numero45

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Se vuoi collaborare, spedisci un tuo pezzo a [email protected]. Allega due righe su di te. Se vuoi essere pubblicato sul pdf, cerca di non superare di troppo la cartella standard (1800 battute). Non spedirci poesie. Per il web facciamo 8000 circa, e morta lì. Scrivi a [email protected] per qualsiasi informazione. Il presente opuscolo è diffuso sotto la disciplina d e l l a l i c e n z a CREATIVE COMMONS Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia. La licenza integrale è disponibile a questo url: http://tinyurl.com/8g7sw5. alessandro romeo:editoriale Se state leggendo queste parole su del- la carta sappiate che quello che avete tra le mani è l’ultimo numero con questo formato. Dopo l’estate si cambia: in che modo, non ve lo dico. Eh! I vantaggi so- no diversi: noi si alza il tiro, voi godrete di più; noi saremo più rilassati, voi più soddisfatti; noi potremo ricominciare a vivere delle vite normali, riabbracciare le nostre donne, allevare i nostri figli e de- dicare un paio d’ore al giorno alla cac- cia al bisonte, voi potrete smettere di at- taccare i numeri di inutile sulla fronte dei vostri famigliari per leggerli mentre cuci- nate. Piegati per l’ultima volta in sei parti, ci sono: Loretta e la sua saggezza, Mag- giolo e la sua brevità, Porcelluzzi e la sua storica fedeltà, Buratti e la sua sieropo- sitività, Samantha Luciani e la sua poste- rosità. E come diceva Gesù di Nazareth: «Invec- chiare bene. Viaggiare comodi. Far pian- gere di tanto in tanto le proprie donne». INUTILE opuscolo letterario giugno 2011, numero 45 supplemento al #1840 di PressItalia.net, registrazione presso il Tribunale di Perugia #33 del 5 maggio 2006. pubblicazione mensile a cura di INUTILE » ASSOCIAZIONE CULTURALE. la redazione giacomo buratti, viviana capurso, ferdinando guadalupi, marco montanaro, virginia paparozzi, nicolò porcelluzzi, alessandro romeo, matteo scandolin hanno collaborato a questo numero valentina carlucci, andrea maggiolo, loretta jesus mcjagger poster samantha luciani, “Carne” | www.ernestvirgola.blogspot.com/ per abbonarti prepara 15e vai al link http://bit.ly/iqqpRX wild wild web rivistainutile.it, twitter.com/inutileonline, associazioneinutile.org, micronarrativa.com inut ile giugno 2011 la posta di loretta jesus mcjagger alle mie orecchie è giunta voce che una coppia si è lasciata perché lui sosteneva (nei confronti della sua bella) che le mail sono come una scopata. nel senso che lei mandava mail ergo scopava ergo tradiva lui. nonsense? Madonna Addolorata, via chat di Facebook Cara Madonna, prima di tutto vorrei ringraziare il prode M. per aver avuto la prontezza di riflessi di catturare questa conversazione di chat. Passiamo subito ai tuoi interrogativi. Sarei tentata di dirti: sì, si tratta di nonsense ma, avendo io gran rispetto per il nonsense, non posso arrendermi così facilmente. Vedi, cara Madonna, qui non si parla neppure del contenuto di queste mail – avance? inviti a cena? poesie di Cesare Pavese? – quanto dell’atto stesso di comunicare con un mezzo apparentemente incontrollabile come Internet. Internet che, peraltro, ci ha privati, apparentemente, del privato: siamo esseri pubblici, direi quasi, e perennemente, in vetrina. Ma per le nostre nefandezze ci sono comunque le mail e i messaggi (privati). In cui, però, facci caso, pure trasportiamo una componente quasi pubblica di noi stessi. Siamo uffici stampa di noi medesimi, per la miseria, ecco cosa. Così d’ora in poi non si dirà più: «C’è del buono in ognuno di noi», ma: «C’è del marketing in ognuno di noi». Fino a quindici anni fa eravamo soggetti attratti dalle merci, dalla plastica. Adesso siamo noi gli oggetti e forse, dico forse, le merci sono diventate le emozioni, le suggestioni. Ma sono loro i soggetti, sono loro che ci guidano. E così via col luddismo. Potrei andare avanti per ore, davvero. La verità, nel caso specifico, è un’altra e te la racconterò a breve. Ma prima fammi dire una cosa. Perché il tuo amico (ammesso che si tratti di una coppia di amici, e ammesso che non sia proprio tu la tizia lasciata) non ha voluto affrontare la questione del contenuto di queste mail? Temeva ci fosse del sesso, di mezzo? Ha preferito non sapere? E quel sesso, quel sesso virtuale che tutti voi praticate (ma nessuno lo dice, in quanto pratica socialmente non accettata, non ancora), equivale a una scopata reale? O assomiglia piuttosto agli instant poll degli ultimi ballottaggi? L’espressione di un’intenzione, insomma, che potrebbe avere il valore, per dire, della dichiarazione di voto di Francesco Rutelli per l’Api prima dei ballottaggi di Napoli e Milano? Come vedi, Madonna, è presto per affrontare questi quesiti. Non abbiamo ancora le risposte adeguate davanti all’innovazione tecnologica. Quanto alla questione che tu hai posto, invece: molto semplicemente, lui aveva un’altra da mesi e cercava una scusa per lasciarla. Tutto qua. Stammi bene e ricordati di chiudere la chat di Facebook, quando esci. OPUSCOL OLETTERA RIO numero 45 andrea maggiolo:micronarrativa 15 Agosto. Periferie deserte. Flavio, consigliere di Forza Nuova, è rimasto 24 ore chiuso in ascensore. L’han salvato i ghanesi del piano terra. Ester coltiva pomodori tra la tangenziale e i fumi della discarica. Non li mangerebbe mai. Infatti li vende, ai migliori ristoranti di Roma. Lia ha vinto 150mila euro a un quiz televisivo. Sa- peva le domande da giorni. Ha dovuto fare a metà con l’aiuto regista. Non ha alcun rimorso. Eros lavora da McDonald’s. Frigge. Nessuno nota che si guarda intorno, studia le telecamere. La porta sul retro, stasera, la lascia socchiusa. Romeo, deputato, ha 5 legislature alle spalle. De- stra o sinistra è lo stesso per lui. Ha pochi nemici, zero ideali e 4 figli: tutti sistemati. giacomo buratti:la parte divertente «Salve.» Con l’indice riporta gli occhiali all’inizio del naso. La gente sorride, o ride di lui, il che lo porta a considerare l’abbandono. Tanto vale andarsene. «Mi hanno chiesto di essere divertente. E mi sono scritto qualcosa, veramente.» Dalla tasca tira fuori un paio di fogli stropicciati. Li guarda. Li mostra al pubblico. Silenzio. «No. È che pensavo fosse divertente. Voglio dire, chi è che usa ancora i fogli di cartaLi rimette in tasca. La gente, il pubblico, sorride ancora. Lui si risistema gli occhiali. «Dunque. Allora. Giovanni Allevi. Ogni volta che Giovanni Allevi si mette al pianoforte, dalla tomba di Glenn Gould viene un sussurro di bestemmie.» Due, tre persone ridono. Ridere — lo confermano gli scienziati — è importante. Tempo fa la ragazza che gli piaceva gli ha detto che se ridi tanto è come se facessi gli addominali. Non le ha creduto, ma lei gli piaceva davvero tanto. Et voilà! adesso penserà a lei e l’universo delle cose che esistono gli crollerà intorno. Gli oggetti e gli uomini perderanno i loro contorni e arriverà la notte, qui dentro, nel locale, e tutte le vacche saranno nere. Ciò che pensa comunque, che tutte le vacche sono nere. In saecula saeculorum. «Vabè, era difficile. Era solo per vedere quanto odiate Giovanni Allevi. Adesso arriva la parte divertente. Ho scoperto di avere l’AIDS. Quando avevo sette anni. Ovviamente mi sbagliavo. A sette anni non sapevo nemmeno cosa fosse, l’AIDS. E comunque usavo il preservativo.» Il pubblico ride. Pure, lui non lo vuole più fare. La gente lo guarda finalmente interessata e lui vorrebbe scendere da quello che il proprietario del locale chiama “palco” e camminare svelto [sarebbe meglio “correre”, ma correre è troppo, per lui] verso la fermata dell’autobus e aspettare ascoltando musica. «No. Sul serio. Ho veramente creduto di avere l’AIDS, a sette anni. Più o meno per una notte intera. È successo che stavo andando a dormire. Era tardi. Mio padre s’era messo a vedere Philadelphia, per i Bellissimi di Rete4, e io mi sono fermato a guardare. Philadelphia è questo film del ‘93 con Tom Hanks che ha l’AIDS — e Denzel Washington. Mi ricordo questa scena con lui, Hanks, all’ospedale, morente, e Denzel Washington con una bottiglia di spumante in mano, o qualcosa del genere. Vabbè. Dopo vado a letto e sono convinto di avere l’AIDS. Sono convinto al cento per cento.» I volti mobili delle ragazze tra il pubblico si atteggiano in modo da rievocare inequivocabilmente le reazioni suscitate dalla visione dei cuccioli buffi su YouTube. È forse lui un cucciolo buffo? Non lo potrebbe sopportare. Vuole tornarsene a casa. «Ricordiamo che ho sette anni, e per me l’AIDS è una cosa che fa diventare pelato Tom Hanks, che poi muore. Non c’entra assolutamente niente il fatto che Tom Hanks nel film è gay e io e il mio compagno di banco Simone ci eravamo chiusi nel bagno, a scuola, per confrontare i nostri pisellini, e un altro ragazzino ha provato ad aprire la porta spingendo Simone verso di me e me verso la tazza del cesso, e i nostri pisellini per un secondo si sono toccati. Non c’entra proprio niente. Voglio dire, con la storia dell'AIDS. Quelle sono esperienze normali tra bambini normalissimi. È successo a tutti.» La ricreazione è cominciata: tutti si stanno divertendo. Per un secondo lui pensa di poterci convivere, addirittura. Poi succede una cosa. Gli torna in mente quello a cui per mesi la sua mente non aveva saputo non andare. Si ricorda della gioia più grande che la vita gli ha donato, che lo aspetta a casa. «Ero così contento di non essere caduto nella tazza che ho baciato il mio compagno di banco. In bocca.» Deve lasciare alla gente il tempo di ridere, mentre il suo corpo è percorso dai brividi che precedono un conato di vomito. Osserva un ragazzo versarsi addosso della birra, ridendo. La ragazza che è con lui alza gli occhi al cielo. Lui la guarda con aria colpevole; poi, insieme, ridono di nuovo. Quello deve essere il loro sketch. Il comico si potrebbe dire che li invidia. Mai come ora ha desiderato trovarsi nella sua cucina. «Comunque. AIDS.» Parla sempre più veloce, senza rispettare i tempi. Non ha importanza. «All’epoca avevo sopra al letto una cartina, ci segnavo i posti dove sarei andato da grande. Penso: Non vedrò mai New York. Sto morendo.» Avrebbe bisogno di riprendere fiato ma non riesce a fermarsi. «Avevo un pupazzetto di Topo Gigio vicino al letto, e ogni tanto, tipo quando non riuscivo a dormire, facevo finta di parlarci.» Chiudere. «Così faccio: Ehi, Topo Gigio, ho l’AIDS. È una cosa grave.» Il pubblico è stremato. I ragazzi in prima fila e quelli in piedi sono piegati in due. Il comico si china per poggiare il microfono a terra. Scende dal palco ed è fuori, in strada, prima che ci si possa rendere conto di qualcosa. Arrivato a casa, si precipita a spalancare il freezer. Il Gran Soleil alla vaniglia non gli è mai sembrato così buono. nicolò porcelluzzi:hakarl Perdonate una breve premessa. Nel 1627 una spedizione algerina flage#ò la costa orientale islandese. In totale, 8000 km di navigazione. Possiamo metterci d'accordo, di- re che que#a che segue è la testimonianza di un manoscrit- to trovato in una bottiglia eccetera: in ogni caso, eccovi il punto di vista di Kjartan Erlendsson, sopravvissuto a#a strage. Il sole era nascosto dalle nuvole: arrivarono con il favore della nebbia, del fumo. Stavo tirando le reti, piene d'acqua e di qualche pesce, e facevo una fatica enorme, come se stessi lavorando da solo. Gunnar era con le spalle al villaggio e aveva un’e- spressione che non saprò mai descrivere, aveva gli occhi di vetro e le guance di ceramica. Mi girai e vidi questa flotta impossibile, possente, il Male. Erano marroni come la legna fresca, frustavano le onde. In un minuto eravamo già a terra, e io co- minciai a correre, su per il crinale, quello per anda- re a Djupivogur. Gunnar, come la maggior parte del villaggio, si scagliò verso la cappella, naturale punto di ritrovo e di distribuzione di bastoni e a- sce. Erano quasi tutti intorno alla cappella, e lì fu- rono massacrati. Intanto aspettavo che mi tornas- se il fiato nascosto in una grotta dove giocavamo a nasconderci da bambini, e per due giorni in quella grotta ho mangiato alghe e bevuto l'acqua che mi bagnava i piedi. La sera del giorno dopo tornai, degli scogli erano ancora sporchi di san- gue: e poi cenere, di case e di corpi, teste e brac- cia ovunque. Kristin mi raccontò che se ne erano portati via almeno trenta, tutti giovani, forti. Eizikur e qualche altro vecchio si trascinavano da una parte all’altra, lenti, ricomponendo i pezzi, nessu- na traccia di Gunnar e gli altri. Stava fissando il mare, senza guardarlo: Kristin, dio mio, le dissi. Decisi di prendermi cura di lei, la figlia del reveren- do. Cominciò a parlare dopo tre giorni. Non pote- vo credere a quello che sentivo: sapendo che non era tutto cercavo i suoi occhi grigio chiaro. Comin- ciai a pescare per lei tutti i giorni; dopo tre mesi, il gonfiore del suo ventre era cosa chiara. La notte piangeva e io la abbracciavo, muto. Il giorno del parto le vecchie l'hanno aiutata, senza farglielo ve- dere: ho preso quella cosa per i piedi, e l'ho sbat- tuta sullo scoglio fino a quando mi è rimasto qual- che dito in mano. Poi sono arrivati gli uccelli.

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inutile. opuscolo letterario numero 45

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Se vuoi collaborare, spedisci un tuo pezzo a [email protected]. Allega due righe su di te. Se vuoi essere pubblicato sul pdf, cerca di non superare di troppo la cartella standard (1800 battute). Non spedirci poesie. Per il web facciamo 8000 circa, e morta lì.Scrivi a [email protected] per qualsiasi informazione.

Il presente opuscolo è diffuso sotto la disciplina de l la l i cenza CREATIVE COMMONS Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia. La licenza integrale è disponibile a questo url:http://tinyurl.com/8g7sw5.

alessandro romeo:editorialeSe state leggendo queste parole su del-la carta sappiate che quello che avete tra le mani è l’ultimo numero con questo formato. Dopo l’estate si cambia: in che modo, non ve lo dico. Eh! I vantaggi so-no diversi: noi si alza il tiro, voi godrete di più; noi saremo più rilassati, voi più soddisfatti; noi potremo ricominciare a vivere delle vite normali, riabbracciare le nostre donne, allevare i nostri figli e de-dicare un paio d’ore al giorno alla cac-cia al bisonte, voi potrete smettere di at-taccare i numeri di inutile sulla fronte dei vostri famigliari per leggerli mentre cuci-nate.Piegati per l’ultima volta in sei parti, ci sono: Loretta e la sua saggezza, Mag-giolo e la sua brevità, Porcelluzzi e la sua storica fedeltà, Buratti e la sua sieropo-sitività, Samantha Luciani e la sua poste-rosità.E come diceva Gesù di Nazareth: «Invec-chiare bene. Viaggiare comodi. Far pian-gere di tanto in tanto le proprie donne».

INUTILE opuscolo letterariogiugno 2011, numero 45supplemento al #1840 di PressItalia.net, registrazione presso il Tribunale di Perugia #33 del 5 maggio 2006.pubblicazione mensile a cura di INUTILE » ASSOCIAZIONE CULTURALE.

la redazionegiacomo buratti, viviana capurso, ferdinando guadalupi, marco montanaro, virginia paparozzi, nicolò porcelluzzi, alessandro romeo, matteo scandolin

hanno collaborato a questo numerovalentina carlucci, andrea maggiolo, loretta jesus mcjagger

postersamantha luciani, “Carne” | www.ernestvirgola.blogspot.com/

per abbonarti prepara 15€ e vai al linkhttp://bit.ly/iqqpRX

wild wild webrivistainutile.it, twitter.com/inutileonline, associazioneinutile.org, micronarrativa.com

inutile

giugno 2011

l a p o s t a d i l o re t t a j e s u s mcjaggeralle mie orecchie è giunta voce che una

coppia si è lasciata perché lui sosteneva (nei confronti della sua bella) che le mail sono come una scopata.nel senso che lei mandava mail ergo scopava ergo tradiva lui.nonsense?Madonna Addolorata, via chat di Facebook

Cara Madonna,prima di tutto vorrei ringraziare il prode M. per aver avuto la prontezza di riflessi di catturare questa conversazione di chat. Passiamo subito ai tuoi interrogativi. Sarei tentata di dirti: sì, si tratta di nonsense ma, avendo io gran rispetto per il nonsense, non posso arrendermi così facilmente. Vedi, cara Madonna, qui non si parla neppure del contenuto di queste mail – avance? inviti a cena? poesie di Cesare Pavese? – quanto dell’atto stesso di comunicare con un mezzo apparentemente incontrollabile come Internet. Internet che, peraltro, ci ha privati, apparentemente, del privato: siamo esseri pubblici, direi quasi, e perennemente, in vetrina. Ma per le nostre nefandezze ci sono comunque le mail e i messaggi (privati). In cui, però, facci caso, pure trasportiamo una componente quasi pubblica di noi stessi. Siamo uffici stampa di noi medesimi, per la miseria, ecco cosa. Così

d’ora in poi non si dirà più: «C’è del buono in ognuno di noi», ma: «C’è del marketing in ognuno di noi». Fino a quindici anni fa eravamo soggetti attratti dalle merci, dalla plastica. Adesso siamo noi gli oggetti e forse, dico forse, le merci sono diventate le emozioni, le suggestioni. Ma sono loro i soggetti, sono loro che ci guidano. E così via col luddismo. Potrei andare avanti per ore, davvero. La verità, nel caso specifico, è un’altra e te la racconterò a breve. Ma prima fammi dire una cosa. Perché il tuo amico (ammesso che si tratti di una coppia di amici, e ammesso che non sia proprio tu la tizia lasciata) non ha voluto affrontare la questione del contenuto di queste mail? Temeva ci fosse del sesso, di mezzo? Ha preferito non sapere? E quel sesso, quel sesso virtuale che tutti voi praticate (ma nessuno lo dice, in quanto pratica socialmente non accettata, non ancora), equivale a una scopata reale? O assomiglia piuttosto agli instant poll degli ultimi ballottaggi? L’espressione di un’intenzione, insomma, che potrebbe avere il valore, per dire, della dichiarazione di voto di Francesco Rutelli per l’Api prima dei ballottaggi di Napoli e Milano? Come vedi, Madonna, è presto per affrontare questi quesiti. Non abbiamo ancora le risposte adeguate davanti all’innovazione tecnologica. Quanto alla questione che tu hai posto, invece: molto semplicemente, lui aveva un’altra da mesi e cercava una scusa per lasciarla. Tutto qua.Stammi bene e ricordati di chiudere la chat di Facebook, quando esci.

OPUSCOLOLETTERARIO numero45

andrea maggiolo:micronarrativa

15 Agosto. Periferie deserte. Flavio, consigliere di Forza Nuova, è rimasto 24

ore chiuso in ascensore. L’han salvato i ghanesi del piano terra.

Ester coltiva pomodori tra la tangenziale e i fumi della discarica. Non li mangerebbe mai. Infatti li vende, ai migliori ristoranti di Roma.

Lia ha vinto 150mila euro a un quiz televisivo. Sa-peva le domande da giorni. Ha dovuto fare a metà con l’aiuto regista. Non ha alcun rimorso.

Eros lavora da McDonald’s. Frigge. Nessuno nota che si guarda intorno, studia le telecamere. La porta sul retro, stasera, la lascia socchiusa.

Romeo, deputato, ha 5 legislature alle spalle. De-stra o sinistra è lo stesso per lui. Ha pochi nemici, zero ideali e 4 figli: tutti sistemati.

giacomo buratti:la parte divertente«Salve.»Con l’indice riporta gli occhiali all’inizio del naso. La gente sorride, o ride di lui, il che lo porta a considerare l’abbandono. Tanto vale andarsene. «Mi hanno chiesto di essere divertente. E mi sono scritto qualcosa, veramente.»Dalla tasca tira fuori un paio di fogli stropicciati. Li guarda. Li mostra al pubblico. Silenzio.«No. È che pensavo fosse divertente. Voglio dire, chi è che usa ancora i fogli di carta.»Li rimette in tasca. La gente, il pubblico, sorride ancora. Lui si risistema gli occhiali. «Dunque. Allora. Giovanni Allevi. Ogni volta che Giovanni Allevi si mette al pianoforte, dalla tomba di Glenn Gould viene un sussurro di bestemmie.»Due, tre persone ridono. Ridere — lo confermano gli scienziati — è importante. Tempo fa la ragazza che gli piaceva gli ha detto che se ridi tanto è come se facessi gli addominali. Non le ha creduto, ma lei gli piaceva davvero tanto. Et voilà! adesso penserà a lei e l’universo delle cose che esistono gli crollerà intorno. Gli oggetti e gli uomini perderanno i loro contorni e arriverà la notte, qui dentro, nel locale, e tutte le vacche saranno nere. Ciò che pensa comunque, che tutte le vacche sono nere. In saecula saeculorum.«Vabè, era difficile. Era solo per vedere quanto odiate Giovanni Allevi. Adesso arriva la parte divertente. Ho scoperto di avere l’AIDS. Quando avevo sette anni. Ovviamente mi sbagliavo. A sette anni non sapevo nemmeno cosa fosse, l’AIDS. E comunque usavo il preservativo.»Il pubblico ride. Pure, lui non lo vuole più fare. La gente lo guarda finalmente interessata e lui vorrebbe scendere da quello che il proprietario del locale chiama “palco” e camminare svelto [sarebbe meglio “correre”, ma correre è troppo, per lui] verso la fermata dell’autobus e aspettare ascoltando musica. «No. Sul serio. Ho veramente creduto di avere l’AIDS, a sette anni. Più o meno per una notte intera. È successo che stavo andando a dormire. Era tardi. Mio padre s’era messo a vedere Philadelphia, per i Bellissimi di Rete4, e io mi sono fermato a guardare. Philadelphia è questo film del ‘93 con Tom Hanks che ha l’AIDS — e Denzel Washington. Mi ricordo questa scena con lui, Hanks, all’ospedale, morente, e Denzel Washington con una bottiglia di spumante in mano, o qualcosa del genere. Vabbè. Dopo vado a letto e sono convinto di avere l’AIDS. Sono convinto al cento per cento.»I volti mobili delle ragazze tra il pubblico si atteggiano in modo da rievocare inequivocabilmente le reazioni suscitate dalla visione dei cuccioli buffi su YouTube. È forse lui un cucciolo buffo? Non lo potrebbe sopportare. Vuole tornarsene a casa.«Ricordiamo che ho sette anni, e per me l’AIDS è una cosa che fa diventare pelato Tom Hanks, che poi muore. Non c’entra assolutamente niente il fatto che Tom Hanks nel film è gay e io e il mio compagno di banco Simone ci eravamo chiusi nel bagno, a scuola, per confrontare i nostri pisellini, e un altro ragazzino ha provato ad aprire la porta spingendo Simone verso di me e me verso la tazza del cesso, e i nostri pisellini per un secondo si sono toccati. Non c’entra proprio niente. Voglio dire, con la storia dell'AIDS. Quelle sono esperienze normali tra bambini normalissimi. È successo a tutti.»La ricreazione è cominciata: tutti si stanno divertendo. Per un secondo lui pensa di poterci convivere, addirittura. Poi succede una cosa. Gli torna in mente quello a cui per mesi la sua mente non aveva saputo non andare. Si ricorda della gioia più grande che la vita gli ha donato, che lo aspetta a casa.«Ero così contento di non essere caduto nella tazza che ho baciato il mio compagno di banco. In bocca.»Deve lasciare alla gente il tempo di ridere, mentre il suo corpo è percorso dai brividi che precedono un conato di vomito. Osserva un ragazzo versarsi addosso della birra, ridendo. La ragazza che è con lui alza gli occhi al cielo. Lui la guarda con aria colpevole; poi, insieme, ridono di nuovo. Quello deve essere il loro sketch. Il comico si potrebbe dire che li invidia. Mai come ora ha desiderato trovarsi nella sua cucina. «Comunque. AIDS.»Parla sempre più veloce, senza rispettare i tempi. Non ha importanza. «All’epoca avevo sopra al letto una cartina, ci segnavo i posti dove sarei andato da grande. Penso: Non vedrò mai New York. Sto morendo.»Avrebbe bisogno di riprendere fiato ma non riesce a fermarsi. «Avevo un pupazzetto di Topo Gigio vicino al letto, e ogni tanto, tipo quando non riuscivo a dormire, facevo finta di parlarci.»Chiudere.«Così faccio: Ehi, Topo Gigio, ho l’AIDS. È una cosa grave.»Il pubblico è stremato. I ragazzi in prima fila e quelli in piedi sono piegati in due. Il comico si china per poggiare il microfono a terra. Scende dal palco ed è fuori, in strada, prima che ci si possa rendere conto di qualcosa.Arrivato a casa, si precipita a spalancare il freezer.Il Gran Soleil alla vaniglia non gli è mai sembrato così buono.

nicolò porcelluzzi:hakarlPerdonate una breve premessa. Nel 1627 una spedizione algerina flage#ò la costa orientale islandese. In totale, 8000 km di navigazione. Possiamo metterci d'accordo, di-re che que#a che segue è la testimonianza di un manoscrit-to trovato in una bottiglia eccetera: in ogni caso, eccovi il punto di vista di Kjartan Erlendsson, sopravvissuto a#a strage.Il sole era nascosto dalle nuvole: arrivarono con il favore della nebbia, del fumo. Stavo tirando le reti, piene d'acqua e di qualche pesce, e facevo una fatica enorme, come se stessi lavorando da solo. Gunnar era con le spalle al villaggio e aveva un’e-spressione che non saprò mai descrivere, aveva gli occhi di vetro e le guance di ceramica. Mi girai e vidi questa flotta impossibile, possente, il Male. Erano marroni come la legna fresca, frustavano le onde. In un minuto eravamo già a terra, e io co-minciai a correre, su per il crinale, quello per anda-re a Djupivogur. Gunnar, come la maggior parte del villaggio, si scagliò verso la cappella, naturale punto di ritrovo e di distribuzione di bastoni e a-sce. Erano quasi tutti intorno alla cappella, e lì fu-rono massacrati. Intanto aspettavo che mi tornas-se il fiato nascosto in una grotta dove giocavamo a nasconderci da bambini, e per due giorni in quella grotta ho mangiato alghe e bevuto l'acqua che mi bagnava i piedi. La sera del giorno dopo tornai, degli scogli erano ancora sporchi di san-gue: e poi cenere, di case e di corpi, teste e brac-cia ovunque. Kristin mi raccontò che se ne erano portati via almeno trenta, tutti giovani, forti. Eizikur e qualche altro vecchio si trascinavano da una parte all’altra, lenti, ricomponendo i pezzi, nessu-na traccia di Gunnar e gli altri. Stava fissando il mare, senza guardarlo: Kristin, dio mio, le dissi. Decisi di prendermi cura di lei, la figlia del reveren-do. Cominciò a parlare dopo tre giorni. Non pote-vo credere a quello che sentivo: sapendo che non era tutto cercavo i suoi occhi grigio chiaro. Comin-ciai a pescare per lei tutti i giorni; dopo tre mesi, il gonfiore del suo ventre era cosa chiara. La notte piangeva e io la abbracciavo, muto. Il giorno del parto le vecchie l'hanno aiutata, senza farglielo ve-dere: ho preso quella cosa per i piedi, e l'ho sbat-tuta sullo scoglio fino a quando mi è rimasto qual-che dito in mano. Poi sono arrivati gli uccelli.

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