜕𝑗𝐸𝑖 +

    𝜖𝑖𝑗𝑘𝜕4𝐵𝑘) = 0

    Da cui, moltiplicando ad ambo i membri per 𝜖𝑖𝑗𝑙

    2 risulta:

    1

    2𝜖𝑖𝑗𝑙 (

    𝜕𝐸𝑗

    𝜕𝑥𝑖−𝜕𝐸𝑖𝜕𝑥𝑗

    ) +1

    𝑐

    𝜕𝐵𝑙𝜕𝑡

    = 0

    Che rappresenta nient’altro che l’equazione (1.02) per la componente l-esima.

    5 Segue dalla Definizione 6 in Appendice A.

  • 1.3 Equazioni di Maxwell nella materia.

    Le equazioni di Maxwell (1.01)-(1.04) trovano la loro generalizzazione completa nel

    caso di sorgenti dei campi presenti in mezzi materiali. In questo caso la loro espres-

    sione è:

    𝜵 ⋅ 𝑫 = 4𝜋𝜌 (1.21)

    𝛁 × 𝑬 = −

    1

    𝑐

    𝜕𝑩

    𝜕𝑡 (1.22)

    𝛁 ⋅ 𝑩 = 0 (1.23)

    𝛁 × 𝑯 =

    4𝜋

    𝑐𝑱 +

    1

    𝑐

    𝜕𝑫

    𝜕𝑡 (1.24)

    Dove 𝑫 e 𝑯 sono rispettivamente il campo di induzione elettrica e il campo magne-

    tico6. Il campo di induzione elettrica e il campo elettrico, il campo di induzione ma-

    gnetica e il campo magnetico, sono legati da relazioni dette “relazioni costituitive”,

    le cui espressioni esplicite dipendono dalla natura del materiale in cui sono presenti

    le sorgenti del campo. In generale tuttavia si può introdurre un nuovo tensore 𝐺𝜇𝜈 ,

    antisimmetrico come 𝐹𝜇𝜈 , le cui componenti soddisfano le relazioni 𝐺𝑖𝑗 = 𝜖𝑖𝑗𝑘𝐻𝑘 e

    𝐺𝑖4 = 𝐷𝑖 . Allora è facile osservare che risulterà:

    𝜕𝜈𝐺

    𝜇𝜈 =4𝜋

    𝑐𝐽𝜇 (1.25)

    Infatti, sono 𝑫 e 𝑯 i campi associati alla densità di carica libera 𝜌 e alla densità di

    corrente libera 𝑱. I tensori 𝐺𝜇𝜈 e 𝐹𝛼𝛽 sono legati da un tensore 𝛸𝜇𝜈𝛼𝛽, che descrive le

    proprietà elettromagnetiche del mezzo, dalla relazione:

    6 Per quanto riguarda le equazioni di Maxwell nel vuoto, spesso si tende a confondere volutamente il campo magnetico 𝐻 con il campo di induzione magnetica 𝐵: il motivo sta nel fatto che questi coincidono a meno di una costante moltiplicativa la quale può essere posta a 1 scegliendo un opportuno sistema di unità di misura (come ad esempio quello che si sta usando, vedi Sistema di unità di misura Gaussiano [3]).

  • 𝐺𝜇𝜈 = 𝛸𝜇𝜈𝛼𝛽𝐹𝛼𝛽 (1.26)

    Inoltre, il tensore 𝛸𝜇𝜈𝛼𝛽 soddisfa le seguenti proprietà [1]:

    𝛸𝜇𝜈𝛼𝛽 = 𝛸[𝜇𝜈][𝛼𝛽] = 𝛸𝛼𝛽𝜇𝜈

    𝛸[𝜇𝜈𝛼𝛽] = 0

    1.4 Teorema di Poynting e tensore energia-impulso.

    Dall’espressione della forza di Lorentz [3], si osserva che la potenza spesa dal campo

    elettromagnetico su una singola carica puntiforme è:

    𝑃 = 𝑞𝒗 ⋅ 𝑬 (1.27)

    Dove q è la carica, 𝒗 è la velocità della carica ed 𝑬 è il campo elettrico valutato nel

    punto in cui è localizzata la carica. Generalizzando la relazione (1.27) al caso conti-

    nuo si ha che la potenza spesa dal campo elettromagnetico su una regione di spazio

    di volume V è:

    ∫𝜌𝒗 ⋅ 𝑬𝑑3𝑥𝑉

    = ∫𝑱 ⋅ 𝑬𝑑3𝑥𝑉

    (1.28)

    Data l’equazione (1.24), l’espressione (1.28) può essere riscritta come:

    ∫ [

    𝑐

    4𝜋(𝛁 × 𝑯) ⋅ 𝑬 −

    1

    4𝜋

    𝜕𝑫

    𝜕𝑡⋅ 𝑬] 𝑑3𝑥

    𝑉

    (1.29)

    Sfruttando l’identità vettoriale [3]:

    𝛁 ⋅ (𝑬 × 𝑯) = 𝑯 ⋅ (𝛁 × 𝑬) − 𝑬 ⋅ (𝛁 × 𝑯)

    E l’equazione (1.22), l’espressione (1.29) assume forma:

    −∫ [

    𝑐

    4𝜋𝛁 ⋅ (𝐄 × 𝑯) +

    1

    4𝜋

    𝜕𝑫

    𝜕𝑡⋅ 𝑬 +

    1

    4𝜋

    𝜕𝑩

    𝜕𝑡⋅ 𝑯] 𝑑3𝑥

    𝑉

    (1.30)

  • Assumiamo ora che il mezzo abbia proprietà elettromagnetiche lineari7, che even-

    tuali perdite o dispersioni siano trascurabili e che 𝑢 =1

    8𝜋(𝑬 ⋅ 𝑫 + 𝑩 ⋅ 𝑯) sia la den-

    sità di energia elettromagnetica totale anche per campi variabili nel tempo [3]:

    𝜕𝑢

    𝜕𝑡=1

    8𝜋[𝜕𝑬

    𝜕𝑡⋅ 𝑫 +

    𝜕𝑫

    𝜕𝑡⋅ 𝑬 +

    𝜕𝑩

    𝜕𝑡⋅ 𝑯 +

    𝜕𝑯

    𝜕𝑡⋅ 𝑩]

    Ma in virtù dell’ipotesi di relazioni lineari fra 𝑬 e 𝑫 e fra 𝑩 e 𝑯, risulta:

    𝜕𝑬

    𝜕𝑡⋅ 𝑫 =

    𝜕𝑫

    𝜕𝑡⋅ 𝑬

    𝜕𝑩

    𝜕𝑡⋅ 𝑯 =

    𝜕𝑯

    𝜕𝑡⋅ 𝑩

    E di conseguenza l’espressione (1.30) è equivalente alla seguente:

    −∫ [𝑐

    4𝜋𝛁 ⋅ (𝑬 × 𝑯) +

    𝜕𝑢

    𝜕𝑡] 𝑑3𝑥

    𝑉

    Ricordandoci dell’espressione (1.28) da cui siamo partiti, otteniamo la seguente re-

    lazione fondamentale:

    ∫𝜕𝑢

    𝜕𝑡𝑑3𝑥

    𝑉

    = −∫ [𝑐

    4𝜋𝛁 ⋅ (𝑬 × 𝑯) + 𝑱 ⋅ 𝑬] 𝑑3𝑥

    𝑉

    (1.31)

    Il vettore 𝑐

    4𝜋𝑬 × 𝑯 prende il nome di vettore di Poynting e in questo lavoro di tesi

    sarà denotato con la lettera 𝑺. Infine, sfruttando il teorema della divergenza [3] si

    perviene a:

    ∫𝜕𝑢

    𝜕𝑡𝑑3𝑥

    𝑉

    = −∫𝑱 ⋅ 𝑬 𝑑3𝑥𝑉

    −∫ 𝑺 ⋅ 𝒏𝜕𝑉

    𝑑𝜎 (1.32)

    Che esprime il principio di conservazione dell’energia in elettromagnetismo8, infatti

    l’equazione (1.32) afferma che il campo elettromagnetico in una regione di spazio di

    volume 𝑉, spende una parte della propria potenza per variare il moto delle cariche

    7 Precisamente si sta assumendo 𝑫 = 𝛼𝐸𝑬 + 𝜷𝑬 e 𝑯 = 𝛼𝐻𝑩 + 𝜷𝑯 con 𝛼𝐸 , 𝛼𝐻 funzioni scalari reali e 𝜷𝑬, 𝜷𝑯 vettori totalmente indipendenti dal tempo. 8 Da qui è facile osservare come l’ipotesi di assenza di perdite e dispersioni giochi un ruolo cruciale.

  • libere contenute nel volume9 (si ha quindi una conversione di energia elettromagne-

    tica in energia meccanica), mentre un flusso di energia, rappresentato dal vettore 𝑺,

    attraversa la superficie del volume stesso. Di fatti il vettore di Poynting rappresenta

    la quantità di energia che attraversa la superficie del volume 𝑉 per unità di tempo e

    di superficie.

    Nel capitolo legato all’effetto Cherenkov il vettore di Poynting svolgerà un ruolo

    molto importante, pertanto è opportuno dare una relazione che mostra come esso

    si trasformi passando da un sistema di riferimento inerziale ad un altro. A tale pro-

    posito si definisce il tensore energia-impulso 𝑇𝜇𝜈 nello spazio libero (spazio in cui

    non sono presenti né cariche né correnti) [3] come:

    (1.31) 𝑇𝜇𝜈 =

    1

    4𝜋(𝜂𝜇𝛼𝐹𝛼𝛽𝐹

    𝜈𝛽 −1

    4𝜂𝜇𝜈𝐹𝛼𝛽𝐹

    𝛼𝛽) (1.33)

    Di cui la forma matriciale è:

    𝑇𝜇𝜈 =

    (

    𝜎11 𝜎12 𝜎13 𝑆1 𝑐⁄

    𝜎21 𝜎22 𝜎23 𝑆2 𝑐⁄

    𝜎31 𝜎32 𝜎33 𝑆3 𝑐⁄

    𝑆1 𝑐⁄ 𝑆2 𝑐⁄ 𝑆3 𝑐⁄𝐸2 + 𝐵2

    8𝜋 )

    Dove 𝑆1, 𝑆2, 𝑆3 sono le componenti del vettore di Poynting e 𝜎𝑖𝑗 sono le componenti

    del tensore degli sforzi elettromagnetico, definito come [4]:

    𝜎𝑖𝑗 = −1

    4𝜋[𝐸𝑖𝐸𝑗 + 𝐵𝑖𝐵𝑗 −

    1

    2𝛿𝑖𝑗(𝐸

    2 + 𝐵2)]

    9 Nel caso invece si assumesse la presenza di perdite, il primo termine dell’equazione (1.32) assume una forma più complicata e una parte dell’energia dei campi elettromagnetici verrà dissipata per effetto Joule [3].

  • 1.5 Impulso ed energia relativistici.

    Per applicazioni successive definiamo in questo paragrafo il quadrivettore velocità

    in forma controvariante10. Di fatti definito il quadrivettore posizione in forma con-

    trovariante come:

    𝑥𝜇 = (𝑥1, 𝑥2, 𝑥3, 𝑐𝑡)

    Il quadrivettore velocità si ottiene come [1]:

    𝑣𝜇 =𝑑𝑥𝜇

    𝑑𝜏= (𝛾(𝑣)𝑣1, 𝛾(𝑣)𝑣2, 𝛾(𝑣)𝑣3, 𝛾(𝑣)𝑐)

    Dove 𝜏 è il “tempo proprio”, quantità invariante per trasformazioni di Lorentz, che

    ha le dimensioni di un tempo e avente differenziale 𝑑𝜏 pari a [1]:

    𝑑𝜏 =√𝑑𝑥2 + 𝑑𝑦2 + 𝑑𝑧2 − 𝑐2𝑑𝑡2

    𝑐

    Mediante lo pseudo prodotto scalare definito in Appendice A è facile dimostrare che,

    assegnato un qualsiasi sistema in movimento, risulta 𝑣𝜇𝑣𝜇 = −𝑐2.11 Supponiamo

    ora di avere una particella libera e massiva, la curva 𝑥𝜇(𝑡) che essa descrive nello

    Spazio-tempo di Minkowsky prende il nome di “linea d’universo” [1]. L’azione 𝑆12 di

    una particella libera e massiva, in meccanica relativistica così come in meccanica

    Newtoniana, è proporzionale alla lunghezza di spazio percorso, i.e:

    𝑆~∫ √−𝑑𝑥𝜇𝑑𝑥𝜇

    𝑏

    𝑎

    (1.34)

    Il segno meno all’interno della radice quadrata nell’espressione (1.34) compare poi-

    ché le velocità di oggetti massivi sono sempre minori alla velocità della luce nel

    vuoto (come si evince dalle Trasformazioni di Lorentz) e di conseguenza 𝑑𝑥𝜇𝑑𝑥𝜇 =

    10 Il quadrivettore velocità in forma covariante si ottiene come mostrato nell’espressione (A.4) in Appen-dice A. 11 Ciò si ottiene valutando 𝑣𝜇𝑣𝜇 nel sistema di riferimento in cui il sistema è fermo e ricordandosi che, lo

    pseudo prodotto scalare definito in Appendice A restituisce quantità invarianti per trasformazioni di Lo-rentz. 12 Da non confondere con il modulo del vettore di Poynting.

  • −𝑐2𝑑𝜏2 < 0. Imponendo che l’azione abbia le dimensioni di un’energia per un

    tempo, si può dare all’azione relativistica l’espressione [1]:

    (1.33) 𝑆 = −𝑚𝑐∫ √−𝑑𝑥𝜇𝑑𝑥𝜇

    𝑏

    𝑎

    (1.35)

    O esplicitando l’argomento della radice nell’espressione (1.35):

    (1.33) 𝑆 = −𝑚𝑐∫ √𝑐2𝑑𝑡2 − 𝑑𝑥2

    𝑏

    𝑎

    (1.33)

    Che mediante semplici manipolazioni algebriche può essere ricondotta alla forma:

    (1.34)

    𝑆 = −𝑚𝑐2∫ √1 −1

    𝑐2(𝑑𝑥

    𝑑𝑡)2

    𝑑𝑡𝑡𝑏

    𝑡𝑎

    (1.36)

    Rifacendosi all’espressione canonica di azione si individua nella Lagrangiana la

    forma [1]:

    (1.35)

    L = −𝑚𝑐2√1 −1

    𝑐2(𝑑𝑥

    𝑑𝑡)2

    = −𝑚𝑐2√1 −𝑣2

    𝑐2 (1.37)

    Usando la definizione di momento coniugato della coordinata spaziale 𝑥𝑖 ,

    dall’espressione (1.37) si ottiene:

    (1.36) 𝑝𝑖 =

    𝜕𝐿

    𝜕�̇�𝑖=

    𝑚𝑣𝑖

    √1 −�̇�2

    𝑐2

    = 𝑚𝛾(𝑣)𝑣𝑖 (1.38)

    Che ricorda molto la definizione Newtoniana, dato che le componenti spaziali del

    quadrivettore impulso saranno uguali alle componenti spaziali del quadrivettore ve-

    locità a meno della costante moltiplicativa 𝑚, detta massa a riposo della particella.

    Si osservi inoltre che l’azione, definita nell’espressione (1.35), è invariante per tra-

    sformazioni di Lorentz. Ottenuta la Lagrangiana, è possibile ricavare l’Hamiltoniana

    relativistica di una particella. Di fatti applicando la trasformazione di Legendre che

    lega Hamiltoniana e Lagrangiana di un sistema [8], i.e:

  • (1.37)

    𝐻 = 𝑝𝑖�̇�𝑖 − 𝐿 = 𝑚𝛾(𝑣)𝑣𝑖 𝑣𝑖 +𝑚𝑐

    2√1 −𝑣2

    𝑐2

    (1.39)

    E lavorando un po’ di algebra si perviene all’equazione:

    (1.40) 𝐻 = 𝑚𝛾(𝑣)𝑐2 (1.40)

    Sviluppando quest’ultima espressione attorno a 𝑣2

    𝑐2= 0 e trascurando i termini di or-

    dine superiore al primo si ha 𝐻 ≈ 𝑚𝑐2 +1

    2𝑚𝑣2, che non è altro, a meno del termine

    additivo 𝑚𝑐2, l’energia di una particella libera in meccanica Newtoniana.

    Nell’espressione (1.40) è possibile notare qualcosa di molto interessante, l’Hamilto-

    niana del sistema (e quindi la sua energia)13 non è 0 nemmeno nel sistema di riferi-

    mento in cui la particella è ferma. Ciò implica che ciascun corpo dotato di massa pos-

    siede un’energia, energia che tiene conto di tutti i possibili contributi interni (ener-

    gia di legame se il corpo è composto, energia termica ecc), ma non solo: di fatti

    l’espressione 𝐻 = 𝑈 = 𝑚𝑐2 sancisce che anche la massa rappresenta una forma di

    energia. Assumendo per definizione che il quadrivettore impulso sia:

    (1.39) 𝑝𝜇 = (𝑚𝛾(𝑣)𝑣1, 𝑚𝛾(𝑣)𝑣2, 𝑚𝛾(𝑣)𝑣3,𝑚𝛾(𝑣)𝑐) (1.41)

    Dallo pseudo modulo quadro del quadrivettore velocità è facile dedurre che 𝑝𝜇𝑝𝜇 =

    −𝑚2𝑐2. Per quanto riguarda la sua componente temporale, sfruttando la relazione

    (1.40), assume un significato fisico ben preciso:

    𝑝𝜇 = (𝑚𝛾(𝑣)𝑣1, 𝑚𝛾(𝑣)𝑣2, 𝑚𝛾(𝑣)𝑣3,

    𝑈

    𝑐) (1.42)

    Ovvero quello dell’energia del sistema, a meno della costante moltiplicativa 𝑐−1.

    13L’Hamiltoniana di un sistema coincide con l’energia di quest’ultimo, se e soltanto se, il sistema è sotto-posto a soli vincoli indipendenti dal tempo [8].

  • Capitolo 2 – L’effetto Cherenkov.

    Dall’elettromagnetismo si sa che se una carica viene accelerata, questa inizia ad

    emettere radiazioni [3]. Tuttavia, successivamente a diversi esperimenti condotti

    dai fisici sovietici Pavel Alekseyevich Cherenkov e Sergey Ivanovich Vavilov, fu os-

    servato che una particella carica viaggiante di moto rettilineo ed uniforme in un die-

    lettrico trasparente, con velocità maggiore alla velocità di fase della luce nello stesso

    mezzo, emette comunque radiazione elettromagnetica. Tale fenomeno è stato spie-

    gato teoricamente da altri due fisici sovietici, Igor Yevgenyevich Tamm e Ilya Mika-

    hilovic Frank, studio che gli è valso (assieme a Cherenkov) il premio Nobel per la

    Fisica nel 1958. Nel caso si fosse interessati a maggiori dettagli storici si rimanda a

    [18]. Nella prima parte di questo capitolo si discuterà, con gli strumenti dell’elettro-

    dinamica classica elencati nel primo capitolo, dell’effetto Cherenkov osservato per

    mezzi omogenei, trasparenti ed isotropi. L’effetto Cherenkov sarà studiato sia sup-

    ponendo un osservatore solidale al dielettrico (quindi in cui il dielettrico è a riposo

    mentre la carica si muove) sia nel sistema di riferimento solidale alla carica. Succes-

    sivamente si discuterà dell’interpretazione fisica di tale effetto e da essa ricaveremo

    le ipotesi del modello applicato nella parte iniziale. Infine, si darà un esempio di ap-

    plicazioni dell’effetto Cherenkov, i rivelatori Cherenkov.

    2.1 Potenza irraggiata e angolo di emissione nel sistema di riferimento del die-

    lettrico.

    Supponiamo che una carica puntiforme q si muova di moto rettilineo ed uniforme

    con velocità 𝒗, lungo l’asse 𝑥3 (asse z) attraverso un dielettrico omogeneo, traspa-

    rente ed isotropo, a riposo14. Indicando con 𝜖15 la costante dielettrica del mezzo e

    con μ la costante di permeabilità magnetica del materiale [3], in virtù delle ipotesi

    14 Chiaramente affinché sia possibile applicare gli strumenti della Relatività Ristretta si suppone che il si-stema di riferimento solidale al dielettrico sia un sistema di riferimento inerziale. 15 Da non confondere con il tensore 𝜖𝜇𝜈𝛼𝛽 esposto nel Capitolo 1.

  • di mezzo omogeneo ed isotropo, e supponendo che le proprietà elettromagnetiche

    del materiale non cambino nel tempo, dovrà risultare 𝛁𝜖 = 𝛁𝜇 = 𝟎 e 𝑑𝜖

    𝑑𝑡=

    𝑑𝜇

    𝑑𝑡= 0.

    Invece, per l’ipotesi di trasparenza del mezzo possiamo porre 𝜇 = 1 [3]. Di conse-

    guenza risulterà [3]:

    𝑫 = 𝜖𝑬 (2.001)

    𝑩 = 𝑯 (2.002)

    E le componenti non nulle del tensore 𝛸𝜇𝜈𝛼𝛽 della relazione (1.24) saranno [1]:

    𝛸4𝑖4𝑗 = −𝜖𝛿𝑖𝑗 (2.003)

    𝛸𝑖𝑗𝑘𝑙 =

    (𝛿𝑖𝑘𝛿𝑗𝑙 − 𝛿𝑖𝑙𝛿𝑗𝑘)

    2𝜇=(𝛿𝑖𝑘𝛿𝑗𝑙 − 𝛿𝑖𝑙𝛿𝑗𝑘)

    2 (2.004)

    Infatti le relazioni (2.003)-(2.004) sostituite nel tensore 𝛸𝜇𝜈𝛼𝛽 forniscono tramite la

    relazione (1.26) proprio le espressioni (2.001) e (2.002).

    Per calcolare la potenza irraggiata dalla carica e l’angolo di emissione della radia-

    zione va ricavato il vettore di Poynting definito nel paragrafo 1.4, e di conseguenza

    il campo elettrico e il campo magnetico generati dalla particella carica q. A tale scopo

    applichiamo l’operatore rotore alle equazioni (1.22) e (1.24). Usando le espressioni

    (1.21)-(1.24) e (2.001)-(2.002), e la relazione vettoriale [3]:

    𝛁 × (𝛁 × 𝑨) = 𝛁(𝛁 ⋅ 𝑨) − 𝛁2𝑨

    Si ottiene:

    𝛁 × (𝛁 × 𝑬) =4𝜋

    𝜖𝛁ρ − 𝛁2𝑬 = −

    1

    𝑐

    𝜕(𝛁 × 𝑩)

    𝜕𝑡= −

    4𝜋

    𝑐2𝜕𝑱

    𝜕𝑡−𝜖

    𝑐2𝜕2𝑬

    𝜕𝑡2

    𝛁 × (𝛁 × 𝑩) = −𝛁2𝑩 =4𝜋

    𝑐𝛁 × 𝑱 +

    𝜖

    𝑐

    𝜕(𝛁 × 𝑬)

    𝜕𝑡=4𝜋

    𝑐𝛁 × 𝑱 −

    𝜖

    𝑐2𝜕2𝑩

    𝜕𝑡2

    Ovvero:

  • (2.005) 𝛁2𝑬 −

    𝜖

    𝑐2𝜕2𝑬

    𝜕𝑡2=4𝜋

    𝜖𝛁𝜌 +

    4𝜋

    𝑐2𝜕𝑱

    𝜕𝑡 (2.005)

    (2.006) 𝛁2𝑩−

    𝜖

    𝑐2𝜕2𝑩

    𝜕𝑡2= −

    4𝜋

    𝑐𝛁 × 𝑱 (2.006)

    Le equazioni (2.005)-(2.006) possono essere risolte col metodo delle trasformate di

    Fourier. In particolare, applicando la trasformata di Fourier di funzioni vettoriali a

    4 variabili (che nel nostro caso sono le tre coordinate spaziali e il tempo), ovvero

    [1]:

    𝐹[𝝍(𝒙, 𝑡)] = 𝝍(𝒌,𝜔) =1

    (2𝜋)2∫𝑑3 𝑥 𝑑𝑡𝝍(𝒙, 𝑡)𝑒𝑖(𝒌⋅𝒙−𝜔𝑡)

    Alle equazioni (2.005)-(2.006), e usando la proprietà della trasformata della deri-

    vata [13], si ottiene:

    (2.007) (−|𝒌|2 +

    𝜖𝜔2

    𝑐2)𝑬(𝒌,𝜔) =

    4𝜋

    𝜖𝑖𝒌ρ(𝒌, 𝜔) −

    4𝜋

    𝑐2𝑖𝜔ρ(𝒌,𝜔)𝒗 (2.007)

    (2.008) (−|𝒌|2 +

    𝜖𝜔2

    𝑐2)𝑩(𝒌,𝜔) = −

    4𝜋

    𝑐(𝛁 × 𝑱)(𝒌, 𝜔) (2.008)

    Esplicitiamo ora il rotore nell’equazione (2.008):

    (𝛁 × 𝑱)(𝒙, 𝑡) = (𝜕𝜌(𝒙,𝑡)

    𝜕𝑦𝑣3 −

    𝜕𝜌(𝒙,𝑡)

    𝜕𝑧𝑣2) �̂�𝟏 + (

    𝜕𝜌(𝒙,𝑡)

    𝜕𝑧𝑣1 −

    𝜕𝜌(𝒙,𝑡)

    𝜕𝑥𝑣2) �̂�𝟐 + (

    𝜕𝜌(𝒙,𝑡)

    𝜕𝑥𝑣2 −

    𝜕𝜌(𝒙,𝑡)

    𝜕𝑦𝑣1) �̂�𝟑

    (𝛁 × 𝑱)(𝒌, 𝜔) = 𝑖𝜌(𝒌, 𝜔)[(𝑘2𝑣3 − 𝑘3𝑣2)�̂�𝟏 + (𝑘3𝑣1 − 𝑘1𝑣3)�̂�𝟐 + (𝑘1𝑣2 − 𝑘2𝑣1)�̂�𝟑 =

    𝑖𝜌(𝒌,𝜔)[𝒌 × 𝒗]

    Di conseguenza l’equazione (2.008) diventa:

    (2.009) (−|𝒌|2 +

    𝜖𝜔2

    𝑐2)𝑩(𝒌,𝜔) = −

    4𝜋

    𝑐𝑖𝜌(𝒌, 𝜔)[𝒌 × 𝒗] (2.009)

  • Ma ricordando che nel caso di una carica puntiforme che si muove di moto rettilineo

    uniforme la densità di carica è pari a 𝜌 = 𝑞𝛿(𝒙 − 𝒗𝑡) [1], si ha:

    𝜌(𝒌,𝜔) =𝑞

    (2𝜋)2∫𝑑3𝑥𝑑𝑡 𝛿(𝒙 − 𝒗𝑡) 𝑒𝑖(𝒌⋅𝒙−𝜔𝑡) =

    𝑞

    (2𝜋)2∫𝑑𝑡 𝑒𝑖(𝒌⋅𝒗−𝜔)𝑡

    Da cui sfruttando la rappresentazione integrale della Delta di Dirac [13]:

    (2.010)) 𝜌(𝒌,𝜔) =𝑞

    (2𝜋)2𝛿(𝒌 ⋅ 𝒗 − 𝜔) (2.010)

    Sostituendo l’espressione (2.010) nelle equazioni (2.007) e (2.009), e dopo alcuni

    semplici passaggi algebrici si arriva alle equazioni [1]:

    (2.011) 𝑬(𝒌,𝜔) = 2𝑖𝑞

    𝛿(𝒌 ⋅ 𝒗 − 𝜔)

    |𝒌|2 −𝜖𝜔2

    𝑐2

    (𝜔𝒗

    𝑐2−𝒌

    𝜖) (2.011)

    (2.012) 𝑩(𝒌,𝜔) =

    2𝑖𝑞

    𝑐

    𝛿(𝒌 ⋅ 𝒗 − 𝜔)

    |𝒌|2 −𝜖𝜔2

    𝑐2

    (𝒌 × 𝒗) (2.012)

    Identificando 𝜔 con 𝜔 = 2𝜋𝜈, dove ν è la frequenza, conviene eseguire l’antitrasfor-

    mata solo rispetto alle coordinate spaziali, dato che si potrebbe essere interessati a

    valutare il caso particolare in cui il mezzo sia sì omogeneo ed isotropo, ma anche

    dispersivo (𝜖 = 𝜖(𝜔))16. In particolare, applicando l’antitrasformata a ciascuna

    componente del campo elettrico risulterà [10]:

    (2.013)

    𝐸1(𝒙,𝜔) =𝑞

    𝜖𝑣√2

    𝜋𝜆𝑥1𝑟𝐾1(𝜆𝑟)𝑒

    𝑖𝜔𝑥3𝑣 (2.013)

    (2.014)

    𝐸2(𝒙,𝜔) =𝑞

    𝜖𝑣√2

    𝜋𝜆𝑥2𝑟𝐾1(𝜆𝑟)𝑒

    𝑖𝜔𝑥3𝑣 (2.014)

    16 Non conviene eseguire l’antitrasformata integrando su ω sia perché per generalizzare il procedimento non verrà esplicitata la dipendenza di 𝜖 da ω, sia perché, come vedremo più avanti, è interessante calco-lare come varia la potenza irraggiata al variare della frequenza. Per informazioni più dettagliate sulla di-pendenza dalla frequenza dell’indice di rifrazione si veda l’Appendice B.

  • (2.015)

    𝐸3(𝒙, 𝜔) = −𝑖𝑞

    𝜖√2

    𝜋

    𝜆2

    𝜔𝐾0(𝜆𝑟)𝑒

    𝑖𝜔𝑥3𝑣 (2.015)

    Dove 𝜆 = 𝜔√1

    𝑣2−

    𝜖

    𝑐2, 𝑟 = √𝑥1

    2 + 𝑥22 e 𝐾0(𝜆𝑟), 𝐾1(𝜆𝑟) sono funzioni di Bessel modifi-

    cate di argomento λr [3]. Il campo magnetico generato da una carica puntiforme in

    moto con velocità v in un mezzo rispettante le nostre ipotesi, è legata al campo elet-

    trico generata dalla stessa dall’espressione17 [3]:

    𝑩 = 𝜖𝒗

    𝑐× 𝑬 (2.016)

    Di conseguenza si ottiene, per le componenti del campo di induzione magnetica B,

    le espressioni:

    (2.017) 𝐵1(𝒙, 𝜔) = −𝜖𝑣

    𝑐𝐸2(𝒙, 𝜔) (2.017)

    (2.018) 𝐵2(𝒙,𝜔) =𝜖𝑣

    𝑐𝐸1(𝒙,𝜔) (2.018)

    (2.019) 𝐵3(𝒙,𝜔) = 0 (2.019)

    Combinando le equazioni (2.013)-(2.015) con le equazioni (2.017)-(2.019) e

    l’espressione (2.002), possiamo calcolare le componenti del vettore di Poynting (pa-

    ragrafo 1.4):

    (2.020) 𝑆1 =𝑐

    4𝜋[𝐸2𝐵3 − 𝐸3𝐵2] = −

    𝑐

    4𝜋𝐸3𝐵2 (2.020)

    17 Questa espressione può essere ricavata trasformando il tensore 𝐺𝜇𝜈 scritto nel sistema di riferimento in cui la carica è a riposo in quello scritto nel sistema di riferimento in cui la carica si muove con velocità 𝒗 lungo l’asse 𝑥3, le equazioni che si ottengono sono identiche alle (1.14) a meno di sostituire 𝑯 con 𝑩 e 𝑫 con 𝑬.

  • (2.021) 𝑆2 =𝑐

    4𝜋[𝐸3𝐵1 − 𝐸1𝐵3] =

    𝑐

    4𝜋𝐸3𝐵1 (2.021)

    𝑆3 =𝑐

    4𝜋[𝐸1𝐵2 − 𝐸2𝐵1] (2.022)

    Calcoliamo ora il flusso del vettore di Poynting attraverso la superficie di un cilindro

    centrato sulla traiettoria della particella, con sezioni trasversali di raggio r nel piano

    {𝑥1, 𝑥2}. Nel flusso il contributo dovuto alle superfici di base del cilindro si annulla

    essendo il modulo di 𝑆3 indipendente dalla coordinata 𝑥3, pertanto l’unico contri-

    buto al flusso è quello calcolato attraverso la superficie laterale del cilindro. Il flusso

    di un elemento di superficie infinitesimo allora sarà:

    𝑺 ⋅ 𝒏 𝑑𝜎 = 𝑺 ⋅ 𝒏 2𝜋𝑟 𝑑𝑥3 = 𝑺 ⋅ 𝒏 2𝜋𝑟 𝑣 𝑑𝑡

    Dove 𝑛 è il versore normale alla superficie laterale del cilindro e ha forma:

    𝒏 = (𝑥1𝑟,𝑥2𝑟, 0)

    La potenza complessiva irraggiata dalla carica (che coincide con l’energia che

    nell’unità di tempo l’ambiente riceve dalla carica) è pari, in virtù del teorema di

    Poynting, al flusso del vettore di Poynting integrato lungo la traiettoria della ca-

    rica18:

    (2.023) 𝑑𝑈

    𝑑𝑡= 2𝜋𝜈 ∫𝑑𝑡(𝑥1𝑆1 + 𝑥2𝑆2) (2.023)

    Oppure:

    𝑑𝑈

    𝑑𝑡=𝑐𝜈

    2∫𝑑𝑡(−𝑥1𝐸3(𝒙, 𝑡)𝐵2(𝒙, 𝑡) + 𝑥2𝐸3(𝒙, 𝑡)𝐵1(𝒙, 𝑡)) (2.024)

    18 Come nel caso della trasformata di Fourier se gli estremi di integrazione non sono specificati è perché si sottintende che siano −∞ e +∞.

  • Dove si è indicato con 𝑈 la quantità 𝑈 = ∫ 𝑢 𝑑3𝑥𝑉

    . L’espressione (2.024) può essere

    riscritta esplicitando le componenti dei campi comparenti nell’integrale in termini

    delle loro trasformate di Fourier, ovvero come:

    𝑑𝑈

    𝑑𝑡=

    𝑐𝜈

    4𝜋∫𝑑𝜔′𝑑𝜔𝑑𝑡(−𝑥1𝐸3(𝒙,𝜔)𝐵2(𝒙,𝜔

    ′) + 𝑥2𝐸3(𝒙,𝜔)𝐵1(𝒙,𝜔′)) 𝑒−𝑖(𝜔+𝜔

    ′)𝑡 (2.025)

    Sfruttando la rappresentazione integrale della Delta di Dirac nell’equazione (2.025)

    si ottiene:

    𝑑𝑈

    𝑑𝑡=

    𝑐𝜈

    2∫𝑑𝜔′𝑑𝜔(−𝑥1𝐸3(𝒙,𝜔)𝐵2(𝒙,𝜔

    ′) + 𝑥2𝐸3(𝒙,𝜔)𝐵1(𝒙,𝜔′)) 𝛿(𝜔 + 𝜔′) (2.026)

    E integrando rispetto a 𝜔′ nella (2.026):

    (2.27) 𝑑𝑈

    𝑑𝑡=𝑐𝜈

    2∫𝑑𝜔(−𝑥1𝐸3(𝒙, 𝜔)𝐵2(𝒙,−𝜔) + 𝑥2𝐸3(𝒙, 𝜔)𝐵1(𝒙,−𝜔)) (2.027)

    Tenendo conto che 𝐵1(𝒙, 𝑡) e 𝐵2(𝒙, 𝑡) sono quantità fisiche reali, risulterà

    𝐵1(𝒙,−𝜔) = 𝐵1∗(𝒙,𝜔) e 𝐵2(𝒙,−𝜔) = 𝐵2

    ∗(𝒙,𝜔) [13]. L’espressione (2.027) può es-

    sere allora riscritta come:

    (2.28) 𝑑𝑈

    𝑑𝑡=𝑐𝜈

    2∫𝑑𝜔(−𝑥1𝐸3(𝒙, 𝜔)𝐵2

    ∗(𝒙,𝜔) + 𝑥2𝐸3(𝒙,𝜔)𝐵1∗(𝒙,𝜔)) (2.028)

    Allo stesso tempo:

    𝑐𝜈

    2∫𝑑𝜔(−𝑥1𝐸3(𝒙, 𝜔)𝐵2

    ∗(𝒙,𝜔) + 𝑥2𝐸3(𝒙,𝜔)𝐵1∗(𝒙,𝜔)) =

    𝑐𝜈

    2∫ 𝜔(−𝑥1𝐸3(𝒙, 𝜔)𝐵2

    ∗(𝒙,𝜔) + 𝑥2𝐸3(𝒙,𝜔)𝐵1∗(𝒙, 𝜔))

    +∞

    0+

    𝑐𝜈

    2∫ 𝜔(−𝑥1𝐸3(𝒙,−𝜔)𝐵2

    ∗(𝒙,−𝜔) + 𝑥2𝐸3(𝒙,−𝜔)𝐵1∗(𝒙,−𝜔))

    +∞

    0

    Da cui usando la proprietà che per un campo reale 𝑪 le componenti di Fourier go-

    dono della proprietà 𝑪(−𝝎) = 𝑪∗(𝝎) [13] e il fatto che 𝑑𝑈

    𝑑𝑡 è una quantità fisica reale

    (e quindi coincide col suo coniugato), l’espressione (2.026) assume forma:

  • (2.29) 𝑑𝑈

    𝑑𝑡= 𝑐𝑣∫ 𝑑𝜔(−𝑥1𝐸3(𝒙, 𝜔)𝐵2

    ∗(𝒙,𝜔) + 𝑥2𝐸3(𝒙,𝜔)𝐵1∗(𝒙,𝜔))

    +∞

    0

    (2.029)

    Sostituendo le relazioni (2.013)-(2.018) nell’equazione (2.029) otteniamo [1]:

    (2.030) 𝑑𝑈

    𝑑𝑡= 𝑐𝑣∫ 𝑑𝜔𝑓(𝜔)

    +∞

    0

    = 𝑐𝑣∫ 𝑑𝜔 (𝑖𝑞2

    𝜖𝑐

    2

    𝜋

    𝜆2

    𝜔𝜆∗𝑟𝐾0(𝜆𝑟)𝐾1

    ∗(𝜆𝑟))

    +∞

    0

    (2.030)

    Poiché vogliamo valutare la potenza emessa a grandi distanze dalla sorgente, pos-

    siamo sfruttare il comportamento asintotico delle funzioni di Bessel per 𝑟 → +∞,

    ovvero [3]:

    𝐾0(𝜆𝑟) ≈ 𝐾1(𝜆𝑟) ≈ √𝜋

    2𝜆𝑟𝑒−𝜆𝑟

    L’argomento dell’integrale (2.030) si riduce allora a:

    (2.031)

    𝑓(𝜔) = 𝑖𝑞2√𝜆∗

    𝜆

    𝜔

    𝑐3(𝑐2

    𝜖𝑣2− 1)𝑒−(𝜆+𝜆

    ∗)𝑟 (2.031)

    Come si può osservare, il comportamento della funzione (2.031) per distanze molto

    grandi dipende dalla natura reale o immaginaria pura di 𝜆 = 𝜔√1

    𝑣2−

    𝜖

    𝑐2. Di fatti se 𝜆

    è un reale positivo allora 𝜆 = 𝜆∗ e la funzione (2.031) tende rapidamente a 0 per 𝑟 →

    +∞, ovvero l’energia trasferita dalla particella resta confinata nelle vicinanze della

    traiettoria. Tuttavia, se 𝜆 è un immaginario puro, ovvero 𝑣 >𝑐

    √𝜖 , 𝜆 = −𝜆∗ e pertanto

    per 𝑟 → +∞, la funzione (2.031) tende al valore asintotico:

    −𝑞2

    𝜔

    𝑐3(𝑐2

    𝜖𝑣2− 1) (2.032)

    Abbiamo quindi finalmente un’espressione esplicita di come varia nel tempo l’ener-

    gia distribuita dalla carica a distanze molto grandi dalla stessa.

  • (2.33) 𝑑𝑈

    𝑑𝑡= 𝑃 ≃ ∫ 𝑑𝜔

    𝑞2𝑣

    𝑐2𝜔(1 −

    𝑐2

    𝜖𝑣2)

    +∞

    0

    (2.033)

    La potenza irraggiata a grandi distanze dalla sorgente quindi è non nulla solo a patto

    che:

    𝑣 >𝑐

    √𝜖 (2.034)

    Il che spiega teoricamente il manifestarsi della radiazione Cherenkov. Come si può

    facilmente osservare se non viene imposto nessun limite sulla frequenza della ra-

    diazione emessa, la potenza irraggiata diverge19. Inoltre, risulta 𝑑𝑈 > 0 poiché l’am-

    biente riceve energia dalla carica libera che sta irraggiando. Se il mezzo è dispersivo,

    ci sarà una velocità di soglia (e quindi anche un’energia di soglia) per ciascuna fre-

    quenza, ovvero:

    𝑣𝜔 >𝑐

    √𝜖(𝜔) (2.035)

    E la corrispondente potenza di emissione sarà caratterizzata dalla distribuzione

    spettrale:

    𝑑𝑃(𝜔)

    𝑑𝜔=𝑞2𝑣

    𝑐2𝜔(1 −

    𝑐2

    𝜖(𝜔)𝑣2)

    Inoltre, tramite l’equazione (2.033), in virtù dell’ipotesi di moto rettilineo ed uni-

    forme della carica, è facile ricavare l’energia irraggiata per unità di percorso dalla

    particella. Infatti:

    (2.36) 𝑑𝑈

    𝑑𝑥3=𝑑𝑈

    𝑣𝑑𝑡= ∫ 𝑑𝜔

    𝑞2

    𝑐2𝜔(1 −

    𝑐2

    𝜖(𝜔)𝑣2)

    +∞

    0

    (2.036)

    19 C’è da precisare però che generalmente la radiazione Cherenkov occorre nello spettro visibile, pertanto l’integrazione avviene in realtà in un intervallo finito [6].

  • Calcoliamo ora l’angolo formato dalla direzione della traiettoria e la direzione di

    emissione della radiazione, angolo che in genere dipende dalla frequenza e denote-

    remo con 𝜃. Nel limite di grandi distanze dalla sorgente le onde elettromagnetiche

    possono essere approssimate ad onde piane, i campi diventano trasversali, e la di-

    rezione del vettore di propagazione d’onda (e di conseguenza la direzione lungo cui

    si propaga l’energia) coincide con quella del vettore di Poynting.

    Poniamoci allora nel piano {𝑥2, 𝑥3}, caratterizzato dall’equazione 𝑥1 = 0. In questo

    piano risulta 𝐵2 = 𝐵3 = 0 e le componenti non nulle del vettore di Poynting nel

    piano {𝑥2. 𝑥3}, 𝑆2 ed 𝑆3, assumono forma:

    𝑆2 =𝑐

    4𝜋𝐸3𝐵1

    𝑆3 = −𝑐

    4𝜋𝐸2𝐵1

    La radiazione emessa all’infinito si propaga allora lungo le direzioni formanti con la

    traiettoria un angolo 𝜃 la cui tangente vale:

    (2.037)

    tan(𝜃) = lim𝑟→+∞

    𝑆2𝑆3= lim

    𝑟→+∞−𝐸3𝐸2= 𝑖𝑣

    𝜆

    𝜔= √

    𝑣2𝜖(𝜔)

    𝑐2− 1 (2.037)

    Come si può osservare dall’espressione (2.037) l’angolo è reale se e soltanto se vale

    la condizione (2.032), e che inoltre, non dipende dai punti dello spazio in cui si vanno

    a valutare le componenti del vettore di Poynting. La radiazione Cherenkov quindi,

    non viene emessa in maniera isotropa, bensì la luce risulta confinata all’interno di

    un cono avente vertice nella carica, asse parallelo alla traiettoria e angolo di semi-

    apertura pari a 𝜃 come mostrato in Figura 1:

  • Figura 1: cono di luce generato dalla carica sotto la condizione 𝑣 >𝑐

    √𝜖 [6].

    Qualitativamente invece, il comportamento dei fronti d’onda generati dalla carica in

    moto è riportato in Figura 2:

    Figura 2: fronti d’onda generati dalla carica in moto, a sinistra nella condizione 𝑣 <𝑐

    √𝜖 (assenza di radiazione a

    grandi distanze), a destra nella condizione 𝑣 >𝑐

    √𝜖 (presenza di radiazione a grandi distanze) [3].

    Quantitativamente la forma dei fronti d’onda generati dalla carica in moto presenti

    in Figura 2 può essere spiegata partendo dalle equazioni (1.07) e (1.08) nel caso di

    sorgenti in mezzi omogenei, isotropi, e trasparenti [3], ovvero:

    ∇2𝑨 −

    𝜖

    𝑐2𝜕2𝑨

    𝜕𝑡2= −

    4𝜋

    𝑐𝑱 (2.038)

  • ∇2𝛷 −

    𝜖

    𝑐2𝜕2𝛷

    𝜕𝑡2= −

    4𝜋

    𝜖𝜌 (2.039)

    Applicando la Trasformata di Fourier alle equazioni (2.038) e (2.039), e ripetendo

    calcoli analoghi a quelli effettuati nella trasformata di campo elettrico e magnetico,

    si giunge alle seguenti due espressioni [3]:

    𝛷(𝒌,𝜔) =

    2𝑞

    𝜖

    𝛿(𝜔 − 𝒌 ⋅ 𝒗)

    𝑘2 −𝜔2

    𝑐2𝜖

    (2.040)

    𝑨(𝒌,𝜔) = 𝜖𝒗

    𝑐𝛷(𝒌,𝜔) (2.041)

    Di conseguenza dall’equazione (2.041) si ha:

    𝑨(𝒙, 𝑡) =

    2𝑞

    (2𝜋)2𝒗

    𝑐∫𝑑3 𝑘

    𝑒−𝑖[𝑘3(𝑥3−𝑣𝑡)+𝑘2𝑥2+𝑘1𝑥1]

    𝑘32 (1 −

    𝑣2

    𝑐2𝜖) + 𝑘1

    2 + 𝑘22

    (2.042)

    Come si può osservare, si è supposto che il mezzo non fosse dispersivo, ipotesi poco

    realistica ma comoda poiché permette di svolgere in modo non troppo complicato

    l’integrazione rispetto a ω nell’antitrasformata. Sotto la condizione (2.034), l’inte-

    grale (2.042) possiede dei poli reali. Scegliendo il cammino per l’integrazione ri-

    spetto a 𝑘3 in modo tale che il potenziale si annulli per i punti davanti alla particella

    (𝑥3 − 𝑣𝑡 > 0) [3], si trova come risultato che il potenziale vettore vale:

    (2.043) 𝑨(𝒙, 𝑡) =

    𝒗

    𝑐

    2𝑞

    √(𝑥3 − 𝑣𝑡)2 − (𝑣2

    𝑐2𝜖 − 1)(𝑥1

    2 + 𝑥22)

    (2.043)

    All’interno del cono contenente i fronti d’onda in Figura 2, avente vertice nella ca-

    rica, asse parallelo all’asse 𝑥3 e angolo di semi-apertura 𝜋

    2− 𝜃 (cono di Cherenkov)

    e 0 al di fuori di esso. Dimostriamo l’espressione (2.043). Prima di tutto passiamo

    dalle coordinate cartesiane alle coordinate cilindriche, l’integrale (2.042) allora as-

    sume forma:

  • 𝑨(𝒙, 𝑡) =2𝑞

    (2𝜋)2𝒗

    𝑐∫∫ ∫ 𝑑𝑘3𝑑𝑘⊥𝑑𝛼

    𝑘⊥𝑒−𝑖[𝑘3(𝑥3−𝑣𝑡)+𝑘⊥𝑟 cos(𝛼−𝛼0)]

    𝑘32 (1 −

    𝑣2

    𝑐2𝜖) + 𝑘⊥

    2

    2𝜋+𝛼0

    𝛼0

    +∞

    0

    (2.044)

    Dove nell’espressione (2.044) abbiamo indicato con 𝑘⊥ la quantità 𝑘⊥ = √𝑘12 + 𝑘2

    2 e

    con 𝛼 − 𝛼0 l’angolo formato fra il vettore 𝒌 e un generico vettore posizione 𝒙 nel

    piano ortogonale alla traiettoria della carica (piano {𝑥1, 𝑥2}). Con 𝑟 invece abbiamo

    indicato, esattamente come in precedenza, la quantità 𝑟 = √𝑥12 + 𝑥2

    2. Estendendo

    l’integrale rispetto alla variabile 𝑘3 in piano complesso ed usando il Lemma di Jor-

    dan [13] si arriva all’integrale:

    −𝑞𝜋𝑖𝒗

    (2𝜋)2𝑐∫ ∫ 𝑑𝑘⊥𝑑𝛼

    𝑒−𝑖𝑘⊥[

    (𝑥3−𝑣𝑡)tan(𝜃)

    +𝑟 cos(𝛼−𝛼0)] − 𝑒−𝑖𝑘⊥[−

    (𝑥3−𝑣𝑡)tan(𝜃)

    +𝑟 cos(𝛼−𝛼0)]

    tan (𝜃)

    2𝜋+𝛼0

    𝛼0

    +∞

    0

    (2.045)

    Nell’espressione (2.045) si è tenuto conto che, in virtù della relazione (2.037), risulta

    (1 −𝑣2

    𝑐2𝜖) = −tan2 𝜃. Lavorando di algebra si arriva all’espressione:

    −2𝑞𝜋𝒗

    (2𝜋)2𝑐tan (𝜃)∫ ∫ 𝑑𝑘⊥𝑑𝛼 𝑢(𝑘⊥)𝑒

    −𝑖𝑘⊥𝑟 cos(𝛼−𝛼0) sin ((𝑥3 − 𝑣𝑡)𝑘⊥tan(𝜃)

    )

    2𝜋+𝛼0

    𝛼0

    +∞

    −∞

    (2.046)

    Dove si è indicato con 𝑢(𝑘⊥) la funzione gradino di Heaviside [13]. L’equazione

    (2.046) assume ancora una volta la forma di una trasformata di Fourier. Integrando

    rispetto a 𝑘⊥, a meno della costante moltiplicativa −2𝑞𝜋𝒗√2𝜋

    (2𝜋)2𝑐tan (𝜃) , si ottiene:

    ∫ 𝑑𝛼 {−1

    2𝑖√

    𝜋

    2𝛿 (−𝑟 cos(𝛼 − 𝛼0) −

    𝑥3−𝑣𝑡

    tan(𝜃)) +

    1

    2𝑖√

    𝜋

    2𝛿 (−𝑟 cos(𝛼 − 𝛼0) +

    2𝜋+𝛼0

    𝛼0

    𝑥3−𝑣𝑡

    tan(𝜃)) +

    𝑥3−𝑣𝑡

    tan(𝜃)

    √2𝜋 [(𝑟 cos(𝛼−𝛼0))2−(𝑥3−𝑣𝑡

    tan(𝜃))2]}

    Separiamo l’integrale in due contributi:

    𝑨 = 𝑰𝟏 + 𝑰𝟐

  • 𝑰𝟏 =−𝑞𝑖𝒗

    4𝑐∫ 𝑑𝛼

    𝛿 (𝑟 cos(𝛼 − 𝛼0) +𝑥3 − 𝑣𝑡tan(𝜃)

    ) − 𝛿 (𝑟 cos(𝛼 − 𝛼0) −𝑥3 − 𝑣𝑡tan(𝜃)

    )

    tan (𝜃)

    2𝜋+𝛼0

    𝛼0

    𝑰𝟐 =−2𝑞𝒗(𝑥3 − 𝑣𝑡)

    4𝜋𝑐𝑟2tan2 (𝜃)∫

    1

    [cos(𝛼 − 𝛼0)]2 − [(𝑥3 − 𝑣𝑡)𝑟 tan(𝜃)

    ]2 𝑑𝛼

    2𝜋+𝛼0

    𝛼0

    Mostriamo che 𝐼1 = 0. Separiamo anche l’integrale 𝐼1 in due termini ed effettuiamo

    in quello con la Delta di Dirac positiva la sostituzione α→ 𝛼 + 𝜋. Allora si ha:

    𝐼1 = ∫ 𝛿 (𝑟 cos(𝛼 − 𝛼0) −𝑥3−𝑣𝑡

    tan(𝜃)) 𝑑𝛼 − ∫ 𝛿 (𝑟 cos(𝛼 − 𝛼0) −

    𝑥3−𝑣𝑡

    tan(𝜃))𝑑𝛼

    2𝜋+𝛼0

    𝛼0

    3𝜋+𝛼0

    𝜋+𝛼0

    E dopo alcune semplici manipolazioni algebriche:

    ∫ 𝛿 (𝑟 cos(𝛼 − 𝛼0) −𝑥3−𝑣𝑡

    tan(𝜃)) 𝑑𝛼 − ∫ 𝛿 (𝑟 cos(𝛼 − 𝛼0) −

    𝑥3−𝑣𝑡

    tan(𝜃)) 𝑑𝛼

    𝜋+𝛼0

    𝛼0= 0

    𝜋+𝛼0

    𝛼0

    Ovvero 𝐼1 = 0. Concentriamoci ora su 𝐼2, questo può essere riscritto come:

    (2.047) 𝐼2 =

    2𝑞𝒗(𝑥3 − 𝑣𝑡)

    4𝜋𝑐𝑟2tan2 (𝜃)∫

    1

    cos2 𝛼 − [(𝑥3 − 𝑣𝑡)𝑟 tan(𝜃)

    ]2 𝑑𝛼

    2𝜋

    0

    (2.047)

    Ponendo 𝑅 = |(𝑥3−𝑣𝑡)

    𝑟 tan(𝜃)|, l’integrale (2.047) rappresenta un integrale del tipo:

    ∫1

    [𝑐𝑜𝑠(𝛼)]2 − 𝑅2𝑑𝛼

    2𝜋

    0

    (2.048)

    L’integrale (2.048) è equivalente a:

    ∫−sec2 𝛼

    𝑅2 tan2 𝛼 + 𝑅2 − 1𝑑𝛼

    2𝜋

    0

    (2.049)

    Effettuiamo ora, nell’integrale (2.049), la sostituzione 𝑢 = tan𝛼. Allora si ha:

    −2∫

    1

    𝑅2 𝑢2+𝑅2 − 1𝑑𝑢 (2.050)

  • Ora supponiamo 𝑅2 = [(𝑥3−𝑣𝑡)

    𝑟 tan(𝜃)]2

    > 1 (interno cono di Cherenkov). Di fatti, si può

    porre allora 𝑣 =𝑅𝑢

    √𝑅2−1 che sostituito nell’integrale (2.050) fornisce:

    2

    𝑅√𝑅2 − 1∫

    1

    𝑣2 + 1𝑑𝑣

    Ovvero:

    (2.051) [−2

    𝑅√𝑅2−1arctan(𝑣)]

    −∞

    +∞

    = −2𝜋

    𝑅√𝑅2−1= −

    2𝜋

    (𝑥3−𝑣𝑡)

    𝑟 tan(𝜃)√[

    (𝑥3−𝑣𝑡)

    𝑟 tan(𝜃)]2−1

    (2.051)

    Sostituendo il risultato riportato nell’equazione (2.051), nell’equazione (2.047), si

    ottiene:

    (2.052) 𝑨(𝒙, 𝑡) =𝑞𝒗

    √(𝑥3 − 𝑣𝑡)2 − (𝑣2

    𝑐2𝜖 − 1)(𝑥1

    2 + 𝑥22)

    . (2.052)

    Se si pone la condizione che il potenziale vettore si annulli per (𝑥3 − 𝑣𝑡) > 0, affin-

    ché l’equazione (2.041) continui a restituire la stessa espressione, bisogna raddop-

    piare il risultato riportato in equazione (2.052). Così facendo è dimostrata l’equa-

    zione (2.044). Invece ora dimostriamo che se 𝑅2 = [(𝑥3−𝑣𝑡)

    𝑟 tan(𝜃)]2

    < 1 (esterno cono di

    Cherenkov) allora il potenziale vettore si annulla. L’espressione (2.050) si può ri-

    scrivere come:

    −2

    𝑅2√1 − 𝑅2

    𝑅2 {

    ∫1

    𝑢−√1 − 𝑅2

    𝑅2

    𝑑𝑢 −∫1

    𝑢+√1 − 𝑅2

    𝑅2

    𝑑𝑢

    }

    Il cui risultato è:

  • [

    −2

    𝑅2√1 − 𝑅2

    𝑅2

    ln

    (

    𝑢−√

    1 − 𝑅2

    𝑅2

    𝑢+√1 − 𝑅2

    𝑅2 )

    ]

    −∞

    +∞

    = 0

    Questo spiega la presenza di un “fronte d’urto” conico in Figura 2 nel caso in cui 𝑣 >

    𝑐

    √𝜖 . Dato infatti che sia 𝑨 che 𝛷 soddisfano le equazioni (2.038) e (2.039), cioè l’equa-

    zione delle onde elettromagnetiche generate dalla carica in moto q nel mezzo mate-

    riale, sono diversi da 0 solo nella regione in cui la perturbazione indotta dalla carica

    si propaga. Il meccanismo fisico con cui la radiazione viene emessa sarà illustrato

    nel paragrafo 2.3.

    2.2 Campi elettromagnetici in un dielettrico in movimento.

    In questo paragrafo mostreremo un procedimento alternativo per ricavare i campi

    (2.013)-(2.015) e (2.017)-(2.019), ovvero quello in cui essi vengono ottenuti tra-

    sformando i campi elettrici e magnetici nel sistema di riferimento della carica, il

    quale vede muovere il dielettrico di moto rettilineo ed uniforme lungo l’asse 𝑥3 con

    velocità 𝒖 = −𝒗. La costante dielettrica 𝜖 e la costante di permeabilità magnetica μ

    occupano alcune componenti del tensore 𝛸𝜇𝜈𝛼𝛽 scritte nel sistema di riferimento

    solidale col dielettrico, supponendo che quest’ultimo sia omogeneo ed isotropo. Tut-

    tavia, per questo, le proprietà elettromagnetiche del mezzo cambiano passando da

    un sistema di riferimento ad un altro, proprio perché 𝛸𝜇𝜈𝛼𝛽 cambia passando da un

    sistema di riferimento ad un altro. Pertanto, al fine di ricavare le relazioni costitui-

    tive nel sistema di riferimento della carica si deve trasformare 𝛸𝜇𝜈𝛼𝛽 come indicato

    in Definizione 1, Appendice A.

    In particolare, risulta [1]:

    (2.43) 𝐺𝜇𝜈 = [−

    𝜖

    𝑐2𝑢𝛼(𝑢𝜇𝜂𝜈𝛽 − 𝑢𝜈𝜂𝜇𝛽) +

    1

    2𝜇𝑐2𝜖𝜇𝜈𝜌𝜎𝜖𝜌

    𝛼𝛽𝛾𝑢𝛾𝑢𝜎] 𝐹𝛼𝛽 (2.053)

    Dove 𝑢𝛼 è il quadrivettore velocità (paragrafo 1.5) del dielettrico. Nel caso in cui il

    dielettrico sia a riposo, risulta 𝑢𝑗 = 0 e 𝑢4 = 𝑐 e, dall’espressione (2.053), si ricavano

  • le relazioni (2.003) e (2.004). Nel caso in cui invece il dielettrico si muova, si rica-

    vano delle relazioni costitutive che mescolano fra di loro campi elettrici e campi ma-

    gnetici. Al fine di estrarre le relazioni costitutive in forma compatta dalla (2.053) è

    opportuno studiare il tensore che si ottiene dalla contrazione di 𝑢𝜇𝐺𝜇𝜈 (Proprietà 3,

    Appendice A), e la parte totalmente antisimmetrica del prodotto diretto (Proprietà

    2, Appendice A) fra 𝐺𝜇𝜈 e 𝑢𝜆.

    Dimostriamo che:

    𝑢𝜇𝐺𝜇𝜈 = 𝜖𝑢𝛼𝐹

    𝛼𝜈 (2.054)

    Dall’espressione (2.053):

    (2.45) 𝑢𝜇𝐺𝜇𝜈 = [−𝜖𝑢𝛼𝜂𝜈𝛽 +

    𝜖

    𝑐2𝑢𝛼𝑢𝜈𝑢𝛽 +

    1

    2𝜇𝑐2𝜖𝜇𝜈𝜌𝜎𝜖𝜌

    𝛼𝛽𝛾𝑢𝛾𝑢𝜎𝑢𝜇]𝐹𝛼𝛽 (2.055)

    Dove nell’espressione (2.055) abbiamo usato la condizione 𝑢𝜇𝑢𝜇 = −𝑐2 (paragrafo

    1.5) e che 𝑢𝜇𝜂𝜇𝛽 = 𝑢𝛽 (espressione (A.6), Appendice A). Usando la Proprietà 4 in

    Appendice A è facile dimostrare che 𝜖𝜇𝜈𝜌𝜎𝜖𝜌𝛼𝛽𝛾𝑢𝛾𝑢𝜎𝑢𝜇 = 0 dato che infatti, in

    𝜖𝜇𝜈𝜌𝜎𝑢𝜎𝑢𝜇 si ha la contrazione di due indici antisimmetrici con due indici simmetrici

    (𝜇 e 𝜎). Si ha anche 𝑢𝛼𝑢𝜈𝑢𝛽𝐹𝛼𝛽 = 0 poiché anche in questo tensore si ha la contra-

    zione di due indici antisimmetrici con due indici simmetrici (𝛼 e 𝛽). Di conseguenza

    l’espressione (2.055) si riduce a:

    𝑢𝜇𝐺𝜇𝜈 = −𝜖𝑢𝛼𝜂𝜈𝛽𝐹𝛼𝛽 = −𝜖𝑢

    𝛼𝐹𝛼𝜈 = −𝜖𝑢𝛼𝐹

    𝛼𝜈 (2.056)

    Dove nell’equazione (2.056) si è sfruttato che 𝐹𝛼𝜈 , fissato 𝜈, costituisce un tensore di

    rango 1 covariante e la simmetria dello pseudo prodotto scalare.

    Ora invece dimostriamo che:

    (2.058) 𝑢[𝜆𝐺𝜇𝜈] =

    1

    2𝜇𝑐2𝑢[𝜆𝜖𝜇𝜈]𝜌𝜎𝜖𝜌

    𝛼𝛽𝛾𝑢𝛾𝑢𝜎𝐹𝛼𝛽 (2.057)

    Dall’espressione (2.053) infatti si ha:

  • 𝑢𝜆𝐺𝜇𝜈 = −𝜖

    𝑐2𝑢𝜆𝑢𝜇𝑢𝛼𝜂𝜈𝛽𝐹𝛼𝛽 +

    𝜖

    𝑐2𝑢𝛼𝑢𝜆𝑢𝜈𝜂𝜇𝛽𝐹𝛼𝛽 +

    1

    2𝜇𝑐2𝜖𝜇𝜈𝜌𝜎𝜖𝜌

    𝛼𝛽𝛾𝑢𝛾𝑢𝜎𝑢𝜇𝐹𝛼𝛽 (2.058)

    Ma dall’espressione (2.058) è facile osservare che il primo termine al secondo mem-

    bro è simmetrico rispetto allo scambio di 𝜆 e 𝜇, mentre il secondo termine al secondo

    membro è simmetrico rispetto allo scambio di 𝜆 e 𝜈. Pertanto, la parte totalmente

    antisimmetrica rispetto agli indici 𝜆, 𝜇 e 𝜈 di 𝑢𝜆𝐺𝜇𝜈, si riduce semplicemente

    all’espressione (2.057).

    Moltiplicando ad ambo i membri dell’equazione (2.057) per 𝜖𝜆𝜇𝜈𝛿 e sfruttando la re-

    lazione, presente in Proprietà 6, Appendice A:

    𝜖𝜆𝜇𝜈𝛿𝜖𝜇𝜈𝜌𝜎 = −2(𝛿𝜆

    𝜌𝛿𝛿𝜎 − 𝛿𝛿

    𝜌𝛿𝜆𝜎)

    Si ottiene:

    𝜖𝜆𝜇𝜈𝛿𝑢[𝜆𝐺𝜇𝜈] =

    1

    2𝜇𝑐2𝑢[𝜆𝜖𝜇𝜈]𝜌𝜎𝜖𝜆𝜇𝜈𝛿𝜖𝜌

    𝛼𝛽𝛾𝑢𝛾𝑢𝜎𝐹𝛼𝛽 =

    = −1

    𝜇𝑐2𝑢𝜆𝑢𝛾𝑢𝜎𝜖𝜌

    𝛼𝛽𝛾(𝛿𝜆𝜌𝛿𝛿𝜎 − 𝛿𝛿

    𝜌𝛿𝜆𝜎)𝐹𝛼𝛽 =

    = −1

    𝜇𝑐2𝑢𝜌𝑢𝛾𝑢𝜎𝜖𝜌

    𝛼𝛽𝛾𝐹𝛼𝛽 +1

    𝜇𝑐2𝑢𝜆𝑢𝛾𝑢𝜆𝜖𝜌

    𝛼𝛽𝛾𝐹𝛼𝛽 =

    (2.49) = −

    1

    𝜇𝑐2𝑢𝜌𝑢𝛾𝑢𝜎𝜖𝜌

    𝛼𝛽𝛾𝐹𝛼𝛽 −1

    𝜇𝑢𝛾𝜖𝜌

    𝛼𝛽𝛾𝐹𝛼𝛽 (2.059)

    Usando la proprietà secondo cui un tensore di rango N si può scrivere come prodotto

    diretto di N tensori20 di rango 1 e la simmetria dello pseudo prodotto scalare,

    l’espressione (2.059) può essere scritta come:

    (2.50) −

    1

    𝜇𝑐2𝑢𝜌𝑢𝛾𝑢𝜎𝜖

    𝛼𝛽𝛾𝜌𝐹𝛼𝛽 −1

    𝜇𝑢𝜆𝐹

    𝛼𝛽𝜖𝛿𝛼𝛽𝜆 (2.060)

    Ma il primo termine è uguale a 0 in virtù della Proprietà 4, Appendice A. Pertanto,

    l’espressione (2.060) si riduce a:

    20 Si scriva 𝜖𝜌𝛼𝛽𝛾 come prodotto diretto di 4 tensori di rango 1.

  • (2.51) −1

    𝜇𝑢𝜆𝐹

    𝛼𝛽𝜖𝛿𝛼𝛽𝜆 = 1

    𝜇𝜖𝜆𝛼𝛽𝛿𝑢

    𝜆𝐹𝛼𝛽 (2.061)

    Infine, osserviamo che 𝜖𝜆𝜇𝜈𝛿𝑢[𝜆𝐺𝜇𝜈] = 𝜖𝜆𝜇𝜈𝛿𝑢

    𝜆𝐺𝜇𝜈(la dimostrazione è del tutto ana-

    loga a quella dell’equazione (1.19)). Di conseguenza abbiamo:

    𝜖𝜆𝛼𝛽𝛿𝑢𝜆𝐹𝛼𝛽 = 𝜇𝜖𝜆𝜇𝜈𝛿𝑢

    𝜆𝐺𝜇𝜈 (2.062)

    Esplicitiamo ora le espressioni (2.056) e (2.062) in forma vettoriale. Ricordando che

    𝑢𝜆 = (𝛾(𝑢)𝑢1, 𝛾(𝑢)𝑢2, 𝛾(𝑢)𝑢3, 𝛾(𝑢)𝑐), la componente 𝜈 = 𝑖 dell’espressione (2.056)

    restituisce:

    𝑢4𝐺4𝑖 + 𝑢𝑗𝐺

    𝑗𝑖 = 𝜖(𝑢4𝐹4𝑖 + 𝑢𝑗𝐹

    𝑗𝑖) (2.063)

    Sostituendo le componenti di 𝑢, 𝐹 e 𝐺 e dividendo per −𝛾(𝑢) nell’espressione

    (2.063) si ottiene:

    𝑐𝐷𝑖 + 𝜖𝑖𝑗𝑘𝑢𝑗𝐻𝑘 = 𝜖(𝑐𝐸𝑖 + 𝜖𝑖𝑗𝑘𝑢𝑗𝐵𝑘) (2.064)

    La relazione (2.064) può essere riscritta in forma esplicitamente vettoriale assu-

    mendo così la forma:

    𝑫 +𝒖

    𝑐× 𝑯 = 𝜖(𝑬 +

    𝒖

    𝑐× 𝑩) (2.065)

    Invece la componente 𝜈 = 4 dell’espressione (2.056) fornisce:

    𝒖 ⋅ 𝑫 = 𝜖𝒖 ⋅ 𝑬

    Consideriamo ora l’espressione (2.062), la componente 𝛿 = 𝑖 restituisce:

    (2.066)) 𝜖4𝑗𝑘𝑖𝑢4𝐹𝑗𝑘 + 2𝜖𝑘4𝑗𝑖𝑢

    𝑘𝐹4𝑗 = 𝜇(𝜖4𝑗𝑘𝑖𝑢4𝐺𝑗𝑘 + 2𝜖𝑘4𝑗𝑖𝑢

    𝑘𝐺4𝑗) (2.066)

    Sostituendo le componenti di 𝑢, 𝐹 e 𝐺, e dividendo per 2𝛾(𝑢) nell’espressione

    (2.066), si ottiene:

    𝑐𝐵𝑖 − 𝜖𝑖𝑗𝑘𝑢𝑗𝐸𝑘 = 𝜇(𝑐𝐻𝑖 − 𝜖𝑖𝑗𝑘𝑢

    𝑗𝐷𝑘) (2.067)

  • L’espressione (2.067) esplicitata in forma vettoriale assume la forma:

    (2.068) 𝑩 −𝒖

    𝑐× 𝑬 = 𝜇 (𝑯 −

    𝒖

    𝑐× 𝑫) (2.068)

    Invece la componente 𝜈 = 4 dell’espressione (2.062) fornisce:

    𝒖 ⋅ 𝑩 = 𝜇𝒖 ⋅ 𝑯

    Le relazioni (2.065) e (2.068) sono dette “relazioni di Minkowsky” e generalizzano

    le usuali relazioni costitutive per mezzi omogenei ed isotropi nel caso in cui il mezzo

    sia in movimento.

    Studiamo ora le equazioni di Maxwell nel sistema di riferimento della carica. In que-

    sto sistema di riferimento, in cui la carica è in quiete, si ha:

    𝜵 ⋅ 𝑫′ = 4𝜋𝑞𝛿3(𝒙′) (2.069)

    E dato che risulta anche 𝑱′ = 𝟎 e 𝜕𝑫′

    𝜕𝑡′= 𝟎 ne consegue dall’equazione (1.24) 𝑯′ = 𝟎,

    e dalla (2.068):

    𝑩′ = −𝒖

    𝑐× (𝑬′ − 𝑫′) (2.070)

    Sostituendo poi l’espressione (2.070) nella relazione (2.065) otteniamo:

    (2.61) 𝑫′ +𝜖

    𝑐2𝒖 × (𝒖 × 𝑫′) = 𝜖𝑬′ +

    𝜖

    𝑐2𝒖 × (𝒖 × 𝑬′) (2.071)

    Al fine di risolvere l’equazione (2.069) conviene sostituire 𝑫′ con 𝑬′ e porre tutto in

    termini di un potenziale scalare.

    Dall’espressione (2.071) è facile osservare che, denotando con α la quantità:

    𝛼 =1 − 𝜖

    𝑢2

    𝑐2

    1 −𝑢2

    𝑐2

    =1 − 𝜖

    𝑣2

    𝑐2

    1 −𝑣2

    𝑐2

    Risulta:

  • 𝐷1′ =

    𝜖

    𝛼𝐸1′ (2.072)

    𝐷2′ =

    𝜖

    𝛼𝐸2′ (2.073)

    𝐷3′ = 𝜖𝐸3

    ′ (2.074)

    Le relazioni (2.072)-(2.074) sostituite nell’equazione (2.069) forniscono:

    (2.075) 𝜖

    𝛼(𝜕1

    ′𝐸1′ + 𝜕2

    ′𝐸2′) + 𝜖𝜕3

    ′𝐸3′ = 4𝜋𝑞𝛿3(𝒙′) (2.075)

    Introduciamo ora il potenziale scalare 𝛷′, funzione che soddisfa la condizione:

    (2.076) 𝑬′ = −𝛁′𝛷′ (2.076)

    Che sostituita nella relazione (2.075) restituisce:

    (𝜕1

    ′2 + 𝜕2′2+𝛼𝜕3

    ′ 2)𝛷′ = −4𝜋𝛼

    𝜖𝑞𝛿3(𝒙′) (2.077)

    Come si può facilmente osservare, l’equazione (2.077) differisce dall’Equazione di

    Poisson [3] per il fattore 𝛼 presente nella derivata seconda rispetto alla coordinata

    relativa all’asse lungo cui avviene il moto.

    Per risolvere l’equazione (2.077) trasformiamola secondo Fourier, i.e:

    (−𝑘1

    ′ 2 − 𝑘2′ 2 − 𝛼𝑘3

    ′ 2)𝛷′(𝒌′) = −4𝜋𝛼

    (2𝜋)32𝜖𝑞 (2.078)

    E osserviamo che secondo la proprietà della trasformata della derivata risulta:

    𝑬′(𝒌′) = −𝑖𝒌′𝛷′(𝒌′) (2.079)

    Da cui combinando le equazioni (2.078) e (2.079):

    𝑬′(𝒌′, 𝜔′) = −𝑖𝒌′∫𝑑𝑡′𝑒𝑖𝜔

    ′𝑡′

    √2𝜋

    4𝜋𝛼𝑞

    (2𝜋)32𝜖(𝑘1

    ′ 2 + 𝑘2′ 2 + 𝛼𝑘3

    ′ 2)

  • Ovvero:

    𝑬′(𝒌′, 𝜔′) =

    −2𝑖𝛼𝑞 𝛿(𝜔′)

    𝜖(𝑘1′ 2 + 𝑘2

    ′ 2 + 𝛼𝑘3′ 2)

    𝒌′ (2.080)

    Ma le variabili di Fourier 𝒌 e 𝜔 descrivono le componenti del quadrivettore [1]:

    𝑘𝜇 = (𝑘1, 𝑘2, 𝑘3,𝜔

    𝑐)

    E se la velocità relativa 𝒗 tra due sistemi di riferimento giace interamente lungo

    l’asse 𝑥3, le componenti di 𝑘𝜇 si trasformano come:

    𝑘1′ = 𝑘1 (2.081)

    𝑘2′ = 𝑘2 (2.082)

    𝑘3′ = 𝛾(𝑣) [𝑘3 −

    𝑣

    𝑐2𝜔] (2.083)

    𝜔′ = 𝛾(𝑣)[𝜔 − 𝑣𝑘3] (2.084)

    Allo stesso modo sfruttando le equazioni (1.14)-(1.16), considerando però una ve-

    locità relativa giacente lungo l’asse 𝑥3, si arriva alle relazioni:

    𝐸1 = 𝛾(𝑣) (𝐸1′ +

    𝑣

    𝑐𝐵2′) (2.085)

    𝐸2 = 𝛾(𝑣) (𝐸2′ −

    𝑣

    𝑐𝐵1′) (2.086)

    Mentre dalle equazioni (2.070) e (2.072)-(2.074):

    (2.78) 𝐵1′ =

    𝑣

    𝑐(𝐸2

    ′ − 𝐷2′) =

    𝑣

    𝑐𝐸2′ (1 −

    𝜖

    𝛼) (2.088)

    𝐸3 = 𝐸3′ (2.087)

  • (2.79) 𝐵2′ = −

    𝑣

    𝑐(𝐸1

    ′ − 𝐷1′) = −

    𝑣

    𝑐𝐸1′ (1 −

    𝜖

    𝛼) (2.089)

    𝐵3′ = 𝐵3 = 0 (2.090)

    Sostituendo le equazioni (2.088)-(2.090) nelle equazioni (2.085)-(2.087) si arriva a

    [1]:

    𝐸1 =

    𝛾(𝑣)

    𝛼𝐸1′ (2.091)

    𝐸2 =

    𝛾(𝑣)

    𝛼𝐸2′ (2.092)

    𝐸3 = 𝐸3′ (2.093)

    Usando l’espressione (2.080) per 𝑬′ e le trasformazioni (2.081)-(2.084), dalle rela-

    zioni (2.091)-(2.093) si ha:

    (2.84) 𝐸1(𝒌, 𝜔) = −

    2𝑖𝑞

    𝜖𝑘1

    𝛿(𝜔 − 𝑘3𝑣)

    𝑘12 + 𝑘2

    2 + 𝛼(𝛾(𝑣))2 (𝑘3 −𝑣𝜔𝑐2)2 (2.094)

    (2.85) 𝐸2(𝒌, 𝜔) = −

    2𝑖𝑞

    𝜖𝑘2

    𝛿(𝜔 − 𝑘3𝑣)

    𝑘12 + 𝑘2

    2 + 𝛼(𝛾(𝑣))2 (𝑘3 −𝑣𝜔𝑐2)2 (2.095)

    (2.86) 𝐸3(𝒌,𝜔) = −2𝑖𝑞𝛼

    𝜖(𝑘3 −

    𝑣𝜔

    𝑐2)

    𝛿(𝜔 − 𝑘3𝑣)

    𝑘12 + 𝑘2

    2 + 𝛼(𝛾(𝑣))2 (𝑘3 −𝑣𝜔𝑐2)2 (2.096)

    Esplicitando α nelle relazioni (2.094)-(2.096) si ha:

    𝐸1(𝒌, 𝜔) = −2𝑖𝑞

    𝜖𝑘1

    𝛿(𝜔 − 𝑘3𝑣)

    𝑘12 + 𝑘2

    2 + 𝑘32 −

    𝜖𝜔2

    𝑐2

  • 𝐸2(𝒌, 𝜔) = −2𝑖𝑞

    𝜖𝑘2

    𝛿(𝜔 − 𝑘3𝑣)

    𝑘12 + 𝑘2

    2 + 𝑘32 −

    𝜖𝜔2

    𝑐2

    𝐸3(𝒌,𝜔) = −2𝑖𝑞 (𝑣𝜔

    𝑐2−𝑘3𝜖)

    𝛿(𝜔 − 𝑘3𝑣)

    𝑘12 + 𝑘2

    2 + 𝑘32 −

    𝜖𝜔2

    𝑐2

    Che non sono nient’altro che le relazioni (2.013)-(2.015).

    Allo stesso modo i campi di induzione magnetica nei due sistemi di riferimento sono

    legati dalle relazioni:

    𝐵1 = 𝛾(𝑣) (𝐵1′ −

    𝑣

    𝑐𝐸2′) (2.097)

    𝐵2 = 𝛾(𝑣) (𝐵2′ +

    𝑣

    𝑐𝐸1′) (2.098)

    𝐵3 = 𝐵3′ (2.099)

    Nella quale, sostituendo le relazioni (2.088)-(2.093) si arriva a:

    𝐵1 = −𝑣

    𝑐𝜖𝐸2

    𝐵2 =𝑣

    𝑐𝜖𝐸1

    𝐵3 = 0

    Ovvero:

    𝑩 = 𝜖𝒗

    𝑐× 𝑬

    Ossia la relazione (2.16).

    Arrivati a questo punto si può partire dalle espressioni 𝑬(𝒌,𝜔) e 𝑩(𝒌,𝜔) ed eseguire

    nuovamente il procedimento illustrato nel paragrafo precedente per ricavare po-

    tenza irraggiata e angolo di emissione nel sistema di riferimento del dielettrico. In

    questo paragrafo, è stato mostrato come si manifestano le proprietà elettromagne-

    tiche di un mezzo in movimento, proprietà che potrebbero essere osservate in un

  • altro sistema di riferimento notevole al di fuori del dielettrico (che potremmo iden-

    tificare come il sistema di riferimento del laboratorio), come ad esempio il sistema

    di riferimento del centro di massa. Per non complicare i conti, è preferibile, come

    fatto, ricavare 𝑬(𝒌,𝜔) e 𝑩(𝒌,𝜔) in funzione di 𝑬′(𝒌′, 𝜔′) e 𝑩′(𝒌′, 𝜔′) piuttosto che

    ricavare 𝑺 trasformando 𝑺′ (il vettore di Poynting nel sistema di riferimento della

    carica) mediante il tensore energia-impulso. Di fatti il tensore energia-impulso defi-

    nito nel paragrafo 1.4 assume quella determinata forma solo nello spazio libero e,

    per quanto riguarda la forma che assume nei dielettrici essa è ancora oggi non del

    tutto chiara [4]. Pertanto, solo nel caso si sia interessati a valutare il campo elettro-

    magnetico nel vuoto ricorrere al tensore energia impulso, definito nel paragrafo 1.4,

    si rivela un’utile alternativa.

    2.3 Interpretazioni fenomenologiche dell’effetto Cherenkov.

    Supponiamo di essere in un sistema di riferimento in cui il dielettrico, omogeneo,

    isotropo e trasparente, è fermo, e la carica in moto lungo l’asse 𝑥3. Nella regione vi-

    cina alla carica libera, gli atomi saranno distorti in virtù del campo elettrico generato

    dalla stessa che tende ad attirare le cariche atomiche di segno opposto. Mentre gli

    atomi sono distorti, questi si comportano come dipoli elementari [6]: in questo

    modo la carica polarizza la regione immediatamente vicina ad essa, le cariche ato-

    miche poi tornano alla loro posizione “a riposo” dopo che la carica libera si è allon-

    tanata. Nella polarizzazione, ciascuna regione elementare del dielettrico riceve un

    breve impulso elettromagnetico. Qualitativamente questo comportamento, nel caso

    in cui la carica viaggi a velocità minori o superiori a quelle della luce nel mezzo, è

    riportato in Figura 3. Come si può notare in Figura 3 per velocità basse la polarizza-

    zione 𝑷 [3] ha simmetria sferica [15] e pertanto a grandi distanze dalla carica non

    sono presenti campi elettromagnetici (diretta conseguenza del Teorema di Gauss è

    [3]).

  • Figura 3: Polarizzazione del dielettrico dovuto al passaggio della carica. I punti P e P’ indicano due punti per cui passa la carica per andare da A a B. A sinistra il caso di carica con velocità basse rispetto a quella della luce del mezzo (compaiono dipoli davanti alla carica), a destra il caso in cui la velocità della carica diventi maggiore alla velocità della luce nel mezzo (assenza di dipoli davanti alla carica). [6]

    Se però la carica viaggia a velocità superiori a quella della luce nel mezzo, e di con-

    seguenza con velocità maggiori della propagazione del campo di polarizzazione, la

    polarizzazione 𝑷 tende ad assumere un valore non nullo dal momento che si perde

    la simmetria rispetto a 𝑥3. Di conseguenza a grandi distanze dalla carica libera com-

    parirà un campo elettromagnetico non nullo e sarà presente radiazione, dal mo-

    mento che le radiazioni emesse da ciascun dipolo nella regione polarizzata interfe-

    riranno costruttivamente. L’interferenza costruttiva delle radiazioni emesse può es-

    sere visualizzata adoperando il Principio di Huyghens-Fresnel [11] come mostrato

    in Figura 4. L’angolo 𝜃 che compare in Figura 4 si riscontrerà essere proprio l’angolo

    di Cherenkov calcolato nel paragrafo precedente. Dall’espressione (2.037) infatti è

    facile calcolare il coseno dell’angolo di Cherenkov:

    (2.78) |cos (𝜃)| = √

    1

    1 + tan2(𝜃)=

    𝑐

    𝑣√𝜖 (2.100)

    E vedere come esso coincida con il rapporto (vedi Figura 4):

  • cos(𝜃) =

    𝑐𝑛 𝛥𝑇

    𝛽𝑐𝛥𝑇=1

    𝛽𝑛=

    𝑐

    𝑣√𝜖

    Ciascun dipolo elementare emette una radiazione che forma angolo 𝜃 con la traiet-

    toria della carica libera e che si propaga con velocità 𝑐′ =𝑐

    𝑛, ovvero la velocità di fase

    della luce nel mezzo. Ciascun dipolo quindi si comporta come una sorgente sferica e

    le radiazioni emesse si sommano costruttivamente. In virtù di questo meccanismo

    di emissione, l’effetto Cherenkov viene spesso paragonato al boom sonico che si ha,

    ad esempio, quando un aereo su