did attica

32
DIDATTICA SAPERI DELL'INSEGNAMENTO La didattica è la teoria e la pratica dell’insegnamento, è la scienza della comunicazione e della relazione educativa. Ciò che fin da subito assume rilevanza nella didattica è la complessità, ovvero il punto di vista individuale, infatti il soggetto organizza – ricostruisce – produce il mondo attraverso l’esperienza condotta in interazione con gli altri, con ambienti di vita e le relative culture; fa propri questi stimoli e modifica le sue conoscenze per adattarle ai cambiamenti di situazione. Inteso anche come un sistema di rappresentazione del reale, che scaturisce dalla relazione dinamica tra individuo e ambiente, la costante ricerca di un equilibrio con l’ambiente ( Interazionismo simbolico ). Questa forma di adattamento tradizionale viene definita Schema Input – Output, in cui si considerano le risposte dell’individuo come output e le stimolazioni dell’ambiente come input. Ben presto però ci si è resi conto che non era così semplice come per la fisica; come azione – reazione, invero l’individuo essendo un sistema auto poietico ( in grado di autoregolarsi ) metabolizza gli stimoli e si adatta in maniera più articolata, piuttosto che ad un semplice meccanismo di stimolo – risposta. Quindi un individuo non solo agisce \ reagisce ( Modello Comportamentista ) ma soprattutto agisce e interagisce con il mondo che gli si presenta in tutta la sua complessità ( Modello Interpretativo ). Da quest’ultimo modello teorico è nata e concepita la possibilità di intervenire intenzionalmente dall’esterno nel processo di adattamento\ apprendimento del soggetto nel così detto processo di formazione, inteso anche come Concetto di Educabilità. Proprio in questa delicata fase di accrescimento e miglioramento del bagagliaio tecnico – didattico del soggetto nasce un rapporto tra chi insegna e chi apprende che si colloca su un continuum che va dall’esclusiva eteronomia del docente alla totale autonomia del discente. Per quanto riguarda la pedagogia del docente il più antico tipo di insegnamento, si centra sulla figura del Maestro, secondo cui viene considerato possessore di un sapere di tipo l’ha detto lui ( ipse dixit ), è esempio di saggia sapienza e di indiscussa autorevolezza e, quindi il sapere viene accettato solo in virtù di chi lo presenta. In tale modello di insegnamento, il docente veniva concepito come un trasmettitore di conoscenze. La manifestazione più tipica di tale modello pedagogico è la lezione frontale considerati come gli strumenti principali di trasmissione del sapere e di verifica degli apprendimenti, quindi l’apprendimento si verifica a ridosso del lavoro di insegnamento. Questo modello di insegnamento porta un vantaggio, ovvero una didattica a basso costo del tipo uno – tanti ( proprio una sola figura è da guida a tanti soggetti in ascolto ) tra docente e tanti alunni. Quest’ultimi invece fanno parte palesemente della pedagogia del discente, che sostiene il focus della formazione sul soggetto e sulla sua autonomia, con uno schema più articolato, del tipo stimolo – organismo – risposta ( SOR ) in cui il soggetto è capace di produrre risposte autonome e autoguidate, di tipo intenzionale e funzionale, in grado quindi di modificare il

Upload: vincenzovitale

Post on 19-Feb-2016

235 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

riassunto

TRANSCRIPT

Page 1: Did Attica

DIDATTICA

SAPERI DELL'INSEGNAMENTO

La didattica è la teoria e la pratica dell’insegnamento, è la scienza della comunicazione e della relazione educativa. Ciò che fin da subito assume rilevanza nella didattica è la complessità, ovvero il punto di vista individuale, infatti il soggetto organizza – ricostruisce – produce il mondo attraverso l’esperienza condotta in interazione con gli altri, con ambienti di vita e le relative culture; fa propri questi stimoli e modifica le sue conoscenze per adattarle ai cambiamenti di situazione. Inteso anche come un sistema di rappresentazione del reale, che scaturisce dalla relazione dinamica tra individuo e ambiente, la costante ricerca di un equilibrio con l’ambiente ( Interazionismo simbolico ). Questa forma di adattamento tradizionale viene definita Schema Input – Output, in cui si considerano le risposte dell’individuo come output e le stimolazioni dell’ambiente come input. Ben presto però ci si è resi conto che non era così semplice come per la fisica; come azione – reazione, invero l’individuo essendo un sistema auto poietico ( in grado di autoregolarsi ) metabolizza gli stimoli e si adatta in maniera più articolata, piuttosto che ad un semplice meccanismo di stimolo – risposta. Quindi un individuo non solo agisce \ reagisce ( Modello Comportamentista ) ma soprattutto agisce e interagisce con il mondo che gli si presenta in tutta la sua complessità ( Modello Interpretativo ). Da quest’ultimo modello teorico è nata e concepita la possibilità di intervenire intenzionalmente dall’esterno nel processo di adattamento\ apprendimento del soggetto nel così detto processo di formazione, inteso anche come Concetto di Educabilità. Proprio in questa delicata fase di accrescimento e miglioramento del bagagliaio tecnico – didattico del soggetto nasce un rapporto tra chi insegna e chi apprende che si colloca su un continuum che va dall’esclusiva eteronomia del docente alla totale autonomia del discente. Per quanto riguarda la pedagogia del docente il più antico tipo di insegnamento, si centra sulla figura del Maestro, secondo cui viene considerato possessore di un sapere di tipo l’ha detto lui ( ipse dixit ), è esempio di saggia sapienza e di indiscussa autorevolezza e, quindi il sapere viene accettato solo in virtù di chi lo presenta. In tale modello di insegnamento, il docente veniva concepito come un trasmettitore di conoscenze. La manifestazione più tipica di tale modello pedagogico è la lezione frontale considerati come gli strumenti principali di trasmissione del sapere e di verifica degli apprendimenti, quindi l’apprendimento si verifica a ridosso del lavoro di insegnamento. Questo modello di insegnamento porta un vantaggio, ovvero una didattica a basso costo del tipo uno – tanti ( proprio una sola figura è da guida a tanti soggetti in ascolto ) tra docente e tanti alunni. Quest’ultimi invece fanno parte palesemente della pedagogia del discente, che sostiene il focus della formazione sul soggetto e sulla sua autonomia, con uno schema più articolato, del tipo stimolo – organismo – risposta ( SOR ) in cui il soggetto è capace di produrre risposte autonome e autoguidate, di tipo intenzionale e funzionale, in grado quindi di modificare il senso e la direzione della risposta apprenditiva. I punti essenziali su cui si poggia l’attivismo pedagogico possiamo sintetizzarli in 6 punti :

Il Puerocentrismo = ovvero invece di rendere il bambino adulto il prima possibile, diviene opportuno concentrarsi sull’infanzia.Il valore della psicologia = che sostiene la pedagogia riguardo l’apprendimento e lo sviluppo.L’insegnante come guida = insegnante non solo per trasmettere conoscenza, ma anche nel processo della scoperta del bambino facendogli da guida.Il legame tra interessi e bisogni = sono gli interessi e i bisogni del bambino a guidare l’insegnamento.Il legame tra insegnamento e vita = la scuola non è parte separata della vita ma serve per la vita.L’intelligenza operativa = il bambino va stimolato ad usare la propria intelligenza attraverso dei laboratori ( scultura, pittura, ecc )

C’è un forte rapporto tra insegnamento e apprendimento con una relazione tra chi insegna e chi apprende ( Logica dell’eco – etero – autonomia ). C’è questo scambio docente – discente dove entrambi sono attori della relazione che si caratterizza per autonomia e per proprie caratteristiche psicofisiche, quindi ognuno deve andare incontro all’altro in base ai bisogni e alle modalità apprenditive. Il soggetto, si colloca in una posizione, in un continuum di continuo ed esclusivo ascolto perché attraversa trasversalmente questi 3 principali orientamenti riguardo al progetto formativo e quindi rispetto alla relazione di insegnamento – apprendimento. Da parte degli insegnanti tuttavia è indispensabile prevenire ad una cultura della qualità della didattica che si costruisce su le buone pratiche che sono 3 :

Page 2: Did Attica

Modularità = al fine di far maturare capacità di analisi e sintesi per la disciplina affrontata.Flessibilità = ovvero passare da un percorso formativo all’altro diversificando i testi di studio al fine di far sviluppare abilità autoriflessive e critiche sul materiale selezionato.Personalizzazione = possibilità di scegliere le modalità di apprendimento e di verifica.

Queste 3 categorie caratterizzano le azioni formative di tipo formale ( la scuola), diversamente da quelle di tipo informale che avvengono spontaneamente in qualsiasi contesto di vita; familiare, sociale, lavorativo, e di tempo libero, proprio perché nei contesti formalizzati si va a valutare il se e il come, c’è un impegno cognitivo sul percorso di sviluppo.Ed è qui che entra in gioco il processo di rielaborazione del sapere (Mediazione Didattica), lungo 3 direzioni :

L’oggetto culturale = le materie disciplinari affrontateIl soggetto in apprendimento = la conoscenza del sistema cognitivo ed emozionale dell’alunnoL’insegnante = il proprio stile didattico nel metodo utilizzato

La didattica deve rispondere alle 3 domande:cosa \ a chi \ come insegnare ?I contesti sociali dell’insegnamento – apprendimento sollecitano anche il rapporto tra aspettativa e rendimento. Infatti se gli insegnanti credono che un soggetto sia meno dotato o all’opposto molto dotato sul piano intellettivo, questi tendono a trattarlo anche inconsciamente, in modo diverso dagli altri a seguito della rappresentazione mentale dell’insegnante, il soggetto a questo punto tenderà ad interiorizzare tale giudizio e si comporterà di conseguenza. Questa dinamica in altre parole, tende ad instaurare un circolo vizioso per cui il soggetto tenderà a maturare alternativamente o in senso di estrema adeguatezza o di totale impotenza e quindi a divenire, nel tempo, proprio come l’insegnante lo aveva immaginato. Il modo di guardare l’alunno, da parte dell’insegnante, può influenzare significativamente la prestazione dell’allievo e quindi, il suo rapporto con l’apprendimento. In particolare, se si pensa alla prima socializzazione in età pre – adolescenziale, il rapporto tra pari è un delicato terreno nel quale si gioca, ancora una volta, il peso della rappresentazione sociale; attribuire una scomoda etichetta, può rappresentare un ostacolo all’espressione del Sé in modo stabile, libero ecc.Peraltro si ritiene necessario un analisi – previsione dell’incidenza che può avere l’itinerario didattico stabilito, del suo svolgimento e della sua verifica.

Progettazione, Programmazione non è solo una questione di terminologia. Diviene quindi molto utile analizzare i termini per non avere confusione; notiamo subito delle importanti differenze :

Progettare = è criterio generale di lavoro, è anche un indicazione di massima su come procedere.Programmare = è lavorare per l’acquisizione di conoscenze per la revisione critica di quelle possedute.

Qui possiamo anche tenere a mente il fatto che la Programmazione didattica individualizzata fa parte della Programmazione didattica in generale ed entrambi fanno del ciclo della Progettazione educativa.

Queste delucidazioni hanno aperto ben presto la strada per un analisi maggiore della scuola, facendone risaltare delle differenze,ovvero un passaggio da una scuola del programma alla scuola della programmazione :

Coordinare i fattori educativi e formativi in sede locale.Tenere presente le materie e le discipline di studio di una scuola e usarle nel contesto di vita sociale e culturale.Quindi costruire un curricolo vagliato con un concetto di trasferibilità delle conoscenze in altri contesti similari considerando fattori, situazioni, esigenze dei vari aspetti economici, sociali e, culturali della realtà scolastica e formativa.

Bisogna considerare 3 aspetti della realtà scolastica, e la programmazione didattica è il dispositivo regolativo centrale :

Page 3: Did Attica

La scuola nella sua organizzazioneConoscenza e problemi del Territorio di appartenenza della scuolaGli alunni facenti parte di entrambi i fattori e quindi valutarne gli esiti formativi

A coadiuvare tutto lo sviluppo tecnico – didattico dell’alunno, inizialmente si ponevano al centro solo gli obiettivi da perseguire. In questo caso il curricolo personale dell’alunno è un obietto di per sé.Vi sono delle teorie cui far riferimento in questo caso e possono essere raggruppate in :1 ) Percorso formativo2 ) Progetto educativo nazionale a livello formale3 ) Attività di programmazione ( da parte del docente, del team ecc )4 ) Gestione dell’attività di programmazione ( lavoro di controllo – valutazione – correzione degli obiettivi )

Il delicato compito di contestualizzare il programma ministeriale è dare intenzionalità ai percorsi formativi dei singoli gradi scolastici. Contestualizzare il programma è dare significato alle finalità – traguardo, pedagogico e didattico, al viaggio dell’insegnamento – apprendimento, costruendo così una scuola del progetto, e non una scuola del caso. La scuola necessita di delineare degli obiettivi; che è il fattore di regolazione delle successive fasi del curricolo stesso.Comunque per i docenti, qualunque sia il criterio adottato per classificare gli obiettivi, è un compito abbastanza impegnativo, sarebbe utile infatti presentare agli studenti obiettivi secondo un criterio di complessità crescente, dei livelli di capacità, da acquisire in relazione alle grandi aree di apprendimento e sviluppo. Per questo difficile compito è bene far riferimento alla Tavola tassonomica madre che prevede:1 ) Apprendimenti elementari = Obiettivi cognitivi generali : MemorizzareAutomatismi disciplinariAutomatismi cognitivi2) Apprendimenti intermedi = Obiettivi cognitivi generali :Descrivere le conoscenzeApplicare e controllare le conoscenze3) Apprendimenti superiori convergenti = Obiettivi cognitivi generali :AnalisiSintesiMetodo4) Apprendimenti superiori divergenti = Obiettivi cognitivi generali :IntuizioneInvenzione

Questo è tutto ciò che concerne la Programmazione per obiettivi.Invece altro tipo di programmazione didattica a mio parere molto più valida è la Programmazione per mappe concettuali. Si fonda sulla convinzione che i curricoli vadano centrati non sugli obiettivi ma sui contenuti, ossia sui concetti portanti delle discipline. E’ necessario far riferimento ad una serie di fasi scandire, ovvero :

1) Elaborazione delle mappe concettuali di base : il docente indica i percorsi didattici da realizzare, utile per la conduzione della conversazione clinica.

2a) Conversazione clinica : I docenti, con particolare attenzione nell’osservazione e con capacità di interazione verbale formulando domande opportune sulla base delle risposte dei soggetti, devono aiutare questi ultimi a tirar fuori i concetti inerenti al programma didattico sollecitandoli e aiutandoli nel percorso formativo.2b) Ricostruzione della matrice cognitiva : Sulla base dei concetti emersi dalla conversazione clinica si inizia a costruire la matrice cognitiva degli alunni rendendosi conto approssimativamente come continuare il programma.3) Elaborazione della rete concettuale dell’unità didattica : Può essere definita la fase della formulazione degli obiettivi che scaturiscono dalla lettura incrociata tra mappa concettuale e matrice cognitiva degli alunni.4) Esecuzione : esecuzione dell’unità didattica in sé.

Page 4: Did Attica

Riguardo la conduzione delle attività didattiche è importante quindi : Offrire a tutti i soggetti le informazioni utili a piccoli passi. Far concettualizzare i soggetti con domande mirate.Rappresentare i concetti in maniera esemplificata ( con schemi, immagini, disegni, schizzi ecc )Organizzare i concetti di tipo percettivo anche in tipo logico – simbolico.5) Valutazione : D’ingresso = dopo la conversazione clinicaIntermedia = sull’uso degli organizzatoriFinale = in riferimento al percorso generale della tassonomia

Le prestazioni finali vanno così controllate sul fatto che l’alunno deve aver strutturato abilità di :GeneralizzazioneDefinizioneDiscriminazioneApplicazioneTransfer scolasticoTransfer extrascolasticoTransfer analogico ( cioè in senso metaforico o figurato )Competenza meta – concettuale

E’ possibile realizzare insieme agli alunni una mappa concettuale su qualsiasi argomento seguendo alcune facili indicazioni :1) Introducendo una PAROLA – OGGETTO ( sostantivo ) come diretta esperienza ( sedia, scuola, cane ecc) Disponendo i bambini con le sedie in cerchio per comunicare meglio.2) Chiedere di pensare delle PAROLE – EVENTO ( VERBI ) ossia delle situazioni legate a quella parola – oggetto ( se la parola è scuola si chiede che cosa si può fare a scuola ? 3) Si chiede ai bambini di chiudere gli occhi e dire se nella loro mente compaiono figure quando vengono pronunciate parole – oggetto e parole – evento familiari. Ai bambini viene così presentato il termine CONCETTO ( ossia una parola usata quando ci si riferisce alle immagini mentali di oggetti o eventi ).4) A questo punto si avvia il riconoscimento delle PAROLE – CONCETTO ( ossia non solo cose concrete ma anche astratte ad es : scuola = parola – oggettogiocare = parola – eventodivertimento = parola – concettoQuindi far distinguere queste ultime Parole oggetto \ evento \ concetto.5) L’insegnante invita i bambini a stabilire legami e relazioni tra parole –evento e parole–concetto(tra bambini ).Giungiamo ora in maniera schematica alle Differenze tra il modello di programmazione per obiettivi e quello per mappe concettuali.PROGRAMMARE PER OBIETTIVI :L’insegnamento è causa dell’apprendimento.Gli obiettivi specificano i modelli di insegnamento.Gli obiettivi vengono individuati in assenza del soggetto.Assimilazione per via tendenzialmente trasmissiva dei contenuti.Genera apprendimenti lineari con percorsi cognitivi univoci e rigidamente determinati.PROGRAMMARE PER MAPPE CONCETTUALI :Dagli schemi apprenditivi del soggetto si costruisce l’insegnamento.I modelli di insegnamento sono formulati dagli schemi di apprendimento del bambino e dalle sue esperienze.Gli obiettivi vengono desunti dall’incrocio della mappa concettuale di base con la matrice cognitiva del soggetto.Costante operazione di co – adattamento tra la costruzione cognitiva soggettiva e le organizzazioni concettuali.Prospetta percorsi aperti in cui sono possibili itinerari plurimi, divergenti e creativi in coerenza con le strutture.

Page 5: Did Attica

Ma cosa rende un’azione didattica efficace ?Cosa fa della didattica un processo rilevante ?L’indicatore della partecipazione appare inoltre un aspetto centrale anche per la formazione degli studenti:

Attivare e valorizzare i saperi soggettivi.Facilitare l’esplicitazione degli stili cognitivi dei soggetti e l’arricchimento dei modelli mentali.Valorizzare la cultura dell’apprendimento.Facilitare la partecipazione e il coinvolgimento dei soggetti in formazione.Offrire attività formative da far svolgere ai soggetti in prima persona.Sollecitare situazioni di apprendimento di gruppoValorizzare la dimensione relazionale nel processo di formazione.

E’ anche da considerare la modificazione del soggetto, ovvero :Sostenere i processi di cambiamento del soggetto.Alimentare la crescita di conoscenze, competenza e atteggiamenti.Consentire il controllo del rapporto tra livelli formativi di ingresso, obiettivi formativi e risultati raggiunto.Sostenere la crescita di abilità auto valutative e cretiche.Facilitare i processi di responsabilizzazione e di costruzione da parte dei soggetti.Agevolare i processi di autoconoscenza della propria cultura in relazione alle culture altre.Ricordarsi di far sempre contestualizzare ovvero migliorare l’apprendimento con la creazione di ambienti migliori che lo facilitano, dare loro compiti ai problemi reali, far imparare individualmente e in gruppo.

Nell’epoca contemporanea anche definita spesso epoca della conoscenza, dei lavoratori della conoscenza, dell’informazione e della conoscenza diffusa è bene tenerne conto, in quanto tutto ciò va connesso al fatto che di conseguenza maggiormente con la possibilità odierna, tramite l’utilizzo dei nuovi mezzo tecnologici, soprattutto in seguito alla rivoluzione digitale, si può ricevere molte informazioni ( Internet ), piuttosto che con quella della maturazione di competenze, la quale richiede l’apporto di scienze umane, oltre che all’esperienza e principalmente delle scienze della formazione e dell’educazione. Questo sapere condiviso nasce proprio dalla comunicazione: cioè uno scambio tra soggetti regolato sia da un bisogno intrinseco, sia da una necessità sociale e culturale; significa Mettere in comune qualcosa. E comunque Comunicare e Comunicazione sono legati ai termini trasmissione, linguaggio, informazione. Comunicazione è trasmissione di informazioni e alla base di questo c’è pura intenzionalità.La trasmissione tra soggetti avviene sempre tramite un medium ovvero un canale che funge da supporto.La comunicazione è anche definita vera in quanto appunto è un fenomeno intenzionale.La comunicazione fa da guida alla trasmissione, la comprende e, pertanto, la orienta.Tutto ciò che non si realizza nella comunicazione non esiste.

L’attenzione per l’uso delle tecnologie digitali e della comunicazione nella vita di tutti i giorni si è andata nel tempo sempre maggiormente affermando con la diffusione di strumenti sempre più aggiornati e potenti e lo sviluppo della rete Internet.Ma cosa si intende per comunicare ?E’ dato dalla stretta relazione tra la figura dell’ Emittente, quindi il messaggio, il ricevente e quindi il canale ( ad es. la voce ) più il medium ( 2 persone che parlano al telefono = medium ) più il così detto Codice ( ad es. la stessa lingua ).

Distinguiamo anche vari tipi di Comunicazione Telematica :di tipo Serbatoio = banche, siti Web ( P2P )di tipo Postale = posta elettronica \ SMS ( persone note )di tipo Chat = chat – line, forum di discussione in rete ( quindi maggiore possibilità di conoscenze, discussioni ecc. )

Si apprende per vivere con la scelta e gli stili di vita che spesso vengono sacrificati alle esigenze economiche, sociali e culturali del momento storico, tuttavia apprendimento e conoscenza sono termini basilari per la formazione del

Page 6: Did Attica

soggetto, l’apprendimento è la base di partenza per l’acquisizione della conoscenza, che poi maturata nel tempo si traduce in abilità e competenze nel corso della vita culturale e professionale. Comunque è dall’informazione ( e dalla qualità di essa ) che si fa via via facendo la conoscenza, utile nella realtà in cui si vive e per i problemi avvenire. Da ricordare che le conoscenzE si riferiscono agli ambiti disciplinari specifici, in tanti settori.Ma cosa si intende per intelligenza pertinente ?L’intelligenza, potrebbe tradursi nella capacità di comprendere la realtà, ma anche di collocare il sapere nel contesto. Per questo lo sviluppo è l’insieme delle conoscenze mirate che portano ad un risultato positivo.

Con la diffusione delle modalità di comunicazione mediate dagli strumenti informatici, dalla rete, si è venuta determinando la progressiva creazione di nuovi ambienti comunicativi e collaborativi caratterizzati da modalità di interazione e, possono diventare un’opportunità o un problema a seconda delle competenze dell’utilizzatore, del contesto in cui sono inserite e degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Fa parte delle nuove forme del comunicare anche la Formazione a distanza = corsi on – line ecc.

Tutto ciò è importante da capire, perché atto a valutare nell’insieme tutti i processi formativi e di conseguenza anche la valutazione scolastica, che è stata storicamente connessa a quella di selezione, invece che a quello di programmazione e di sperimentazione, come di fatto dovrebbe essere. La valutazione in ambito formativo è un aspetto fondamentale dell’intero percorso didattico. Riferisce in che misura gli obiettivi sono stati raggiunti e se il programma formativo è stato efficace, come acquisizione di conoscenze, abilità e competenze. Affrontare il tema della valutazione non può però ridursi alla sola certificazione della performance dei soggetti in formazione, vanno considerati i contesti del quale esso si sviluppa e quali sono le finalità della valutazione, quindi ognuno va valutato per diversi percorsi di crescita. Al termine valutazione non può essere associato un semplice momento selettivo e \ o certificatorio, ma bensì con una serie di strumenti generativi del potenziale educativo di ciascuno. L’atto di valutare può considerarsi come un attribuzione di valore a fatti, eventi, in relazione agli scopi da perseguire. In un primo momento potremmo procedere alla valutazione secondo le temporalità, in 3 momenti, ovvero :

Valutazione iniziale ( predittiva ) = fase in cui si va a misurare ( osservazione, questionari, interviste,colloqui, prove ecc. ) e poi si va a definire quelle che sono le aspettative dello studente rispetto all’intervento formativo.Valutazione intermedia ( formativa ) = è un momento valutativo importante per gli insegnanti sia per gli studenti il feedback in ordine a quanto si è distanti con riferimento agli obiettivi prefissi, cosìcchè si vada a rivalutare obiettivi, metodi e strumenti che potrebbero permettere di superare delle possibili difficoltà.Valutazione finale ( di prodotto ) = momento in cui si verificano conoscenze, abilità acquisite e competenze maturate, dai soggetti in formazione.

Detto ciò possiamo prendere in considerazione anche un 2° modello di valutazione, propriamente sui soggetti, il che significa che nell’ottica del docente, il percorso di valutazione è uno step dell’intero percorso progettuale che, dal punto di vista formativo indaga il cosa l’insegnamento ha prodotto, ma come l’insegnamento – apprendimento ha funzionato nel suo complesso; cioè come i soggetti hanno recepito la formazione in relazione all’organizzazione e alla selezione dei programmi e dei contenuti del sapere, ai metodi e alle tecniche adoperate. In questa fase è importante il Self – evaluation ovvero darsi un voto alla performance come processo certificatorio, fare riflessione sul risultato ottenuto e sulla condizione che ne hanno permesso la maturazione; è una funzione essenziale dell’apprendimento, perché la consapevolezza delle proprie abilità è legata alla motivazione dell’apprendimento che riguarda la padronanza e lo sviluppo della conoscenza, ma è da parte di tutti ( allievi, insegnanti, istituzioni, famiglie, società ecc ) che si dovrebbe acquisire competenze auto valutative atte alla crescita individuale e non, stimolando proprio questa specie di cultura della valutazione.In conclusione Valutare non significa registrare, certificare il risultato, ma piuttosto apprendere esperienza attraverso l’analisi della stessa, la maturazione di competenze auto – valutative, sapere riconoscere gli elementi caratterizzanti della propria performance, sono il vero valore aggiunto del processo di valutazione. Ad es. una scuola tutta – quiz costerebbe meno allo Stato, ma limiterebbe le intelligenze, portando gli allievi alla formazione di un pensiero unico e unilaterale e indebolendo il potenziale mente plurale.

Page 7: Did Attica

ABITARE LA CORPOREITA'

Parte prima: Corporeità e movimento nella ricerca pedagogicaNel corso dei secoli l’attenzione rivolta al corpo è sempre stata modesta. Quest’ultimo è stato messo sempre in contrapposizione alla mente. Al tempo dei filosofi sofisti, di Socrate, di Platone, si prediligeva un’educazione incentrata sul sapere a discapito della dimensione corporea. Concezione che è continuata nel tempo ( Romani, Medioevo (corpo come strumento di martirio, perdizione, seduzione e peccato) monachesimo (corpo oggetto di riprovazione e condanna)). Nell’umanesimo l’attenzione al corpo cresce, perché c’è la riscoperta di una cultura a misura d’uomo. Ma è durante il fascismo che si afferma la cultura del corpo. In questo periodo si assiste ad un’attenta educazione fisica nella formazione dei giovani, forgiando questi ultimi nel fisico e nella mente, per prepararli e addestrarli alla guerra. Anche le donne in epoca fascista furono spinte all’attività sportiva. Con la fine del fascismo e della Costituzione Repubblicana, e quindi il ripudio verso la guerra, fa si che l’educazione del corpo si spogli di qualsiasi significato addestrativo e militaresco. Durante gli anni 50, si afferma la disciplina della psicomotricità, per superare la costante contrapposizione mente – corpo. Studi sull’arto fantasma avvalorano l’esistenza di uno schema corporeo (rappresentazione del corpo nella mente. Sono due strutture interdipendenti e intrecciate. Negli anni 60 il corpo viene analizzato nella sua variabile sessuale. È influenzato dalla Body Art, ovvero il sistema artistico viene scavalcato attraverso l’utilizzo del proprio corpo. È negli anni 90 che si assiste ad una grande riappropriazione della corporeità. Trend articolati della società che investe su stili di vita, atteggiamenti culturali, comportamentali e di consumo. Si ha una rivoluzione di qualità su alcuni aspetti (alimentazione più salutare, cure più naturale e pratiche terapeutiche alternative). Il benessere è legato a un più bilanciato rapporto mente – corpo, realizzabile attraverso un ecologia della mente e uno stile di vita in cui i diversi aspetti dell’esistenza trovano un migliore equilibrio BIO- ENERGETICO. In questi anni il corpo è utilizzato come veicolo per esplorare nuovi linguaggi (piercing – tattoo) . il corpo e la sua rappresentazione si trovano al crocevia tra un “oggettività” legata alla percezione di avere un corpo, e una “soggettività” legata alla consapevolezza che io “sono il mio corpo”. L’educazione del corpo quindi nasce e trova spazio anche all’interno di programmi e riforme scolastiche. Negli ultimi anni il legame sport ed educazione è stato riconsiderato, e sono autorevoli i riconoscimenti scientifici e istituzionali che attestano tale relazione. Nella società attuale il corpo rappresenta un’icone prevalente che si impone su tutte le altre caratteristiche psicologiche e di personalità del soggetto. Il mondo della moda consacra modelli estetici poco attrezzati sul piano identitario. Grande importanza viene data al corpo a discapito della personalità. Il corpo viene usato come linguaggio che si impone su tutti gli altri. Un seducente aspetto fisico corrisponde alla chiave del successo mediatico. Il bell’aspetto si impone nei diversi contesti mediatici (reality show, talent show), che corrispondono a contenitori mediatici in cui le persone provano a diventare dei “personaggi”. Va ricordato che questi non sono luoghi, spazi reali, ma all’interno di questi ambienti le emozioni, percezioni, i processi cognitivi sono enfatizzati e amplificati sotto l’occhio vigile di una webcam. Chi si pone come educatore dei giovani deve porsi come mediatore tra queste dinamiche pseudo- esistenziali e la consapevolezza della vita reale. Spesso infatti i giovani hanno difficoltà a trovare una propria IDENTITA’ , che da sempre si è fatta riferire alla propria immagine, corporeità e fisicità. E qui si pone un interrogativo di non facile soluzione nella lettura del rapporto corpo- identità. Il sesso con il quale si nasce è in genere definito come fattore discriminante l’appartenenza a un genere diverso. Ora non è più così. Abbiamo ad esempio la figura del metrosexual (uomo che oggi si preoccupa molto dell’aspetto fisico, è molto curato). Altro problema del rapporto corpo-identità si sviluppa in relazione alle nuove tecnologie. Negli ambienti virtuali infatti, l’identità è sganciata dalla corporeità, creando un rapporto instabile tra corpo, identità e AUTOSTIMA, altro passaggio essenziale, per la costruzione dell’identità, fondamentale per gli adolescenti.Il corpo e le sue modificazioniL’invecchiamento in passato era considerato come un processo degenerativo. L’attenzione a questa stagione della vita, va ricercato in un generale cambiamento negli stili di vita, nell’organizzazione della famiglia. Possiamo parlare di 3 figure di anziano:- Pater- familiars (anni 50), l’anziano rappresentava una guida morale per l’intera famiglia, colui che tutti ascoltavano e rispettavano. Aveva quindi un ruolo centrale.

Page 8: Did Attica

- Negli anni 60, con il declino della struttura familiare di tipo patriarcale, l’anziano viene ridimensionato, fino a scivolare in una condizione di soggetto non attivo, economicamente non produttivo. Si ha quindi una perdita di identità personale, autonomia fisica.- Attualmente la terza età viene vista come l’età del riscatto e del benessere. Dopo la sistemazione dei figli, gli anziani ritrovano la perduta libertà, ridiventano attivi e riscoprono vecchi interessi abbandonati. Si moltiplicano quindi le iniziativi rivolte agli anziani sia in ambito culturale, che in quello della socializzazione (ballo, ginnastica leggera è doppio obiettivo (salute, socializzazione)).Altro settore di interesse è quello della formazione, con la cosiddetta università della 3 età. Questo avviene per esaudire il desiderio di conoscenza, acquisizione di nuovi aspetti del sapere. Non si parla più quindi di declino fisico e mentale, infatti molte funzioni cognitive possono continuare a migliorare a patto che siano esercitate. Alcuni studi (Goldberg), affermano che invecchiando si acquistano maggiori capacità di risolvere problemi complessi, attraverso il riconoscimento dei modelli cognitivi sviluppati nel corso della vita (saggezza). Affinché le funzioni cognitive si conservino, è necessario assumere comportamenti e stili di vita adeguati, che ne rallentino l’invecchiamento (cognitive fitness, brain fitness), ovvero esercizi che puntino a sviluppare capacità di cogliere un messaggio o di svolgere operazioni abituali con strategie inusuali.Ci sono casi in cui la corporeità di una persona risulta alterata, come quando sono presenti delle malattie:- Cronico degenerative(Parkinson,SLA)o evolutive(tumori),assistiamo ad una trasformazione della fisicità tradizionale.- Disturbi alimentari è Anoressia, Bulimia (disturbi immagine corporea), ma anche Ortoressia (rapporto rigido e schematico con l’alimentazione, alla costante ricerca di cibo salutare. L’individuo si estranea). Ulteriore disturbo è quello della Bigoressia o anoressia inversa, cioè un’alimentazione sbilanciata per assicurare un volume muscolare sempre maggiore, talvolta usando integratori o steroidi.- Disabili (deficit fisici o mentali), corpo malato, malfatto, deformato, talvolta non guidato da una mente sana,Gli attributi maschili e femminili determinano quello che generalmente viene definito il sesso con cui un individuo viene al mondo e quindi appartiene a quel determinato genere. Parliamo quindi di identità di genere. Ma l’appartenenza ad un sesso non è una condizione immutabile. Parliamo quindi di processo trans – attivo, verso un genere diverso da quello di partenza. Si apre così il dibattito verso il transgenderismo (cambiamento non solo di caratteristiche fisiche, ma un vero e proprio processo politico). La relazione identitaria diventa più incerta se includiamo nella relazione IO- mondo, anche le tecnologie. Con i progressi verso l’intelligenza artificiale, cibernetica e robotica, l’uomo può contare su ricambi tecnologici. Parliamo quindi di cyborg (forma umanoide, organi artificiali e biologici). Passiamo ora a parlare del corpo come strumento di costruzione- espressione- manifestazione identitaria. Il nostro corpo ininterrottamente comunica messaggi, in maniera naturale e involontaria, anche se molte volte lo fa in maniera volontaria con il modo di vestirsi, ornamenti, trucchi, profumi, fino ad arrivare a sofisticate forme di alterazioni estetiche e visuali, come nel caso del tatuaggio, tecnica adoperata già in età primitiva, che con il passare del tempo ha assunto significati diversi anche a seconda del contesto in cui veniva eseguito. Macchiarsi la elle ancora nella nostra epoca, assume un significato iniziatico, soprattutto quando a sceglierlo sono i giovanissimi che, praticandolo spesso contro il parere dei genitori lo vivono come atto di disobbedienza per marcare il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Immutata nel tempo però resta la sua funzione comunicativa.Altro modo attraverso il quale il corpo comunica messaggi, è rappresentato dalla motricità. Una disciplina specifica, la prossemica, è orientata a interpretare il significato delle distanze che l’uomo pone tra sé e i suoi interlocutori. Secondo la teoria di Hall, la distanza emotiva e sociale tra le persone correla con la distanza fisica.Un terzo modo attraverso cui il corpo si esprime si riferisce all’ambito della gestualità. Desmond Morris ha elaborato una sorta di mappa dei gesti, che evidenzia forti differenze nel linguaggio del corpo delle diverse culture. Possono nascere dei fraintendimenti quando una cultura entra in contatto con un’altra. Prendiamo ad esempio la lingua come linguaggio non verbale:- Mettere la lingua tra i denti, è un gesto che indica concentrazione, ed è riscontrabile in tutto il mondo.

Page 9: Did Attica

- Toccarsi la lingua con l’indice piegato, indica pettegolezzo ed è usato principalmente in sud America. Lo stesso gesto in Arabia Saudita vuol dire “sbrigati”.Ogni cultura possiede le sue pratiche corporee che si riferiscono ad es a salutare, sorridere, mangiare.La specie umana sembrerebbe l’unica specie capace di integrare il linguaggio delle parole con il linguaggio del corpo e sarebbero proprio tali forme espressive “miste” responsabili di una più efficace comunicazione, con un contesto comunicativo maggiormente attivo e partecipativo. Ma questa capacità di comunicare in questo modo non risulta una capacità innata né tantomeno facilmente acquisibile. Il contesto comunicativo si dimostra efficace, quando tutti i comunicanti percepiscono la necessità di impegnarsi in maniera complessiva attraverso l’utilizzo integrato da diversi linguaggi:- Componente verbale; aspetto linguistico della comunicazione, come la capacità di trasmettere e recepire contenuti. L’educatore può favorire questo processo adeguandosi alle capacità dell’interlocutore, talvolta semplificando il lessico, per renderlo più comprensibile.- Componente non verbale; riguarda gli aspetti corporei, gestuali, mimico – espressivi della comunicazione. Utilizzare i gesti può rilevarsi indispensabile a sottolineare ciò che si va affermando, come pure utilizzare i gesti può rilevarsi indispensabile a sottolineare ciò che si va affermando, come pure atteggiamenti e posture possono veicolare segnali di attenzione alla persona e confermare apertura e disponibilità alla relazione.- Componente paraverbale, che riguarda sia gli aspetti verbali che non verbali della comunicazione: (timbro, tono, volume, ritmi), che costituiscono le caratteristiche vocali di ciascun individuo. Un messaggio quindi può rischiare di rimanere inascoltato, indipendentemente dalla bontà del suo contenuto, perché magari è stato trasmesso con modalità inefficaci. L’educatore nel contesto della corporeità si confronta con persone con problemi. È importante quindi istaurare con la persona un rapporto di fiducia e comprensione, utilizzando ad esempio l’ascolto attivo. Fondamentale risulta quindi creare atteggiamenti motivanti l’interlocutore a parlare. Modalità definite probes , ovvero una serie di comportamenti mimici, di pause e silenzi, nonché di brevissime interazioni verbali, utili a inviare segnali di assenso e comprensione che incoraggiano la narrazione.Una visione del soggetto come entità bio- psichica integrata, trova riscontro anche nei recenti studi di PSICONEUROIMMUNOLOGIA, che stanno approfondendo la conoscenza dei rapporti di influenza reciproca fra sistema nervoso, sistema immunitario e sistema endocrino. La mente non appare connessa al solo cervello, ma all’intero organismo. Mente e corpo vengono quindi considerate una sola entità, sottolineando la necessità di promuovere e sostenere azioni formative per il corpo. Fratture e dissonanze che si realizzano nel soggetto possono portare a produrre comportamenti incoerenti e incongruenti (esprimere la sofferenza nella rabbia, il desiderio d’amore nella violenza, il sentirsi gruppo nella devianza). È importante quindi educare alla comunicazione corporea. È opportuno che l’operatore- educatore realizzi su di sé alcune condizioni relazionali all’azione della comunicazione stessa, come quelle suggerite nell’approccio centrato sulla persona (rogers):- Accettazione incondizionata, accogliere e non giudicare l’altro nella sua individualità, anche se manifesta valori ed esperienze destramente diverse. L’accettazione non significa approvazione incondizionata.- Congruenza, cioè per l’operatore saper essere autentico significa pensare intensamente tutto ciò che si prova e si dice. L’autenticità significa apertura, disponibilità, che funge da stimolo all’ attivazione della comunicazione del soggetto.- Empatia, significa comprendere il mondo soggettivo dell’con il corredo di emozioni, dolore, speranze senza mai dimenticare che si tratta di esperienze ed emozioni altrui. Se quest’ultima condizione non è sempre vigilata possono scattare fenomeni di identificazione, o attribuzione all’altro di uno stato emotivo precedentemente esperito in situazioni analoghe. L’esplorazione delle emozioni risulta centrale nella formazione delle professioni di ambito psico- socio- educativo, per questo motivo diviene necessario ipotizzare anche per l’operatore un percorso di formazione favorendo lo sviluppo di determinate competenze per promuovere attivamente processi di autoaffermazione e autorealizzazione. Il richiamo al coinvolgimento attivo e alla responsabilità dell’operatore nei processi di cambiamento nei soggetti. Evidenzia quanto complesso appaia tale compito, cui è possibile far fronte solo grazie un incessante lavoro di apprendimento nel quale, anche le competenze dell’operatore, vanno sviluppate in sistemi di competenze

Page 10: Did Attica

chiave per l’azione, che abbiamo carattere di flessibilità a qualsiasi livello. Finora abbiamo analizzato le diverse forme della corporeità,e il versante espressivo e comunicativo della soggettività. La sintesi di queste 2 prospettive consente di considerare il corpo stesso come strumento didattico, provando cioè ad educare il corpo attraverso il corpo. Significa quindi riflettere su una teoria pedagogica della corporeità. Il significato dell’educazione in ambito corporeo, è stato tradizionalmente ancorato a un’idea di educazione del corpo come educazione del fisico. Ancora oggi continua a sopravvivere l’idea di potenziamento del corpo, attraverso un allenamento sportivo forzato. Il corpo viene di fatto trattato come una macchina, che deve essere portata al massimo delle sua prestazioni, la mente resta libera di offrirsi in preda alle ossessioni. Una teoria pedagogica in età contemporanea, va invece sicuramente orientata verso obiettivi di sviluppo armonico del fisico, rispettosi di traiettorie di vita di ciascuno, conducendo ad una cultura della corporeità fondata sulla valorizzazione piena del significato costruttivo del corpo come abilità cognitiva e vitale di incorporare le esperienze di rapporto con gli oggetti del mondo e con se stessi, dando loro significato all’interno di contesti abituali di azione. L’intelligenza è molteplice e ciascun soggetto usa in modo prevalente un’intelligenza o una combinazione di più intelligenze. Nello spettro delle 7 intelligenze che Gardner propone nella sua teoria, è possibile evidenziarne 3 in particolare, la cui combinazione determina quella che possiamo definire INTELLIGENZA DELLA CORPOREITA’. Il corpo è il ricettacolo del senso individuale del sé, dei propri sentimenti. L’intelligenza del corpo quindi scaturisce dalle seguenti intelligenze:-Intelligenza spaziale; consente di collocare e di collocarsi nello spazio, di prevedere le proprie mosse e i propri spostamenti nello spazio.-Intelligenza musicale; è connessa al ritmo, alla percezione del tempo, ai timbri , alle tonalità.-Intelligenza relazionale; cioè la capacità di percepire se stesso sia la capacità di relazionarsi agli altri.Stenberg, formula la teoria tripolare dell’intelligenza. Si esprimerebbe attraverso 3 modalità:-Analitica, capacità di analizzare, valutare, esprimere giudizi, operare confronti tra elementi diversi.-Creativa, scoprire, immaginare, ipotizzare, affrontare con successo situazioni insolite, per le quali conoscenze e abilità esistenti si mostrano inadeguate.-Pratica, capacità di usare strumenti, applicare procedure e porre in atto progetti, saper organizzare e pianificare.La disciplina che si occupa di spiegare i meccanismi alla base del comportamento intelligente è quella dell’embodied cognitive science. L’obiettivo principale è quello di fornire un modello interpretativo in grado di considerare la corporeità quale condizione necessaria per lo sviluppo dei processi cognitivi e sociali. Tale ricerca lavora su 3 assi prevalenti:- Modellizzazione dei sistemi psicologici e biologici considerando la mente e il corpo come un’unica entità.-Formazione di un insieme comune di principi generali di comportamento intelligente.-Sperimentazione l’impiego di agenti robotici in ambienti controllati.Lo stretto legame esistente tra l’apparato della razionalità e quello postato alla base delle emozioni e dei sentimenti viene confermato anche dalla pratica neurologica (Damasio). A tale riguardo i teorici dell’embodied postulano l’esistenza di un sistema simulativo. Secondo questa teoria quindi, ogni forma di cognizione umana è sempre profondamente ancorata al corpo, in rapporto al quale assume valore e significato. Non esiste cognizione umana che non sia radicata all’esperienza corporea. Risulta importante incrementare attività educative di tipo ludico intrattenitivo come il teatro, la musica, la danza, lo sport, ecc., in cui il corpo si compenetra fortemente nella rappresentazione della mente, per lo star bene psichicamente quale elemento indispensabile per la crescita armonico, lo sviluppo integrato e il benessere globale del soggetto. La teoria dell’embodied cognition avvalora un’altra recente scoperta: i neuroni specchio, ovvero particolari neuroni che si attivano sia quando si compie una data azione in prima persona, sia quando la stessa azione la vediamo eseguita dagli altri. Sono quindi una popolazione di cellule nervose, deputate a svolgere funzioni cognitive del sistema motorio. L’attivazione dei neuroni specchio. Può essere considerata condizione di facilitazione del movimento osservato, proprio mediante l’interiorizzazione delle sequenze motorie necessarie per un certo movimento che in futuro verrà eseguito. Gli stimoli più significativi per l’attività dei neuroni specchi sono di natura visiva. Lo stretto legame tra le risposte visive e quelle motorie, sembra indicare che l’osservazione compiuta dagli altri, evochi nel cervello dell’osservatore, un “atto motorio potenziale”analogo a quello

Page 11: Did Attica

spontaneamente attivato durante l’organizzazione e l’effettiva esecuzione di quell’azione. Gli esseri umani, dotati di questi neuroni specchio, tuttavia non sono in grado di attivarlo efficacemente. L’obiettivo è quello di migliorare la modalità di attivazione di tali neuroni mediante l’arricchimento del vocabolario di atti motori. Se gli atti osservati, sono inseriti nel nostro vocabolario, li comprendiamo immediatamente. Per molti anni le aree motorie della corteccia celebrale sono state associate sempre a funzioni attuative, operative e mai funzioni cognitive. Ogni azione era la risultante generata da un modello del tipo PERCEZIONE – COGNIZIONE – MOVIMENTO. In seguito alla scoperta dei neuroni specchio, il modello viene riformulato nella sequenza CONOSCENZA MOTORIA – COGNIZIONE. Quindi processi attribuiti a sistemi di tipo cognitivo, possono essere rimandati al sistema motorio. Il significato di benessere in poco più di un secolo i Occidente è radicalmente mutato. Ai primi del 900 coincideva con la condizione di essere benestante. A partire dagli anni 70 con la crisi definitiva del modello economico produttivo, l’idea di benessere di lega ad altri aspetti dell’esistenza. Lo stato di benessere può essere infatti definito come una continua tensione al riequilibrio delle diverse dimensioni dell’esistenza, non solo in termini intrapersonali, ma anche in rapporto alla comunicazione interpersonale. Il benessere nell’età contemporanea, assume un significato che va al di là delle condizione di benessere fisico ed economico, ma si sostanzia di diverse componenti (multicomponenziale), fisiche e psichiche, e naturalmente sociali, emozionali, psicologiche, in quanto si configura come un fenomeno complessivo, facendo riferimento sia alla valutazione biologico- clinica delle condizioni fisiche dell’individuo, sia dell’auto percezione soggettivo – emozionale di salute da parte del soggetto. L’attenzione al benessere fisico va intesa, come acquisizione di corretti stili di vita, attraverso sane abitudini alimentari e una attività motoria e sportiva quali requisiti per la ristrutturazione dell’immagine corporea nel corso delle diverse età della vita. In benessere fisico quindi non è disgiungibile da quello emotivo, soprattutto quando ci si riferisce alla gestione dei livelli di stress, ansia, emotività, che talvolta finiscono per condizionare anche il benessere sociale, che dovrebbe caratterizzarsi per una soddisfante comunicazione e un gratificante scambio interpersonale. I concetto assume quindi una connotazione sempre più psichica, sociale, in un’epoca se non il benessere, ma almeno l’aspettativa diviene più legittima, mediante l’esercizio di un vero e proprio “diritto a stare bene”, diritto che può essere conquistato quanto più i soggetti vengono aiutati a ricorrere a fare leva sulle proprie potenzialità. La convinzione che imparare a stare bene possa essere insegnato viene perseguita attraverso la formazione dei diversi professionisti che gestiscono relazioni di cura, sostegno, aiuto soprattutto in ambito psicomotorio e corporeo. “Insegnare a star bene” e “imparare a star bene”, consiste nel riuscire a innescare un processo in cui lo “star bene” è essenzialmente un “sentirsi bene”, vivendo con maggiore consapevolezza la dimensione soggettiva della propria vita. L’individuo impara così ad apprendere e a progettare il proprio benessere. Parte seconda: Strategie e pratiche psicopedagogiche nelle attività motorie e sportiveUn gran numero di ricerche si è occupata delle modalità in cui si sviluppano le diverse qualità motorie, allo scopo di definire tempi e modi per organizzare la pratica motoria. La letteratura colloca intorno ai 6 anni l’età più consona per cominciare un’attività sportiva. Di regola, l’attività sportive praticata durante l’infanzia non sottopongono i bambini a dei carichi di lavoro elevati, ma hanno la funzione di stimolare uno sviluppo armonico dell’organismo e prepararlo alle fasi successive dell’allenamento.Se si considera la pratica sportiva in tutto l’arco della carriera di un atleta, si notano 5 tappe progressive in cui i passaggi si fondono senza che di ciascuno di essi possa notare un vero inizio e una sicura conclusione:- Principiante e ludica- Formazione dei fondamentaliSeguono 3 fasi tipiche dello sport agonistico- Allenamento giovanile- Allenamento specialistico- Allenamento dei potenziali campioniLa formazione fisica di base è il paradigma sistemico a cui fa presa la formazione motoria di un ragazzo e un adolescente. Gli esercizi fisici utili ed efficaci sono dati da un ampio campionario di gesti casuali, ma di fatto

Page 12: Did Attica

rispondenti ad una ben chiara necessità: quella di tonificare la preparazione attraverso un disegno centrato sulla motricità multilaterale. La multilateralità è uno strategia di ampliamento della gestualità in funzione dello sport ad alto livello. Si adopera dopo alcuni anni di formazione fisica, dai 14 ai 16 anni, ed è finalizzata all’apprendimento di tutte le qualità motorie che un giovane è in grado di assorbire. La scelta dei carichi di lavoro è un essenziale punto di partenza per questa fase: selezionare e assegnare a ciascun soggetto carichi di lavoro diversi, affinché la risposta educativa e formativa sia commisurata alle caratteristiche proprie del singolo individuo. La fase successiva dai 17 ai 19 anni è quella della preparazione specialistica, mentre l’ultima fase è quella dell’allenamento in funzione di elevate performance. Ogni tappa può essere per taluni più breve, per altri più lunga o stazionaria, ma sempre in linea progressiva. Affinché l’apprendimento continui il suo iter, è indispensabile la spinta psicologica all’azione, attivata da fattori ambientali ed educativi esterni o da forme interne di autonomia cognitiva quali, la MOTIVAZIONE. Quest’ultima è considerata una parte preziosa della macchina atletica, per cui l’impegno di un insegnante o di un trainer è quello di impedir il venir meno della motivazione tra i giovani che la possiedono. Gli allenamenti dovrebbero fondarsi sulla creatività, la varietà ed il divertimento. La motivazione in ambito sportivo può configurarsi in varie forme e ed essere rinforzata con metodi e criteri diversi.-Motivazione introspettiva, è propria dei soggetti adulti. Il superamento delle prove delinea un valore che potenzia la consapevolezza dei propri mezzi. Chi cerca insegnamento dai propri errori, diventerà protagonista dei propri successi.-Motivazione estrinseca, è connessa al rinforzo (positivo o negativo) attraverso cui si prolunga o si restringe l’azione. Il rinforzo può essere un trofeo, un premio in denaro, un encomio pubblico, ma anche la scienza e la tecnica a servizio dello sport. Però più si ottengono queste ricompense e meno valore gli verrà attribuito.Nella motivazione un ruolo fondamentale giocano:-L’identificazione, all’interno del quale la motivazione deriva dal rapporto relazionale tra discente e docente, atleta e allenatore. Sarà fondamentale l’ascendente che l’istruttore avrà sugli atleti. L’influenza e l’autorevolezza trovano radici nel processo comunicativo che l’emittente filtra attraverso, emozioni, attitudini, esperienze passate, aspettative.-L’interiorizzazione, mira al valore di una giusta espansione del donare. Con questo metodo il coach mostra all’atleta tutta la sua stima prima dei risultati di gara, al fine di rinforzare e aumentare la motivazione per una efficace competizione. La scienza e la tecnica hanno creato materiali interessanti applicabili, alle numerose discipline sportive. Questi strumenti consentono di osservare in ogni dettaglio i fenomeni coinvolti nell’esecuzione di una prestazione sportiva ad alto livello e permettono di modellizzarla, in un contesto dalle molte variabili, prendendo in considerazione tutto ciò che è un fattore propulsivo e tutto ciò che a esso si oppone. Es. Micheal Phelps, 7 medaglie d’oro a Pechino, attraverso l’apporto di un nuovo costume fatto di fibre fastskin, simile alla pelle di uno squalo, consentendo all’atleta un vantaggio del 3& in velocità. L’ansia per sua natura si manifesta in soggetti che non sanno come affrontare situazioni incerte. A volte però l’allarme nei confronti di situazioni percepite come pericolose, può rappresentare un segnale positivo utile in chiave di sopravvivenza; tuttavia la linea di confine che separa una sana reazione di allarme ad uno stato d’ansia permanente va osservata dal comportamento. Possiamo distinguere 2 principali forme d’ansia:-Ansia sana, è la risposta correlata sia a stimoli interni, sia a fattori esterni. Essa ha una durata limitata e produce blande sofferenze. Non interferisce sulle competenze operative, sull’efficienza personale e non intacca la sfera relazionale.-Ansia patologica, all’interno, a risposta comportamentale dura un tempo indeterminato: il soggetto perde il controllo volontario e razionale della personalità e ha una sensazione intensa ed estesa del tormento. Si svolgono con scarso impegno le mansioni di lavoro e la vita relazionale diminuisce drasticamente. Nello sport, quando il corpo deve effettuare una performance, entra in gioco una funzione psicofisiologica che prende il nome di AROUSAL. Si tratta di una risorsa appropriata e molto simile all’ansia produttiva e sana. È un super

Page 13: Did Attica

carburante fisiologico, fornito dal sistema neurovegetativo per il potenziamento del motor skill; l’ansia buona ne è l’omologa. Gli studi sui comportamenti degli atleti hanno fatto registrare che un’ansia disagevole, patologica, capace di produrre effetti indesiderabili prolungati sulla performance dell’atleta. Ciò ci dimostra quanto l’uomo sia influenzato da eccessi o mancanza di energia. Esistono poi altre forme d’ansia:- Ansia pregara, fondata su 2 tendenzeè a. allenarsi per il primato dopo che l’atleta ha avuto consapevolezza delle proprie capacità, o aspettare nuove opportunità per ricevere proposte più allettanti. b. allenarsi con scrupolo e impegno da solo, o con la squadra e l’allenatore.- Ansia da trauma. La abbiamo nel caso: -Subire un infortunio, allontana l’atleta dagli allenamenti, dalle gare e dagli obiettivi programmati. Il soggetto tende a vivere in un continuo stato di allarme, e a costruirsi una corazza emotiva di difesa da cui derivano difficoltà relazionali.-Assistere ad un incidente, può far rivivere all’atleta aspetti traumatici delle sua esperienza di degenza, generando incertezza sul proprio stato d’efficienza fisica.-Leggere notizie negative o offensive di giornali, prima di affrontare una gara particolarmente impegnativa, può scatenare una reattività, da cui può scaturire un atteggiamento chiuso, ritirato.- Ansia postgara, anche se una vittoria può generare una risposta gioiosa, essa non ha alcuna influenza pratica sull’atteggiamento consolidato di esperienze sportive dell’atleta, è infatti un fenomeno brevissimo. Dopo una sconfitta, la “reazione isterica” è compulsiva e di alto contenuto emotivo e gli atleti rispondono con un atteggiamento di chiusura e riservatezza, oppure con agitazione e aggressività. Il tutto si trasforma in ansia collettiva che minaccia direttamente la fiducia del sé.Per contrastare gli stati d’ansia sono efficaci delle tecniche:- Training autogeno di Shultz, si traduce in allenamento delle potenzialità e attitudini presenti in noi, canalizzandole verso l’equilibrio psichico e il riposo del corpo.- Rilassamento progressivo di Jacobson, si basa sul principio che ogni irrigidimento muscolare è correlato a un indice ansioso. Per Jacobson, bisogna azionare le parti snodabili del corpo, al fine di ottenere una scioltezza corporea e mentale, azioni considerate supporti efficaci contro l’ansia.- Biofeedback, invece è una tecnica per controllare e autoregolare l’attività biologica circuitale, alfine di monitorare alcune funzioni quali la tensione muscolare, la temperatura cutanea, la frequenza cardiaca, mediante un’ opportuna strumentalizzazione elettronica.L’approccio di co -costruzione e co- elaborazione tra coach e cliente si fonda sulla tesi, secondo cui il cliente possiede risorse inedite da cui possono scaturire efficaci attività per approdare a obiettivi. In questo piano il coach scioglie le energie del cliente convogliandole verso spazi più agevoli e produttivi attraverso le sue virtù magnetiche. È necessario che il coach creda alle potenzialità attitudinali del cliente poiché ciò stimola un rapporto relazionale che andrà a stabilirsi tra i 2 interlocutori. La pratica del coaching è di recentissima acquisizione. Nel campo diagnostico dello spazio sportivo, il coaching si snoda su 2 piani: quello dell’organizzazione e quello della persona.All’andamento della preparazione e alla prestazione è bene dare un senso di omogeneità tramite l’ordine metodico di varie esecuzione:-Allenamenti graduali in rapporto alle prestazioni e alla gara-Correlazione tra abilità atletiche di base e prestazione fisica-Allenamento su misura dell’atleta per osservarne l’evoluzione-La periodizzazione dell’allenamento; un complesso di adempimenti per la messa a punto di una preparazione tecnica in vista degli obiettivi che si vogliono raggiungere.-La regolazione del carico di allenamento attraverso la diversificazione di 2 termini: dose ed energia. Esistono delle situazioni in cui dei soggetti provano una sensazione di inadeguatezza, che entra a pieno titolo nella sintomatologia depressiva, con un senso di insofferenza, fastidio,disistima personale. Il senso di inadeguatezza si può

Page 14: Did Attica

riscontrare su comportamenti che possono essere esemplificati attraverso eventi che si verificano spesso: un giovane di 17 anni, impiegato in un meeting di atletica leggera, adduceva a scusante dolori muscolari per evitare di partecipare alle corse a ostacoli. In realtà egli simulava: il suo vero problema era una “fobia sociale”: il ragazzo mostrava un ansia allarmante in situazioni in cui si sentiva valutato dagli altri: temeva di essere messo a disagio,di essere irriso o che gli altri si facessero una inadeguata opinione di lui. Lo stato opposto al senso di inadeguatezza è la “sensazioni di prevalenza”: si tratta dell’atleta che non impegna commisuratamente le sue energie e il suo talento dinanzi ad avversari in genere meno forti:,su un piano personale il senso di prevalenza per di più cagionare un temibile abbassamento delle condizioni atletiche in situazioni in cui i soggetti gareggiano con categorie inferiori. Questa sensazione può determinare due tipi di effetti :a. demoralizzazione e scoraggiamento;b. disaffezione dell’attività atletica,che può trasformarsi in negligenza e conseguente mente in possibili infortuni e senso di avversione mirato. Eventi frustanti nell’attività sportiva possono essere: il rapporto conflittuale con l”allenatore; il rimpiazzo a vantaggio di un rincalzo; lo sminuire le prestazioni assegnando ruoli gregari; una sgridata nel gruppo da parte di un tecnico; i fischi e il malcontento della tifoseria e altro. Sta di fatto che,sia in positivo che in negativo, le difficoltà sono percepite dall’adolescente in modo oscuro e inammissibile:egli avverte l”impressione di trovarsi tra persone superficiali ed egoiste, perciò può mostrare cenni di oppositività, oppure eccedere nella preparazione fisica-atletica,creando il problema del surmenage dovuto sia a un superallenamento,sia a un piano di esercizi non adeguati. Con questa esuberanza,il giovane può di fatto avere un ridimensionamento del livello prestazionale e di conseguenza potrà constatare il limite psicofisico che non gli consente di raggiungere le mete prefissate. Quanto risulti propizio l”intervento psicologico è dato dalla complessività provocata dall’ansia di realizzazione dell’adolescente. Lo scompenso psicologico di ciascuno è notevole in svariate circostanze. nello sport certi squilibri si riflettono per un verso nella preparazione atletica limitandone l”efficienza. L”entità dei sintomi può generare risposte ansiose , assai disturbanti appena prima della gara, sia essa dilettantistica che professionistica, tali da far sorgere nel giovane apprensioni di perdita della propria capacità di lottare. Va detto, tuttavia, che qualsivoglia sia l”interesse per la gara e comunque sia la propria performance, l”atleta che soffre di disturbi ansiogeni pre-agonistici non muta la propria condotta il giorno che precede la gara. L”ansia pre-agonistica conserva quasi sempre sintomi che la caratterizzano, alterazione dell’ umore e comportamento impulsivo; inoltre il soggetto sembra privo di discernimento, come se la competizione che deve affrontare sia lontana nel tempo. Tra i sintomi somatici vi sono, invece, i disturbi del sonno, il risveglio precoce, il capovolgimento del ritmo del sonno-veglia, la riduzione dello stimolo della fame, le anomalie nell’azione digestiva, il parziale controllo sfinterico. Soprattutto quando l”operatore-istruttore interagisce con soggetti disabili è bene avvalersi di una formazione specifica sia in chiave pedagogica sia tecnica. Nei disabili l”incapacità di adattarsi a una nuova situazione non più a loro misura, può dar luogo ad atteggiamenti di passività e di dipendenza. Superabili attraverso una pratica sportiva riabilitativa, cercando di valorizzare le abilità esistenti svincolando il disabile dall’area dell’inutilità e inserendo in un contesto interattivo attraverso l”azione terapeutica dello sport.Gli aspetti psichici che vengono favoriti dalla pratica sportiva in generale sono:- formazione e integrazione dell’IO, approfondimento dell’autoconsapevolezza, potenziamento delle capacità sensoriale;- sviluppo dell’identità, della consapevolezza del sé;- conquista della stabilità;- elaborazione della personalità- strutturazione spazialeLa funzione dell’attività sportiva facilita l”incontro con il proprio Sé allo stesso modo in cui i normodotati prendono coscienza della propria Identità. Figura chiave in questa rideterminazione del proprio sé è quella dell’allenatore-istruttore. I due termini lasciano intendere una duplice mansione: quella di tecnico e di educatore.Sono irrinunciabili sia la competenza tecnica sia la capacità di entrare in rapporto empatico con il soggetto; mentre il peggior difetto è quello di non dare ascolto agli atleti. Solo attraverso la conoscenza dell’altro è possibile fornire a ciascuno l”integrazione penetrando nell’animo dell’uomo atleta.ESPERIENZE E BUONE PRATICHE NELLE ATTIVITA’ MOTORIE

Page 15: Did Attica

La danza è una forma di espressione artistica che appartiene alla storia dell’uomo dai tempi più antichi. Essa è iscritta nel profondo di ciascuno di noi con la sua carica simbolica del linguaggio del movimento. Pochi però, considerano la danza importante nella formazione del bambino. La parola infatti, prende il sopravvento, anche laddove non può arrivare o è insufficiente a comunicare. In seguito però il soggetto sentirà un senso di vuoto, perché nessuno ha educato la sua creatività. Importante è quindi un’educazione attraverso il movimento e attraverso la danza che è la forma espressiva del movimento. È infatti attraverso il movimento libero del corpo, che egli inizia a elaborare quelle informazioni che gli permetteranno di strutturare autonomamente la realtà delle cose, dei sentimenti, delle idee, in relazione a sé e agli altri. Danzando il bambino impara a conoscere il proprio corpo e a usare il movimento come mezzo di comunicazione con gli altri, impara a scoprire che la qualità del proprio movimento varia a seconda delle emozioni e delle sensazioni provate ed è strettamente collegata allo spazio usato, alla musica, al ritmo, e no ultimo alle persone che li circondano. Il termine danza educativa, indica la danza come educazione della persona. Utilizza forme più libere del movimento, che trovano nel loro libero organizzarsi e strutturarsi, lo spazio adatto alla nascita di un codice personale di comunicazione. Il corpo è considerato una scelta comunicativa ausiliaria, ritenuta rappresentativa solo quando risponde a precisi canoni estetici e stilistici: un corpo brutto è spesso ritenuto no adatto a comunicare. La danza inserita in un contesto educativo, può contribuire ad un riavvicinamento fra corpo e pensiero, soltanto prendendo le distanze da una visione educativa della corporeità a orientamento fisico- motorio, per aprirsi a una prospettiva legata alla dimensione artistica ed espressivo del corpo. L’arte può divenire area dell’educazione che unisce l’esperienza pratica a quella concettuale attraverso una serie di esperienze didattiche sia di tipo produttivo, concreto, visibile, sia di tipo ricettivo, impalpabile, astratto. Le arti sono modi per avere idee, per creare idee, per fare esperienze e modellare la nostra conoscenza in forme nuove. La danza in particolare, è capace di unire e conciliare lo sviluppo motorio con quello espressivo ed emozionale, in quanto il corpo è conduttore del messaggio artistico, e diviene al tempo stesso, strumento e oggetto del suo stesso agire. Si po’ allora pensare alla danza come ad un sistema articolato si corporeità espressiva capace di dar forma, rigenerare e trasformare quanto è stato percepito ed esperito attraverso un uso anche strumentale del movimento. Attraverso la danza il soggetto diviene consapevole di un diverso modo di conoscere. Tutta la danza quella dei bambini, e degli adulti, acquista così il potere di trasformare il movimento in linguaggio senza usare la parola e di plasmare le immagini in forme senza riprodurre la realtà. Possiamo indicare la vera essenza educativa della danza che si può definire : l’arte di usare e organizzare il movimento per esprimersi, comunicare e inventare. Tra l’800 e il 900, la danza oltre a non essere reputata educativa, non era neppure considerata un’arte nobile. Per guadagnare la dignità artistica, fu necessario rinnovarla profondamente, definendola forma di intrattenimento. Si ridefinirono canoni e linguaggi estetici, i corpi furono liberati da abbigliamenti costrittivi e innaturali che condizionavano il movimento e la ricerca di un flusso armonico in sintonia con la natura e il sentire individuale. Trasformazione di quella che poi fu chiamata DANZA MODERNA. Partendo dalla convinzione che il movimento avesse origine dall’interiorità, si arrivò di conseguenza a elaborare l’ipotesi pedagogica che l’educazione del movimento potesse rappresentare una sensibile modalità per educare la sensibilità. In Europa Rudolf Laban, e in America Margaret H’Doubler , gettarono le basi della moderna visione della Danza educativa. Si deve a Margaret H’Doubler, la nascita e l’inserimento della danza in ambito accademico negli Stati Uniti: è suo infatti, il primo corso di danza attivato nell’università di Madison nel Wisconsin nel 1917. Sviluppò una personale filosofia d’insegnamento caratterizzata da un forte impianto teorico e scientifico: era profondamente convinta del valore formativo della danza, intesa come strumento di scoperta dell’individuo e che il luogo più idoneo per assicurare a tutti l’opportunità di praticarla fosse quello scolastico. Definì una serie di esercizi da lei chiamati Fundamentals. Attraverso la ripetizione di questi esercizi l’allievo poteva migliorare sensibilità cinestetica e coordinazione. Definì in maniera particolare, non solo la pratica, ma tutti gli aspetti teorici di una lezione di danza nella scuola: durata, pianificazione, parametri di valutazione, musiche da usare , abbigliamento da indossare, caratteristiche dell’aula di lezione e così via. Il testo di Rudolf Laban, propone un metodo d’insegnamento, prescrittivo e formalizzato in esercizi, ma con una cornice di lavoro declinata in 16 temi di movimento, suddivisi in elementari e avanzati, su argomenti relativi, fra l’altro,allo spazio, alle azioni, alla dinamica, al ritmo, alla relazione. Lascia all’insegnante il compito di scegliere e anche combinare tra loro, quelli che in base all’età, alle competenze e alle caratteristiche sociali del gruppo, sono da ritenersi

Page 16: Did Attica

più adatti ad avviare la ricerca motoria. Per vedere risolta la dicotomia fra modello tecnico- professionale e modello creativo-educativo. Tale modello messo a punto da Jacqueline Smith- Autard , chiamato art model, è presentato sulla triplice matrice del creating, performing, appreaciating. Il modello rivendica e contestualizza un ruolo della danza, inserito nell’ambito dell’educazione delle arti e finalizzato ad una più ampia educazione estetica e culturale. Nel processo di apprendimento di ogni educazione artistica, vengono così identificate 3 principali modalità che diventano ampi obiettivi generali:- una legata al fare, , relativa all’esecuzione e all’acquisizione di specifiche capacità. Nella danza, ampliando l’esperienza di movimento e di danza, e imparando ad acquisire una corrette impostazione fisica.- una legata al creare, relativa alla produzione artistica individuale e di gruppo. Nella danza, sviluppando capacità di esplorazione, invenzione, originalità, acquisendo strumenti che permettano di reinventare.- una legata all’osservare, relativa alla capacità di risposta nei confronti di un prodotto artistico. Nella danza, realizzando situazioni, nelle quali attraverso la visione, il confronto e l’apprezzamenti di vari tipi di danza , sia possibile acquisire chiare regole di osservazione e analisi del movimento.L’intreccio di questi 3 elementi, può creare una sorte di filigrana che attraversa l’esperienza, e a poco a poco, po’ diventare cornice di apprendimento per chi la compie, facendo divenire la danza un linguaggio formativo della persona.Con il termine Danza educativa , ci si riferisce a forme più naturali di movimento. È evidente che il movimento naturale, ha bisogno di una griglia di riferimento, e di una guida interpretativa. È importante ricordare che “fare” molte volta non significa anche “capire” e la soluzione ideata dagli allievi, deve trovare un momento di confronto e discussione con l’insegnante, in cui le regole applicate possono essere estrapolate, enunciate in modo comprensibile per tutti e resi cos’ disponibili per nuove apllicazione di ricerca. Danzando assieme ai propri compagni l’allievo imparerà ad osservare e a ripensare in termini di comparazione analitica il proprio movimento e quello degli altri, acquisendo, inoltre strumenti iniziali di visione critica della danza come forma artistica. L’approccio ai contenuti avviene a partire dall’analisi di ampi concetti motori. Fare esperienza, osservare e analizzare che cosa si sta muovendo significa puntare l’attenzione sul corpo, sulla sua struttura e sulle principali funzioni motorie. Analizzare dove e verso dove si può muovere, significa considerare lo spazio utilizzato e utilizzabile. Il come della danza determina le caratteristiche qualitative e dinamiche del movimento. È legato al senso del peso e del tempo, al flusso, allo spazio, alla musica. Considerare le relazioni che si instaurano fra le parti del corpo, o con altre persona, o con oggetti, significa fare esperienza di quanto il rapporto fra diversi agenti modifichi, ridefinisca e influenzi la danza. Ciò comporta anche una modifica della struttura della lezione, che è pianificata intorno a un elemento scelto, che costituirà l’argomento della lezione in termini di movimento. A mano, a mano che questo approccio diventa familiare e questi elementi esplorati andranno a costituire un vocabolario comune di conoscenze condivise, sarà possibile raffinare e ampliare la proposta didattica: gli elementi esplorati potranno essere combinati.È possibile distinguere 4 elementi base della Danza educativa:- il corpo, è lo strumento primario per danzare, muoverlo è importante tanto quanto sentirlo muovere. Per questo va conosciuto nelle sue parti principali e nel suo funzionamento. Le azioni di movimento possono coinvolgere tutto il corpo: spostarsi, saltare, girare, spostare il peso; oppure coinvolgere anche solo singole parti del corpo: estendere, inclinare, gesticolare, piegare, torcere.-Lo spazio, la cui percezione è strettamente collegata all’acquisizione o al risveglio della percezione corporea. Una volta che la percezione dello spazio è stata estesa globalmente a tutto il corpo, diventerà possibile sperimentare su 2 differenti zone d’azione: spazio generale e spazio personale. Entrambi possono essere indagati rispetto la direzionalità: verticale, orizzontale, sagittale. Ma anche su 3 diversi livelli: alto, medio, basso. I primi esercizi da proporre sono relativi alla consapevolezza della direzione rispetto al nostro corpo. Se si conosce, cioè il punto verso cui il movimento è indirizzato, si esprimerà questa intenzionalità direzionale con lo sguardo, con tutto il corpo e con parti del corpo. Questo particolare atteggiamento spaziale del corpo è detto focus.-La dinamica, cioè il ”come” del movimento, cioè la particolare qualità del movimento. La dinamica è essenziale nella danza, in quanto un gesto che non riveli una spinta emotiva interiore , o che non comunichi alcuna sensazione, è

Page 17: Did Attica

soltanto un esercizio corporeo. Uno stesso movimento può cambiare a seconda della qualità che scegliamo di evidenziare attraverso la modifica delle sue componenti principali: peso, flusso, spazio, tempo.-La relazione, è l’elemento che definisce con chi e con cosa ci stiamo muovendo, e quindi, in questo caso danzando. Può riferirsi al legame di corpi, o parti del corpo con oggetti, persone o gruppi.La formazione specifica di chi svolge l’intervento didattico risulta determinante ai fini della sua qualità. Con riferimento alla metodologia da utilizzare nella strutturazione delle lezioni, vanno tenuti presenti alcuni principi fondamentali che regolano l’attività motoria quali:-Principio della gradualità; si ottiene proponendo agli allievi compiti motori che siano superiori alle loro capacità attuali, ma adeguati alle loro capacità potenziali. Da una parte l’accessibilità del compito deve consentirne la riuscita, dall’altra la sua difficoltà, deve rendere gratificante la riuscita stessa.-Principio della continuità strutturale; si basa sulla concentrazione degli esercizi in una sequenza studiata, in modo tale che l’apprendimento degli esercizi precedenti, faciliti l’assimilazione di quelli nuovi.-Principio della partecipazione attiva, si attua motivando gli allievi all’attività, evitando il lavoro monotono ed eccessivamente ripetitivo, lasciano loro la possibilità di intervenire criticamente sul lavoro dei compagni.Le lezione è strutturata in fasi:-Accoglienza, una sorte di rituale di inizio, che ha l’obiettivo di contestualizzare le esperienze all’interno di uno spazio- tempo determinati, e riconoscere il gruppo.-Riscaldamento, ovvero conoscenza corporea, parti, totalità, coordinazione. Ha l’obiettivo di riconoscere e controllare le diverse parti del corpo, riconoscere il messaggio sonoro e la percezione ritmico- motoria e associata al movimento, migliorare le capacità di osservazione e imitazione.-Esplorazione, ovvero la libera esplorazione del movimento, ha l’obiettivo di stimolare la creatività e la fantasia, percepire la musica come stimolo emozionale ed espressivo, comunicare con linguaggi non verbali, riconoscere gli elementi di base della danza. Vero nucleo della lezione.- Composizione, ovvero esercizi compositivi, che come obiettivo, l’apprendimento di strutture di movimento.-Distacco, ovvero rituali di commiato, che hanno l’obiettivo di favorire il distacco e segnalare la fine della lezione.Va ricordato che la musica, serve a fornire il tempo e il ritmo alla danza, a intensificare le emozioni trasmesse dal movimento, a facilitare la percezione corporea: vanno quindi scelte musiche capaci di sottolineare quel particolare tipo di movimento. Concludendo si può quindi affermare che la Danza educativa risulta essere funzionale a:-Stimolare e consolidare i modi dell’apprendere e del percepire del bambino che sono in prima istanza corporei e sensoriali.-Realizzare forme di apprendimento nelle quali gli allievi siano osservatori, creatori ed esecutori della materia del proprio conoscere, sviluppando così la creatività, l’autodisciplina e la socializzazione.-Promuovere capacità di trasformazione delle esperienze percettive, sensoriali, emozionali, visive in forme coscienti e intenzionali di movimenti espressivi.- Collegare il movimento all’acquisizione di abilità relative al rapporto tra musica e movimento, alla danza, alla comunicazione gestuale, alla drammatizzazione.-Potenziare ed educare la creatività espressiva, rafforzando il confronto tra contesti comunicativi diversificati.- Trasmettere l’attenzione per i diversi modi di pensare, esprimere e dar forma alle idee di ciascuno, crescendo nel rispetto della creatività individuale e artistica ed educati al gusto del fare e dell’educare.Judo educativoLe arti marziali non significano violenza, ma conoscenza di se stessi. Il Judo è un’arte marziale che nasce intorno alla fine del XIX secolo, ed è basata sul principio della flessibilità, contenuto nel vocabolo ju. Di fronte a un avversario più forte, normalmente si avrebbe la peggio, se alla sua superiore energia, si opponesse resistenza. Invece di resistere, è meglio assecondare la sua stessa forza fino ad assorbirne lo slancio e a fargli perdere l’equilibrio una volta esaurita la spinta. Il judo non può essere semplicemente considerato un tipo di lotta sportiva o una tecnica di autodifesa, ma assume significati e calori più profondi, che comportano un esercizio di educazione mentale e fisica. La diffusione del Judo si deve principalmente al professor Jigoro Kano, che fa conoscere la disciplina in Europa, quando nel 1936, si reca

Page 18: Did Attica

per perorare l’ingresso di Judo tra gli sport praticati alle Olimpiadi in quella data Jigoro Kano, aveva già intravisto la grande opportunità educativa del suo metodo che escludeva ogni aspetto di violenza dalla pratica di tale disciplina: purtroppo durante il viaggio di ritorno morì,e il suo progetto subì un brusco arresto. Subito dopo la guerra, si ebbe in tutto il mondo un evidente sviluppo della disciplina, e nacquero così palestre e scuole e si organizzarono campionati di tutti i tipi, fino ad arrivare al 1964, quando alle olimpiadi di Tokio , il Judo entrò finalmente a far parte degli sport olimpici. A seguito i tale evento il Judo si trasforma e diventa competizione dove il risultato diventa fondamentale per l’affermazione del maestro e degli atleti, dove la vittoria diventa prevaricazione sull’avversario, mettendo in secondo piano, l’aspetto educativo della disciplina. Le 8 qualità fondamentali, sulle quali si poggia il codice morale del fondatore, alle quali ogni judoista dovrebbe mirare sono: l’educazione, il coraggio, la sincerità, l’onore, la modestia, il rispetto, il controllo di sé, l’amicizia. Il Dojo, i luogo dove avviene la pratica del Judo, è quasi sempre un locale sobrio, dove l’attrezzo fondamentale è il tatami: un tappeto alto 4 cm e grande almeno 60 m . È compito del Maestro facilitare negli allievi processi di sviluppo tesi a consolidarne l’autostima e il senso di autoefficacia che li porteranno, sempre di più a credere nelle loro possibilità, oltre che ad approcciarsi, significativamente, del proprio corpo. Tutto questo naturalmente, avviene intervenendo in gruppo, ma anche individualmente, mediante specifiche attività che vanno a stimolare, continuamente l’attenzione, la concentrazione, il controllo soprattutto dell’ambiente e naturalmente della situazione che può essere. Possono essere indirizzati al Judo educativo, tutti i bambini già a partire dai 4 anni. È opportuno infatti che nella fascia d’età compresa tra i 4 e gli 11 anni, i bambini siano avviati alla pratica di un’attività motoria in cui la dimensione educativa sia sempre preponderante. Il piccolo atleta, messo di fronte a una situazione che muta continuamente, è costretto a costruire, decostruire e ricostruire nuovi schemi di azione e di movimento, in cui la flessibilità cognitivo- motoria, costituisce la cifra connotante, stimolando così il bambino a produrre sempre più capacità di osservazione, comprensione, ragionamento, simulazione, e precisione del comportamento avversario. Il Judo educativo è perciò una continua scoperta di condizioni capaci di determinare nel soggetto,un’infinità di atteggiamenti psico- fisici efficaci. Il Judo favorisce lo sviluppo dell’autostima, condizione indispensabile per la formazione della personalità. Rappresenta quindi un valido mezzo di socializzazione e condivisione di spazi, creando iniziative e interessi comuni tra i praticanti. Lo stretto contatto con gli altri, durante le fasi della lotta a terra, aiuta a superare diffidenze e preconcetti verso che ci sta vicino. Il rispetto delle regole e delle gerarchie legate alla pratica fa si che, sin dalla giovane età, si apprenda a essere responsabili nei confronti degli altri, accettando sconfitte, controllandosi nella vittoria, aiutando i compagni più giovani e inesperti e mettendo in essere il motto del Judo “amicizia e muta prosperità”. Il Judo, in ultima analisi, è una disciplina sportiva che forma i giovani rendendoli consapevoli delle loro intenzioni e dei loro mezzi, del loro corpo tonico e atletico, del loro coraggio e della loro personalità; il tutto attraverso uno straordinario controllo delle proprie azioni. Tutto ciò è possibile a patto che si trovi un vero Maestro.La capoeiraLa capoeira è una lotta danza nata in Brasile dalla creatività degli schiavi africani che, impossibilitati a usare armi per lottare a favore della loro libertà, mascheravano la pratica e l’esercizio delle loro lotte tribali con musiche e balli in modo da ingannare i loro padroni bianchi. Si ha una nuova concezione di lotta, non più diretta ma nascosta, mascherata, a seconda del ritmo imposto dagli strumenti si poteva sviluppare un linguaggio corporeo, assumendo un linguaggio non verbale. Nella capoeira sono presenti quindi, varie dimensioni: quella musicale, quella poetica (nei testi dei canti popolari), della danza (con i movimenti a ritmo), quella delle arti marziali tutti i movimenti di attacco e difesa combinati tra loro). La roda è un cerchio di persone che si trasforma in un mondo dove il vissuto interno è la capoeira. Tutti sono vestiti di bianco. Il rituale inizia con una parte musicale in cui i berimbau cominciano a suonare , tutte le persone in cerchio cominciano a battere le mani a ritmo e il maestro intona delle canzoni dando inizio al jogo. 2 compagni si avvicinano ai piedi degli strumenti principali, si salutano toccandosi le mani ed entrano con un’acrobazia all’interno del cerchio, cominciando il gioco. Si muovono agilmente con movimenti sinuosi ed eleganti figure, tirano calci e li evitano senza mai toccarsi, e in tanto uno dei due o entrambi eseguono un’acrobazia per dimostrare per mostrare la propria libertà. Quando sono stanchi o ritengono di aver esaurito il loro gioco, si salutano toccandosi le mani o abbracciandosi al centro della roda ed escono per permettere ad altri due giocatori di entrare mentre la musica

Page 19: Did Attica

continua ipnotica il suo ritmo. L’elenco dei giochi e dei ritmi è molto esteso e varia anche di gruppo in gruppo, seguendo l’evoluzione che i vari maestri hanno imposto ai loro allievi. Gli strumenti musicali hanno la funzione di trasmettere le emozioni all’interno della roda. Sono costruiti con materiali poveri. I ritmi, la musica, le canzoni sono di natura popolare e narrano del vissuto comune e della storia dei popoli che li hanno creati, costituendo quindi una memoria storica di tipo orale. Il caporeista, è colui che non solo gioca a capoeira, ma suona tutti gli strumenti, canta le canzoni in roda, partecipa e fa partecipare gli altri agli eventi, è amico di tutti gli altri capoeristi e non si offende e scappa se il gioco diventa più concitato e aggressivo; on perde calma e sa farsi rispettare. Nella capoeira vincono tutti coloro che partecipano, perché l’importante non è vincere ma partecipare. La tratta degli schiavi neri in Brasile cominciò, quindi, per la richiesta di manodopera a basso costo nelle piantagioni di canna da zucchero già nel 1550. Si sceglievano appositamente africani di etnie diverse per rendere difficile la comunicazione e l’unione, in modo da prevenire ribellioni sia in mare, durante la traversata, sia che nelle fazendas. Ma per contrastare questa difficoltà nel comunicare, spesso gli schiavi socializzavano attraverso il ballo e la musica. Molti di loro erano guerrieri fisicamente dotati e preparati anche dal duro lavoro; cominciarono allora a esercitarsi fisicamente anche in attesa del momento buono per la fuga. Per mascherare i loro “allenamenti”, suonavano e lottavano al ritmo delle percussioni, attenti all’arrivo del padrone; in sua presenza i ritmi cambiavano e gli schiavi danzavano, ingannando il fazendeiro. I primi documenti che usano il termine capoeira riferiti a una forma di lotta, sono del 1630: “gli schiavi fuggiaschi si rifugiano nella capoeira (vegetazione bassa) per poi aggredire i Capitaes do Mato che vanno a riprenderli con calci, testate e rasteiras (colpi disequilibranti)”. Il 25 maggio 1888 la regina Isabella decretò la fine della schiavitù in Brasile, e un anno dopo nel codice penale brasiliano, comparve un articolo in cui si dichiara che “fare nelle strade, e nelle pizze pubbliche esercizi di agilità e destrezza corporale conosciuta con la denominazione di capoeiragem, comportava la pena dai due ai sei mesi di prigione, aggravata se fatta in gruppi o bande. Fu l’inizio dell’emarginazione della Capoeira; il capoerista veniva equiparato a vagabondi e ladri. Diversa si presentava la situazione nello stato di Bahia ,dove l’alta percentuale di ex-schiavi di origine africana consentì la conservazione di molti riti e tradizioni a favorì il nuovo corso della capoeira. Fu da questo momento, e in questa regione, che gli strumenti tipici della capoeira, entrano a far parte stabilmente nella vita della capoeira stessa. Il cerchio per la cerimonia degli orixas divenne la roda di capoeira, i vestiti e il giorno dedicati ai santi,i anti celebranti le feste e gli spiriti del candomblè. Tutto contribuì a diminuire il carattere violento e trasformare il caporeista in un artista. Gli stranieri di passaggio, cominciarono ad appassionarsi a questi esercizi di abilità e di agilità con accompagnamento musicale, disposti anche a pagare per poter assistere di nascosto alle loro esibizioni. Ma la capoeira era ancora proibita e i vari praticanti, venivano già chiamati maestri, dovevano agire in clandestinità. Nel 1934 il presidente Getulio Vargas, insieme alla promulgazione di altre leggi liberali, quali il diritto di voto per le donne, gli analfabeti e i soldati, abolì la norma del codice penale che proibiva la capoeira. Obbligò la pratica della stessa nel “recinto fechado”, in luogo chiuso, non più per le strade ma per le accademias (accademie). Mestre Bimba, è n personaggio fondamentale della capoeira perché creò il primo metodo di insegnamento dell’arte. La modifica dei rituali e delle tecniche utilizzate, crearono malcontento tra gli altri capoeiristi. Molti di essi, tra cui un altro noto maestro, Vincent Ferreira, detto Pastinha, rifiutarono i cambiamenti e , approfittando della possibilità di poter aprire anche loro delle accademie di Capoeira, formarono un movimento di capoeira detta “angola” più legata alla tradizione, che si contrapponeva alla capoeira “regional” creata da Maestre Bimba. Pastinha lamentava la perdita della sua natura africana con la trasformazione in uno sport di natura agonistica e la perdita dei suoi valori culturali. La questione fondamentale, fu però la liberalizzazione della capoeira che ricominciò a diffondersi in tutto il Brasile,e negli anni 70 anche al di fuori del Brasile. Le rivalità tribali furono superate dagli intenti comuni e dalla formazione dei gruppi sociali. In sociologia e in psicologia sociale si definisce gruppo un’insieme di persone che interagiscono le une con le altre in modo ordinato sulle aspettative condivise riguardanti il rispettivo comportamento. Secondo le teorie della percezione sociale relative al tema delle social cognition, esisatono varie motivazioni in base alle quali si percepisce la propria appartenenza a un gruppo:- Per vicinanza, intesa come vicinanza fisica, che molte volte rappresenta il primo motivo di contatto per la scelta di appartenere a un gruppo spontaneo.

Page 20: Did Attica

- Per somiglianza, in quanto in base alle proprie opinioni e idee ci si sente attratti da chi le condivide. Non si intende in questo caso somiglianza fisica, ma affinità di pensiero, interesse e stile di vita.- Per identificazione. Si può appartenere a un gruppo anche quando non c’è somiglianza nelle idee o nei bisogni, ma con una motivazione per lo più inconscia di identificazione dell’altro. Si intende anche il processo di strutturazione della propria personalità e identità società, attraverso l’interdipendenza con il gruppo.In base a queste teorie si può tracciare un parallelo su quanto accaduto con la nascita e lo sviluppo della capoeira e dei gruppi di capoeira all’interno del tessuto sociale al fine di sviluppare ipotesi e idee. Come abbiamo visto nelle teorie precedentemente esposte, la vicinanza tra gli uomini favorisce il crearsi di gruppi e nelle senzalas, la vicinanza fisica era obbligata, gli schiavi si raccoglievano insieme per mangiare, celebrare riti. Un altro fattore che li avvicinava e li spingeva a creare gruppi era anche la loro comunanza razziale. Altro motivo che spingeva gli schiavi ad unirsi, era la possibilità di fuga per sfuggire al lavoro massacrante delle fattorie prima e delle miniere poi. Una volta formatosi e riconosciuti come gruppi, venivano a crearsi, così, identità di gruppo e di status che aumentavano la coesione e la leadership dei capi riconosciuti. Grazie a questi gruppi nacquero le prime fughe di massa. La spinta socializzante si ebbe con le rivolte negre, nell’intento di combattere il padrone bianco e di riconquistare la libertà. Un’aggregazione sociale si ebbe con l’intuizione di Mestre Bimba. Chi apparteneva a quel gruppo doveva seguire determinate regole, sia fuori che dentro la vita della scuola. Bimba adottò anche delle cerimonie per il riconoscimento sia dell’appartenenza al gruppo, sia per la successiva scalata delle posizioni gerarchiche. Pastinha si propose di preservare, insegnare e divulgate la capoeira nella sua accezione di arte del dialogo, ma soprattutto come tradizione africana con i suoi rituali e aspetti originali. I due movimenti cominciarono a coagulare attorno ai 2 maestri tanti allievi che erano attratti dai 2 concetti. Uno più dinamico e proiettato al futuro, l’altro più statico, che ricercava le origini della capoeira e degli schiavi africani in Brasile: l’effetto principale fu la nascita e la crescita dei gruppi di capoeira e l’idea nuova di capoeira come progetto sociale. Bimba rifiutando di insegnare la sua lotta a vagabondi e perdigiorno, pretendeva che i suoi allievi, imparassero a legger e scrivere per non trovarsi in difficoltà nella vita. Con il suo impegno sociale orientò l’ingresso della capoeira nelle università e nelle scuole. Lo stesso progetto fu elaborato dal maestro Pastinha. La differenza era nell’approccio metodologico. Negli anni seguenti moli furono i programmi elaborati e poi realizzati sull’inserimento della capoeira nelle scuole e nelle università. Anche in Italia sono stati proposti dei progetti a sfondo sociale per l’impiego della capoeira. L’esperienza nell’istituto Berlinguer, è partita da un progetto della regione Campania, denominato a scuola di teatro, per l’attuazione di un piano integrato per sostenere l’inclusione sociale. Le attività integrative dei piani di offerta formativi scolastici, propongono moduli relativi a tematiche sportive, musicali, teatrali e percorsi di ricerca e approfondimento sulle culture locali e straniere. Inoltre è stata proposta l’educazione alla socializzazione attraverso tali linguaggi artistico- espressivo. La strategia usata è stata quella del learning by doing, letteralmente “imparare facendo”. In tutti i laboratori le attività sono state incentrate sulla fase pratica alla quale, in un secondo momento, è seguita la teoria. Così per la musica, la prima fase è dedicata all’utilizzo del corpo come strumento, in modo da arrivare gradualmente all’uso degli strumenti musicali della Capoeira. Per rendere più interessante la lezione, sono state proposte anche delle piccole storie e aneddoti per mantenere alta l’attenzione e la concentrazione. L’impostazione dei moduli dedicati all’attività corporea è stata basata quasi esclusivamente sul gioco, creando così un clima positivo e di grande energia, che ha reso i bambini attenti e concentrati durante tutte le attività. Uno dei giochi proposti è stato proprio il classico “guardie e ladri”. Per adeguarlo all’esigenza di trasmettere contenuti sulla capoeira, il gioco è stato variato nelle regole; la cattura di un ladro da parte della guardia, comportava il rimanere fermi in una posizione di capoeira, in attesa di essere liberati da un altro compagno che eseguiva un’altra tecnica di capoeira. Un momento molto stimolante del progetto p stato l’interessamento che hanno dimostrato i bambini nei confronti degli strumenti musicali. Notando quest’attenzione, si è proposta la costruzione di stumenti da parte dei bambini. Il progetto prevedeva una presentazione finale, sottoforma di spettacolo teatrale da parte degli allievi, con la dimostrazione pratica di quello che avevano appreso. È stato anche un’occasione per la verifica dei contenuti trasmessi e recepiti. Gli allievi hanno dimostrato grande entusiasmo, e questo progetto è stato molto stimolante per gli insegnanti.

Page 21: Did Attica

GYROTONIC: Per avere una visione sana e logica della relazione tra mente e corpo occorre andare indietro di oltre 2000 anni nel tempo, e spostarsi di non pochi chilometri verso est, siamo in Cina è energie regolate da diverse forze, uno maschile yang, l’altro femminile, yin. Oggi in occidente, il compito di stabilire una relazione scientifica tra corpo e mente spetta, tra le altre, alla psicopatica, una branca della psicologia medica che negli ultimi anni riscuote molto seguito nel mondo scientifico, e che trova nella psiconeuroendocrinoimmunologia, suo ultimo indirizzo, un campo interdisciplinare di ricerca vastissimo. Vantaggi a livello di equilibrio psichico, derivanti da un lavoro sul corpo.A Juliu Horvarth, si deve lo sviluppo del Gyrotonic Expansion, System, un sistema di esercizi fisici, tra i più significati per efficacia e completezza, che coniuga aspetti occidentali e principi orientali con insospettabile naturalezza e semplicità. Attraverso movimenti circolari, della spina prima e degli arti poi, eseguiti con distensione a musicalità, il corpo viene guidato da un lato a decomprimere le articolazioni e riequilibrare le catene cinetiche muscolari, dall’altro vengono stimolati i centri energetici della tradizione indiana, i chakra. Horvarth era un ballerino, ma in seguito ad un infortunio, si allontanò dal palcoscenico, ma si avvicinò alla pratica dello Yoga e del Taijiquan. La pratica e lo studio di queste discipline, lo conducono a recuperare la completa fisiologia del movimento e lo inducono a introdurre nella danza i principi acquisiti. Nasce così lo yoga for dancers, una modalità di danza, che sfrutta le caratteristiche dello yoga per aumentare la libertà e la fluidità del movimento. Per estendere i benefici della tecnica oltre i confini della danza, Horvarth sviluppa per tappe successive la Gyrokinesis, un sistema di esercizi a corpo libero, strutturato in famiglie di esercizi tra loro propededeutici. Horvarth progetta e costruisce la Pulley Tower Combination, un’attrezzatura composta da una panca, che è corredata da 2 maniglie regolabili in ampiezza e resistenza che consentono movimenti circolari e fluidi, ed una torre, che grazie ad un sistema di corde, pesi e carrucole, consente di eseguire movimenti sia contro resistenza, sia in scarico. Il Gyrotonic è basato, sulla modalità del personal training. L’istruttore prima mostra gli esercizi e poi guida e supporta la persona nell’esecuzione dei movimenti. Il sistema prevede un primo livello di esecuzione, da percorrere raggiungendo 6 progressioni, composte da step. Il tutto da personalizzare, in base delle condizioni di partenza, il percorso da seguire. Il gyrotonic riconduce a schemi motori naturali, aiuta a renderli semplici e fluidi, senza interruzioni. Crea continuità a livello muscolare tra estensione e contrazione, suggerisce continuità a livello intenzionale tra il farsi avanti e il ritirarsi, lascia esplorare la continuità questa volta a livello emotivo tra il dare e il ricevere. Il movimento però non deve essere caotico, ma guidato dall’intenzionalità. L’intenzione per Horvarth, è la forza che guida il corpo nel movimento, partendo dalla presa di coscienza del proprio sé corporeo. L’intero processo si svolge in una successione di coreografie circolari e spiraliformi, supportate da schemi respiratori, che restituiscono al corpo una dimensione tridimensionale nello spazio e un senso di espansione e di crescita nel tempo. Per diventare trainer di Gyrotonic, occorre intraprendere un percorso articolato che prevede diversi momenti formativi, e che dura circa 12 mesi. L’iter generalmente, predilige un intenso lavoro sul proprio corpo. Successivamente si intensifica il lavoro di contatto con il trainee, che lascia intendere il lavoro manuale. Vengono insegnate le tecniche di supporto al movimento, indispensabili per essere efficaci senza violare la corporeità dell’altro. Il percorso termina, dopo un consistente periodo di apprendistato supervisionato. L’insegnamento del Gyrotonic, parla dallo stimolo visivo e linguistico, e si sviluppa, sfruttando imitazione motoria. Con questi presupposti, il trainer, per poter insegnare gli esercizi, deve saperli eseguire senza esitazione. Occorre che egli trasmetta la propria consapevolezza come una guida, lasciando intravedere una direzione e non un traguardo. Appare evidente come la formazione di un trainer di Gyrotonic , non debba essere esclusivamente mirata alla conoscenza tecnica degli esercizi, ma diventa un vero e proprio percorso di studio e crescita. Percorso caratterizzato da una forte impronta educativa: l’accoglienza dell’altro, la propensione all’incontro, l’ascolto. Lavorar con il corpo quello proprio e quello di altre persone, consente l’accesso a chiavi di lettura che svela connessioni e dettagli di tanti modi di dire tradizionalmente acquisiti dalla cultura, ma poco indagati analiticamente. La mente e il corpo altro non sono che due manifestazioni della stessa identità, dove l’una è espressione dell’altra. Accettando queste premesse, diventa inevitabile considerare il lavoro corporeo come parte rilevante nella ricerca di una migliore qualità della vita.