notiziario 06_2010

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Le di Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro via Piave Numero 6 - Settembre 2010 11 giugno 2010: Cena di quartiere in piazzetta S. Francesco www.levocidiviapiave.com (anche su facebook!) A pagina 2 ...QUESTA È GIÀ

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Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro di via Piave - Mestre (VE).

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Le di

Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro via Piave

Numero 6 - Settembre 2010

11 giugno 2010: Cena di quartiere in piazzetta S. Francesco

www.levocidiviapiave.com (anche su facebook!)

A pagina 2

...QUESTA È GIÀ

Page 2: Notiziario 06_2010

Pagina 2 Numero 6 - Settembre 2010

Il resoconto della cena di quartiere

dell’11 giugno scorso, scritto da alcuni dei protagonisti

della sua realizzazione

servite dallo “staff”. Per noi, che abbiamo seguito il progetto fin dalla sua ideazione, è stata una bella sorpresa scoprire quanta gente abbia avuto l’entu-siasmo di organizzare questo genere di evento, e quanti si siano offerti per organizzare e contribuire alle prossime cene o pranzi di quartiere. Grazie al supporto dell’Etam e alla collaborazione del gruppo Le voci di via Piave abbiamo raggiunto la nostra meta iniziale: principalmente una serata “magna, bevi e canta” per strada, e, in più abbiamo trovato nuovi amici con cui magari sviluppare nuovi progetti in futuro. Non si poteva a priori immaginare come sarebbe andata una serata aperta a tutti, in cui veniva chiesta una partecipa-zione attiva. Certo, poten-zialmente po-teva succedere di tutto. Ed è bello quando la realtà supera le aspettative. Potevamo tro-varci in pochi, anzitutto. E chi ci ha strappato i manifesti dalle strade forse voleva proprio questo. Si diceva tra di noi

F inalmente anche a Mestre è stata fatta la prima cena di

quartiere! A pensarci bene non si tratta di una cosa così nuova: trovarsi in strada a mangiare tra vicini richiama una forma di socialità che fino a poco fa era molto diffusa anche da queste parti, basti pensare alle cene all’aperto nei campielli di Venezia, e in molte altre parti del mondo. Ma è un’abitudine che in parte abbiamo perso, specialmente in contesti, come quello del quartiere Piave, dove si trovano a vivere persone provenienti da vari paesi, e dove la scarsa conoscenza reciproca può dunque portare a comportamenti di “chiusura” nelle proprie case o comunque nei propri gruppi di riferimento, senza interagire tanto con il “diverso”. L’esperienza della cena di quartiere, molto partecipata, ha invece dimostrato che c’è voglia di conoscersi e c’è entusiasmo nei confronti di questo tipo di iniziative. È il caso dunque di raccontare come si è svolta. È stata organizzata venerdì 11 giugno, in piazzetta san Francesco, che ad alcuni ricorda un campiello di Venezia, dalle 19 in poi. Nel pomeriggio, la piazza è stata attrezzata con tavoli e panche di legno, che ci siamo fatti prestare, e addobbata con palloncini e festoni. Chi partecipava, era invitato a portare una pietanza cucinata da lui: tutti i cibi sono stati raccolti su un lungo tavolo, e chi arrivava per mangiare, che avesse portato qualcosa o meno, poteva servirsi al tavolo, servito da alcune volontarie e volontari. Ovazione per chi si portava i piatti da casa rifiutando con un sorriso quello di plastica. Le bibite erano invece posizionate in un altro tavolo, mantenute al fresco, insieme alle angur ie, nel la provvidenziale fontanella della piazzetta, riaperta proprio per l’occasione, e, anche là

che, anche in pochi, saremmo comunque stati contenti, invece sono stati stimati almeno 400 “commen-sali”, e al di là dei numeri, i piatti tipici che si potevano assaggiare provenivano da ogni angolo del globo ed erano decisamente oltre ogni aspettativa in varietà e quantità: c’era il borsh ucraino, il cuscus, il baccalà portoghese, le paste italiane, e tantissimi altri piatti squisiti. Vi raccontiamo solo alcuni episodi che danno l’idea del clima che è venuto a crearsi quella sera: ad un certo punto un rumore di bottiglia infranta interrompe l’armonia della serata, perché sembra lanciata per terra intenzionalmente e con una certa

Si ringraziano: la CoopAdriatica, la Coop di via Montenero, il “Dopolavoro ferroviario”, la Parrocchia di Carpenedo, gli Scout S.Lorenzo, il “Centro Città Aperta”, l’associazione “I Sette Nani”.

«È stato sorprendente

scoprire quante persone hanno

aderito con entusiasmo

a questa iniziativa»

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Pagina 3 Le Voci di via Piave

gomito troppo alzato…insomma, a nostro avviso, se ci si pensa bene, c’é spazio per tutti, basta un po’ di pazienza, tolleranza e una risata quando si vede uno diverso da “noi”… come in una piccola tribù, la tribù di via Piave. Aaaaugggh! Che soddisfazione poi, al ritorno a casa, poter pensare che una serata

forza. L’autore del gesto si sente osservato, in imbarazzo e fuori luogo, tant’è che comincia a raccogliere i cocci. Ma non si ferma lì, chiede una scopa e pulisce di fino non solo quella zona, ma tutta la via! Poi, un po’ più tardi, la cena stava ormai finendo e si iniziava a sbaraccare, i canti allegri si facevano sempre più forti e comincia-vano ad assomigliare a schiamazzi notturni: era compito degli organizza-tori fare smettere tutto in fretta. Una vera seccatura, a pensarci. Bastano poche parole col sorriso al gruppo più fracassone - “ci dareste una mano a smontare i tavoli?” - che subito si mette all’opera e carica panche e tavoli sul furgone, con grandi sorrisi. Certi episodi fanno pensare che quando ti senti accolto, poi, ti senti anche responsabile per il bene comune. La sensazione che abbiamo avuto è che alla cena ci fosse spazio per tutti: non solo per gente di nazionalità diversa, ma anche per le vecchiette sedute sulle panche che chiedevano “na roba legerina”; per i bambini che correvano tra i tavoli, per una festa di compleanno; per quelli che non avevano portato niente ma che lo stesso erano ben invitati; per qualche turista curioso; per qualche

IN 400 ALLA CENA

Parlavamo TUTTI la stessa lingua

I lavori per la preparazione della grande tavolata allestita

venerdì 11 giugno in piazzetta San Francesco

per la prima “Cena di Quartiere” realizzata a Mestre.

In alto e in copertina, due momenti della serata;

a destra, la locandina che ha promosso l’iniziativa

Qualcuno di voi ha mai visto una tavola lunga quasi 50 metri? Pare impossibile, ma è vero. E ancora non ci si stava, tanta gente ha dovuto mangiare in piedi. Gli ospiti di questa cena erano alcune delle persone che vivono nella zona Piave. Questa cena è stata un passo in avanti per capirsi l’un l’altro, per vivere meglio insieme. In via Piave, come ben sappiamo, non vivono solo italiani ma anche tanti stranieri, arrivati in Italia per lavoro, alcuni di loro vivono con l’intera famiglia. Ed a questa cena sono arrivati adulti e bambini italiani, rumeni, moldavi, afgani, marocchini, ucraini, albanesi, bengalesi, nigeriani, cinesi. Hanno portato con sé non solo il calore dei propri paesi ma anche i loro piatti tipici, multi colorati, preparati con anima e cuore. Hanno portato anche il desiderio e la voglia di vivere pacificamente, comprendendosi e rispettandosi l’un l’altro. La tavolata era piena di colori, di diversi gusti e di diversi sapori: salato e dolce, primi e secondi e certamente non è mancato il vino italiano. Si sono esibiti spontaneamente

musicisti e cantanti, tra quelli che partecipavano alla cena: giovani artisti del luogo, alcuni componenti del coro “voci dal mondo”, alcuni artisti ucraini e tutti si sono messi a cantare insieme. Credo che nessuno si sia sentito estraneo a questa cena perché era composta da amici, vicini di casa che si conoscevano o da persone che si sono conosciute in quell’occasione e tutti… parlavano la stessa lingua: l’italiano.

Larysa

come questa in un certo senso “si é organizzata da sola”. Il giorno dopo alcuni giornali titolavano “Ecco la via Piave che vorremmo”. Ma, come ha commentato una di noi, questa è già via Piave.

Claudia Mantovan, Adolfo Zilli, Elisa Cargnel, Angela Granzotto,

Michele Doro

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Pagina 4 Numero 6 - Settembre 2010

I l 3 giugno sono state consegnate alla nuova Amministrazione del comune di Venezia (Sindaco,

Vicesindaco, Assessore al Patrimonio, Presidente Municipalità Mestre Carpenedo) le firma raccolte tra i cittadini per richiedere l’abbattimento delle mura delle “ex lavanderie militari di via Piave”, accompagnate dalla lettera pubblicata in questo numero e sul nostro sito. L’apertura di questa zona al passaggio dei cittadini, con l’utilizzo degli edifici

IDEE per il futuro storici esistenti ad usi sociali e culturali, è fondamentale, perché contribuirebbe in maniera significativa alla riqualificazione dell’intera via Piave, così come è facile immaginare. Una soluzione di questo genere è ora particolarmente importante perché la zona sarà privata della Galleria Contemporaneo, che pur non essendo molto conosciuta e frequentata dagli abitanti locali, è molto importante per l’arte contemporanea e, se pur indirettamente, dà lustro all’intera

Via Sernaglia, 43 30171 Venezia Mestre

Mestre, 3 giugno 2010

Al Sindaco di Venezia Al Vice Sindaco di Venezia

All’Assessore al Patrimonio Al Presidente della Municipalità

Mestre Carpenedo

Oggetto: Abbattimento delle mura di recinzione delle “ex lavanderie di via Piave”

Via Piave, una delle principali arterie di attraversamento di Mestre, sta cercando di

ritornare ad essere da mero luogo di transito cittadino a spazio di attrazione

commerciale e sociale.

E’ perciò indispensabile favorire una evoluzione urbanistica che preveda un’offerta di

spazi, luoghi e strutture adeguati alle odierne esigenze di vita di una realtà

metropolitana.

Come a Voi noto questa via, data la particolare caratterizzazione commerciale e la

forte presenza di cittadini di altre culture, vive un momento di sofferenza sotto il

profilo della convivenza sociale.

L’arredo urbano scadente, la mancanza di parcheggi, la viabilità problematica,

amplificano questi sentimenti ed anzi incrementano la sensazione dell’impossibilità

che la strada ritorni ad essere uno degli assi portanti della vita sociale e commerciale

della città.

In maniera particolare dopo cento metri dal semaforo di via Miranese in direzione

della Stazione, a causa delle mura che si alzano su entrambi i lati della strada, la via

presenta un aspetto particolarmente squallido che certamente non favorisce l’idea di

città “aperta”.

Per i suddetti motivi Vi trasmettiamo una raccolta di firme di cittadini che chiedono

un Vostro intervento al fine di concordare con la proprietà delle mura l’abbattimento

delle stesse, recuperando spazi da adibire alla socialità ed alla cultura, ora ancora

più importante considerata la vendita dei locali occupati dalla Galleria

Contemporaneo. Vi ringraziamo fin d’ora e porgiamo distinti saluti.

Gruppo di lavoro di via Piave

Allegati n. fogli 53 con le firme raccolte

Via Piave è un laboratorio anche per altre zone di Mestre. Se questa zona ritornerà ad essere una via interessante sarà un esempio per tutta la città.

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Pagina 5 Le Voci di via Piave

di via Piave e della CittàEvia. T r a s f o r m a r e l’edificio delle ex lavanderie militari in un centro museale ed espositivo sarebbe una realizzazione di grande valore culturale che trova importanti esempi in molte città europee, per citarne solo alcuni: a Parigi la stazione d’Orsay è stata trasfor-mata in museo, a Londra una ex centrale elet-trica è diventata la Galleria Tate ed a Essen il museo della Ruhr è stato creato in una ex fabbrica di carbone. Sen-za tener conto che altre costruzioni minori dovrebbero essere utilizzate ad attività sociali e ricreative di cui si sente un grande b i sogno e s sendo a t tua lmente disponibile solo la sala del Centro Civico di via Sernaglia, il cui uso è reso sempre più problematico e difficile per le associazioni.

C ome più volte ribadito, e discusso sotto i più svariati punti d i v i s t a , v i a P i a ve è

irreversibilmente diventata multietnica e pertanto l’Amministrazione ed i c i ttadin i devono decidere se continuare a lamentarsi e lasciare che gradualmente si trasformi in un ghetto o, finché sono ancora in tempo, farla sviluppare in area multiculturale come nelle principali città europee. Per fare questo decisivo salto di qualità bisogna che i cittadini ed i commercianti italiani continuino a risiedervi ed a operare, facendo pesare culturalmente la loro presenza ed i cittadini e commercianti stranieri devono fare uno sforzo, non solo per migliorare l’estetica dei loro negozi, ma, anche per cercare di rivolgere la loro attività a tutti, come alcuni già fanno, inserendosi così maggiormente

nella realtà della vita cittadina. Un primo piccolo sforzo, che dimostrerebbe di voler andare in questa direzione, sarebbe quello di non limitarsi a mettere tutte le indicazioni solo nella propria lingua ma cominciare a fare comunicazioni almeno bilingue. Questo sarebbe certamente un segnale importante, sia nei confronti dei cittadini italiani che verso se stessi, per dimostrare di voler perseguire una via di convivenza reale. Naturalmente sarebbe illusorio pensare che questi obbiettivi siano raggiungibili in poco tempo, ma certamente sono realizzabili se tutti ci crediamo fin d’ora ed ognuno, nei suoi limiti, cerca di incamminarsi verso questo futuro. Un aiuto potrà venire anche dalla creazione della nuova stazione f e r r o v i a r i a c h e t r a s f o r m e r à completamente la zona terminale di via Piave e delle vie adiacenti, e questo, porterà una rivalutazione dell’area con tutte le positive conseguenze.

P urtroppo troppo spesso, in occasione di fatti di cronaca, viene attivata una campagna di

stampa negativa al di là del fatto in se

stesso. Troviamo così titoloni a più colonne che insistono su “insicurezza e disagio”, magari sopra agli articoli del tutto “normali”. Però si sa bene che, alla fine, la cosa che resta nel l ’ immaginario col lett ivo è soprattutto il titolo. Su questi argomenti il Gruppo di lavoro Via Piave ha ritenuto di interessare anche il Sindaco Giorgio Orsoni, che ha prontamente risposto condividendo le iniziative che aiutano a superare situazioni di diffidenza, paura e disagio e si è dichiarato sensibile ai problemi dando massima disponibilità alla ricerca di soluzioni. Via Piave è un laboratorio e pertanto le situazioni e le soluzioni che la riguardano possono essere motivo di riflessione, con le dovute diversità, anche per altre zone di Mestre e della terraferma. Perciò dobbiamo capire che il futuro di questa zona porterà conseguenze su tutte le altre zone di Mestre, perché se via Piave ritornerà ad essere una via interessante, se pur diversamente dal secolo scorso, sarà un esempio per tutta la città.

Italo Trentin

Una foto aerea delle ex Lavanderie militari di via Piave. Nell’altra pagina la lettera che ha accompagnato la raccolta di firme

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Pagina 6 Numero 6 - Settembre 2010

I motivi della sfida lanciata da un gruppo di cittadi

dai nostalgici della città di un tempo: quella che contemplava forme di sem-plice e spontaneo controllo sociale. Tanto per intenderci, quello che per-metteva alla signora anziana di rim-proverare, anche severamente, il bimbo che aveva appena rischiato di finire sotto ad un’automobile per im-prudenza, senza rischiare di sentirsi rispondere con degli insulti dal bam-bino stesso o dai suoi genitori. Una forma insomma di sano controllo so-ciale, in una città maggiormente a misura d’uomo. Sano controllo perché non inteso come morboso ed ossessivo, per questo sano. Controllo sociale perché attraverso la sua realizzazione può produrre aggregazione sociale, confronto spontaneo e condiziona-mento/orientamento delle dinamiche di convivenza all'interno dei luoghi. Ma, tutti questi paroloni come si incro-ciano con i risultati ricercati da quel gruppo di persone che all'inizio dell'articolo veniva descritto intento a sradicare un pò di erba gramigna dai giardini pubblici di via Sernaglia e pi-azzale Bainsizza? Stiamo parlando dei giardini entro cui gravita un grosso movimento di con-sumo e spaccio nella zona della stazio- ne. L'angolino del giardino di via Ser-naglia, ad esempio, confinante con le mura del parcheggio dell'anagrafe e dei Vigili Urbani di via Cappuccina. In questo angolino vi è uno scalino dove in vari orari del giorno alcune persone

V i è mai capitato di vedere un gruppo di cinque, sei persone

festose inginocchiate o ricurve, intente a sradicare un po’ di erba gramigna all'interno dei giardini pubblici di via Sernaglia o piazzale Bainsizza? Chi se ne è accorto avrà interpretato nei modi più svariati quella presenza e quell’iniziativa. Perché, infatti, un gruppo di cittadini dovrebbe occuparsi di alcune aiuole, all’interno di luoghi pubblici della città con “cattiva reputazione”? Ricordate la modalità di apostrofare, come succede allo stadio con i giocatori di calcio, singoli o gruppi di persone di cui in genere non si condivide l'operato dicendo loro: “ANDATE A LAVORARE”? In un certo senso è quello che abbiamo cercato di fare! Non tanto di apostrofare, inveire o reclamare, ci riferiamo al fatto che abbiamo provato ad “ANDARE A LAVORARE”. In questo senso abbiamo provato ad andare a lavorare in alcuni dei luoghi del nostro quartiere dove sono presenti alcune forti contraddizi-oni. Le contraddizioni di maggior spicco, ricorrenti nei giardini pubblici in vici-nanza della stazione, a nostro modo di vedere sono queste: luoghi verdi di cui la maggior parte degli abitanti dei din-torni non è interessata; spazi pubblici utilizzati da chi utilizza maggiormente la strada come luogo di aggregazione, di ritrovo, di incontro; aree di sosta, di adunata, di rifocillamento; luoghi della città utilizzati da chi spaccia e con-suma sostanze stupefacenti. Non si tratta, naturalmente, di andare a dar vita ad una esperienza di servizio so-ciale, il significato dato all’iniziativa, da chi ha cominciato a smuovere quelle zolle di terra, è piuttosto quello di avviare un tentativo di frequentare in modo originale e creativo quel terri-torio per cambiarne alcuni equilibri perversi. Un’azione diretta, non in-vadente, non repressiva ma risoluta e convergente verso condotte di piccolo disturbo di quelle che potremmo de-finire delle consuetudini negative che hanno preso il sopravvento nel nostro quartiere. Abbiamo, dunque, preso in mano pale, rastrelli, abbeveratoi e sementi per avviare, in forma molto leggera e su-perficiale, ce ne rendiamo conto, una piccolissima forma di intervento che un po’ rievoca quella tanto decantata

si fermano a consumare sostanze stu-pefacenti. Uno dei tanti luoghi, all'interno delle città, in cui questo accade. Una cosa che distingue questo luogo da altri è che si trova imme-diatamente accanto ad una delle porte d'ingresso al centro civico del quar-tiere, il più utilizzato dalla popolazi-one nella Municipalità di Mestre centro. Il consumo di sostanze stupe-facenti in quel luogo si misura con la completa indifferenza e/o impotenza di chi, suo malgrado, vi passa a fianco. Si misura inoltre con la eccessiva con-fidenza dei consumatori a compiere le loro pratiche in quel luogo pubblico, proprio come fossero nell'intimità della casa propria. Su questo argomento specifico si sono verificati diversi in-contri tra abitanti e rappresentanti delle Forze dell'Ordine, da questi in-contri è emersa chiaramente la diffi-coltà ad intervenire in modo risolutivo sul sistema frammentato dello spaccio, da parte degli agenti della Polizia, dei Carabinieri e dei Vigili Urbani. Detto questo, quale può essere la fun-zione dei cittadini in questa situazi-one? Quella di perseverare a pro-testare e a richiamare alle proprie re-sponsabilità le Forze dell'Ordine? Ma queste ci hanno fatto intendere in più occasioni che stanno facendo anche più del pensabile rispetto alle loro concrete possibilità di azione. Quella di continuare a maledire la situazione e tutti i soggetti coinvolti,

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Pagina 7 Le Voci di via Piave

ni per riqualificare un’area verde mal frequentata

La nostra scelta è stata quella di non demordere rispetto all'immaginare forme di presenza nel territorio non propagandistiche (come quella delle ronde che nessuno ha mai concreta-mente pensato di attivare, in primo luogo quelli che ne facevano proclami) ma da costruire attraverso l'utilizzo di spazi, anche difficili e degradati, che ci facciano tornare a pensare che la città, pur nella sua complessità possa essere riconosciuta da chi la abita come percorribile, frequentabile, meno insicura, anche attraverso inizia-tive semplici ed un po’ eccentriche come questa degli orti. Ah, dimenticavamo. In riferimento all'angolino di via Sernaglia quello che abbiamo fatto è stato ricoprire di terra e di piante di erbe aromatiche la parte adiacente allo scalino utilizzato per i consumi, subito fuori della porta

secondaria del centro civico. Ora, naturalmente, il consumo in quel luogo non è terminato, è però stato spinto ad essere effettuato in piedi, più vicino ancora alla porta del centro civico e reso perciò più scomodo e pre-cario. In questo senso è stato ridotto. In questa situazione il sano controllo sociale è avvenuto senza scontri, non solo attraverso passaggi verbali (vi sono stati dei passaggi con il Servizio del Comune che si occupa di persone tossicodipendenti), ma attraverso atti pratici espliciti. Attraverso quella aiuola si è potuto dire: non vogliamo che questo spazio, così vicino ad un centro di aggregazione e di pensiero importante per il Quartiere, sia ab-bandonato a se stesso. Noi però non intendiamo portare avanti incondizionatamente l'esperi-enza, vorremmo che "il pretesto" delle erbe aromatiche facesse smuovere più abitanti a frequentare quegli orti e quei giardini pubblici (anche solo per prendersi il ciuffo di salvia o di prez-zemolo che servisse loro) e qualcuno a prendersene cura attivamente insieme a noi. Il gruppo di lavoro di via Piave, con la collaborazione dell’Associazione “Amico albero” ed il supporto di “Etam”, ha lanciato l’iniziativa, solo se questa vedrà qualche altra persona del quartiere dedicarvi un po’ del suo tempo e della sua competenza, come pure della sua voglia di usufruire di qualche essenza dei giardini per la propria tavola, potrà dirsi completa-mente riuscita.

Loris Trevisiol

Chi volesse dare il proprio contributo in termini di tempo, idee e strumenti contatti il numero 041.936018 o scriva a [email protected]

I cittadini al lavoro nell’orto di piante aromatiche

LA RASSEGNA

magari attribuendo unicamente ai sog-getti più deboli le responsabilità del caso, magari sostenendo che è tutta colpa degli stranieri, come se queste situazioni non vedessero un numero cospicuo di italiani seriamente coin-volti? Quella di nascondere la testa sotto la sabbia, come usa fare lo struzzo, sostenendo che se quei poveri ragazzi non facessero lì ciò che fanno lo farebbero da altre parti con eguali risultati? Ed in questo caso il ragiona-mento non fa una grinza se consideri-amo solo gli effetti sui consumatori stessi, ma, in questi termini, rischia di dare per scontato che i soggetti che gravitano intorno a queste situazioni (i passanti, gli abitanti, gli ambienti) debbano, di fronte a questo, accettare remissivamente, debbano inevitabil-mente tenere un atteggiamento unica-mente passivo.

“M onday invaders” è stata una rassegna di musica e di espressione artica di giovani talenti che si è tenuta nei giardini pubblici di via Sernaglia, tutti i lunedì sera, tra

aprile e giugno di quest’anno. Le invasioni del lunedì, che hanno visto una presenza media di una cinquantina di spettatori a serata, hanno visto alternarsi sul piccolo palco montato per l’occasione su uno dei prati del piccolo giardino di via Sernaglia e all’interno del Centro Civico (divenuto in queste circostanze sala espositiva) giovani musicisti, fotografi, artisti multimediali, writers e compagnie teatrali. Il progetto “Monday Invaders” è stato promosso dall’Assessorato alle Politiche Giovanili e Pace del Comune di Venezia in collaborazione con servizi, associazioni e singoli cittadini del territorio. Anche tale iniziativa ha permesso un utilizzo ed una frequentazione del giardino pubblico diversa da quella abituale, dando l’opportunità a chi l’ha voluta cogliere, di vivere e godersi in modo soddisfacente quel piccolo spazio verde del nostro quartiere e della nostra città.

INVASIONI del lunedì

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Pagina 8 Numero 6 - Settembre 2010

L’esperienza di “Mamme e papà

L’ idea di partecipare all’iniziativa “Mamme e papà si raccontano”, aperta a genitori italiani e stranieri, mi

è venuta dopo aver assistito allo spettacolo “Così Vicini così Lontani”, che si è tenuto al teatro Momo a fine marzo. È stato entusiasmante ascoltare e vedere queste persone, ognuna con la propria storia, che hanno condiviso struggenti canti dell’Italia meridionale, calde melodie dell’Europa orientale, ritmi africani e altro, ritrovando una comune ironia, nostalgia, sensazioni di separazione, senso di lontananza. La mescolanza etnica è nel Dna della nostra penisola e iniziative come queste ci ricordano semplicemente la nostra storia di antichissima convivenza con greci, germani, arabi, normanni e altri popoli e col nostro passato di emigranti. Sulla scia di questa esperienza sono entrata per la prima volta nel Centro Terra Madre di via Col Moschin e lì, io e il mio piccolo Diego, siamo stati accolti con calore e ci siamo immediatamente seduti sopra un grande plaid colorato, pieno di giocattoli, e ho potuto sentirmi a mio agio ricevendo una tazza di tè caldo tra le mani. Desideravo non tanto confrontarmi sui comuni problemi che i genitori hanno nel crescere i loro figli, aspetto che poi ho apprezzato molto; speravo, essen-zialmente, di incontrare quelle madri, quelle donne che quotidianamente da due anni incrocio di sfuggita quando porto o riprendo mio figlio alla materna “Que-rini”. Donne straniere. Alcune sorridono, solari, sembrano serene. Altre non rispon-deranno mai al mio sorriso o saluto. Sembrano sperdute in un mondo perso-nale di divieti. I loro figli, straordinari, parlano due lingue diverse, con naturalezza, nell’arco di un minuto. Durante questa iniziativa ho incontrato una madre di un compagno di scuola, bel-la come una principessa africana. Appar-tiene al gruppo delle mamme sorridenti. Riconosco un altro viso, ed è quello della conduttrice degli incontri, madre di una compagna di classe del mio bambino. Donne diverse sono passate, senza ritornare. Altre hanno potuto partecipare almeno a due incontri su quattro. Sono arrivati anche dei padri (italiani) e hanno portato il loro punto di vista nelle tematiche di volta in volta emerse e che le conduttrici hanno raccolto per guidarci. Quando i nostri bambini venivano portati nell’altra stanza dalle animatrici, noi

potevamo affrontare un tema su cui confrontarci, senza troppe interruzioni. I più piccoli, che avevano bisogno di restare nelle vicinanze “dell’ala” della mamma o del papà, hanno ascoltato confidenze, debolezze, paure, ironie; hanno forse visto una lacrima, una mano sulla bocca per nasconde-re parole che la timidezza avrebbe voluto trattenere. Sono bastati pochi incontri per annullare differenze geografiche e culturali tra noi. Uguali le incertezze, le differenze di vedute tra genitori nell’affrontare un problema, simili e diverse le solitudini. Sorprendenti, per la loro concretezza e semplicità, le proposte di mutuo aiuto, magari gestite dal Comune con corsi di formazione, per permettere a madri straniere di aiutare altre di loro, ad esempio quando il pediatra non è reperibile, con la propria esperienza e amicizia, vista la lontananza dal supporto del nucleo familiare di origine. Ho visto intelligenza, cuore, desiderio di miglioramento per sé e per i propri figli. Troppo pochi quattro incontri per far nascere delle amicizie, per ambire a costruire una rete di collaborazione tra genitori della zona di via Piave, privi di nonni a disposizione. Desidero tornare ancora, alla prossima edizione, sperando che questa opportunità di scambio e conoscenza trasversale alle nazionalità, possa proseguire per un tempo maggiore, almeno per due mesi.

Testimonianza di Lucia partecipante a “Mamme e papà si raccontano”

LA TESTIMONIANZA

«Troppo pochi quattro incontri Ritroviamoci ancora»

La festa di chiusura degli incontri di “Mamme e Papà si raccontano”

Il Coro VOCI DAL MONDO

sta cercando coristi di varie provenienze e si ritrova ogni martedì alle ore 20 nel Centro civico di via Sernaglia

Per informazioni chiamare il numero 041.936018

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Pagina 9 Le Voci di via Piave

si raccontano” e lo spettacolo del coro multietnico al teatro Momo

cortile, la casa. I brani interpretavano la nostalgia, i pensieri, i ricordi: lo avvertivi anche senza capire la lingua. Le due parti di genere, la maschile e la femminile, in posizioni che andavano via via cambiando, cantavano di volta in volta fronteggiandosi, un po’ come per prendersi in giro, un po’ per corteggiarsi, in un canto semplice anche in una lingua incomprensibile di cui intuivi, forse, un contenuto scherzoso, di gioco. E ti veniva voglia di seguirli nella melodia. Sono convinta che la modestia, la bravura della direzione e dei partecipanti e, soprattutto, il sentimento che anima il gruppo “Voci dal mondo” lo porterà ad una maggior affermazione e al coraggio di un maggior numero di esibizioni pubbliche. Peccato che in una zona come via Piave, così modificata dai nuovi negozi e dai nuovi abitanti, non ci sia neanche un cinese. Proviamoci! Mi piace trascrivere un brano da un libro di successo anche se riferito a un coro scolastico: “Ogni volta è un miracolo. Tutta questa gente, tutte le preoccupazioni, tutti gli odi e i desideri, tutti i turbamenti, tutto l’anno scolastico con le sue volgarità, gl i avvenimenti più o meno importanti, i prof, gli alunni così

A vevo l’immagine di “coro” come di un folto gruppo di persone, tutte in piedi, sistemate in due

o più file, con un repertorio di brani uno successivo all’altro, con una divisa di riconoscimento, con un direttore di fronte e, quasi sempre, in ordine di altezza. Nessuno di questi parametri del mio immaginario è stato rispettato” dallo spettacolo “Così VICINI così LONTANI”, la sera del 20 marzo scorso al teatro Momo. Non mi aspettavo il movimento in un coro. La scenografia leggera e naturale , l’uso del parlato, del video, la narrazione di vissuti difficili, gli spostamenti in palco e in platea hanno dato alla musica e alle canzoni il tocco del vero spettacolo. Il coro ha affrontato un programma misto dove canti italiani noti e meno noti si alternavano a nenie rumene, a canzoni bengalesi, a ritornelli ucraini e moldavi, a ritmi africani. Nella vivacità e nel gusto della scenografia era tangibile un buon affiatamento, una buona direzione nell’equilibrare le voci e visibile erano l’impegno, la serietà, l’integrazione. Emoziona ascoltare la ragazza bengalese cantare in rumeno, ti sembra che tutto in questo mondo possa diventare facile. Quando i coristi stranieri cantavano ti immaginavi di vedere il loro paese, il

diversi, tutta questa vita che ci trasciniamo fatta di grida, di lacrime, risate, lotte, rotture, speranze deluse e possibilità inaspettate: tutto questo scompare di colpo quando i coristi si mettono a cantare. Il corso della vita è sommerso dal canto, d’improvviso c’è una sensazione di fratellanza e di profonda solidarietà, persino d’amore, e le brutture quotidiane si stemperano in una comunione perfetta. Quando il coro si interrompe tutti quanti, con i volti illuminati, applaudono i coristi raggianti. E’ così bello. In fondo, mi chiedo se il vero movimento del mondo non sia proprio il canto”. (da “L’eleganza del riccio” di M. Bar-bery).

Chiara Contarini

Una storia di convivenza raccontata da un gruppo di persone unite da un meraviglioso interesse comune: il canto

“Così VICINI così LONTANI”

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Pagina 10 Numero 6 - Settembre 2010

M artedì 6 luglio 2010 si è tenuta nei giardini del Centro civico di via Sernaglia la mostra “I volti

dal Mondo di via Piave” che ha concluso l’omonimo laboratorio di fotografia per ragazzi proposto dalla Municipalità di Mestre Carpenedo tra maggio e giugno 2010. Nonostante non sia stato possibile fare la mostra in piazzetta San Francesco come stabilito, a causa delle minacce di pioggia che avrebbero compromesso l’installazione della proiezione video, una cinquantina di cittadini del quartiere sono venuti a rivedersi nelle immagini scattate dai ragazzi, gustandosi una fetta di anguria e maledicendo qualche zanzara di troppo. Il laboratorio di fotografia fa parte di una serie di proposte e attività sul territorio di Mestre centro che il Servizio Infanzia e Adolescenza della Municipalità, in partnership con il privato sociale, Nse–Ceis D.Milani, e in rete con il Gruppo di lavoro di via

Piave e i Servizi ETAM e Politiche Giovanili, ha

rivolto agli adolescenti da settembre 2009, a partire dall’evento M i x i n ’ P a r k ( 1 9

s e t t e m b r e , P a r c o Piraghetto), fino ai laboratori invernali di breakdance, make up e dj ( i n v e r n o 2 0 0 9 ) e quest’ultimo laboratorio

fotografico.

I l gruppo di lavoro di via Piave in collaborazione con il Servizio

Infanzia Adolescenza della Municipalità di Mestre Carpenedo e con l’associazione “La Semicroma” ha organizzato un Laboratorio di canto nello spazio di via Sernaglia. Dieci incontri per una decina di partecipanti per tre mesi, da febbraio a fine aprile. Un’occasione per bambine e bambini di cantare insieme. Un piccolo progetto per “tastare il terreno” e comprendere il possibile interesse da parte dei bambini e delle loro famiglie per questa forma di comunicazione e di conoscenza di sé e degli altri. Il progetto si è concluso con un piccolo saggio-assaggio, un misto di canzoni tradizionali di diversa provenienza. È stata un’occasione per conoscersi un po’ di più e per allargare le attività del gruppo di lavoro di via Piave anche sul fronte dei più piccoli. Saranno infatti loro ad abitare la via Piave di domani e imparare a cantare insieme offrirà loro una risorsa in più per concertare meglio anche le difficoltà che incontreranno quando saranno adulti. Il prossimo anno l’esperienza potrebbe continuare. E come si è detto ai genitori presenti, e a chiunque fosse interessato, a settembre il Gruppo di lavoro Via Piave organizzerà un incontro per costruire insieme un nuovo Laboratorio di canto. Per il momento viene lanciata l’idea. Sono ben accetti consigli, desideri, disponibilità e voglia di partecipare al Laboratorio. Sarebbe bello costruire insieme questo spazio per i nostri bambini, con i limiti delle risorse possibili ma con tutta l’energia che loro sanno mettere in gioco.

Scriveteci a [email protected]

La proposta fatta ai ragazzi è stata quella di provare a sperimentarsi nel raccontare, secondo il proprio punto di vista, il quartiere dove il laboratorio si svolge e dove alcuni partecipanti abitano, attraverso l’obiettivo della macchina fotografica, strumento speciale per entrare in relazione con gli altri, per vedersi, guardarsi, e conoscersi. Insieme ai ragazzi e con la guida del fotografo professionista Aldo Pavan, che già collabora con il Gruppo di via Piave, si è scelto così di andare in alcuni luoghi caratteristici del territorio, entrare in alcuni negozi e bar del quartiere e chiedere di “giocare” con noi e con la macchina fotografica. La mostra raccoglie immagini che ritraggono i ragazzi durante le sessioni di Monday Invaders, contenitore di proposte per i giovani promosso da Politiche Giovanili nel parchetto del centro civico ogni lunedì da aprile a giugno, e immagini della Cena di Quartiere tenutasi in piazzetta San Francesco l’11 giugno scorso. La Cena di quartiere è stato uno dei momenti più coinvolgenti e divertenti per il gruppo dei giovani fotografi, che

LA PROPOSTA

Laboratorio di canto in via Sernaglia

Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro via Piave

In redazione: Italo Trentin, Maria Rita Bersanetti, Tamara Pozdnyakova, Palma Gasparrini, Lidia Lopez, il nostro pellegrino Fabrizio Preo, Luisa Cazzador, Franco Nube, Marco Mura, Giorgio Boato, Roberta Zanovello, Loris Trevisiol, Angelo Sopelsa e Fulvio Fenzo.

Le Voci di

Notiziario realizzato in collaborazione con le Unità operative ETAM - Animazione di Comunità e territorio (Servizio Promozione Inclusione Sociale) e Attivazione Risorse (OPW), della Direzione Politiche Sociali, Partecipative e dell’Accoglienza. Stampa: Stamperia del Comune di Venezia

Una mostra nata dall’esperienza del laboratorio di

I volti dal mondo di

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Pagina 11 Le Voci di via Piave

desidera poter continuare l’esperienza e riproporre la mostra in nuove occasioni. Augurandoci di poter quindi trovare le risorse per proseguire questa esperienza, ringraziamo i ragazzi che hanno partecipato con impegno ed entusiasmo, oltre a tutti coloro che ci hanno aiutato nella realizzazione di questo percorso, in particolare Aldo Pavan per averci messo a disposizione la sua professionalità.

Gli educatori Cristina Spada e Gianni Branca

Il prossimo appuntamento per rivedere la mostra sarà domenica 19 settembre, all’interno di “Gaia - Fiera della città aperta” che si terrà ai giardini di via Piave.

SABATO 25 SETTEMBRE 2010 dalle ore 14.30 alle 18 ritorna

il Mercatino il Mercatino il Mercatino di Piazzetta di Piazzetta di Piazzetta S. FrancescoS. FrancescoS. Francesco

Tra via Cavallotti e via Buccari

appuntamento con il Mercatino

del Baratto per bambini e ragazzi

da zero a 13 anni

(in caso di maltempo il mercatino si svolgerà

nel Centro civico di via Sernaglia 43)

fotografia per ragazzi

via Piave

Un saluto non formale

Un saluto non formale perché esteso a un territorio che appare come un microcosmo della città di Mestre e quindi emblematico dello sviluppo del Novecento, con le sue storie di migrazioni; ieri: dai territori limitrofi, dal centro storico di Venezia, da altre regioni italiane; oggi: da altri continenti. Con la trasformazione del paesaggio urbano: da borgo rurale - e lo ricordano alcune casette nella zona del parco Piraghetto - a mo-derna città industriale come testimoniano le case dei ferrovieri, i palazzoni, ancorché brutti, intorno alla stazione, il profilo delle fabbriche che s'intravedono oltre il cavalca-via. Un saluto non formale perché rivolto a cittadine e cittadini coraggiosi che vogliono riappropriarsi del territorio, lo vogliono cambiare per starci meglio. Costruiscono pezzi di verde, delle aiuole. Cantano insieme, mangiano insieme. E se vedono un muro lo vogliono abbattere, perché i muri dividono, le cene e i canti uniscono. Come delegata alle Politiche sociali della Municipalità di Mestre Carpenedo non posso che rallegrarmi di stare con questi cittadini perché, al di là di degli stentati tentativi di insegnare la cittadinanza come materia a scuola, qui ci si misura davvero con la possibilità di diventare cittadini responsabili, ci si scontra con i conflitti tra integrazione/separatezza, legalità/illegalità. Le difficoltà ci sono, ma il cammino è iniziato: facciamo un pezzo di strada insieme.

Chiara Puppini delegata alle Politiche Sociali e Politiche Abitative

Municipalità Mestre Carpenedo

Abbattere il muro? Il problema è un altro

Buonasera, mi chiamo Leonardo, sono un trentaseienne mestrino. Vorrei esprimere la mia contrarietà all'abbattimento del muro di via Piave, mentre trovo interessante la proposta di Caldura per creare uno spazio culturale ulteriore nel quartiere. Sono contrario all’abbattimento perchè il problema non è il muro, è caso mai il mancato utilizzo degli spazi dell’ex caserma ai fini pubblici. In un mio viaggio a Berlino ho notato una ex fabbrica di birra, ottocentesca e tutta in mattoni, trasformata per contenere progetti, teatro, ristorante etc., senza bisogno di abbattere i muri che raccolgono i cortili. Si chiama Kulturlbrauerei, knaackstrasse 97. La sera è bellissimo.

Leonardo

Risponde la Redazione: Gentile Leonardo, siamo perfettamente d’accordo che la cosa più importante non è abbattere il muro, ma utilizzare gli spazi per la città. Ed è per questo motivo che abbiamo iniziato la raccolta di firme per utilizzare le ex lavanderie militari a fini culturali e sociali, come potrà vedere dalla lettera accompagnatoria delle firme e dall’articolo su questo numero. La proposta di abbattimento del muro, oltre ad essere uno slogan, è motivata dal fatto che tutti i moltissimi progetti di utilizzo dell’area, presentati nel corso degli anni, lo prevedevano ed anche per il fatto che bisogna tener conto anche della situazione urbanistica e sociale della zona in cui si opera.

LETTERE

SCRIVETE a “Le Voci di via Piave”: e-mail

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e cosa vorresti proporre per la zona di via Piave.

Per inviare lettere e opinioni scrivi a:

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Q uesto è quanto ha scritto mia figlia di otto anni e mezzo quando

le ho chiesto di aiutarmi a raccontare qualcosa sul Pedibus. In queste poche righe i protagonisti descritti sono I bambini: bambini che imparano un percorso con i loro compagni di scuola vivendo uno spazio con maggiore consapevolezza, bambini che si sentono sicuri di arrivare a scuola in tempo. È curioso come portare i figli a scuola è una delle priorità mattutine nella scaletta delle molteplici cose da fare per i genitori che devono andare a lavorare. Eppure i bambini non si sentono altrettanto “prioritari” (niente sensi di colpa mi dico io che mi dedico al massimo alla mia pargola). Sarà che in casa ho detto meraviglie del Pedibus.

Fatto sta che, evidentemente, nell’immaginario di una bambina che finisce la seconda elementare e che nella nostra famigl ia ha ogni precedenza il Pedibus è rassicurante. Passerà ad un orario ben preciso, e ci si dovrà sbrigare per essere puntuali alla fermata perchè è un proprio impegno e

non perchè si è incalzati dal ritmo dei genitori. Che dire della presenza degli anziani in quartiere? Ogni casa ha la sua nonna che incuriosita guarda oltre i vetri. Per me inoltre che per natura sono suggestionabile e incline alle ansie e che per convinzione cerco invece di superare inviando mia figlia a prendere il pane da sola lasciandola così per pochi minuti fuori dalla mia vista, il Pedibus è un ottimo strumento di transizione verso una autonomia più ampia in futuro. Da non diment icare: la mia ecologicissima bambina sottolinea che il Pedibus non inquina.

Barbara Burinato mamma della scuola “Querini”

L’autobus con i piedi

Il Pedibus è una fila di bambini che a due a due vanno a scuola. Il Pedibus segue un percorso con le fermate dove i bambini lo aspettano. Mi è piaciuto perchè sono sicura di arrivare a scuola in tempo e poi perché ad ogni casa una signora anziana apriva la finestra per guardare i bambini che passano.

Il Pedibus riprenderà regolarmente con l’inizio dell’anno scolastico 2010-2011 per gli studenti delle scuole Querini e Cesare Battisti

Per i bambini farsi trovare puntuali alla fermata del Pedibus è un impegno che li rende più autonomi