ucid letter n°3/2006

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3/2006 LETTER Un nuovo modello di sviluppo EDITORIALE Alta qualità, fattore di competitività ARTIGIANATO ITALIANO Investire sul capitale “conoscenza” MICROCREDITO Trasferire conoscenze e risorse umane UNIVERSITÀ E IMPRESA

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UCID Letter n°3/2006

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3/2006

L E T T E R

Un nuovo modello di sviluppoEDITORIALE

Alta qualità, fattore di competitivitàARTIGIANATO ITALIANO

Investire sul capitale “conoscenza”MICROCREDITO

Trasferire conoscenze e risorse umaneUNIVERSITÀ E IMPRESA

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Periodico quadrimestrale dell’UCIDUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Anno IX, 3/2006

Autorizzazione del Tribunale di Roma

N. 437/05 del 4/8/2005

L E T T E R

UCID, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti, èun’Associazione privata, nata nel 1947, che impe-gna i propri Soci alla realizzazione del Bene Comu-ne mediante comportamenti coerenti con lo spiritoevangelico e con gli indirizzi della Dottrina Socile del-la Chiesa Cattolica.Con questo impegno l’UCID pone al servizio dellacomunità civile le esperienze e le conoscenze che de-rivano ai propri Soci dalle loro attività imprendito-riali e professionali.I fondamentali princípi etici ispiratori e di riferimen-to che l’UCID ha adottato e che propone a tutti i pro-pri soci sono:• la centralità della persona, accolta e valorizza-ta nella sua globalità;• l’equilibrato utilizzo dei beni del Creato, nelpieno rispetto dell’ambiente, sia per le presenti cheper le future generazioni;• il sano e corretto esercizio dell’impresa e del-la professione come obbligo verso la società e co-me opportunità per moltiplicare i talenti ricevuti abeneficio di tutti;• la conoscenza e la diffusione del Vangelo,ap-plicando le indicazioni ideali e pratiche della Dottri-na Sociale della Chiesa;• un’efficace ed equa collaborazione fra i soggettidell’impresa, promuovendo la solidarietà e svilup-pando la sussidiarietà.Da queste linee ideali e di impegno deriva una or-ganizzazione composta, a livello nazionale, di circa4.000 soci. UCID Nazionale è articolata a livello ter-ritoriale in 16 Gruppi Regionali e 74 Sezioni Provincialie Diocesane. L’UCID Nazionale fa parte dell’UNIA-PAC,“International Christian Union of Business Exe-cutives”.

U C I D

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3/2006 • UCID Letter

3/2006UCID LETTER

ATTIVITA’

Periodico quadrimestrale dell’UCIDUnione Cristiana Imprenditori Dirigenti

Direttore ResponsabileGiovanni Locatelli

RedazioneSegreteria UCID Nazionale

Via Di Trasone 56 - 00199 RomaTel. 06 86323058 - fax 06 86399535e.mail: [email protected]

site web: www.ucid.it

Anno IX 3/2006

Autorizzazione del Tribunale di RomaN. 437/05 del 4/8/2005

Sped. in Abbon. Postale - D.L. 353/2003(conv. in l. 27/02/2004 n° 46)art. 1, comma 2, DCB Padova

Progetto grafico e impaginazioneGermano Bertin

TipografiaNuova Grafotecnica,Via L. da Vinci 835020 Casalserugo - PadovaTel.049 643195 - Fax 049 8740592site web: www.grafotecnica.it

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SOMMARIO

Parte PrimaEditoriale 5

In ricordo di Pier Giorgio Gallotti 9

Parte SecondaStudio, ricerca e operativitàdi Emilio Iaboni 10

Trasferire conoscenze e risorse umanedi Giovanni Scanagatta 16

Investire sul capitale “conoscenza”di Angelo Ferro 25

Condividere, convivere per convinceredi Angelo Ferro 29

Latitanza dello spirito imprenditorialedi Giulio De Rita 33

Ambiente, sviluppo e legalitàdi Matteo Cerruti 34

Alta qualità, fattore di competitivitàdi Marialisa Valoppi Basso e Giacomino Job 46

Riequilibrio finanziario della piccola e media impresadi Angiolo Trequattrini 49

Parte TerzaAttività Gruppi Regionali e Sezioni 58

Attività Presidenza Nazionale 74

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UN NUOVO

MODELLO

DI SVILUPPO

Il vero capitale è quello umano.È indispensabile investire nella persona umana in ogni fase della sua vita

EDITORIALEATTIVITA’

Per coniugare positivamente le enormi

possibilità offerte dal progresso scientifico

e tecnico, oggi in forteaccelerazione,

con lo sviluppo economico e sociale

è indispensabile investire

nella persona umananelle diverse fasi

della sua vita

Come abbiamo scritto in una recente comunicazione a tuttii soci, la reciproca conoscenza delle attività dei Gruppi edelle Sezioni costituisce un momento importante di cre-

scita solidale secondo i valori cristiani in cui crediamo. Due strumenti, su cui l’attuale Presidenza ha puntato fin dal-

l’inizio, sono ormai passati tre anni, sono UCID Letter/Etica perle professioni e il nuovo sito Internet dell’UCID.

In questo spirito, molti dei contributi già pubblicati su UCIDLetter sono frutto dell’impegno dei soci nelle varie tematiche deldiscernimento delle nostre azioni di tutti i giorni alla luce del Van-gelo e dei princípi della Dottrina Sociale della Chiesa. Dobbia-mo proseguire su questa strada, allargando a tutti i soci questa pos-sibilità di dialogo e di confronto.

Il presente numero di UCID Letter risponde in modo partico-lare a questo indirizzo, con la pubblicazione di quattro contribu-ti curati da soci Ucidini che operano nelle nostre diverse realtàterritoriali.

Apriamo il numero con un affettuoso ricordo di PiergiorgioGallotti, Presidente della Sezione Tiburtina dell’UCID, che ci halasciati l’estate scorsa per raggiungere la Casa del Padre. Dob-biamo raccogliere e sviluppare la sua preziosa eredità e la sua te-stimonianza di impegno professionale cristiano unito alla grandededizione per la famiglia.

Sei sono i temi di approfondimento proposti in questo ultimonumero dell’anno 2006 di UCID Letter, di cui quattro curati dainostri soci.

I primi due contributi - di Emilio Iaboni, Presidente della Se-zione UCID di Frosinone, e di Giovanni Scanagatta, nostro Se-gretario Generale - approfondiscono la relazione tra università emondo operativo delle imprese per l’avvio nel nostro Paese di unnuovo modello di sviluppo fondato sul capitale umano, il piú pre-zioso di tutti i capitali. Dall’analisi emerge che, per coniugare po-sitivamente le enormi possibilità offerte dal progresso scientifi-co e tecnico, oggi in forte accelerazione, con lo sviluppo econo-mico e sociale, è indispensabile investire nella persona umana nel-le diverse fasi della sua vita. J. Heckman, premio Nobel 2000 perl’economia, dimostra che il rendimento del capitale umano è ele-vatissimo nell’età prescolare e decresce via via passando alle suc-cessive fasi scolare, universitaria e dell’età lavorativa. Il ruolo del-la famiglia e degli altri operatori sociali che svolgono attivitàeducativa nella prima parte della vita diventa cosí di vitale im-portanza per il futuro dell’umanità, come hanno sempre indicatoil Magistero della Chiesa e gli insegnamenti della Dottrina So-ciale. Sono le guide per il discernimento dei nostri atti quotidia-ni per la creazione di uno sviluppo solidale che ha a cuore il be-ne comune.

Segue l’intervento del nostro Presidente nazionale sul tema del

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Occorre favorire i giovani laureati che intendono avviare iniziative microimprenditoriali nel campo della conoscenza, in collegamento con imprenditori Ucidinio con quanti condividono il valoredella solidarietà intergenerazionale

microcredito per la conoscenza, su cui l’UCID è impegnata in re-lazione al secondo progetto approvato dal Comitato nazionale ita-liano per il microcredito, trasformato ora in Comitato permanen-te, con il contributo del Ministero degli Affari Esteri e di un’A-genzia delle Nazioni Unite.

Il progetto mira a realizzare un certo numero di operazioni dimicrocredito e di microfinanza, a favore di giovani laureati del-l’Università della Basilicata che intendono avviare nella Regio-ne iniziative microimprenditoriali nel campo della conoscenza,in collegamento con gli imprenditori Ucidini o con altri che con-dividono con noi il valore della solidarietà intergenerazionale, se-condo il modello del senior partner.

Si tratta di un progetto profondamente inserito nella realtà ter-ritoriale, attraverso l’azione di una Onlus appositamente costituita,le Valli del Sapere, per aiutare i giovani laureati dell’Universitàdella Basilicata che hanno scelto percorsi universitari impegna-tivi con ottimi risultati, a diventare attori dello sviluppo della pro-pria Regione in settori ad elevata tecnologia. Si tratta di un espe-rimento di grande interesse, perché tenta di aprire settori nuovi almicrocredito e alla microcrofinanza, rispetto a quelli tradiziona-li del piccolo commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura. Il suoesito positivo consentirà di estendere l’esperienza ad altre Regionidel Mezzogiorno, su cui l’attuale Presidenza è particolarmente im-pegnata con l’apertura di nuove Sezioni e di nuovi Gruppi.

Abbiamo poi un approfondimento di grande attualità, curatoda Matteo Ceruti della Sezione UCID di Rovigo, sull’ambiente,lo sviluppo e la legalità. La sostenibilità ambientale sta diventandosempre piú urgente e difficile da affrontare per la sua natura tipi-camente globale nella responsabilità di coloro che non preserva-no la bellezza del creato e di coloro che invece subiscono le con-seguenze del cattivo uso dei beni della terra. In questo campo, co-me ha osservato il premio Nobel per l’economia G. Becker, piúche le leggi servono i valori etici, che abbassano i costi di appli-cazione delle normative e consentono di limitare al massimo illoro numero (eccesso di legislazione). La relazione negativa trasostenibilità economica (crescita del reddito pro capite) e soste-nibilità ambientale (inquinamento) può essere superata con il pro-gresso scientifico e tecnico, che consente di innalzare la sosteni-bilità economica senza pagarla in termini di riduzione della so-stenibilità ambientale. Si opera in questo modo per la salvaguar-dia del creato, consentendo all’uomo, fatto a sua immagine e so-miglianza, di continuare il disegno di Dio.

Il contributo di Marialisa Valoppi Basso e Giacomino Iob ri-veste particolare importanza per l’avvio nel nostro Paese di unnuovo modello di sviluppo fondato soprattutto sulla qualità del-le produzioni, puntando anche sulla valorizzazione dell’artigia-nato molto radicato nella cultura delle nostre Regioni, applican-

ATTIVITA’EDITORIALE

La sostenibilità economica e quella ambientale possono essere garantiteproprio grazie al progresso scientifico e tecnico. In tal modo si opera per la salvaguardia del creato, consentendoall’uomo, fatto a sua immagine e somiglianza,di continuare il disegno di Dio

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do ad esso nuovi modelli organizzativi. Dobbiamo puntare sull’alta qualità e sull’amore per il bello co-

me fattore di competitività e di sviluppo: il ruolo dell’artigiana-to nei nuovi contesti globali può svolgere un ruolo di notevole ri-levanza. La domanda mondiale si sta polarizzando in modo si-gnificativo sulla fascia alta, soprattutto perché i Paesi emergentiche realizzano tassi di sviluppo dell’ordine delle due cifre avran-no in prospettiva redditi pro capite tali da manifestare modelli diconsumo di alta qualità. Si stima che nel 2015 il numero delle fa-miglie cinesi con reddito di fascia alta sarà superiore a quello del-le famiglie americane. Tali tendenze appaiono ben chiare osser-vando lo spostamento della distribuzione del reddito mondiale ver-so il mondo asiatico. Tra il 1990 e il 2005 la quota del prodottointerno lordo mondiale dell’Europa è scesa dal 41 al 29%; quel-la dell’Asia è salita nello stesso periodo dal 16 a oltre il 28%. LeAmeriche salgono, nel periodo, dal 28 al 29%, mentre il Giap-pone scende dall’8 ad una quota inferiore al 7%. L’Africa mostrauna leggera risalita passando dal 5,5 al 5,8%.

Il contributo di Angiolo Quattrini della Sezione UCID di Ro-ma affronta il tema di una nuova finanza per le nostre piccole emedie imprese, indispensabile per sostenere un nuovo modello disviluppo nel nostro Paese.

Il rapporto tra banche e imprese di piccole e medie dimensio-ni è insoddisfacente e rischia un percorso molto problematico al-la luce delle nuove regole per la valutazione del merito del cre-dito secondo i metodi quantitativi del nuovo accordo di Basilea.I modelli matematici possono essere utili, ma non hanno le an-tenne necessarie per distinguere le imprese buone da quelle cat-tive. Il ruolo del banchiere rimane sempre insostituibile per va-lutare il merito del credito e occorre riscoprire la sua arte, aiuta-to dalle procedure formalizzate del nuovo accordo di Basilea cherimangono degli strumenti.

Ci soccorre qui il pensiero della Dottrina Sociale della Chiesache vede nell’uomo il centro e il protagonista del processo di svi-luppo, con il suoi valori di libertà, creatività e dignità. Il nostrosistema finanziario appare particolarmente debole nel sostegnoalla nascita di nuove imprese, soprattutto nei settori ad elevata tec-nologia, che manifestano maggiori tassi di crescita e piú elevateopportunità occupazionali di alto profilo. Il nostro è un sistemaorientato all’intermediazione e deve sviluppare un solido insie-me di operatori finanziari specializzati nel sostegno alle nuove ideeimprenditoriali, al loro sviluppo, alla loro realizzazione con pro-dotti e servizi competitivi per il mercato. Pensiamo ai businessangels, ai seed capital, agli start up e agli spin off dalle Univer-sità e dai centri di ricerca pubblici e privati, che nei sistemi orien-tati ai mercati finanziari svolgono una funzione fondamentale diuno sviluppo sempre nuovo e dinamico.

Dobbiamo puntare sull’alta qualità

e sull’amore per il bello

come fattore di competitività

e di sviluppo

EDITORIALE

ATTIVITA’

La Dottrina Sociale della Chiesa vede

nell’uomo il centro e il protagonista

del processo di sviluppo,

con i suoi valori di libertà,

creatività e dignità.La sussidiarietà

è molto importante

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Il Premio Nobel per la pace, Yunus, è convinto che il microcredito e la microfinanza, soprattutto di gruppo, costituiscono un potentemezzo per inserire nei meccanismi di sviluppo molte persone che altrimenti ne sarebbero escluse, accrescendo la coesione sociale

In questo campo riteniamo sia importante fare anche molta sus-sidiarietà, sostenendo con il microcredito e la microfinanza vali-de idee imprenditoriali, soprattutto da parte dei giovani, che al-trimenti sarebbero esclusi dai normali canali creditizi per man-canza o carenza di garanzie. Come insegna il Premio Nobel perla pace, Yunus, il microcredito e la microfinanza, soprattutto digruppo, costituiscono un potente mezzo per inserire nei mecca-nismi di sviluppo molte persone che altrimenti ne sarebbero esclu-se, accrescendo la coesione sociale.

Chiude la serie di approfondimenti tematici il contributo del Pre-sidente Ferro e quello di Giulio De Rita su Etica e profitto. Si trat-ta di una parte degli atti di un interessante Convegno che si è te-nuto a Palermo e a cui hanno partecipato i rappresentanti delGruppo Regionale UCID della Sicilia e i rappresentanti delleprincipali associazioni imprenditoriali e del mondo del lavoro.

Il profitto acquista una dimensione etica solo in società che sisviluppano, perché nelle società stazionarie rappresenta unicamenteuno strumento di mera distribuzione di ricchezza tra gli individuie i gruppi, con un gioco a somma zero. Parliamo di sviluppo enon semplicemente di crescita perché, come ci ha insegnato Gio-vanni Paolo II nell’Enciclica Sollicitudo rei socialis, lo sviluppoimplica una dimensione antropologica che la crescita tout courtnon ha, evidenziando la centralità dell’uomo con i suoi valori dilibertà, responsabilità e creatività.

Gli amici della Presidenza Nazionale

Dicembre 2006

ATTIVITA’EDITORIALE

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Anche se si era preparati alla scomparsa di Pier Giorgio Gal-lotti, è impossibile parlarne senza rimpianto e senza com-mozione. Non si può parlarne innanzitutto se non con il

cuore, perché per tantissimi remota è stata la conoscenza, tante leesperienze comuni, tanti i ricordi sia amari sia felici.

D’altra parte la testimonianza - non è davvero il caso di trac-ciare un profilo commemorativo - se fosse dettata dalla mente, ri-sulterebbe fredda, banale, scontata, quasi un “coccodrillo” pre-parato negli anni della sua malattia.

Sin dalla giovinezza Pier Giorgio ha vissuto con densità. Otti-mo studente liceale anche in campo umanistico, non ha esitato aseguire la vocazione intima ed è diventato eccellente medico pri-ma ed apprezzatissimo primario poi.

Pier Giorgio ha creduto con densità e, grazie alla fede, nelle cor-sie ospedaliere di Tivoli, di Palestrina e di Velletri non ha mai con-siderato il degente semplicemente un paziente, ma principalmenteuna persona sofferente, sia nel fisico sia nel morale, da affianca-re, da seguire, da incoraggiare magari fino all’ultimo palpito divita.

Pier Giorgio è stato marito e padre, preoccupato di vivere conpienezza, nonostante il gravoso impegno professionale, i compi-ti non semplici e non superficiali della famiglia.

Con densità si è impegnato nella vita pubblica, quale senatorenella XII legislatura, e, guidato dalla fede, ha sostenuto linee po-litiche, ha difeso ideali con serietà, maturità ed equilibrio, al ri-paro da fanatismi e da egoismi di parte.

Ancora, con densità ha guidato associazioni cattoliche, comel’Arciconfraternita del Santissimo Salvatore e Sacramento e,piú recentemente, la sezione tiburtina dell’UCID, proponendoe riproponendo con chiarezza i valori cristiani, quei valori peri quali e nei quali è vissuto, nei quali si è spento e grazie ai qua-li continua e continuerà ad essere nei nostri cuori.

UN UOMO

CHE HA VISSUTO

OGNI MOMENTO

CON “DENSITÀ”

La Sezione Tiburtina cosí ricorda il proprio Presidente Pier Giorgio Gallotti

IN RICORDOATTIVITA’

a cura di Vincenzo PacificiUCID Sezione di Tivoli

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STUDIO, RICERCA

E OPERATIVITÀ

Il benessere è assicurato da un elevato grado di conoscescenze e dalla capacità di scambi sempre piúliberi e globali

tagonisti della storia e cioè sul-l’attività dell’impresa moderna.

È una grande opportunità einsieme una grande responsa-bilità, poiché, se l’imprendito-ria nazionale, oggi protagoni-sta essenziale della vita, non fafronte alle sue responsabilità eai suoi obblighi, se si allonta-na per errori di calcolo o diazione dal compito che gli com-pete attualmente, vi è il rischiocostante del ritorno allo stata-lismo e alle forze autoritariecentralizzatrici dell’economia.

Considerando l’economia in-ternazionale, non si può non ri-conoscere che siamo in un mer-cato globale, che la tecnologiafa sí che questo sia inevitabilein un mondo dove possiamoinviare informazioni in qual-siasi parte del pianeta in pochisecondi o addirittura in frazio-ni di secondo. La tecnologiagradualmente ha abolito la di-stanza; può distruggere o eli-minare frontiere, come già av-venuto in Europa. In queste cir-costanze il mondo diventa unmercato unico: il mercato glo-bale sarà il mercato del futuro.

Ma, probabilmente, da sola latecnologia non è in grado digarantire una integrazione del-l’economia mondiale. Si puòinvece constatare che il pro-cesso di integrazione ha tre di-mensioni fondamentali: quellainerente al commercio e ai ser-vizi; quella inerente ai merca-ti del capitale e quella della mo-bilità delle persone tra Paesidiversi.

Il commercio è un formida-bile indicatore della tendenzaalla integrazione. La mobilità

All’imprenditore è chiesto di «entrareprogressivamente nel cuore di tutti alla ricerca della verità».La tecnologia da sola non è in grado di garantire una piena e vera integrazionedell’economia mondiale

ATTIVITA’UNIVERSITÀE MONDO IMPRESA

di Emilio Iaboni Presidente Ucid, Sezione Frosinone

Dal discorso del SantoPadre Benedetto XVIrivolto alla comunità

accademica della PontificiaUniversità Lateranense, nel cor-so della visita compiuta nellamattinata di sabato 21 ottobre2006, in occasione dell’aper-tura del nuovo anno degli stu-di, ho tratto degli spunti per ilmio contributo (*).

Riporto uno dei punti noda-li del predetto discorso, appar-so sull’Osservatore Romano diDomenica 22 ottobre 2006:

«È questa fatica che l’Uni-versità deve impegnarsi a com-piere; essa passa attraverso lostudio e la ricerca, in spirito dipaziente perseveranza. Questafatica, comunque, abilita a en-trare progressivamente nel cuo-re delle questioni e apre allapassione per la verità e allagioia per averla trovata».

Quanto innanzi può esserecoordinato con la creativitàUCID per lo sviluppo del crea-to di Dio e per «entrare pro-gressivamente nel cuore di tut-ti alla ricerca della verità».

Attualmente assistiamo a uncambiamento che interessa l’in-tero pianeta. Tutti ne siamo te-stimoni e molti ne sono e ne sa-ranno protagonisti. Il cambia-mento avviene nella vita eco-nomica e nel comparto delleidee, per una nuova concezionedel mondo e della vita. La so-stanza di questo cambiamento èla libertà e l’operatività, secon-do l’insegnamento della Dottri-na Sociale della Chiesa.

Oggi è il momento chiave incui l’economia nazionale puòcontare su uno dei grandi pro-

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Gli imprenditori devono avere

la capacità di cambiare

tecnologicamente e rapidamente. La formazione

deve essere libera, fondata sui valori

della civiltà occidentale e tecnicamente

organizzata

dei capitali costituisce un se-condo indice, dato il gran nu-mero di transazioni gestite conuna ingegneria finanziaria mol-to complessa. Gli spostamentidelle persone da un Paese al-l’altro, da un continente all’al-tro, sono il terzo fattore a ri-prova di questa tendenza alla in-tegrazione a livello planetario.

Tutto questo richiede accor-di di reciprocità che, in attesache si completi una vera eco-nomia globale, funzionino a li-vello regionale.

A questo punto, il problemarelativo al sistema internazio-nale richiede, oltre all’impegnotecnologico, la consapevolez-za della necessaria guida e del-la altrettanto necessaria reci-procità. In altri termini, il pro-blema è costituito dal fatto chegli Stati Uniti dominavano ilmondo con l’Europa. Oggi in-vece il mondo è fatto da Ame-rica, Europa, Cina, Asia, Rus-sia, Australia ecc. Negli ultimicinque anni l’America è cre-sciuta abbastanza, mentre l’Eu-ropa è stata ferma.

L’economia nazionale deveessere competitiva e coerentecon l’espressione nel mercatoglobale. Questa apertura deveessere orientata dagli impren-ditori verso i princípi essen-ziali della civiltà occidentale.

Gli imprenditori debbonocreare la ricchezza, ma debbo-no contribuire alla giusta di-stribuzione della ricchezza stes-sa. Un capitalismo selvaggiooggi è totalmente inaccettabile.La creazione della ricchezza inmano agli imprenditori deveavere una funzione sociale e

concorrenziale. Bisogna fare ilmassimo sforzo per evitare e su-perare le terribili disugua-glianze sociali. Perciò, l’obbli-go degli imprenditori non è sol-tanto economico, ma anche mo-rale, etico e spirituale.

In questa apertura, rappre-sentata dall’aspetto competiti-vo che ci permetterà di non per-dere la battaglia e di raggiun-gere il successo che stiamo cer-cando, non dobbiamo andarecontro lo Stato, ma metterci inarmonia e coordinamento conesso, dal momento che, comesembra, anch’esso sostiene glistessi princípi. Le ultime di-sposizioni sono in questo sen-so: privatizzazione, decentra-mento, deregolamentazione,ecc. Ecco qui di seguito i pun-ti che considero fondamentali.

Gli imprenditori si trovanodi fronte a una economia di sca-la. Ormai non si tratta piú delmercato nazionale, ma del mer-cato nella fase dell’integrazio-ne globale. Gli imprenditori de-vono avere la capacità di cam-biare tecnologicamente e rapi-damente di fronte ai cambia-menti che si manifestano. Laformazione deve essere libera,fondata sui valori della civiltàoccidentale e tecnicamente or-ganizzata. Avanzeranno solo iPaesi con un grado di istruzio-ne e di formazione appropria-to allo sviluppo economico. In-sieme a questi loro obblighi, aquesta visione del mondo eco-nomico futuro, gli imprendito-ri debbono poter avere anche lacooperazione dello Stato, perrendere possibile la competiti-vità, essenziale allo sviluppo

economico.Lo Stato deve provvedere a

una rapida deregolamentazio-ne, per facilitare efficienza elibera concorrenza. Il Gover-no deve contribuire a perfe-zionare il sistema di istruzionee di formazione: questo è unsuo obbligo, un suo compitospecifico. Un sistema scolasti-co superato è un ostacolo perun sano e forte sviluppo dellavita nazionale.

Lo Stato deve creare infra-strutture competitive: ammo-dernare le strade, le comunica-zioni, le dogane. Deve creare lecondizioni adeguate alla situa-zione e modificare i sistemi e

UNIVERSITÀE MONDO IMPRESA

ATTIVITA’

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La scienza della condotta etica è la ricerca di un equilibrio tra fine e mezzi, in funzione del raggiungimento del bene comune edel riconoscimentodei valori connessi con lo sviluppo dell’uomo (essere razionale e sociale, non solo economico)

della necessità della libertà.Il Governatore della Banca

d’Italia, Mario Draghi, ha col-to l’occasione del raduno deglistudenti della Business Schooldella Colombia University co-me riportato su Il Sole 24 Oredel 22.10.2006, per invitare go-verni e istituzioni del vecchioContinente a non avere timoredi aprirsi al nuovo. SecondoDraghi, gli Europei sono a unbivio e debbono scegliere co-sa preferiscono tra due possi-bili approcci: «Si può crescerecon la libera concorrenza, la li-bertà di movimento e l’inte-grazione dei mercati, oppure sipuò scegliere la strada del pro-tezionismo».

La scienza della condotta eti-ca è per noi Imprenditori, Di-rigenti e Professionisti Ucidi-ni, la ricerca di un equilibrio trafine e mezzi, in funzione delraggiungimento del bene co-mune e, insieme, del ricono-scimento dell’esistenza di va-lori connessi con lo sviluppodell’uomo, come essere razio-nale e sociale e non soltantocome soggetto economico.

Trattare di impresa, di eticaimprenditoriale e di scelte vuoldire, a mio avviso, trattare an-che di marketing che dell’im-presa è parte integrante e fon-damentale, per le sue funzionidi ricerca, di analisi, di propo-sizione e di metodo.

Il sempre piú frequente am-pliamento delle aree di in-fluenza delle imprese, sia intermini geografici che mer-ceologici, comporta la necessitàdi una maggiore integrazioneorganizzativa per una miglio-

re definizione programmaticadelle attività e per un piú attentocontrollo delle iniziative. Lecaratteristiche e le esigenze delmercato - inteso come mondocomplesso e dinamico - vannochiaramente percepite da unmanagement preparato e di cul-tura moderna. Ogni “insensi-bilità” diviene un fattore pe-santemente negativo nei con-fronti della necessaria efficienzadello sviluppo e, allo stessotempo, del rispetto della sem-pre piú marcata “umanizzazio-ne” del mercato.

La rapidità dei mutamenti so-ciali, economici e politici e laloro immediata ripercussionesulla realtà quotidiana coin-volgono anche la capacità direazione e di controllo delleimprese e del loro management.D’altra parte risulta sempre piúevidente che promuovere uncambiamento può significareanche dover poi gestirlo neiconfronti dell’evoluzione del-le situazioni e delle conse-guenze non sempre coerenticon le premesse, anche le piúcurate.

Il problema etico appare per-tanto sempre piú inserito nellanuova “cultura d’impresa” or-mai decisamente partecipe diuna realtà sociale spesso agitatae incoerente, ma non piú in-differente ai valori - quelli nuo-vi e quelli rinnovati - che pre-mono nelle coscienze di colo-ro cui spettano le scelte. L’uo-mo ha rincorso per anni il sod-disfacimento di bisogni sem-pre piú evoluti, subendo un ve-ro e proprio “stress da stimo-li”, nell’illusione dei nuovi idea-

le regole di lavoro.Con questo, non intendo di-

re che si vada contro i legittimiinteressi della classe operaia.Al contrario, gli imprenditorihanno un obbligo di creare unadeguato ambiente di lavoro. IlPaese non può vivere sforzan-dosi di far coesistere un’areadella sua vita nazionale pro-gressista e avanzata insieme conprofondi ritardi storici, che crea-no divisioni al suo interno.

Questo è il risultato a cui ciindirizzano le considerazioniche possiamo fare sull’anda-mento della storia, considera-zioni fondate sul riconosci-mento e sull’apprezzamento

ATTIVITA’UNIVERSITÀE MONDO IMPRESA

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Come far convivere e collaborare

una scienza del progresso tecnologico,

una scienza dello sviluppo economico e

una scienza sociale, tesa a interpretare

e a realizzare le complesse

aspirazioni dell’uomo moderno?

li quali il benessere totale, ilprestigio, la sicurezza e il po-tere.

L’impresa etica può appari-re utopistica e contraddittorianel difficile compromesso frateoria e prassi e nella sua rea-le capacità di adeguarsi allenuove istanze e alle nuove li-nee di pensiero, sorte anche do-po la caduta di molte illusionirelative all’importanza esi-stenziale delle mete puramen-te materialistiche. Max Weberasseriva che «gli interessi ma-teriali, e non le idee, domina-no immediatamente l’agire de-gli uomini».

Saranno quindi necessarienuove idee e nuove proposte eanche una nuova definizionedella società e del collegamentofra economia (potere finanzia-rio), cultura (potere intellet-tuale), progresso (potere tec-nologico), religione (potere spi-rituale) e politica (potere in ge-nerale, con una spiccata ten-denza “prevaricatoria” sugli al-tri).

Le considerazioni qui espres-se, abbinando etica, marketinge management, sono la conse-guenza di una lunga esperien-za aziendale in posizioni di cre-scente responsabilità e, quindi,di crescente coinvolgimento indecisioni di tipo economico, or-ganizzativo ed operativo.

Piú volte si sono create si-tuazioni di conflitto fra le esi-genze evolutive legate al busi-ness e le possibili distorsioni alivello di scelte concettuali, dimete e di azioni non sempre inlinea con l’etica.

Viene, pertanto, spontaneo

chiedersi se l’etica sia compa-tibile con il business, con il suc-cesso e lo sviluppo - sia perso-nale che aziendale - e con i pia-ni economici volti spesso a su-perare involuzioni di mercatoe crisi che mettono in pericolola sopravvivenza stessa del-l’impresa.

Infatti, ogni recessione eco-nomica porta con sè un rallen-tamento nel progresso socialee un rievidenziarsi delle istan-ze di base. Come far convive-re e collaborare una scienza delprogresso tecnologico, unascienza dello sviluppo econo-mico e una scienza sociale, te-sa a interpretare e realizzare lecomplesse aspirazioni dell’uo-mo moderno?

Dal punto di vista del marke-ting, il mutamento della di-mensione dell’individuo piúevoluto in termini di libertà ecultura e affrancato dai biso-gni piú cogenti comporta undiverso approccio strategico aifenomeni di mercato e la crea-zione di un nuovo modello in-terpretativo. Sono cambiate ledinamiche comportamentaliverso scelte piú emozionali e ra-gionate a seguito di una mag-giore capacità individuale dicreare idee e soluzioni versouno stile di vita piú soggettivoe indipendente.

Si sono di conseguenza am-pliate le motivazioni che stan-no all’origine delle scelte, co-me si sono confusi i modelliindicativi delle esigenze dei di-versi ceti sociali: da una strati-ficazione verticale a una mi-scellanea orizzontale ideal-mente piú corretta, ma da rite-

nere probabilmente solo tran-sitoria.

ETICA E SVILUPPO ECONOMICO

Si dovrà riproporre il pro-blema etico nella nostra societànon come esercizio intellettua-le e dialettico, ma come sensi-bilizzazione vera e costruttiva,verso soluzioni piú vicine allarealtà attuale e piú equilibratecon i bisogni piú evoluti del-l’uomo-individuo, nella sua li-bera volontà di essere arteficeegli stesso della propria evolu-zione nel contesto di una societànon protettiva, ma civile e or-ganizzata.

Alla base sta il convinci-

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Libertà e progresso sono veri se sono fondati sul corretto rapporto che l’uomo ha con sé stesso in quanto individuo e con i suoi similiin quanto società

le fatta di scrupoli eccessivi, diremore e di timori improponi-bili praticamente in una realtàsocioeconomica regolata daleggi evolutive ben precise.Non ha senso demonizzare ilprofitto - senza il quale non cisarebbe impresa - e frenare ilprogresso tecnologico - senzail quale non ci sarebbe svilup-po - o ridurre la scienza a un pu-ro esercizio intellettuale.

Certamente le posizioni eti-che dell’impresa, dei suoi com-ponenti e della società sono an-cora confuse e contrastanti;identificarle e definirle per in-serirle in una visione critica epropositiva può rappresentarela soluzione al problema moraledella convivenza creativa.

L’impresa, come organismoeconomico vitale, ha avuto unruolo pratico nello sviluppo del-la società e un ruolo meno evi-dente ma altrettanto importan-te nel conservare in determi-nati periodi storici, alcune ca-ratteristiche positive propriedelle organizzazioni.

Per alcuni anni i valori del-l’impresa si sono spesso sosti-tuiti a quelli incerti di una so-cietà che ha subito e non ha sa-puto adeguarsi ai rapidi e di-sordinati mutamenti e che è ap-parsa piú interessata ai valorimateriali che a quelli morali.

Le imprese hanno general-mente mantenuto attivi (certoanche preoccupate della pro-pria sopravvivenza) i concettidi ordine, di organizzazione, dipreparazione, di efficienza, dirazionalizzazione degli sforzicomuni e di responsabilizza-zione, troppo spesso assenti nel

sistema Stato.L’impresa, vista come sim-

bolo delle attività dell’uomo,può rappresentare, nella suapluralità di compiti e di fun-zioni, un privilegiato “puntodi’incontro” anche per lo svi-luppo dei grandi temi sociali.

La stessa evoluzione tecno-logica e culturale vissuta quo-tidianamente nell’ambiente dilavoro, può stimolare la parte-cipazione e influenzare gli at-teggiamenti anche nei confrontidi una piú universale culturaetica.

In questo scenario, quale puòessere il realistico ruolo del-l’imprenditore? Cerchiamo diinquadrarlo nell’ottica delmarketing, dopo aver suggeri-to l’analogia della “funzionecomportamentale” fra questamoderna disciplina aziendalee l’etica:

- l’etica “pilota” il correttocomportamento dell’uomo ver-so il controllo delle idee e del-le azioni;

- il marketing “pilota” il cor-retto comportamento dell’im-presa verso il controllo dellerisorse (uomini - mezzi - fi-nanza);

- l’impresa guida le attivitàverso la corretta valutazionedel rapporto fra mercato, pro-fitto e dignità di chi lavora.

Il contributo del lavoratore -inteso come partecipazione at-tiva a una maggiore qualifica-zione del lavoro - diviene unacomponente importante dellacompetitività in termini di qua-lità, riduzione del rischio, adat-tamento cosciente al progressotecnologico.

mento che non possa esistere unvero e duraturo sviluppo eco-nomico se non è appoggiato daun parallelo sviluppo delle co-scienze; ciò comporta quindiun maggiore coinvolgimentodella mentalità imprenditoria-le nella verifica delle decisio-ni, in un’ottica di valori me-glio definiti e universalmentevalidi.

Libertà e progresso sono ve-ri se sono fondati sul correttorapporto che l’uomo ha con séstesso in quanto individuo e coni suoi simili in quanto società.

È opportuno, a questo pun-to, non cadere nella teorizza-zione dell’etica imprenditoria-

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L’impresa, nell’adeguare

le proprie strategie di mercato e

la propria azione di comunicazione,

dovrebbe soddisfarequattro requisiti

principali: efficienza, efficacia, emotività

ed etica

MEZZI DI COMUNICAZIONE

Assistiamo quotidianamen-te a una massiccia offensiva deimezzi di comunicazione, conconseguente sovraccarico diinformazioni. L’evoluzione tec-nologica ha radicalmente mo-dificato il rapporto temporaleesistente fra l’origine della no-tizia, la sua trasmissione el’informazione a livello di mas-sa.

La mente umana si difendedalle eccessive sollecitazioniselezionando, a livello incon-scio, le informazioni sulla ba-se del gradimento istintivo e ri-fiutando la memorizzazione de-gli impulsi ritenuti sgraditi oinutili.

Il cervello incamera nozionied elabora concetti ed espe-rienze modificando di volta involta il processo selettivo e me-morizzante; la scelta, per lo piúistintiva, deriva da una serie difattori psicologici e caratteria-li piú o meno sensibili a sti-moli miranti a suscitare piúemotività che ragionamento.

Bisogna anche considerareche sorgono fenomeni sociali eculturali che assumono la va-lenza di “stili di vita” e che in-fluenzano sia il comportamen-to che le scelte, inducendo an-che modificazioni di strategiaalle imprese.

Tutto ciò porta con sé la ne-cessità di nuove e piú raffina-te metodologie interpretative,essendosi modificati anchemolti dei modelli di riferimen-to morale e comportamentale alivello sia del singolo, sia delgruppo inteso come espressio-ne politica e ideologica. Di

conseguenza, l’impresa devetener conto del fenomeno e ade-guare le sue strategie di mer-cato.

La comunicazione, per ri-spondere alle esigenze im-prenditoriali come a quelle so-ciali, dovrebbe soddisfare quat-tro requisiti principali:

- efficienza: abilità, chiarez-za, rapidità e completezza nelproporre idee e soluzioni;

- efficacia: capacità di otte-nere risultati superando ognitipo di interferenza;

- emotività: capacità di pro-porre motivazioni profonde ereazioni durature;

- etica: capacità di dimo-strare la correttezza e la validitàdelle soluzioni e la considera-zione del consumatore/utente.

CONCLUSIONI

Nella ricca società occiden-tale, abbiamo smarrito la pre-senza del nostro prossimo po-vero. Un prossimo che può es-sere identificato meglio fuoridai nostri confini, nei popoliche soffrono la povertà e ven-gono esclusi dallo sviluppo. Lenazioni piú forti hanno, per que-sto motivo, l’obbligo morale divenire incontro a quelle piú de-boli. Ma in che modo?

L’intervento puramente as-sistenzialistico non crea be-nessere; anzi, finisce per de-primere le potenzialità umanedei popoli sottosviluppati.

Sono le forme di collabora-zione a livello tecnico ed eco-nomico tra l’Occidente e i Pae-si del Terzo Mondo a impri-mere un meccanismo di svi-luppo autonomo, integrato con

il circuito mondiale e ispiratoal principio di solidarietà.

«Occorre il coraggio illumi-nato, non cieco: illuminato diluce divina e di luce terrena.La luce divina è la Fede, quel-la terrena è la Scienza» (cfr.Antonino Zichichi, Tra fede escienza: da Giovanni Paolo IIa Benedetto XVI, Il Saggiato-re, Milano 2005).

Soltanto cosí verranno gettatele fondamenta della giustiziasociale e la vittoria sulle soffe-renze dei popoli non sarà piúuna tenue speranza.

(*) Intervento all’inaugurazione del-l’anno sociale 2007 (24 novembre 2006).

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TRASFERIRE

CONOSCENZE

E RISORSE UMANE

Università e imprese sono chiamate a tradurre le idee in nuovi beni,servizi e sviluppo

Il tema scelto dal Presiden-te Iaboni per l’inaugura-zione del nuovo anno so-

ciale riveste un grande signifi-cato per i valori cristiani cheguidano la nostra azione e le no-stre opere di imprenditori, di-rigenti e professionisti (*).

Parliamo dell’Università edel mondo operativo delle im-prese e, in generale, del ruolostrategico svolto dalla forma-zione del capitale umano per losviluppo economico, sociale edumano dei popoli. Questo ruo-lo è fortemente sottolineato nel-la Dottrina Sociale della Chie-sa, ora disponibile nell’utilis-simo Compendio del Pontifi-cio Consiglio della Giustizia edella Pace.

Sviluppo economico e pro-gresso scientifico e tecnico so-no intimamente collegati nelleeconomie dinamiche, nello sce-nario della globalizzazione edella crescente concorrenza chestiamo vivendo. In questa vi-sione, assumono un’importan-za decisiva gli investimenti incapitale umano e quindi i si-stemi di istruzione e di forma-zione ai diversi livelli, soprat-tutto quelli piú elevati comel’Università.

Su tale tema dei rapporti trasistema di istruzione e di for-mazione e sviluppo economi-co, è importante ricordare ilpensiero di un nostro grandeeconomista della prima metàdel Novecento, Marco Fanno.Ecco il suo pensiero: «Il ri-sparmio si tramuta in capitale,oltre che mediante la produ-zione o trasformazione di benimateriali, mediante l’educa-

zione e l’istruzione delle gio-vani generazioni. Le spese chesi sostengono per l’educazionefisica, intellettuale, spiritualedei propri figli, piú che spesevere e proprie, rappresentano ri-sparmio volontario destinato atrasformarsi in capitale cioè adaumentare o migliorare quellaparticolare categoria di capita-li che è il capitale personale»(1).

Sullo stesso tema, appareestremamente stimolante l’a-nalisi del Cardinale GiuseppeSiri, per tanti anni ConsulenteEcclesiastico Nazionale del-l’UCID. Queste sono le sue pa-role: «L’evoluzione tecnologi-ca stimola una riorganizzazio-ne vieppiú radicale del sistemacon cui educare e preparare al-l’attività lavorativa. Impegnapertanto nuovi concetti di po-litica della scuola e una scuo-la estremamente flessibile e ob-bediente alle piú svariate e con-crete esigenze del lavoro. Nonbasta. Quell’evoluzione impo-ne ben altro: la necessità di edu-care a servirsi ordinatamentedella maggiore libertà dalla fa-tica. Una maggiore redenzionedell’uomo dai suoi materialiimpegni, cosa che scopre unpiú vasto campo all’impegnomorale, una piú profonda ra-gione di importanza all’educa-zione spirituale dell’uomo.Quello di cui siamo spettatoridocumenta la crescente princi-palità delle cose spirituali nelmondo e la necessità di ricer-care in quelle di vero equili-brio» (2).

Gli fa eco il Compendio del-la Dottrina Sociale della Chie-

Sviluppo economico e progresso scientifico e tecnico sono intimamente collegatinelle economie dinamiche, nello scenario della globalizzazione e della crescente concorrenza che stiamo vivendo

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di Giovanni Scanagatta Segretario Generale Ucid

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La sempre piú diffusa necessità di cambiare

varie volte impiego, nell’arco della vita,

impone al sistema educativo di favorire

la disponibilità delle persone

a un aggiornamento e a una riqualificazione

permanenti

sa dove al n. 290 si legge: «Ilsistema di istruzione e di edu-cazione non deve trascurare laformazione umana e tecnica,necessaria per svolgere con pro-fitto le mansioni richieste. Lasempre piú diffusa necessità dicambiare varie volte impiego,nell’arco della vita, impone alsistema educativo di favorirela disponibilità delle persone aun aggiornamento e a una ri-qualificazione permanenti. Igiovani devono apprendere adagire autonomamente, diven-tare capaci di assumersi re-sponsabilmente il compito diaffrontare con competenze ade-guate i rischi legati a un con-testo economico mobile e spes-so imprevedibile nei suoi sce-nari evolutivi» (3).

E ancora il punto 376 delCompendio che cosí recita: «Difronte all’incedere rapido delprogresso tecnico-economicoe alla mutevolezza, altrettantorapida, dei processi di produ-zione e di consumo, il Magi-stero avverte l’esigenza di pro-porre una grande opera educa-tiva e culturale» (4).

IL VERO CAPITALE

Sul finire del Ventesimo se-colo, la parte sviluppata delmondo è entrata in un’era diforte accelerazione del pro-gresso scientifico e tecnico. Learee principali di tale progres-so riguardano le tecnologie del-l’informazione e della comu-nicazione (la rivoluzione digi-tale), le biotecnologie, le na-notecnologie, i nuovi materia-li. Stiamo assistendo a una cre-scente integrazione e conver-

genza tra queste aree e assiste-remo in futuro ad un’accelera-zione del fenomeno.

In questo modo il progressoscientifico e tecnico è diventa-to il principale motore dellosviluppo economico, attraver-so spettacolari aumenti dellaproduttività rispetto a quellidella popolazione. Il mondodell’Università e della ricercain stretta relazione con quellooperativo ha consentito dellevere e proprie rivoluzioni.

I dati sullo sviluppo secola-re mondiale della popolazionee della produttività nei primidue millenni dell’era cristianaparlano da soli.

Nei primi diciotto secoli del-l’era cristiana, la popolazioneè cresciuta in media dell’8%ogni 100 anni. La produttivitàdel 2,3%. Negli ultimi due se-coli, la popolazione mondialeè cresciuta in media del 144,9%ogni 100 anni e la produttivitàdel 266,7% (5).

Per coniugare positivamen-te progresso scientifico e tec-nico e sviluppo economico, oc-corre investire in capitale uma-no.

Arriviamo pertanto ad unanuova teoria dello sviluppo nelsenso di Romer (6), con unavisione endogena della cresci-ta e un ruolo cruciale delle spe-se dell’istruzione come inve-stimento.

Sulla natura delle spese del-l’istruzione come investimen-to fin dagli economisti classi-ci, si possono vedere J.S. Mill(7) e successivamente A. Mar-shall (8). Marshall cosí si espri-me: «Il piú prezioso di tutti i ca-

pitali è quello negli esseri uma-ni». È ancora il nostro MarcoFanno, citato all’inizio, che neisuoi Princípi di scienza eco-nomica del 1951 fornisce unaspiegazione molto incisiva del-l’investimento per l’istruzione,compresa quella spirituale.Un’analisi stimolante dell’i-struzione come capitale si tro-va in Antonio Marzano (9) inun lavoro del 1961. Sugli svi-luppi piú recenti, riguardanti ilruolo del capitale umano e delprogresso tecnico come fatto-ri fondamentali dello sviluppo,possiamo fare riferimento aicontributi di Romer.

Secondo Romer, alla base del

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«… la solidità del nucleo familiare è una risorsa determinante della convivenza sociale, perciò la comunità civilenon può restare indifferente di fronte alle tendenze disgregatrici che minano alla base i suoi stessi pilastri …»

duzione non decresca. Il mo-dello di Romer indica che unraddoppio degli addetti alle at-tività di ricerca e sviluppo as-sicura un raddoppio del tasso dicrescita.

Un aspetto interessante delcapitale umano riguarda il ren-dimento dell’investimento nel-le persone nelle diverse fasidella vita. Il premio Nobel 2000per l’Economia, James Heck-man, mostra nelle sue analisiche il rendimento maggiore del-l’investimento in capitale uma-no si ha nel periodo prescola-re. Rimane alto ma decrescenel periodo scolare e scendeancora nel periodo dell’Uni-versità. Il rendimento piú bas-so si ha nella formazione e spe-cializzazione relativa al perio-do dell’attività lavorativa. Nediscende l’importanza fonda-mentale per la formazione delcapitale umano della famigliae delle altre istituzioni che la af-fiancano nei primi anni della vi-ta della persona.

Il Professor Heckman espri-me nel contempo preoccupa-zione per il processo di disgre-gazione a cui è soggetta questafondamentale istituzione basi-lare della società. Egli ci ri-corda che negli anni Quarantadel secolo scorso i figli nati aldi fuori del matrimonio rap-presentavano appena il 2-3%del totale, mentre oggi si è su-perarata la preoccupante sogliadi un terzo. L’ambiente fami-liare incontra quindi sempremaggiori difficoltà nell’offrireil luogo adatto alla crescita mo-rale e intellettuale delle perso-ne nei primi anni di vita.

Ne deriva quindi la necessitàdi sviluppare una politica estre-mamente attenta alla famiglia,destinando ad essa risorse emezzi in linea con il rendimentodell’investimento in capitaleumano. Le politiche per la for-mazione e i sistemi di istruzio-ne, soprattutto ora che siamoentrati nella società della co-noscenza, necessitano quindidi un cambiamento di rotta,riallocando gli investimenti nel-le diverse fasi della formazio-ne: prescolare, scolare, univer-sitaria, periodo lavorativo.

Il ruolo fondamentale dellafamiglia come nucleo fondan-te della società basato sul ma-trimonio, è sempre stato soste-nuto dal magistero ecclesialee, in particolare, dalla DottrinaSociale della Chiesa ora di-sponibile nel Compendio delPontificio Consiglio della Giu-stizia e della Pace.

Il Compendio dedica un in-tero capitolo, il quinto, alla fa-miglia come cellula vitale del-la società. Si parla della fami-glia come prima società natu-rale per la crescita integrale del-la persona, e del matrimoniocome fondamento della fami-glia. Nel punto 229 del Com-pendio si legge che «la soliditàdel nucleo familiare è una ri-sorsa determinante della con-vivenza sociale; perciò la co-munità civile non può restare in-differente di fronte alle ten-denze disgregatrici che mina-no alla base i suoi stessi pila-stri». E ancora che «la fami-glia costituisce piú ancora diun mero nucleo giuridico, so-ciale ed economico, una co-

progresso scientifico e tecnicotroviamo la conoscenza che nonsoffre del problema dei rendi-menti di scala decrescenti.

Ma la conoscenza costa, in re-lazione all’allocazione dellepersone per produrre idee e perprodurre beni presenti. L’ac-cumulazione di conoscenza del-l’impresa dipende dall’investi-mento in ricerca e sviluppo,che corrisponde al volume del-le risorse non destinate alla pro-duzione, e dallo stock di cono-scenza accumulata in passato.

Le esternalità positive con-nesse al funzionamento di talemodello garantiscono che laproduttività dei fattori della pro-

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Emerge l’importanzadelle istituzioni

e delle iniziative che aiutano la famiglia

a sostenere questo fondamentale

compito di formazione della persona umana nei primi anni di vita in cui è piú fruttuoso

l’investimento, in vero spirito

di sussidiarietà e non di supplenza

munità di amore e di solida-rietà, che è in modo unico adat-ta ad insegnare e trasmetterevalori culturali, etici, sociali,spirituali e religiosi, essenzia-li per lo sviluppo e il benesse-re dei propri membri e dellasocietà».

In questa visione emerge an-che l’importanza delle istitu-zioni e delle iniziative che aiu-tano la famiglia a sostenere que-sto fondamentale compito diformazione della persona uma-na nei primi anni di vita in cuiè piú fruttuoso l’investimento,in vero spirito di sussidiarietàe non di supplenza.

INVESTIRE IN “FORMAZIONE”

La conoscenza avanzata sisviluppa per eccellenza nelleUniversità, nei centri di ricer-ca pubblici e privati e nelle im-prese. Il trasferimento della co-noscenza dalle Università e daicentri di ricerca al mondo ope-rativo diventa pertanto un mo-mento strategico, per tradurrele idee in nuovi beni e servizi,accrescendo lo sviluppo eco-nomico e sociale.

Il mondo dell’istruzione edella formazione sta affron-tando una vera e propria rivo-luzione, grazie alle possibilitàofferte dalle tecnologie del-l’informazione e della comu-nicazione (internet). Il proces-so è molto piú avanzato negliStati Uniti che in Europa, mal’insegnamento a distanza (di-stance learning) crescerà neiprossimi anni a ritmi piú elevatinel vecchio continente.

L’investimento in formazio-ne, con il sostegno delle possi-

bilità offerte dalle nuove tec-nologie, deve crescere in Eu-ropa e soprattutto in Italia, perpoter coniugare in modo posi-tivo le possibilità offerte dalprogresso scientifico e tecnicocon lo sviluppo economico, so-ciale e umano.

I dati sugli investimenti intecnologie dell’informazione edella comunicazione ci devonofar riflettere. L’Italia continuaa occupare una posizione di re-troguardia in Europa. I dati Ei-to indicano per il 2005 una spe-sa pari al 5,3% del prodotto in-terno lordo, e la parte prepon-derante riguarda la spesa in te-lecomunicazioni (3,4%).

La media Europea (EU 15)della spesa in tecnologie del-l’informazione e della comu-nicazione come percentuale delprodotto interno lordo è pari al6,4%. I Paesi nordici sono quel-li che investono maggiormen-te in tecnologie dell’informa-zione e della comunicazione,con la Svezia che si collocaall’8,6%. Molto interessanti ri-sultano i dati relativi ad alcuniPaesi dell’est europeo: nel 2005l’Estonia ha investito in tecno-logie dell’informazione e del-la comunicazione il 9,7% delprodotto interno lordo; l’8,2%l’Ungheria, il 9,6% la Letto-nia.

La visione dello sviluppo se-condo i princípi della DottrinaSociale della Chiesa deve esserevolta alla costruzione del benecomune, grazie al valore dellasolidarietà. Lo sviluppo diven-ta in questo modo il nuovo pa-radigma della pace, secondogli insegnamenti della Lettera

enciclica del 1967 di Paolo VI,Populorum Progressio. Nel2007 si celebrerà il quarante-simo di questa enciclica che haanticipato in modo profetico lagrande sfida della globalizza-zione.

È la terza sfida a cui si tro-va di fronte l’umanità all’ini-zio del Terzo Millennio, comeindica il Compendio della Dot-trina Sociale della Chiesa. Silegge nel Compendio che laglobalizzazione «ha un signi-ficato piú largo e piú profon-do di quello semplicementeeconomico, poiché nella storiasi è aperta una nuova epoca,che riguarda il destino dell’u-

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Un punto delicato del rapporto tra università e mondo operativo dell’impresariguarda il ruolo delle banche e delle istituzioni finanziarie nel sostenere questa fondamentale sinergia per la crescita e lo sviluppo

ropeo e, in particolare, quelloitaliano, orientati all’interme-diazione, rispetto ai sistemi an-glosassoni orientati ai mercatifinanziari, soffrono di notevo-li debolezze in questo campo.

I sistemi finanziari anglo-sassoni sono dotati di una se-rie di strumenti e di operatorimolto efficaci per il sostegnodelle nuove imprese, dalla na-scita dell’idea imprenditoriale,al suo sviluppo, alla costitu-zione, all’avvio dell’impresa ealla sua crescita dimensionale.Esistono figure di operatori spe-cializzati come business an-gels, seed capital, start up, ven-ture capital che costituisconoil segreto del dinamismo im-prenditoriale di quelle econo-mie. Pensiamo ancora alle ope-razioni di spin-off dalle Uni-versità e dai centri di ricercapubblici e privati, che sono im-portanti per la creazione di nuo-ve imprese e per portare sulmercato i risultati di innova-zioni tecnologiche nate in àm-bito universitario.

Tutto questo in Europa, e inparticolare in Italia, esiste inmodo largamente insufficien-te, pur in presenza di significa-tivi interventi di politica indu-striale, come quelli del sostegnoal capitale di rischio delle im-prese di nuova o recente costi-tuzione nei settori a piú eleva-ta tecnologia. Un discorso ana-logo vale per gli incentivi aglispin-off che costituiscono unindicatore importante del pro-ficuo rapporto tra Università emondo delle imprese, in una vi-sione dell’economia dinamica.Il nostro Paese ha attuato degli

interventi agevolativi in questocampo. Il nuovo accordo di Ba-silea (Basilea 2) sui requisitipatrimoniali minimi delle ban-che per l’erogazione del credi-to in base alla valutazione quan-titativa dei rischi di mercato, dicredito e operativi con il meto-do del rating, non migliora la si-tuazione per l’Europa e soprat-tutto per l’Italia.

Le probabilità di default ven-gono infatti calcolate sulla ba-se di indicatori finanziari rica-vati dai bilanci delle imprese,spiazzando totalmente le nuo-ve imprese che non hanno néstoria né bilanci. Le nuove im-prese presentano oggettiva-mente maggiori rischi e avrem-mo bisogno di strumenti fi-nanziari e di operatori adatti afronteggiarli, ma sono da noilargamente insufficienti.

Risultano fortemente svan-taggiate anche le piccole im-prese esistenti, a causa del lo-ro basso livello di capitalizza-zione rispetto alle piccole im-prese europee e all’elevato gra-do di indebitamento (leva fi-nanziaria). Ciò accresce gli in-dici di rischio e quindi la pro-babilità di default, con conse-guenze negative in termini di ra-zionamento del credito per lepiccole imprese italiane che co-stituiscono, assieme alle im-prese di media dimensione,l’ossatura del nostro sistemaproduttivo. Diventano per que-sto cruciali, con l’avvento del-le nuove regole di Basilea 2, unaincisiva politica delle garanziee l’impiego della leva fiscaleper favorire la diffusione delcapitale di rischio. Anche il mi-

manità» (cfr. p. 8).

INCENTIVI ECONOMICI E FISCALI

Un punto delicato del rap-porto tra università e mondooperativo dell’impresa riguar-da il ruolo delle banche e del-le istituzioni finanziarie nel so-stenere questa fondamentale si-nergia per la crescita e lo svi-luppo. Si tratta del sostegno al-la nascita e allo sviluppo dinuove imprese, soprattutto neisettori a piú elevata tecnologiache offrono maggiori possibi-lità di crescita con l’impiegodi capitale umano formato aipiú alti livelli.

Come è noto, il sistema eu-

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Il microcredito e la microfinanza si stanno aprendo

a settori nuovi rispetto a quelli

tradizionali del piccolo commercio,

dell’artigianato, dell’agricoltura

e cosí via. Si tratta del microcredito

per la conoscenza

crocredito e la microfinanza,che consentono l’accesso allerisorse finanziarie da parte dipersone e di microimprese, esi-stenti o di nuova costituzione,che sono escluse dai tradizio-nali canali bancari per man-canza o insufficienza di garan-zie, sono importanti strumentiper il sostegno di un nuovo svi-luppo.

Il microcredito e la microfi-nanza si stanno aprendo a set-tori nuovi rispetto a quelli tra-dizionali del piccolo commer-cio, dell’artigianato, dell’agri-coltura e cosí via. Si tratta delmicrocredito per la conoscen-za, con il sostegno di iniziati-ve di microimprenditorialitàavviate da giovani laureati insettori ad elevata tecnologia.

È un progetto che sta por-tando avanti l’UCID naziona-le, con riferimento ai laureatidell’Università della Basilica-ta che intendono iniziare un’at-tività di lavoro autonomo, sin-golarmente o in gruppo, ac-compagnati da un senior part-ner individuato tra gli impren-ditori della nostra associazione.

Questo progetto di micro-credito per la conoscenza be-neficia del contributo del Co-mitato nazionale italiano per ilmicrocredito attraverso il Mi-nistero degli Affari Esteri e diun’Agenzia delle Nazioni Uni-te. Un analogo contributo haottenuto il progetto, già realiz-zato dall’UCID e presentatonel mese di giugno del 2006,sull’analisi generale delle ori-gini e delle prospettive del mi-crocredito tra solidarietà e sus-sidiarietà.

Per far sí che il nostro siste-ma bancario diventi un volanofondamentale di una nuova sta-gione di sviluppo, appare ne-cessario porre mano, sia puregradualmente, al testo unicobancario entrato in vigore nel1994. Il suo intendimento eraquello di agire in modo effica-ce nei tre campi collegati delcredito, della consulenza e delcapitale di rischio per le im-prese, soprattutto di piccole emedie dimensioni. Queste dueultime aree sono rimaste lar-gamente disattese.

L’attuale Governatore dellaBanca d’Italia, nella sua primarelazione, ha dato degli impor-tanti segnali di cambiamento nelcampo delle regole per le ban-che nella sottoscrizione di ca-pitale di rischio delle impresenon finanziarie. La strada indi-cata è positiva, ma ci rendiamoconto che occorre accelerare ilpasso. Ecco le sue parole con-tenute nelle Considerazioni fi-nali del 31 maggio 2006: «Sem-pre con l’obiettivo di orientarela finanza alla ripresa della cre-scita dell’economia, è intenzio-ne della Banca d’Italia propor-re al Comitato interministeria-le per il credito e il risparmio unarevisione della disciplina dellepartecipazioni di banche nelleimprese non finanziarie. La re-golamentazione verrebbe alli-neata a quella comunitaria, su-perando i vincoli ora stringentie prevedendo altresí rigorosipresidi in materia di governan-ce per assicurare la stabilità de-gli intermediari nonché una ge-stione trasparente e corretta deiconflitti di interesse».

INNOVAZIONE E COMPETITIVITÀ

Per rendere esteso ed effica-ce il rapporto tra Università emondo operativo, al fine di av-viare nel nostro Paese una nuo-va stagione di sviluppo, si ri-tiene importante puntare suiservizi innovativi alle impreseche mostrano una significativavitalità, soprattutto nella pic-cola e media dimensione.

Si tratta soprattutto di im-prese che operano nei settoridella consulenza e delle tecno-logie dell’informazione e del-la comunicazione.

A questo riguardo, risulta il-luminante sul piano dei dati il

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Il settore dei servizi innovativi alle imprese si allarga sotto la spinta di una vivace demografia che vede la nascita di molte piccole imprese che possono poi diventare grandi, sostenute da robusti mercati finanziari

della comunicazione sul fattu-rato, le spese per l’innovazio-ne sul fatturato, le spese in ri-cerca e sviluppo sul fatturato,gli investimenti in impianti sulfatturato. Tali indicatori mo-strano, in generale, pesi relati-vi nelle imprese di servizi su-periori a quelli nelle impresemanifatturiere. Sul piano di-mensionale, le differenze ri-sultano molto significative avantaggio delle piccole e me-die imprese di servizi alla pro-duzione rispetto alle grandi enei confronti delle piccole im-prese del settore manifatturie-ro. Differenze forti si osserva-no anche all’interno dei setto-ri manifatturieri (classificazio-ne alla Pavitt) rispetto a quellidei settori dei servizi alla pro-duzione.

Il primo indicatore che si ri-tiene importante della qualitàdegli skill impiegati riguardal’incidenza dei laureati sul to-tale dei dipendenti (10). Tale in-cidenza è del 17,6% nelle im-prese di servizi alla produzio-ne, del 4,2% nei settori tradi-zionali del manifatturiero, del5,7% nei settori di scala, del6,9% nei settori specializzati,del 17,2% nei settori ad altatecnologia del manifatturiero.

La distribuzione percentua-le è rovesciata con riferimentoal peso degli occupati con scuo-la dell’obbligo sui dipendentitotali: 59,6% nei settori tradi-zionali, 58,9% in quelli di sca-la, 50,5% nei settori specializ-zati, 33,8% in quelli ad alta tec-nologia, 30,3% nei settori deiservizi alle imprese.

Salta subito all’occhio il for-

te allineamento dell’incidenzadei laureati sul totale nei setto-ri ad alta tecnologia del mani-fatturiero e quella dei laureatinei settori dei servizi alla pro-duzione. Una larga fetta del set-tore manifatturiero dell’alta tec-nologia potrebbe benissimo sta-re nei settori dei servizi alle im-prese. È un fenomeno che siosserva soprattutto nei Paesimolto avanzati sul piano tec-nologico, con una uscita dalmanifatturiero di imprese diservizi alla produzione che di-ventano autonome, allargandoprogressivamente il loro pesoin termini di occupazione e divalore aggiunto a livello na-zionale.

Il settore dei servizi innova-tivi alle imprese si allarga poisotto la spinta di una vivace de-mografia che vede la nascita dimolte piccole imprese che pos-sono poi diventare grandi, so-stenute da robusti mercati fi-nanziari che offrono capitali dirischio attraverso le società diventure capital e i fondi pen-sione, come avviene nei Paesianglosassoni.

Nell’àmbito dell’aggregatodelle imprese di servizi alla pro-duzione, le piú dinamiche intermini di indicatori di effi-cienza e di produttività ap-paiono le piccole e medie im-prese rispetto alle grandi.

L’incidenza dei laureati sultotale dei dipendenti è pari al18,4% nella classe di addetti6-10, al 17,2% nella classe 11-20, al 17,5% nella classe 21-50,al 20% nella classe 51-250 e al14,6% nella classe con oltre250 dipendenti.

confronto tra l’industria mani-fatturiera e il settore delle im-prese che operano nel campodei servizi innovativi alle altreimprese.

Gli indicatori indiretti sul pia-no microeconomico che mo-strano una maggiore dinamicadella produttività del settoredei servizi alla produzione ri-spetto a quello della manifatturariguardano l’incidenza dei lau-reati sul totale degli addetti, ilpeso dei dipendenti sul totaleche partecipano a corsi di for-mazione, la percentuale di ad-detti alle attività di ricerca esviluppo, gli investimenti intecnologie dell’informazione e

ATTIVITA’UNIVERSITÀE MONDO IMPRESA

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Va sottolineata l’importanza di un’azione

di accompagnamento dei giovani da parte

di coloro che già sono inseriti nel mondo

del lavoro e quindi,in modo particolare,

da parte di noi dell’UCID

Un discorso analogo vale pergli addetti che partecipano acorsi di formazione sul totale.La distribuzione per classi diaddetti è la seguente: 8,2% nel-la classe 6-10, 8,3% nella clas-se 11-20, 7,9% nella classe 21-50, 8,8% nella classe 51-250,2,2% nella classe con piú di250 dipendenti.

Gli addetti alle attività di ri-cerca e sviluppo rappresentanoil 5,5% del totale nella classe6-10, il 4,2% in quella 11-20,il 4% nella classe 21-50, il 2,3%nella classe 51-250, l’1,2% nel-la classe con oltre 250 dipen-denti. Il notevole dinamismoche mostrano in termini di ef-ficienza e produttività le nostrepiccole e medie imprese deiservizi innovativi alla produ-zione può costituire una im-portante leva per la diffusionedell’innovazione in tutto il tes-suto produttivo, in primo luo-go in quello manifatturiero, perun vero e proprio salto di pro-duttività e di competitività di cuiabbiamo estremamente biso-gno per uscire dalla crisi.

SOLIDARIETÀ

INTERGENERAZIONALE

Per rendere efficace il rap-porto tra Università e mondooperativo delle imprese per l’av-vio di una nuova stagione disviluppo nel nostro Paese, è ne-cessario, da un lato, premiare glistudenti che intraprendono conottimi risultati percorsi univer-sitari impegnativi in relazionealle grandi trasformazioni strut-turali che stiamo vivendo sulpiano del progresso scientificoe tecnologico nell’era della glo-

balizzazione e, dall’altro, favo-rire l’eccellenza delle sedi uni-versitarie in termini di perfor-mance dell’offerta formativa edi risultati nel campo della pro-duzione di idee, della ricerca edell’innovazione.

L’istituzione delle borse distudio dell’UCID a favore distudenti universitari che si so-no distinti per percorsi impe-gnativi e ottimi risultati si muo-ve in questa direzione. L’ini-ziativa raccoglie l’esortazionedel Presidente della Conferen-za Episcopale Italiana, Cardi-nale Camillo Ruini, che qual-che anno fa ha sottolineatol’importanza di un’azione diaccompagnamento dei giovanida parte di coloro che già sonoinseriti nel mondo del lavoro equindi in modo particolare daparte di noi dell’UCID comeimprenditori, dirigenti, profes-sionisti cristiani. Si tratta diun’azione di responsabilità cheriveste di concretezza i valoridella solidarietà intergenera-zionale, che costituisce uno deifondamenti della Dottrina So-ciale della Chiesa.

Nella prima edizione abbia-mo dedicato le borse di studioa tre figure che hanno segnatola vita dell’UCID fin dal suo na-scere e ne hanno favorito la cre-scita con vite dedicate ai valo-ri dell’impresa e alla valoriz-zazione del territorio come car-dini dello sviluppo in un’eco-nomia libera per la costruzio-ne del bene comune. Si trattadi Vittorio Vaccari, AlbertoFalck, Ruggero Menato.

Quest’anno le borse di studiosono state dedicate ai Cardina-

li Schuster, Siri e Casaroli chehanno illuminato la nascita e losviluppo dell’UCID con il lo-ro alto insegnamento e la lorotestimonianza di Pastori e Mae-stri.

Si tratta di iniziative che mi-rano a valorizzare le minoran-ze creative da cui dipende il fu-turo di ogni società, come ciindica il Santo Padre Benedet-to XVI. «I cristiani credenti do-vrebbero concepire sé stessi co-me una tale minoranza creati-va e contribuire a che l’Euro-pa riacquisti il meglio della suacreatività e sia cosí a serviziodell’intera umanità».

Dobbiamo poi accrescere il

UNIVERSITÀE MONDO IMPRESA

ATTIVITA’

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I servizi innovativi alle impre-se, insieme ai settori manifat-turieri ad elevata tecnologia,mostrano la piú alta presenza dicapitale umano formato ai mas-simi livelli di istruzione.

Infine, ma non per impor-tanza, è fondamentale che ilnostro sistema formativo, so-prattutto a livello universita-rio, si apra di piú al mondo conesperienze dei nostri studenti elaureati nelle migliori univer-sità straniere (Master e Ph.D.).È l’economia globale a richie-derlo, che come indica il Com-pendio della Dottrina Socialedella Chiesa rappresenta la ter-za grande sfida a cui si trova difronte l’umanità all’inizio delterzo millennio.

I ricordi storici ci riportanoa tempi molto lontani, quandol’umanità cominciò a uscire daisecoli piú difficili del Medioe-vo, con l’apparizione e la dif-fusione dei “clerici vagantes”,studiosi giovani e non, religio-si e non, che si spostavano daun’università all’altra, da unconvento centro di studi e me-ditazioni all’altro, e quindi daun docente ad altri. Si formò co-sí una rete di studiosi “vagan-ti” che ricostituí in parte l’an-tica cultura andata dispersa.

I nostri studenti e giovani lau-reati che si recano all’estero perarricchire la loro preparazionee le loro esperienze presso al-tre università che si distinguo-no per la loro eccellenza, ci sipresentano come gli antichichierici vaganti. Come tali es-si favoriscono la reciproca co-noscenza e l’immedesimazionedelle diverse culture e dei diversi

saperi scientifici e tecnici, get-tando le basi di uno sviluppouniversale piú giusto e solida-le secondo gli insegnamenti delVangelo e della Dottrina So-ciale della Chiesa.

(*) Relazione tenuta all’inaugura-zione dell’anno sociale 2007 della Se-zione UCID di Frosinone e Provincia(24 novembre 2006).

1) Marco Fanno, Princípi di scien-za economica, Padova 1951.2) Giuseppe Siri, Rivista “Ope-rare”, Milano 1957. 3) Giovanni Paolo II, Lett. Enc.Laborem exercens, 12. 4) Giovanni Paolo II, Lett. Enc.Centesimus annus, 36. 5) Angus Maddison, The WorldEconomy, AMillennial Perspective,Oecd, Paris 2001. 6) P.M. Romer, Endogenous Te-chnological Change, in Journal ofPolitical Economy, n. 98, 1990. 7) J.S. Mill, Princípi di economiapolitica, Utet, Torino 1954.8) A. Marshall, Priciples of Eco-nomics, Macmillan, London 1890.9) A. Marzano, Analisi dell’i-struzione come capitale, in Rivistadi Politica Economica, marzo 1961. 10) La fonte è l’Indagine sulle im-prese italiane condotta dell’Osser-vatorio sulle piccole medie impre-se del Gruppo bancario Capitalia. IlRapporto è stato presentato nel me-se di ottobre del 2005 e i dati si ri-feriscono all’anno 2003. 11) Il Compendio della DottrinaSociale della Chiesa contiene in ap-pendice oltre 90 riferimenti alla ca-tegoria della famiglia. Si tratta diun numero di riferimenti solo di po-co inferiore a quello della categoriadello sviluppo (96 riferimenti).

rendimento degli investimentidel nostro sistema di istruzionee formazione, dai primi livellia quelli piú elevati universita-ri. La nostra spesa per studen-te è tra le piú elevate in àmbitoOcse, ma il rendimento di que-sto investimento in capitaleumano misurato da diversi in-dicatori è tra i piú bassi.

La via maestra per rendere ef-ficace il rapporto tra mondodell’università e mondo opera-tivo delle imprese è accresce-re il rendimento degli investi-menti in istruzione e forma-zione.

Bisogna investire molto dipiú e meglio nella famiglia per-ché, come abbiamo visto, il ren-dimento dell’investimento nel-la persona è massimo negli an-ni della vita prescolare. Nelcampo delle politiche per l’i-struzione e la formazione vaquindi compiuta una vera e pro-pria rivoluzione rispetto al pas-sato, cominciando decisamentedalla famiglia. Si tratta di un ca-posaldo sempre riaffermato dalMagistero della Chiesa e in par-ticolare dalla Dottrina Sociale.La famiglia, fondata sul matri-monio, è la cellula vitale dellasocietà per la formazione, latrasmissione e la testimonian-za dei valori. Senza di essa l’u-manità non ha futuro.

Una via importante per ren-dere efficace la sinergia, per unnuovo modello di sviluppo, trauniversità e mondo operativo èpuntare sui servizi innovativi al-le imprese che nel nostro Pae-se registrano una promettentepresenza, soprattutto nelle realtàdi piccole e medie dimensioni.

ATTIVITA’UNIVERSITÀE MONDO IMPRESA

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Idue progetti sul microcre-dito su cui è impegnato l’U-CID nazionale, in collabo-

razione con i Gruppi Regiona-li e con le Sezioni, si inqua-drano negli indirizzi delle Na-zioni Unite che nel 1997 han-no approvato una risoluzioneche indica il microcredito e lamicrofinanza come strumentidi sviluppo economico e so-ciale per sconfiggere la povertànel mondo (*).

L’attuazione di tali indirizziè avvenuta con la proclama-zione del 2005 “Anno Interna-zionale del Microcredito”.

UN IMPEGNO CONDIVISO

L’Italia, grazie all’impulso eal coordinamento del Ministe-ro degli Affari Esteri, ha datoprontamente applicazione allarisoluzione delle Nazioni Uni-te istituendo il Comitato Na-zionale Italiano per il Micro-credito di cui fanno parte i rap-presentanti della pubblica am-ministrazione, delle organiz-zazioni non governative, delsettore bancario, del mondo im-prenditoriale.

L’UCID è entrata a far partedel Comitato come una delle as-sociazioni che rappresentano ilmondo imprenditoriale. Ora ilComitato è diventato uno stru-mento permanente e ciò con-ferisce grande respiro agli in-terventi per fronteggiare la po-vertà nel mondo.

Il Comitato Internazionaleper il Microcredito ha appro-vato una serie di progetti pro-posti dai rappresentanti del Co-mitato stesso, tra cui due del-l’UCID riguardanti il primo una

ricerca di ampio respiro sulleorigini e le prospettive del mi-crocredito e il secondo tarato sulterritorio delle Regioni delMezzogiorno e, in particolare,della Basilicata, sul microcre-dito per la conoscenza per va-lorizzare il capitale umano econtribuire ad abbattere la di-soccupazione intellettuale gio-vanile.

La prima ricerca è già statarealizzata con la presentazionedi un Rapporto il 23 giugnoscorso che ha ricevuto inco-raggianti valutazioni.

Siamo ora impegnati nel se-condo progetto a cui è dedica-to il Convegno odierno, in stret-ta collaborazione con la Onlus“Le Valli del Sapere”, espres-sione dell’UCID della Basili-cata.

SUSSIDIARIETÀ E SOLIDARIETÀ

Credo sia importante mette-re ben in chiaro la filosofia cheanima le iniziative dell’UCIDnel campo del microcredito.

Per noi il microcredito è in-nanzi tutto uno strumento disussidiarietà, in cui, come lastoria insegna, sono i privati ele loro libere associazioni a in-tervenire in un settore vitaleper lo sviluppo economico esociale per mancanza o insuf-ficienza di presenza da partedelle istituzioni creditizie or-dinarie.

Sono fulgidi esempi di que-sta sussidiarietà i nostri “mon-ti di pietà” nati alla fine del XVsecolo per iniziativa di Ordinireligiosi, per assicurare formedi credito alle classi piú pove-re sprovviste di garanzie di ti-

INVESTIRE

SUL CAPITALE

“CONOSCENZA”

Vanno cercatipercorsi nuoviper valorizzare il “sapere” e abbattere la disoccupazioneintellettuale

Per noi il microcredito è uno strumento

di sussidiarietà, in cuiprivati e libere

associazioni intervengono a favore

di uno sviluppo economico e sociale

per mancanza o insufficienza

di presenza da parte delle istituzioni

creditizie ordinarie

MICROCREDITOATTIVITA’

di Angelo Ferro Presidente Nazionale Ucid

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Il microcredito è contemporaneamentestrumento di solidarietàper la realizzazione del bene comune, come insegna la Dottrina Sociale della Chiesa.Solidarietà e sussidiarietà sono i due princípi fondanti del microcredito e della microfinanza

zione del credito ricevuto daparte di tutti gli altri; l’offertanon solo di credito ma anche dialtri servizi finanziari e non fi-nanziari per la valorizzazionedel capitale umano e la capa-cità di relazioni; il forte coin-volgimento della componentefemminile che mostra un altis-simo tasso di affidabilità.

L’esperienza della GramenBank mostra quanto sia im-portante l’approccio integratoal microcredito e alla microfi-nanza rispetto a quello mini-malista. La Gramen Bank infattiha costituito nel 1997 la Gra-men Phone, selezionando per-sone, praticamente solo don-ne, per gestire servizi di te-lefonia mobile per le loro co-munità. La Gramen Phone, cheè diventata redditizia dopo cin-que anni dall’avviamento, hapraticamente sostituito la retetelefonica fissa del Banglade-sh, offrendo uno splendidoesempio di sussidiarietà per in-novare la cooperazione allo svi-luppo attraverso l’iniziativa pri-vata.

Il microcredito è contempo-raneamente strumento di soli-darietà per la realizzazione delbene comune, come insegna laDottrina Sociale della Chiesa(ora disponibile in forma orga-nica nel Compendio del Ponti-ficio Consiglio della Giustiziae della Pace).

Solidarietà e Sussidiarietà so-no pertanto due princípi fon-danti del microcredito e dellamicrofinanza, senza alcuna pre-clusione dei modelli attraversoi quali si realizzano gli obietti-vi dello sviluppo e della lotta

alla povertà, integrando nei pro-cessi di crescita persone che al-trimenti ne sarebbero escluse.

Il microcredito e la microfi-nanza possono pertanto essereesercitati dai privati, dalle ban-che attraverso le loro fonda-zioni, da collaborazioni tra iprivati e le fondazioni banca-rie, con il supporto delle isti-tuzioni pubbliche sia centraliche locali, nello spirito di unavisione pluralista delle forzeche possono concorrere allosviluppo economico, sociale edumano.

Lo spirito deve essere certa-mente di cooperazione ma an-che di concorrenza per la spin-ta necessaria a raggiungere ri-sultati migliori.

Va certamente perseguito conimpegno e costanza un giustoequilibrio tra solidarietà e sus-sidiarietà, evitando gli estremidell’assistenzialismo che mor-tifica le capacità e la creativitàdella persona rispetto alle isti-tuzioni e dell’egoismo locali-stico che non tiene conto dellenecessità del prossimo per larealizzazione del bene comune.

È questo un banco di provaper le istituzioni pubbliche chedeve privilegiare la valorizza-zione dei talenti delle personeper sé stesse e non per compli-cità elettorali-clientelari, comepurtroppo sovente la cronacaregistra nell’intervento pubbli-co nel Sud.

STRUMENTO INNOVATIVO

ALLO SVILUPPO

Vorrei ora intrattenermi bre-vemente sulle nuove tendenzedel microcredito e della mi-

po patrimoniale. Il fenomenoconosce poi un grande vigorein Europa alla fine dell’800 conla nascita del credito coopera-tivo e delle casse di risparmioche svolgono la loro attività neiconfronti delle persone e delleimprese piú piccole e piú de-boli.

Abbiamo poi in anni moltopiú vicini a noi la nascita del-la Gramen Bank (banca del vil-laggio) fondata da MohammedYunus. L’esperienza di ecce-zionale sviluppo della GramenBank si basa su alcuni princípifondamentali, come quello delprestito di gruppo, in cui ognu-no è responsabile della restitu-

ATTIVITA’MICROCREDITO

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Un tempo, quando siparlava di microcredito,

ci si riferiva in modoquasi esclusivo ai Paesiin via di sviluppo. Oggi,con la globalizzazione, si dimostra sempre piú

uno strumento per fronteggiare

la povertà e l’emarginazione

degli uomini e delle donne che emigrano

verso i Paesi sviluppati

crofinanza perché ciò mi con-sente di avvicinarmi al temadel nostro Convegno di oggi.

Il microcredito e la microfi-nanza si stanno aprendo a set-tori nuovi, sia nel nostro Pae-se che in quelli in via di svi-luppo dotati di capitale umanoformato ai piú alti livelli del-l’istruzione (pensiamo al casodell’India), con la nascita dimicroimprese in campi comequelli della conoscenza, dellebiotecnologie, delle nanotec-nologie, dei nuovi materiali.

Trattandosi di creazione dinuove imprese, e assai spessodi microimprese, la combina-zione tra rischio e rendimentoè elevata, incontrando grossedifficoltà nell’accesso al cre-dito attraverso i normali cana-li bancari, soprattutto alla lucedei nuovi criteri di Basilea 2sui requisiti patrimoniali mini-mi delle banche.

La probabilità di default, so-prattutto nei primi tre anni, èelevata, escludendo di fatto dal-l’accesso al credito iniziativeche si basano quasi esclusiva-mente sulle capacità personalidi realizzare un progetto, al dilà delle garanzie patrimoniali.

Le nuove imprese non han-no storia né bilanci, mancandoin questo modo la base dellacostruzione degli indici per va-lutare i rischi di mercato, cre-ditizi e operativi, a cui è lega-to l’assorbimento di mezzi pa-trimoniali delle banche secon-do il nuovo accordo di Basi-lea.

Ecco quindi un campo inte-ressante di intervento per il mi-crocredito nei settori nuovi, co-

me quello della conoscenza perfavorire la microimprendito-rialità giovanile nelle aree delMezzogiorno, fronteggiando lafuga delle forze migliori da cuidipende in larga parte la capa-cità di sviluppo endogeno diun’area. Qui entriamo in pienonel tema del nostro Convegno.

Un altro campo interessantee nuovo è quello degli anzianicon iniziative che possono uti-lizzare esperienze preziose ac-cumulate in molti campi, conpossibilità di interventi di mi-crocredito e di microfinanzaper settori che altrimenti ver-rebbero esclusi dai canali cre-ditizi e finanziari normali permancanza o carenza di garan-zie. Si tratta di spazi enormi disviluppo, perché in Italia le per-sone con piú di 65 anni sono og-gi circa 11 milioni, avvicinan-dosi a un quarto della popola-zione entro il 2020.

Altro cambiamento riguardale conseguenze della globaliz-zazione. L’economia globale,con la forte mobilità non solodei prodotti ma anche di tutti ifattori della produzione, e lacrescente concorrenza tra le di-verse aree economiche delmondo collocano in uno sce-nario diverso il microcredito ela microfinanza nei Paesi in viadi sviluppo e nei Paesi svilup-pati.

Un tempo, quando si parla-va di microcredito, ci si riferi-va in modo quasi esclusivo aiPaesi in via di sviluppo. Oggi,come conseguenza della glo-balizzazione, si parla semprepiú del ruolo di questo stru-mento per fronteggiare la po-

vertà e l’emarginazione degliuomini e delle donne che emi-grano nei Paesi sviluppati.

È un punto importante chedobbiamo valutare con atten-zione per guardare al micro-credito come via per innovarela cooperazione allo sviluppo eperseguire gli obiettivi del Mil-lennium Goals.

COINVOLGERSI

E FAVORIRE LA CRESCITA

Ci preme in questa sede sot-tolineare la continuità che esi-ste tra la ricerca generale sul mi-crocredito già realizzata e pre-sentata a Roma il 23 giugnoscorso, e la presente ricerca sul

MICROCREDITO

ATTIVITA’

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Nella Regione Basilicatagli imprenditori dell’UCID si sono impegnati in un accompagnamentodi giovani che intendonosvolgere attività imprenditoriale in settori innovativi, trasferendo loro la propria esperienza e il proprio patrimonio di valori

medicina all’Università di Pa-dova.

A Vicenza è stata costituital’associazione Diakonia onlus,strumento operativo della Ca-ritas provinciale, che ha avvia-to il progetto di microcreditoEtico-Sociale in collaborazio-ne con istituti finanziari e inrete con le amministrazioni co-munali. Il progetto è finalizza-to ad alleviare e prevenire l’ag-gravarsi di situazioni di poten-ziale esclusione sociale, ri-chiedendo ai beneficiari di es-sere parte attiva nel supera-mento delle difficoltà indivi-duali o familiari. Il progetto dimicrocredito a sostegno di unimprenditore congolese ri-guarda la realizzazione in Con-go di una segheria ed è porta-to avanti grazie alla grande sen-sibilità mostrata dall’UCID diPadova e da un’altra Associa-zione a scopi benefici.

Il progetto microcredito perla conoscenza ha visto la co-stituzione a Potenza (con la par-tecipazione dei Vescovi e degliamici Ucidini locali) di una On-lus denominata “Le Valli delSapere” che deve realizzare unaricerca sul campo, con il coor-dinamento dell’UCID nazio-nale, trattandosi di un’iniziati-va approvata dal Comitato Na-zionale Italiano per il Micro-credito presso il Ministero de-gli Affari Esteri.

È prevista la somministra-zione di circa 3 mila questio-nari per individuare le poten-zialità imprenditoriali giovani-li della Basilicata con l’indica-zione di un senior partner perl’attività di tutoraggio.

I risultati dell’indagine sulcampo saranno esposti in unRapporto che costituisce la ba-se per successivi interventi dimicrocredito e di microfinan-za selezionando dal campionei casi di eccellenza.

Tale metodologia rispondealla necessità di accompagna-re i giovani laureati della Re-gione Basilicata che intendonosvolgere attività imprendito-riale in settori innovativi conl’assistenza di imprenditori del-l’UCID che possono cosí tra-sferire la loro esperienza e illoro patrimonio di valori, in unaccompagnamento che portasperanza e incardina la culturaimprenditoriale nei giovani.

È un segno di risposta con-sapevole e responsabile da par-te degli imprenditori cristianidell’UCID all’esortazione cheil Presidente della ConferenzaEpiscopale Italiana ha fatto al-le associazioni e ai movimen-ti ecclesiali per un impegno for-te per la realizzazione del be-ne comune nella direzione deigiovani, speranza di un mondomigliore.

(*) Relazione tenuta al ConvegnoUCID di Potenza del 9 ottobre 2006.

microcredito per la conoscen-za per favorire la microim-prenditorialità giovanile in Ba-silicata. Innanzituttoper l’ispi-razione, dovuta alla grande sen-sibilità di Filippo Ciuffi, checostituisce matrice comune; epoi nei contenuti.

Nel volumetto pubblicato agiugno scorso a cura dell’U-CID nazionale, illustriamo treprogetti operativi nel campodel microcredito, di cui uno èquello odierno sul microcredi-to per la conoscenza.

Gli altri due riguardano l’U-CID di Vicenza e un progettodi sostegno di un imprendito-re congolese che ha studiato

ATTIVITA’MICROCREDITO

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La conclusione del Con-vegno ha ribadito la pos-sibilità di un rapporto

positivo tra coscienza e profit-to, anzi il profitto realizzato eindirizzato da una vigile e sa-na coscienza è fattivo di svi-luppo non solo economico, maumano (*).

La storia di questi ultimi duesecoli, dopo la Rivoluzione in-dustriale, ha fatto emergerel’impresa come propulsore del“crescete e moltiplicatevi.”

Se in poco piú di duecento an-ni il mondo ha quasi decupli-cato la popolazione, determi-nante è stato il contributo del-l’impresa ad organizzare, in-novando continuamente, unaproduzione di beni e servizienormemente aggiuntivi ri-spetto allo stock esistente del-la natura, tendenti al migliora-mento della qualità della vita.Il profitto serve, misura la ca-pacità dell’impresa a cresceree affermarsi.

Ma l’impresa nel contempoproduce e realizza valori: valoripersonali, come l’onestà e latrasparenza; valori professio-nali, come la spinta all’eccel-lenza e alla sinergia tra com-petenze diverse; valori collet-tivi, come la premiazione delmerito, l’assunzione delle re-sponsabilità, il rispetto degliimpegni: valori istituzionali,come la capacità di ottenere piúdi quanto consuma, un outputmaggiore dell’input, legitti-mando con questa creazione dirisorse la propria soggettività diistituzione.

Oggi di fronte alla crisi diogni assetto aggregativo, l’im-

presa rappresenta una comu-nità di uomini che si muoveunita coinvolgendosi in fina-lità condivise: quasi un’ecce-zione nel desolante panoramadelle frammentazioni, degliegoismi e delle separatezze checi circonda.

Partiamo da qui, da questastraordinaria realtà che tanto ciassorbe, ricca di potenziale ine-sauribile, come la storia ha di-mostrato.

È nel DNA dell’imprendito-re, del dirigente, del professio-nista questa competenza di uni-re frammenti, di mettere insie-me input diversi per realizzareun output, un risultato, un pro-dotto che vale di piú. Di fron-te ai problemi di crescenti di-suguaglianze nel mondo, im-possibili da risolvere con il ba-gaglio delle politiche tradizio-nali, di fronte a una società in-capace di ritrovare coesione epartecipazione, in cui gli uo-mini vivono da competitors e darivali, solo chi ha queste com-petenze che danno valore at-traverso processi di connessio-ne e trasformazione, riesce apromuovere sviluppo. Ma qua-le sviluppo? Quello disordina-to e divaricante, o quello che siaffida all’etica per risultare piúarmonico? E quale etica riescein questo intento?

VALORIZZANDO L’UOMOÈ con un percorso che par-

te dall’impresa, vero stimola-tore della globalizzazione, at-traverso la gemmazione dei va-lori prodotti dall’impresa nel-la società, che avanza l’incar-dinamento dell’etica nell’eco-

CONDIVIDERE, CONVIVERE

PER CONVINCERE

Consapevoli che «l’economia non è la civiltà, ma la possibilità della civiltà», potremo rifondarel’umanesimo cristiano

L’impresa produce e realizza nel contempovalori personali (onestà

e trasparenza), valori professionali

(spinta all’eccellenza ealla sinergia tra compe-

tenze diverse), valori collettivi (la pre-

miazione del merito,l’assunzione delle re-

sponsabilità, il rispettodegli impegni),

valori istituzionali

COSCIENZA E PROFITTO

ATTIVITA’

di Angelo Ferro Presidente Nazionale Ucid

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UCID Letter • 3/2006

Nella società umana il bene di ognuno può essere raggiunto con l’opera di tutti, ed il bene di ognuno non può essere fruito se non lo è anche dagli altri.Occorre essere innovatori nel costruire il Bene Comune

ro la legalità fonda l’etica. Dall’altra, invece, ci sono

quelle che si fondano sull’agi-re e perciò vanno alla ricerca diquelle regole che meglio assi-curano la convenienza come lateoria utilitaristica (è l’utile ilfondamento della legalità e del-l’etica) o quella neo contrat-tualistica ( è la giustizia il fon-damento della convivenza).

Ebbene, appartenendo al-l’UCID (Unione Cristiana Im-prenditori Dirigenti) non mi ri-trovo né con le une né con lealtre, perché parto dall’idea cheil fondamento dell’etica consi-sta nello “stare con”.

Socrate nella sua Apologiaspiegò benissimo questo nodo:ai suoi accusatori, disse: «So diaver ragione ma so anche chenon sono riuscito a convincer-vi perché non abbiamo vissu-to insieme». Per convincere oc-corre convivere. Ecco, dal miopunto di vista sta qui l’aspettopiú entusiasmante dell’ap-proccio cristiano : condividere,convivere per convincere.

Cristo, da Dio, si è fatto uo-mo per convincerci che è pos-sibile fare il “bene” e averecosí una vita eterna, riscattatadalla Sua morte e risurrezione.È Dio persona: il cuore di Ge-sú lo sentiamo palpitare; gli oc-chi di Sua Madre li sentiamoproteggerci … stanno con noi.

L’etica, prima ancora di sug-gerire princípi e stabilire rego-le, è una dimora, una casa in cuici si prende cura di sé e deglialtri, cioè ci si prende cura delBene Comune. La cifra di que-sto tipo di etica si colloca nel-la prospettiva dell’uomo che

agisce e non nella prospettivaneutra della terza persona (giu-snaturalismo) e neppure nellaprospettiva dello spettatore im-parziale (l’etica nelle mani deigiudici).

San Tommaso, del resto, ave-va già detto che il bene mora-le è una realtà pratica e dunquelo conosce veramente non chilo teorizza ma chi lo pratica .E’lui che sa individuarlo e sce-glierlo con certezza. E’ un iti-nerario laico quello del prima-to del bene sul giusto, già so-stenuto da Aristotele.

Nella società umana il benedi ognuno può essere raggiun-to con l’opera di tutti, ed il be-ne di ognuno non può esserefruito se non lo è anche daglialtri. Perciò si parla di BeneComune come espressione fi-nalizzata dell’etica. Occorre es-sere innovatori nel costruire ilBene Comune, perché, rima-nendo a livello semantico, c’éil rischio che poi alcune espres-sioni dell’umanità si svuotinodi significato : basta pensare alconcetto di democrazia, cheoggi è solo procedura burocra-tica di ricerca di voti e nonpartecipazione.

LA RESPONSABILITÀ DI CREARE

“VALORE AGGIUNTO”

L’etica è una conquista chenon può prescindere dal con-tributo responsabile di chi - co-me imprenditore dirigente pro-fessionista - detiene la compe-tenza di creare valore aggiun-to quale capacità di aggregareper realizzare qualcosa che nonc’è e che vale di piú, e di chicome cristiano assapora l’infi-

nomia globale. Perché, con la tendenza prio-

ritaria alla qualità, quale obiet-tivo dell’attività produttiva,l’importanza dell’uomo a ope-rare scelte di discernimento, dicomprensione, di valutazioneaumenta: cosí si valorizza l’uo-mo innalzandone il livello di li-bertà e di soggettività.

Le diverse teorie etiche cheoggi vanno per la maggiore sidividono in due tipi : da una par-te quelle che pongono il lorofondamento nella ricerca delleregole, come accade nel giu-snaturalismo positivista se-condo cui l’etica viene mutua-ta dalla norma giuridica, ovve-

ATTIVITA’COSCIENZA E PROFITTO

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Disponiamo delle competenze

per riuscire a trasformare le dinamiche

di frammentazione in opportunità di crescita

complessiva; l’ispirazione cristiana

nella quale siamo radicati ci porta

a ricercare contestualmente la

dimensione orizzontale e quella verticale

nito, l’assoluto, l’ultraterreno,la vita eterna attraverso il do-no della Fede quale capacità diconiugare anima e corpo, spi-rito e materia. Cosí si esprimela responsabilità dei primi, cioèdi chi è stato dalla Provviden-za elargito di talenti.

Di fronte agli interrogativicirca la sopravvivenza di valo-ri etici, la storia dell’impresafatta da uomini dimostra cheoggi la possibilità di un verosviluppo sta nella consapevo-lezza di chi opera nell’econo-mia di agire con libertà e re-sponsabilità: una possibilità cheesiste rimettendoci in gioco.

«Il destino della società di-pende da minoranze creative: icristiani devono sentirsi tali»è l’esortazione di BenedettoXVI.

Un’esortazione che passa at-traverso la mobilitazione dellecoscienze e che ci tocca in pri-ma persona sia sul piano indi-viduale che associativo.

Infatti disponiamo dellecompetenze operative per riu-scire a trasformare le dinami-che di frammentazione in op-portunità di crescita comples-siva; e siamo radicati nell’i-spirazione cristiana che ci por-ta a ricercare contestualmentela dimensione orizzontale (ilprossimo) e verticale (Dio).

L’unione di questi elementiprovoca e alimenta la nostracoscienza a spingerci in questispazi per partecipare alla co-struzione del Bene Comune.

La praticamente infinita pos-sibilità di interconnettere le re-lazioni, data dalla globalizza-zione, ci fa assumere un ruolo

permanente di innovatori re-sponsabili, la qualifica parte-cipativa necessaria per edifi-care il Bene Comune.

ABITARE L’ECONOMIA

Abitare l’economia con que-sta coscienza dà senso alla vi-ta, porta progresso all’umanità,realizza la domanda di etica.

La vita e l’identità dell’uomosi rivelano definitivamente nelcontinuo uscire (il livello del-l’innovazione) dallo stato pre-sente, perché quella dell’uomoè una vicenda che sfugge in piúdirezioni a uno spazio tempo-rale chiuso. La vita e l’identitàdell’uomo hanno una storia(passato) il cui senso è da leg-gere alla luce di quel futuro cheè presente (incombe) in ogniistante del tempo (frammenta-zione, attimizzazione) ma chenon si identifica con nessuno diessi.

Come la tradizione del rea-lismo insegna, la vita umanasi coglie in quanto totalità uni-ficata di una duplice dimen-sione: quella spirituale e quel-la corporale, pensate in profon-da unità. Quella dell’uomo èuna unità duale; per noi in que-sta dualità c’è la vita eterna.

La finitudine e l’infinito im-plementano la visione terrenacon l’assoluto ultraterreno epongono significativi aggancidi riferimenti piú esaustivi, piúcompleti, piú organici che dan-no senso al vivere: si vedonomeglio le cose, c’è piú discer-nimento nelle scelte, si con-quista una maggiore valenzapartecipativa alla costruzionedel Bene Comune: insomma

esercitiamo comportamenti eti-ci, partendo dalla nostra con-dizione di essere ospiti dellavita.

Respiriamo, parliamo, cam-miniamo, ci muoviamo: tutto ciè stato dato: il cuore batte, ilsangue circola, le ghiandole se-cernono gli ormoni, i polmonisi gonfiano e si svuotano d’a-ria, milioni di globuli bianchisi immolano ogni volta che ab-biamo un minimo graffio e tut-to senza l’intervento della no-stra volontà.

Il giorno porta la luce per la-vorare, la notte porta il buioper il riposo, le stagioni si suc-cedono per portare beni essen-

COSCIENZA E PROFITTO

ATTIVITA’

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Come imprenditori, dirigenti e professionisticristianamente ispirati possiamo riportare nel solco dell’umanesimo i processi di produzione, trasformazione, distribuzione,realizzando cosí veramente il Bene Comune

conoscenze, il coraggio, la pas-sione, le aspirazioni di giusti-zia e carità, se ci mettiamo co-scienza. Cristo, venendo in ter-ra, lavorando, vivendo e risor-gendo, ha garantito la nostracoscienza per l’eternità.

Dobbiamo essere consape-voli che per questo quid in piú,per questo quantum in piú, ab-biamo una responsabilità mag-giore.

Abitare l’economia con co-scienza offre una prospettivaalta anche per partecipare allastoria. Mezzo secolo fa, si ri-teneva che il Bene Comune fos-se compito soprattutto delloStato attraverso la creazione diinfrastrutture (dalle strade allescuole) e di un sistema di wel-fare (dalla sanità alle pensioni).

In questi ultimi decenni que-sta certezza si è indebolita, spe-cie per i crescenti limiti di fi-nanza pubblica. Quasi inav-vertitamente, di fronte a questo“vuoto” dello Stato si sono at-tivati sul piano sovrannaziona-le degli apparati ( da quello mi-litare a quello tecnolo-gico/informatico, a quello fi-nanziario) che hanno occupa-to, autopromuovendosi, setto-ri e spazi di collettivo e valo-riale interesse, smembrandoli.

E di fronte a ciò solo sog-getti altrettanto transnaziona-li, coscienti e responsabili - co-me gli imprenditori, i dirigen-ti, i professionisti cristiana-mente ispirati - possono ripor-tare nel solco dell’umanesimoi processi di produzione, tra-sformazione, distribuzione, rea-lizzando cosí veramente il Be-ne Comune.

Questo ruolo alto non ci spa-venta, ci sprona ad un supple-mento di impegno personale,con la tensione di volerci ri-mettere continuamente in gio-co, rischiando, da innovatori,senza lasciarci irretire dai gran-di numeri, attenti alle personein quanto prossimo, testimoniconsapevoli, operando dal bas-so, del messaggio evangelico.

E realizzeremo da laici quel-l’auspicio di J.M.Keynes «l’e-conomia non è la civiltà, ma lapossibilità della civiltà» con-tribuendo a rifondare l’umane-simo cristiano.

(*) Relazione tenuta al ConvegnoUCID di Potenza del 9 ottobre 2006.

ziali per l’umanità, e tutto av-viene senza l’intervento dellanostra volontà. Siamo dentrola meraviglia di una sponta-neità che è in noi, di una vitadi cui siamo ospiti e che ungrande padrone di casa ci hapreparato.

Il dono della vita alimenta ildono della Fede e viceversa.Ne discende gratitudine specieda parte di coloro, come noi,che avvertono la “responsabi-lità dei primi”.

Dio ci ha dato tanti talenti, trai quali anche quello di realiz-zare qualcosa che non c’è mache forse riusciremo a costrui-re se ci mettiamo l’ingegno, le

ATTIVITA’COSCIENZA E PROFITTO

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Vorrei essere provocato-rio: la coscienza im-prenditoriale, oggi in Ita-

lia, non esiste piú. Con questo nonvoglio dire che non ci siano mol-ti imprenditori che hanno una lo-ro coscienza, né tanto meno chegli imprenditori siano tutti affa-risti senza scrupoli ai quali inte-ressa solo il profitto (*).

Come cristiani abbiamo sem-pre il dovere di cercare il meglionegli altri e io di questo ho fat-ta una regola professionale. Cer-to ci sono molti imprenditori chefanno coscienziosamente il lorolavoro e che operano con gran-de senso di responsabilità; anzi,presi singolarmente, gli im-prenditori non sono mai stati tan-to sensibili alla responsabilitàsociale e ai temi dell’etica. Quel-la che in questa fase mi sembrain ombra, almeno nel nostro Pae-se, è la coscienza imprendito-riale nella sua specificità; in al-tre parole è carente lo “spirito im-prenditoriale”.

Oggi lo spirito imprenditoria-le è “imbozzolato” nelle etichealtrui e l’imprenditore è costret-to a giocare sulla difensiva. Glistakeholder da portatori di inte-ressi si stanno trasformando inportatori di etiche, davanti a cuil’etica imprenditoriale è portataa retrocedere. Con il risultatoche all’impresa l’etica viene det-tata da soggetti diversi dall’im-prenditore, soggetti esterni comei sindacati, i difensori dell’am-biente, o del sociale; ma ancheda soggetti interni, come i ma-nager. Certo gli imprenditorinon sono esenti da responsabi-lità per questo loro isolamentoetico; se oggi sono costretti a su-

bire le etiche altrui, è perché han-no smesso, collettivamente si in-tende, di elaborarne una propria,di sviluppare una cultura im-prenditoriale propositiva, di col-tivare una propria visione com-plessiva.

Negli anni ’50, gli imprendi-tori avevano una visione, ave-vano cioè un’offerta per la so-cietà: la ricostruzione, l’indu-strializzazione, la piena occu-pazione …; sono stati per anni ipunti-cardine dell’etica impren-ditoriale italiana, o meglio glielementi principali di una visio-ne da cui poi discendeva un’e-tica degli imprenditori. Noi tut-ti sappiamo che poi le carenzeetiche degli imprenditori sonostate innumerevoli, ma quelloche mi interessa sottolineare oraè l’assenza attuale di una visio-ne e quindi di uno spirito im-prenditoriale; sembra quasi cheoggi gli imprenditori non ab-biano nulla da offrire alla so-cietà, ma possano solo adeguar-si alle direttive altrui.

In assenza di una visione con-divisa, è normale che gli im-prenditori si isolino nei loro af-fari e rischino di concentrarsitroppo sul profitto. Per noi cri-stiani questo è inaccettabile, nonperché il profitto sia inaccettabiledi per sé, ma perché il lavorodell’imprenditore finisce per es-sere scollegato da qualsiasi fun-zione sociale e l’etica per essereun elenco di cose che l’impren-ditore deve o non deve fare. Infondo, la principale funzione so-ciale di un imprenditore è la crea-tività, intesa come assunzionedi responsabilità di tutto un pro-cesso creativo che va dall’idea-

LATITANZA

DELLO SPIRITO

IMPRENDITORIALE

Dovremmo esserepreoccupati per laperdita, da parte degli imprenditori, della dignità, dell’orgoglio di essere i costruttori del mondo di domani

zione di un prodotto, fino al suogiusto collocamento sul merca-to, passando per l’organizzazio-ne aziendale e finanziaria.

L’etica dell’imprenditore è tut-ta qui: capire cosa serve al mon-do, capire come procurarglieloe assumersi le responsabilità e irischi necessari per realizzarlo.Davanti a questo scenario il pro-fitto è un fatto quasi accessorio;come cristiani, invece, dovrem-mo essere preoccupati della per-dita, da parte degli imprendito-ri, di questa dignità, di questo or-goglio di essere i costruttori delmondo di domani.

(*) Intervento al Convegno di Pa-lermo

COSCIENZA IMPRENDITORIALE

ATTIVITA’

di Giulio De Rita

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AMBIENTE, SVILUPPO

E LEGALITÀ

Una società è sostenibile quandosa soddisfare i bisogni del presentesenza comprometterela capacità delle future generazioni

L’attenzione per i temidella crisi ambientalesembra tornata in auge

negli ultimi mesi dopo qualcheanno di oblio o comunque discarso interesse.

Questo recupero di attenzio-ne dei media, dell’opinionepubblica e delle istituzioni for-se è correlato al tendenziale su-peramento del periodo di gran-de preoccupazione per la sta-gnazione economica e per l’e-mergenza terroristica in cui ècaduto il mondo occidentaledopo l’11 settembre 2001.

RITORNO DELLA CRISI

AMBIENTALE NELL’AGENDA

POLITICA INTERNAZIONALE

I temi ambientali sono dun-que tornati prepotentementenella cosiddetta “agenda poli-tica” dei governi.

In particolare i temi piú “cal-di” sono quelli dell’energia e delcambiamento climatico, corre-lati, da un lato, alla prepotentecrescita dei Paesi (soprattuttoasiatici) di nuova industrializ-zazione e, dall’altro, alla sem-pre piú grave crisi del conti-nente africano.

Rimaniamo alle notizie di piúrecente attualità.

Sul problema del cambia-mento climatico. Il 30 ottobre2006 i giornali danno notizia diun rapporto sul cambiamentoclimatico commissionato dalGoverno britannico all’ex ca-po economista della BancaMondiale Sir Nicholas Stern,dal titolo: “L’economia delcambiamento climatico” nelquale si evidenzia che, se neiprossimi anni non verrà fatto

nulla per arginare le attualiemissioni di Co2 (anidride car-bonica), i danni per l’econo-mia globale comporteranno unaperdita complessiva del PILmondiale oscillante tra il 5 e il20 % (pari all’impatto negati-vo delle due ultime guerremondiali messe assieme) (1).

Sul problema energetico. L’8novembre 2006 i media an-nunciano i risultati dell’ultimorapporto dell’Agenzia interna-zionale dell’energia (Aie) WorldEnergy Outlook 2006, ove siannuncia che fra poco piú divent’anni (nel 2030) è previstoun aumento di oltre il 50% deiconsumi globali di energia, conun aumento analogo di anidri-de carbonica, che avrà qualiconseguenze una «grave penu-ria nei rifornimenti energeti-ci», uno «choc dei prezzi»,«un’amplificazione del cam-biamento climatico globale».

Sempre il rapporto Aie 2006annuncia che fra tre anni, nel2009, la Cina sorpasserà gliStati Uniti nelle emissioni inatmosfera di anidride carboni-ca (mentre per l’anidride solfo-rosa il sorpasso c’è già stato, inquanto la Cina brucia piú car-bone di USA, Europa e Giap-pone messi insieme).

C’è dunque, come detto, ilgrande problema dei Paesi dinuova industrializzazione, inparticolare di “Cindia” (dellaCina e dell’India) che, con i lo-ro 2,5 miliardi di abitanti com-plessivi e una crescita del PILdel 10% annuo per la Cina edell’8% per l’India, stanno cor-rendo verso livelli di inquina-mento record. D’altra parte que-

I temi ambientali sonotornati prepotentementenell’“agenda politica”dei governi.In particolare le questionidell’energia e del cambiamento climatico,correlati, da un lato, alla prepotente crescitadei Paesi di nuova industrializzazione e, dall’altro, alla semprepiú grave crisi del continente africano

ATTIVITA’CRISI AMBIENTALE

di Matteo Cerutti Sezione Ucid di Rovigo

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Talvolta i toni delle denunce pubbliche

della crisi ambientale sono spesso esasperati

da allarmismo e catastrofismo.

Ciò può produrre un inevitabile effetto

psicologico di sottovalutazione

della crisi ambientale e dei temi

della sostenibilità dello sviluppo

sti Paesi non sono stati coinvoltinei trattati internazionali in ma-teria ambientale (ad es. nel co-siddetto “Protocollo di Kyoto”per la riduzione delle emissio-ni carboniche) in quanto si è(giustamente) ritenuto che nonsi potessero sottoporre alle me-desime regole nazioni il cui te-nore di vita media risulta mol-to inferiore rispetto a quello deipaesi sviluppati (pur essendola Cina già ora la seconda eco-nomia del mondo, il reddito procapite degli abitanti figura in-fatti al centesimo posto).

Dal 6 al 17 novembre 2006si è svolta a Nairobi la Confe-renza mondiale dell’ONU sulclima. Ma perché si è svolta inKenya una conferenza che ri-guarda le responsabilità deiPaesi industrializzati? Perchéun altro grave problema dellacrisi ambientale è quello del-l’equità nella distribuzione dicosti e benefici (“bads andgoods”) della crescita econo-mica.

Si pensi in particolare alla si-tuazione di estrema ingiustiziain cui si trova il continente Afri-cano, ultimo sul piano dellacrescita economica, ma tra iprimi a subire le conseguenzeambientali della stessa cresci-ta: dello smaltimento selvag-gio dei rifiuti industriali deiPaesi ricchi (come hanno ac-certato in diverse occasioni in-dagini giudiziarie e anche laCommissione parlamentare diinchiesta sul ciclo dei rifiuti),ma anche sul piano del cam-biamento climatico (in terminidi aumento della desertifica-zione, in particolare nella aree

sub-sahariane). Insomma, sia-mo al paradosso che chi emet-te meno gas serra viene chia-mato a sopportare le conse-guenze piú pesanti del riscal-damento globale.

IL FONDAMENTO ECONOMICO

DELLA CRISI AMBIENTALE

Talvolta i toni delle denuncepubbliche della crisi ambientalesono quelli, spesso esasperatidai media, dell’allarmismo edel catastrofismo al quale cisiamo tutti un po’assuefatti, inquanto si sente gridare “al lu-po” da piú di trent’anni: il pri-mo documentato allarme sui li-miti ecologici dello sviluppovenne lanciato da alcuni scien-ziati del MIT di Boston nel1972, rapporto che è stato re-centemente aggiornato dagliautori con uno studio che è sta-to pubblicato a settembre 2006in Italia (2).

Di qui un inevitabile effettopsicologico di sottovalutazionedella crisi ambientale e dei te-mi della sostenibilità dello svi-luppo, anche perché in molticasi i rischi ambientali non so-no percepibili con i sensi (3).

Eppure la crisi ambientalec’è e a dircelo non sono gli am-bientalisti, ma l’economia.

È infatti la scienza economi-ca a segnalarci un dato piutto-sto banale nella sua ovvietà, ecioè che lo sviluppo, tradizio-nalmente inteso come crescitadel consumo di materia ed ener-gia, ha dei limiti ecologici ol-tre i quali non si può andare.

La crescita di popolazione,automobili, case, telefonini efabbriche non potrà prosegui-

re all’infinito per il semplicemotivo che il pianeta su cui vi-viamo è finito: non sono infi-nite né le “sorgenti” di risorseda cui attingiamo (i giacimen-ti di combustibili fossili, l’ac-qua, gli stock di nutrienti deisuoli e del mare), né i “pozzi”di assorbimento delle emissio-ni (atmosfera, acqua, discari-che).

I limiti dello sviluppo ri-guardano dunque sostanzial-mente il tasso al quale l’uma-nità può estrarre queste risorseed emettere scarti.

In proposito ci sono tre regolemolto semplici, chiamate “re-gole di Daly” (dal nome del-

CRISI AMBIENTALE

ATTIVITA’

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La crisi ambientale è fondamentalmente un problema delle generazioni future; ma il futuro di cui stiamo parlando è ormai molto prossimo: si parla di due generazioni, forse di una

pi in cui verranno o sono statiraggiunti questi limiti e degli ef-fetti che provocherà il supera-mento dei limiti: in propositoc’è un’estrema varietà di posi-zioni tra scienziati ed econo-misti.

Cosí, secondo gli autori del-la teoria dell’“impronta ecolo-gica” (un sistema di misura-zione dell’impatto complessi-vo dell’uomo sulla natura mi-surato in ettari di superficie ter-restre necessari per sopportareconsumi di risorse ed emissio-ni) già al volgere del millenniol’umanità avrebbe superato del20% il limite globale del pia-neta.

Secondo questo sistema dicalcolo, attualmente dunque la“domanda” di natura necessa-ria per sopperire alle necessitàumane supererebbe “l’offerta”disponibile; per cui staremmointaccando il “capitale” naturaleal ritmo dell’1% all’anno.

E attenzione perché in que-sto caso le “ricapitalizzazioni”non sono possibili, perché pos-siamo ricapitalizzare la societàche gestisce il ciclo dell’acqua(magari con pesanti costi per glienti locali, e in ultima analisi percittadini e imprese, come nel ca-so della nostra Polesine Ac-que), ma non possiamo ricapi-talizzare l’acqua o l’aria o ilclima.

Per usare un altro paragoneeconomicistico che è stato re-centemente utilizzato (4), sia-mo in una situazione di vera epropria sofferenza debitoria,per cui dobbiamo al piú prestopredisporre e attuare un “pia-no di rientro” del debito am-

bientale.Talvolta questa situazione di

sofferenza debitoria che ormaiha l’umanità nei confronti del-la natura non è immediatamentepercepibile anche perché, al-meno nei Paesi piú ricchi, si fadi tutto per allontanarla nellospazio e nel tempo.

La crisi ambientale è infattifondamentalmente un problemadelle generazioni future; ma ilfuturo di cui stiamo parlando èormai molto prossimo: si par-la di due generazioni, forse diuna. Perciò è ai nostri figli e ainostri nipoti che stiamo la-sciando un’eredità gravata dauna “tassa” veramente pesan-te (questa volta non impostadai governi), e senza possibi-lità di un’accettazione col “be-neficio di inventario”.

Malgrado quanto detto, sonospesso motivazioni di ordineeconomico quelle che vengonoportate per procrastinare le azio-ni piú decise volte al “cambia-mento di rotta”, come quellefunzionali al contenimento deiconsumi per le imprese e per icittadini dei Paesi industrializ-zati.

Il 6 novembre 2006, alla pre-sentazione all’Accademia deiConcordi di un bel saggio diun sociologo polesano che in-segna all’Un. di Trieste (Gior-gio Osti) (5), due illustri studiosi(un economista e un politolo-go), pur con sfumature e ac-centi diversi, hanno sostenutoentrambi la tesi che alla base dellibro vi sia un’eccessiva enfa-tizzazione della crisi ambientalee che la crescita economica èinarrestabile per ragioni finan-

l’economista che le ha elabo-rate):

- per le risorse rinnovabili(come le foreste, il pesce) iltasso sostenibile di utilizzo nonpuò essere piú rapido di quel-lo di rinnovamento delle risor-se stesse;

- per le risorse non rinnova-bili (come i combustibili fossili)il tasso di utilizzo sostenibilenon può essere piú rapido deltempo necessario per indivi-duare i sostituti;

- per le emissioni il tasso so-stenibile non può essere mag-giore della capacità di assorbi-mento dell’ambiente.

Ora si può discutere dei tem-

ATTIVITA’CRISI AMBIENTALE

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Uno degli effetti piú dirompenti

della crisi ambientale è quello del cambiamento

climatico provocato dalle emissioni di gas

carbonici e dalla deforestazione,

cui è imputabile un fenomeno

di progressivo riscaldamento globale

noto come “effetto serra”

ziarie e per ragioni occupazio-nali (in caso contrario vi sa-rebbe il crollo dei mercati el’aumento della disoccupazio-ne).

Tuttavia vi sono elementi dinovità che provengono dallostesso mondo dell’economia,come il già menzionato “Rap-porto Stern” dedicato appuntoagli effetti economici del cam-biamento climatico.

L’EFFETTO PIÚ DIROMPENTE

DELLA CRISI AMBIENTALE: IL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Uno degli effetti piú dirom-penti della crisi ambientale èquello del cambiamento cli-matico provocato dalle emis-sioni di gas carbonici e dalladeforestazione, cui è imputa-bile un fenomeno di progressi-vo riscaldamento globale notocome “effetto serra”.

Quest’ultimo sarebbe all’o-rigine dell’aumento in fre-quenza e in intensità di eventiclimatici e meteorologici “estre-mi”: alluvioni, allagamenti, ura-gani, maremoti, tsunami, di-minuzione dei ghiacciai, au-mento delle desertificazioni,ondate di caldo e freddo ec-cessivo, crescita del livello deimari.

Il cambiamento climaticonon ha gravi conseguenze sol-tanto sotto il profilo ecologico,ma anche di ordine economicoe politico.

La rivista bimestrale Limes -rivista italiana di geopoliticadiretta Lucio Caracciolo, ha de-dicato un numero monograficodi maggio-giugno scorso suglieffetti geo-politici della crisi

ambientale, si apre con un ar-ticolo su un rapporto del Pen-tagono relativo alle conse-guenze per la sicurezza nazio-nale degli USA di un cambia-mento climatico improvviso aseguito del riscaldamento glo-bale e del riscaldamento deimari (causato da un collassodella circolazione delle correntimarine): si ipotizza infatti loscoppio di conflitti armati peraccedere alle risorse vitali (ci-bo, acqua, energia).

Il problema è che non si trat-ta di una semplice speculazio-ne scientifica o di un soggettocinematografico, ma di una pro-spettiva definita dagli autoridello studio come “plausibile”(6).

Quanto agli effetti economi-ci, ricordiamo il già citato “Rap-porto Stern” secondo cui il fal-limento nella lotta al cambia-mento climatico avrà costi pe-santissimi per l’economia glo-bale, oscillanti tra un minimodel 5 e un massimo del 20 %del PIL mondiale, oltre chequalcosa come 20 milioni diprofughi ambientali: stiamoparlando dunque di un impat-to negativo pari a quelli delledue ultime guerre mondialimesse assieme, con una con-seguente crisi piú grave di quel-la della “grande depressione”del 1929, oltre che del piú mas-siccio esodo di popolazioni del-la storia moderna.

Non so se questo scenarioapocalittico sia credibile, peròcredo che si debba guardarecon attenzione a questo studio,perché non proviene da un am-bientalista né è diretto a un’as-

sociazione ambientalista, ma èredatto dall’ex capo dell’uffi-cio studi economici della Ban-ca Mondiale per il governo bri-tannico.

Credo perciò che sia la mi-gliore risposta a chi manifestaperplessità sul piano economi-co circa l’opportunità di inter-venire rapidamente per il con-tenimento delle emissioni car-boniche con una normativa sul-l’inquinamento atmosferico piúsevera, oltre che con un raffor-zamento del sistema di incen-tivi e disincentivi economici(tasse sulle emissioni, merca-to dei crediti delle emissioni)che stimolino l’impresa ad ac-

CRISI AMBIENTALE

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Il Polesine è l’area del Delta del Po che costituisce una delle piúimportanti riserve d’Europa di “biodiversità”, oggi seriamente minacciata da progetti di grandi infrastruttureenergetiche e di vastezone industriali, nonchéoggetto e simbolo di “sperequazione ambientale”

casione dell’estate 2006 -, an-che a seguito dei molti prelie-vi idrici a monte, con la con-seguente risalita del “cuneo sa-lino” dal mare, con tutte le con-seguenze negative sul pianoagricolo. È questo un perfettoesempio di errata o non con-trollata allocazione delle risor-se idriche che può produrre deigravi danni all’economia delterritorio.

Ma ricordiamo anche i feno-meni passati e i pericoli pre-senti di abbassamento delle ter-re, di “bradisismo”, e di vul-nerabilità idrogeologica, indottidalle estrazioni di gas metanodal sottosuolo terrestre e mari-no, di cui il Polesine è ricco.

O al livello di inquinamentodell’aria: la regione geograficacorrispondente grosso modo al-la Val Padana è uno dei luoghipiú inquinati del mondo; avre-te senz’altro visto le immaginidal satellite che evidenzianoquesta macchia scura che si al-lunga tra le Alpi e il Po.

In particolare è noto che tut-ta la pianura padana soffre gra-vemente del problema di in-quinamento atmosferico dovu-to alle cosiddette “polveri sot-tili” cioè al particolato respira-bile (PM10) di origine antro-pica, sia come emissione pri-maria (diretta), che secondaria(indiretta), ovvero per forma-zione di particolato da precur-sori gassosi come gli ossidi diazoto, l’ammoniaca, gli ossididi zolfo, i composti organicivolatili (COV).

Analogo discorso vale perl’ozono, anch’esso inquinantedi formazione derivata da pre-

cursori quali gli ossidi d’azotoe i COV.

Il Polesine inoltre è anchel’area del Delta del Po che co-stituisce una delle piú impor-tanti riserve d’Europa di “bio-diversità” ossia di ricchezzabiologica, vegetale e faunisti-ca, seriamente minacciata daprogetti di grandi infrastruttu-re energetiche e dalla previsio-ne di una grande zona indu-striale di oltre 370 ettari di su-perficie.

Ma il Polesine è anche unsimbolo della “sperequazioneambientale”.

Nel passato recente c’è sta-to un caso di ingiustizia am-bientale emblematico (da apo-logo di Fedro del Lupo e del-l’agnello): l’inquinamento del-l’Adige provocato da due in-dustrie trentine (di Rovereto)con la conseguente impossibi-lità di attingere le acque pota-bili dal fiume e la chiusura del-l’acquedotto di Rovigo.

Inoltre nella nostra Provinciacontinuano a essere scopertiepisodi di smaltimento illecitodei rifiuti industriali, talvoltapericolosi, provenienti spessoda altre province piú indu-strializzate, con il conseguen-te inquinamento dei suoli, tan-to che alcuni siti polesani sonostati inseriti nel piano nazio-nale delle bonifiche.

Ma direi che gli episodi piúeclatanti di iniquità ambienta-le di cui il Polesine è vittima so-no legati alle infrastrutture ener-getiche.

La centrale di Porto Tolle,dalla sua entrata in funzione si-no al 2005 (con il suo carico di

celerare l’innovazione tecno-logica, anche e soprattutto sulpiano dell’efficienza e del ri-sparmio energetico.

SEGNALI LOCALI

DELLA CRISI AMBIENTALE

I segnali della scarsità del-l’ambiente, sia come “sorgen-te” sia come “pozzi”, ossia del-l’impoverimento delle risorseambientali e dell’incapacità dismaltire gli inquinanti, sonoparticolarmente evidenti nelnostro territorio: la Pianura pa-dana, il Polesine.

Basti pensare all’inaridi-mento stagionale del Po - par-ticolarmente allarmante in oc-

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Secondo uno studio del CNR di Bologna,

il progetto di trasformazione

a carbone della centrale di Porto Tolle

presentato da Enel non dà garanzie

circa il rispetto del Protocollo di Kyoto.

Dunque, il progetto nonrisulta compatibile

né sul piano locale né su quello internazionale

13 mila tonnellate/anno di os-sidi di zolfo, senza contare os-sidi di azoto) è stata la maggiorefonte fissa di inquinamento at-mosferico del Paese, godendodi una normativa di favore cheha consentito all’Enel di tene-re questo impianto per ultimonel “parco aziendale” tra quel-li in cui adottare gli strumentidi contenimento delle emissio-ni inquinanti.

Possiamo discutere degli ef-fetti ambientali e igienico sa-nitari di questo imponente ca-rico inquinante, ma non v’èdubbio che il Polesine abbiaofferto un grande contributo intermini di produzione energe-tica, per cui in una logica diequità distributiva, ci si sareb-be attesi che nei programmi diEnel vi fosse finalmente un po-sto di riguardo per la centraledi Porto Tolle in termini di con-tenimento delle emissioni: e in-vece, l’Enel ha pensato ancorauna volta alla soluzione delcombustibile piú economico at-tualmente esistente sul merca-to, cioè la trasformazione a car-bone.

Ora questa ipotesi proget-tuale, nonostante i sistemi difiltrazione previsti, risulta unasorgente di inquinamento at-mosferico ove solo si conside-ri che gli NOx (circa 4000 t/an-no) previsti per la centrale ter-moelettrica ENEL in progettosupererebbero l’intera emis-sione di NOx del settore deitrasporti stradali della Provin-cia (stimato in 3070 t per l’an-no 2000: vds. l’allegato CESIA6019818 tab4-II). La centra-le ENEL in progetto sarà dun-

que la piú importante sorgenteprovinciale di tali precursoridelle polveri sottili e dell’ozo-no.

Inoltre, secondo l’analisi ope-rata da uno studioso del CNRdi Bologna (il prof. Cervino),il progetto di trasformazione acarbone della centrale presen-tato da Enel non dà garanziecirca il rispetto del piano na-zionale di assegnazione delleemissioni in attuazione del Pro-tocollo di Kyoto in quanto nelbilancio generale di massa con-tenuto nel progetto l’anidridecarbonica non è neppure cita-ta. Dunque questa ipotesi pro-gettuale non risulta compatibi-le né sul piano locale né su quel-lo internazionale.

Vi è poi tutto un fiorire di ul-teriori ipotesi localizzative nelnostro territorio provinciale dinuove centrali elettriche chesono avulse da ogni logica nondico di autosufficienza locale(che sarebbe assurdo), ma daqualsiasi seria pianificazioneenergetica nazionale e regio-nale.

Sul terminal gasifero di Por-to Levante mi limito a dire chei presupposti di localizzazione(il collegamento alla rete na-zionale dei gasdotti a Porto Vi-ro con la conseguente realiz-zazione di un gasdotto di lun-ghezza molto ridotta) e la con-tropartita ambientale (la pro-spettata trasformazione a gasdella centrale Enel), su cui si erafondata l’iniziale accettazionedi questa nuova infrastrutturaenergetica sul nostro territorioda parte delle comunità locali,sono ormai venuti meno.

Il collegamento con la retenazionale del gas cento chilo-metri piú a sud (in provincia diBologna) esclude dunque ognilogica nella localizzazione diquesto terminal gasifero, chenon sia quella legata all’acqui-sizione di ingenti finanziamentipubblici.

Ancora una volta al Polesi-ne rimane dunque il peso diuna grande infrastruttura sen-za avere un ritorno significati-vo che non può essere, a mioparere, quello della “monetiz-zazione degli impatti” (comeinvece finora si sta facendo) equesto perché al di là del pro-filo etico, mi sembra sciocco sul

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La crisi ambientale è ormai percepita con tale acutezza dalla società che dobbiamo attendercidelle importanti innovazioni tecnologiche.Tuttavia, cittadini e imprese debbono essere incentivati a utilizzarle con adeguati strumenti economici

continuazione dell’attività del-la centrale Enel di 2640 Mw dipotenza; un terminal da 8 mi-lioni di mc/annui di gas; una zo-na industriale di 4 milioni dimetri quadrati) che sono in gra-do di ipotecare (o se si preferi-sce, impegnare) il futuro delterritorio provinciale (della suaeconomia e società) per moltidecenni.

STRUMENTI PER LA RISOLUZIONE

DELLA CRISI AMBIENTALE: INCENTIVI E DISINCENTIVI

ECONOMICI E

LE CERTIFICAZIONI AMBIENTALI

C’è naturalmente un grandedibattito su quali siano le ri-cette per risolvere la crisi am-bientale.

C’è innanzitutto, da parte ditaluni, un atteggiamento digrande ottimismo sulle possi-bilità dell’innovazione tecno-logica.

Prendendo a prestito una fra-se di Marx secondo cui «gli es-seri umani si pongono soltan-to i problemi che possono ri-solvere», un autorevole polito-logo inglese ha sostenuto chela crisi ambientale è ormai per-cepita con tale acutezza dallasocietà che dobbiamo atten-derci delle importanti innova-zioni tecnologiche, tanto chele tecnologie dell’ambiente di-venteranno nel prossimo ven-tennio quello che l’informationtechnology è stata nei vent’an-ni appena trascorsi (7).

Anch’io credo che si debbaessere ottimisti sulle innova-zioni tecnologiche, specie nelsettore energetico (si pensi inparticolare alle prospettive, or-

mai mature, del solare foto-voltaico, delle biomasse e bio-combustibili, nonché del ri-sparmio energetico), e tuttavia,individuate le migliori tecno-logie per contenere l’inquina-mento, cittadini ed imprese deb-bono essere incentivati a uti-lizzarle con adeguati strumen-ti economici.

Una prima tipologia di stru-menti economici che andrebbesenz’altro implementata con-siste nella previsione di onerie incentivi per «internalizzarele esternalità ambientali», os-sia far emergere i costi dell’in-quinamento e i benefici del suocontenimento: ad es. il sistemadelle tariffe nello smaltimentodei rifiuti proporzionate allaquantità e qualità degli scartiprodotti (meccanismo che sista introducendo a poco a po-co in Italia in attuazione del de-creto Ronchi; o il sistema del-le “quote o diritti di emissione”commerciabili tra le aziendeinteressate (come prevede ilProtocollo di Kyoto).

Utile risulta senz’altro anchela piú ampia diffusione dellenorme di applicazione volon-taria, volte a migliorare le pre-stazioni ambientali nell’impresacon certificazioni di qualità delprocesso industriale (la normaISO 14001 o il regolamentoEMAS) o dei prodotti (il mar-chio Ecolabel; ma anche le cer-tificazioni delle produzioni bio-logiche).

Quello dei marchi ecologicie delle certificazioni ambientalicostituisce uno strumento chemigliora dunque l’efficienzadei processi aziendali, oltre che

piano strettamente economico,quello di svendere il propriopatrimonio non rinnovabile(qualcuno parla in questo casidi dumping ambientale) percontropartite economiche e oc-cupazionali relativamente mo-deste e soprattutto di breve pe-riodo, poco lungimiranti.

Ovviamente in tutti questicasi vi possono essere diversevalutazioni, ma credo però cheun dato sia innegabile: e cioèche sia sinora mancata una se-ria riflessione su dove sta an-dando il Polesine.

Perché sembra assente la con-sapevolezza che ora si stannooperando scelte insediative (la

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Molte volte si rischia diarrivare a disciplinare

un settore quando ormaimolti danni irreparabili

si sono già prodotti.L’insufficienza della

normativa ambientaleha anche ragioni patologiche che

si possono individuare nella crisi

del principio di legalità

l’immagine dell’impresa difronte ai consumatori; e tutta-via questi istituti non hanno an-cora trovato ampia diffusionese non laddove il mercato o glienti locali (in sede di conclu-sioni di accordi e patti con leimprese per la localizzazionedegli impianti) richiedono que-ste certificazioni: in particola-re il sistema di gestione am-bientale EMAS è applicato dauna ristretta minoranza di azien-de, soprattutto nel settore ener-getico (e sostanzialmente infunzione dell’accrescimento delvalore dei singoli impianti nelmercato internazionale). Inol-tre esiste il problema di unacerta diffidenza dell’opinionepubblica circa l’effettiva im-parzialità e terzietà degli enti dicertificazione che, bene o ma-le, sono legati all’azienda dacertificare con un vincolo con-trattuale.

Appare evidente dunque chemercato e norme, la cui appli-cazione è su base volontaria (siparla comunemente di soft law),non sono dunque in grado di ri-solvere da sole la crisi am-bientale.

NECESSITÀ, MA INSUFFICIENZA

DELLA NORMATIVA AMBIENTALE:LA CRISI

DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ

Mercato, tecnologia e softlaw possono aiutare ad alle-viare le pressioni e a farci gua-dagnare tempo utile, ma indi-spensabile sarà l’implementa-zione delle normative ambien-tali, tanto sul piano internazio-nale quanto su quello interno,con un fondamentale miglio-

ramento del sistema dei con-trolli e dell’irrogazione dellesanzioni.

D’altronde “Cap and trade”,attivare il mercato ma anchefissare gli standard normatividi inquinamento, è la ricetta delpiú volte richiamato “Rappor-to Stern”.

Tuttavia anche la normativaambientale presenta dei limitidi ordine sia fisiologico che pa-tologico o, se si preferisce, siastrutturale che congiunturale.

Innanzitutto la legge è ne-cessariamente chiamata a rin-correre senza mai raggiungere,un po’ come nel paradosso diAchille e della tartaruga, i fe-nomeni di inquinamento e i ri-schi ambientali, sempre nuovicome sempre nuove sono letecnologie e le scoperte uma-ne sugli effetti di questa o quel-la sostanza, emissione o pro-dotto.

Cosí molte volte si rischia diarrivare a disciplinare un settorequando ormai molti danni ir-reparabili si sono prodotti: è ilcaso dell’amianto disciplinatonel nostro Paese (tra l’altro, trai primi nel mondo) da una leg-ge del 1992 dopo molti anni diestrazione d utilizzazione di-sinvolta di questo materiale al-tamente pericoloso.

Ma talvolta neppure i pro-cessi consentono di punire i re-sponsabili: cosí è avvenuto nelprocesso del Petrolchimico diPorto Marghera (almeno nelprimo grado di giudizio: con lalettura davvero straziante del-la sentenza di primo grado del2.11.2001 di generale assolu-zione) in quanto il Tribunale

ritenne che sino al 1973 gli ef-fetti cancerogeni del CVM nonfossero conosciuti.

L’insufficienza della norma-tiva ambientale ha anche ra-gioni patologiche che si pos-sono individuare nella crisi delprincipio di legalità e nello sta-to di sostanziale paralisi in cuiversa il processo nel nostro Pae-se (sia il processo penale, siaquello civile, con qualche di-stinguo per il processo ammi-nistrativo).

Quanto al primo aspetto, rias-sumo molto velocemente il te-ma di una mia relazione a unconvegno che si svolse pressola sede della Provincia di Ro-

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Spesso ci si convinceche il nostro Paese è “bloccato” in quantoogni iniziativa di modernizzazione viene bloccata dalle comunità locali preoccupate del proprio“orticello” e affette dalla sindromeNIMBY (not in my backyard)

da parte di giudici imparziali(8).

Da tempo gli studiosi ci han-no spiegato che questo princi-pio è entrato ormai in una cri-si profonda e uno dei settori incui appare piú evidente questacrisi è proprio quello del dirit-to dell’ambiente, perché qui èpiú forte l’insofferenza di or-ganizzazioni, cittadini e im-prese per “i lacci e i lacciuoli”costituiti dalle regole procedu-rali e dal relativo controllo giu-risdizionale.

In quell’occasione indivi-duavo quattro profili della cri-si del principio di legalità: l’e-lusione, la sospensione, il per-dono e l’attenuazione del con-trollo della legalità.

Con la figura dell’“elusionedella legalità” facciamo riferi-mento a tutta quella normativain materia di approvazione del-le infrastrutture (dalla “leggeobiettivo”, al cosiddetto “de-creto sbloccacentrali”, al de-creto sulle infrastrutture ener-getiche lineari, ma anche alla di-sciplina di localizzazione degliimpianti di telefonia e radioe-lettrici contenuta nel Codicedelle comunicazioni elettroni-che) che, pur perseguendo lo-devoli finalità di semplifica-zione delle procedure, hannooperato una centralizzazionedel processo decisionale ed unaffievolimento dei poteri deglienti locali e delle garanzie diinformazione e partecipazionedelle comunità interessate.

Al fondo di questa normati-va c’è la concezione secondocui la decisione politica di ap-provare un’opera pubblica o

privata renderebbe quest’ultima“legittima in sé” o, detto altri-menti, la legittimazione politi-ca renderebbe inutile la legit-timità giuridica relegando,quindi, in un angolo il princi-pio di legalità, per cui tutte lealtre leggi previste dall’ordi-namento sono viste come osta-coli alla realizzazione dell’o-biettivo strategico e vengonoderogate in vista della realiz-zazione delle opere.

Si tratta, com’è evidente, diuna consapevole rottura conl’ordinamento vigente, che mi-ra alla costituzione di una le-gislazione speciale derogato-ria della disciplina ordinaria ri-tenuta indispensabile per la rea-lizzazione delle grandi infra-strutture, ma che tuttavia nonha funzionato (si pensi al casoTAV o al deposito di scorie nu-cleari a Scansano Jonico). Laconclusione cui spesso si per-viene è che il nostro Paese è“bloccato” in quanto ogni ini-ziativa di modernizzazione vie-ne bloccata dalle comunità lo-cali preoccupate del proprio“orticello” ed affette dalla sin-drome NIMBY (not in mybackyard).

Questa conclusione è forseesatta, ma non spiega le ragio-ni di questo comportamento: ilquale è dovuto in molti casi al-la non conoscenza da parte deicittadini delle ragioni che han-no indotto quella localizzazio-ne dell’opera e delle valuta-zioni alternative.

Questo deficit informativo epartecipativo è provocato dal-la mancanza nel nostro Paesedi meccanismi di partecipazio-

ma nel maggio dello scorso an-no la quale aveva come titolo“Crisi del principio di legalitànell’amministrazione dell’am-biente”.

Il “principio di legalità” traeorigine dalla felice intuizionearistotelica che gli uomini deb-bono essere governati dalle leg-gi e non dall’arbitrio di altriuomini (Politica, III, 16, 1287a).Per cui in uno stato liberale didiritto “principio di legalità”significa che tutti, ivi compre-so il potere esecutivo, sono sog-getti alle leggi del Parlamentoe tale conformità alla leggedev’essere garantita da ade-guati meccanismi di controllo

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Un’altra ragione di crisi del principio

di legalità è dato intravedere

nella normativa che si può chiamare

del “perdono dell’illegalità ambientale”

ossia i condoni

ne preventiva delle comunitàlocali che sono invece presen-ti da molti anni in altri ordina-menti giuridici, come le in-chieste pubbliche francesi; einfatti in Francia la vicendaTAV ha avuto uno svolgimen-to ben diverso che in Italia.

In secondo luogo abbiamo icasi che ho definito di “so-spensione della legalità”: c’èstata infatti nel nostro Paesenegli ultimi dieci anni una pro-gressiva estensione dei poteri diprotezione civile di cui alla leg-ge n. 225/1992 oltre gli àmbi-ti classici delle calamità: in que-sti casi la dichiarazione di sta-to di emergenza proclamata dalConsiglio dei ministri e la no-mina di commissari consente diderogare a tutta la legislazionevigente con il solo rispetto deiprincípi generali dell’ordina-mento: di questi poteri si è fat-to un uso amplissimo ad es. nelcampo dello smaltimento deirifiuti e della depurazione idri-ca e in generale della gestionedel ciclo delle acque che inrealtà costituiscono da decen-ni emergenze permanenti nel-le regioni del sud, ma è statoesteso anche a situazioni di dif-ficoltà economica di imprese,conseguenti a provvedimentidi sequestro della magistratu-ra (il caso della cartiera Burgoin Carnia) o per realizzare in-frastrutture viarie senz’altro ne-cessarie ma che non si confi-gurano come una calamità na-turale (come il passante di Me-stre).

La discrezionalità del Go-verno nell’applicare questo nor-mativa derogatoria è stata poi

estesa a tutti quelli che il Con-siglio dei ministri dichiara“grandi eventi” non meglioqualificati dalla legge.

Per cui la disciplina ecce-zionale della protezione civileè stata applicata a fatti che, co-me è stato giustamente rileva-to, avevano ben poco di im-prevedibile e nei quali l’ur-genza del provvedimento eraimputabile solo al ritardo conil quale sono stati affrontati eregolati (il semestre di Presi-denza italiana dell’Unione eu-ropea nel 2002, ma anche ce-rimonie religiose, come la ca-nonizzazione del Beato PadrePio di Pietrelcina o il Con-gresso eucaristico nazionale diBari).

In questi ultimi casi di so-spensione delle leggi vigenticon attribuzione di tutti i pote-ri al commissario all’emergen-za (che ricorda un po’ la figu-ra del dictator romano) sembraproprio la negazione del toposaristotelico perché in questeipotesi la discrezionalità delgoverno degli uomini in luogodel governo delle leggi è mas-sima.

Un terzo profilo di crisi delprincipio di legalità è dato in-travedere nella normativa chesi può chiamare del “perdonodell’illegalità ambientale” os-sia i condoni: in materia edili-zia, ma anche paesaggistica, epoi altre sanatorie inserite nel-le pieghe della normativa am-bientale, come quelle che sonointervenute nel settore degli im-pianti a radiofrequenza (dopol’incostituzionalità del decretoGasparri), e anche nel settore

delle infrastrutture energetiche.Infine, la crisi del principio

di legalità trova una sua mani-festazione nell’attenuazione delcontrollo della legalità da par-te del Giudice amministrativoil quale ha ormai adottato unalogica sostanzialistica; tenden-za quest’ultima che è stata an-che codificata nella recenteriforma del procedimento am-ministrativo, per cui le illegit-timità procedurali non com-portano piú l’annullamento delprovvedimento, laddove il Giu-dice ritenga che il contenutodell’atto non avrebbe potutoessere diverso.

Ma le procedure di decisio-

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L’attività di ricerca scientifica deve essere svolta in una situazione di estrema trasparenza delle fonti di finanziamento, condizione indispensabileper una serena valutazione dei risultati degli studi stessi

ALLA RICERCA DI UNA NUOVA

ETICA “LUNGIMIRANTE”

Mi piace concludere con ilracconto biblico della Crea-zione, ricordato anche nel ca-pitolo X del Compendio dellaDottrina Sociale della Chiesa,citato dal vostro Presidente nel-l’invito a questa serata.

La Genesi pone l’uomo alcentro del Creato, come ulti-mo atto dell’opera di Dio.

In queste pagine si è visto alungo il riconoscimento del di-ritto dell’uomo di dominare lanatura trasformandola in baseai suoi bisogni, con una con-cezione che è stata alla basedel progresso scientifico e tec-nologico del mondo occidentale(Gen. 1, 26-31), ma che tal-volta è stata anche strumenta-lizzata.

Tuttavia l’emergere della cri-si ambientale ha evidenziatol’altra faccia dell’antropocen-trismo nel racconto della Crea-zione: quello dei doveri con-nessi a questa centralità, ossiaquello della responsabilità del-l’uomo per le sorti del mondo.

Questa seconda faccia del-l’antropocentrismo è ancora piúevidente nel secondo raccontodella Creazione dove all’uomoviene attribuito il compito di“coltivare” e di “custodire” ilgiardino dell’Eden (Gen. 2, 15-17).

Una responsabilità per la buo-na conduzione del Creato cheè stata, dunque, attribuita daDio all’uomo sin dalle origini,ma che è divenuta sempre piúevidente, piú stringente e piúampia a mano a mano che so-

no aumentate le conoscenze edil potere dell’azione umana sul-l’ambiente.

Di qui la ricerca, tuttora incorso, di una nuova etica chia-mata a risolvere questioni digrande complessità che mai inpassato sono state oggetto diriflessione morale in quanto lepotenzialità tecnologiche sonotali da coinvolgere ormai l’in-tero globo, le generazioni fu-ture, la stessa genetica degli es-seri viventi.

In questa situazione di gran-de complessità un ruolo sem-pre piú centrale nell’orienta-mento dell’opinione pubblica edei governi assumono ovvia-mente gli scienziati i quali, co-me ha auspicato il Santo Padrenella sua ultima prolusione al-la Pontificia Accademia delleScienze (6 novembre 2006),debbono rifuggire sia dall’al-larmismo ingiustificato sia dal-la reticenza per paura di fron-te ai problemi reali. E, aggiun-go, debbono svolgere l’attivitàdi ricerca scientifica in una si-tuazione di estrema trasparen-za delle fonti di finanziamen-to, condizione indispensabileper una serena valutazione deirisultati dei loro studi.

Questa nuova etica per la ci-viltà tecnologica credo non pos-sa prescindere dal principio del-lo “sviluppo sostenibile” ela-borato ormai vent’anni orsonodalla Commissione mondialeper l’ambiente e lo sviluppo,che nel “Rapporto Bruntland”spiegò come una società puòconsiderarsi sostenibile quan-do è in grado di soddisfare i bi-sogni del presente senza com-

ne previste dalla legge non so-no sempre inutili appesanti-menti burocratici: sono talvol-ta garanzia di adeguata istrut-toria tecnica, di sufficiente pon-derazione degli interessi ingiuoco, di valutazione dellepossibili alternative, di infor-mazione e partecipazione deiprivati interessati.

Per cui non so se questa at-tenuazione dei meccanismi dicontrollo giudiziale dei requi-siti di democraticità e di im-parzialità dei provvedimentiamministrativi sia un effettivoprogresso sulla strada della ci-viltà giuridica ed amministra-tiva.

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«Il futuro - come hascritto efficacemente

il filosofo tedesco H. Jonas -

non è rappresentato in nessun organo

collegiale né è una forza

che possa gettare il proprio

peso sulla bilancia»

promettere la capacità delle fu-ture generazioni di soddisfarei propri (9).

Il problema fondamentale èche «il futuro - come ha scrit-to efficacemente il filosofo te-desco H. Jonas - non è rappre-sentato in nessun organo col-legiale né è una forza che pos-sa gettare il proprio peso sullabilancia. Ciò che non è esistentenon possiede nessuna lobby ei non nati sono impotenti.

Pertanto il rendiconto dovu-to a questi ultimi non è ancorauna realtà politica nell’attualeprocesso decisionale, e quandoessi lo potranno esigere, noi, icolpevoli, non ci saremo piú»(10).

Insomma il concetto di svi-luppo sostenibile prescinde dauna logica di reciprocità, deldo ut des, ed è per questo checredo si debba fare appello aivalori cristiani della solidarietàe della carità, per essere tra-dotto in regole giuridiche - siadella comunità internazionalesia dei singoli Stati -, per esse-re applicato alle scelte sia del-le istituzioni nazionali e loca-li, sia delle imprese, e in ulti-ma analisi per essere posto al-la base di uno stile di vita e diconsumo del mondo occiden-tale piú sobrio e lungimirante.

In questo credo che la logi-ca economica e dei mercati, eneppure il senso civico di le-galità, siano sufficienti all’af-fermazione del principio dellosviluppo sostenibile, e che laChiesa cattolica svolga un ruo-lo essenziale e insostituibilenell’affermare il dovere cri-stiano di pervenire a un’equa di-

stribuzione del patrimonio am-bientale.

1) Il rapporto è pubblicato sul sitohttp://www.hm-treasury.gov.uk/In-dependent_Reviews/stern_re-view_economics_climate_chan-ge/sternreview 2) D. Meadows et alii, I nuovi li-miti dello sviluppo, Mondatori, Mi-lano 2006.3) Come sottolinea U. Beck, Lasocietà del rischio, Carocci, Roma2000.4) G. Ruffolo, Una ‘finanziariamondiale’per l’emergenza del pia-neta, in la Repubblica, 30 ottobre2006.5) G. Osti, Nuovi asceti, il Muli-no, Bologna 2006.6) P. Dei, Guerre ambientali: co-me si preparano gli strateghi Usa,in Limes-Rivista italiana di geopo-litica, supplemento al n. 4/2006 daltitolo “Tutti giú per terra”.7) A. Giddens, Non lasciamo aiverdi l’allarme sul clima, in la Re-pubblica, 13 novembre 2006.8) Cfr. ad es. G. Zagrebelsky, Ildiritto mite, Torino 1992, spec.24 ss.;9) Commissione mondiale perl’ambiente e lo sviluppo, Il futurodi tutti noi, pubblicato in Italia daMondadori, Milano 1987.10) H. Jonas, Il principio respon-sabilità. Un’etica per la civiltà tec-nologica, Einaudi, Torino 1990.

Il concetto di svilupposostenibile prescinde

da una logica di reciprocità:

per questo credo si debba fare appello

ai valori cristiani della solidarietà

e della carità, per essere tradotto

in regole giuridiche ed essere applicato alle

scelte delle istituzioni.Occorre anche favorire

uno stile di vita e di consumo

piú sobrio e lungimirante

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ALTA QUALITÀ, FATTORE

DI COMPETITIVITÀ

La produttività è legata alla capacitàdi valorizzare le risorse umane. Responsabilità sociale è ricerca del bene comune

Il recupero dell’arte della“sartoria del ricamo” nelterritorio montano del Friu-

li Venezia Giulia, sta alla basedel progetto denominato “Pro-dotto di alta qualità in Monta-gna”. Progetto che mira a unariqualificazione del prodottolocale cosí che si possa punta-re a quella fascia di mercatoancora ricettiva, ovvero quelladell’alta gamma, quella del pro-dotto di nicchia, dove arte e ar-tigianato si fondono dando vi-ta al “vero” Made in Italy.

Il progetto si affianca a unaserie di iniziative promosse dal-la Provincia di Udine a partiredal 2004, denominate “Filo, ri-camo, nodi e colore”, che han-no visto l’arte del ricamo comeprotagonista di una rivaluta-zione storica e commerciale diquesta antica arte e della suaespressione ed espansione inFriuli Venezia Giulia.

Un territorio che si distinguee si fa notare per gli elementidi unicità e alta qualità delleproprie manifatture differen-ziate da tipologie stilistiche e ar-tistiche di alto livello, dove latradizione storica si fonde conl’innovazione voluta dalla fon-datrice della rinascita del rica-mo in Italia, la Signora Anto-nietta Monzo Menossi, che dal1980 ad oggi si è adoperata,assieme ad altre maestre di ri-camo, per riportare in vitaun’arte che altrimenti rischia-va l’oblio.

La nostra attenzione si è per-tanto rivolta alla salvaguardiadi questo patrimonio antropo-logico, artistico e artigianale,che, laddove venga posto al ser-

vizio del mercato delle PMI,puòdare vita a quei prodotti per cuil’Italia si è sempre distinta, ov-vero per le caratteristiche di“eccellenza” che la manifattu-ra Made in Italy ha mantenutonel tempo e che si esprimono,a livello mondiale, attraversol’alta moda, l’arte e l’ingegnoche tutti riconoscono al popo-lo italiano.

La situazione internazionaleha dimostrato che la globaliz-zazione degli scambi commer-ciali ha prodotto, in molti casi,uno scadimento della qualitàdel bene finale, dando vita auna omologazione del livelloqualitativo di molti beni mes-si in commercio che invadonoanche il mercato italiano met-tendo in difficoltà i nostri ope-ratori.

La differenza che può salva-re le nostre imprese risiedequindi nella capacità di darevita a prodotti “unici”, di altao altissima qualità, che vadanoa coprire quella fascia di mer-cato ancora attiva che necessi-ta di manufatti con queste ca-ratteristiche.

Da qui nasce l’esigenza diagire pragmaticamente allo sco-po di valorizzare le risorse di-sponibili e le peculiarità loca-li legate all’alto artigianato, in-novando il sistema di relazio-ni sul territorio per dare vita aquel punto di forza necessarioora piú che mai per delinearel’andamento e il futuro di unabuona fascia economica di que-st’area.

A livello nazionale, e in par-ticolar modo per quanto con-cerne il Nord-Est, sta sempre

La differenza che puòsalvare le nostre impreserisiede quindi nella capacità di darevita a prodotti “unici”,valorizzando le risorsedisponibili e le peculiarità locali legate all’alto artigianato, innovando il sistema di relazioni sul territorio

ATTIVITA’ARTIGIANATO IN ITALIA

di Marialisa Valoppi Basso Direttr. Museo “Gortani” Tolmezzo,Consulente Provincia di Udine

di Giacomino IobPresidente Nord 2000 Società Cooperativa

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3/2006 • UCID Letter

La qualità rappresenta la principale caratteristica

che può permettere a molte delle nostre

industrie di sopravvivere, a molti dei nostri

artigiani di lavorare bene e al nostro capitale umano

di non disperdersi

piú crescendo e delineandosi ilruolo delle piccole e medie im-prese e quindi il modello dellePMI inserite nelle grandi reti.Risulta pertanto fondamenta-le una particolare attenzione daparte del territorio alla vastarete di ditte specializzate, cheinserite nelle complesse logichedi filiera possono favorire uncomune percorso di competiti-vità a tutela dell’interesse del-le stesse comunità locali.

Ed è per questo motivo cheil nostro percorso partirà da unpaesino della Carnia, Illegio,dove opera una piccola ma ap-prezzata cooperativa che pro-duce lenzuola di alta qualitàvendute nei mercati interna-zionali. Azienda che diverrà ilprototipo di un diverso modo diguardare alla produttività nelrispetto e nella ricerca delle tra-dizioni artigianali locali, con-vinti che le nostre peculiarità,artistiche e artigianali debbanoalimentare in modo selettivo lefiliere d’azione, concentrandola propria attenzione sui fatto-ri di peculiarità e interesse, con-vogliando le risorse disponibi-li su valori distintivi come qua-lità reali rintracciabili nella la-vorazione esclusiva dei mate-riali, nelle rifiniture e nella cu-ra dei dettagli. La manualitàdella lavorazione dei prodotticonferisce cosí un valore ag-giunto, legato alla ricerca diuno stile personale attraversol’identità comune che si puòottenere unendosi sotto un uni-co marchio garante della qua-lità del prodotto confezionato.

La Cooperativa di Illegio, èconcepita senza finalità specu-

lative, ma come partecipazio-ne dei soci ai benefici della mu-tualità applicandone i metodi eispirandosi, nella sua attività, aiprincípi della libera e sponta-nea cooperazione alla cui dif-fusione e affermazione è im-pegnata.

Tale modello aziendale è sta-to voluto per dare una rispostaconcreta allo spopolamento ealla disoccupazione che si ve-rificano nella montagna del-l’Alto Friuli.

Con l’attività artigianale dicucire lenzuola si ridà impul-so e vigore a un piccolo paesedi montagna (Illegio di Tol-mezzo, circa 400 abitanti) ed èimportante perché evita l’im-migrazione interna, causa prin-cipale dell’attuale situazionepoco felice in cui versano laCarnia e i suoi piccoli paesi.

QUALITÀ E UNICITÀ

La qualità, pertanto, rappre-senta la principale caratteristi-ca che può permettere a moltedelle nostre industrie di so-pravvivere, a molti dei nostri ar-tigiani di lavorare bene e al no-stro capitale umano di non di-sperdersi: riattivare e sponso-rizzare la ricrescita dell’alto ar-tigianato a sevizio della picco-la e media impresa vuol direanche consentire alla gente dilavorare bene e molto nei luo-ghi di origine.

È necessario creare un effi-cace strumento di intermedia-zione tra le varie rappresen-tanze del settore, perché siapossibile far dialogare le piccolee medie imprese con artigianispecializzati e formatori, allo

scopo di dare vita a nuove al-leanze per fare impresa in unmondo che cambia, innovan-do carica inventiva e forza crea-tiva.

Mettendo in risalto l’impor-tanza per le PMI di accedere aun’alta qualifica delle risorseumane disponibili, perché so-no queste che poi garantisconoall’azienda un livello di qualitàdel prodotto offerto.

Il valore delle risorse umaneper una PMI rappresenta il ve-ro punto di forza, la vera in-novazione: ritornare a una di-mensione maggiormente eticadell’azienda, dove i lavoratorisi sentano partecipi di un pro-

ARTIGIANATO IN ITALIA

ATTIVITA’

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UCID Letter • 3/2006

È sempre piú importanterendere partecipi i lavoratori del progettoaziendale, sottolineandoil vantaggio della cooperazione, per dare vita a un nuovo modo di fare impresa. Occorre lavorare maggiormente in un’ottica di mercatodove il profitto non è piúil solo stimolo di crescita e impegno

soprattutto per quanto riguardala manodopera femminile. In-fatti le finalità del progetto so-no le seguenti:

1) evitare l’immigrazioneinterna a partire dalla disagia-ta zona montana carnica e quin-di proporre un “modello nuo-vo” di sviluppo;

2) coniugare in futuro traloro le varie realtà coinvoltenella montagna, con le sinergiederivanti dal fare “squadra as-sieme” e, quindi, diffondere unconcetto di complementarietàper evitare gli errori del passa-to, ovvero necessità di unirsicome prospettiva futura;

3) nell’arco temporale diun triennio andare sul mercatocon un servizio proprio.

Gli attori principali di questainiziativa sono locali e la par-ticolare cura dell’aspetto an-tropologico garantirà una cre-scita del territorio, con ricadu-te positive sullo stesso in ter-mini di cultura imprenditoria-le.

L’aspetto antropologico è im-portantissimo perché compor-terà amore nel lavoro da partedei lavoratori che sono anchesoci e amore nell’immagine daparte dei dirigenti e managerdelle relative aziende.

Il progetto di partenza, cheabbiamo denominato “Proget-to di alta qualità in Montagna”,vedrà formato ed eventual-mente riconvertito il persona-le delle varie aziende coinvol-te, con l’integrazione delle spe-cifiche competenze verso il pro-getto comune, allo scopo di es-sere piú competitivi sul mer-cato.

La crescita dello standardqualitativo dell’offerta sarà da-ta dall’applicazione entusiastae vincente, fatta di passione ecollaborazione mai imposta esenza dispersioni, da parte deilavoratori-soci e manager-di-rigenti, aiutandosi l’un l’altrodentro le aziende e nel loro ter-ritorio, crescendo tutti insieme:partendo nel nostro impegnodalla Carnia dove il territorio,la gente e la storia sono rico-nosciuti come un organismosociale che è parte integrantedelle aziende e quindi del lorosviluppo.

Si arriverà a un prodotto rea-lizzato da tante mani ma cheavrà un’anima sola, inimitabi-le e di stile riconoscibile. Talemiglioramento qualitativo del-l’offerta richiederà una grandeattenzione nella gestione dellerisorse umane in tutta la loromolteplicità di rapporti.

Questa gestione e questi rap-porti saranno legati non solo aragioni professionali, da svi-luppare soprattutto all’internodelle aziende, ma a quelle su-periori di ordine umano e so-ciale, a loro volta legate alleragioni del territorio, del suosviluppo e della sua normalitàdi vita.

Innovazione dunque nellagestione del personale, ricon-dotta alle logiche del bene co-mune, in cui la produttività èconseguenza della responsabi-lità sociale di ciascuno, in unrecupero di merito, onestà ecapacità, dentro e fuori l’a-zienda, in una comunità sem-pre meglio integrata con séstessa.

cesso evolutivo e creativo chevada a vantaggio di tutti: in al-tre parole creare un rapportoche non li soffochi.

Rendere partecipi i lavora-tori del progetto aziendale, sot-tolineando il vantaggio dellacooperazione, per dare vita a unnuovo modo di fare impresa.

Lavorare maggiormente inun’ottica di mercato dove ilprofitto non è piú il solo sti-molo di crescita e impegno.

Il progetto, che all’inizio sisvilupperà nel territorio dellamontagna friulana per esserepoi applicato al resto della pro-vincia, permetterà la creazionedi una cultura imprenditoriale,

ATTIVITA’ARTIGIANATO IN ITALIA

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3/2006 • UCID Letter

Come altri Paesi di que-sta vecchia Europa, l’I-talia si trova stretta in

una tenaglia: da un lato, premeil primo competitore, costitui-to dagli Stati Uniti con la suaformidabile produttività e ca-pacità di investimento in inno-vazione, dall’altro, incalza laspinta delle economie emer-genti, con in testa Cina, Indiae dintorni, che, praticando ildumping sociale e ambientale,immettono sui mercati mon-diali prodotti ottenuti con co-sti estremamente bassi.

Il risultato è che la nostraeconomia non riesce a compe-tere né con gli americani sulpiano dell’innovazione né congli asiatici sul piano dei costi.

Il problema è stato dramma-ticamente denunciato dal primopassivo commerciale con l’e-stero con cui dopo 12 anni sichiuse il 2004.

Poiché successivamente lasituazione non è migliorata, sisono fatte sempre piú insisten-ti le voci che chiedono misurea difesa della competitività, an-che se il vero rimedio consistenella realizzazione di nuovetecnologie, di servizi sofistica-ti e di merci con maggior va-lore aggiunto.

LA CRISI

DEL MODELLO DI SVILUPPO

Uno dei punti critici dell’e-conomia italiana è costituito daun tessuto industriale caratte-rizzato da una enorme quantitàdi imprese troppo piccole, da unnumero significativo ma nonsufficiente di medie imprese eda un numero di grandi impre-

se che è il piú basso tra i Pae-si dell’Occidente industrializ-zato.

Le piccole imprese italiane,che costituiscono circa il 95%delle imprese, innovano pocoe sono abbastanza fragili siaper la forza relativa di merca-to, sia per la debolezza mana-geriale conseguente alla ge-stione familiare, che si riflettenegativamente sugli strumentipreordinati alla realizzazionedel processo decisionale, ritar-dando il ricambio generazio-nale. Tali imprese sono in gra-do di offrire lavoro principal-mente a personale con bassaqualificazione, influendo in talmodo sulla determinazione delbasso numero di laureati delPaese.

Anche il sistema dei distret-ti, che in passato ha contribui-to a generare all’interno di ag-gregati di piccole imprese si-nergie ed efficienze proprie deigrandi gruppi, sembra ora es-sere meno in grado di sostene-re ulteriori sforzi per la com-petitività, anche perché non so-no stati avviati i necessari pro-cessi di semplificazione am-ministrativa, indispensabili persviluppare forme aggregativedi imprese in grado di dotarsidi particolari servizi e di rea-lizzare processi di innovazionetecnologica di vantaggio delleimprese del distretto.

Va sempre piú evidenzian-dosi che il vecchio modello disviluppo basato sul predomi-nio della piccola impresa, suun capitalismo familiare di ti-po bancocentrico imperniatosu un elevato indebitamento a

RIEQUILIBRIO

FINANZIARIO

DELLA PICCOLA

E MEDIA IMPRESA

Occorre trasformareil rapporto bancario in una relazione di tipo partecipativa,insieme a innovazionee attenzione sociale

Uno dei punti critici dell’economia italiana

è costituito da un tessutoindustriale caratterizzato da una enorme quantità

di imprese troppo piccole, da un numero significativo

ma non sufficiente di medie imprese

e da un numero di grandi imprese che è il piú basso

tra i Paesi dell’Occidente

industrializzato

PICCOLE E MEDIEIMPRESE

ATTIVITA’

di Angelo Trequattrini Sezione Ucid di Roma

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UCID Letter • 3/2006

Il difficile contestointernazionale e i vincoli strutturali che per molti versi mantengono ancora il sistema troppo rigidorichiedono di fare un salto in avanti per tenere il passo con i Paesi piú competitivi e dinamici

scita delle imprese anche inpresenza di una larga massa dirisparmio disponibile.

Il difficile contesto interna-zionale e i vincoli strutturali,che per molti versi mantengo-no ancora il sistema troppo ri-gido, richiedono di fare un sal-to in avanti per tenere il passocon i Paesi piú competitivi edinamici: una sfida di fonda-mentale importanza per le im-prese è il rapporto con la fi-nanza.

L’EVOLUZIONE

DELL’ORDINAMENTO

FINANZIARIO

In mancanza di interventi di-retti sulle imprese, è stato l’or-dinamento finanziario a farsicarico di misure che riequili-brassero la loro situazione fi-nanziaria, troppo dipendentedalle banche.

La legislazione in materiabancaria, emanata a partire dal1994 (con l’entrata in vigoredel testo unico), ha ampliato inmisura rilevante e significativasia l’autonomo ricorso delleimprese al mercato finanziario,sia le possibilità di interventoe di assistenza nei loro con-fronti delle banche; si è tratta-to di un decisivo passo verso lacrescita dello spessore del mer-cato stesso, dopo che per de-cenni era prevalso un modellodi finanziamento incentrato suicircuiti creditizi, che derivavadalla legge bancaria del 1936.

Tale modello, per ciò che at-tiene in particolare al rapportobanca-impresa, si basava su duepilastri:

a) la specializzazione cre-

ditizia, in relazione alla qualegli intermediari erano suddivi-si in aziende di credito e isti-tuti speciali di credito: le pri-me destinate alla raccolta del ri-sparmio a breve termine e al-l’esercizio del credito per il fi-nanziamento del ciclo produt-tivo delle imprese; i secondi al-l’esercizio del credito a medioe lungo termine per il finan-ziamento degli investimenti incapitale fisso sulla base di unaraccolta a medio e lungo ter-mine prevalentemente obbli-gazionaria;

b) la separatezza, secondocui alle aziende di credito erapreclusa l’assunzione di parte-cipazioni al capitale delle im-prese non finanziarie. Ai soliistituti di credito mobiliare erariservato il ruolo di soggettoattivo dal lato della domanda dititoli di capitale delle imprese.

La riforma bancaria del 1994ha cambiato le regole: alle ban-che è stato consentito di offri-re piú servizi alle imprese e aqueste ultime di fare maggiorricorso diretto al mercato.

In particolare, alle banche,oltre a piú ampie facoltà nellaconcessione di crediti plurien-nali, è stata aperta la possibilitàdi acquisire partecipazioni, en-tro i limiti del patrimonio, in im-prese produttive, sia diretta-mente sia indirettamente attra-verso organismi specifici, co-me le società finanziarie, iviincluse quelle di partecipazio-ne nelle società destinate allafornitura di servizi reali alleimprese e le società di svilup-po regionali, che costituisconoun importante punto di riferi-

breve termine, sulla specializ-zazione produttiva incentratasui beni di consumo tradizio-nali, richiede un cambiamentodi rotta che coinvolge anche irapporti con le banche.

Altro punto critico è rappre-sentato dalla struttura e dalla na-tura stessa del sistema finan-ziario italiano, per troppo tem-po drogato dal debito pubblicoche assorbiva gran parte del ri-sparmio, facendo mancare uncanale prezioso di finanzia-mento per la crescita delle im-prese, ma che continua a pre-sentare elementi di arretratez-za, di opacità e di scarsa capa-cità di accompagnare la cre-

ATTIVITA’PICCOLE E MEDIE IMPRESE

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3/2006 • UCID Letter

Nelle relazioni tra bancae impresa domina

ancora il fido creditizionell’àmbito

di una politica bancaria orientata alla limitazione

del rischio secondo criteri garantistici,

giustificati dalla condizione

di insufficiente capitalizzazione

che normalmente caratterizza la media

e piccola impresa

mento per l’utilizzo degli in-centivi pubblici, nazionali e co-munitari, alle medie e piccoleimprese.

Il 2006 ha visto ulteriori in-terventi di deregolamentazione,con l’abrogazione dei residui li-miti delle banche ai finanzia-menti a medio e a lungo terminealle imprese e alla trasforma-zione delle scadenze e l’elimi-nazione dell’obbligo di comu-nicare l’acquisizione di parte-cipazioni in imprese in diffi-coltà.

È stata preannunciata ancheuna nuova regolamentazionedelle partecipazioni detenibilidalle banche che, ferma la re-gola sul limite del patrimonio,semplificherà la procedura perl’acquisizione di interessenze inimprese finanziarie e assicura-tive e consentirà di estenderenotevolmente i limiti all’inve-stimento in capitale di rischiodelle imprese non finanziarie.

Ormai le banche sono diver-se sostanzialmente soltanto sot-to il profilo dimensionale; l’e-ventuale specializzazione del-l’attività è rimessa alla voca-zione dei singoli imprenditoribancari.

Nell’altro versante del rap-porto, si collocano le apertureaccordate per l’acquisizione dipartecipazioni delle impresenelle banche, una relazione chenecessita di essere attentamen-te seguita allorché aumentanole partecipazioni delle banchenelle imprese, per evitare l’in-sorgere di conflitti di interessee lo scivolamento dalla facoltàall’abuso.

L’entrata delle aziende di cre-

dito nelle partecipazioni indu-striali, implicando particolaririschi, in parte diversi da quel-li del tipico investimento azio-nario, richiede il possesso dicompetenze imprenditorialiadeguate per influire sul pianodell’indirizzo del controllo.

Tali partecipazioni dovreb-bero comunque essere tempo-ranee nella logica del banchie-re e finalizzate ad aiutare l’im-presa nella crescita o nella so-luzione di situazioni particola-ri (crisi, passaggi generaziona-li).

I valori finora raggiunti in-dicano una notevole cauteladelle banche a operare nel set-tore, da ascrivere a motivi di or-dine diverso: congiunturale; in-sufficiente professionalità; dif-ficoltà di modificare, se noncon gradualità, l’attitudine ac-quisita in un cinquantennio discelte legate alla specializza-zione e alla rigida separatezza;scarsa funzionalità del merca-to di borsa, che non consente al-le banche di procedere all’oc-correnza a rapide trasforma-zioni nella composizione del-le proprie attività.

In tema di partecipazione alcapitale, un provvedimento delgennaio 2004 prevede la con-cessione da parte del Ministe-ro per le Attività produttive dianticipazioni a banche e ad al-tri intermediari finanziari perl’acquisizione di partecipazio-ni temporanee (con durata mas-sima di 7 anni) e di minoranza(almeno il 20% del capitale so-ciale) nel capitale di rischio dinuove imprese tecnologiche,localizzate nel Mezzogiorno e

nelle aree depresse del Centro-Nord, operanti nei settori del-l’industria, commercio, servi-zi e turismo; particolari carat-teristiche presenta il meccani-smo relativo alla restituzionedel finanziamento all’atto deldisinvestimento, legato alla ef-ficienza mostrata dall’inter-mediario.

Nelle relazioni tra banca eimpresa domina ancora il fidocreditizio nell’àmbito di unapolitica bancaria orientata allalimitazione del rischio secon-do criteri garantistici, giustifi-cati dalla condizione di insuf-ficiente capitalizzazione chenormalmente caratterizza la

PICCOLE E MEDIE IMPRESE

ATTIVITA’

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L’impresa, specialmentequella piccola, non ènormalmente in grado di autoprodurre la combinazione degli strumenti e dei servizi finanziari che le occorrono, sicché la domanda degli stessi si rivolge agli intermediari finanziari, i quali devono sviluppare e diversificare la lorocapacità di offerta

to di finanziamenti esterni in as-senza di meccanismi in gradodi ridurre le asimmetrie infor-mative tra impresa e finanzia-tore e di limitare la probabilitàdi comportamenti opportuni-stici da parte delle imprese stes-se.

L’impresa, specialmentequella piccola, non è normal-mente in grado di autoprodur-re la combinazione degli stru-menti e dei servizi finanziariche le occorrono, sicché la do-manda degli stessi si rivolgeagli intermediari finanziari, iquali devono quindi sviluppa-re e diversificare la loro capa-cità di offerta.

Ma cosí come alle banchesono state riconosciute piú am-pie possibilità di intervento, siacome emittenti sia come ac-quirenti di determinati titoli,alle imprese sono state attri-buite significative facoltà di ri-corso diretto al mercato me-diante l’emissione di valori mo-biliari.

La nuova disciplina permet-te all’impresa sana, organizza-ta in forma di società per azio-ni, di raccogliere risparmio at-traverso l’emissione di nuovi ti-pi di titoli azionari e strumen-ti finanziari partecipativi, in cuisi combinano diversamente di-ritti patrimoniali e diritti am-ministrativi, con una sostan-ziale sfumatura dei concetti diazione e obbligazione.

Per quanto riguarda questeultime, oltre all’ampliamentodei limiti alla emissione, le ul-time riforme del diritto socie-tario hanno trasferito il poteredi emettere obbligazioni dal-

l’Assemblea agli amministra-tori, introducendo una mag-giore flessibilità operativa.

Inoltre, accanto alle S.p.A ealle S.a.p.a., hanno ora facoltàdi emettere titoli di debito an-che le S.r.l., una forma giuridi-ca molto diffusa tra le medie epiccole imprese.

Tale facoltà, volta a favorirela nascita, la crescita e la com-petitività delle piccole e medieimprese, ampliando le modalitàdi accesso alle fonti di finan-ziamento, incontra tuttavia al-cune limitazioni intese a tute-lare i terzi acquirenti dei titolidi debito che non siano socidella società o investitori pro-fessionali soggetti a vigilanzaa norma di leggi speciali.

A tal fine è stato previsto, tral’altro, che i soli operatori le-gittimati alla prima sottoscri-zione dei titoli di debito sianoproprio gli investitori profes-sionali (banche, società di ge-stione del risparmio, società diinvestimento a capitale varia-bile, fondi pensione, compa-gnie di assicurazione) e qualo-ra essi decidano di trasferirli aterzi rispondano della insol-venza della società emittentenei confronti degli acquirentiche non siano altri investitoriprofessionali o soci della so-cietà medesima.

Da tempo sono stati istituitie tipizzati due nuovi strumen-ti finanziari: le cambiali finan-ziarie e i certificati di investi-mento, in cui il sottoscrittoreviene tutelato attraverso di-sposizioni che assicurano laqualità degli emittenti e preve-dono la garanzia di interme-

media e piccola impresa.Nel nostro Paese, in genera-

le, gli intermediari finanziarihanno raggiunto un elevato li-vello di diversificazione nellafornitura di prodotti, ma non lavalutazione delle imprese, lacapacità di marketing: in sintesi,il sistema di servizi al clienterichiede un notevole migliora-mento.

L’ACCESSO

AL MERCATO DELLE IMPRESE

È noto che le piccole e me-die imprese sono caratterizza-te da una notevole “opacità”informativa, per cui esse tro-vano difficoltà nel reperimen-

ATTIVITA’PICCOLE E MEDIE IMPRESE

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3/2006 • UCID Letter

Le medie e piccole imprese devono superare

la tradizionale ritrosia ad aprire la proprietà

ad altri soggetti e vincere la riluttanza

ad accostarsi alla Borsa, sfruttando le potenzialità

ad esse offerte ai fini di un maggior equilibrio

finanziario, tenendo presente che l’impresa

che non cresce continuamente non sopravvive

diari vigilati sulle emissioni,perseguendo la standardizza-zione e la trasparenza dei tito-li attraverso la fissazione delcontenuto, della durata, del va-lore nominale minimo, stabili-to in misura sufficientementeelevata al fine di selezionaregli investitori in grado di valu-tare il rischio d’impresa.

Con l’osservanza di partico-lari cautele, possono emetterecambiali finanziarie anche lesocietà non quotate, tra cui so-no comprese la maggior partedelle piccole e medie impreseitaliane.

Non ancora molto diffusonella realtà italiana, anche se datempo previsto legislativa-mente, è il prestito partecipati-vo, forma particolare di finan-ziamento a medio e lungo ter-mine per le medie e piccole im-prese costituite sotto forma disocietà di capitali, con tasso diremunerazione variabile in fun-zione della redditività azien-dale, mitigato con la fissazio-ne di un tasso minimo e di unomassimo.

Questa operazione ha la ori-ginale caratteristica di attribui-re all’impresa gli oneri finan-ziari e ai soci l’obbligo di rim-borso del capitale, configuran-dosi come un’operazione assi-milabile all’apporto di mezzipropri.

Lo sviluppo di un mercatodei suddetti titoli, che possonoconsentire la riduzione dei co-sti di finanziamento specie perle piccole e medie imprese chemostrano di soffrire di piú ilpeso degli interessi bancari, ri-veste importanza anche in vi-

sta del decollo dei fondi pen-sione per i positivi riflessi at-tesi sia dai sottoscrittori sia dal-le imprese.

È auspicabile che le maggioripossibilità consentite nel repe-rimento diretto di fondi nel mer-cato rappresentino per le im-prese un incentivo all’accessoai mercati regolamentati, raffor-zandone il lato dell’offerta diquote di capitale di rischio; pe-raltro, la realtà delle medie epiccole industrie italiane sem-bra ancora caratterizzata da unaforte avversione alla divisionedella proprietà e da una scarsadisponibilità al finanziamentoattraverso capitale di rischio.

Tuttora la soluzione preferi-ta al problema dei vincoli fi-nanziari sembra individuata informe di agevolazioni crediti-zie e di incentivazione fiscale,anziché sulla partecipazione alcapitale di rischio.

Ma le medie e piccole im-prese devono superare la tra-dizionale ritrosia ad aprire laproprietà ad altri soggetti e vin-cere la riluttanza ad accostarsialla borsa, sfruttando le poten-zialità ad esse offerte ai fini diun maggior equilibrio finan-ziario, tenendo presente chel’impresa che non cresce con-tinuamente non sopravvive eche la crescita equilibrata ri-chiede sempre nuovo capitaledi rischio.

LA DIVARICAZIONE

FINANZIARIA

Pur essendo difficile identi-ficare con precisione la dire-zione dei nessi causali, i lega-mi tra finanza e sviluppo sono

rilevanti; evidenti relazioni esi-stono tra una imprenditoria lo-cale organizzata in piccole emedie imprese e mercati ban-cari locali.

Finora, dal punto di vista ma-croeconomico la banca non hacontribuito allo sviluppo equi-librato della struttura finanzia-ria dell’impresa e questa ha cer-cato di disporre di una pluralitàdi banche, delle quali nessunaè essenziale per l’equilibrio fi-nanziario.

I rapporti di finanziamentobasati su criteri di fraziona-mento di tipo assicurativo e ilcredito diluito nelle posizioni di“fido multiplo” hanno prodot-

PICCOLE E MEDIE IMPRESE

ATTIVITA’

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Sembrano eccessive le preoccupazioni delle piccole imprese e delle microimprese di essere soggette a razionamento perchéconsiderate a priori piú rischiose e di trovarsi preclusa la via del ricorso al credito bancario non solo della grandebanca, ma anche delle“banche di territorio”

luppo di politiche centrate sul-l’offerta di formule di assistenzaglobale volte a stabilizzare earricchire il rapporto con laclientela.

Tale azione va intensificata;banche e imprese hanno inte-ressi convergenti; rischio ban-cario e rischio di impresa ten-dono a compenetrarsi.

Sembra tuttavia che emerga-no indicazioni secondo cuimancherebbe una domandaadeguata da parte di impreseche vogliono e sanno crescere,motivata da esigenze di difesaa fronte di una legislazione chenon accompagnerebbe ami-chevolmente le imprese nel fa-ticoso processo di sviluppo.

L’impresa continua a guar-dare alla banca come a una con-troparte della quale occorre pru-dentemente diffidare e alla qua-le bisogna dare le informazio-ni con grande circospezione.

La privatizzazione del siste-ma bancario ha innescato unprocesso di concentrazione efusione tra banche, conducen-do a un sistema incentrato sul-la banca-impresa, in luogo diquello dominato dal modellobanca-istituzione, che ha in-trodotto le basi per una nuovafilosofia operativa indirizzataverso il profitto e l’efficienza.

In proposito, il Comitato diBasilea, che riunisce le autoritàdi vigilanza bancaria dei mag-giori Paesi, ha indicato la ne-cessità per le banche di tenerconto della rischiosità del pro-prio portafoglio nella selezio-ne della clientela.

Il piú recente Accordo, che hapreso il nome di Basilea 2, in

vigore dal 2007, tende a raffor-zare la stabilità del sistema ban-cario attraverso lo sviluppo diprocedure di selezione dei pren-ditori di fondi basate su mo-delli di “rating” e quindi sul-l’effettivo merito creditizio deiclienti, con la possibilità per lebanche di ottenere sgravi nel li-vello di capitale necessario peroperare qualora sia documen-tata la qualità del portafoglio.

In proposito, sembrano ec-cessive le preoccupazioni del-le piccole imprese e partico-larmente delle microimprese diessere soggette a razionamen-to perché considerate a prioripiú rischiose e di trovarsi pre-clusa la via del ricorso al cre-dito bancario non solo dellagrande banca, ma anche delle“banche di territorio”, che inquesti ultimi tempi hanno ac-cresciuto la propria quota dimercato.

Poiché ogni impresa sarà va-lutata secondo criteri megliocalibrati sull’effettivo rischiodel finanziamento, le impresepiú virtuose, trasparenti e com-petitive ne trarranno vantag-gio, mentre per le altre ciò co-stituirà un incentivo a rag-giungere piú elevati standard diefficienza.

Si è verificata comunque unaprofonda divaricazione fra ilsettore finanziario, che si è con-solidato e il settore delle im-prese, che resta ancora moltofrazionato.

Per tutelare la loro competi-tività ed essere in grado di af-frontare senza preoccupazionii cambiamenti imposti da Ba-silea 2 e in particolare i meto-

to la inefficiente allocazionedel credito, l’aumento del co-sto dell’intermediazione, la sot-tovalutazione del ruolo dellabanca ridotta a semplice forni-trice di denaro, conducendo aun sistema finanziario in cui auna elevata esposizione al ri-schio corrisponde una debolecapacità di controllo.

Nel corso degli ultimi anni,molte banche hanno avviatouna revisione delle linee stra-tegiche di impiego della retecommerciale, imperniata sul-l’innovazione della gamma diprodotti e sull’espansione e ri-definizione dei canali distribu-tivi, con l’obiettivo dello svi-

ATTIVITA’PICCOLE E MEDIE IMPRESE

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Le imprese dovranno ripensare la struttura del

passivo dei loro bilanci e trovare

un maggior equilibrio tra mezzi propri

e indebitamento, riesaminare gli strumenti

di finanziamentoesistenti e valutare

la possibilità di avvalersene

di di valutazione basati sul ra-ting, le imprese dovranno ri-pensare la struttura del passivodei loro bilanci e trovare unmaggior equilibrio tra mezzipropri e indebitamento, riesa-minare gli strumenti di finan-ziamento esistenti e valutare lapossibilità di avvalersene.

LA BANCA LOCALE

E LA PICCOLA IMPRESA

L’evoluzione delle strutturecreditizie ha portato a ipotizzareun modello polarizzato da po-chi grandi gruppi bancari cheagiscono sui mercati naziona-li e internazionali, accanto aiquali opera un numero rilevantedi piccole banche altamentespecializzate per aree di mer-cato e per clientela, in cui emer-ge il vantaggio competitivo del-la dimensione locale.

In apparente contrasto con latendenza del settore creditizioverso un piú elevato grado diconcentrazione derivante daiprocessi di integrazione, in Ita-lia una quota crescente dei pre-stiti negli anni piú recenti è sta-ta erogata da banche di picco-le dimensioni.

Studi sul processo di conso-lidamento nel settore finanzia-rio indicano che le banche do-po la fusione o l’acquisizionetendono a ridurre la percentualedi portafoglio investita in pre-stiti alle imprese di minore di-mensione, riduzione che spes-so è compensata dallo svilup-po di tali operazioni da partedelle banche non interessate daoperazioni di consolidamento eda quelle di nuova costituzio-ne, mentre si registra una lieve

diminuzione del credito eroga-to ai debitori di peggiore qua-lità.

Le banche regionali hannofatto meglio delle grandi ban-che nazionali; in un mercatodiventato sempre piú selettivo,le banche locali (banche di cre-dito cooperativo, ex-casse dirisparmio, banche popolari) so-no state in grado di adottarestrategie orientate alla seg-mentazione della clientela e al-la diversificazione dei servizi,alla ricerca di combinazioni direndimento/rischio sempre piúefficienti, alla capacità di iden-tificare, gestire e monitorare irischi dell’attività di interme-diazione nell’àmbito del crite-rio gestionale della “sana e pru-dente gestione”, che ispira l’at-tuale normativa bancaria.

Molte di esse affondano leradici della loro prosperità nel-le regioni del Nord Italia chevantano i piú elevati livelli dicrescita e di diversificazionedelle attività industriali; la lo-ro forza risiede anche nel tipodi attività in cui si sono spe-cializzate sia per le famiglie siaper le imprese.

Configurate come interme-diari piccoli se valutati rispet-to al mercato nazionale, ma inposizione di forza nella località(i cosiddetti “piccoli giganti”),le banche locali sono sembra-te ancora in condizione di su-perare le opacità informativedelle piccole imprese per la co-noscenza piú approfondita delmercato locale e per effetto del-le relazioni piú strette e di lun-go periodo che riescono a sta-bilire, che tendono a ridurre la

probabilità di razionamento delcredito e ne riducono il costo.

Tra il 1996 e il 2003 il nu-mero di banche convenzional-mente definite piccole, ossiaquelle con meno di 7 miliardidi euro di attività complessive,è sceso da 870 a 730 unità (ri-manendo sugli stessi livelli an-che successivamente), mentrela loro quota di prestiti è salitanell’ultimo decennio dal 20 al33%; le banche grandi (consi-derate complessivamente) so-no numericamente diminuiteda 65 a 58.

Nello stesso periodo, il tas-so medio annuo di incrementodei crediti erogati dalle banche

PICCOLE E MEDIE IMPRESE

ATTIVITA’

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La ripresa della competitività delle nostre imprese non potrà prescindere da una stretta sinergia tra banche e imprese a livello locale e il concetto tradizionale di banca locale sembra essere avviato verso una crisi che coinvolge anche la banca nazionale

composizione della struttura fi-nanziaria delle imprese versoprestiti a piú lunga scadenza; adaprile 2005, il 41,8% dei fi-nanziamenti risultava a brevetermine, il 22,4 a medio termi-ne e il 35,8 a lungo termine,mostrando un notevole avvici-namento alla media europea(pari al 51,8%).

Negli ultimi anni è aumentata(12% alla fine del 2005) la quo-ta dei finanziamenti alle pic-cole imprese assistiti da con-sorzi di garanzia collettiva deifidi, enti finanziari ai quali so-no associate un milione di pic-cole imprese e che sono stati co-stituiti per favorire l’accesso alcredito alle imprese di piccoledimensioni, prestando garan-zie reali e personali e nego-ziando collettivamente i tassi diinteresse e le altre condizionicon le banche.

Il gruppo delle banche pic-cole, che comprende le banchelocali, è stato in grado di sfrut-tare un radicamento territoria-le molto forte in alcune areegeografiche; esse potrebberoessere state indotte ad adotta-re politiche particolarmente ag-gressive nel mercato del credi-to, anche per compensare ledifficoltà di competere con igrandi intermediari in altri set-tori, come i servizi di gestioneprofessionale del risparmio.

Dall’esame dei tassi di in-gresso in sofferenza emerge in-vece che negli ultimi anni lebanche piccole hanno registra-to un miglioramento della qua-lità del credito piú contenuto ri-spetto alle banche grandi.

Tuttavia, il recente rapporto

della Fondazione Rosselli, par-tendo dal presupposto che allametamorfosi del settore pro-duttivo corrisponde una meta-morfosi del sistema bancario,ha osservato che la ripresa del-la competitività delle nostre im-prese non potrà prescindere dauna stretta sinergia tra banchee imprese a livello locale e cheil concetto tradizionale di ban-ca locale sembra essere avvia-to verso una crisi che coinvol-ge anche la banca nazionale.

Al nostro modello duale, incui le imprese hanno bisognodi due banche, una per l’assi-stenza all’interno del Paese,l’altra per approdare all’estero,dovrebbe succedere, come èaccaduto in altri Paesi, il mo-dello della banca territoriale,che sappia esaltare i benefici delterritorialismo, riducendo con-testualmente i rischi derivantidai condizionamenti che pos-sono essere esercitati sulla au-tonomia della banca.

CONSIDERAZIONI FINALI

Con lo sviluppo dei mercatimobiliari si sono sviluppatenuove forme di finanziamentocomplementari a quelle tradi-zionali del canale bancario, an-che se le recenti vicende di “ma-lafinanza” rischiano di avereeffetti negativi sui costi del cre-dito.

Ma le sole banche non pos-sono andare oltre un certo limitenel finanziamento delle impre-se con l’“idea vincente”. Altriintermediari finanziari devonomigliorare la loro efficienza al-locativa, contribuendo allo svi-luppo economico con l’inser-

grandi alle piccole imprese èstato del 3,7%, quello delle ban-che piccole si è collocato sul10,9%; nell’ultimo decenniocirca la metà dei nuovi finan-ziamenti al settore privato è sta-ta erogata dalle banche picco-le e minori.

La quota di mercato dei cre-diti concessi alle piccole im-prese delle banche grandi è sce-sa dal 68 al 57%; quella dellebanche piccole è salita dal 32al 43%. Nel 2005 i prestiti al-le imprese di piccola dimen-sione (con meno di 20 addetti)sono cresciuti del 6%, un valoreanalogo a quello del 2004.

È continuato il processo di ri-

ATTIVITA’PICCOLE E MEDIE IMPRESE

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Il rapporto banca e industria costituisce un

quadro con tinte chiare escure, dove attualmente

le imprese non hannograndi motivi

di rimostranza sul frontedei tassi di interesse e

della quantità di credito,mentre le lamentele si

incentrano di piú sulla trasparenza,

sulla qualità e sul costo dei servizi

serirsi tra l’impresa, la banca ela borsa: organismi di garan-zia dei fidi, fondazioni di svi-luppo, fondazioni di originebancaria, fondi di investimen-to distrettuali, strumenti del ti-po “venture capital”.

Il rapporto banca-industriacostituisce un quadro con tin-te chiare e scure, dove attual-mente le imprese non hannograndi motivi di rimostranzasul fronte dei tassi di interessee della quantità di credito, men-tre le lamentele si incentrano sulrapporto qualitativo con riferi-mento alla trasparenza, alla qua-lità e al costo dei servizi.

Le imprese di fatto preferi-scono conservare una relazio-ne piú di servizio che di part-nership e le banche non rie-scono a trasformare il rappor-to bancario in una relazionepartecipativa.

Si insiste sul fatto che le pic-cole imprese innovano poco (ilmodello è stato anche definitodi “innovazione senza ricer-ca”); la loro crescita richiederàinvece grande attenzione ai pro-blemi della ricerca e dell’in-novazione tecnologica, che po-trà realizzarsi anche con un piústretto collegamento con il si-stema universitario e con i cen-tri di ricerca locali, magari an-che attraverso l’inserimento ne-gli organi amministrativi dellesocietà di esperti di livello ele-vato provenienti dal mondo ac-cademico.

Lo sviluppo di un proficuorapporto di collaborazione trail sistema dell’università e de-gli enti di ricerca e il mondo del-le imprese è un presupposto in-

dispensabile per innescare pro-cessi di crescita economica ba-sata sulla conoscenza.

La crescita delle piccoleimprese richiederà grande attenzione

ai problemi della ricercae dell’innovazione

tecnologica, che potràrealizzarsi anche con unpiú stretto collegamentocon l’università e con icentri di ricerca locali,

magari anche attraversol’inserimento negli organi

amministrativi delle società di esperti di livello elevato

provenienti dal mondo accademico

PICCOLE E MEDIE IMPRESE

ATTIVITA’

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GRUPPO REGIONALE LOMBARDO

SEZIONE DI BERGAMO

• 6 dicembre 2006 - Incontrocon il Presidente Nazionale Prof.Angelo Ferro.

SEZIONE DI BUSTO ARSIZIOVALLE OLONA

• 15 novembre 2006 - Incontrodal tema “Dio, la Fede e la ragio-ne nel discorso di Benedetto XVIa Ratisbona”.• 13 dicembre 2006 - Incontroper lo scambio degli auguri di Na-tale.

SEZIONE DI COMO E GRUPPO REGIONALE LOMBARDO

• 18 novembre 2006 - Tavolarotonda su “Impresa: tutela del Be-ne Comune”. Saluto di Bruno Gentili, Presiden-te della Sezione. Ha introdotto Renzo Bozzetti, Pre-sidente del Gruppo. Ha moderato e concluso AmedeoNigra, Avvocato e giornalista. So-no intervenuti Mario Boselli, Pre-sidente Camera della Moda; So-nia Felice, Presidente Fly Synthe-sis; Giorgio Fiorentini, DocenteUniversità Bocconi; Roberto Maz-zotta, Presidente Banca Popolare

di Milano; Michele Perini, Presi-dente Fiera di Milano.

SEZIONE DI MANTOVA

• 29 settembre 2006 - Medita-zione in continuazione dell’argo-mento “La Sapienza”.• 28 ottobre 2006 - Medita-zione e discussione sulla lettera diSan Giovanni.• 30 settembre2006 - Incontrosull’imprenditore “una vocazio-ne” e successivo dibattito. La gior-nata si è chiusa con la Santa Mes-sa.

SEZIONE DI MILANO

• 10 ottobre 2006 - Incontroconviviale sul tema “I nuovi pro-fili della Banca e della Finanza” Re-latore Dott. Roberto Mazzotta,Presidente Banca Popolare di Mi-lano.• 21 novembre 2006 - Incontroconviviale sul tema “Il disagio gio-vanile”. Relatrice Dott.ssa Livia Po-modoro, Presidente del Tribunaleper i Minori di Milano.

GRUPPO INTERREGIONALEPIEMONTE VALLE D’AOSTA

PERCORSI UCID:• 28 ottobre 2006 - “Impresaetica: Principi generali, Missiondell’Azienda; La centralità del-

l’uomo e la ricerca del Bene Co-mune. Stili di guida. Leadership”. Dopo qualche mese di prepara-zione con la partecipazione di va-ri Soci, in particolare della Sezio-ne di Torino, è stata decisa e “lan-ciata” un’iniziativa nuova, volta,oltre che a far conoscere di piú laUCID nel campo imprenditoriale,a riunire docenti, imprenditoriesperti e giovani manager per af-frontare insieme il tema della ge-stione etica d’impresa in condi-zioni di confronto e scambio diesperienze, oltre che di esposi-zione teorica.La definizione di PERCORSI UCIDsta appunto a significare lo sco-po di un cammino comune piú cheun rapporto docenti-uditori.L’iniziativa, patrocinata da Con-findustria Piemonte e Unionca-mere, annunciata anche su La“Stampa” e “Il Sole 24 Ore”, dif-fusa attraverso le istituzioni di ca-tegoria, ha raccolto una trentinadi iscrizioni paganti, in gran par-te nuovi Soci UCID, e l’adesionedi oltre 30 relatori fra cui 7 docentiuniversitari, imprenditori e diri-genti, soci e non soci.Il programma si svolge in 4 sessionidella durata di 6 ore circa con in-tervallo buffet. L’esito dei primidue incontri è stato ottimo per lapartecipazione, lo scambio di opi-nioni e il livello elevato dei relato-ri.Il programma dei molti argomentiche investono un po’ tutti gli aspet-ti della vita aziendale consenteagli iscritti un dialogo aperto e

ATTIVITA’ATTIVITÀGRUPPI REGIONALIE SEZIONI

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sta cercando di instaurare in que-sti territori, oltre a testimoniarequali siano le aspettative della po-polazione della zona e le loro spe-ranze per il futuro. • 15 dicembre 2006 - Don Mar-co Andina ha celebrato, per tuttii soci e i familiari, la Santa Messadi Natale. Al termine della SantaMessa, visita alla Mostra dei Co-dici Musicali di proprietà del Se-minario che sarà ufficialmenteinaugurata il 12 dicembre.

SEZIONE DI TORINO

• 30 settembre 2006 - Visitaguidata al Forte di Fenestrelle.• 9 ottobre 2006 - Incontro or-ganizzato insieme al Gruppo Gio-vani della Sezione sul tema “I cri-stiani e i nuovi scenari dell’eco-nomia. Le sfide che Benedetto XVIdovrà affrontare tra etica e finan-za”. Relatore il Prof. Ettore GottiTedeschi. Ettore Gotti Tedeschi èPresidente per l’Italia del BancoSantander Central Hispano, primaBanca di Spagna e una delle mag-giori d’Europa; tra gli altri incari-chi professionali è consigliere diamministrazione del Sanpaolo IMI,unica Banca italiana quotata aWall Street, e della Cassa Depo-siti e Prestiti, la Banca del Gover-no Italiano; è professore all’Uni-versità Cattolica di Milano e al-l’Università di Torino. Editorialistasu vari giornali, è apprezzato stu-dioso di temi inerenti l’etica eco-nomica e autore, con Rino Cam-

concreto sulle problematiche pra-tiche dell’applicazione dell’inse-gnamento sociale della Chiesanella realtà quotidiana.Questo modo un po’ nuovo di af-frontare l’applicazione dell’eticanell’impresa segue una serie didieci incontri realizzati negli ulti-mi due anni dalla Sezione di Tori-no come tavola rotonda sulla Dot-trina Sociale della Chiesa, tenutida validi conferenzieri e che ave-vano già avuto buon successo, eincontri vari tenuti nelle Sezioni pie-montesi sul tema.Per maggiori ragguagli consulta-te il sito www.percorsiucid.it • 25 novembre 2006 - “Organizzazione e gestione del-le risorse umane. Sviluppo e cre-scita del personale. Valutazione.Comunicazione interna. Forma-zione. Ristrutturazioni aziendali edelocalizzazioni. Codici etici eprincípi d’impresa”.

SEZIONE DI ASTI

• 10 novembre 2006 - “RenzoArato e il Vangelo di Marco”. In-terpretazione d’eccezione e gran-de successo di pubblico, per la re-cita di Renzo Arato che ha avutoluogo nel refettorio del Semina-rio Vescovile di Asti. Interpreta-zione profonda, che ci ha fatto ri-vivere la storia narrata da Marco,e che ha dato la forza a Renzo Ara-to di portare in scena uno spet-tacolo vibrante di contenuti, dal-la coreografia scarna, il cui scopo

è colpire lo spettatore per portar-lo in viaggio nella vita di Gesú.• 24 novembre 2006 - Comegià avvenuto negli anni passati, Pa-dre David-Maria Jaeger, O.F.M,J.C.D, è stato ospite della sezioneUCID di Asti che ha organizzatouna conferenza dal titolo “TerraSanta: tra minacce di guerra esperanze di pace”. Padre Jaeger ha ricoperto l’inca-rico di Direttore del Programma diStudio e di ricerca sul Cristianesi-mo in Terra Santa e, tra gli altri in-carichi, è stato corrispondente delsettimanale cattolico internazio-nale “The Tablet”. Negli anni Novanta, Padre Jaegerè stato “contrattato” per far ilconsigliere giuridico della delega-zione della Santa Sede, che hanegoziato lo storico Accordo fon-damentale tra la Santa Sede e loStato di Israele (1993) e anchel’Accordo sul riconoscimento civiledegli enti ecclesiastici in Israele(1997). Secondo quanto pubblicato daimedia di diversi Paesi, egli è sta-to di fatto il principale negoziato-re e autore materiale degli Ac-cordi. È stato inoltre uno dei pri-mi Consultori nominati dal SantoPadre per la Pontificia Commis-sione per i Beni Culturali dellaChiesa (1990-1995). In questa oc-casione di incontro e confronto,Padre Jaeger ha ripercorso i mo-menti piú bui di questa guerra de-vastante e ha portato alla luce leproblematiche che ostacolano ilprocesso di Pace che da tempo si

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milleri, del libro “Denaro e Para-diso: l’economia globale e il mon-do cattolico”.• 12 dicembre 2006 - S.E. Mons.Arrigo Miglio, Vescovo di Ivrea,ha celebrato la S. Messa di Nata-le e ha dato testimonianza sulConvegno Ecclesiale di Verona.• 14 novembre 2006 - Incontroconviviale organizzato in collabo-razione con il Gruppo Giovani sultema: “La responsabilità del gior-nalista tra impegno civile ed ur-genza della notizia”. Relatore è sta-to il giornalista Marco Travaglio.

GRUPPO REGIONALE LIGURE

• 6 ottobre 2006 - All’incontro,organizzato con la DelegazioneRegionale Giovani UCID Liguria, hapresenziato S. E. Mario Oliveri, Ve-scovo di Albenga e Imperia, in oc-casione della presentazione delvolume “Il Battistero monumen-tale di Albenga” di Mario Marce-naro, con il duplice scopo di: ri-lanciare la Sezione UCID di Impe-ria e costituire il Gruppo GiovaniUCID del ponente ligure. L’incon-tro è stato preceduto da una visi-ta guidata al Battistero.• 13 dicembre 2006 - SantaMessa natalizia celebrata da S.E.l’Arcivescovo di Genova, Mons.Angelo Bagnasco. È seguita l’as-semblea dei soci e la tradizionalecena per gli auguri di Natale.• 1 dicembre 2006 - Incontro sultema: “Cristianesimo e Islamismo:

due religioni a confronto”. Ha in-trodotto S. E. Mons. Angelo Ba-gnasco, Arcivescovo di Genova.Relatore il Sen. Prof. Rocco Butti-glione. Ha moderato il Prof. YahyaSergio Yahe Pallavicini (Imam Vi-ce Presidente Coresis) del quale for-niamo curriculum vitae.Yahya Sergio Yahe Pallavicini è uncittadino italiano nato musulma-no, da madre giapponese e padreitaliano, nel 1965. È consigliere del Ministro dell’In-terno nella Consulta per l’IslamItaliano. Dal 1997 entra a far par-te della Commissione Nazionaleper l’Educazione Interculturale delMinistero dell’Istruzione, Univer-sità e Ricerca e nello stesso annodiventa membro del Comitato peril Patrimonio e la Cultura del Me-diterraneo promosso dal Ministe-ro dei Beni Culturali e Ambienta-li. L’ISESCO, l’Organizzazione Isla-mica per l’Educazione, la Scienzae la Cultura, lo inserisce nel diret-tivo del Consiglio Superiore per l’E-ducazione in Occidente e la EIC(European Islamic Conference), laprima ONG islamica riconosciutadall’Unione Europea, gli conferi-sce la funzione di ambasciatore peri rapporti con il Vaticano e poiquella di responsabile per le rela-zioni internazionali. Nel 1998 è invitato dalla MuslimWorld League a far parte delladelegazione dei musulmani ita-liani in occasione del pellegrinag-gio alla Mecca. Attualmente è vi-ce-presidente della CO.RE.IS. (Co-munità Religiosa Islamica) Italiana

in rappresentanza della quale haincontrato il Re del Marocco Has-san II, il Presidente della RepubblicaAraba d’Egitto Hosni Mubarak eil leader libico Gheddafi oltre ai Mi-nistri degli Affari Religiosi di variPaesi del Medio Oriente e del sud-est asiatico. È l’Imam della Moschea al-Wahiddi Milano in via Meda, dove coor-dina la formazione dei ministri delculto, preparando prediche dot-trinali in lingua italiana. Nel 2000 diventa membro delConsiglio di Amministrazione delCentro Islamico Culturale d’Italiadella Moschea di Roma. Nel 2003partecipa al I° Congresso degliImam d’Europa, manifestazionepromossa dal Comune di Graz(Austria), Capitale Europea dellaCultura, nel quadro delle attivitàsostenute dalla Commissione Eu-ropea. Nel 2004 pubblica con le “Edi-zioni Il Saggiatore” il libro “L’Islamin Europa”. Riflessioni di un imamitaliano con le prefazioni del Mi-nistro per le Politiche Comunita-rie Rocco Buttiglione e del Presi-dente dell’Unione delle ComunitàEbraiche in Italia Amos Luzzatto. A settembre dello stesso anno vie-ne ricevuto in Quirinale dal Presi-dente della Repubblica ItalianaCarlo Azeglio Ciampi e successi-vamente dal Presidente del Sena-to Marcello Pera come membrodella delegazione di musulmani ita-liani firmatari del Manifesto con-tro il terrorismo e per la vita. Nel Gennaio del 2005 partecipa

ATTIVITA’ATTIVITÀ GRUPPI REGIONALI

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na). Alla tavola rotonda, modera-ta dalla Dott.ssa Anna Marino(“Radio 24” - “Il Sole 24 Ore”),hanno partecipato: Dott.ssa Raf-faella Gallini (Vice Presidente Co-mitato Nazionale di Parità, Con-sigliera di Parità Provincia di Ge-nova); Dott.ssa Roberta Morgano(Assessore Pari Opportunità Co-mune di Genova); Dott.ssa ALES-SANDRA Bertani (Consigliere Na-zionale WISTA, Finbeta S.p.A.);Dott.ssa Alessandra Burke (Con-sigliere d’amministrazione Burke& Novi); Dott.ssa Pietrina Farina(Amm.re del. SPI Società preven-zione Incendi S.r.l.); Comm. Car-la Gardino (Presidente Slam S.p.A.);Ing. Nicoletta Viziano (Consiglie-re Delegato Progetti e Costruzio-ni S.r.l.), intervento a conlcusionedella tavola rotonda: Prof.ssa Va-leria Maione (Docente di Econo-mia del Lavoro e Statistica Uni-versità di Genova).

SEZIONE DEL TIGULLIO

• 15 novembre 2006 - Analo-gamente a quanto in corso per ilPonente ligure, la Delegazione Re-gionale Giovani UCID insieme al-la Sezione ha organizzato un Con-vegno dal titolo: ”Essere giovaniimprenditori cristiani in Liguria.Esperienze a confronto”. Sono in-tervenuti: S.E. Mons. Alberto Ta-nasini, Vescovo di Chiavari; Al-berto Carpinetti Vice PresidenteNazionale UCID Con delega per iGiovani.

a Bruxelles al I° Congresso Mon-diale di Imam e Rabbini per la Pa-ce, manifestazione patrocinata daS.M. il Re del Belgio Alberto II eda S.M. il Re del Marocco Muham-mad VI. In agosto dello stesso an-no su invito del Consiglio dei Muf-ti della Russia viene ricevuto a Ka-zan dal Presidente della Repubblicadel Tatarstan come membro diuna delegazione di musulmanidell’Unione Europea. Durante ilmese di Ramadan il Presidentedella Repubblica della Tunisia Zi-ne El Abidine Ben Ali gli conferi-sce il premio del Concorso Inter-nazionale per gli Studi Islamici.

SEZIONE DI GENOVA

• 28 giugno 2006 - È stata co-stituita, con apposita assembleastraordinaria, la nuova Sezioneterritoriale di Genova, fino ad og-gi mancante in seno al Gruppo Li-gure. Nell’assemblea costitutiva èstato altresí approvato lo Statutodella Sezione, sulle linee di quan-to previsto a livello nazionale e diGruppo ed è stato eletto il Con-siglio Direttivo sezionale. Lo Sta-tuto è stato quindi, come da nor-me UCID, sottoposto alla neces-saria approvazione di S.E. il Car-dinale Arcivescovo di Genova. Suc-cessivamente nella prima riunio-ne del 25 settembre u.s. il Consi-glio Direttivo della Sezione di Ge-nova ha formalmente acquisitoagli atti lo Statuto approvato daS.E. e ha effettuato le seguenti

nomine:Presidente: dott. Roberto Colon-nello; Vice presidenti: dott. Mario Artu-ro Gigliotti e dott. Vittorio Bini;Segretario: avv. Antonio Oppicelli;Tesoriere: dott. Eugenio Besio.Poiché nell’Assemblea dei soci del29 giugno u.s. il rinnovo delle ca-riche a livello regionale è statoprorogato al 2007, i Consiglieriregionali genovesi sono stati con-fermati anche per la Sezione di Ge-nova e quindi i suddetti neo no-minati mantengono le loro caricheanche a livello regionale. La primamanifestazione della neo costi-tuita Sezione di Genova è stata:• 13 novembre 2006 - Conve-gno “La dimensione etica del-l’imprenditoria femminile: conci-liazione lavoro e famiglia”. Sonointervenuti: Dott. Piero Taverna,Presidente del Gruppo; Dott. Ro-berto Colonnello, Presidente Se-zione di Genova; Dott. MicheleB. Thea, Coordinatore ComitatoGiovanile UCID Genova. È inter-venuto il Ministro delle politicheper la famiglia On.le Rosy Bindi.Introduzione e coordinamento di:Dott.ssa Maria Cristina Palladini(Consigliere Gruppo Ligure UCID);On.le Patrizia Toia (Europarla-mentare-membro commissioni in-dustria, ricerca, energia e occu-pazioni affari sociali); Dott.ssa Car-la Collicelli (Vice Direttore Gene-rale Censis); Prof. Alessandro Me-luzzi (Psichiatra, Psicoterapeuta,Docente di genetica del compor-tamento umano Università di Sie-

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SEZIONE DELLA SPEZIA

• 27 ottobre 2006 - Conversa-zione del Consulente Ecclesiasti-co della Sezione , Mons. Pier Car-lo Medinelli dal titolo: ”Avvicinia-moci a Lui, pietra viva”, “UnaChiesa in comunione per annun-ciare la speranza”. Mons. Medi-nelli ha illustrato le linee pastora-li per il nuovo anno del VescovoDiocesano, Mons. Bassano Staf-fieri.• 24 novembre 2006 - Confe-renza dell’Assessore Regionale In-frastrutture, Trasporti, Porti e Lo-gistica, Luigi Merlo dal titolo: ”Unviaggio in Cina. Considerazionisui problemi etici e sociali in unpaese in grande cambiamento”.

SEZIONE DI SAVONA

• 13 ottobre 2006 - Presso la sa-la convegni della Camera di Com-mercio di Savona si è svolto il Con-vegno “Progettare un distretto in-dustriale. Il caso della nautica”.Sono intervenuti Cesare Donini,Presidente della Sezione. Gian-carlo Grasso, Presidente dellaCCIAA di Savona. Panel dei Relatori con il modera-tore Dott. Roberto Vasè: On. Mi-chele Vietti, già Sottosegretario alMinistero dell’Economia”; Sen.Egidio Banti, Commissione Indu-stria, Commercio e Turismo; On.Gianluca Susta, Deputato Euro-peo della Commissione Com-

mercio Internazionale ed Indu-stria; Dott. Bruno Dardani, Diret-tore ML-Finanza & Mercati; Dott.Alessandro Novella, A.D. Toy Ma-rine S.p.A. Interventi organizzati-da Confartigianato, Confcom-mercio, C.N.A., Confesercenti,Unione Industriali. Ha partecipa-to inoltre: Federico Berruti, Sin-daco di Savona. Conclusioni diMons. Domenico Calcagno Ve-scovo di Savona-Noli.

GRUPPO REGIONALE VENETO

SEZIONE DI TREVISO

• 14 ottobre 2006 - Incontrosul tema “La Cina lontana” - Cri-stiani in Cina clandestini in Chie-sa, al quale è intervenuto il Presi-dente Prof. Angelo Ferro.

SEZIONE DI VERONA

• 16 novembre 2006 - Incontrocon il Rettore dell’Università di Ve-rona, Prof. Mazzucco.• 3 dicembre 2006 - S. Messadi Natale.

SEZIONE DI VICENZA

• 23 ottobre 2006 - Incontrosul tema “La Repubblica fondatasul lavoro”. È intervenuto il Dott.Pietro Matteri Prefetto di Vicenza.• 27 novembre 2006 - Riunio-

ne per discutere internamente su“Aspetti organizzativi, prospetti-ve e programmi UCID, con parti-colare riferimento al mondo del la-voro”.• 18 dicembre 2006 - S. Messadi Natale celebrata da Mons. Ce-sare Nosiglia.

GIOVANI UCID TRIVENETO

• 14 - 15 Ottobre 2006 - SFRUZ(TN), 1° MEETING GIOVANI UCIDTRIVENETO: “GIOVANI, FORMA-ZIONE E LAVORO” conoscerci,confrontarci, creare rete.Nella splendida e suggestiva lo-calità montana di Sfruz (TN) si èsvolto il 1° Meeting Giovani UCIDTriveneto, che ha visto la parteci-pazione di una trentina di “gio-vani promesse” dell’impresa e del-la dirigenza del Triveneto. Le pro-vince che hanno risposto alla chia-mata sono state: Padova, Verona,Rovigo, Treviso, Vicenza.L’incontro, che aveva per slogan:“Giovani, Formazione e Lavoro:conoscerci, confrontarci, crearerete”, ha risposto pienamente al-le aspettative.La prima mattinata di sabato èstata occupata ad analizzare l’in-dagine sul mondo del lavoro e igiovani d’oggi, realizzata dallaDiocesi di Padova e relazionata daSuor Francesca Fiorese. È stata unadiscussione interessante, svolta dauna persona esperta, aperta aldialogo e al confronto.Al termine si è aperto un interes-

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interrogativi negli animi dei pre-senti, si è conclusA con una spe-ranza per il futuro dei giovani, chehanno potuto verificare, attraver-so la sua esperienza di vita, cosasignifichi essere supportati dallaFede e dai valori, la famiglia pri-ma di tutto, considerati oggi trop-po semplicisticamente tradizio-nali. Prima del pranzo vi è stato in-dubbiamente il momento piú sen-tito e raccolto: la S. Messa cele-brata da Don Davide. Ognuno deipresenti ha percepito quanto siaimportante non solo condividerele proprie esperienze professio-nali e di vita ma soprattutto, ciòche tra l’altro accomuna un socioUCID, il dono della Fede. Nel po-meriggio, a conclusione dei duegiorni, con l’aiuto di Don Davide,ci si è fermati ad analizzare alcu-ni passaggi salienti della DottrinaSociale della Chiesa, soprattuttoper rispondere alla domanda:«Siamo capaci di applicare i princí-pi della Dottrina Sociale della Chie-sa nella nostra vita quotidiana diimprenditori, di dirigenti, di uominie donne in generale?». Ci sono infatti dei princípi e dei va-lori che ognuno di noi deve ave-re con estrema certezza. Essereconsapevoli di questo permettedi affrontare con estrema deci-sione e serenità eventuali momentidi difficoltà che ognuno di noi po-trebbe incontrare nella vita per-sonale o famigliare e nel luogo dilavoro.Se a tutto ciò aggiungiamo il cli-

sante confronto con un giovanemanager, l’Ing. Luca Vivian, il qua-le ha condiviso con i presenti la suaesperienza lavorativa e professio-nale, facendo riflettere sulle op-portunità offerte dalla flessibilitàdel lavoro e dall’apertura alla glo-balizzazione. Momenti di ascolto e rielabora-zione delle idee guida sono statiofferti sabato pomeriggio dallatavola rotonda con il Prof. Ange-lo Ferro, Presidente UCID Nazio-nale, il quale ha ricordato la “Car-ta Valori” dell’UCID e le iniziativein atto nell’Associazione (giovani,lavoro e formazione, microcredi-to). Al termine ha regalato ai pre-senti il doppio DVD dell’udienzaconcessa da papa Benedetto XVIe del Convegno nazionale tenu-to sempre a Roma.Prima dell’intervento del Prof. Fer-ro, vi è stata una piacevolissima sor-presa, in quanto è stato letto ai pre-senti il messaggio di saluto e di in-coraggiamento inviato personal-mente dal Cardinale Ennio Anto-nelli, Consulente Spirituale UCIDNazionale (la lettera è riportata altermine di questo articolo). Alla tavola rotonda erano presentitra gli invitati, l’Ing. Raffaele Bo-no, Presidente UCID Regione Ve-neto, il Rag. Guiscardo Lupi, ViceSegretario Generale UCID Nazio-nale, l’Ing. Ettore Polimeno, Se-gretario UCID Padova, dott. Tom-ba, Presidente UCID Verona, l’Ing.Alberto Berger, Presidente UCIDBolzano e, infine, Don GiuseppeMagrin, Consulente ecclesiastico

del Veneto.Nel tardo pomeriggio, poi, i gio-vani Ucidini si sono recati a visita-re la “Cittadella del Vino”, pres-so Mezzocorona, sede operativadelle Cantine Ròtari. Qui si è po-tutA ammirare l’efficienza di un’a-zienda in grado di produrre del-l’ottimo vino su larga scala, con-servando integra l’etichetta atte-stante l’originalità del “Made inItaly”. Tra l’altro, con grande sen-so dell’ospitalità, dopo una visitaampia e accurata, l’azienda ha of-ferto un piccolo rinfresco con unottimo spumante. Domenica mat-tina vi è stato l’incontro con Da-vide Cervellin, imprenditore tra ipiú noti e affermati nel campodella fabbricazione di strumenta-zioni per ciechi e disabili. Non ve-dente anch’egli, ha fondato e pre-siede la Tiflosystem Spa con sedea Piombino Dese (PD). La testi-monianza, grazie all’alto profiloumano e professionale, è statamolto apprezzata da tutti i giovaniUcidini. A Sfruz, il felice connubiotra sviluppo economico e valoricristiani alla base del concetto as-sociativo UCID, è emerso in tuttala sua chiarezza ed importanza. Infatti, attraverso la testimonian-za di Davide Cervellin, i giovanihanno potuto toccare con manocome si possa applicare al pro-cesso della globalizzazione eco-nomica, fatta di sviluppo e inno-vazione, la visione della giustiziae dell’etica cristiana. La visita di Da-vide Cervellin, però, che ha peraltroprodotto significative domande e

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ma piacevolmente mite, che ha ac-compagnato il ritrovo, e la caldaospitalità degli operatori della Ca-sa di Santa Claudia, possiamo im-maginare facilmente come il bi-lancio del 1° Meeting sia statoestremamente positivo.La domanda che a questo puntoci si pone trova facile risposta: èpossibile instaurare una sinergicacollaborazione fra giovani Ucidi-ni, provenienti da province so-cialmente ed economicamente di-verse, ma dove religione e politi-ca hanno sempre avuto un forteruolo nella società? La rispostaper quanto ci riguarda è: sí, pur-ché Sfruz sia una tappa, e non lamèta di un cammino lungo, arduo,ma non per questo meno affa-scinante. (a cura di Luigi Scarpa-ti, Gruppo Giovani UCID Padova)

Saluto del Card. Ennio Antonelliper l’apertura del I° Meeting Gio-vani Ucid Triveneto«Carissimi Giovani dell’UCID delTriveneto, la decisione di ritrovar-vi insieme per conoscervi, con-frontarvi e creare una rete di rap-porti e relazioni e il tema da voiscelto per questo momento di in-contro, “Giovani: formazione elavoro”, mi fanno venire in men-te le parole con le quali Gesú con-clude la sua risposta alla doman-da postagli dai discepoli in meri-to al suo parlare in parabole: “ogniscriba divenuto discepolo del Re-gno dei Cieli è simile a un padro-ne di casa che estrae dal suo te-

soro cose nuove e cose antiche"(Mt 13,51-52). Anche voi, giovani dell’UCID delTriveneto, siete prima di tutto chia-mati a porvi alla sequela del Si-gnore Gesú, a divenire fedeli e fe-condi discepoli del Regno, po-nendovi costantemente in ascol-to della sua Parola. E siete chiamatia vivere il vostro discepolato as-sumendo in pieno il vostro statodi vita, il vostro essere imprendi-tori e dirigenti. Imprenditori e di-rigenti che sanno ricongiungerefattualmente l’uomo e l’econo-mia, che sanno pensare e viverel’azienda come una comunità dipersone, avendo sempre presen-te che “oggi piú che mai lavora-re è un lavorare con gli altri e unlavorare per gli altri; è un fare qual-cosa per qualcuno” (CA, 31). Ogni persona che continuamen-te si apre alla conoscenza dell’al-tro, al confronto con idee ed espe-rienze diverse, e si rende disponi-bile a creare un’autentica rete direlazioni è una persona che sa vi-vere il presente aperta al futuro,sentendosi inserita in una storia co-mune. L’aver messo al centro del-la vostra riflessione il rapporto traformazione e lavoro ci ricorda cheè certamente necessario porre l’ac-cento sulle competenze e sullanecessità di una formazione con-tinua in ambito professionale, permeglio rispondere alle innovazio-ni che la produzione e i mercatigenerano ed esigono, ma ci ri-corda anche che le competenzeda sole non bastano, neppure in

ambito lavorativo: è indispensabilela formazione integrale della per-sona e sono necessarie forti mo-tivazioni di vita. E in questa formazione integralenon può mancare la necessariaattenzione alla dimensione spiri-tuale. In questo processo forma-tivo è certamente di grande aiu-to la Dottrina Sociale della Chie-sa, alla quale opportunamenteavete riservato uno spazio di ri-flessione in questo vostro incon-tro. Nel vostro quotidiano opera-re di imprenditori e dirigenti, nonvi manchi mai lo spazio per la for-mazione; confrontatevi semprecon la Dottrina Sociale della Chie-sa e lasciatevi ispirare e guidare daessa. Un imprenditore, un dirigente, peraffrontare positivamente la parti-colare fase storica nella quale ci tro-viamo - caratterizzata dal feno-meno della globalizzazione e dal-l’accelerato processo scientifico etecnologico - e per poter guidarecon frutto un’azienda, deve benconiugare sapere, saper fare e sa-per essere, ricordando che solo ilsaper essere consente di guidarela propria “casa” estraendo dalproprio tesoro “cose nuove e co-se antiche” e di mantenersi aper-ti al nuovo rimanendo radicati inquei valori che dànno senso allecose che mutano. Carissimi Giovani dell’UCID delTriveneto, essere membri dell’U-CID è, insieme, un dono e una re-sponsabilità. È un dono, perché in questa As-

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altre, nella concorrenza e nellapluralità. Frammentazione quindicome riflesso della libertà, che sitraduce poi nello scegliere tra tan-ti interessi e beni, quindi a sepa-rare o escludere. Libertà e frammentazione che in-volvono in una continua esclusio-ne, che genera involuzione, nellainsoddisfazione di non potere ab-bracciare il globale. La globalizzazione quindi comemassimizzazione del principio del-la frammentazione, che coglie gliinteressi di tutti, ma che non risolvele aspettative globali, bensí ge-nera difficoltà di scelta e insoddi-sfazione. La globalizzazione, dove tutto èconsentito, dove è possibile in-terconnettere senza limiti, per ac-cogliere e condensare e quindi se-parare. Servizi nuovi, che rappre-sentano la connessione: si fermaun’automobile, interviene il servi-zio di noleggio con una macchi-na sostitutiva. Ma esiste la totale sostituibilità acopertura di ogni esigenza? Co-me corrispondono i modelli so-ciali e la cultura di oggi al cam-biamento continuo? Spesso inmodo antitetico e contraddittorio.Precarietà, ad esempio, nel mon-do del lavoro, richiama insicurez-za, ma precarietà si addice all’e-voluzione, che contraddice la sta-bilità di un posto di lavoro, comediritto passivo. Nell’evoluzione della ricerca del-l’uomo, stabilità deve esserci nel-l’impegno, piú che nella mansio-

sociazione potete coltivare la vo-stra crescita spirituale, rimanendoben legati alla concretezza del vo-stro essere imprenditori e dirigenti. È una responsabilità, perché sie-te chiamati a essere nel mondo dellavoro la lucerna che non deveessere posta sotto il moggio, masul “lucerniere perché faccia lucea tutti quelli che sono nella casa”(cfr Mt 5,15). Il Signore vi illumi-ni e vi sostenga nel vostro lavoroe in tutta la vostra vita».

GRUPPO REGIONALE TRENTINO ALTO ADIGE

• 25 settembre 2006 - A Tren-to si è tenuta una riunione delGruppo Trentino Alto Adige allaquale sono intervenuti Santo Ver-sace, Membro del Comitato Tec-nico Scientifico, che ha tenutouna relazione, e il Presidente Prof.Angelo Ferro.

SEZIONE DI BOLZANO

• 15 novembre 2006 - Incontrosul tema. “Quando abbiamo fat-to il nostro compito, siamo serviinutili ( dal Vangelo )!”. Ha intro-dotto la riflessione il ConsulenteEcclesiastico della Sezione don Mi-chele Tomasi. Bisogna capire seabbiamo un compito e quale sia.Cosa ci sto a fare, perché sono quioggi in questo tempo, in questospazio, in questo mondo, tra le

persone che incontriamo. Siamoqui con le nostre scelte, con il bat-tesimo e dobbiamo chiederci ilperché di ogni nostra presenza eil senso della nostra azione. Dob-biamo riflettere sul duplice signi-ficato di servizio nei nostri atteg-giamenti: se servo, servo a qual-cosa. Essere a servizio, saper riconosce-re negli altri la provocazione di la-vorare per gli altri. A che livello èla mia generosità, il volere e nondovere nelle nostre azioni. Vedere la propria attività comeuna risposta a una chiamata,espressione di valori, vedere lagioia di un incontro.• 27 novembre 2006 - Incontrosul tema “La libertà e la fram-mentazione, la separazione ri-composta dallo spirito”. Qui di seguito la sintesi curata dalDott. Alberto Berger, PresidenteGruppo Trentino Alto Adige, del-la relazione del Presidente Nazio-nale Prof. Angelo Ferro. Frammentazione, un tema oggisempre piú sentito e oggetto di in-terpretazione, alla ricerca di un si-gnificato, positivo o negativo diquesto fenomeno.La libertà, evoluzione della societàmoderna, conquista sofferta nel-la storia sociale, culturale e politi-ca, che porta di riflesso alla ricer-ca di soddisfare ogni aspettativae quindi alla diversificazione estre-ma dell’offerta di beni e servizi, chedevono cogliere esigenze reali,ma anche promuovere interessi easpettative, che primeggino sulle

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ne. Occorre una visione nuova,che si adatti ai processi di fram-mentazione. Ma la libertà dellaframmentazione non è sufficien-te. Ecco che quindi occorre ag-giungere un nuovo livello, perrompere la frenetica rincorsa tragli elementi della libertà, dellaframmentazione, della separa-zione nella scelta, scelta che nonrisolve le aspettative o induce in-capacità di discernere e quindi as-senza. La soluzione è da ricerca-re nell’immateriale, nello spiritoin ognuno di noi, che crea inter-connessione. Nello spirito troviamo la capacitàdi dare quel significato, che superala connessione nella globalità.Dobbiamo dare al nostro spiritol’entusiasmo e la capacità di su-perare la frammentazione. Dob-biamo riconoscergli questa forzae capacità. Dobbiamo cercare eguadare con la dimensione dellospirito. Dobbiamo capire che le cose dis-seminate nel nostro mondo han-no un senso nello spirito, nellacreatività dello spirito, che dà unsenso alla frammentazione. Se poi siamo operatori economi-ci, riusciamo a essere innovatoricontinui se cerchiamo di rimet-terci in discussione, provocandotraguardi di libertà maggiore, nel-la dimensione spirituale. Da laici, continuiamo a cercare enon ci fermiamo su ogni fram-mento di bene. Dobbiamo convi-vere con la dimensione dello spi-rito.

Ma spirito è anche Spirito e quin-di comprensione dei propri limitie di essere un dono. Se poi aggiungiamo che siamoospiti della Vita e che la vita ori-gina da un dono, abilitiamo la no-stra vita con lo Spirito, abilitiamol’economia, la società civile, la par-tecipazione attiva. Frammentazione quindi comeespressione di libertà, ma deve es-sere accompagnata dallo Spirito,che richiama alla fraternità conuguaglianza e libertà. Una dimensione dello Spirito pernon essere tutti contro tutti, fram-mentati. Vivere e operare nella complessitàe capirla. Portare una dimensione diversanella complessità. Cultura del bene, prima che delgiusto o del diritto del giusto. Una dimensione aiutata dallo Spi-rito. Se poi rileggiamo le pagine delnostro agire di oggi, della nostrapartecipazione, della nostra pre-senza attiva, con lo Spirito cheguida l’azione e la interconnes-sione, anche nella realtà sociale,culturale e politica, forse riuscia-mo a dare un nuovo senso e unanuova efficacia ai nostri obietti-vi.• 13 dicembre 2006 - Incontrosugli aspetti particolarmente si-gnificativi per il mondo imprendi-toriale, emersi nell’ultimo impor-tante Convegno Ecclesiale dellaChiesa Italiana tenutosi a Verona.Ha introdotto il tema, con una ri-

flessione, il Consulente Ecclesia-stico Don Michele Tomasi.

GRUPPO REGIONALE FRIULIVENEZIA GIULIA

SEZIONE DI TRIESTE

• 25 novembre 2006 - Conve-gno organizzato in collaborazio-ne con il Gruppo Regionale su “IGiovani e il mondo del lavoro nel-l’area giuliana”. I lavori sono iniziati con i saluti delPresidente della Sezione Livio Cher-si che ha illustrato i temi del Con-vegno, di Roberto Cosolini, As-sessore Regionale al Lavoro, For-mazione, Università e Ricerca; Ade-le Pino, Assessore Provinciale allePolitiche Attive del Lavoro. Mo-deratore del Convegno: AntonioSodaro. Sono intervenuti i Relatori:per l’industria: Dott. Erich Cos-sutta, Vice Presidente Gruppo Gio-vani Imprenditori Assindustria Trie-ste. Per il Commercio: Andrea Gel-fi, Presidente del Gruppo Giova-ni Imprenditori ConfcommercioTrieste. Per l’Artigianato: Cav. Ful-vio Bronzi, Presidente dell’Asso-ciazione Artigiania, Piccole e Me-die Imprese Triste. Per le Coope-rative giovanili: Massimo Capita-nio, Presidente della CooperativaSociale “La Quercia”. Per l’Uni-versità: Roberta Nunin, Docente diDiritto del Lavor. Per l’Ufficio Sco-lastico Regionale, Francesco Pa-gluso. Per la Direzione Regionale

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SEZIONE DI RIMINI

• 30 settembre 2006 - Per con-tinuare il lavoro su “Etica e re-sponsabilità dell’imprenditore edell’impresa”, si è svolto un in-contro dall’interessante e stimo-lante tema “Che uso fare dellaverità negli affari e nel lavoro”. Prima dell’inizio dei lavori è statoricordato degnamente l’amicoGiuseppe Gemmani, Socio UCIDdal 1961 e Presidente dalla Se-zione negli anni 60.• 28 ottobre 2006 - Incontrosul tema “L’impatto culturale nel-la società delle politiche di marke-ting e di pubblicità”. Domande eriflessioni.• 16 dicembre 2006 - Il Consu-lente Ecclesiastico Mons. AldoAmati ha tenuto una breve rifles-sione sul discorso di Papa Bene-detto XVI al Convegno di Verona.È seguita la Santa Messa in occa-sione del Natale alla quale hannoanche partecipato gli universitaridi Rimini. È stata l’occasione perstare insieme al mondo dei giovaniche saranno gli imprenditori e di-rigenti di domani.

GRUPPO REGIONALE TOSCANO

• 21 novembre 2006 - Incontroal Teatro della Pergola con tutti iSoci, al fine di poter riuscire a da-re risposte certe per avviare unprocesso di aggiornamento e di ri-

del Lavoro: Domenico Tranqulli.Per lo Sportello Provinciale del La-voro: Adele Pino. A conclusione è intervenuto il Pre-sidente Nazionale Prof. AngeloFerro.

GRUPPO REGIONALE EMILIANO ROMAGNOLO

SEZIONE DI BOLOGNA

• 27 settembre 2006 - (3° ed ul-timo incontro del 2° ciclo forma-tivo. L’argomento trattato è sta-to: “Politica ed etica dell’acco-glienza e salvaguardia dell’identitàculturale e religiosa.• 29 novembre 2006 - 3° ciclodi incontri formativi. 1° ciclo sul te-ma “Le tecnologie e l’uso della na-tura”. Scopo dell’incontro è stato quel-lo di verificare quali siano gli ar-gomenti specifici da affrontareper stimolare i soci a rifletteresulla loro responsabilità e sullaconseguente necessità di impe-gnarsi a “salvaguardare” le con-dizioni necessarie alla sopravvi-venza della natura e quindi del-l’uomo stesso.• 14 dicembre 2006 - SantaMessa per il Natale della Sezionepresenziata da S. E. mons. NevioAncarani che al termine ha intro-dotto una conversazione sul tema:“La novità dell’Avvento del Si-gnore in questo anno di Grazia2006”.

SEZIONE DI FIDENZA

• 27 settembre 2006 - Incontrocon il Prof. Domenico Potenzoni,Primario di Urologia Ospedale diFidenza che ha parlato dell’at-tenzione alla persona da partedella scienza, pur in presenza digrandi progressi nel campo deitumori alla prostata.• 27 ottobre 2006 - Incontrocon il Presidente del Consorzio delParmigiano-Reggiano, importanzadella qualità del prodotto. Assem-blea aperta al pubblico e alle cate-gorie agricole interessate e ai com-mercianti. Ribadire che in tempi diconcorrenza a livello mondiale laqualità del prodotto e la difesa delmarchio saranno le armi vincenti diquesto gioiello che nasce dall’isoladel tesoro. Il parmigiano-reggianonon si fabbrica, si fa.• 24 novembre 2006 - Iniziati-va dal tema “Dopo il Convegnodi Verona. Corresponsabilità dei lai-ci” far conoscere ai soci le indica-zioni scaturite dalla recente Con-ferenza Episcopale di Verona, al-la luce delle relazioni dei CardinaliTettamanzi e Ruini. È intervenutoil Professore incaricato Studio Teo-logico bolognese, Docente all’U-niversità Lateranense e alla Fa-coltà Teologica di Lugano.

SEZIONE DI REGGIO EMILIA

• 29 settembre 2006 - Incontroalla Sezione per la costituzionedel Gruppo Giovani.

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strutturazione interna.

GRUPPO REGIONALE UMBRO

• 20 ottobre 2006 - ConsiglioDirettivo del Gruppo.• 2 dicembre 2006 - Incontro diriflessione religiosa in preparazio-ne del Santo Natale che si è tenutoad Assisi. Saluto del PresidenteLeonello Radi e presentazione deiprogrammi UCID. Relazione delPadre Giampaolo Salvini S.J. Di-rettore della Rivista “Civiltà Cat-tolica” sul tema “Ora et Labora”. Santa Messa con omelia di Mons.Vincenzo Paglia.

GRUPPO REGIONALE MARCHIGIANO

• 22 settembre 2006 - ConsiglioDirettivo Regionale e AssembleaRegionale Ordinaria con la pre-senza del Presidente Nazionale Prof.Angelo Ferro e del Segretario Ge-nerale Giovanni Scanagatta.

GRUPPO REGIONALE DEL LAZIO

SEZIONE DI FROSINONE

• 24 novembre 2006 - Apertu-ra dell’anno sociale 2007. Con-vegno di studio sul tema: “Uni-

versità e mondo operativo delle im-prese”.Presentazione di Emilio Iaboni.

Saluto dell’On. Dott. Augusto Pi-gliacelli Cons. Reg.le Lazio e VicePresidente UCID Frosinone. Rela-tori al Convegno sono stati Gio-vanni Scanagatta, Segretario Ge-nerale UCID Nazionale; Dott. An-tonio Bertani, Presidente GruppoRegionale del Lazio; avv. France-sco Rabotti, Docente di Sociolo-gia Giuridica e Consigliere della Se-zione; Claudio Gessi, Dirigente CI-SL e Consigliere della Sezione.Conclusioni di S.E.R. Mons. Sal-vatore Boccaccio, Vescovo di Fro-sinone-Veroli-Ferentino e Consu-lente Ecclesiastico della Sezione.Accogliendo il desiderio manife-stato dal Presidente Giancarlo Abe-te di favorire un ricambio nella ca-rica da Lui ricoperta, il ConsiglioDirettivo ha nominato all’unani-mità Presidente il Dott. GiuseppeCornetto Bourlot, attuale Vice Pre-sidente.

SEZIONE DI ROMA

• 11 settembre 2006 - ConsiglioDirettivo della Sezione.• 20 novembre 2006 - ConsiglioDirettivo della Sezione. Nominadel Vice Presidente Stefano Pighiniche mantiere la carica di Tesorie-re ad interim.• 11 dicembre 2006 - SantaMessa per il Natale della Sezionepresenziata da S.E. Rev.ma il Car-dinale Camillo Ruini Vicario Ge-

nerale di Sua Santità Benedetto XVIper la Diocesi di Roma. La cele-brazione si è tenuta nella Basilicatadi San Giovanni in Laterano. Al ter-mine, tradizionale scambio degliauguri all’interno del Palazzo Apo-stolico Lateranense.

GRUPPO REGIONALE ABRUZZO

• 22 settembre 2006 - ConsiglioDirettivo Regionale e AssembleaRegionale Ordinaria con la pre-senza del Presidente NazionaleProf. Angelo Ferro.

GRUPPO REGIONALE BASILICATA

• 9 ottobre 2006 -Convegnosu “Microcredito per la cono-scenza” percorsi per valorizzare ilcapitale della conoscenza e con-tribuire ad abbattere la disoccu-pazione intellettuale. Il libero flus-so delle immagini e delle parolesu scala mondiale sta trasfor-mando non solo le relazioni tra ipopoli a livello politico ed econo-mico, ma la stessa comprensionedel mondo. In questo contesto,l’impegno per valorizzare il “Ca-pitale della Conoscenza” divieneun momento altamente qualifi-cante, che risponde anche alle esi-genze di creare nuove occasionidi lavoro, nel momento in cui, da

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GRUPPO REGIONALE CAMPANO

SEZIONE DI NAPOLI

• 8 novembre 2006 - ConsiglioDirettivo del Gruppo e il Cardina-le Sepe incontra l’UCID.• Si è tenuto nella sede dellaCuria, in Largo Donnaregina a Na-poli, il primo incontro ufficiale traSua Eminenza, il Cardinale Cre-scenzio Sepe e la Sezione Napolidell’UCID - Unione Cristiana Im-prenditori e Dirigenti. Presenti il Pre-sidente Nazionale dell’UCID Prof.Angelo Ferro, il Presidente della Se-zione di Napoli, Dr. Emilio Cam-panile, il Presidente Regionale, Dr.Aurelio Fedele, alcuni consiglieri eun folto gruppo d’imprenditori eliberi professionisti campani.Ha aperto l’incontro il PresidenteProf. Angelo Ferro, che ha parla-to a lungo dell’impegno oramaidecennale dell’UCID a favore diuna partecipazione costante econcreta d’imprenditori e dirigentinella società civile, guidati dai va-lori cristiani. L’economia, secondo il Prof. Fer-ro, rappresenta il vero collante del-la nostra società al di là dei di-scorsi di Governo e di partiti. Chisviluppa, dunque, impresa e la-voro, come creatore di realtà eco-nomiche, riversa nella società l’e-nergia necessaria allo sviluppoeconomico. In tal senso l’UCID, accomunan-do a questa energia quella dei va-

piú parti, si continua a chiedere dirivalutare la centralità della personae la sua creatività, nel convinci-mento che «… l’uomo, median-te il suo lavoro, partecipa all’ope-ra del Creatore e a misura delleproprie possibilità, in un certo sen-so, continua a svilupparla e la com-pleta …» (Laborem Exercens,1981). L’obiettivo strategico de “Le Val-li del Sapere” si concretizza nelprogettare e costruire sistemi re-lazionali globali, finalizzati a farcrescere insieme gruppi im-prenditoriali e micro-unità di ri-cerca.In quest’ottica si è avviato in Ba-silicata un primo progetto pilota,la cui fase iniziale prevede la com-pilazione di una scheda questio-nario nella quale il giovane laureatomette in luce le sue attitudini e pre-disposizioni, nell’ottica di costi-tuire, insieme ad almeno altri duelaureati (che egli stesso potrà in-dividuare), una “Micro-Impresadella Conoscenza”, contribuen-do alla nascita di un “Distrettodella Conoscenza”. Non è indispensabile che il giova-ne proponga un’idea. È sufficien-te che indichi uno specifico settoredi interesse ed evidenzi la condi-visione degli obiettivi del proget-to, la disponibilità a mettersi ingioco e a investire sui propri talentiintellettuali. La “Micro-Impresa” quindi si pro-pone come soggetto pronto a cre-scere, di concerto con un SeniorPartner (identificato con il sup-

porto dell’UCID), per produrre be-ni immateriali da definire, dalleattività piú semplici, a quelle piúarticolate e complesse. La nascita e la crescita di sistemidiffusi di “Micro-Imprese della Co-noscenza”, ad elevato contenu-to intellettuale, aggregate in strut-ture definite “Valli del Sapere”,rappresentano strumenti concre-ti per rispondere alle nuove sfidedel mondo del lavoro e si carat-terizzano per un’indubbia valen-za etica. Hanno partecipato: Antonio Ma-riuo Tamburro, Magnifico Retto-re Università degli studi della Ba-silicata; Vito Santarsiero, Sindacodi Potenza. Ha introdotto Prof.Angelo Ferro, Presidente NazionaleUCID. Sono intervenuti: Tomma-so Sorrentino, Presidente “Le Val-li del Sapere - Onlus”, Enzo Bia-gini, Presidente Appel Europa; Fi-lippo Ciuffi, Comitato Nazionaleper il Microcredito; Sabino Alto-bello, Presidente Provincia di Po-tenza, Vito De Filippo, PresidenteRegione Basilicata. Ha conclusoMons. Agostino Superbo, Presi-dente Conferenza Episcopale Ba-silicata.• 29 novembre 2006 - Assem-blea Regionale Ordinaria del Grup-po ed elezione del nuovo Presi-dente. Al Presidente uscente, Dott. Tom-maso Sorrentino i nostri piú vivi rin-graziamenti per l’attività svoltanell’UCID e un fervido augurio dibuon proseguimento nelle sue at-tività.

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lori cristiani, s’impegna a dare unapporto creativo e propositivo perla collettività. Continui i riferimenti del Prof. Fer-ro all’udienza tenutasi lo scorso 4marzo con il Papa, Benedetto XVI,in cui l’UCID è riuscita a farsi ri-conoscere come Unione solida ein continua crescita, ribadendol’importanza di una vera e propriacoscienza imprenditoriale basatasui valori dell’etica cristiana.Profondo anche l’intervento delCardinal Sepe che in particolare haringraziato l’UCID dell’impegnoconcreto che ha saputo dare nelcorso degli anni alla società civi-le, ricordando che oggi l’econo-mia può essere la vera fonte di svi-luppo e di riscatto per la società.Il Cardinale ha definito gli im-prenditori laici dei veri e proprimissionari in grado di animare lacollettività attraverso una proget-tualità economica continuamen-te supportata dai valori della fe-de cristiana. Nel concreto, ha sot-tolineato il Cardinale, l’impegnodeve essere quello di utilizzare ildenaro come strumento di svi-luppo mai fine a sé stesso. Il Cardinale si è rivolto, infine, agliimprenditori con un messaggio disperanza: «Non bisogna scorag-giarsi, ma investire, specie a Na-poli dove tutte le tradizioni, com-prese quelle artigianali, devonoessere incoraggiate. Gli impren-ditori però - precisa il Cardinale -devono essere necessariamentesupportati da una politica gover-nativa che consideri prioritarie le-

galità e sicurezza», come lui stes-so ha chiesto alle Istituzioni neigiorni scorsi.

GRUPPO REGIONALE PUGLIA

SEZIONE DI TRANI - BARLETTA- BISCEGLIE

• 5 dicembre 2006 - Seminariosu “La responsabilità Sociale de-gli Imprenditori, l’unica via per laCrescita e lo Sviluppo”. Ha mo-derato l’incontro Michele Cristal-lo, Presidente della Sezione e Di-rettore Gazzetta dell’Economia.S.E.R. Mons. Giovanni Battista Pi-chierri, Arcivescovo Diocesi di Tra-ni che ha parlato sul tema “Unosguardo al futuro”; Carla D’Urso,Preside ITC “Cassandro” di Bar-letta; Esortazione di Nicola Maf-fei, Sindaco di Barletta; “L’Etica alcentro delle strategie aziendali”Francesco D’Aprile, Presidente Na-zionale APCO.; “La Finanza etica”Giorgio De Donno, Direttore Ge-nerale Banca Arditi Galati S.p.A.;“Il piano d’azione dell’O.N.U. peril pianeta terra” Elio Loiodice,Coord. Progetto AGENDA 21 Co-mune di Trani, Vice-GovernatoreLions Puglia; “L’Imprenditore e laDottrina Sociale della Chiesa”,Don Luigi Renna, Docente teolo-gia morale Facoltà Teologica Pu-gliese; “Sostenibilità, integrità ebuona Corporate Governance”,Ferdinando Mascellaro, DirettoreDivisione Sud Gruppo Buzzi-Uni-

cem; “La Governance allargata eil Sistema di Partnership” KatiaVizzuso, Responsabile RelazioniEsterne Calia Italia S.p.A. di Ma-tera; “Il Codice di comportamen-to etico”. Teodoro Centaro, Re-sponsabile Pugliese Italgas Grup-po ENI. Le considerazioni finali so-no state tratte da Giovanni Sca-nagatta, Segretario Generale UCIDNazionale.Lo scopo del Seminario è di por-re attenzione al ruolo dell’impre-sa non soltanto come attore eco-nomico, ma anche come istitu-zione sociale, sottolinenado l’im-portanza di rapporti di fiducia tral’impresa e i suoi stakeholder, siainterni (azionisti, management,dipendenti), sia esterni (fornitori,clienti, collaboratori, partner, sco-munità locali, giovani, pubblicaamministrazione, ecc.) www.ucid-puglia.org

GRUPPO REGIONALE CALABRO

• 22 ottobre 2006 - Inaugura-zione anno sociale-UCID Calabriapresso la suggestiva cornice del Ca-stello di Alta Fiumara, a Scilla Dieg-gio Calabria si è svolta la cerimo-nia di inaugurazione dell’AnnoSociale dell’UCID Calabria. Presenti il Presidente NazionaleUCID Prof. Angelo Ferro, il Presi-dente Onorario UCID Calabria,Santo Versace, il Presidente re-gionale UCID, Francesco Granato,

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nale ma anche e soprattutto daiprecetti morali del Vangelo e del-la Dottrina Sociale della Chiesa. Oggi piú che mai si avverte l’esi-genza di una stretta collabora-zione con le istituzioni, affinché siprovveda insieme alla realizzazio-ne del bene comune». Dalla parte di chi lavora, di chiproduce, un forte intervento ègiunto dal Segretario regionaleRosy Perrone, che crede forte-mente nella possibilità di un ri-scatto: «oggi la forma dell’assi-stenzialismo in Calabria non esi-ste, la capacità di sviluppo è en-dogena, occorre la legalità svoltanel quotidiano. Il nostro compitoè far perdere l’individualismo eportare in sintesi un obiettivo co-mune, scegliere di essere cittadi-ni europei non condizionati danulla». A ricordare l’udienza del SantoPadre Benedetto XVI presso la Sa-la Nervi, il magistrato FrancescoMarra nel suo intervento di presavisione della realtà reggina e inparticolare della realtà UCID: «Cisono molti calabresi che scom-mettono in negativo sulla Calabria,ma ci sono anche altri calabresiche scommettono sul futuro diquesta regione e con la coscien-za di questa identità, essendo cri-stiani, che dobbiamo affermareun dovere: essere a disposizione,servire, moltiplicare i talenti, por-gere attenzione su tutti i profilidella società, dall’amministrazio-ne alla magistratura, all’impren-ditoria al popolino. La giustizia

il Segretario regionale UCID, An-tonella Freno, il Presidente UCIDdi Reggio Calabria, Andrea Guar-na, la sezione UCID giovani, tut-ti i soci con presenze non solo ca-labresi. Dopo l’accoglienza da parte del Se-gretario regionale UCID, A. Freno,a prendere la parola è stato S.E. ilprefetto di Reggio Calabria, LuigiDe Sena, che ha sostenuto comeuno dei malesseri della Calabria sial’allontanamento dei calabresi ver-so altre regioni e come l’impren-ditoria calabrese debba essere so-stenuta dalla Regione e dallo Sta-to. «Sono un meridionalista, co-nosco la nostra cultura spesso di-menticata e vedere Santo Versa-ce tornare in Calabria mi destaparticolare compiacimento. L’o-biettivo da raggiungere è far gua-dagnare in termini di qualità laCalabria, occorre una inversionedi tendenza e recuperare credibi-lità, una ricostruzione morale al-l’interno delle imprese».Per Francesco Granato, Presiden-te Regionale UCID Calabria, il per-corso da affrontare da parte del-l’UCID è difficile, «la sfida è riu-scire a continuare a “operare”,cosí come il titolo della rivista losuggerisce, continuare a comuni-care un messaggio di operatività.Madre Teresa di Calcutta affer-mava: “fa come se tutto dipen-desse da te, lascia il resto a Dio”,una frase che deve servire da mot-to. La Calabria deve cambiarementalità e da qui parte la missionedell’UCID».

I giovani UCID calabresi rappre-sentati da Antonella Garaffa han-no confermato, aderendo alla“Carta dei Valori”, il proprio im-pegno nel vivere quotidianamen-te da laici cristiani per realizzare ilbene comune sull’ideale di unasocietà rispettosa dei diritti dellapersona promuovendone e sal-vaguardandone la crescita. L’impegno dei giovani passa an-che attraverso la consapevole vo-lontà di contribuire a superare tut-te le barriere sociali ed economi-che.Il superamento delle barriere-con-clude Antonella Garaffa «devepassare attraverso la realizzazio-ne di una politica che valorizzi unaforma di economia inclusiva, mo-derna, che consenta di accedereal mondo del lavoro. Lo sviluppo della società deve es-sere frutto del lavoro di noi gio-vani spinti non solo dall’impegnosociale, ma anche dall’amore edalla giustizia, ed è per questoche il progresso economico deveessere frutto dell’impegno perso-nale. Lo sguardo di noi giovanicalabresi guarda lontano.Chi come noi è nato in Calabriaconosce le difficoltà che si vivonoquotidianamente ma la voglia dioperare per cambiare questa fa-se di stallo muove ogni nostraazione.Il progetto che noi giovani UCIDcalabresi ci poniamo come obiet-tivo è ambizioso, una sfida cheintendiamo vincere, guidati nonsolo dalla deontologia professio-

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che rappresento non è il fruttodell’attività del giudice ma del po-polo, di tutta la struttura sociale.Le prospettive di lavoro non de-vono essere delegate ma dobbia-mo sentirci parte attiva di questasocietà».A dare una testimonianza cultu-rale e di connubio con l’UCID an-che l’Associazione culturale “LeMuse” con il suo Presidente, Giu-seppe Livoti: «la cultura è la via perportare avanti i criteri dell’UCID e“Le Muse” rappresentano la cul-tura della contemporaneità, dovetutto nasce dalla cultura delle pic-cole cose». «Il Santo Padre ha avuto modo diricordarci che giustizia e carità de-vono essere i due aspetti insepa-rabili dell’unico impegno socialedel cristiano - ricorda il Presiden-te Nazionale Prof. Angelo Ferro -ed è proprio in tal senso che de-vono trovare realizzazione i princí-pi ispiratori dell’UCID, ossia quel-li di favorire il progresso economicoe sociale donandosi per una sem-pre maggiore divulgazione dellacultura e della conoscenza, dasempre alla base di ogni sviluppo,sostenere i piú bisognosi non so-lo con la solidarietà ma anche conl’impegno affinché si giunga auna piú equilibrata distribuzionedel benessere. Noi siamo personeche vivono il sentimento cristiano,siamo una unione che portiamovalori, onestà, lealtà, produciamobeni e servizi d’impresa, impresanel senso di comunità che ha unobiettivo: creare valori. Noi siamo

i veri portatori dei valori, soprat-tutto oggi che la società si presentaframmentata. La nostra è l’etica dello “starecon”: questo è il senso dell’UCID.Abbiamo una sigla: è la “c” di cri-stiani che ci dà il senso del vero».E ancora il Prof. Angelo Ferro si sof-ferma sul principio della forma-zione, sull’importanza dell’am-biente familiare che deve daremotivazioni e stare dalla parte dichi ha problemi. «Accettiamo le sfide, con re-sponsabilità e impegno, con coe-renza e convinzione dedicheremol’intero anno al messaggio e allariflessione - aggiunge AntonellaFreno -. La concretizzazione e larealizzazione di un progetto uni-tario deve tener conto delle po-tenzialità e delle strutture già esi-stesti, al fine di operare un rilan-cio globale della Calabria e usci-re - continua Antonella Freno pri-ma di lasciare le conclusioni al Pre-sidente onorario - da quella lo-gorante e autodistruttiva logicadell’esclusivo benessere di questao di quella provincia, per rilancia-re la Calabria in un contesto com-petitivo e globale». Santo Versace si è soffermato sul-la necessità di applicare la Dottri-na Sociale della Chiesa, sul prin-cipio guida dell’interesse socialedella collettività alla base delle im-prese, «l’incontro UCID vuol fun-gere da stimolo per me stesso, ilnostro è un impegno quotidianonella gestione dell’educazione,della meritocrazia, nella forma-

zione permanente, si deve pensarealla competitività, al dovere. I pro-blemi della Calabria sono proble-mi dell’Italia, i problemi della Ca-labria sono risolvibili».

SEZIONE DI COSENZA

• 9 aprile 2006 - Precetto Pa-squale presso la Chiesa di S. Ma-ria della Sanità; celebra don Ger-mano Anastasio, assistente spiri-tuale dell’UCID di Cosenza• 1-5 ottobre 2006 - I Soci del-l’UCID hanno compiuto un pelle-grinaggio ad Assisi, in occasionedel tributo dell’olio offerto alla Ba-silica di S. Francesco dalla Regio-ne Calabria.Il direttivo, presieduto dal Dott.Luigi Palermo, ha organizzato congrande disponibilità e accuratez-za il viaggio. Momenti di intensaspiritualità hanno segnato le va-rie fasi del viaggio, durante il qua-le ci sono state occasioni di rifles-sioni e di preghiera. Nella Basilicadel Santo, i soci, in un clima digrande partecipazione, hanno as-sistito alle celebrazioni liturgicheofficiate dai Vescovi della Cala-bria. Grande emozione ha suscitato ve-dere sfilare con i gonfaloni le mas-sime autorità regionali, provincia-li, comunali Calabresi. Dopo l’of-ferta dell’olio per la lampada vo-tiva, nella suggestione della Basi-lica è risuonata forte e vibrante laparola dell’Arcivescovo di ReggioCalabria Mons. Mondello, che con

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zione, trasformazione e distribu-zione realizzando cosí veramenteil Bene Comune.Si è poi tenuto il Consiglio Diret-tivo del Gruppo.

accenti toccanti ha parlato dellaCalabria e del Santo. A conclusione il governatore del-la Calabria On. Agazio Loiero haportato il saluto ai Calabresi giun-ti numerosi e devoti. Il viaggio diritorno, segnato anche da occa-sioni di acculturamento con la vi-sita di suggestive località del-l’Umbria, ha riportato a Cosenzai partecipanti, rinsaldati nella fe-de e arricchiti di rinnovata linfacristiana.• 20 ottobre 2006 - Nel salonedi rappresentanza di Palazzo deiBruzi, l’UCID presieduto dal dott.Luigi Palermo insieme alla Came-ra di Commercio col Commissa-rio on. Pietro Rende promuove uninteressante Convegno su: “L’Eti-ca nello sviluppo. Cultura, Ricer-ca, Impresa e Turismo”. Hannodibattuto: Pina Amarelli, Impren-ditrice, Cavaliere del Lavoro; Be-niamino Quintieri, Presidente Fon-dazione Masi-Docente di Econo-mia Univ. Tor Vergata di Roma;Pietro Rende, Commissario Ca-mera di Commercio di Cosenza;Santo Versace, Presidente GianniVersace SpA; Sandro Principe, As-sessore Regionale alla Cultura, al-l’Università e all’Alta Formazione.Modera: Gregorio Corigliano,Giornalista RAI; Conclude: An-tonella Freno, Segretaria Regio-nale UCID. La manifestazione havisto un pubblico numeroso e at-tento. Gli interventi dei relatoriqualificati e opportuni hanno toc-cato tematiche di attualità e digrande interesse.

A conclusione il patron Sante Or-rico consegna al dott. Santo Ver-sace il premio “Moda Movie Spe-cial Award”. Con esso si è voluto riconoscereil genio imprenditoriale dello sti-lista di origine calabrese, nonchéla creatività della famiglia Versa-ce.

GRUPPO REGIONALE SICILIA OCCIDENTALE

• 21 ottobre 2006 - Si è svoltoa Palermo, organizzato dalla se-zione siciliana dell’UCID, un con-vegno sul rapporto tra etica e pro-fitto. Moderati dal giornalista Nuc-cio Vara sono intervenuti: il presi-dente siciliano dell’UCID Alessan-dro Scelfo, il Vice Presidente diSviluppo Italia Nicola Piazza, IvanLo Bello Presidente di Confindu-stria Sicilia, Salvatore La Rosa di ISI-DA e Giulio De Rita di Léghein. Haconcluso i lavori il Prof. AngeloFerro, Presidente Nazionale del-l’UCID.È stata l’occasione per rifletteresulle sfide che la contemporaneitàlancia al mondo dell’impresa: lacomplessità, la globalizzazione, laconcentrazione di ricchezza e lapovertà; di fronte a ciò occorro-no soggetti transnazionali, co-scienti e responsabili - come gli im-prenditori, i dirigenti, i professio-nisti cristianamente ispirati - chepossano riportare nel solco del-l’umanesimo i processi di produ-

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• Ostuni, 7 settembre 2006 -Intervento del Prof. Angelo Ferroal Convegno Nazionale MEIC “Par-tire dal Mediterraneo. Per una cul-tura di pace e di cooperazione”.Visita al Vescovo di Brindisi.

• Roma, 3 ottobre 2006 - Si èsvolto il Comitato di Presidenza eil Consiglio Direttivo con la ceri-monia di consegna della Borse diStudio a tre meritevoli studentiuniversitari del Collegio Don Maz-za, che ospita la Presidenza Na-zionale. Le borse di studio sono state in-tolate alla memoria di tre Emi-nentissimi Cardinali: IldefonsoSchuster, Giuseppe Siri e Agosti-no Casaroli.

• Verona,19 ottobre 2006 - Par-tecipazione del Presidente Prof.Angelo Ferro e del Segretario Ge-nerale Giovanni Scanagatta alConvegno della Conferenza Epi-scopale Italiana - Progetto Cultu-rale - “Testimoni di Gesú Risorto,speranza del Mondo”. Presenta-zione al Papa della pubblicazionedell’UCID sull’“Etica comporta-mentale”.

• Foligno, 20 ottobre 2006 -Partecipazione del Presidente Prof.Angelo Ferro al Convegno Ne-metria “Sviluppo aziendale e Va-lori Etici nella globalizzazione” conintervento del Presidente.

• Albania (Tirana e Scutari), 28ottobre 2006 - Incontri con Mons.Crepaldi e Mons. Massafra, Dele-gato Conferenza Episcopale Al-bania, per la presentazione dellatraduzione in albanese del Com-pendio della Dottrina Sociale del-la Chiesa e per promuovere i princí-pi Ucidini in terra albanese. Inter-venti del Presidente e del Vice Pre-sidente Nazionali e del Presiden-te Gruppo del Lazio Antonio Ber-tani.

• Pescara, 10 novembre 2006 -Partecipazione del Segretario Ge-nerale UCID Dott. Giovanni Sca-nagatta, al Convegno Nazionalepromosso dalla Provincia di Pe-scara in collaborazione con il Co-mune di Pescara e con il Patroci-nio della Regione Abruzzo dal te-ma “Cittadini migranti e l’acces-so al credito: una prospettiva di rea-le integrazione sociale”.

• Firenze, 13 novembre 2006 -Incontro con il Presidente Prof.Angelo Ferro e i Consulenti Ec-clesiastici Regioni e di Sezione,promosso dal Consulente Eccle-siastico Nazionale Cardinale EnnioAntonelli.

ATTIVITA’ATTIVITÀPRESIDENZA NAZIONALE

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Ancona Ascoli Piceno-S.Benedetto

AstiBellunoBergamoBiellaBolognaBolzanoBresciaBrescia-Manerbio

Brescia -Valle Camonica

Busto Arsizio-Valle Olona

Alto MilaneseCaltanissettaCatanzaroCivitavecchiaComoCosenzaCremaCremonaFermoFerraraFidenza

FirenzeForlí-CesenaFrosinoneGenovaGorizia-Monfalcone

La SpeziaLatinaLeccoLodiMacerataMantovaMateraMilanoMonzaNapoliNovaraPadovaParmaPaviaPesaroPiacenzaPordenonePotenzaRavennaReggio CalabriaReggio Emilia

RiminiRomaRovigoSalernoSavonaSondrioTeramoTigullioTivoliTolmezzoTorinoTrentoTreviglioTrevisoTriesteUdineUgentoVareseVenezia-MestreVercelliVeronaVibo ValenziaVicenzaVigevano Rep. S. Marino

Le Sezioni Provinciali e Diocesane

16 Gruppi Regionali74 Sezioni Provinciali e Diocesane4.000 Soci

Gruppo Regionale LombardoGruppo Interregionale Piemonte e Valle d’AostaGruppo Regionale LigureGruppo Regionale Trentino Alto AdigeGruppo Regionale VenetoGruppo Regionale Friuli Venezia Giulia Gruppo Regionale Emilano RomagnoloGruppo Regionale ToscanoGruppo Regionale MarchigianoGruppo Regionale UmbroGruppo Regionale LazioGruppo Regionale CampanoGruppo Interregionale Abruzzo MoliseGruppo Regionale BasilicataGruppo Regionale CalabroGruppo Regionale Siciliano

I Gruppi Regionali

UCID 2006

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TAR. ASSOCIAZIONI SENZA FINI DI LUCRO: POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZ. IN ABBON. POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA 2, DCB PADOVA

Unione Cristiana Imprenditori DirigentiPresidenza Nazionale - Via Di Trasone 56/58, 00199 RomaTel 06 86323058 - fax 06 86399535 - e.mail: [email protected]