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Giornale italiano di tricologia - anno 15 - n° 27 - Novembre 2011 Strano destino quello della tricologia... - pag. 5 PRP nell’autotrapianto di capelli ed in hair restoration. - pag. 6 I fattori di crescita nella terapia tricologica - pag. 13 Alopecia ed aromaterapia: un’alternativa - pag. 18 Lattoferrina - pag. 23 Terapia dell’alopecia androgenetica femminile - pag. 25 Ipotrichia estrone carenziale - pag. 31 Alimentazione, omega 3 e capelli - pag. 34 Le alopecie in età pediatrica - pag. 39 SOMMARIO EDIZIONI TricoItalia (Firenze) Direttore scientifico: Andrea Marliani Giornale Italiano di Tricologia anno 15 - n° 27 - Novembre 2011 Proprietà letteraria ed artistica riservata. ©

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Gli argomenti trattati sono: -PRP nell'autotrapianto di capelli ed in hair restoration. -I fattori di crescita nella terapia Tricologica. -Lattoferrina. -Terapia dell'alopecia androgenetica femminile. -Alimentazione. -Le alopecie in età pediatrica. ecc..

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Strano destino quello della tricologia... - pag. 5PRP nell’autotrapianto di capelli ed in hair restoration. - pag. 6I fattori di crescita nella terapia tricologica - pag. 13Alopecia ed aromaterapia: un’alternativa - pag. 18Lattoferrina - pag. 23Terapia dell’alopecia androgenetica femminile - pag. 25Ipotrichia estrone carenziale - pag. 31Alimentazione, omega 3 e capelli - pag. 34Le alopecie in età pediatrica - pag. 39

SOMMARIO

EDIZIONI TricoItalia (Firenze)Direttore scientifico: Andrea Marliani

Giornale Italiano di Tricologia

anno 15 - n° 27 - Novembre 2011

Proprietà letteraria ed artistica riservata.©

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EDIZIONI TricoItalia(Firenze)

Giornale Italiano di Tricologiaanno 15 - n° 27 - Novembre 2011

Direttore Responsabile: Guido Vido TrotterDirettore Scientifico: Andrea Marliani

Tutti i diritti riservati©

Collaboratori:

Gaetano AgostinacchioEkaterina Bilchugova

Fiorella BiniFranco Buttafarro

Daniele CampoAndrea Cardini

Roberto d’OvidioCaterina FabroniFabrizio Fantini

Vincenzo GambinoPaolo Gigli

Carlo GrassiTorello LottiAlessia Pini

Fabio RinaldiMarino SalinPiero Tesauro

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SOMMARIO:

Strano destino quello della tricologia... - pag. 5PRP nell’autotrapianto di capelli ed in hair restoration. - pag. 6I fattori di crescita nella terapia tricologica - pag. 13Alopecia ed aromaterapia: un’alternativa - pag. 18Lattoferrina - pag. 23Terapia dell’alopecia androgenetica femminile - pag. 25Ipotrichia estrone carenziale - pag. 31Alimentazione, omega 3 e capelli - pag. 34Le alopecie in età pediatrica - pag. 39

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Editorale

Strano destino quello della tricologia...

Andrea MarlianiFirenze

Strano destino quello della tricologia...L’uomo da tempo immemorabile, da quandoè diventato sapiens e forse ancora da prima, siè sempre preoccupato per i suoi capelli finoalla nevrosi. La medicina, da quando è nata,subito si è occupata dei capelli: il più anticospecialista in malattie dei capelli di cui si hanotizia è l’egizio Hakiem el Demagh che circa1250 anni avanti Cristo pare fosse al serviziodel Faraone Ramses II, che soffriva di alope-cia areata.Quando però la medicina occidentale ha tro-vato la propria identità e le proprie specializ-zazioni, ritenendo di essere diventata nobile,ha rinnegato la tricologia come scienza impu-ra. Per questo motivo, salvo poche grandieccezioni, la maggior parte dei medici eanche dei dermatologi ha prestato scarso inte-

resse ai problemi dei capelli, tanto che il ter-mine “Tricologia” compare sullo Zingarellisolo dal 1997.Il dermatologo è il medico abilitato alla curadella pelle e dei suoi annessi cioè capelli edunghie, pertanto a lui spetterebbe il titolo dimedico tricologo. Tuttavia quando ero unospecializzando in dermatologia non esistevanessun libro (almeno in italiano) che parlassedi tricologia e le lezioni dei corsi di specializ-zazione erano limitate alle tigne e alla alo-pecia areata ed a qualche ora di racconti, perlo più aneddotici.Un dermatologo “serio” non doveva occuparsidi tricologia: un notissimo professore toscano,direttore di cattedra, faceva malamente cac-ciare dal suo studio tutti coloro che andavanoa disturbarlo per problemi di capelli.Fra i giovani specialisti, chi voleva occuparsidi tricologia lo faceva quasi di nascosto, quasivergognandosene e senza dirlo ai colleghi esoprattutto ai docenti; non aveva maestri equel che apprendeva lo imparava sul campo.Altri, ovviamente, si sarebbero occupati dicapelli... nonne, parrucchieri, tricologiimprovvisati e, soprattutto, centri tricologicidi estrazione imprecisata ed imprecisabile.Questi centri erano ovviamente criticati dallaDermatologia Ufficiale che però non si occu-pava di tricologia e neppure ci provava; sem-plicemente non se ne curava e… criticava.Lo stesso termine “tricologia” non veniva maipronunziato ma si parlava e si doveva parlaredi “malattie degli annessi cutanei”.Del resto la tricologia in senso odierno eraallora giovane. Gli studi di Hamilton, con iquali si può dire che nasca la tricologiamoderna, risalgono al 1942 e le pubblicazionidi Norwood al 1970.Poi negli anni ‘80 qualcosa è cambiato.L’industria farmaceutica ha prodotto i primifarmaci dedicati che hanno cambiato il decor-so naturale della calvizie maschile (progeste-

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rone e minoxidil prima, la finasteride poi) edha iniziato a spendere fiumi di denaro e adinvestire in ricerca e congressi. La tricologia èdiventata così, per tutti, qualcosa di dignitoso.La Dermatologia Ufficiale ha allora rivendica-to i suoi diritti in polemica, quasi in guerra,con endocrinologi, ginecologi, chirurghi pla-stici ed medici estetici. É partita anche una“guerra ai Centri Tricologici”. GrandiProfessori sono stati nominati Tricologi quasid’ufficio e chi, in Italia, già si occupava,magari seriamente, di tricologia è stato spessoemarginato.

Ma pian piano la tricologia ha continuato acrescere ed evolversi, separandosi dalla der-matologia, dalla endocrinologia, dalla gene-tica, dalla medicina estetica… diventando unadisciplina a sé, polispecialistica. Non basta più essere un bravo dermatologoo endocrinologo per essere un buonMedico Tricologo.

È iniziata una nuova storia, si è aperto unnuovo capitolo...

PRP nell’autotrapianto di capelli

ed in hair restoration

Franco ButtafarroTorino

Introduzione

Nell’ultimo decennio l’interesse per l’utilizzodi emoderivati ed emocomponenti, per lo piùautologhi, con finalità diverse da quelle clas-siche di solo supporto trasfusionale, ha subitoun deciso incremento di studi e di applicazio-ni specie nel campo delle indicazioni topicheper incrementare e stimolare la crescita tessu-tale e la riparazione delle ferite. Nello stessotempo l’utilizzo di sostanze derivate dal san-gue umano autologo si è rapidamente allarga-to alle più svariate applicazioni cliniche e amolti ambiti specialistici, anche molto diversitra di loro, in funzione del possibile effettoterapeutico delle cellule ematiche e dei fattoridi derivazione plasmatica, nelle più svariatepatologie. La rigenerazione dei tessuti e lariparazione delle ferite si basano su di un pro-cesso complesso in cui sono coinvolti diversitipi cellulari, fattori di crescita ed altre protei-ne che interagendo le une con le altre posso-no portare ad una rapida ed efficiente ripara-zione tessutale. Già da molti anni lo studioapprofondito delle piastrine, molto al di làdella loro funzione più conosciuta nel proces-so di coagulazione e di emostasi, si è allargatorapidamente ai mediatori biologici in essecontenuti, a quei fattori di crescita che gioca-no un ruolo di primo piano nel processo rige-nerativo e ripartivo aumentando in modosignificativo la versatilità e le possibili applica-zioni terapeutiche di una nuova tecnologiache nasce con il nome di PRP (Plasma Riccoin Piastrine), un nome evocativo del loropotenziale uso in molte specialità. Dagli studidel dottor Eduardo Anitua, che da oltre 20anni si interessa di questo campo di ricerca,emerge che sono stati fatti molti progressi

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riguardo ai fattori di crescita estratti dal pla-sma e dalle piastrine di sangue autologo. Trale altre, la scoperta fondamentale del ruoloche citochine e fattori di crescita giocano nelprocesso ripartivo e rigenerativo, ha incre-mentato le ricerche in medicina rigenerativae nella ingegnerizzazione dei tessuti. Questemolecole, infatti, inviano segnali alle regionilesionate regolando i meccanismi e le sequen-ze metaboliche che governano la rigenerazio-ne e la guarigione delle ferite. La scoperta chele piastrine hanno riserve endogene di centi-naia di proteine biologicamente attive e che ilfibrinogeno, plasma derivato, può essere facil-mente trasformato in ponti tridimensionali difibrina, ha aperto la strada all’uso del plasmae dei derivati piastrinici in molti diversi campidella medicina e della chirurgia e negli ultimianni anche in chirurgia della calvizie ed inhair restoration.

Ma cosa sono le piastrine e cosa fanno? Un po’

di storia...

La descrizione di particelle più piccole deglieritrociti e dei leucociti è datata alla fine del1700. Ma solo tra il 1865 ed il 1877 questi cor-puscoli sono stati descritti chiaramente senzache tuttavia fossero note le origini, il significa-to, le funzioni. Nel 1675 Van Leewenhoeckfece la prima comunicazione alla RoyalSociety of London. Ma probabilmente ilprimo che descrisse le piastrine come “smallblood corpuscles” (piccole particelle indefini-te nel sangue) fu nel 1870 William Hewson. Inseguito, anche se qualcuno, pretestuosamen-te, attribuisce al tedesco Max Shultze la primadescrizione delle piastrine, noi sappiamo chelo stesso Shultze aveva erroneamente conside-rato le piastrine come il prodotto della disin-tegrazione dei leucociti. Tuttavia godendo digrande considerazione, le sue teorie influen-zarono molti studi successivi. Fu GiulioBizzozzero ad identificare gli “small blood

corpuscles” come terzo elemento morfologicodel sangue, indipendente da globuli rossi eglobuli bianchi, riconoscendo anche il ruolofondamentale nell’emostasi e nella trombosi,chiamandole piastrine. Tuttavia il significatonella coagulazione era ancora largamenteincompleto. Infatti, anche se Bizzozzero avevaidentificato la trombina ed il fibrinogeno, tut-tavia le loro funzioni non erano ancora statedescritte. In seguito la protrombina fu scoper-ta da Cornelius Pekelharin nel 1892, il ruolodel calcio da Arthus nel 1890 ed il classicoschema della coagulazione fu descritto daPaul Morawitz nel 1905. Ma solo nel 1910furono identificati, dal midollo osseo, i mega-cariociti ossia i precursori delle piastrine, daJ. H. Wright. Dopo Bizzozzero e la scopertadei megacariociti da parte di Wright, fino al1960 molti progressi furono fatti nella cono-scenza della biochimica e della fisiopatologiadelle piastrine. In seguito si precisarono leproprietà delle piastrine con Paul Morawitznella formazione del coagulo e nella produ-zione e rilascio di molti fattori di crescita.

Caratteristiche delle piastrine

Sono prodotte dal midollo osseo, sono presen-ti in un numero oscillante fra 150.000 e400.000 per mm cubo ed hanno una vitamedia di 10 giorni. Sono prive di nucleo inquanto derivanti dai frammenti citoplasmati-ci del megacariocita, cellula ematopoieticaper le piastrine, si presentano in forma ton-

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deggiante od ovalare ed hanno una dimensio-ne tra 2 e 4 micrometri. Al microscopio otticopresentano due zone distinte: una centralegranulare ed una periferica quasi ialina. Morfologicamente nella piastrina sono rileva-bili granuli suddivisi in tre tipi:- Granuli alfa, molto numerosi, contengono ilfattore quarto piastrinico, la trombospondi-na, proteine di adesione (fibrinogeno, fibro-nectina...), numerosi fattori di crescita, fattoridella coagulazione e della fibrinolisi plasmati-ca.- Granuli densi contenenti serotonina, istami-na, adrenalina, ioni calcio e fosforo, ADP eATP.- Granuli lambda contenenti idrolasi lisoso-miali e perossisomi, fosfatasi acida, arisolfata-si, catepsina e galottidasi.Le piastrine sono specializzate nel processo dicoagulazione del sangue. Tale processo avvie-ne perché il fibrinogeno presente viene attiva-to e trasformato in fibrina grazie all’azionedella trombina. Quest’ultima è un enzima cheviene attivato dalla protrombina, richiamata asua volta da fattori plasmatici. L’intreccio deifilamenti di fibrina trattiene le piastrine, glo-buli rossi e leucociti e con la contrazione dellepiastrine, successivamente ad un rilascio mas-siccio di fattori tessutali, vi è la retrazione delcoagulo e conseguente spremitura del siero.Successivamente interverrà, nella lisi delcoagulo, la plasmina attivata a sua volta dalplasminogeno. Ma si sono scoperte molte altreproprietà oltre a quella di rispondere pronta-mente alle lesioni sanguinanti. Ogni piastrinaè anche un deposito di molteplici segnali diregolazione della produzione dei fattori dicrescita, ossia di molecole che partecipano alrecupero ed alla guarigione dei tessuti inrisposta ad un insulto patologico o traumati-co.Le piastrine attivate contengono un’ampiagamma di fattori di crescita:

PDGF: platelet derived growth factor (pro-muovono la crescita dei vasi sanguigni, lareplicazione cellulare, la riparazione cuta-nea).VEGF: vascular endothelial growth factor

(promuovono la formazione di vasi sangui-gni).EGF: epidermal growth factor (promuovonola crescita e la differenziazione cellulare).TGF-b: transforming growth factor beta (pro-muovono la crescita della matrice intercellu-lare, il metabolismo dell’osso).FGF-2: fibroblast growth factor-2 (promuovo-no la crescita e la specializzazione cellulare ela formazione di vasi).IGF: insulin-like growth factor ( regolatore deinormali processi fisiologici di quasi tutti i tipidi cellule dell’organismo).

I fattori di crescita

Tutti questi fattori di crescita iniziano edamplificano i processi fisiologici contribuen-do alla riparazione dei tessuti ed alla guarigio-ne dopo una lesione. Il concetto è quello diapportare a livello di una ferita un idoneomicroambiente ricco di segnali per le cellule,cioè di fattori di crescita che potenzino i pro-cessi di rigenerazione dei tessuti mesenchima-li. I fattori di crescita naturalmente contenutinelle piastrine agiscono a livello locale favo-rendo la replicazione cellulare, la produzionedi nuovi vasi sanguigni e la formazione dinuova matrice extracellulare.

PRP: il razionaleIl razionale dell’uso del PRP in medicina rige-nerativa è incrementare artificialmente ilnumero delle piastrine in modo che con ilparallelo aumento dei fattori di crescita possa-no essere usate per accelerare la guarigionedei tessuti fino alla riparazione ed al ripristi-no dello stato di salute.

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Cosa pensiamo che sia il PRP?Il PRP è costituito da plasma sanguigno conuna concentrazione di piastrine molto piùalta di quella che si riscontra nel sangue nontrattato. Il PRP è una sostanza naturale, diderivazione umana e soprattutto è autologaprovenendo dallo stesso paziente che poi lautilizzerà e quindi non esistono possibili effet-ti collaterali, allergie o reazioni immunologi-che da corpo estraneo. Allo stesso modo oggi,nella programmazione di un intervento chi-rurgico importante si preferisce prelevare unacerta quantità  di sangue al paziente stessoper poterlo usare, al bisogno, nel corso dell’in-tervento stesso. In questo modo si evita diusare sangue di un donatore proveniente dauna banca del sangue. Naturalmente bisognaevidenziare la criticità delle varie preparazio-ni che ci vengono proposte. Infatti i dati cheabbiamo finora a disposizione ci suggerisconoche concentrazioni troppo elevate di piastrinee, di conseguenza, di fattori di crescita, posso-no avere effetti nulli o addirittura contropro-ducenti nel processo di riparazione e di guari-gione. Dagli studi che sono stati fatti a propo-sito, emerge che probabilmente una concen-trazione di 1,25 - 1,5 x 106 di piastrine permicrolitro possa rappresentare la concentra-zione ideale. Concentrazioni poco più basse opoco più alte sarebbero ancora molto efficaci.Valori molto diversi potrebbero essere ineffi-caci.

Il PRP in sintesi

- è un preparato autologo- immunologicamente neutro- è privo di tossicità- stimola i processi riparativi e la crescita deitessuti- stimola la proliferazione cellulare- stimola l’angiogenesi e la rivascolarizzazione- stimola la proliferazione delle cellule mesen-chimali

- stimola la produzione dei fibroblasti- accelera la cicatrizzazione e la guarigionedelle ferite- biostimola la produzione di collagene.

Come si prepara il PRP

Come si è visto le applicazioni del PRP sonomolteplici in molti campi della medicina edella chirurgia e di conseguenza molti prodot-ti di questo tipo sono comparsi sul mercatonegli ultimi anni ed appare molto difficileidentificare le differenze tra i prodotti finaliimmessi sul mercato dalle varie aziende.Tuttavia molti prodotti differiscono sensibil-mente in composizione e nel processo di ela-borazione del preparato e di conseguenza pos-sono determinare effetti diversi ed in qualchecaso addirittura opposti. Siamo d’accordo conaltri autori che non tutti i preparati di PRPsono uguali e che per evitare fraintendimentiè assolutamente necessario definirne le pro-prietà, la formulazione ed ancor di più accer-tarne la sicurezza biologica ed il potenzialeriparativo. Inoltre è indispensabile definireun protocollo preciso che dia risultati ripro-ducibili sia in medicina che in chirurgia. Perqueste ragioni è assolutamente necessario chela comunità scientifica chiarisca definitiva-mente i vantaggi e gli eventuali rischi di que-sti tipi di prodotti. Partendo da queste pre-messe noi ci siamo affidati alla competenza edalla serietà di una società americana, la BIO-MET Biologics, produttrice del sistema GPSIII (Gravitational Platelet Separation) di cuiandremo a descrivere le fasi di preparazione edi utilizzazione di questo kit preparato conmeticolosità e la sicurezza di un’assoluta steri-lità. Si prepara una siringa da 60 cc per il pre-lievo del sangue del paziente, in cui si aspira-no 6 cc di anticoagulante ACDA (anticoagu-lante citrato destrosio) ed una siringa da 12cc, per preparare la trombina autologa, in cuisi aspira 1 cc di anticoagulante. Si preleva, da

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una vena periferica, il sangue del pazientemescolandolo all’anticoagulante presentenelle due siringhe. Nel tubo predisposto perla raccolta del PRP iniettiamo il contenutodella siringa da 60 cc e lo sigilliamo con iltappo sterile. Poniamo il contenitore nellacentrifuga ed iniziamo la centrifugazione a3.200 giri per 15 minuti. Intanto prendiamoil contenitore Clotalyst ed attraverso unaporta iniettiamo il reagente con etanolo cal-cio (che attiva la trombina III e la concentra)e poi attraverso un’altra porta il contenutodella siringa da 12 cc.Il contenitore vieneinvertito più volte per permettere la distribu-zione di palline di vetro, in esso contenute,che hanno un’azione co-coagulante ed infinesi pone il contenitore in una incubatrice a 25gradi per 20 minuti. Nel frattempo la primacentrifugazione è terminata e si estrae il con-tenitore GPS III che ha subito una separazio-ne: i globuli rossi sono stratificati in basso,sotto il disco di separazione. Sopra il disco c’èil PPP (Plasma Povero di Piastrine) e nellostrato intermedio, (tra GR e PPP), c’è il PRPche rappresenta il 10% del volume iniziale.Dal contenitore incubato viene estratto iltubo contenente il sangue con la trombinaattivata che viene posto in centrifuga per 5minuti a 3.200 giri dopodiché si estrae il con-tenuto con una siringa. Su di un carrello ven-gono preparati tre bicchieri: in quello giallo siinietta il PPP, in quello rosso il PRP ed inquello bianco la trombina attivata. Con undispenser doppio a spruzzo si prelevano 0,6 ccdi trombina attivata in una siringa e nell’altrasi prelevano 6 cc di PRP, si pareggiano glistantuffi e si inserisce il terminale. Con unaltro dispenser doppio si fa la stessa cosa pre-levando però 8 cc di PPP con una siringa econ l’altra 0,8 di trombina attivata. A questopunto spruzziamo il PPP e la trombina sullaferita operatoria già avvicinata con qualchepunto di sottocute. Si provvede poi alla sutura

continua della cute e si spruzza sopra ancorail PPP e la trombina attivata per sigillarla edottenere anche un effetto antibatterico. Nelfrattempo noi abbiamo già effettuato 500microincisioni dalla parte sinistra della zonada trapiantare dove inseriremo le UF (UnitàFollicolari), bagnate con PRP e trombina, giàda qualche minuto. Prima dell’inserzionespruzziamo PRP e trombina sul sito riceventeed attendiamo due minuti prima di inserire itrapianti. Nel frattempo si preparerà altroPRP e trombina per le UF che completerannola prima parte del trapianto. Dalla parte con-trolaterale faremo poi altre 500 microincisio-ni e prepareremo le altre UF senza addizio-narle di PRP, procedendo a completare il tra-pianto. Così facendo, a distanza di alcunimesi potremo valutare eventuali differenzesia quantitative che qualitative nella ricresci-ta dei capelli.

Perché il PRP nel trapianto di capelli?

Il potenziale uso del PRP, allo scopo di pro-muovere la guarigione e la ricrescita deicapelli in chirurgia della calvizie, nasce dallanecessità di cercare di migliorare i passaggifondamentali di questo intervento, ossia:- Cercare di preservare e di aumentare la vita-lità dei follicoli piliferi.- Promuovere e migliorare la riparazione deitessuti e la guarigione degli stessi.- Riattivare i follicoli piliferi poco attivi e sti-molare la crescita di nuovi capelli.

PRP nel trapianto di capelli

I follicoli piliferi rimossi dall’area donatriceed in seguito trapiantati nell’area riceventepossono subire dei danni:- da disidratazione se non sono mantenutiadeguatamente idratati;- da privazione di ossigeno e di nutrienti dovu-to alla mancanza di vascolarizzazione;- da cambiamento di temperatura di equili-

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brio acidobasico nel contesto dei follicoli pre-levati;- da insufficiente rivascolarizzazione, quandoi follicoli piliferi sono trapiantati nel sito rice-vente dove devono riadattarsi ed avere unanuova rivascolarizzazione.Per ovviare a questi inconvenienti bisognafare in modo che la soluzione di immagazzi-namento delle UF (Unità Follicolari) rappre-senti un ambiente protetto sia per l’umiditàche per la temperatura e l’equilibrio chimicocon l’eventuale aggiunta di nutrienti. A que-sto proposito, in accordo con molti ricercato-ri, riteniamo che il PRP promuova la cicatriz-zazione dell’area donatrice e che aggiungen-dolo alle UF e nell’area ricevente aumenti lavelocità di guarigione e stimoli la rivascolariz-zazione e di conseguenza una miglior ricresci-ta dei capelli. Tuttavia poiché  l’uso del PRPnell’autotrapianto di capelli non è ancora sup-portato da un adeguato numero di casi tratta-ti, riteniamo che sia razionale non usarlo intutti i pazienti, ma preferibilmente in quelli arischio di cattiva cicatrizzazione e/o di ricre-scita inferiore alle aspettative. Inoltre puressendo immunologicamente neutro e purnon dando problemi di allergie, sensibilizza-zioni o reazioni da corpo estraneo, il PRPdeve essere rigorosamente sterile in ogni fasedi preparazione e di applicazione pur produ-cendo spesso un breve periodo di infiamma-zione, nelle zone in cui viene applicato. Altripossibili effetti collaterali, a tutt’oggi scono-sciuti, andranno comunque verificati e preci-sati nel corso di ulteriori studi.

Terapia con PRP quale prevenzione dell’alo-

pecia androgenetica

Seguendo gli studi e le sperimentazioni di J.Greco e R. Brandt anche noi, dopo aver utiliz-zato il PRP nell’autotrapianto di capelli conrisultati per ora soddisfacenti ma non ancoraconsolidati, abbiamo avviato una sperimenta-

zione su dieci pazienti affetti da alopeciaandrogenetica e su due pazienti con alopeciaareata consolidata da oltre tre anni. Lo scopodi questa sperimentazione è quello di cercaredi invertire il processo di miniaturizzazionedei capelli che interviene nell’alopecia andro-genetica e di stimolare la ricrescita di capellinelle zone di alopecia areata stabilizzata.Naturalmente essendo lo studio iniziato soloda alcuni mesi (sei mesi) non abbiamo potutoancora standardizzare i risultati che per oraabbiamo avuto solo nel caso di PRP utilizzatonel corso di autotrapianto dove abbiamo nota-to una ricrescita più rapida e soddisfacentenella parte trattata con il plasma ricco di pia-strine. Il razionale di questo studio su pazien-ti non sottoposti ad intervento chirurgiconasce dall’ipotesi che i numerosi fattori di cre-scita attivati con la tecnica del PRP abbiaanche il significato di rinvigorire i capelliminiaturizzati e nel contempo possa stimolarei follicoli piliferi a produrre nuovi capelli.Poiché non ci sentiamo ancora pronti a forni-re risposte in merito ci limiteremo ad indicarela tecnica che utilizziamo in questi casi, nellasperanza che altri colleghi intraprendano lastrada tracciata dai colleghi americani e danoi seguita con entusiasmo. Premettiamo cheoccorre avvisare ed informare correttamente ipazienti del fatto che si tratta di una speri-mentazione che è resa possibile solo dallainnocuità  del preparato autologo e che leaspettative devono essere commisurate all’at-tuale scarsità di studi pubblicati a questo pro-posito. Inoltre i pazienti devono apparteneread un gruppo omogeneo per età  e per situa-zione clinica in modo da poter confrontaresoggetti biologicamente simili. Il prelievo e lapreparazione del PRP seguono le stesse regoleusate per i soggetti sottoposti ad autotrapian-to, ma l’applicazione del preparato segue unoschema di altro tipo. Suggeriamo di iniettarenel cuoio capelluto circa 0,3 cc per zone di

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2x2 cm, utilizzando in media circa 4 cc diPRP in totale, con tecnica retrograda dal pro-fondo verso la superficie. Inoltre utilizziamoin sequenza uno strumento multiago, tipodermaroller, ad una profondità di circa 2 mm,provocando un’area dolcemente traumatizza-ta su cui andremo a spruzzare il PRP residuoche non deve essere asportato né lavato perl’intera notte successiva. La conta dei capellied il diametro iniziale è stato eseguito conapparecchiatura Fotofinder ed i dati di cia-scun paziente archiviati in modo da poterliconfrontare a distanza di 4-6-8 mesi e poi adistanza di ulteriori 4 mesi, in modo da com-pletare un anno di osservazione. Malgradoche già  a 4 mesi dal trattamento abbiamopotuto osservare un certo miglioramentodella situazione iniziale crediamo che siaopportuno dimostrare una prudente modera-zione nel riferire opinioni quando i dati nonsiano ancora certi.

Regolamentazione per l’uso del PRP

Negli USA ci risulta che l’uso del PRP nel-l’ambito di un intervento di chirurgia dellacalvizie non necessiti di approvazione daparte dell’FDA. I medical devices per prepara-re il PRP devono essere approvati dall’FDA.Tuttavia l’FDA non ha approvato il PRP comecura specifica e pertanto le affermazioni cheil PRP è “FDA approved” sono scorrette. In

Italia i preparati di PRP devono essere appro-vati con il marchio CE dalla ComunitàEuropea. Tuttavia la preparazione e la mani-polazione dei derivati del sangue soggiaccio-no a regole ben precise. L’uso del PRP nel-l’autotrapianto non è vietato ma la sua prepa-razione deve essere fatta da un centro trasfu-sionale.

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I fattori di crescita nella terapia tricologica

Ekaterina Bilchugova LucianiSan Pietroburgo (Russia)Porto San Giorgio (AP)

Introduzione

I fattori di crescita rappresentano una dellechiavi fondamentali del meccanismo di auto-regolazione cellulare, modulando il lavorodelle cellule e adeguando la risposta a diversenoxae patologiche. Vengono studiati in medi-cina rigenerativa ed aprono un nuovo stimo-lante capitolo sulle possibilità terapeutiche inmolteplici situazioni patologiche.Il follicolo del capello è un organo relativa-mente piccolo ma è molto dinamico e periodi-camente sintetizza un nuovo elemento. Ognifollicolo è soggetto a crescita ciclica: anagen -catagen - telogen. La crescita del capello è l’u-nico fenomeno rigenerativo dell’organo.Queste modificazioni cicliche coinvolgono ilrimodellamento dei componenti sia epitelialiche dermici. La conoscenza dell’orologio bio-logico dei bulbi piliferi permette di compren-dere meglio gli eventi patologici che possonodanneggiare il bulbo e le varie cellule che locompongono (tricocheratinociti, fibroblasti,melanociti). La regolazione delle fasi delbulbo del capello è controllata da una serieinnumerevole di citochine che ne modulanol’attività biologica sin dai primi stadi di svi-luppo fetale. Qualsiasi noxa patologica creaun’alterazione nell’equilibrio del ciclo delcapello, sotto il controllo anche dei fattori dicrescita, a partire dal privilegio immunologi-co di cui gode il follicolo. La ricerca potràindirizzarsi verso l’identificazione nell’unitàfeto placentare o in tumori non differenziati esecernenti in senso endocrino di quei fattoridi crescita (HrGF1, HrGF2) per ora solo ipo-tizzati (le biostimoline di Filatov) che, comeora vedremo, controllano il formarsi dei folli-coli piliferi e la loro attività proliferativa.

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I fattori di crescita dei capelli e loro espressio-

ne nei tumori.

Vediamo adesso due situazioni che dimostra-no chiaramente il ruolo dei fattori di crescitaper i capelli.Il primo è un raro quadro morboso paraneo-plastico dell’adulto, denominato “ipertricosi

lanuginosa acquisita” e caratterizzato dall’im-provvisa crescita di peli lunghi, sottili e lanu-ginosi che prendono il posto non solo dei peliterminali ma anche della lanugine primaria; ipeli possono raggiungere la lunghezza di 15centimetri e possono ricoprire completamen-te il volto ed il resto del corpo eccetto il penee le superfici palmoplantari; un cuoio capel-luto calvo può presentare una marcata eabbondante ricrescita di capelli. A tutt’oggi,escludendo le osservazioni più lontane neltempo, sono stati pubblicati almeno 30 casiincontrovertibili di ipertricosi lanuginosaacquisita. La totalità degli Autori concordanell’interpretare tale quadro clinico comeuna sindrome paraneoplastica e le neoplasieassociate, riportate dalla letteratura, sono acarico della mammella, ovaio, utero, polmo-ne, tubo gastroenterico, pancreas, cistifelleaapparato emolinfatico, vie urinarie (Herzberg

J.J. - Goodfellow A.). Un secondo esempio si hadurante la terapia anti-

tumorale con l’Inibitore

EGFR (Epidermal GrowthFactor Receptor) in cui sonostati osservati fenomeni dicrescita dei peli, tricomega-lia e repigmentazione deicapelli incanutiti. Tutto ciò,in ipotesi, può fare intrave-dere una possibilità di tera-pia tricologica con EGFR.

Cosa sono I fattori di crescita

Il termine fattore di crescita (spesso usatonella forma inglese Growth Factor o con l’a-cronimo generico di GF) si riferisce a proteinecapaci di stimolare la proliferazione e il diffe-renziamento cellulare. Sono molecole segnaleper la comunicazione tra le cellule di un orga-nismo; ad esempio le citochine (molecoleinfiammatorie) che si legano a specifici recet-tori sulla membrana cellulare dei loro target.I fattori di crescita sono polipeptidi con ilpeso molecolare dal 5000 al 50000 dalton

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simili ad ormoni. Ma a differenza degli ormo-ni la loro funzione è locale e non esistono informa libera nel circolo sanguigno. Comeregola non vengono prodotti dalle cellule spe-cializzate. Sono stati descritti più di 30 fatto-ri di crescita che regolano la funzione del fol-licolo del capello e che hanno capacità sia sti-molante che inibitoria. La localizzazione deirecettori per i fattori di crescita si trova neidiversi siti del follicolo.

Tra i più importanti fattori di crescita cono-sciuti citiamo:- Vascular Endothelial GF (VEGF)- Epidermal GF (EGF)- Fibroblast GF (FGF-7=Keratinocytic GF)- Insulin 1-like GF (IGF-1)- Nerve GF (NGF)

L’espressione dei recettori per i fattori di cre-scita può dipendere non soltanto dalla localiz-zazione ma anche dal momento del ciclo delcapello.

Il razionale dell’uso dei fattori di crescita in

terapia tricologica: dalle piastrine alla biotec-

nologia.Da anni la scienza medica ha riconosciutodiversi componenti del sangue che fannoparte del processo di guarigione naturale che,se aggiunti ai tessuti feriti o ai siti chirurgicicome concentrato, hanno il potenziale peraccelerare la guarigione. Esistono diversemodalità di produzione di questi emocompo-nenti, con metodiche “home made” o conapparecchiature dedicate che presentano ilvantaggio di una maggior standardizzazionedel prodotto finale. Si è visto che le applica-zioni del Plasma Ricco di Piastrine (PRP)sono molteplici in molti campi della medicinae della chirurgia e di conseguenza molteapparecchiature dedicate sono apparse sulmercato negli ultimi anni ed è molto difficile

identificare la differenza tra quanto immessosul mercato dalle varie aziende. Tuttavia i pre-parati possono differire sensibilmente nellaloro composizione finale e possono determi-nare effetti diversi ed in qualche caso addirit-tura opposti.

L’esecuzione: le tappe di preparazione del

PRP

- prelievo di sangue venoso del paziente conuna siringa (con anticoagulante)- preparazione alla centrifugazione- centrifugazione- preparazione del coagulante (estrazionedella porzione con il PRP)- attivazione della trombina- utilizzo del PRP applicandolo dopo che si èpassato il dermaroller (rullo con microaghi)oppure iniettandolo direttamente nella zonainteressata)

Il PRP è il Plasma Ricco di Piastrine. La con-centrazione dei trombociti nel sangue è tra150.000 - 350.000/mcl. La concentrazionedelle piastrine nel PRP dovrebbe arrivare allivello 1.000.000/mcl per avere un effetto sti-molante importante. Il razionale della terapiacon gel piastrinico deriva dalla liberazionemassiva, da parte delle piastrine attivate, di“fattori di crescita” che hanno la facoltà diindurre le mitosi cellulari, agendo come un“catalizzatore biologico” sui più diversi tipi dicellule: fibroblasti, cellule mesenchimali,angioblasti, osteoblasti ed ottenendo comerisultato finale un’accelerazione dei processiriparativi e favorendo una ricostruzione deitessuti.

Caratteristiche delle piastrine

Prodotte dal midollo osseo, sono presenti inun numero oscillante fra 150.000 e 400.000per mcl ed hanno una vita media di 10 giorni.Sono prive di nucleo in quanto derivanti dai

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frammenti citoplasmatici del megacariocita,cellula ematopoietica per le piastrine; si pre-sentano in forma tondeggiante od ovalare edhanno una dimensione tra 2 e 4 micrometri.Al microscopio ottico presentano due zonedistinte: una centrale granulare ed una perife-rica quasi ialina. Morfologicamente nella pia-strina sono rilevabili granuli suddivisi in tretipi: 1) Granuli alfa, molto numerosi, contengonoil fattore quarto piastrinico, la trombospondi-na, proteine di adesione (fibrinogeno, fibro-nectina...), numerosi fattori di crescita: - PDGF: platelet derived growth factor (pro-muove la crescita dei vasi sanguigni, la repli-cazione cellulare, la riparazione cutanea)- VEGF: vascular endothelial growth factor(promuove la formazione di vasi sanguigni)- EGF: epidermal growth factor (promuove lacrescita e la differenziazione cellulare)- TGF-b: transforming growth factor beta (pro-muove la crescita della matrice intercellulare,il metabolismo dell’osso)- FGF-2: fibroblast growth factor-2 (promuovela crescita e la specializzazione cellulare e laformazione di vasi)- IGF: insulin-like growth factor (regolatoredei normali processi fisiologici di quasi tutti itipi di cellule dell’organismo)- Interleukin-8 (IL-8), macrophage inflamma-tory protein-1alfa (MIP-1alfa), e platelet fac-tor-4 (PF-4). 2) Granuli densi contenenti serotonina, ista-mina, adrenalina, ioni calcio e fosforo, ADP eATP. 3) Granuli lambda contenenti idrolasi lisoso-miali e perossisomi, fosfatasi acida, arisolfata-si, catepsina e galottidasi.

Le varie applicazioni cliniche della terapiacon PRP oggi possibili e che hanno già dimo-strato un’efficacia, laddove non vi è altra tera-pia, sono parte importante della così detta

Medicina  Rigenerativa. I campi di applicazio-ne in cui si sono avuti i migliori e più rapidirisultati sono la chirurgia vascolare, la chirur-gia maxillo-facciale, l’ortopedia, la neurologiae la medicina e chirurgia estetica.

Le proposte di utilizzo in tricologia della tera-

pia con il PRP

Gli studi e le sperimentazioni in campo trico-logico sull’utilizzo del PRP per cercare diinvertire il processo di miniaturizzazione deicapelli nell’alopecia androgenetica e di stimo-lare la ricrescita di capelli nelle zone di alope-cia areata stabilizzata sono stati avviati da J.Greco e R. Brandt e vengono portati avantianche da molti ricercatori italiani. Le cellulestaminali producono ad ogni anagen le cellu-le secondarie staminali che migrano verso lamatrice per produrre il capello. Le alopecie sisuddividono in cicatriziali (distruzione delbulge e perdita irreversibile del follicolo) enon cicatriziali e fra queste l’alopecia andro-genetica e l’alopecia areata, dove si salvano lecellule staminale con potenziale ricrescita delcapello (Paus R., Garza L., Cotsarelis G. ).

Possiamo ipotizzare che la ricerca futurapotrà portare al risultato della ricrescita deicapelli nell’Alopecia Androgenetica AGA. Unprotocollo di studio di un gruppo americano(J. Greco, California) prevede un trattamentoall’anno nei casi di alopecia androgenetica.Secondo i dati la ricrescita si manifesta nel60% dei casi in modo significativo. Nella alo-

pecia areata l’uso del PRP può rappresentarela tecnica più efficace di trattamento con per-centuali molto alte di ricrescita dei capelli. Sieffettuano mediamente 3 sedute distanziatedue mesi una dall’altra. Probabilmente ilmeccanismo attraverso il quale funzionano ifattori di crescita non è solo la stimolazionedelle cellule del follicolo ma anche delle cellu-le del sistema immunitario situate intorno al

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follicolo. È molto discutibile l’uso dei fattoridi crescita da PRP nella alopecia cicatriziale.Da un lato il PRP può svolgere un importanteeffetto di controllo del processo infiammato-rio e così ridurre la progressione della mortedei bulbi ancora attivi, soprattutto nelleforme iniziali. Se esistessero nel derma dellecellule staminali bulbari residue, questepotrebbero anche essere stimolate (la ricresci-ta in questi casi potrebbe essere assolutamen-te non significativa dal punto di vista esteti-co). D’altro lato ci sono lavori scientifici chedichiarano che la concentrazione alta dei fat-tori di crescita TGF-beta, EGF e PDGF potreb-be contribuire al processo cicatrizzale, stimo-lando i fibroblasti. Tutto ciò fa riflettere:l`utilizzo dei fattori di crescita deve esserestudiato molto attentamente per ogni patolo-gia e necessariamente la terapia deve esserepiù mirata per ogni esigenza: perché peresempio nel “cocktail” del PRP è presenteuna serie di fattori che possono agire su diver-si target anche in maniera opposta.

PRP nel trapianto dei capelli

Il potenziale uso del PRP allo scopo di pro-muovere la guarigione e la ricrescita deicapelli nella chirurgia della calvizie nascedalla necessità di cercare di migliorare i pas-saggi fondamentali di questo intervento.L’uso del PRP al termine dell’intervento dimicroautotrapianto serve per ottenere:- un più veloce attecchimento dei bulbi tra-piantati,- un aumento della percentuale di attecchi-mento dei bulbi- la stimolazione di crescita di altri bulbi silen-ti- la guarigione più veloce della cute del cuoiocapelluto sottoposta a trapianto di capelli.

Growth factors-mimicking

Sono polipeptidi biotecnologici e gli estratti di

alcune piante che hanno la struttura simile aifattori di crescita. Hanno capacità di stimola-re i recettori dei fattori di crescita cellulari.

Future prospettive

Gli studi degli ultimi 3 anni (Greco, Reese,Schiavone, Rinaldi, Cooley) hanno dimostratoun’indiscutibile efficacia clinica ma dal puntodi vista della ricerca scientifica formale nonsono “perfetti”: mancano spesso lavori di dop-pio cieco con valutazione di metanalisi precisie modelli sperimentali accurati. Certamentela ricerca scientifica e l’uso per anni di questitrattamenti nei vari campi della clinica hannodimostrato la sicurezza di queste sostanze el’assoluta mancanza di effetti collaterali: lotestimonia la numerosa bibliografia sull’argo-mento che fino ad oggi non riporta segnali dieffetti indesiderati. Al momento attuale laricerca nel campo della terapia con i fattori dicrescita è ai primi passi ed ha bisogno di uninquadramento serio, scientificamente indi-scutibile ma si deve assolutamente andareavanti nello studio perché dal punto di vistaclinico si notano importanti risultati terapeu-tici. Alcuni fattori di crescita, come pure iloro analoghi e antagonisti, potranno esseresfruttati come agenti terapeutici o comunquerappresentano un interessante campo di svi-luppo della farmacologia dei prossimi anni. Ipunti interrogativi sono tanti e solo il tempopotrà dare risposte. Indubbiamente occorreun attento vaglio di questo nuovo approccio,che non va comunque visto come sostitutivodella terapia medica tradizionale.

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Alopecia ed aromaterapia:

un’alternativa

Andrea CardiniMacerata

Il termine Aromaterapia fu coniato per laprima volta nel 1928 dal chimico franceseRené Maurice Gattefossè, e letteralmentesignifica “cura delle malattie con gli OliEssenziali (O.E.) delle piante medicinali aro-matiche”. Gli Oli Essenziali sono definiticome un insieme di sostanze organiche aro-matiche diverse tra loro (alcoli, aldeidi, cheto-ni, esteri, eteri, terpeni ecc.) ottenute perdistillazione o spremitura da materiale vegeta-le (fiori, foglie ecc.) di alcune specie botani-che di cui portano il nome. Il termine OliEssenziali venne dato a tali composti odorosidalla Farmacopea Francese nel 1872, mentreprima venivano designati come aromi, oli ete-rei, essenze. Il medico e scienziato franceseDott. Jean Valnet utilizzò con successo gli OliEssenziali nel trattamento di disturbi medicie psichiatrici, e i risultati furono pubblicaticon il titolo di Aromatherapie nel 1964. GliOli Essenziali possono presentare diversemodalità di azione, in funzione di come inte-ragiscono con il corpo umano. Una modalitàdi interazione è quella di tipo Farmacologico,caratterizzata da tutta una serie di mutamentichimici che si verificano quando un O.E.entra nell’organismo e reagisce con ormoni,enzimi ecc. Un altro modo di interagire èquello Fisiologico, e riguarda l’influenza chel’O.E. può avere sui sistemi del corpo, espli-cando un’azione sedativa, stimolante ecc.Infine l’effetto di tipo Psicologico si viene acreare quando una essenza viene inalata el’individuo reagisce al suo odore. In relazioneagli effetti Fisiologici e Farmacologicil’Aromaterapia condivide molti aspetti con lamoderna Fitoterapia, in altri termini non èimportante solo l’aroma, ma anche e soprat-

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tutto l’interazione chimica tra gli O.E. ed ilcorpo, con i relativi mutamenti fisici prodotti.Bisogna poi ricordare, a proposito del valoreterapeutico degli Oli Essenziali, che essendoessi costituiti da più componenti, anche sesolo presenti in tracce, sono unici, e quindinon riproducibili in laboratorio. La preziositàe l’unicità degli O.E. deriva da vari fattoriambientali quali la latitudine, quindi ilmicroclima dove nasce e si sviluppa la pianta,la composizione del terreno dove essa cresceecc. Inoltre, per avere una essenza con deter-minate caratteristiche terapeutiche è necessa-rio conoscere il proprio “momento balsami-co”, cioè il periodo dell’anno in cui la produ-zione di O.E. da parte delle varie piante èmaggiore e più ricca in componenti fitoterapi-che. Ora andiamo a considerare in qualemodo gli Oli Essenziali possono tornarci utiliin ambito Trico-Dermatologico. Innanzituttopossiamo sfruttare l’alto potere di penetrazio-ne transcutanea posseduta dagli O.E., che gra-zie alla loro lipofilia non hanno bisogno disostanze veicolanti di natura alcolica, spessocausa di irritazione locale, per attraversare labarriera epidermica, ed inoltre sono ben tolle-rati a livello cutaneo e solo raramente posso-no generare fenomeni di irritazione locale oeccezionalmente dare luogo a fenomeni aller-gici. Vengono anche usati in “sinergie”, cioècon la presenza di più O.E. nel preparato, persfruttare l’effetto di reciproco potenziamentodell’azione terapeutica che si ha quando sonomiscelati in una soluzione, in modo che l’ef-fetto finale risulti non solo dalla somma delleloro singole proprietà, ma anche dall’intera-zione tra gli stessi O.E. che determina un’am-plificazione della loro efficacia.Andiamo ora ad elencare una serie di effettiterapeutici posseduti da vari Oli Essenzialiriconosciuti scientificamente, che possonoessere utili per affrontare diverse patologiecutanee ed in particolar modo del cuoio

capelluto:- Antisettica (O.E. di Timo, Salvia, Eucalipto);- Fungicida (O.E. di Lavanda, Tea-Tree); - Cicatrizzante (O.E. di Lavanda, Geranio,Camomilla);- Insettifuga e Parassiticida (O.E. di Lavanda,Geranio, Eucalipto);- Analgesica (O.E. di Rosmarino, Lavanda);- Antinfiammatoria (O.E. di Camomilla,Lavanda);- Estrogeno-simile (O.E. di Luppolo, Salvia,Finocchio);- Rubefacente (O.E. di Rosmarino);- di Stimolazione Linfatica (O.E. di Limone,Pompelmo, Mandarino, Finocchio).

Tra tutte queste proprietà possedute dagli OliEssenziali dobbiamo menzionare l’utilità diquella antinfiammatoria, di quella rubefacen-te e migliorativa del microcircolo linfatico neltrattamento dell’Alopecia Androgenetica,soprattutto se riteniamo la Calvizie come unapatologia multifattoriale.

Il Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF)

e gli Oli Essenziali.

Abbiamo visto in precedenza in quali modi gliOli Essenziali possono risultare utili nel trat-tamento di pazienti affetti da AlopeciaAndrogenetica. Una ricerca scientifica con-dotta da una equipe coreana e pubblicatasulla rivista “Fitoterapia” nel gennaio del2010 evidenzia come gli O.E. di“Chamaecyparis Obtusa”, cioè una piantadella famiglia delle Cipressacee originariadell’Asia, possano favorire la crescita deicapelli attraverso l’induzione di un importan-te fattore di crescita: il Vascular EndothelialGrowth Factor (VEGF).Prima di addentrarci nei dettagli di questostudio, vediamo che cosa è il VEGF e come sirapporta con l’attività follicolare in relazionealla crescita e/o alla caduta dei capelli. Con il

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termine di Vascular Endothelial GrowthFactor si intende indicare una famiglia di fat-tori di crescita di natura proteica coinvolta sianel processo di Vasculogenesi, inteso comefavorente lo sviluppo ex novo del sistema cir-colatorio durante il periodo embrionario, sianell’Angiogenesi, con formazione di nuovivasi a partire da strutture vascolari già esisten-ti. Già da tempo alcuni studi avevano eviden-ziato uno stretto legame tra attività follicolaree vascolarizzazione perifollicolare. In partico-lare era stato valutato un incremento dell’effi-cienza del microcircolo nella zona circostanteil follicolo in coincidenza con la fase di cresci-ta del capello (Anagen), mentre durante lafase involutiva (Catagen) e quella di riposo(Telogen) si verificava una regressione dellostato di vascolarizzazione perifollicolare.Inoltre, si sottolineava anche un aumentodelle dimensioni dei follicoli ed un incremen-to del diametro del capello in coincidenza conil miglioramento della circolazione locale. A

questo proposito ricopre un ruolo fondamen-tale il Vascular Endothelial Growth Factor, sianella genesi che nel mantenimento di unaefficiente microcircolazione perifollicolare e,quindi, a livello del cuoio capelluto più ingenerale. Infatti si è notato come questo fatto-re di crescita sia prodotto, in condizioni fisio-logiche, sia a livello della Papilla Dermica siada parte dei cheratinociti della GuainaFollicolare Esterna. L’azione biologica delVEGF sul cuoio capelluto, e non solo, si carat-terizza per la capacità espressa da questa cito-china di “incrementare il numero dei vasisanguigni”, partendo da quelli preesistenti(Angiogenesi), e di aumentarne la “permeabi-lità”, mentre secondo altri autori potrebbeavere anche un’azione stimolante diretta sullecellule della Papilla Dermica favorendone lemitosi. Oltre all’azione sui vasi sanguigni ilVEGF, o meglio la sua sottofrazione C (VEGF-C), promuove la crescita di nuovi vasi linfatici,completando così l’effetto globale sul micro-circolo locale. Possiamo quindi affermare chetutte le sostanze che favoriscono la sintesi e laliberazione del VEGF determinano un miglio-ramento del microcircolo emo-linfatico loca-le, con consequenziale passaggio dei follicolicapilliferi alla fase di crescita (Anagen). Oravediamo quali possono essere le sostanze chepossono indurre la produzione di VEGF daparte del follicolo capillifero. Tra queste cisono gli ormoni steroidei. Gli Estrogeni, ed inparticolare il 17-beta-estradiolo, stimolano lasintesi del VEGF così come gli inibitori della5-alfa-reduttasi o gli antagonisti dei recettoriper gli androgeni. Mentre ilDiidrotestosterone (DHT), l’ormone androge-no responsabile dell’Alopecia Androgenetica,inibirebbe la produzione locale del VEGF conconseguente decremento dei processi vascola-ri ad esso correlati. Se queste influenze ormo-nali sul VEGF venissero confermate, saremmoin grado di affermare che l’azione pro-

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Calvizie del DHT potrebbe essere correlata aduna modificazione microcircolatoria locale insenso deficitario. D’altronde anche ilMinoxidil, farmaco usato in lozione nell’AGA,agisce anche attraverso un incremento dellaproduzione follicolare di VEGF, per cui,secondo il criterio “ex-adiuvantibus”, dobbia-mo ammettere l’importanza del ruolo svoltodal microcircolo, a livello del cuoio capelluto,nel determinare la comparsa e la progressionedella Calvizie Androgenetica. Tornando, ora,al sopraccitato studio coreano, che mette incorrelazione Oli Essenziali e VEGF dobbiamoestrapolare alcuni concetti. Innanzitutto che iricercatori sono partiti dall’osservazione disoggetti affetti da calvizie i quali, con l’uso dipreparati (ad es. shampoo) contenenti gli OliEssenziali di C.Obtusa, vedevano migliorare ipropri capelli. Da questa osservazione si èpassati alla verifica, su modelli animali, diquale poteva essere il meccanismo d’azione ditali preparati. Ed hanno osservato che gli O.E.di C.Obtusa hanno stimolato la ricrescita deipeli nei topi rasati. Quindi sono stati esamina-ti gli effetti molecolari di questi O.E., usandola PCR, sui cheratinociti umani del tipoHaCaT. Utilizzando questa tecnica si è vistoche in questa linea cellulare cheratinocitariaera aumentata l’espressione genica delFattore di Crescita Vascolare Endoteliale(VEGF), mentre i livelli di mRNA del FattoreTrasformante Beta1 (TGF-beta1) e del Fattoredi Crescita dei Cheratinociti (KGF) sono risul-tati immutati. Inoltre sono stati individuati,attraverso l’analisi con Cromatografia a gas econ Spettometro di massa, i componenti prin-cipali di questi Oli Essenziali che sono i mag-giori indiziati dell’espressione del VEGF.Questi composti sono l’Eucarvone, ilCuminolo e il Calamenene, che tra l’altrosono presenti anche in altri Oli Essenzialiestratti da un’ampia varietà di piante e fiori(Rosmarino, Cumino, Eucalipto ecc). Lo stu-

dio si conclude con la constatazione che gliOli Essenziali di C.Obtusa (e a questo puntoaggiungo “non solo”!) stimolano la crescitadei peli in modelli animali, e che un fattorefavorente la crescita dei capelli, il VEGF,viene indotto da alcuni composti presenti inquesti stessi O.E. A questo punto, visti i rap-porti esistenti tra Oli Essenziali e produzionedi VEGF, e quelli tra questo fattore di crescitae attività follicolare con induzionedell’Anagen ed ispessimento dei capelli grazieal migliorato microcircolo perifollicolare, pos-siamo affermare che il trattamento con gli OliEssenziali (Aromaterapia) può giovare ai sog-getti affetti da Alopecia Androgenetica, che apertanto in relazione a quanto dimostratoprecedentemente, dovremo definire non piùsolamente andro-genetica ma Andro-Circolo-Genetica!

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Lattoferrina

Fiorella BiniFirenze

La lattoferrina è una glicoproteina che appar-tiene alla famiglia delle siderofilline, proteinedeputate al trasporto del ferro, di cui fa parteanche la transferrina; è costituita da una sin-gola catena di peptidi avvolta in due lobi (loboN e lobo C) in ciascuno dei quali, all’internodi una tasca idrofilica, vi è un sito di legameper lo ione ferrico.

La lattoferrina è stata scoperta nel 1939, masolo nel 1960 è stata isolata dal latte umano ebovino, dove è presente in massima concen-trazione, particolarmente nel colostro. È repe-ribile anche in molti fluidi esocrini di mam-miferi: lacrime, saliva, muco, plasma, granu-lociti neutrofili.La lattoferrina facilita l’assorbimento intesti-nale di Fe; dopo aver chelato il metallo, legan-dosi agli enterociti lo trasporta all’internodelle cellule: da qui viene immesso nel torren-

te circolatorio legato alla ferroportina.Numerosi studi dimostrano che la lattoferrinaassunta per os facilita l’assorbimento intesti-nale del ferro ed è in grado di prevenire ecurare l’anemia sideropenica anche senzaintegrazioni farmacologiche del metallo, pro-babilmente permettendone una efficace cap-tazione a livello intestinale.La lattoferrina svolge una importante azionedi regolazione della omeostasi del ferro, nonsolo favorendone l’assorbimento enterico maanche interferendo col meccanismo dell’epci-dina. L’epcidina, scoperta nel 2001, è un regolatorechiave dell’equilibrio del ferro nell’organismoin quanto blocca le due principali vie attraver-so cui il metallo entra in circolo: l’assorbi-mento intestinale ed il rilascio dai macrofagiche riciclano il Fe derivato dalla distruzionedei globuli rossi.In caso di carenza marziale, il basso livello diepcidina determina un maggior assorbimentointestinale e un maggior rilascio dai sistemi dideposito, viceversa in caso di eccesso. Vi sono situazioni in cui la concentrazione diepcidina è alterata: ad esempio l’emocromato-si, in cui la produzione di epcidina è bassacon conseguente progressivo accumulo diferro, e l’anemia delle malattie croniche, incui al contrario l’epcidina è elevata con bloc-co sia dell’assorbimento intestinale che dellamobilitazione dai depositi. In questo caso lalattoferrina è in grado di abbassare il livello diepcidina responsabile dell’anemia.Oltre alla regolazione della ferro-omeostasi, lalattoferrina ha anche altre attività: azioneantibatterica e antimicotica, dovute sia allachelazione degli ioni ferrici (che quindi nonsono più disponibili per la crescita degli agen-ti patogeni) sia a un danno strutturale direttoe irreversibile con lisi del microrganismo.Crea inoltre un ambiente favorevole allo svi-luppo di Lattobacilli e Bifidobatteri che non

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dipendono dalla presenza di ferro.La lattoferrina possiede anche una azioneantivirale: legandosi direttamente al virus neimpedisce la penetrazione e la replicazione.Inoltre ha una azione immunomodulanteagendo sulla componente cellulare (neutrofilie linfociti T e B) e sulla attività delle citochine(IL-1, IL-6, TNF- alfa).Questi dati pongono la lattoferrina fra gliagenti naturali contro le infezioni gastroente-riche, respiratorie e recentemente anche cuta-nee (Herpes virus, acne).I vantaggi dell’utilizzo della lattoferrina sonola sua efficacia e la rapidità di azione: nelleanemie da carenza di ferro si assiste ad unarapida risalita dei valori di Hb, di ferritina edel numero degli eritrociti. Sappiamo quantoquesto è importante in Tricologia. La dosegiornaliera è di 200 mg.Inoltre non presenta effetti collaterali oincompatibilità; la lattoferrina è una moleco-la sicura, in quanto escreta nel latte materno,quindi può essere utilizzata sia in gravidanzache nei primi anni di vita oltre che in situazio-ni patologiche particolarmente delicate.

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Terapia dell’alopecia

androgenetica femminile

Alessia PiniFirenze

Si ritiene comunemente che l’alopecia andro-genetica rappresenti nel sesso maschile unapatologia di frequente riscontro e, nella mag-gior parte dei casi, di facile inquadramentoclinico e terapeutico. Nel sesso femminileinvece costituisce una condizione clinica chepuò simulare altri defluvi e conseguentemen-te di difficile diagnosi e inquadramento tera-peutico a sua volta imprescindibile dalla con-dizione ormonale delle singole pazienti.Secondo le attuali conoscenze e i dati pubbli-cati in questi ultimi anni, possiamo affermareche l’alopecia androgenetica femminile è unapatologia in crescita, e le pazienti che si rivol-gono ad uno specialista per questo tipo di pro-blema sono in aumento.Nella donna la calvizie ha un inizio tardivorispetto all’uomo, la progressione risultamolto più lenta e con un diradamento diffu-so, molto meno evidente che nel maschio mapiù ampio sul cuoio capelluto: inizia di solitodopo l’uso di estroprogestinici, dopo alte-razioni ormonali, gravidanze, menopau-sa, variazioni ponderali importanti. È proba-bile, ma finora non confermato, che anchenella donna siano presenti diverse incidenzecorrelabili a differenze razziali.Ogni volta si intenda procedere ad una tera-pia farmacologica per alopecia androgeneticafemminile occorre escludere ogni causa diaumentata produzione di steroidi prima diintraprendere qualsiasi terapia medica, attra-verso il dosaggio degli steroidi urinari ed ema-tici, come nel caso di un tumore ormonosecer-nente, di un ovaio policistico o un difetto enzi-matico surrenalico. Dovranno essere inoltreescluse durante l’anamnesi tutte le causeiatrogene del defluvio come l’uso di preparati

ormonali, l’abuso di sostanze anabolizzanti,l’utilizzo di antifecondativi, anticoagulanti,inibitori delle prostaglandine, amfetaminici,citostatici ecc; dovranno essere escluse patolo-gie come il malassorbimento cronico, la celia-chia, il diabete, le leucosi, la sifilide ecc.

Secondo la nostra esperienza uno screeningdi base che comprenderà: emocromo, VES,sideremia, Ra-test, protidogramma, tiroxine-mia, TSH, testosteronemia, DHEAS, prolatti-nemia, 17 ketosteroidi urinari, potrà dirimerei principali sospetti clinici ed essere sufficien-te per un primo approccio diagnostico nellamaggior parte delle pazienti, ricordando infi-ne l’importanza di pianificare un attento fol-low-up clinico e terapeutico per poter tempe-stivamente individuare aspetti psicologici chepotrebbero sfociare in patologie “psichiatri-che” più complesse, derivanti unicamente dauna perdita della propria bellezza secondo gli

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attuali canoni estetici. Nella donna, moltospesso e in maniera più evidente che nel sessomaschile, si ritrovano associati alopeciaandrogenetica e telogen effluvium cronico,che richiede un trattamento diverso, possibil-mente etiologico, tale da rendere ancora piùcomplicata la gestione dell’alopecia androge-netica femminile.

Ricordiamo che per poter parlare di androge-netica occorre che vi siano due condizioni“sine qua non”:1) una situazione di familiarità se non di ere-ditarietà.2) la presenza di androgeni in quantità signi-ficativa.Di fatto perché una donna sia ereditariamen-te calva occorre che la madre sia calva e lo sianon per alopecia areata o telogen effluvio.Secondo la nostra esperienza clinica validataanche da recenti pubblicazioni di esperti inambito tricologico, la terapia medica farmaco-logica non può prescindere da un approcciomultifunzionale, ovvero si deve avvalere diuna corretta terapia endocrina, volta a ridur-re la formazioneintrafollicolare di dii-drotestosterone o adostacolarne la capta-zione da parte delsuo specifico recetto-re citosolico, al finedi limitare la dere-pressione dei loci diDNA portatori delcarattere calvizie, daregolare e gestire inbase all’età dellapaziente, e da unaterapia medica nonormonale volta adagire sul metaboli-smo energetico delle

cellule della matrice e della papilla del capel-lo, influenzando il delicato e complesso siste-ma adenilciclasi - cAMP - proteina chinasi -glicolisi a livello dei tricocheratinociti. In con-clusione secondo il nostro parere impostare iltrattamento della calvizie tenendo conto diuna sola di queste due possibilità terapeuti-che è estremamente riduttivo e frequente-mente causa di fallimento terapeutico. Inoltreriteniamo che la terapia dell’alopecia andro-genetica femminile si debba avvalere sia diuna terapia sistemica sia di una terapia topicalocale e che sia proprio la terapia topica ilvero pilastro su cui si deve basare, almeno atutt’oggi, la possibilità di contenere o arresta-re un defluvio androgenetico.Ricordiamo che secondo le attuali conoscenzegli inibitori della 5-alfa riduttasi appaionopressoché inefficaci o poco efficaci nelledonne. Dal punto di vista terapeutico dosi far-macologiche di estrogeni (gravidanza, con-traccezione) hanno spesso un effetto beneficosu molti casi di alopecia femminile ed estroge-ni, di solito associati ad antiandrogeni similial progesterone, sono stati usati estensivamen-

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te e con buoni risultati, tuttavia mai dimostra-ti in sede di trial clinici. Numerose sono leterapie di associazione, ad esempio l’etinile-stradiolo con il ciproterone, il minoxidil conla tretinoina. In letteratura troviamo riferi-menti sull’associazione di un estroprogestini-co con lo spironolattone per via orale(Chapmam M.G.), sull’associazione di estroge-ni e glucocorticoidi per via orale (Pochi P.E. -Saihan E.M.), sull’associazione di ciproteroneorale ed estradiolo percutaneo (Kutten F.),sull’associazione topica di estrogeni ed antia-drogeni (Weirich G.).

In base alla nostra esperienza le terapie diassociazione che uniscono uno o più, farmaciattivi sulla via di controllo metabolico delcapello (come per esempio l’impiego di mino-xidil, xantine, solfato di zinco con uno o più,farmaci in grado di agire sulla sua androgeno-estrogeno dipendenza come il progesterone, ilciproterone, lo spironolattone, l’estrone solfa-to) danno i migliori risultati terapeutici.Per questo motivo, a nostro parere, un validosupporto terapeutico ci viene in aiuto dallaterapia galenica, purché abbia solide basiscientifiche e sia sapientemente preparata dafarmacisti esperti. Un’associazione di principiattivi che è stata impiegata in soggetti selezio-nati di sesso femminile è la seguente:

Solfato di zinco 3%Minoxidil dicloridrato 2%Mentolo 0,5%Piridossina 0,3%Teofillina 0,3%Estrogeni coniugati 0,02%Alcol 20°

In questa formulazione galenica sono statiimpiegati il solfato di zinco e la piridossinaallo scopo di inibire la 5 alfa riduttasi perblocco della NADPH2 reduttasi, e gli estroge-

ni coniugati (essenzialmente estrone solfato)sono utilizzati come protettori della fase ana-gen del capello. Il mentolo ha un debole effet-to vasodilatatore ed è presente nella formula-zione per favorire la penetrazione transcuta-nea dei principi attivi.A questo punto una volta impostata la terapiasistemica starà alla bravura e alla preparazio-ne del professionista prescrivere una terapialocale, molto spesso a base di minoxidil comespecialità farmaceutica o associare a que-sta altre sostanze in grado di interferire colmetabolismo energetico, ormonale e auto-crino-paracrino del capello attraverso unaformulazione galenica.Secondo le attuali conoscenze in ambito trico-logico ci sarebbero elementi inconfondibiliper ammettere una correlazione certa frastato di nutrizione e stato dei capelli e unacorretta dietoterapia. Considerando le diversecause di alopecia nella donna, la presenza diquadri clinici lievi, i conseguenti errori dia-gnostici e terapeutici, gli accertamenti conesami di laboratorio per gli oligoelementiassumono una grandissima importanza, anco-ra più che nella alopecia maschile. Inoltre anostro pare devono essere correttamente inda-gate le abitudini alimentari della paziente e inalcuni casi prontamente corrette. Ricordiamoprima di tutto l’importanza di una dieta riccain aminoacidi, poiché sono sicuramentenecessari al trofismo del capillizio ed in parti-colare la cisteina, la cistina, gli altri aminoaci-di solforati e quelli del gruppo della “gelatinadi collagene”. Inoltre dovrà essere indagatoun apporto bilanciato di tutte le vitamine edei sali minerali. Gli esami di laboratoriosono spesso dirimenti nel chiarire la patoge-nesi di una alopecia carenziale associata adalopecia androgenetica. Gli screening emato-logici non ormonali sono utilizzati per valuta-re genericamente lo stato di salute del pazien-te, nonché a verificare la corretta funzionalità

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epatica e renale per un giusto catabolismo dieventuali farmaci da usare in terapia; possonoservire, inoltre, ad evidenziare una sindromecarenziale causata da dieta inappropriataoppure da malassorbimento grave, silente,selettivo e/o inapparente. E’ da tenere benpresente che i valori di riferimento di norma-lità relativi alla concentrazione di proteine,vitamine ed oligoelementi nel sangue, inambito tricologico sono più ristretti di quantoindicato in medicina generale. A questo pro-posito vogliamo ricordare come uno statocarenziale, anche se pur minimo, nelladonna, possa far precipitare irreparabilmenteun defluvio androgenetico. Esula dallo scopodi questo lavoro scendere in particolari detta-gliati su “nutrienti” e stato dei capelli per iquali rimandiamo a lavori specializzati inmateria. In generale possiamo affermare che un’ali-mentazione equilibrata e corretta migliora laqualità dei capelli. Inoltre, secondo alcuniautori un’integrazione alimentare, a cicli dialmeno 3 mesi per 2 volte l’anno, ne può sti-molare la vitalità. Le sostanze più indicate peri capelli sono:- le vitamine B5 e B6 ( che si ritrovano preva-lentemente nel lievito di birra, tuorlo d’uovo);- le vitamine E ed F (olio di girasole, di mais edi soia);- gli oligoelementi come zinco (fagiolisecchi,carne, pesce) e zolfo (germe di grano);- il ferro (carne rossa, spinaci, carciofi, fruttasecca).Al contrario, diete particolarmente restrittivee squilibrate, o che siano prive di tali sostan-ze, favoriscono la caduta dei capelli.In casi altamente selezionati la terapia si puòavvalere del trattamento chirurgico. Anche ladonna può essere sottoposta al trapianto dicapelli, le percentuali d’intervento varianodal 1 al 3% rispetto al sesso maschile: in que-sto caso deve essere ben valutata l’area dona-

trice che deve risultare con sufficiente densitàe con capelli di diametro adeguato. La terapiafisica, meglio conosciuta come fisioterapia, èuna pratica medica che utilizza a scopo tera-peutico gli effetti biologici di agenti fisici(come l’acqua, l’aria, il calore o il freddo e l’e-lettricità), o agenti meccanici (luce ed altreforme di energia radiante). Nella terapia deidefluvi hanno tradizionalmente trovato appli-cazione la crioterapia con neve carbonica, lafototerapia con raggi UV e la massoterapia. Anostro parere il trattamento dietoterapico efisioterapico devono necessariamente essereassociati a uno farmacologico per ottenere deirisultati immediati e duraturi nel tempo.Attualmente in campo tricologico numerosemolecole sono proposte come terapia innova-tiva per il trattamento dei defluvi e dell’alope-cia androgenetica. Secondo il nostro parerequelle che meritano una maggior attenzionesono la dutasteride e la melatonina. Infine,come prospettiva farmacologia futura, voglia-mo ricordare che sebbene sia ormai comune-mente accettato che l’alopecia androgeneticafemminile sia il risultato di un processo com-binato androgeno dipendente a trasmissionegenetica, associata all’aumento dell’attivitàdella 5alfa-reduttasi, con aumento locale dellaproduzione di diidrotestosterone, oppure aduna maggior sensibilità locale all’azione delDHT, il meccanismo secondo il quale il DHTlocale arriva a indurre la miniaturizzazione ela perdita del capello ancora non è chiaro enecessita di ulteriori studi chiarificatori.Secondo il nostro parere una possibile causaè da ricercare nella produzione locale diormoni durante la fase catagen e quindi, inun prossimo futuro, sarebbe da valutare unospostamento di attenzione verso questa fasepiuttosto che alla fase anagen. Infatti la fasecatagen risulterebbe la più delicata di tuttoil ciclo follicolare e in realtà la qualità di ognianagen dipenderebbe dalla fase catagen che

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lo ha preceduto. Tutto ciò potrebbe portare a nostro avviso anuove applicazioni terapeutiche focalizzandoil trattamento in modo selettivo sul metaboli-smo della fase catagen.

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Ipotrichia estrone carenziale:alopecia da carente attività

dell’estrone follicolare

Andrea MarlianiFirenze

Esiste davvero l’alopecia androgenetica fem-minile? Ovvero… L’alopecia da carente attivi-tà dell’estrone follicolare.

Due sono gli ormoni intrafollicolari essenzialialla regolazione del ciclo del capello: diidrote-stosterone ed estrone.Il diidrotestosterone riduce l’attività dellaadenilciclasi fino a portare il follicolo in cata-gen ed il capello in telogen.L’estrone incrementa l’attività della adenilci-clasi mantenendo così le mitosi della matrice,la durata dell’anagen ed attivando le cellulestaminali all’inizio dell’anagen stesso.E’ ormai comunemente accettato che l’alope-cia androgenetica maschile sia associata adun incremento dell’attività della 5-alfa ridut-tasi che porta, su base genetica, ad un incre-mento locale della produzione di diidrotesto-sterone ma questo è stato dimostrato princi-palmente, se non esclusivamente, nei maschie poi, a nostro parere impropriamente, estesoalle donne donne e si è parlato di AlopeciaAndrogenetica femminile. Ma per poter parla-re di “androgenetica” occorre che vi sianodue condizioni “sine qua non”:

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1) una situazione di familiarità se non di ere-ditarietà.2) la presenza di androgeni in quantità signi-ficativa.

Di fatto perché una donna sia ereditariamen-te calva occorre che la madre sia calva e lo sianon per alopecia areata o telogen effluvio.Inoltre i livelli ormonali degli androgeni nelladonna sana sono sempre molto più bassi diquelli presenti nel maschio.Anche il maschio in terapia con finasteride odutasteride ha livelli di DHT circa 10 voltesuperiori a quelli di una donna sana con alo-pecia il che fa malamente definire l’alopeciafemminile come “androgenetica”.Così per spiegare l’insorgenza di una alopecia(androgenetica?) in donne peraltro sane e conbassi livelli di ormoni androgeni circolanti siè teorizzato, fra gli anni 70 ed 80, “un incre-mento di utilizzo metabolico del testosterone(T) e della sua conversione a livello cutaneo indiidrotestosterone (DHT)” (Walter P.Ungher,).Si è poi teorizzato che queste donne avessero“una più spiccata sensibilità follicolare (?)all’azione degli androgeni circolanti”(Thomsen 1979; Mahoudeau; Bardin;Kirschner 1971 - 79).Si è anche pensato che queste donne avesserobassi livelli di Sex Hormone Binding Globulin(Anderson 1974).Se si considera il processo di calvizie comeandrogeno-dipendente, l’alopecia androgene-tica dovrebbe essere limitata alle sole areerecettrici degli androgeni.Nel cuoio capelluto, questi recettori sono statiindividuati solo nell’area frontale e nel verti-ce, e non nell’area temporale ed occipitale edin effetti negli uomini l’alopecia androgeneti-ca si presenta solo in queste zone caratteristi-che.L’alopecia femminile appare diversa da quella

maschile anche clinicamente:1) il pattern è centrifugo, di solito a tipoLudwig;2) nelle donne l’alopecia è, di solito, diffusaanche alle zone non androgeno dipendenti eil diradamento colpisce anche zone, come lanuca, che nel maschio vengono risparmiate;3) La miniaturizzazione follicolare è diversa;non vi è, almeno all’inizio, una grande perdi-ta di profondità ma piuttosto di spessore ed icapelli diventano sottili ma rimangono lun-ghi;4) non si arriva quasi mai ad una vera calvi-zie, spesso si tratta di condizioni di ipotrichia,5) gli inibitori della 5-alfa riduttasi appaionopressoché inefficaci o poco efficaci nelledonne.Dal punto di vista terapeutico dosi farmacolo-giche di estrogeni (gravidanza, contraccezio-ne) hanno spesso un effetto benefico su molticasi di alopecia femminile ed estrogeni, disolito associati ad antiandrogeni simili al pro-gesterone; sono stati usati estensivamente econ buoni risultati, tuttavia mai dimostrati insede di trial clinici.Fatta eccezione per qualche raro caso di ano-mala produzione ormonale surrenalica o ova-rica per difetto enzimatico o per tumoresecernente, nelle donne l’alopecia apparemolto diversa da quella maschile e presumi-bilmente dovuta a situazioni endocrino meta-boliche diverse.La alopecia femminile tipo Ludwig è, a nostroparere, quasi sempre la conseguenza di untelogen effluvio oppure è una alopecia dacarente attività dell’estrone follicolare!Anche i casi di quelle ragazze con capelli finie diradati su tutto il cuoio capelluto (ma piùsul vertice e nella zona frontale) con la madre(spesso) nelle stesse condizioni ma conmestruo e fertilità normale, senza eccesso diandrogeni circolanti, in cui non è possibilereperire chiari elementi che ci facciano

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deporre per un telogen effluvio ci fanno pen-sare a casi di resistenza periferica familiare oa casi di deficit di produzione intrafollicolaredi estrone (deficit di 17 steroido ossidoridutta-si, aromatasi, 3 alfa riduttasi). Sono cioè ipo-trichie o alopecie carenziali!Tutto questo non è solo accademia ma harisvolti terapeutici fondamentali.Gli inibitori della 5-alfa riduttasi sono ineffi-caci nelle donne perché sbagliano il bersagliocercando di inibire il metabolismo di unormone che quasi non c’è. Invece una terapiatopica con estrone o con 17 alfa estradiolopuò risultare efficace in molti casi e i risultatiad un anno sono documentabili se il medicoo la paziente hanno fatto una fotografia.Quando invece l’alopecia della donna interes-sa realmente e solo il vertice con la “chierica”ed ancor più la zona frontoparietale con la“stempiatura” si parla di alopecia a patternmaschile e si dovrà sospettare una fonte diandrogeni.Non basta la presenza di un comune “ovaiomicropolicistico” (che non è una malattia!) aprovocare una androgenetica femminile atipo MAGA ma occorre qualcosa di più impor-tante come un ovaio policistico vero, un tumo-re ovarico o surrenalico secernente androge-ni, un deficit enzimatico surrenalico come il

deficit di 21 idrossilasi.Si può così teorizzare una alopecia androge-netica vera, frequente nel maschio e raranella donna, da conversione del testosteronein diidrotestosterone ed una alopecia caren-ziale da deficit di azione dell’estrone, frequen-te nella donna e più rara ma possibile anchenel maschio.

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Alimentazione, omega 3 e capelli

Fabrizio FantiniBologna

Alimentazione e stress: due fattori determi-nanti per la salute e il benessere del nostroorganismo. È indubbio che la salute dei capel-li dipenda da queste due variabili così impor-tanti. In senso lato si può tranquillamenteaffermare che il primo farmaco che introdu-ciamo ogni giorno nel nostro corpo è il cibo ela quantità e la qualità degli alimenti incidein maniera determinante sulla salute delnostro organismo e dei nostri capelli. È notocome una carenza proteica o di acidi grassipolinsaturi provochi già dopo poche settima-ne una riduzione significativa del diametrodel fusto del capello poiché il deficit degliaminoacidi essenziali comporta una riduzio-ne nella incessante produzione di cheratinada parte dei cheratinociti. A lungo andare lacarenza delle vitamine del gruppo B (B8, B5,B6) può interferire con il normale metaboli-smo enzimatico del follicolo pilifero, mentreper quanto riguarda i minerali una carenza diferro anche minima può provocare un telogeneffluvium. La dieta può incidere anche sullacostanza della produzione ormonale delnostro organismo ed è difficile determinarequanto possa incidere sulla salute dei capellie sui livelli degli ormoni steroidei e peptidici.Il sistema nervoso e le ghiandole endocrineintegrano e regolano le innumerevoli funzio-ni del nostro organismo. La complessa rete diinformazioni è controllata e modulata dall’i-potalamo, una minuscola porzione di soli 4grammi di cervello, una specie di centralinaposta nella parte mediana del cervello al disotto dei talami, quelle strutture del mesence-falo che in parte formano il sistema limbicointrecciandosi con le parti inferiori della cor-teccia. Le ghiandole endocrine a partire dallaipofisi costituiscono una raffinata rete di con-

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trollo e smistamento del messaggio ormonale.Controllano l’equilibrio del metabolismo edelle funzioni fisiologiche basilari, le funzioniimmunitarie, la risposta allo stress, e natural-mente lo sviluppo delle gonadi e dei caratterisessuali. Un esempio semplice di come ladieta possa influire sulla produzione di alcu-ni ormoni è il rilascio da parte delle celluledel pancreas di insulina e glucagone dopo unpranzo. Dopo un pasto ricco ad esempio dicarboidrati l’alto livello di glucosio nel circolosanguineo stimola le cellule beta del pancreasa produrre insulina; questo ormone peptidicocosì importante per il metabolismo glucidicosegnala l’abbondanza di nutrienti e stimolagli organi bersaglio a immagazzinare energia,ad esempio le cellule adipose accumulano glu-cosio al loro interno. Al contrario una dietapovera di carboidrati o ricca di proteine sti-mola il rilascio da parte delle cellule alfadell’ormone glucagone che invierà il messag-gio al fegato di mobilizzare le riserve di gluco-sio per i fabbisogni energetici.Negli ultimi decenni il concetto di ormone siè ampliato e modificato. Esistono ormoniautocrini che svolgono un’azione locale sullestesse cellule secernenti o sulle cellule attigue.Per esempio gli eicosanoidi che derivano dagliomega 3 e dagli omega 6. Si può modificare laquantità di questi eicosanoidi? Sì in quanto laconcentrazione degli acidi grassi polinsaturidipende direttamente dalla dieta. Ma perquanto riguarda la salute dei capelli la dietapuò essere utile? È evidente che una dietascorretta e squilibrata provochi nel corsodegli anni un invecchiamento precoce dell’or-ganismo, della pelle e dei capelli.Alcuni ricercatori hanno condotto studi suifattori di rischio per il cancro alla prostata,per poter capire se l’alimentazione possainfluire sui livelli di testosterone libero, diSHBG, di insulina e dei parametri lipidici.Studi effettuati dal dipartimento di fisiologia

di Los Angeles, dall’Istituto Nazionale deitumori di Bethesda (USA), dall’università diTasmania confermano che la dieta può influi-re sul metabolismo degli ormoni sessuali. Unadieta ricca di acidi grassi polinsaturi e di fibreè correlata con l’aumento di SHBG e la dimi-nuzione di testosterone libero. Un’attività fisi-ca regolare e una dieta povera di grassi saturie di cibi ad alto indice glicemico riduconol’insulina in eccesso e diminuiscono il rischiocardiovascolare. Anche se nella calvizie comu-ne la componente genetica riveste un ruolodeterminante, per alcuni soggetti il controllodei fattori socioeconomici e dell’alimentazio-ne possono fare la differenza tra l’avere o nonavere i capelli. Pathomvanich e altri (2002)individuano nei loro studi un aumento dellacalvizie correlata proprio alla nuova dietaoccidentale ricca di grassi saturi introdottanello stile di vita delle popolazioni asiatiche.Un recente studio del Prof Giorgio Secreto,direttore del laboratorio di endocrinologiadell’Istituto Nazionale dei tumori di Milano,condotto su donne in menopausa con altilivelli di ormoni androgeni circolanti e irsuti-smo, ha suggerito come precise modifiche delregime alimentare abbiano migliorato i livellidi testosterone circolante, aumentato i livellidi SHBG, diminuito lo stress ossidativo emigliorato l’attività insulinica, fattori dirischio per il cancro della mammella. La dietasi basa su una riduzione dei cibi ad alto indi-ce glicemico e dei grassi saturi di origine ani-male e in un aumento dei fitoestrogeni e degliomega 3, presenti nella soia, nei semi di lino,nel pesce azzurro.Ritorniamo agli omega 3, in questi ultimianni gli omega 3 presenti nel pesce azzurro ein alcuni vegetali hanno preso sempre piùimportanza per la prevenzione e la salutegenerali. Gli acidi grassi omega 3 più impor-tanti sono l’acido alfa linolenico (ALA), ilDHA (acido docosaesaenoico) e l’EPA (eicosa-

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pentaenoico) e sono i precursori degli eicosa-noidi “buoni” che favoriscono la vasodilata-zione e sono antinfiammatori.

Principali fonti di omega 3(grammi x 100)

ALA EPA DHASgombro 0,1 0,9 1,6Aringa 0,1 0,7 0,9Acciuga - 0,5 0,9 Tonno 0,2 0,3 1,0

Numerosi studi hanno dimostrato che l’assun-zione di omega 3 con la dieta riducono i livelliematici di trigliceridi e si ha una diminuzionedella mortalità cardiovascolare soprattuttonel post infarto. Gli ultimi studi effettuatidall’Istituto Mario Negri e dall’AssociazioneNazionale Medici Cardiologi ci dicono come 1grammo di omega 3 possa ridurre il rischiorelativo di mortalità totale nello scompensocardiaco. Gli omega 3 costituiscono un sup-porto importante anche per contrastare lacaduta dei capelli, in quanto l’acido linoleni-co ha la capacità di inibire in parte la 5 alfareduttasi. Gli omega 3 insieme agli omega 6,regolano l’elasticità e la permeabilità dellemembrane cellulari e delle cellule epidermi-che, sono tra i costituenti del film idrolipidicoche protegge il cuoio capelluto, sono precur-sori degli eicosanoidi (prostaglandine e leuco-trieni) che hanno azione vasodilatatoria eantinfiammatoria). Gli eicosanoidi derivatidagli omega 3 stimolano il microcircolo san-guigno e la sintesi delle proteine strutturaliquali, per esempio, la cheratina dei capelli.

Omega 3 e capelli

- Regolano insieme agli omega 6 l’elasticità ela permeabilità delle membrane cellulari.- Sono costituenti del film idrolipidico cheprotegge il cuoio capelluto.- L’acido linolenico (ALA) è un inibitore della

5 alfa reduttasi.- Sono precursori di eicosanoidi che hannoazione antinfiammatoria e vasodilatatoria.

Si è visto come un regime dietetico bilanciatopermetta un controllo della produzione diinsulina, il cui eccesso può provocare, neidecenni, danni metabolici e inibizione deglieicosanoidi benefici per l’organismo e i capel-li. Gli eicosanoidi che derivano dagli omega 3modulano la giusta produzione diAMPciclico, molecola che permette il messag-gio ormonale all’interno delle cellule.L’AMPciclico è il secondo messaggero pernumerosi ormoni e all’interno del follicolopilifero permette che si inneschino le reazionimetaboliche per la produzione di energia.

Effetti congiunti dell’insulina, del cortisolo e

degli eicosanoidi sul ciclo del follicolo pilifero

- Eccesso di insulina: Diminuzione della pro-teina SHBG nel sangue e aumento di DHTnel sesso femminile.- Eccesso di cortisolo: Diminuzione di AMPciclico e riduzione metabolismo energeticodel capello.- Minor quantità di eicosanoidi “buoni”:Aumento di radicali liberi e danno a livellodel follicolo pilifero.- Maggior quantità di eicosanoidi “cattivi”:Maggior produzione di PGE 2, eccesso di pro-duzione di AMP ciclico e alterazione nellaproduzione di cheratina,

Una dieta ipercalorica induce da un lato uneccesso di produzione di insulina e dall’altroun’aumentata produzione di radicali liberi,schegge impazzite che circolano nel sanguepronte a ossidare acidi grassi, proteine, acidinucleici. I cheratinociti, deputati alla conti-nua produzione di cheratina, sono in costanteattività mitotica e possono essere influenzatidallo stress ossidativo dei radicali liberi. I

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radicali liberi danneggiano gli enzimi e lemolecole del bulbo pilifero, scatenando unareazione a catena che negli anni provoca unaccelerato invecchiamento della struttura delcapello. Il follicolo pilifero subisce una parzia-le alterazione del ciclo, le cellule della matriceanticipano la loro temporanea “morte” cellu-lare (apoptosi). Il periodo catagen, che prepa-ra il follicolo pilifero alla nascita di un nuovocapello risulta alterato e imperfetto (Arck e al.2002).

Non esiste una dieta vera e propria per la salu-te dei capelli e la soluzione migliore sarà quel-la di seguire i consigli più saggi dei dietologie degli esperti nutrizionisti. La dieta zona e lavera dieta mediterranea se seguite corretta-mente potrebbero essere molto utili per lasalute dei capelli. Se la alimentazione saràequilibrata e ricca di sostanze nutrienti potre-mo garantirci la salute e ciò contribuirà a farstar bene anche i nostri capelli. Potremo aggiungere alla nostra dieta alcunebevande e alcuni cibi che indubbiamente pos-sono essere utili per la salute dei capelli. Adesempio la soia è un supporto prezioso per lasalute dei capelli. Germogli di soia con verdu-re di stagione e un cucchiaio di olio extra ver-gine di oliva può essere un’alternativa ricca diproteine, aminoacidi e con una buona quanti-tà di fitoestrogeni che hanno dimostrato insie-me a una dieta ricca vitamine antiossidanti,omega 3 e povera di grassi saturi, di ridurregli eccessi degli ormoni androgeni nel sanguee essere quindi potenzialmente utili ancheper la salute dei capelli. Attenzione alla soiatransgenica che è largamente coltivata neipaesi extraeuropei, mentre in Europa è obbli-gatorio che la sua derivazione transgenica siaevidenziata sulla etichetta.Carote, pomodori, peperoni, cipolle, prugne,uva rossa e frutti bosco sono tra le sostanzecon maggiori quantità di sostanze antiossi-

danti e dovranno essere sempre presenti nelnostro piatto per contrastare i radicali liberi.Un’alternativa al caffè latte o al the è il theverde, bevanda ricca di sostanze antiossidanti,antinfiammatorie con meno caffeina rispettoal caffè e al the normale. Alcuni tannini isola-ti nel the verde e esattamente l’epigallocate-china 3 gallato hanno dimostrato di inibire la5 alfa reduttasi di tipo 1, che converte mag-giori quantità di DHT a livello della ghiando-la sebacea. Quindi il the verde può essere unabevanda utile per la salute e per i nostri capel-li; naturalmente non bisogna eccedere con lequantità, due o tre tazze al giorno sono suffi-cienti. Anche il caffè d’orzo, ricco di sostanzeantiossidanti può essere una buona alternati-va.Un’altra strategia vincente sarà quella di eli-minare gli insaccati e tutta la carne ricca digrassi saturi, dannosa per il nostro organi-smo.I grassi polinsaturi omega 3 presenti nel mer-luzzo, nello sgombro, nel tonno, nelle sardinee nelle aringhe, cioè nel così detto pesce gras-so hanno numerosi effetti benefici sulla salutee sull’equilibrio ormonale del nostro organi-smo. Anche in questo caso è difficile definirei reali effetti diretti sulla salute dei capelli. Invitro l’acido linolenico (un omega 3) ha dimo-strato di ridurre l’attività della 5 alfa reduttasima ciò non può essere considerato sufficienteper poter affermare che farà la stessa cosaanche introducendolo con la dieta. È comun-que certo che la maggior parte degli studi hadimostrato che si possono riequilibrare i tassiormonali e ridurre gli eccessi di insulina conl’attività fisica moderata e regolare, con unaalimentazione ricca di frutta e verdura , consoia, semi di lino, omega 3, limitando i cibicon alto indice glicemico e i grassi saturi, pre-senti nella carne rossa, negli insaccati e neidolci. L’alimentazione è uno dei fattori più impor-

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tanti, perché il cibo viene introdotto nelnostro organismo tutti i giorni e non se nepuò fare a meno.La calvizie comune, come si è detto più volte,è un compagno che persegue il suo progettoin maniera subdola e costante (l’avanzare deldiradamento). Una delle condizioni necessa-rie per mantenere il nostro stato di salute otti-male e permettere alle terapie mediche e allesostanze naturali di avere gli effetti sperati èquella di seguire un regime alimentare equili-brato.

Alimenti e Indice glicemico

- Glucosio: 100- Riso bianco, maltosio, miele, patate al forno

e patatine fritte, miele: 80-90- Pane bianco, biscotti di frumento, carote,

fave fresche: 70-79- Pane integrale, croissant, banane, uva, riso

integrale, biscotti di pasta frolla, cous cous,

zucchero di canna : 60-69- Patate bollite, pasta comune, biscotti, zuppa

di piselli, riso integrale, pop corn: 50-59- Pasta integrale, arance, succo d’arance, cioc-

colato, pesche, piselli secchi: 40-49- Mele, pere, ceci, latte scremato, , latte di soia,

zuppa di pomodoro: 30-39- Fruttosio, fagioli, lenticchie,pompelmo, latte

intero, ciliegie, orzo: 20-29- Soia, crusca di riso, noccioline, arachidi: 10-19

Riassumendo

- Fra i carboidrati bisogna preferire quellidella frutta e verdura, ridurre pane bianco,zucchero e cereali raffinati, merendine cheinnalzano i livelli di insulina e di glucosiotroppo velocemente. La pasta di grano durova limitata, ma non eliminata. - Consumare almeno 5 porzioni al giorno difrutta e verdura di stagione. La frutta dibosco, e l’uva rossa. Mirtilli, lamponi, prugne,

fragole sono ricche di antiossidanti e di anto-ciani in grado di indurre la riepitelizzazione.L’uva rossa contiene resveratrolo, una sostan-za antiossidante che si comporta anche comefitoestrogeno debole e che potrebbe essereutile per la salute dei capelli.- Le proteine ideali sono quelle della carnemagra, evitare i grassi animali della carnerossa, salumi, insaccati. Preferire i tagli magridella carne, pesce, pollame, latte, le proteinedella soia.- I grassi introdotti devono derivare dal pesceazzurro, da olio extravergine di oliva, dallafrutta secca, eventualmente con supplementidi omega 3.- Limitare cibi fritti, inscatolati e conservati,in quanto contengono composti chimici chedepauperano il patrimonio vitaminico eminerale dell’organismo. Un’alimentazioneprevalentemente di questo tipo affatica ilnostro sistema di smaltimento delle scorie e icapelli e la pelle sono tra i primi bersagli. - Limitare i formaggi stagionati, le frattaglie, icibi speziati o troppo conditi.- Evitare i grassi idrogenati (trans) che si tro-vano in alcuni prodotti confezionati: crackers,patatine fritte, margarina, grissini.- Bere almeno due litri di acqua al giorno.- Non bere più di due bicchieri di vino al gior-no, possibilmente vino rosso.- Evitare il consumo di superalcolici e mode-rare la birra, vale a dire tutte bevande conalto indice glicemico che innalzano troppovelocemente il glucosio nel sangue.- A parte la notte, non bisogna mai stare adigiuno per più di 5 ore.- Ridurre la quantità di sale (non più di 6gr/die) e ricordare che molti alimenti sonogià salati.- Una moderata attività fisica quotidiana ridu-ce i livelli di glicemia nel sangue.- Meditazione e attività fisica sono utili percombattere lo stress, uno dei fattori più dan-

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nosi per l’organismo e per i nostri capelli.

Bibliografia:

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Travia L.: “Manuale di scienza della alimentazione” IlPensiero Scientifico, Roma, 1983.

Le alopecie in età pediatrica: l’esperienzadell’ambulatorio di Dermatologia

dell’Ospedale Meyer di FirenzeCaterina Fabroni e Samantha Berti

Firenze

Le anomalie dei capelli nei neonati e nei bam-bini sono molto frequenti e costituiscono unproblema clinico variegato e complesso maanche un motivo di ansia e preoccupazioneper il paziente e per la sua famiglia. Le possi-bili cause di mancanza o alterazione deicapelli in età pediatrica sono svariate e com-prendono cause acquisite e congenite.Nell’ontogenesi si osservano peli lanuginosiin genere non pigmentati, privi di midollare,già presenti alla nascita; tuttavia, in questomomento della vita, densità e lunghezza deicapelli sono molto variabili e pertanto le ano-malie congenite dei capelli spesso vengonocorrettamente diagnosticate soltanto dopo ilprimo anno di vita. È importante tener pre-sente però che un’alterazione dei capelli puòessere sintomo di molte sindromi ereditariegravi e che talvolta proprio l’esame del capel-lo può permettere la diagnosi di affezionirare.Le alopecie tipiche dell’età pediatrica possonoessere secondarie a difetti di struttura delfusto del pelo. Le anomalie del fusto possonoessere distinte in congenite o acquisite. Leprime sono conseguenza di una debolezzaintrinseca del fusto a causa di una alteratacheratinizzazione delle cellule della matrice,le seconde si verificano a causa di danni diorigine ambientale a carico del fusto già for-mato. Le anomalie congenite del fusto posso-no interessare, oltre ai capelli, altri peli termi-nali e, raramente, tutti i peli del corpo.Le più frequenti alopecie dell’età pediatricanon dovute a difetti di struttura del pelo sonol’alopecia areata, la tinea capitis, la tricotillo-mania, l’aplasia cutis.

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Abbiamo condotto uno studio clinico retro-spettivo allo scopo di valutare quanti pazienti,afferenti all’ambulatorio di dermatologiapediatrica dell’Ospedale Anna Meyer diFirenze, si rivolgono allo specialista per pro-blemi di alopecia o per patologie del cuoiocapelluto. A questo scopo sono state riesami-nate le cartelle cliniche di tutti i bambini, dietà compresa tra 0 e 16 anni, che hanno avutoaccesso a questo servizio dal 1 gennaio 2010al 31 dicembre 2010. Abbiamo raccolto i datianagrafici, anamnestici e terapeutici di cia-scun paziente.Nell’anno 2010 circa 2640 bambini hannoavuto accesso all’ambulatorio di dermatologiadell’Ospedale Anna Meyer e 202 bambini ave-vano una patologia del cuoio capelluto o deicapelli. L’alopecia non cicatriziale in chiazzedi più frequente riscontro è stata l’alopeciaareata (35 casi osservati), seguita dalla tineacapitis (10 casi). L’alopecia areata è stata dia-gnosticata nella maggior parte dei casi (27casi) in forma limitata. Sono stati diagnostica-ti 6 casi di A.A. subtotale e 2 casi di A.A. tota-le, uno dei quali associato a trachionichiadelle 20 unghie. Sono stati diagnosticati 8casi (4 maschi e 4 femmine) di tricotillomaniasempre in età prepubere. Abbiamo riscontra-to 1 caso di alopecia triangolare temporale e1 caso di alopecia da trazione. L’unica formadi alopecia non cicatriziale diffusa osservata èstata l’alopecia androgenetica (5 casi) in bam-bini di età compresa tra 6 e 16 anni (diagram-ma n. 2). L’alopecia cicatriziale è stata riscon-trata in 14 pazienti, 9 dei quali avevano unasola chiazza alopecica dovuta ad aplasia cutiscongenita. Nessun bambino con aplasia cutisaveva problematiche neurologiche associate.In 2 casi la lesione cutanea era già giunta atotale cicatrizzazione prima della nascita e inun caso è stata riscontrata una forma clinicaparticolare di aplasia cutis bollosa.

Si sono osservati 4 casi di alopecia in piccolechiazze post traumatica e 1 solo caso di alope-cia lupica.La malattia infettiva più frequentemente dia-gnosticata è stata la tinea capitis (10 casi), sisono inoltre osservati 4 casi di molluschi alivello del cuoio capelluto, 2 casi di pediculosie 1 caso di impetigine.Il 7,65% dei pazienti che accedono all’ambu-latorio di dermatologia pediatrica hanno unapatologia del cuoio capelluto e/o dei capelli.Si tratta di una percentuale abbastanza eleva-ta ma non esistono, secondo le nostre cono-scenze, studi comparabili con il nostro in que-sto ambito. La varietà e complessità dei qua-dri clinici osservati è notevole in quanto siriscontrano oltre ad affezioni frequenti anchein età adulta, come l’alopecia areata, anchecondizioni rare, talora congenite come adesempio l’alopecia triangolare congenita.L’alopecia areata, soprattutto nelle formegravi, ha determinato numerosi accessiall’ambulatorio (fino a 3 all’anno) ed è ripor-tato in tutti i casi un notevole impatto psicolo-gico sul piccolo paziente e sulla sua famigliatanto che frequentemente si è richiesta unaconsulenza psicosomatica e talora, di fronteall’insuccesso terapeutico, si è anche consi-gliato di consultare altri centri specializzati.I casi di tinea capitis osservati erano nellamaggioranza dei casi dovuti a Microsporumcanis. Soltanto in due casi (fratelli provenientidall’Africa centrale) è stato isolato ilTrichophyton violaceum. Tale reperto è daconsiderarsi nella norma, in quanto questodermatofita è di frequente riscontro nellaregione di provenienza dei bambini, giunti direcente in Italia, nell’ambito di un processo diadozione.Nonostante l’elevata incidenza della pediculo-si in età scolare, sono giunti all’osservazionedello specialista soltanto due casi e ciò è dovu-to alla facilità nel porre diagnosi e all’abitudi-

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ne al trattamento domiciliare di questa affe-zione.Sono stati osservati 5 casi di alopecia con pat-tern androgenetico in bambini di età compre-sa tra 6 e 16 anni (2 femmine e 3 maschi). Lamaggior parte di essi aveva una familiarità inlinea paterna e talora anche materna (3 casi)per alopecia androgenetica precoce.L’alopecia androgenetica tipicamente non col-pisce soggetti prepuberi perché nel bambinogli ormoni androgeni non sono presenti.Negli ultimi anni, tuttavia, sono stati segnalatisempre più frequentemente casi di alopeciaandrogenetica insorti nell’infanzia, in bambi-ni o bambine di età inferiore ai 10 anni e inassenza di segni clinici di pubertà precoce. Intutti i casi riportati in letteratura, si trattavadi soggetti con forte predisposizione geneticanei confronti della malattia. Gli accertamentiendocrinologici non evidenziavano malattiegenerali causa di eccessiva o prematura pro-duzione di androgeni. Il follow up di questibambini mostrava una rapida progressionedell’affezione, per cui è molto importante,quando si sospetta questa diagnosi in etàpediatrica, iniziare un trattamento precoce,fin dal primo esordio dei sintomi. Le causedella comparsa dell’alopecia androgenetica inquesta fase della vita non sono ancora notema si ipotizzano due eventualità: l’assunzioneinvolontaria di ormoni con la dieta oppurel’esagerata sensibilità dei follicoli piliferi allaproduzione di ormoni surrenalici. Poichéqualsiasi trattamento dell’alopecia androge-netica è tanto più efficace quanto più il pro-blema è in fase iniziale, gli sforzi attuali devo-no indirizzarsi sempre più verso una diagnosiprecoce, precisa e non invasiva della malattia.Un parametro clinico, considerato attualmen-te fondamentale per la diagnosi in fase inizia-le, facilmente utilizzabile anche nei bambini,è la variabilità (maggiore del 20%) del diame-tro medio dei capelli dell’area interessata.

Questo parametro deve essere valutatomediante tricoscopia.L’elevato numero di bambini affetti da patolo-gia tricologica e l’importanza della diagnosiprecoce e del trattamento di alcune patologiegravi, sia per la loro evolutività che per la pos-sibile associazione con altre alterazioni meta-boliche, endocrinologiche ma anche neurolo-giche, deve far aumentare l’attenzione deldermatologo pediatra, nei confronti di questacomplessa serie di affezioni.

Bibliografia:

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