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Le Voci di www.levocidiviapiave.com ( anche su facebook ) Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro di via Piave Numero 10 - Aprile 2012 NUMERO MONOGRAFICO sulla EX LAVANDERIA MILITARE DI VIA PIAVE Veduta aerea da sud del complesso della ex Lavanderia Militare di via Piave

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Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro di via Piave - Mestre (VE).

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Le Voci diwww.levocidiviapiave.com (anche su facebook)

Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro di via Piave

Numero 10 - Aprile 2012

NUMERO MONOGRAFICOsulla

EX LAVANDERIA MILITARE DI VIA PIAVE

Veduta aerea da sud del complesso della ex Lavanderia Militare di via Piave

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Via Piave è l’asse di collegamento tra la Stazione di Mestre ed il centro della città la cui normale attività commerciale é interrotta improvvisamente da due alte mura sovrastate da filo spinato e da cartelli indicanti che ci si trova a fiancheggiare una zona militare.Da sempre i mestrini hanno considerato questa ferita al tessuto urbano una grave stonatura al di fuori di ogni logica urbanistica ed a dimostrazione di ciò si potrebbero citare moltissimi progetti fatti sia dal pubblico che dal privato per utilizzare in maniera dignitosa quell’area.

Stiamo parlando della ex lavanderia militare attualmente in uso alla Finanza.Raccogliendo questa istanza il “Gruppo di lavoro di via Piave” ha iniziato una campagna per riportare il problema all’attenzione dell’opinione pubblica. Il 18 dicembre 2009 presso la Galleria Contemporaneo (ora alienata e chiusa) c’è stato un incontro pubblico alla presenza delle Autorità cittadine che aveva fatto ben sperare in una soluzione del problema. Infatti la disponibilità ad affrontare la questione da parte dell’Amministrazione Cacciari era apparsa chiara ed era iniziata una qualche forma di dialogo con la Finanza.

Per sollecitare la risoluzione del problema, all’insediamento dell’Amministrazione Orsoni, abbiamo promosso una raccolta di firme che ha visto una grande adesione da parte dei cittadini. Il 3 giugno 2010 le firme sono state consegnate al Sindaco dal quale abbiamo avuto soltanto una risposta indiretta tramite un articolo pubblicato il 9 febbraio 2011 sulla Nuova Venezia nel quale informava di aver incaricato il Dott. Bassetto (vicedirettore generale del Comune) di seguire la vicenda della ex lavanderia.

Purtroppo con il Dott. Bassetto è stato praticamente impossibile parlare ed indirettamente abbiamo saputo che di fatto non ha nulla da riferire perché non è in corso alcuna trattativa.Ma cosa si é veramente fatto per cercare di affrontare il problema?

La nostra sensazione è che questa Amministrazione non senta realmente il problema e, pertanto, non abbia alcuna volontà di affrontarlo seriamente.

Comprendiamo benissimo che in questo momento esistano gravi problemi finanziari, ci sembra però che la riqualificazione dell’area non sia un problema secondario, anche in relazione alle trasformazioni previste per il centro della città.

Tutti concordano sull’importanza di riqualificare, anche culturalmente, la zona di via Piave per permettere un miglioramento sia del commercio che della qualità della vita; purtroppo abbiamo poi assistito alla chiusura della Galleria Contemporaneo.

L’edificio della ex lavanderia potrebbe essere una valida sede per attività artistiche e culturali che potrebbero portare in via Piave un pubblico qualificato e le possibili soluzioni non mancano. Inoltre bisogna tener conto anche della necessità di spazi per attività a fini sociali per giovani ed anziani, visto che attualmente esiste la sola sala del Centro civico di via Sernaglia ormai sovraffollata.

Per avere ulteriori informazioni sulla storia e sui progetti di recupero delle ex lavanderie militari vi invitiamo a visitare il nostro sito www.levocidiviapiave.com

Il quartiere Piave è significativo della storia urbana di Mestre, specificamente di quella novecen-tesca: la lunghissima sequenza delle case dei ferrovieri con i loro originari 643 alloggi ha tracciato a partire dal 1910 la crescita della città tra il centro storico e la stazione, espansione rafforzata dagli importanti interventi dell’IACP al Piraghetto dopo l’apertura negli anni ’20 di via Piave, lungo la quale le costruzioni porticate dell’impresario Domenico Toniolo sono oggi tutelate dalla Soprintendenza; vi sono altri ambiti di valore come i residui villini e palazzine, il complesso ex Vigili del Fuoco ed ex GIL già positivamente recuperato ad uso pubblico, la chiesa, la piazzetta S. Francesco, l’ex asilo Vittoria ora complesso scolastico, l’hotel Bologna, l’ex garage Touring e pure la villa di impostazione razionalista che resta delle due che c’erano, essendo l’altra stata sostituita da un recente invasivo condominio.L’ex “Lavanderia meccanica militare” è patrimonio storico e architettonico importante in questo contesto ed è insieme ambito strategico per una radicale riqualificazione urbana che contrasti - assieme alle azioni su altri fronti - i gravi processi di degrado in corso. L’altro ambito irrinunciabile - che qui si può solo accennare e che ha una rilevanza anche su scala metropolitana - per una nuova qualità

e vitalità quartierale e dell’intera città è quello della stazione: il più importante nodo ferroviario del nord est - come tale concepito fin dal 1908 e poi sempre più sviluppato - non ha una stazione degna di questo ruolo, nonostante vi siano stati nel corso dell’ultimo mezzo secolo piani e progetti in merito. L’ultima occasione persa è stato il progetto di Renzo Piano del 1993 che univa Mestre e Marghera con una “stazione a ponte” sopra i binari (Fig. 2). Oggi la questione viene finalmente proposta, ma in un contesto di spazi compromessi e di debolezza del Comune che anche a fronte dei molti ed eterogenei progetti che gravitano sulla stazione e che comportano investimenti di centinaia di milioni di euro non ha svolto per tempo il suo ruolo di programmazione e coordinamento per l’interesse pubblico, al fine di rendere la stazione e il vasto ambito tra ferrovia e insediamento urbano uno dei luoghi più qualificati della città.

Una testimonianza storica e un complesso di valore “Istituiti in Mestre, appena scoppiata la guerra, vari Ospedali di riserva per la complessiva capacità di oltre 1500 letti, allo scopo di evitare che la lavatura a mano degli indumenti dei militari, che qui affluiscono dal fronte, potesse cagionare lo sviluppo di malattie epidemiche, le Autorità

militari della Piazza proposero, ed il Ministero approvò, che fosse costruita in Mestre una lavanderia a vapore.”Così inizia la relazione del Comando del Genio della Fortezza di Venezia sulla realizzazione nel 1916 e in soli sei mesi della “Lavanderia meccanica militare”.Nonostante i rapidissimi tempi dell’edificazione, il complesso (com-posto ad ovest dallo stabilimento principale e dai suoi connessi - come la bella ciminiera alta 30 metri ora demolita e il piccolo ma prezioso edificio con portico sul lato occidentale (Fig. 8) - e ad est da altri edifici costruiti dopo il 1916 per altri servizi militari) è stato progettato e realizzato con i più avanzati criteri funzionali e tecnici di allora e con cura e perizia architettonica, per cui costituisce una testimonianza significativa della prima guerra e di archeologia industriale che appartiene alla storia di Mestre come patrimonio collettivo da reimpiegare per la riqualificazione di un quartiere con forti connotati di degrado e più in generale della città. Mestre era stata già scelta dal Regno d’Italia, dopo la costituzione nel 1905 delle Ferrovie dello Stato, come principale nodo ferroviario del nord-est e - prima ancora del piano di potenziamento ferroviario - come rilevante sede militare che vede agli inizi del ’900 il completamento del campo trincerato e delle caserme di

EX LAVANDERIA MECCANICA MILITARE Un patrimonio storico per la riqualificazione urbanaUna riconversione non più differibile

Fig. 2 - Il progetto del 1993 di Renzo Piano per la “Stazione a ponte” sopra i binari. Particolare della copertura.Fig. 1 - Il frontone con la scritta sopra l’ingresso nord della ex lavanderia

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entrata da quelli puliti in uscita: essi venivano sterilizzati a 100 gradi in tre macchine lisciviatrici, lavati in tre lavatrici meccaniche, passando poi a tre centrifughe e infine al locale dell’asciugatoio artificiale. Il modernissimo sistema (negli anni ‘80, quando abbiamo effettuato il rilievo edilizio con i corsi sperimentali del “Massari”, c’era ancora una delle macchine del 1916) era alimentato da caldaie a vapore ma poteva funzionare anche elettricamente in modo da garantire la continuità della produzione in qualsiasi evenienza.

Rilievo edilizio e da oltre 20 anni proposte di recupero. L’intero complesso dell’ex Lavanderia è stato oggetto di un rilievo architettonico e di un progetto di recupero da parte del Triennio sperimentale ad indirizzo edile e territoriale dell’Istituto “Giorgio Massari” dal 1988 al 1991, nell’ambito di un progetto didattico iniziato alla fine degli anni ‘70 e durato 15 anni che ha dimostrato l’utilità di un operoso rapporto tra scuola e territorio, producendo ricerche e oltre un centinaio di rilievi e progetti di edifici o di interi complessi storici da recuperare per la riqualificazione della città. Alcune di queste proposte sono state occasioni perdute - come la concentrazione degli uffici comunali di terraferma nell’area della ex caserma di via Miranese quando

essa era con buona probabilità acquisibile – ma non poche altre sono poi diventate realtà o sono ancora di attualità: basti pensare a Forte Marghera e ad altri forti del campo trincerato, all’archeologia industriale sul Canal Salso/all’ex Cellina, all’ex Cral Agrimont e all’ex Plip, al recupero del nucleo della Gazzera, oppure in centro all’ex Provvederia, a villa Settembrini e a villa Erizzo, all’ex Distretto di via

Poerio, al garage Touring, e appunto all’ex Lavanderia militare.Questo complesso è stato anche oggetto in quegli anni di un concorso di idee (la pubblicazione in merito, oggi introvabile, sarà messa in rete nel sito www.levocidiviapiave.com alla data di uscita di questo giornale) a dimostrazione che l’esigenza di inserirlo nel circuito vitale urbano esiste da 25 anni; infine è stato

via Miranese e di viale Garibaldi. La città viene investita pesantemente dalla prima guerra come retrovia del fronte: la stazione è struttura cruciale per movimento di soldati e rifornimenti; oltre all’ospedale Umberto I vengono predisposti anche con requisizioni di edifici molti altri posti letto; oltre alla Lavanderia meccanica viene costruito in via Ca’ Marcello il grande Panificio militare, con oltre 60 forni e raccordato alla ferrovia, che verrà demolito nel 1933.

Dopo la ritirata di Caporetto del 1917, Mestre diventa ancor più un vasto sistema di ospedali (anche i tetti delle due caserme vengono contrassegnati da grandi croci bianche, come risulta da una foto ripresa da dirigibile), ove vengono curati o muoiono soldati di

ogni parte d’Italia e viene saturata la capacità della Lavanderia di sterilizzare, lavare e asciugare 50 quintali di tessuti in 10 ore, equivalenti alla biancheria di 4500 degenti.Il nucleo principale del 1916 comprendeva un lotto di 5000 mq, mentre con i successivi ampliamenti il complesso è arrivato ad occupare 15.400 mq. Questo compendio fu tagliato in due dalla costruzione di via Piave negli anni ‘20 e i due lotti ai lati della nuova

strada furono delimitati dal muro di cinta visibile anche oggi. La parte ad ovest della via misura circa 7000 mq, è oggi sottoutilizzata essendo adibita dalla Guardia di Finanza a parcheggio e deposito ed è quella che più interessa per una rivitalizzazione urbana di via Piave e del quartiere.L’edificio principale di quest’area è appunto la ex lavanderia, “maestosa quanto semplice”, con pareti in mattoni a vista e composta da un corpo centrale e da due corpi laterali rialzati di un piano; all’interno vi sono al piano terra grandi ambienti a doppia altezza, molto illuminati dalle ampie finestre, con pareti trattate all’origine a marmorino e coperti da una bella struttura con capriate e travi a vista di larice che sostengono il tetto a padiglione magistralmente articolato.I due più grandi spazi al piano terra sono divisi da un muro, perché il ciclo di lavorazione garantiva la completa separazione dei tessuti sporchi in

Fig. 4 - Facciata sud e muro di recinzione

Fig. 5 - Fronte sud della ex Lavanderia con l’ampio spazio esistente

Fig. 6 - Triennio sperimentale “Massari”

Fig. 7 - Triennio sperimentale “Massari” - Rilievo del prospetto principale lato nord

Fig. 3 - Veduta da via Piave

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inserito nel 2008 tra i progetti di recupero auspicati dall’Assessorato all’Urbanistica ed è stato infine ripresentato in una delle ultime iniziative del “Contemporaneo” prima della chiusura. Per quel che riguarda la proposta progettuale (per la quale cfr. Fig. 9 - 10 e Fig. 15 in ultima pagina) che avevo curato con gli studenti come docente del “Massari”, essa si basava sull’apertura dell’intero complesso alla città come polo attraente per gli edifici e spazi di qualità che offre e per le attività pubbliche e private inseribili. Si prevedeva il riutilizzo di carattere collettivo e culturale dell’edificio storico principale e degli altri fabbricati complementari e la definizione di due diverse piazze negli spazi scoperti a nord e a sud della Lavanderia. A nord una piazza ampia e aperta su via Piave (nonché prolungata oltre la stessa nel caso fosse acquisito anche il compendio ad est), definita dalla facciata della Lavanderia e da un nuovo edificio con uffici e negozi (costruito al posto dell’attuale magazzino in cemento e del capannone che in questa ipotesi

verrebbero demoliti) e ampliabile sul compendio est sovrapassando via Piave. A sud della Lavanderia un secondo spazio scoperto - quello ove si stendevano i panni quando era bel tempo e che guarda verso la stazione e verso il complesso dello storico ex asilo Vittoria - configurato come “piazza verde” in parte protetta dal muro di cinta. La bella ciminiera abbattuta veniva rievocata da una ricostruzione-scultura in mattoni della sua struttura di base aperta e sezionata (Fig. 10).

La conoscenza del complesso come testimonianza storica ed architettonica, la sua posizione strategica nel cuore della città, le sue ampie potenzialità di riuso per spazi e attività attraenti, hanno suscitato

e oggi, a fronte di fenomeni di degrado in atto, ancor più suscitano l’esigenza e la proposta di recuperare per il rinnovamento e la riqualificazione urbana questo insediamento di valore nato in piena guerra.Qualcosa di questo tipo era stato intuito dai suoi costruttori, pur in un tempo in cui sembrava impedito e impensabile ogni orizzonte che andasse oltre l’urgenza e la guerra:“...si verrà presto a creare in quella località, un importante stabilimento militare di primo ordine il quale, mentre attesterà delle vive premure che la Nazione ha avute, durante la guerra, per l’igiene e il benessere dei suoi valorosi soldati, rimarrà, dopo, opera ragguardevole di civiltà e di progresso.”

Giorgio Sarto Curatore del Laboratorio Mestre 900

Fig. 11 - Particolare tra due finestre con la cura dei mattonia vista e delle inferiate

Fig. 12 - Particolare di finestra sopra una porta verso via Piave

Fig. 8 - Triennio sperimentale “Massari”Rilievo dell’edificio con piccolo portico adiacente al corpo principale

Fig. 10 - Triennio sperimentale “Massari” - Progetto di ricostruzione della base aperta e sezionata dell’ex ciminiera

Fig. 9 - Triennio sperimentale “Massari”Parte ovest del progetto, disegno planimetrico

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Intervista all’arch. Vecchiato ex assessore all’Urbanistica

D: Le ex lavanderie militari di via Piave sono da considerarsi degli edifici, anco-ra in buone condizioni, di archeologia urbana della Mestre dei primi del ‘900, da poter riconvertire ad usufrutto della città?R: Credo che il complesso delle ex La-vanderie militari  non solo possa essere riconvertito  ma anzi debba,  o meglio ancora, avrebbe già dovuto da tempo essere riconvertito ad uso cittadino..Le strutture sono ancora in buono sta-to, anche perchè sono state in parte restaurate dai militari qualche anno fa e se si esclude il capannone-hangar con tetto a volta che soffoca l’insieme, quei 7 mila mq di area rappresentano uno spazio divenuto quasi drammati-camente indispensabile per le funzioni e le caratteristiche  in cui si trovano.

D: Quali ripercussioni positive potrebbe avere la via Piave a seguito della ricon-versione (riutilizzando gli edifici presenti a costi contenuti) ad uso pubblico delle ex lavanderie militari?R: La positività delle ricadute è data da due fattori. Il primo è che si allar-gherebbero gli spazi pubblici centrali, coinvolgendo ed aggregando quest’a-rea alla vicina Villa Erizzo e quindi al Museo di via Pascoli. (300 metri in linea d’aria!)Il secondo è che via Piave inizia in real-tà dalla Chiesa. E lo spazio sia a destra che a sinistra non sarebbero solo aree ad uso pubblico generico ma spazi vitali di fiducia e di rilancio dell’intero quartiere.Dal punto di vista urbanistico sarebbe un altro pezzo di spazio precluso che si aprirebbe al pubblico e che con una nuova recinzione- ringhiera aprirebbe lo sguardo e allargherebbe il respiro di quella interclusione che ne fa oggi un non luogo. Ho presente quale esem-pio il grande cambiamento dato fra via Sernaglia e Cappuccina alla demo-lizione del muro di cinta  che ha aper-to fisicamente il panorama urbano o anche quello su viale Garibaldi con la recinzione nel parco pubblico dell’ex villa Franchin.

D: Quali difficoltà impediscono l’acqui-sizione dell’area da parte del Comune di Venezia?R: Difficoltà burocratiche ed econo-miche. L’area è del Ministero dell’Eco-nomia (sede di uffici della Finanza) a destra e del Ministero della Difesa l’al-tra zona a sinistra. Naturalmente i mili-tari vorrebbero alternative e proposte concrete, essendo per loro una sede logistica a cui non possono rinunciare senza scambio.Io avevo iniziato una trattativa ma oggi non mi pare sia stata più portata avan-ti.

D: Sono a suo avviso difficoltà insor-montabili? Se non è di questo avviso, in quanto tempo potrebbero essere supe-rate?R: Difficoltà ce ne sono perchè il Co-mune e la Finanza hanno entrambi problemi logistici ed economici ma non sono problemi, a mio parere, af-fatto insuperabili.Il Comune è nelle condizioni di poter trattare ed offrire qualche elemento di indubbio interesse per la Finanza ma bisognerebbe che all’apertura di un ta-volo fosse data continuità, concretezza e tempistica.E informare preventivamente l’Opinio-ne Pubblica su cosa e come si intenda agire prima ed eventualmente dopo una possibile acquisizione.E’ comprensibile che vi siano molti ti-mori in una via che è divenuta al cen-tro di cronache quasi quotidiane.

D: A suo giudizio, come potrebbe essere riutilizzata al meglio l’area in questione?R: L’area in questione la vedrei utilizza-bile in due modi.Intanto aprendo attività di interesse generale che comportano presenza di persone, il controllo diurno e la chiusu-ra notturna salvo l’utilizzo degli spazi per manifestazioni che prevedono la presenza di persone.Gestione e controllo che venga dal basso, coinvolgendo commercianti ed artigiani e non solo dalla periodica vi-sita della polizia urbana.

Per interesse generale vedrei sia spazi che dialoghino con le attività di artigia-nato e di piccolo commercio ma anche qualche carattere che dia specificità al luogo e paghi i costi di manutenzione della struttura pubblica.Perchè non attività legate ad esempio all’alimentare di qualità o dei prodotti tipici della nostra zona, in modo da af-fiancare quella che si prevede di creare attorno a S.Maria delle Grazie e che at-tirerebbe cittadini e interesse...Penso ad un insieme di piccole funzio-ni, create con gusto e con fantasia... A Mestre sono rarissimi questi luoghi ma me ne viene in mente uno che è quello di Corte Legrenzi.Se si va a Treviso od a Padova ce ne sono tanti...Un caffè, con tavolini e del verde, un negozio di libri, un altro di prodotti ti-pici della laguna veneta che si incontra con quelli del Veneto di terra. Insom-ma un bel biglietto da visita lungo la strada che porta sia al cuore della città che verso la Stazione.Si può aprire un costruttivo dibattito che produce positività. Ma bisogna agire sui due fronti: quello della crimi-nalità e della diffusione di un commer-cio quasi tutto cinese e quello di una convivenza con la nostra storia che deve avere il suo ruolo e la sua capaci-tà di aggregare il cambiamento.Un paio di anni fa erano anche emer-se 2 altre proposte. La prima di creare all’interno dello spazio-hangar, ripro-gettato architettonicamente, un luogo museo del bambino dove vi siano le illustrazioni e spiegazioni sui mecca-nismi elementari di funzionamento di una città, di un ambiente. Potrei aggiungere che ho visto a Parigi uno stand pubblico dove sono illustrate e aggiornate costantemente con plasti-ci, video e oggetti i vantaggi derivanti dal risparmio energetico o dall’utilizzo di rifiuti per produrre energia e com-postaggi. E’ utile ai piccoli e ai grandi e attira visitatori.Insieme all’altra area questo polmone pubblico su via Piave potrebbe favorire quella rinascita che serve a tutta la città.

Abbiamo inviato all’arch. Vecchiato, Assessore all’Urbanistica nell’Amministrazione Cacciari, unaserie di domande alle quali ha gentilmente risposto.

Bisogna che le risorse finanziarie e la manutenzione non gravi sui bilanci pubblici. Per questo serve una inizia-tiva a vasto spettro che coinvolga le esigenze della Guardia di Finanza, ascolti i timori dei cittadini, divenga volano di cambiamento per una città che si sta impoverendo anche nel suo tessuto connettivo in maniera dram-matica e che saldi questo spazio an-che al futuro recupero di tutta l’area ex ospedaliera .

Arch. Gianfranco Vecchiato

La nostra memoria e il nostro futuroLa riqualificazione del complesso della “Lavanderia meccanica militare” può rappresentare il baricentro, anche simbolico, di quello che può diventare tutto il quartiere di via Piave: uno snodo tra la tradizione e la modernità. Quello che, in sostanza, ha già acquisito, in parte, strada facendo, con buone pratiche di integrazione tra cittadini autoctoni e una immigrazione laboriosa.Si tratta di costruire, a questo punto, un progetto complessivo, che diventi idea di riqualificazione ma al tempo stesso direzione di marcia di una nuova identità.La “Lavanderia meccanica militare” sembra essere il luogo giusto per rappresentare tutto questo. E’ luogo di storia, e luogo di lavoro; è luogo di tradizione e luogo di innovazione. Furono costruite in soli sei mesi, con una intuizione commerciale importante. Con la guerra, negli ospedali cittadini c’erano migliaia di posti letto; la lavatura a mano degli indumenti dei militari, che arrivavano dai vari fronti di guerra vicini potevano sviluppare epidemie, e si pensò così di allestire una lavanderia moderna, a vapore, che preservò dai contagi e identificò una opportunità occupazionale ed

economica, che continuò anche dopo la Guerra, al servizio di caserme ed ospedali. Quel complesso, realizzato con avanzati studi progettuali e tecnici, oggi è un pezzo unico di archeologia industriale per tutto il Paese, e potrebbe essere, con una opportuna riqualificazione, al tempo stesso, un monumento e un luogo operativo, conservando, quindi, la sua vocazione storica, sempre ambivalente. Preservare la memoria; innovare l’economia del quartiere.Con la convinzione che fossimo di fronte ad una grande opportunità, personalmente, quando si è discusso di federalismo demaniale, sono intervenuta chiedendo di valutare l’inserimento di questo bene nel catalogo degli immobili da acquisire e riconvertire. Purtroppo, ci furono ostacoli di natura burocratica. Le Lavanderie, infatti, appartengono ai beni della Difesa, per una parte, e della Guardia di Finanza per un’altra parte, e non erano inseribili, in quella fase, nei beni demaniali interessati alle norme sul federalismo.Oggi, mi auguro si possa tornare a parlarne.Si tratta di beni di vaste dimensioni, e di straordinaria importanza.

Non sono tutti abbandonati. Ci sono stati lavori in alcune parti. La zona più significativa per la riqualificazione del quartiere è recuperabile con un minimo sforzo. La riqualificazione dell’edificio principale della ex Lavanderia, forse, richiede un impegno maggiore. Ma in entrambi i casi è necessaria, fondamentalmente, una volontà politica. Si possono mettere intorno ad un tavolo i soggetti interessati (Ministeri della Difesa e dell’Economia, Comune di Venezia) per l’acquisizione, e poi reperire i fondi con una buona progettualità.Bisogna tener presente che la riqualificazione delle Lavanderie, con la destinazione dell’uso a scopi sociali, culturali, di aggregazione, di servizio alle attività artigianali, sarebbe un passo fondamentale per la valorizzazione dell’intero quartiere.Più cultura, più bellezza, più iniziative, più attività, infatti, significano sempre un miglioramento dell’ economia locale e della qualità della vita per tutti.Per il quartiere. Per la città.

On. Delia Murer Parlamentare residente in via Piave

Fig. 13 - La facciata nord e l’ingresso da via Piave dell’ex lavanderia

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La riconversione dei siti militari nel Comune di Venezia, il caso del campo trincerato di Mestre

Che dire, se non che la vocazione del nostro Comune, grazie all’intervento dei suoi cittadini, è decisamente orientata al riutilizzo virtuoso delle fortificazioni presenti nel proprio territorio?Un esempio su tutti il campo trincerato di Mestre: dodici fortificazioni che vanno dall’estremità nord di Altino a quella sud di Oriago, dai primi lembi di terra in laguna ad est , alla campagna di Zelarino ad ovest, dodici inutili tentativi di difendere Venezia dalla parte della sua vicina terraferma. Tra il 1805 ed il 1814 vennero costruiti da austriaci e francesi forte Marghera e forte Manin. Le altre dieci fortificazioni vennero costruite dall’esercito italiano e distribuite intorno a forte Marghera: iniziate a costruire dopo il 1880, completate nel 1912 e praticamente disarmate già nel 1915 quando, poco dopo l’inizio della prima guerra mondiale, si ritenne opportuno disinstallare gli armamenti poiché forti anche più moderni, come ad esempio forte Verena sull’Altopiano di Asiago, si erano dimostrati del tutto inefficaci nel reggere l’urto delle sempre più sofisticate artiglierie pesanti.

Fortificazioni, non dimentichiamocelo, che hanno determinato parte della storia del nostro territorio; ad esempio il tracciato della ferrovia “Ferdinandea” costruita nel 1842 ed il percorso del ponte translagunare, del 1846, che, secondo le prescrizioni militari, dovette essere portato per motivi difensivi a ridosso degli spalti del forte Marghera. Ciò comportò, tra le altre cose, che la stazione di Mestre venne costruita lontana dal suo nucleo. Fu da quel forte che partì la celeberrima sortita del 27 ottobre 1848; essa portò alla momentanea occupazione di Piazza Ferretto da parte degli insorti veneziani contro l’assedio austriaco che durò dal giugno del 1848 al 24 maggio del 1849. Il forte, durante la primavera del 1849, fu sottoposto a un intenso e crescente bombardamento che costrinse le truppe veneziane ad abbandonarlo. L’episodio dimostrò, già allora, i difetti strutturali del Forte nel far fronte ad un assedio condotto da un esercito con una buona dotazione di artiglieria. Forte Marghera, forte Carpenedo, forte Gazzera, polveriera Bazzera, forte Tron, forte Cosenz, forte Mezzacapo, forte

Pepe, forte Manin, forte Rossarol, forte Sirtori e forte Poerio, questi i nomi dei fantastici dodici.Il Campo Trincerato di Mestre ha costituito per lungo tempo un sistema di difesa inaccessibile alla popolazione. Ora i Forti, costruiti per la guerra, vengono ricondotti, per merito delle associazioni di cittadini e del Comune di Venezia, ad un uso pacifico: ciò che costituiva barriera invalicabile si sta trasformando in un bene essenziale per migliorare la qualità della vita in città.Sono sotto gli occhi di tutti infatti: le iniziative culturali-ricreative della “truppa” di forte Carpenedo, del gruppo di cittadini di forte Bazzera o dell’Associazione “Dalla guerra alla pace-forte alla Gatta” di forte Mezzacapo; il movimento innovativo attivato dalle associazioni che fanno capo a forte Marghera con l’iniziativa “che forte, decido anch’io” nel tentativo di iniziare un percorso partecipato e condiviso di destinazione dell’area; il sistema di strutture di accoglienza, di recupero e di riabilitazione delle persone in difficoltà attivate a forte Rossarol a Tessera dal Centro Don Milani; le iniziative di educazione ambientale di forte Tron; la disponibilità di accesso ed utilizzo autogestito da parte della cittadinanza di alcuni spazi di forte Gazzera. Sono esempi ripresi dalle singole esperienze, legate ai territori specifici da cui hanno preso origine. Tutte si sono orientate verso la salvaguardia e la diffusione delle origini storiche, sono stati infatti sviluppati percorsi di valore museale per creare memoria intorno a quegli spazi, come pure delle prospettive creative che già da tempo vengono in quei luoghi realizzate.

a cura di Loris Trevisiol operatore Etam

Il centro di una “città intelligente”

Mestre è stata fortemente segnata dal Novecento tramutandosi da piccolo borgo a cuore di una Grande Città urbana che va ben al di là dei confini municipali e comprende anche le province di Venezia, Padova e Treviso. Un’area metropolitana di oltre 2,5 milioni di abitanti, recentemente certificata anche dall’Ocse. Un secolo costellato di storie straordinarie, fatte di industria fordista, urbanizzazione, immigrazione e riscatto sociale attraverso anche aspri conflitti. È oramai dagli anni ottanta che Mestre cerca faticosamente un nuovo ruolo, una vocazione che le permetta di essere protagonista come lo è stata nel secolo da poco conclusosi. E’ necessario pensare quindi a funzioni e luoghi. Del resto la città sta cambiando pelle sotto i nostri occhi senza che spesso gli stessi abitanti se ne accorgano. Pensiamo al tema del lavoro. In città si possono individuare 28mila lavoratori della conoscenza con varie forme contrattuali (contratti a tempo determinato, indeterminato, interinali, somministrati, parasubordinati e partite IVA), un terziario avanzato con una percentuale più alta di tutto il resto del Veneto, quasi tutti precari, che operano all’interno di settori come il web, il design, la comunicazione, l’innovazione tecnologica. Nel terzo trimestre del 2011 le sedi di impresa attive del terziario avanzato nel Comune di Venezia sono 2.696 con un aumento del 2,6 per cento rispetto al terzo trimestre del 2009. Crescono di numero soprattutto le aziende della Ricerca scientifica e dello

sviluppo (+ 15,2 %), della produzione di software e consulenza informatica (+ 13,9 %) e dei servizi finanziari (+ 10,2 %). Per restare nel campo dei numeri una ricchezza importante per la città, una nuova linfa, è data dai nuovi abitanti, se Mestre dopo aver perso per molti anni popolazione ha ricominciato a risalire come numero di residenti è dovuto in larga parte agli immigrati da paesi stranieri presenti: nel 2003 gli stranieri residenti nel Comune erano poco meno di 10.600, il 70% dei quali abitava in terraferma, al 31 dicembre 2011 gli stranieri residenti nel Comune sono 31.470, di cui 25.935 residenti in terraferma.Nuovi abitanti e nuove professioni urbane sono la parte dinamica e produttiva della città, che necessitano di muoversi all’interno di un tessuto cittadino smart, inteso come inclusivo, accessibile. Il centro di una “città intelligente”, una smart city nella quale le dimensioni della mobilità, dell’ambiente, della cultura e del turismo si sposino in un quadro di trasformazioni urbane realizzate per migliorare la qualità della vita degli abitanti. In questo quadro la rivitalizzazione del centro, che significa riqualificazione urbana, è fondamentale, a partire dall’area dell’ex Ospedale Umberto I, proseguendo poi con il recupero dell’asse compreso tra piazza Barche, via Poerio e Riviera XX Settembre, per la realizzazione di un vero e proprio “distretto” della cultura con al centro M9, il Museo del

Novecento e comprendente anche Villa Erizzo, il Centro culturale Candiani, Villa Settembrini, il teatro Toniolo e la Torre civica. Molti lavori in questi ultimi anni si sono fermati generando un senso di sconforto, ma cerchiamo di guardare anche alle molte architetture che si sono compiute in questi ultimi anni da via Torino, al nuovo Ospedale. Accanto al centro va concentrata l’attenzione sugli assi d’accesso alla città. A partire dalle direttrici che conducono ai nuovi luoghi simbolo di Mestre, come il parco di San Giuliano oppure a funzioni strategiche come la stazione ferroviaria, che mantiene una centralità ineludibile nella vita quotidiana di molte persone. In questi assi è necessario intervenire al più presto: da un lato su Forte Marghera, dall’altro su via Piave, in particolare restituendo alla città un’area di pregio come le ex lavanderie, oggi in mano al demanio. La scommessa è riqualificare l’area con un progetto di riqualificazione urbana all’altezza delle aspettative dei cittadini. Dopo l’avvio del piano dell’ex distretto militare di via Poerio, che consentirà di rivitalizzare il centro attorno al progetto dell’M9, il recupero delle ex lavanderie non è più rinviabile e rappresenta una delle priorità per continuare la faticosa opera di costruzione della Mestre del futuro.

Nicola Pellicani della Fondazione Pellicani

Fig. 14 - Triennio sperimentale “Massari” - Sezione longitudinale con gli ambienti a doppia altezza

Notiziario N. 10 - numero monografico a cura di:

Si ringrazia l’arch. Giorgio Sarto per le foto di questo numero e per i disegni del Triennio sperimentale “Massari”. Stampa: CPM, viale Ancona - Mestre

Page 7: Notiziario 10_2012

Pagina 12 Numero 10 - Aprile 2012

Fig. 15 - Triennio sperimentale “Massari” - Disegno del progetto di recupero, con la nuova piazza , il riuso degli edifici storici ed eventuale nuova costruzione.

Veduta aerea da nord del complesso della ex Lavanderia Militare di via Piave