tumori testa-collo: li conosciamo davvero ... - multimedica

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OCCHIO ALLA MACCHIA! La degenerazione maculare senile CARDIOLOGIA Antidolorifici e rischi per il cuore CHIRURGIA ONCOLOGICA Tumori testa-collo: li conosciamo davvero? GINECOLOGIA Donne e Medicina Termale INSERTO SALUTE E LAVORO Le vaccinazioni nei lavoratori SANITÀ FUTURO Numero 25 - Autunno 2014 Periodico di informazione del Gruppo MultiMedica AL

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Page 1: Tumori testa-collo: li conosciamo davvero ... - MultiMedica

OCCHIO ALLA MACCHIA!La degenerazionemaculare senile

CARDIOLOGIAAntidolorifici e rischi per il cuore

CHIRURGIA ONCOLOGICATumori testa-collo: li conosciamo davvero?

GINECOLOGIADonne e Medicina Termale

INSERTO SALUTE E LAVOROLe vaccinazioni nei lavoratori

SANITÀ FUTURO

Numero 25 - Autunno 2014

Periodico di informazione del Gruppo MultiMedica

AL

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oncologiaTUMORI TESTA-COLLO:LI CONOSCIAMO DAVVERO?

Sanità al FuturoPeriodico di informazione del Gruppo MultiMedica

Reg. Tribunale di Milano n. 336 del 19 maggio 2003Direttore responsabile: ALESSANDRA CHIARELLO, Responsabile Comunicazione e Formazione, Gruppo MultiMedicaIn Redazione: SIMONA PAGANINI, PIERLUIGI VILLA, Gruppo MultiMedicaEditore: Fondazione MultiMedica ONLUSe-mail della redazione: [email protected]

Progetto grafico e impaginazione: Stampa: PG Media

indice

RUBRICHEARTICOLI

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È stato recentemente presentato il secondo Rapporto del Benes-sere Equo e Sosteni-bile in Italia (BES), re-datto da Istat e CNEL.

I dati raccolti offrono l’immagi-ne di un Paese che, dopo il crollo dell’anno scorso, mantiene sostan-zialmente stabile, ovvero basso, il proprio livello di benessere perce-pito, attestato a un 35%. Nono-stante le differenze territoriali e di genere, il quadro che ne esce è perlopiù omogeneo. Questa uni-formità si riflette, per esempio, sul fronte del benessere più propria-mente fisico. Da un lato si confer-ma sempre più la tendenza, ormai di lungo periodo, verso un miglio-ramento costante delle condizio-ni di salute della popolazione: si va allungando la speranza di vita per uomini e donne e si riducono le principali cause di morte evitabi-li per bambini, giovani e adulti. Tut-tavia, per contro, i comportamen-ti atti a promuovere uno stile di vita sano continuano a rimanere stabi-li, e persistono situazioni di seden-tarietà, obesità, abitudine al fumo. Questo può significare che i citta-dini non riescono a mettere in pra-tica e fare proprie tutte le indica-zioni che in tal senso arrivano dai professionisti della Salute. Non solo, il BES ci dice che se l’indice

di stato fisico della popolazione è complessivamente migliorato tra il 2005 e il 2012, è peggiorato l’indi-ce di stato psicologico. Del resto il perdurare di un contesto difficile, il clima d’incertezza e di crisi, han-no inciso in modo considerevole sul grado di soddisfazione rispet-to alla propria vita, specie in quelle fasce di popolazione che più erano ottimiste fino allo scorso anno, per esempio i giovani, il cui indice cala di ben 4,5 punti. Contro questo clima disperante, mi piace incominciare questo nuo-vo anno lavorativo con una paro-la che vuole essere di incoraggia-mento e buon auspicio: resilienza. Termine poco conosciuto, nato per indicare la resistenza dei metalli alle forze che vi vengono applica-te, ha assunto nel tempo un signifi-cato che va ben oltre il campo del-la metallurgia. Il termine, che pare derivi dal verbo latino resalio (risa-lire su un’imbarcazione rovesciata dalla forza del mare), oggi, nel suo significato dominante, indica l'arte dell'adattamento al cambiamento, volgendo le incertezze in opportu-nità e i rischi in innovazione. Studi scientifici recenti hanno mes-so in evidenza i processi psicolo-gici che stanno alla base di una ri-soluzione dell’evento critico, con l’obiettivo di potenziare la capa-cità resiliente, per adattarsi po-

sitivamente agli eventi stressanti attraverso un lavoro sulla regola-zione emotiva e su alcuni mecca-nismi psicologici in essa implicati. In campo medico, risultano inte-ressanti i dati emersi da un’indagi-ne condotta dal 1995 e il 2011 dal Centro della Talassemia di Ferrara. Lo studio dimostra come i pazien-ti affetti da Talassemia Major siano in grado di fronteggiare e gestire nei fatti le difficoltà quotidiane cau-sate dalla malattia; ha confermato, in 16 anni di monitoraggio, che c'è nei pazienti una maggiore capacità di reazione alle difficoltà provocate dalla malattia. La chiave è rappre-sentata proprio dalla resilienza, che l'individuo coltiva uscendo dal suo status di malato cronico e apren-dosi al mondo esterno alla ricer-ca della normalità, costituita dalla possibilità di studiare, lavorare, far-si una propria famiglia. Non si tratta di negare il dolore o di omettere un’esperienza dolorosa, ma di farne fonte di apprendimen-to. Questa è vera resilienza. Avere chiari gli obiettivi, essere mossi da una forte motivazione; avere spe-ranza e tenacia, un buon livello di autostima, sentirsi efficaci; scorge-re opportunità laddove gli altri ve-dono solo pericoli e minacce. Così anche una crisi può diventare oc-casione di cambiamento e di cre-scita.

editoriale

COLTIVIAMO LA FIDUCIA

mamma e bambino“MANI SICURE”:LA PREVENZIONE DEI TRAUMIDELLA MANO DEL BAMBINO

in-doloreLIBERARSI DAL DOLOREÈ UNA SFIDA DI GRUPPO

buono & sanoFLORA INTESTINALE:COME VARIACAMBIANDO LA DIETA

parlami di teIL CORAGGIODELLA DIFFERENZA

la posta del cuore

MultiMedica FLASH

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cardiologiaIL RISCHIO DELLA CURA:TRA CUORE E DOLORE

vulnologiaLE LESIONI CUTANEEA LENTA GUARIGIONE

ginecologia e ostetriciaLE CURE TERMALIE LA DONNA

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oculisticaOCCHIO ALLA MACCHIA!LA DEGENERAZIONEMACULARE SENILE

editorialeCOLTIVIAMOLA FIDUCIA 1

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Alessandra Chiarello

OCCHIO ALLA MACCHIA!La degenerazionemaculare senile

CARDIOLOGIAAntidolorifici e rischi per il cuore

CHIRURGIA ONCOLOGICATumori testa-collo: li conosciamo davvero?

GINECOLOGIADonne e Medicina Termale

INSERTO SALUTE E LAVOROLe vaccinazioni nei lavoratori

SANITÀ FUTURO

Numero 25 - Autunno 2014

Periodico di informazione del Gruppo MultiMedica

AL

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OCCHIO ALLA MACCHIA!LA DEGENERAZIONE

MACULARE SENILE

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La Degenerazione Ma-culare Legata all’Età (DMLE), anche chiama-ta Degenerazione Ma-culare Senile (DMS), è una malattia degene-

rativa della macula, ovvero della parte centrale della retina deputa-ta alla visione distinta e alla perce-zione dei dettagli. È la causa prin-cipale, nei paesi industrializzati, di perdita severa della visione centra-le negli individui al di sopra dei 50 anni. La visione periferica viene in-vece risparmiata.

Il rischio di DMLE aumenta con l’età. Se piccoli cambiamenti a li-vello della macula sono normali nel fisiologico invecchiamento retinico, e sono in genere silenti, nella DMLE i cambiamenti sono maggiori e più estesi, fondamentalmente di due tipi: atrofici o neovascolari. Nello specifico:• DMLE atrofica (detta anche non neovascolare, non essudativa, sec-ca). È la forma più frequente (80-90% dei casi); solo negli stadi più avanzati (10-20% dei casi) può cau-sare una marcata riduzione della vi-sione come conseguenza dell’atro-fia centrale. Le alterazioni atrofiche sono solitamente precedute dalla

presenza di drusen, ovvero accu-muli di materiale di scarto del me-tabolismo dell’epitelio pigmentato retinico (lo strato più esterno della retina), e da alterazioni dell’epitelio pigmentato retinico stesso. Tende a peggiorare ma lentamente. Può però progredire nella forma più gra-ve, la DMLE neovascolare.• DMLE neovascolare (detta an-che essudativa, umida). Pur essen-do meno frequente, è la forma più invalidante, responsabile dell’80-90% dei casi di marcata riduzio-ne dell’acuità visiva nella DMLE. Spesso preceduta da drusen e da alterazioni dell’epitelio pigmentato retinico, è caratterizzata dalla for-mazione di vasi anomali che causa-no perdite di fluido e/o sangue con conseguente danno alla retina. Lo stadio terminale è rappresentato da una cicatrice. L’evoluzione di que-sta forma può essere molto rapida (anche 48-72 ore). Forme particola-ri di DMLE essudativa sono le Pro-liferazioni Angiomatose Retiniche (RAP) e la vascolopatia polipoidale.

Fattori di rischioLe condizioni predisponenti sono l’età e la presenza di DMLE in un oc-chio: circa il 40% di coloro che sono affetti da DMLE in un occhio svilup-

pa la malattia nell’altro in 3-5 anni.Il fattore di rischio più importante è il fumo di sigaretta: studi clinici han-no provato la diretta correlazione fra numero di anni di abuso del fumo/numero di sigarette fumate e l’au-mento di incidenza di DMLE. Po-tenzialmente dannosa per la retina è inoltre l’esposizione alla luce, in par-ticolare nelle condizioni di forte in-tensità delle radiazioni ultraviolette (estate, soggiorno in paesi tropica-li, riverbero da neve o specchi d’ac-qua). Anche l’obesità e l’assunzione di grassi con la dieta sono associa-te a un aumentato rischio di DMLE. Numerosi studi hanno invece dimo-strato l’effetto protettivo di antiossi-danti, vitamine C e E, minerali come lo zinco e acidi grassi omega-3. È importante quindi un’adeguata as-sunzione di frutta e verdura fresca, soprattutto verde come spinaci e cavolo verde, e di pesce, ed even-tualmente l’utilizzo di specifici inte-gratori.Studi epidemiologici sembrano inol-tre evidenziare che la popolazio-ne bianca abbia un rischio maggio-re di sviluppare DMLE, mentre una miopia maggiore di 3 diottrie risulte-rebbe in una certa misura protettiva. Controversi rimangono i dati relativi al colore dell’iride (soggetti con iride

trano aspetti riferibili a lesione neo-vascolare, è indicata un’angiografia retinica. In questo modo si ottiene una diagnosi sicura.

TerapiaLa DMLE può provocare un dan-no visivo irreversibile. Per la DMLE atrofica non esiste ad oggi terapia. Per la DMLE neovascolare esistono invece possibili trattamenti. Le mi-gliori terapie attualmente disponibili consistono in iniezioni dentro l’oc-chio (intravitreali) di agenti che con-trastano la formazione dei vasi ano-mali e la perdita di liquido e sangue da questi. Nei casi trattati tempe-stivamente, prima che il liquido e il sangue abbiano causato danni irre-versibili alla retina, si riesce quindi ad ottenere anche un certo grado di recupero visivo.Prima dell’avvento delle iniezioni intravitreali la terapia principale era quella laser, in particolare la tera-pia fotodinamica (PDT: PhotoDyna-mic Therapy). I risultati in termini di acuità visiva erano però certamen-te inferiori rispetto alle attuali tera-pie intravitreali.

chiara a maggior rischio). Più recen-temente è stata posta attenzione sul ruolo del fattore genetico nella pre-disposizione alla DMLE: è noto da tempo che i familiari dei soggetti affetti hanno un maggior rischio di malattia, ma ora sono stati indivi-duati alcuni geni precisi associati a un rischio maggiore di sviluppo del-la DMLE. Uno screening prima che insorgano i sintomi faciliterebbe una diagnosi precoce e, se necessario, un intervento tempestivo e mirato, limitando così i danni.

SintomiNelle forme iniziali il paziente può essere totalmente asintomatico; può talvolta notare modica distor-sione delle immagini, sopratutto delle linee rette. Nelle forme neova-scolari i sintomi caratteristici sono visione centrale offuscata con calo della vista anche molto rapido; diffi-coltà di lettura; visione distorta del-le immagini. Nelle forme atrofiche i sintomi sono gli stessi ma a evo-luzione più lenta e graduale, meno accentuati e in genere con iniziale risparmio della visione centrale.

DiagnosiUna diagnosi tempestiva è mol-to importante per limitare il danno.

È possibile rilevare precocemente una DMLE neovascolare effettuan-do controlli periodici dall’oculista (ogni anno nella popolazione con più di 50 anni anche in assenza di sintomi) e utilizzando il Test di Am-sler, un test molto semplice di au-tovalutazione. È costituito da una griglia da osservare con un occhio alla volta, ad una normale distanza di lettura, in un ambiente ben illumi-nato, indossando gli occhiali per vi-cino se normalmente utilizzati nella lettura. Serve per mettere in risal-to i sintomi iniziali della DMLE (le li-nee della griglia vengono viste on-dulate, distorte, interrotte, oppure parti della griglia risultano offusca-te, scure o mancanti) o eventuali cambiamenti dei sintomi stessi, in-dice di un’evoluzione della malattia. In questi casi è importante contat-tare al più presto l’oculista. I con-trolli dovrebbero essere più ravvi-cinati nei soggetti a rischio, ossia nei pazienti che presentano prece-dente interessamento dell’altro oc-chio, drusen di grandi dimensioni e a margini sfumati (soft drusen), irre-golarità pigmentarie.Nel sospetto di DMLE la valutazio-ne oculistica deve includere anche un OCT (Tomografia a Coerenza Ottica) e, se in tale esame si riscon-

oculistica

Paolo Nucci (Direttore),Lucia VitaleUnità di Oculistica,Ospedale San Giuseppe / Università degli Studi di Milano

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TUMORI TESTA-COLLO:LI CONOSCIAMO DAVVERO?

I tumori del distretto cervico-fac-ciale costituiscono una pato-logia oncologica di particolare interesse sia per i contenuti in-novativi delle strategie terapeuti-che che per il crescente impatto

epidemiologico. In Italia si registra-no 12.000 nuovi casi l’anno, con una mortalità di 3.600 pazienti, imputa-bile in gran parte alla diagnosi tar-diva. A dispetto di ciò, secondo una recente indagine condotta dalla Eu-ropean Head and Neck Cancer So-ciety, tre italiani su cinque non cono-scono la dicitura “tumore della testa e del collo” e l’84% degli intervista-ti considera erroneamente il cervel-lo una delle parti del corpo che può essere colpita da questa malattia. Vale quindi la pena parlarne di più. Incominciamo a farlo noi con il dott. Stefano Righini, direttore dell’Uni-tà di Chirurgia Oncologica Cer-vico-Facciale dell’Ospedale San Giuseppe, e con il dott. Gianpie-ro Catalano, direttore del Servizio di Radioterapia del Gruppo Multi-Medica.

Dott. Righini, ci dia innanzitutto qualche numero.I tumori della testa e del collo, o del distretto cervico-facciale, rappre-sentano il 5% di tutti i tumori solidi. I casi sono però in aumento, soprat-tutto fra le donne, che hanno inizia-to a fumare e bere come e più degli uomini. La sede più frequentemente colpita è la laringe, seguita dal cavo orale e dall’orofaringe.

Fumo e alcol sono quindi i princi-pali indiziati?Esatto. Il fumo di tabacco, in parti-colare, costituisce il fattore di rischio più importante. I tumori del cavo orale possono però derivare anche da una scarsa igiene, da un errato posizionamento di protesi dentarie o dalla presenza di denti scheggia-ti. Vi sono poi le cause virali: il virus di Epstein-Barr, che è in stretta rela-zione con il carcinoma del rinofarin-ge o nasofaringeo, e (fatto quasi del tutto misconosciuto presso la popo-lazione non medica perché frutto di recenti ricerche) il Papilloma Virus o HPV, più comunemente noto come responsabile del carcinoma della cervice uterina. Da ultimo, ma non per importanza, anche l’esposizio-ne all’inalazione di polveri di legno e prodotti della lavorazione del cuo-io può essere causa di tumore dei seni paranasali, tanto da classificare questi ultimi come malattie da espo-sizione professionale.

Quali i sintomi?I sintomi non sono mai del tutto evi-denti, perché possono essere con-fusi con quelli di altre patologie be-nigne. Certamente meritano un approfondimento medico segna-li come un’ulcera in bocca, difficol-tà a deglutire (con conseguente calo di peso), emissione di sangue dal-la bocca o dalle vie respiratorie, de-glutizione dolorosa e comparsa di gonfiore nella regione del collo. E ancora: abbassamenti di voce, che

possono indicare una neoplasia alla laringe; mal di testa associato a per-dita dell’olfatto.

Dott. Catalano, si tratta di tumo-ri particolarmente aggressivi, con tendenza alla metastizzazione?È difficile dare una risposta unica, perché molto dipende dalla colloca-zione della neoplasia, dalla sua ori-gine e dalla sua biologia. Per i tumo-ri scatenati da Papilloma Virus, che mediamente colpiscono una popo-lazione più giovane, si è registrato un altissimo tasso di guarigione di-rettamente proporzionale alla tem-pestività di intervento. Pertanto, come e forse più che in altri tipi di neoplasie, il fattore tempo qui gio-ca un ruolo determinante. In gene-rale si tratta comunque di tumori che metastatizzano meno di altri, soprat-tutto per diffusione loco-regionale, e che hanno buone possibilità di gua-rigione.

Entriamo quindi nel merito della cura. Dottor Righini, quali gli at-tuali approcci terapeutici? Differenziamo i tumori diagnosticati precocemente dai tumori cosiddet-ti “localmente avanzati”. Nel primo caso sia la chirurgia che la Radio-terapia si sono dimostrate estrema-mente efficaci e offrono un’elevata probabilità di guarigione. La scelta tra queste due alternative dipende dalle condizioni generali del malato, dalla valutazione degli effetti collate-rali, dal rischio chirurgico.

A.C.

oncologia

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Per i tumori localmente avanzati, in-vece, la situazione è più complessa. In questi casi la strategia deve più che mai essere polispecialistica, ca-ratterizzata da sinergia terapeutica: all’ampia demolizione chirurgica, in-fatti, deve sempre seguire l’imme-diata ricostruzione dell’area operata, al fine di ripristinarne le funzionali-tà, per arrivare poi all’imprescindibi-le trattamento radioterapeutico e, a volte, chemioterapico. Per questa loro eterogeneità e com-plessità, i tumori che interessano il distretto testa-collo, soprattutto quelli localmente avanzati, devono essere trattati da èquipe multispe-cialistiche, come quella presente in MultiMedica. Solo la complemen-tarietà di chirurgo cervico-faccia-le, radioterapista, oncologo medico, anatomopatologo, logopedista e ra-diologo può garantire la definizione del percorso di cura più appropria-to e “su misura” per ogni singolo pa-ziente.

Radioterapia protagonista, mi sembra di capire. È davvero così?Non possiamo generalizzare. Di-pende da caso a caso. È però vero che la Radioterapia, nei tumori dia-gnosticati precocemente, ha dei vantaggi. Ricordiamo, per esempio, che le tecniche radioterapiche più moderne permettono di concen-trare le radiazioni solo sulla zona colpita da malattia, risparmiando i tessuti sani circostanti. Ecco l’im-portanza del Radiologo che, data la complessità anatomica dei distret-ti coinvolti, ci aiuta nel determina-re in modo estremamente preciso il bersaglio da colpire. Tra l’altro la tecnica utilizzata per il trattamento radioterapico dei tumori del distret-to cervico-facciale è attualmente in una fase particolarmente dinamica. Recenti studi pubblicati su presti-giose riviste scientifiche come Lan-cet indicano come le tecniche mo-derne, in particolare l’IMRT, siano in grado di ottenere, rispetto alle tec-niche convenzionali, vantaggi in ter-mini di riduzione di effetti collaterali su diverse sedi del distretto cervi-co-facciale. Un esempio è la xero-stomia (blocco della salivazione), drasticamente ridotta con l’IMRT rispetto alla Radioterapia conven-zionale. Ma anche nei tumori local-mente avanzati, ove la Radioterapia è complementare alla chirurgia, la

recente evoluzione tecnologica per-mette di arrivare ad alti dosaggi sal-vaguardando il lavoro del chirurgo ricostruttore.

Cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro?Si sta studiando l’utilizzo della Ra-dioterapia nei casi di recidive lo-co-regionali o di nuovi tumori in pazienti già precedentemente ir-radiati sullo stesso distretto. Gra-zie alle moderne tecniche, in casi selezionati, le re-irradiazioni trova-no indicazioni terapeutiche fino a qualche anno fa considerate impra-ticabili. Mi aspetto quindi che la Ra-dioterapia rappresenti sempre più una terapia chiave per il trattamen-to di queste neoplasie in tutte le fasi della malattia, dallo stadio precoce a quello localmente avanzato.

E in ambito chirurgico?Le novità più interessanti sono in campo ricostruttivo, con l’avvento dei “lembi assiali perforati”. Fino a pochi anni fa, infatti, l’unica “arma” a nostra disposizione per ricostrui-re le porzioni anatomiche demolite dall’asportazione del tumore erano i cosiddetti “lembi liberi microva-scolari”, ovvero porzioni di tessuto che venivano letteralmente trapian-tate nell’area ricevente, con la “ricu-citura” al microscopio di ogni singo-lo vaso sanguigno. I lembi assiali, invece, evitano questo passaggio perché si basano sul sistema di va-scolarizzazione cutaneo diretto. Ba-nalmente, l’irrorazione dei suddet-ti lembi avviene tramite deviazione del flusso sanguigno in vasi già esi-stenti e non attraverso la costruzio-ne di nuovi vasi, come nel caso dei lembi liberi, con notevoli vantaggi e benefici per il paziente durante e dopo l’intervento. Sul fronte tecnologico (dopo la de-lusione della chirurgia robotica di “prima generazione”, che tante aspettative ha generato, rivelandosi di fatto poco migliorativa) mi aspet-to, in un futuro ormai prossimo, la creazione di robot ideati apposita-mente per la chirurgia endo-orale. Questo potrebbe aprire le porte a una nuova fase della chirurgia on-cologica cervico-facciale.

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nasi COX 1 che producono le utili prostaciclinedi tipo 1, da cui dipen-de il benessere e l’equilibrio dell’or-ganismo, poiché mantengono l’efficienza degli organi che apposi-tamente le generano.Nel caso un paziente si presenti con un quadro di ridotta perfusione del rene, la produzione di urina viene garantita essenzialmente dall’azio-ne delle prostacicline renali di tipo 1, generate dall’azione della COX-1 locale. L’eventuale assunzione di un farmaco FANS, o di un farmaco ini-bitore dell’azione della COX-2, può inibire, in concomitanza, la COX-1 determinando l’insorgere dell’insuf-ficienza renale.In sintesi, a fronte di quanto sche-maticamente illustrato nei paragra-fi precedenti, nel caso l’effetto dei FANS avvenga inopportunamente a carico delle prostacicline prodot-te dalla COX-1 presente nelle pia-strine, si può configurare il pericolo di eventi trombotici acuti, anche co-ronarici, più frequenti tra i soggetti portatori di fattori di rischio cardio-vascolare, vale a dire i diabetici, gli ipertesi, i dislipidemici o i fumatori.

agiscono localmente e la cui con-centrazione può aumentare da 10 a 18 volte in seguito alla stimola-zione da parte di fattori di crescita come le sostanze che promuovo-no l’espansione dei tumori, le ci-tochine, sostanze vasoattive, altre sostanze batteriche come l'endo-tossina poli-saccaridica dei germi gram-negativi, che è particolar-mente potente, e la trombina o fat-tore II attivato della coagulazione. Si tratta di sostanze che innesca-no e mantengono i meccanismi di danno ai tessuti dell’organismo, dovuti alla risposta infiammatoria. Contro le COX 2 agiscono in modo diretto i FANS, che sono in grado di neutralizzarle, e questo ne spiega l’ampio uso nella prescrizione me-dica e nell’autoprescrizione sup-portata dai benefici che derivano dal controllo del sintomo doloroso o febbrile o, ancora, nella preven-zione degli eventi trombotici.

Da dove nasce la pericolosità dell’azione dei FANS?Accanto alle prostaglandine COX 2 che, come detto, sono prodotte a seguito di una stimolazione no-civa, nell’organismo sono generati altri tipi di prostaglandine denomi-nate COX 1. Queste sono prodotte

spontaneamente, sempre partendo dall’acido arachidonico, in diverse cellule e tessuti del corpo. La fun-zione di queste molecole è quel-la che gli inglesi definiscono hou-sekeeping, cioè “tenere in ordine” la funzione dei tessuti e quindi de-gli organi in cui esse vengono pro-dotte. Tra queste azioni, per esem-pio, vi è quella espressa tramite la COX-1 a livello gastrico al fine di proteggere le cellule dello stoma-co. La presenza di questa COX-1 può aumentare fino a quattro vol-te a seguito di stimolazioni umorali, incrementando in parallelo il livello di gastroprotezione esercitata. A livello renale le prostacicline pro-dotte tramite l’azione della COX 1 hanno l’effetto determinante di ga-rantire la perfusione delle unità fun-zionali che producono l’urina, cioè dei glomeruli. Quest’azione è cru-ciale particolarmente quando il flusso di sangue al rene risulti ridot-to per ragioni diverse.I FANS possono efficacemente at-tenuare gli effetti dolorosi dell'in-fiammazione e controllare efficace-mente altre condizioni patologiche, mediate dall’azione delle prostaci-cline di tipo 2 cioè prodotte dalla COX 2, ma non hanno capacità se-lettiva nei riguardi delle ciclossige-

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cardiologia

Edoardo GrondaDirettore Unità di Cardiologia,IRCCS MultiMedica

In Europa si stima che circa un quinto della popolazione glo-bale (circa 100 milioni) sia por-tatore di malattie articolari che si aggravano nel tempo. In pri-mis l’artrosi, la patologia artico-

lare più comune tra le persone over 80 dovuta alla progressiva degene-razione del tessuto articolare, e poi malattie infiammatorie delle grandi e piccole articolazioni, le cosiddet-te malattie artritiche (o artriti) che determinano la distruzione dei tes-suti articolari a seguito dello svilup-po di un quadro d’infiammazione. Quadri patologici caratterizzati da forte sensazione di dolore sia con il movimento articolare, sia con la sola azione gravativa come quella di mantenere la posizione eretta.

Tra i suddetti cento milioni, una percentuale variabile dall’1 al 5% è esposta ai rischi nefrotossici e car-diovascolari indotti dall’assunzio-ne di sostanze cosiddette pain kil-ler cioè di farmaci anti infiammatori non steroidei (identificabili dalla si-gla FANS). Il numero è in via d’in-cremento per l’uso spesso esage-rato di queste sostanze assunte

anche a scopo anti febbrile o pre-ventivo nei riguardi del dolore ar-ticolare. Questi dati fanno ritene-re che in Europa tra 1 e 5 milioni di pazienti ogni anno possano svi-luppare un quadro d’insufficienza renale o una patologia cardiova-scolare acuta come l’attacco car-diaco, proprio per l’effetto iatroge-no dei FANS.Nella popolazione europea si sti-ma che, in circa il 20% dei sogget-ti, l’insufficienza renale seconda-ria all’assunzione di FANS possa determinare una condizione cli-nica particolarmente severa, poi-chè i soggetti che la sviluppano sono portatori di un quadro di bas-sa perfusione del rene conseguen-te ad insufficienza cardiaca (ovvero scompenso cardiaco) o ad un’al-tra condizione particolarmente fre-quente negli anziani, l’ipovolemia relativa conseguente all’invecchia-mento biologico. Fortunatamente, le complican-ze renali indotte dai FANS sono, in genere,completamente reversibi-li se il medico messo in sospetto sospende per tempo il farmaco re-sponsabile del danno. Nel caso ciò

non avvenga si può arrivare alla ne-cessità di ricoverare il paziente con un quadro d’insufficienza renale re-lativamente avanzata, non di rado associata all’insufficienza cardiaca acuta. La domanda è quindi spontanea: perchè l’assunzione di FANS può divenire responsabile di un danno renale, e più in generale cardiova-scolare, potenzialmente così grave e frequente?La ragione risiede nella modalità con cui queste molecole contrasta-no i meccanismi di alcune patolo-gie come l’infiammazione, riducono il dolore, abbattono l’ipertermia do-vuta a stati febbrili e possono ridur-re l’eccessiva tendenza all’aggre-gazione delle piastrine che porta alla formazione di trombi endova-scolari con ostruzione acuta del cir-colo sanguigno.Tutte le condizioni patologiche in-dicate sono caratterizzate dal-la produzione, da parte dei tessu-ti infiammati, di sostanze derivate dall’acido archidonico: le prosta-glandine2, prodotte dall’attivazione dell’enzima ciclossigenasi 2 (iden-tificabile con la sigla COX 2), che

IL RISCHIO DELLA CURA: TRA CUORE E DOLORE

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ni nel corso della giornata. Potreb-be essere necessario modificare una terapia già in atto o iniziare una terapia nuova. Non meno importan-te è però il trattamento locale del-la lesione con l’impiego di prodotti ad hoc a seconda delle caratteri-stiche, delle dimensioni, della pro-fondità delle lesioni. Ad esempio, il trattamento locale di una lesione con una forte secrezione o di una lesione secca andrà effettuato con

prodotti completa-mente diversi: nel primo caso si uti-lizzeranno prodot-ti con elevata capa-cità assorbente, nel secondo medica-zioni in grado di ren-dere soffice la lesio-ne. In ogni caso lo scopo è di creare un micro ambiente lo-cale che promuova e faciliti la guarigio-ne della ferita. Allo stesso modo un’ul-cera venosa avrà bisogno di un ben-daggio elasto-com-pressivo che invece sarebbe devastante in caso di un’ulcera arteriosa. Ecco perché, nel trattamento delle le-sioni cutanee, è fondamentale un approccio multi-disciplinare medi-co-infermieristico in modo da affronta-re il problema da di-versi punti di vista e con competenze specialistiche etero-genee (chirurgia va-scolare, chirurgia generale, chirurgia plastica, dermatolo-

gia, diabetologia, medicina interna, chirurgia della mano e del piede). Quindi, nel trattamento delle ulce-re e feriti difficili è solo il lavoro di squadra che può fare la differenza tra un trattamento più o meno effi-cace e duraturo nel tempo.

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LE LESIONI CUTANEEA LENTA GUARIGIONE

vulnologia

Il termine latino vulnus significa “ferita”, la Vulnologia è dun-que quella branca della Medi-cina che si occupa delle feri-te. In particolare si occupa di quelle lesioni della cute che

hanno una guarigione molto lenta, le cosiddette “ferite difficili” o “ul-cere cutanee croniche”.

Ma cosa si intende per ulcera cu-tanea? L’ulcera è una piaga che interessa via via sempre più pro-fondamente i vari strati della cute, soprattutto degli arti inferiori, fino ad arrivare a interessare anche i

muscoli. Sono lesioni che han-no una scarsissima tendenza alla guarigione, spesso sono molto do-lorose ed hanno la propensione a recidivare. Si localizzano più fre-quentemente negli arti inferiori per

vari motivi: gli arti inferiori sono più soggetti ad alterazioni del sistema circolatorio; le gambe possono es-sere interessate da traumi; il pie-de è interessato negli anziani da deformazioni dovute all’artrosi; in-fine, lo scarso spessore della cute nel segmento distale della gamba è un terreno che favorisce la compar-sa delle lesioni.È un problema complesso, misco-nosciuto ai più e spesso sottovalu-tato, occorre dunque affrontarlo in modo corretto, in ottica multi-disci-plinare, prendendo in considerazio-ne innanzitutto le cause che hanno

portato alla formazione della lesio-ne, sulla base delle quali andrà de-finito il più appropriato percorso te-rapeutico. Recentemente si sono resi disponibili nuovi prodotti tera-peutici ad elevato contenuto tec-

nologico (medicazioni avanzate e biologiche) la cui adozione all’inter-no della pratica clinica deve esse-re sottoposta ad una attenta ana-lisi guidata da principi di evidenza medica, uno strumento fondamen-tale per orientare le scelte dei Sa-nitari nel trattamento e nell’indivi-duazione delle risorse in un’ottica di rischio-beneficio.

La formazione di una lesione croni-ca ulcerata della cute può derivare da diversi fattori e numerose sono le cause che possono ritardare ed ostacolarne la guarigione. Nel trat-tamento di queste lesioni è fonda-mentale l’identificazione e la corre-zione dei fattori che impediscono la normale evoluzione del processo ri-partivo e solo questo può garantire il successo terapeutico. Per quanto riguarda la genesi circa il 80% delle lesioni ulcerative croniche cutanee è costituito da ulcere da pressio-ne (dette anche ulcere da decubi-to), ulcere venose e ulcere del pie-de nel soggetto diabetico. L’altro 20% comprende ulcere da malat-tie immunologiche, dermatologi-che, neurologiche, da neoplasie.

Per un quadro di sintesi:Ulcere da pressione (o da decubito)L’incidenza delle lesioni da pres-sione, o da decubito, è andata au-mentando negli ultimi anni a seguito dell’aumento della popolazione an-ziana e con patologie cronico-disa-bilitanti. In questo caso è importan-te da un lato prevenire e trattare i fattori che ne favoriscono la forma-zione (malnutrizione, anemia, dia-bete, incontinenza urinaria e/o feca-le), dall’altro evitare i fattori meccanici che agiscono local-mente sulla cute (la posizione obbligata per ore, lo stiramen-to e lo sfregamento della cute).

Ulcere venoseLe ulcere venose costituiscono il 70-80% delle ulcere da cause vascolari e si presentano più fre-quentemente dopo i 60 anni e nel sesso femminile. Sono do-vute alla iperpres-sione sanguigna che si forma in vene varicose e molto di-latate.

Diabete mellitoIl diabete provoca alterazioni dei vasi sanguigni, maggio-re suscettibilità alle infezioni della pelle, stato infiammatorio cronico: tutti fattori di rischio per la for-mazione di ulcere. Tra le infezioni più temute e invalidanti, il cosiddetto “piede diabetico” che col-pisce circa il 25% dei pazienti diabetici.

Ulcere arterioseSono lesioni che compaiono gene-ralmente in soggetti anziani, per lo più maschi, che presentano un de-ficit della circolazione arteriosa agli arti inferiori. La causa generalmen-te è l’alterazione del colesterolo o il fumo di sigaretta. Entrambi que-sti fattori causano un restringimen-to delle arterie associato a uno sta-

to infiammatorio cronico che causa una diminuzione del flusso di san-gue agli arti inferioriAl fine di migliorare e rendere effica-ce la cura del paziente affetto da ul-cere croniche di difficile guarigione è di fondamentale importanza lo svi-luppo di centri specializzati proprio in Vulnologia, come quello presente nel nostro ospedale di Castellanza. Alla prima visita si deve cercare di dare un corretto inquadramento del

paziente, per identificare le cause scatenanti ed il trattamento delle stesse. Non ci si deve infatti limitare a trattamenti con medicazioni loca-li ma si deve capire ciò che ha pro-vocato la lesione per poterla trat-tare in modo appropriato. Per cui potrebbero essere necessari esami strumentali come l’ecografia-dop-pler, per studiare il circolo arterioso e venoso, oppure esami ematici per vedere la glicemia e le sue variazio-

Franco CaravatiDirettore Unità di Chirurgia Generale,Ospedale MultiMedica Castellanza

Fulvio D’AngeloUnità di Chirurgia Vascolare,Ospedale MultiMedica Castellanza

Si deve capire ciò che haprovocato la lesione per poterla trattare in modo appropriato

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LE CURE TERMALIE LA DONNA

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Emilio GrossiDirettore Unità di Fisiopatologia della Gravidanza,Ospedale San Giuseppe

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ginecologiae ostetricia

Il potere curativo delle acque termali è noto sino dall’età greco-romana. Questo è te-stimoniato dal fatto che ogni città romana di una certa im-portanza sorgeva nei pressi di

una fonte termale attorno alla qua-le venivano edificate imponenti co-struzioni. Da allora le cure terma-li hanno avuto grande importanza nelle terapie di varie affezioni, con notevole espansione tra il 1700 e il 1800, secoli nei quali vennero rea-lizzati grandi stabilimenti termali in tutta Europa, Italia compresa.

Nel ventesimo secolo, con lo svi-luppo della farmacologia, le cure tradizionali furono precipitosamen-te abbandonate in favore delle tera-pie farmacologiche. Ma già alla fine

dello stesso secolo, la comprova-ta efficacia delle cure termali, as-sociata alla loro assenza di effetti

collaterali negativi, ne hanno fat-to rivivere una seconda giovinez-za. Per cui ai noti centri termali ora rinnovati e potenziati si affiancano oggi nuove stazioni termali.L’acqua è l’elemento base di cia-scun organismo vivente ed è all’ori-gine della vita. Essa rappresen-ta più del 60% del peso corporeo nell’uomo.Le capacità curative delle acque termali risiedono negli elementi in esse disciolti che, assorbiti dalla pelle o dal tubo digerente, sono ca-paci di azione curativa:• lo iodio è tonificante, potenzian-do la funzione della tiroide che sti-mola le principali funzioni del cor-po. A livello topico è disinfettante• il bromo, alle basse dosi conte-nute nell’acqua, è antisettico, se-

dativo e miorilassante• il magnesio è un potente energe-tico è miorilassante della muscola-

tura liscia (utero), è lassativo e ipo-glicemizzante• il calcio è antidolorifico, sedativo, fluidificante delle secrezioni muco-se, costituente delle ossa• lo zolfo è essenziale nella sinte-si di amminoacidi, proteine ed enzi-mi necessari alla vita. È presente in tutto il corpo dai capelli, alla pelle al cervello. Utile nella cura delle artri-ti e dermatiti• il litio è utile nella cura della de-pressione e delle turbe dell’ umore, è protettivo dei neuroni.

Le acque termali, inoltre, esplicano le azioni curative dei propri elemen-ti in vari modi:• per inalazioni, con insufflazioni, aerosol, humage, nebulizzazioni, ir-rigazioni, docce micronizzate• per idropinoterapia, vale a dire le acque bevute in quantità e tempi stabiliti dai vari protocolli• per immersione, sfruttando tem-perature e variazioni di pressione mediante bagni con idromassaggi e percorso vascolare• per fanghi termali, a 44-48 gra-di attraverso la pelle i vari minerali sciolti nei fanghi termali raggiungo-no le cartilagini colpite da processi flogistico-degenerativi

ti per la vita. I bagni e il percorso va-scolare migliorano le importanti pa-tologie circolatorie degli arti inferiori, permette una migliore e più facile ria-bilitazione motoria negli esiti di trau-mi e sequele di ictus. Permettono un’importante cura di vaginiti e vagi-nosi legate all’atrofia genitale. I fan-ghi sono coadiuvanti nel trattamento dell’artrosi, danno notevoli vantaggi nei periodi di riabilitazione motoria; i fanghi vellutati sono eutrofici per la pelle. Le inalazioni sono coadiuvanti delle patologie orofaringee e polmo-nari. Le terme romane sono coadiu-vanti delle attività per il miglioramen-to della circolazione sanguigna. È quindi chiaro come un utilizzo del-le cure termali durante tutta la vita della donna aiuti in modo completa-mente sicuro e indolore lo svolger-si delle sue varie fasi vitali senza ri-correre ad alcun prodotto chimico. L’abitudine all’utilizzo delle cure ter-mali inoltre aiuta la donna a una mi-gliore conoscenza della fisiologia della vita femminile e ad abituarsi a dedicare del tempo utile alla propria salute.

• nelle terme romane, che amplifi-cano il potere curativo delle acque termali con variazioni di temperatu-ra e tasso di umidità.

La millenaria scienza medico-ter-male descrive le fonti salso-bromo-iodiche-litio-magnesiache-solfuree come terme particolarmente indica-te alla donna, preventive e curative dei disturbi nei suoi vari stadi vitali.Nell’infanzia-adolescenza le im-mersioni in queste acque terma-li curano le vulvo-vaginiti da vita di comunità (scuola) oggi sempre più frequenti anche a causa dei conser-vanti nei cibi. Il bere le acque risolve i disturbi intestinali derivati da die-te incongrue ed è molto utile nel mi-gliorare le sindromi dismenorroiche (il magnesio è un potente miorilas-sante uterino). Le inalazioni sono uti-li per la cura e la prevenzione delle faringo-tonsilliti infantili e potenti co-adiuvanti nella cura delle allergie re-spiratorie.Nel periodo gravidico, bagni e be-vute di questo tipo di acque terma-li sono miorilassanti uterini antiset-tiche e disinfettanti per le flogosi vulvo-vaginali, regolatori gastroin-testinali (stipsi gravidica), mentre il percorso vascolare caratterizzato da

idromassaggio di acqua termale con variazione di temperatura è molto utile per le varicosità e gli edemi de-clivi che caratterizzano spesso il ter-zo trimestre della gravidanza. Le ina-lazioni sono utili per le patologie e le allergie delle vie respiratorie in un pe-riodo come la gravidanza in cui mol-ti prodotti farmacologici sono vietati. I fanghi sono utili nell’alleviare i dolo-ri derivanti dal sovraccarico articola-re, le sciatalgie e le pubalgie.Nel corso della menopausa l’idro-pinoterapia è utile per i sintomi ga-stro-intestinali (stipsi-colite), la disi-dratazione seguente ai sintomi vagali (scalmane) e l’osteoporosi. Le inala-zioni sono utili per prevenire e curare le patologie orofaringee derivate dai sintomi vagali. Il percorso vascolare e le immersioni favoriscono i deficit circolatori degli arti inferiori, riduco-no gli effetti della sindrome vagale ed esercitano un’utile azione trofico-di-sinfettante a livello vulvo-vaginale. I fanghi sono utili per la cura di artral-gie ed osteoporosi. Le terme romane sono utili nell’antagonizzare la sin-drome vagale e le ritenzioni idriche.E infine la terza età. L’idropinotera-pia migliora le patologie gastro-ente-riche che affliggono questo periodo e permette l’assorbimento di elemen-

Per appuntamentiSSN: 02-86.87.88.89A pagamento: 02-999.61.999

L’acqua termale può dare ungrande aiuto ai problemi medici femminili, in modo del tutto naturale

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incendi. Se proprio non si vuole ri-nunciare, è opportuno seguire delle regole: acquistare solo giochi piro-tecnici autorizzati che riportino sul-la confezione l’etichetta con il nu-mero del decreto ministeriale; non lasciare soli i bambini nell’utilizzo dei fuochi d’artificio; non modifica-re i petardi e non confezionarne di artigianali; accendere fuochi sem-pre all’aperto e lontano da case, automobili e da altri fuochi d’artifi-cio; mai avvicinarli ad occhi e viso; in caso di fuochi che non funzioni-no o siano inesplosi mai cercare di riaccenderli; non cercare di accen-dere i fuochi trovati per terra né ac-cendere petardi in contenitori che si possono frantumare disseminan-do schegge. In caso di un trauma alla mano la prima cosa da fare è chiamare il 118, la cui centrale operativa con-tatterà immediatamente il più vicino centro specializzato nei traumi del-la mano, come quello dell’Ospeda-le San Giuseppe. Il chirurgo specia-lizzato valuta in questo modo al più presto il piccolo paziente garanten-do, in caso di bisogno, l’accesso immediato alla sala operatoria con un équipe pediatrica a disposizione.Per informazioni più dettagliate è possibile consultare il sito della SICM www.manisicure.it, che, tra l'altro, proietta in chiave europea gli interessi di prevenzione degli in-cidenti alle mani in collaborazione con la Hand Trauma Commission della Federazione Europea del-le Società di Chirurgia della Mano (FESCM).

“MANI SICURE”:LA PREVENZIONE DEI TRAUMI DELLA MANO DEL BAMBINO

mamma e bambino

Giorgio Pajardi (Direttore),Laura FronteroUnità di Chirurgia della Mano,Gruppo MultiMedica / Università degli Studi di Milano

bini (casa, scuola, palestre, spazi gio-co, ecc.) rappresen-tano anche fonte ed occasione di inci-denti significativi per quantità e gravità. La maggior parte degli infortuni accade tra le mura domestiche

e non sempre sono eventi di bassa lesività. Si pensi, per esempio, alle ferite da ustione, che rappresenta-no la terza causa di trauma nell’età pediatrica con importanti ripercus-sioni anche psicologiche nell’età adulta. Le ustioni da liquido bollen-te (acqua, biberon, minestra, ecc.) sono le più frequenti (61%), segui-te da quelle provocate dal contatto diretto del corpo con superfici ro-venti (ferro da stiro, forno, piastra da cucina) (20%), da fiamma libe-ra (8%), vampate di calore (7%), sostanze chimiche (2%) ed elettri-che (1%). È poi fondamentale te-nere sempre in luoghi non raggiun-gibili prodotti caustici di detersione e pulizia, così come è importante tenere sempre in luoghi non rag-giungibili le attrezzature da giardi-naggio e carpenteria e tutti quegli elettrodomestici che vanno utiliz-zati con estrema cautela. A scuola le forbici appuntite van-no sempre evitate, così come lame affilate e di eccessiva lunghezza.

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Controindicati sono tagliacarte e taglierini. Inoltre una corretta ma-nutenzione dei banchi diminuisce il rischio di penetrazioni di scheg-ge lignee. Come negli adulti, l’utilizzo di anelli nei bambini costituisce un elemento di pericolo elevato. Durante le attivi-tà sportive o ludiche, i bambini de-vono essere sprovvisti di ogni forma di anello e bracciale, onde evitare che possano agganciarsi a reti, gan-ci, vestiti e ornamenti di altri com-pagni, causando uno sguantamento o amputazione da strappamento del dito della mano per gli anelli o feri-ta lacera per i bracciali. In caso di trauma alla mano, qualora il bambi-no porti anelli, è necessario toglierli immediatamente prima che la mano e le dita si gonfino e non sia più pos-sibile sfilarli inducendo poi sofferen-ze vascolari per il blocco che l’anel-lo provoca alla circolazione.L’uso incauto ed inappropriato dei petardi può essere causa di lesio-ni gravi, in particolare alle mani, e assai spesso interessano i bambini. Negli ultimi anni si sta assistendo ad una graduale seppur lenta dimi-nuzione degli infortuni da petardi. La riduzione delle vittime è legata ad una campagna di prevenzio-ne sempre più attiva e ad una lotta sempre maggiore ai petardi illegali da parte delle forze dell’ordine. Non esistono fuochi d’artificio “sicuri” pur essendone permessa la ven-dita. Persino le stelline che usano i bambini con disinvoltura bruciano a 300° e possono causare ustioni ed

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Si comincia proprio dai più piccoli, dai bambini, per costru-ire un percorso di educazione alla sa-lute e in particola-

re allo stile di vita che possa evita-re i numerosi infortuni che in Italia affliggono circa 200.000 pazien-ti/anno ricoverati in ospedale per traumi all'arto superiore.

Ogni anno sono oltre 1 milione e 300 mila le persone che si recano in Pronto Soccorso per un infortu-nio all’arto superiore costituendo il 6% del totale degli accessi e il 20% degli accessi per trauma. L’an-damento per età dei tassi di inci-

denza di ricovero ospedaliero mo-stra 2 picchi: il primo (400 casi per 100.000 abitanti/anno) centrato sui

12 anni di età, il secondo nelle età più avanzate (700 casi per 100.000 abitanti/anno).Alla luce di dati così allarmanti la Società Italiana di Chirurgia della Mano (SICM) ha costituito il grup-po di studio per la prevenzione de-gli infortuni alla mano (TrauMaNo) e ha indetto la Campagna di Preven-zione degli Infortuni alla Mano del Bambino per il triennio 2013-2015. L’iniziativa mira alla riduzione dal primo mese di vita ai 18 anni degli infortuni alla mano correlati ai com-portamenti e allo stile di vita pro-prio, della famiglia e di coloro con cui i giovani interagiscono quoti-dianamente (insegnanti, educatori, allenatori, ecc). La campagna pre-

ventiva tende anche a classifica-re i fattori di rischio e a sviluppa-re un modello di “fare salute” con

al centro e co-attore il bambino e la collettività che gli sta intorno col-locandosi in un programma di pre-venzione primaria, che ha lo scopo di ridurre l’incidenza, cioè la com-parsa di nuovi casi nella popolazio-ne sana.Nell'ambito della campagna di co-municazione sono stati curati me-todi per il coinvolgimento dei bam-bini, delle famiglie e di chi sta loro vicino, utilizzando materiali di co-municazione interattiva, vignette e fumetti capaci di rappresentare le situazioni a rischio e la percezio-ne che gli stessi bambini hanno dei pericoli del quotidiano. Si è però ri-tenuto necessario affiancare un più esteso programma di informa-zione (incontri e lezioni) con coin-volgimento e impegno diretto del-la SICM, in stretta collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministero della Salute e della OMS, il MIUR, il Ministero dell'Interno, gli uffici scolastici regionali e provin-ciali, gli istituti paritari, i Comuni, le diocesi e le società sportive.

È noto infatti che gli ambienti che proteggono e intrattengono i bam-

La maggior parte degli infortuniaccade tra le mura domestiche e non sempre sono eventi poco gravi

Per appuntamentiSSN: 02-86.87.88.89A pagamento: 02-999.61.999

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loro volta non esprimono al fami-liare ammalato per lo stesso scopo di protezione dalla sofferenza, cre-ando così una congiura del silen-zio, dove ognuno piange in came-ra propria. Abbattere questo muro di “non detti” ha aiutato i nostri pazienti a ritrovare, e a volte a trovare per la prima volta, la sensazione di ave-re il diritto e la voglia di combatte-re la malattia, sentendosi attori e protagonisti della propria vita. Inol-tre, attraversando situazioni pe-nose anche precedenti alla malat-tia, hanno potuto constatare che il dolore incoercibile del cancro era causato sì dalla malattia ma au-mentato anche da mal-esseri pre-cedenti ed assopiti che abbassa-vano la soglia della percezione del dolore. Infine questa esperienza ha rinforzato il loro senso di essere combattenti contro il nemico can-cro-passività, rendendoli più attivi nelle scelte terapeutiche, riabilitati-ve e di supporto.

fronto tra persone con un denomi-natore comune, si può sperimenta-re la reciprocità nel vedere anche negli altri le proprie stesse difficol-tà; si possono inoltre scambiare e apprendere esperienze collegate al disagio di sentirsi ammalati, cioè diversi. I componenti del gruppo possono parlare e mostrare le pro-prie fragilità che possono essere ascoltate comprese ed attraversa-te dall’esperienza condivisa e gui-data dallo psicologo, che permette ai componenti di potersi rispec-chiare e confrontare, stimolando lo scambio di una visione: dal sentirsi ammalati nel corpo-mente ad una riabilitazione globale stimolando la parte vitale e progettuale insita nel-la natura umana.Il gruppo è uno strumento privi-legiato per uscire da uno stato di sofferenza che tenderebbe all’iso-lamento, in direzione di una pale-stra protetta di socializzazione, pri-ma di affrontare il “mare aperto” del sociale. Noi viviamo in una socie-tà retta dalla chimera del ben-es-

sere a tutti i costi, dove non siamo educati al concetto di limite, che in-vece la malattia oncologica insegna attraverso l’esperienza di una nuo-va percezione del tempo scandito dai cicli di terapie, dalle attese, dal-le incognite. Il gruppo quindi anche come strumento centrifugo per ac-celerare i tempi dell’apprendimento ad un nuovo adattamento alla vita ed anche ai cambiamenti dei vari punti di vista, con lo scopo di alle-narsi all’integrazione, uscendo dal-la divisione netta bene/male, buo-no/cattivo, per valutarli inseriti nel “qui ed ora”, nella soggettività e nella relatività della vita.

In questi primi due anni di lavoro, il gruppo di supporto si è rivelato uno strumento idoneo per la co-noscenza delle emozioni di solitu-dine, di paura ed incertezze ver-so il futuro, che spesso le persone malate tengono nascoste dentro di sé per proteggere i propri familia-ri, quegli stessi sentimenti che pro-vano anche i congiunti ma che a

LIBERARSI DAL DOLOREÈ UNA SFIDA DI GRUPPO

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in-dolore

Luigi ValeraPsicologo e Psicoterapeuta,Unità di Oncologia, Ospedale San Giuseppe

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È ormai risaputo che il dolore cronico da can-cro è la sommatoria di fattori fisici, funziona-li e psicologici e che la qualità di vita dei pa-

zienti dipende fondamentalmen-te dall’aspetto della sofferenza che è presente nel 60-70% dei casi. Il dolore oncologico è quindi un in-treccio di dolore fisico e psichico, tant’è che spesso ai farmaci antal-gici si accompagnano quelli per ri-durre l’ansia o la depressione.

La sofferenza psicologica è la con-seguenza delle emozioni di perdita e di paura, cui si associa una sen-sazione di emarginazione sociale (il

sentirsi solo come ammalato) ag-gravata dal fatto di percepirsi un peso per la famiglia. L’insieme di

questi aspetti crea una sofferenza, che viene percepita come annichi-lente, che toglie la progettualità e che è portatrice di cattive aspettati-ve che ostacolano il mantenimento di un atteggiamento vitale e di spe-ranza. Da circa due anni presso l’Ospeda-le San Giuseppe è in atto un pro-getto di supporto psicologico, per pazienti oncologici in fase adiuvan-te di terapia o nella fase di recidi-va di malattia, per la diminuzione della percezione del dolore croni-co attraverso un percorso di rico-noscimento delle proprie emozio-ni e sentimenti riferiti alla malattia e alla loro vita. Lo strumento utilizza-to è quello del gruppo di psicote-

rapia, con frequenza quindicinale, con lo scopo di riunire quelle per-sone che sembrano essere partico-

larmente sofferenti e con difficoltà nella gestione del dolore. Lo scopo di questo progetto è rendere attivi i pazienti, non più con la sensazione di sentirsi segregati in una posizio-ne di passività e delega al medico nella gestione del dolore, ma di di-venire soggetti attivi nel riconosci-mento e nella gestione del dolore acuto e cronico, collaborando con l’équipe curante.

Il gruppo rappresenta uno spazio protetto e competente a fianco del-la Medicina con cui bisognereb-be sempre interagire e dialogare, per evitare di riprodurre la consue-ta scissione mente-corpo, al fine di trasmettere ai partecipanti una co-municazione coerente di collabora-zione e di alleanza terapeutica Si è optato per lo strumento del gruppo proprio per la sua specificità del “ri-specchiamento” dove il dolore, ol-tre ad essere percepito intrasog-gettivamente, viene manifestato verbalmente ed anche attraverso le espressioni del viso e della postu-ra del corpo, quindi meglio capito e supportato dalla condivisione con gli altri. Grazie all’utilizzo del con-

Si comprende meglio il propriodolore vedendolo riflesso e manife-sto nelle esperienze degli altri

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po rapidi, con scarsa masti-cazione; ritmi di vita irrego-lari e frenetici; vita sedentaria; abuso di farmaci (analgesici, sonnife-ri, antidepressivi, las-sativi).Ma è possibile migliora-re la funzionalità della flo-ra batterica? Generalmen-te sì. In presenza di disbiosi il trattamento di prima scelta prevede la somministrazione di probiotici, ovvero microrganismi capaci di mantenere o migliorare la flora batterica. Affinchè si possa parlare di probiotici, e non di sem-plici fermenti lattici, questi microrga-nismi devono essere vivi, biochimica-mente attivi, e devono produrre sostanze antimicrobiche all’interno del tubo dige-rente. Vi sono poi i prebiotici, sostanze mol-to utili che arrivano indigerite nel colon dove sono aggredite dalla flora locale: i metabo-liti che si formano nutrono così positivamen-te le specie batteriche benefiche. Vari alimen-ti contengono prebiotici: cicoria, carciofo, porri, asparagi, aglio, soia ed avena. Nelle preparazio-ni farmaceutiche vengono spesso aggiunti oligo-saccaridi ed inulina.Recenti studi stanno evidenziando come, modifi-cando il nostro stile alimentare, sia possibile cam-biare le specie ed il metabolismo della flora bat-terica intestinale con implicazioni sulla salute. Chi diventa vegetariano già dopo 24 ore ha nell’intesti-no batteri completamente diversi da quelli di quan-do era onnivoro (accade anche il processo inverso). Il passaggio a un’alimentazione prevalentemente vegetariana in poco tempo accresce le colonie di batteri in grado di produrre l’acido butirrico, che ha un potente ruolo antiinfiammatorio. Apparente-mente la dieta che contiene molte proteine anima-li sembra modificare la flora verso il peggio, ma an-cora non vi sono dati sufficienti a riguardo. Tutto ciò può contribuire a spiegare perché l’alimentazione in-fluenzi così tanto la nostra salute. Il butirrato sembra infatti ridurre il rischio di tumore al colon favorendo autodistruzione di cellule cancerose; batteri quali Biophila invece, potrebbero aumentare il rischio di colite. Anche nei pazienti obesi la flora bat-terica è alterata con un microbioma negativo per la salute in generale. Il microbioma rap-presenta quasi un nostro secondo genoma e sapere come influenzarlo positivamente potrebbe portare molti vantaggi all’uomo per rimanere sano più a lungo.

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FLORA INTESTINALE: COME VARIA

CAMBIANDO LA DIETA

buono& sano

Il nostro apparato digerente, ed in modo particolare l’intesti-no, è colonizzato da moltissi-mi microrganismi che, nel loro insieme, costituiscono la flora batterica. Nell’intestino umano

albergano circa 400 specie batteri-che sia anaerobiche che aerobiche. Oltre alla flora batterica sono pre-senti miceti, clostridi e virus che, in condizioni di equilibrio, non eserci-tano alcun effetto patogeno. Duran-te la gravidanza l’intestino del feto è perfettamente sterile, ma subi-to dopo la nascita viene colonizza-to da miliardi di batteri. I primi mesi di vita sono quindi molto importanti per costruire una popolazione bat-terica florida ed equilibrata.

In condizioni normali la flora batte-rica è in perfetta simbiosi con l’or-ganismo. Nel rapporto tra l’orga-nismo umano e la flora intestinale, l’uomo (ospite) fornisce materiale indigerito per il sostentamento dei batteri. In compenso essi svolgono varie funzioni utili:

Funzione troficaLa flora batterica garantisce l’in-tegrità della mucosa intestinale. I batteri presenti nel nostro organi-smo fermentano il materiale indi-gerito, generalmente costituito da zuccheri di origine vegetale. In se-guito a questa fermentazione la flora batterica produce acidi grassi a catena corta, quali gli acidi ace-tico, propionico e butirrico. Queste molecole sono molto importan-ti per il nostro benessere poiché rappresentano una fonte energe-tica per le cellule epiteliali dell’in-testino. Sembra inoltre che l’acido butirrico protegga dal tumore del colon.

Funzione protettiva contro l’inva-sione di batteri patogeniLa flora batterica potenzia l’effetto barriera della mucosa intestinale. La popolazione batterica simbion-te produce anche sostanze antimi-crobiche grazie alle quali impedisce l’adesione di patogeni all’epitelio intestinale.

Ulteriori funzioniFavorisce i processi digestivi e l’as-sorbimento, mantenendo sana ed efficace la mucosa intestinale; pre-viene disturbi come colite, diarrea e stipsi; produce alcune vitamine in primis B12 e K; produce alcuni ami-noacidi quali arginina, glutamina e cisteina.

Quando diminuisce il numero di batteri vantaggiosi, l’equilibrio del-la microflora batterica si spezza e si parla di disbiosi. In simili condizioni si assiste ad una iperproliferazione di patogeni a livello intestinale. Tali microrganismi sono particolarmen-te pericolosi in quanto potenzial-mente capaci di colonizzare altre aree corporee provocando infezioni vaginali, respiratorie e perfino den-tali. Inoltre può verificarsi un’altera-zione della permeabilità intestinale con il rischio di sviluppo di allergie e malattie autoimmuni. Le cause del-la disbiosi possono essere molte-plici: diete poco varie, con poche fibre e molti cibi raffinati; pasti trop-

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Licia ColomboSpecialista in Scienza dell’Alimentazione e Dietetica,Ospedale MultiMedica Castellanza / Ospedale San Giuseppe

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Sembrava non potesse essercialternativa all intervento contrasfusione di sangue.Io pero ero certa che una soluzionediversa sarebbe presto arrivata.E cos e stato.

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Simona Paganini

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parlamidi te

IL CORAGGIODELLA DIFFERENZA

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“Non mi posso certo defini-re una sporti-va, ma mi pia-ce fare un po’ di movimen-

to, soprattutto in acqua, così quan-do, dopo un breve periodo di so-spensione, ho ricominciato l’attività in piscina, mi sono accorta subito che c’era qualcosa che non anda-va. Quando il fastidio si è protrat-to senza che si riuscisse a venirne a capo, ho avuto paura”.Esordisce così Valeria, nel raccon-tare la sua esperienza di malat-tia. Una storia all’apparenza come tante, se non fosse per un picco-lo, grande particolare, che nel suo caso ha fatto davvero la differen-za.

Valeria, che disturbi sentiva?All’inizio un po’ di affanno, al quale non ho dato peso, in fondo ero ri-masta lontano dall’attività fisica per un certo periodo, pertanto, benché nel complesso non mi sentissi fuo-ri forma, non potevo certo preten-dere di riprendere l’esercizio fisico senza risentirne. Poi all’affanno si è aggiunta una sensazione di op-pressione allo sterno e da qui alla corsa in Pronto Soccorso il passo è stato breve.

Si sono accorti subito del problema?Purtroppo no! Prima di tutto devo chiarire che sono diabetica, e le pa-tologie correlate a questa malattia sono molteplici, perciò quando ho qualche disturbo, il metodo utilizzato è di andare per esclusione. Devo an-che dire che non mi era mai capita-to di sentirmi così indifesa, sono una persona reattiva e sicuramente non abituata a creare allarmismi. Ad ogni modo, la prima volta che mi sono presentata nel vicino Pronto Soccor-so accusando forte bruciore e dolore alla bocca dello stomaco con asso-ciato affanno, mi hanno dimessa ri-conducendo i disturbi a un problema gastrointestinale. E così è stato an-che per gli accessi successivi.

Quanto ha dovuto penare prima della diagnosi corretta?Questa situazione si è protratta per diverso tempo, quasi un anno. Ho eseguito diversi esami all’apparato gastro-intestinale alla ricerca di una qualche malattia che potesse giu-stificare i miei sintomi, finché i me-dici non hanno deciso di concen-trarsi sul cuore. Eureka! Dopo visita specialistica, elettrocardiogramma di base, ECG sotto sforzo e delle 24 ore, mi hanno eseguito una co-ronografia che ha evidenziato la se-rietà del mio problema: stenosi aor-

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Navigando in internet ho letto che in Italia ogni anno si verificano 1000 casi di Morte Cardiaca Improv-visa negli under 35 e che tale fenomeno non è anticipato da alcun sintomo o segnale. Pensavo, inoltre, che si verificasse in momenti di intenso sforzo fisico o comunque di forte sollecitazione per il cuore, in-vece ho letto che colpisce anche nel sonno o comunque in stato di riposo. Rientrando nella suddetta fascia di età, e avendo una certa familiarità con le malattie cardiovascola-ri, mi sono preoccupato. Le scrivo quindi per capire se l'ECG sotto sforzo della visita sportiva agonisti-ca e un eco-cardio possono ridurre il rischio di MCI e per avere eventuali altre indicazioni sul fronte del-la prevenzione.

Grazie per la cortese risposta. FedericoCaro Federico,

la Morte Improvvisa colpisce con modalità diverse a seconda dell’età. Spesso dopo i 45-50 anni è la prima ma-nifestazione di una malattia delle arterie coronarie (che sono quelle deputate a ossigenare il muscolo cardiaco). Nei più giovani, come ha letto, la Morte Improvvisa è, in prevalenza, dovuta a malattie genetiche che possono alterare l’attività elettrica del cuore. Le più note sono la Sindrome del QT lungo di cui sono particolarmente dif-fuse tre forme (LQTS1, LQTS2 ed LQTS3). I pazienti affetti da LQT1 possono avere aritmie fatali durante lo sfor-zo e sotto stress mentre in LQT3 la Morte Improvvisa è più frequente nel sonno. Anche la Sindrome di Brugada colpisce nel sonno. Per LQTS un allungamento dell’intervallo QT dell’elettrocardiogramma è un efficace (ma non assoluto) indicatore della possibilità di malattia, mentre la Sindrome di Brugada si caratterizza per un blocco di branca destro incompleto molto particolare. Un’altra patologia che ha drammaticamente occupato le pagine dei giornali è la Displasia Aritmogena del ventricolo destro (caso Morosini). Anche questa malattia geneticamen-te determinata che può essere fatale ma spesso (non sempre, ma questo è regola in biologia) riconoscibile con esami adeguati. In tutti i casi è quasi sempre presente una storia familiare di morte improvvisa che deve crea-re attenzione. L’analisi genetica ha ancora valore limitato soprattutto nella Brugada perché, in molti casi, non si riesce ad identificare la mutazione che causa la malattia. Più efficace l’analisi in LQTS. Il test da sforzo è invece diagnostico nelle tachicar-die ventricolari catecolamine dipendenti in cui l’at-tivazione simpatica da sforzo innesca sempre arit-mie ventricolari pericolose. In ogni caso ECG, test da sforzo, ecocardiogramma e visita cardiologica, se negativi, le possono rendere la vita tranquilla. Se in famiglia, però, ci sono stati casi di malat-tia coronarica (angina, infarto miocardico), allora massima attenzione a sigarette, colesterolo, peso, pressione arteriosa e sedentarietà.

ho portato a casa anche un “souve-nir”: un asciugamani arrotolato che dovevo stringere ogni volta che mi veniva un colpo di tosse, per fare in modo che la ferita al torace non su-bisse sollecitazioni, una delle infer-miere ha pensato di disegnare occhi, naso e bocca e ancora oggi quan-do penso a quel fagotto, sorrido. E lo stesso mi capita quando ripen-so ai tentativi, sempre da parte del personale di reparto, di trasformare un caffè latte in un cappuccino, solo perché mi piace un po’ di schiuma.

E una volta a casa ha continuato a essere “coccolata”?Certo. La mia famiglia mi ha riempi-to di attenzioni fin dal primo giorno di rientro a casa, però giusto il ne-cessario per riprendere la quotidia-nità che avevo lasciato prima di af-frontare questa situazione, non ho voluto abusarne, non è nel mio ca-rattere, e poi avevo voglia di ritor-nare alla mia vita e alle mie incom-benze e, soprattutto, voglio tornare in piscina!

tica associata a malattia del tronco.

Quindi intervento immediato…No, anche per quello ho dovuto aspettare e, questa volta, trovare il posto giusto! All’ospedale in cui ero in cura, mi prospettarono un’ope-razione piuttosto complessa, che, eseguita con tecnica tradiziona-le, avrebbe comportato la possibi-lità di essere sottoposta a una tra-sfusione di sangue. È stato proprio a causa di questa eventualità che ho dovuto scartare questa opzio-ne, perché la mia religione, essen-do membro dei Testimoni di Geova, non accetta trasfusione di sangue.

E come ha reagito a questa notizia?Mah!! Posso dire che avevo fidu-cia, fede, di trovare una soluzione diversa. Ed è stato così: tramite il Comitato della Congregazione dei Testimoni di Geova, cui avevo sot-toposto il mio problema, ho incon-trato il Dott. Giuseppe Vaccari, car-diochirurgo dell’IRCCS MultiMedica di Sesto San Giovanni, persona dol-ce ed equilibrata, che ha valutato il mio caso sulla base della documen-tazione rilasciatami dal precedente ospedale, completandola con esa-mi più recenti, e ha potuto assicu-rarmi di non dovermi sottoporre a

trasfusioni di sangue durante l’ope-razione. Il Dott. Vaccari ha poi spie-gato, sia a me sia alla mia famiglia, come si sarebbe svolto l’interven-to. Per assurdo, dopo questo collo-quio, pur consapevole dei rischi di un intervento valvolare e coronarico insieme, per di più senza trasfusio-ne, ero più tranquilla di prima.

In che senso?Penso sia stato il modo con cui il Dott. Vaccari ci ha spiegato il per-corso che stavo intraprendendo: la sua tranquillità mi ha contagiato. Pensi che durante l’intervento ha permesso che uno dei membri del Comitato fosse presente, una con-dizione che non tutti i medici ac-cetterebbero di buon grado! È sta-to così che dopo pochi giorni sono stata ricoverata e, dopo pochi altri accertamenti, operata.

E al suo risveglio?Ero felice di esserci! Dopo essermi ripresa dall’anestesia, mi sono sen-tita indolenzita ma piena di energia, tant’è che sono rimasta in rianima-zione solo un giorno. Poi in reparto, dove ho trovato nell’assistenza un calore e un’attenzione per le picco-le cose che mi ha lasciato un ricordo che difficilmente svanirà. Pensi che

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la postadel cuore

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Risponde Emilio Vanoli, Unità di Cardiologia, IRCCS MultiMedica. Inviate le vostre domande per posta elettronica a [email protected]

Per appuntamentiSSN: 02-86.87.88.89Solventi, assicurazioni:02-999.61.999

le indagine strumentali, come ECG, ecocardiografia e radiografia del torace, sono fondamentali per co-noscere la gravità della situazione patologica.

MALATTIA DEL TRONCO COMU-NE

La stenosi del tronco comune è un restringimento del segmento co-ronarico che sottende, in assolu-to, alla maggior quota di miocar-dio ventricolare sinistro, in quanto coinvolge la prima parte in comu-ne di due coronarie: la discendente anteriore e la circonflessa. Il paziente con stenosi del tron-co comune si presenta con angi-na pectoris a bassa soglia o a ripo-so oppure con una vera e propria sindrome coronarica acuta (tipi-camente angina instabile o infarto miocardico acuto senza soprasli-vellamento del tratto ST).La prognosi di una stenosi del tron-co comune di grado significativo è generalmente considerata molto

STENOSI AORTICA

La stenosi aortica è una patologia cardiaca valvolare, caratterizzata dal restringimento o dall’ostruzio-ne della valvola aortica, che rego-la il flusso sanguigno tra il cuore ed il resto del corpo. La malattia reu-matica, la degenerazione senile e le malformazioni congenite sono le tre cause principali e più frequenti di stenosi aortica. È una malattia piuttosto comune, soprattutto nella popolazione an-ziana. Si stima che il 4,6% dei set-tantacinquenni soffra di stenosi aortica grave, percentuale che arri-va all’8% per cento nelle persone di 85 anni e oltre. Ecco i sintomi: dif-ficoltà di respiro, a volte perdita di conoscenza, dolore al petto, segni di scompenso (quando cioè il cuore non riesce a pompare bene il san-gue).Le prime avvisaglie di stenosi aor-tica possono essere generalmente diagnosticate dal medico mediante un esame stetoscopico. A seguire,

sfavorevole. Pertanto, la rivascola-rizzazione coronarica è raccoman-data in tutti i pazienti con stenosi del tronco comune di grado signi-ficativo, fuorché quelli con aspetta-tiva di vita estremamente limitata. Tradizionalmente, il trattamento di prima scelta della stenosi del tron-co comune è stato l’intervento car-dochirurgico di bypass aortocoro-narico, con il confezionamento di almeno due bypass, di cui almeno uno arterioso, in arteria mammaria interna sinistra in situ per l’arteria discendente anteriore. Negli ultimi anni, grazie ai buoni risultati con-seguiti a medio termine, si può ri-corre a PTCA con impianto di stent medicati, specie in caso di steno-si dell’ostio o del corpo del tronco comune. Attualmente, la PTCA con stent medicati viene indicata dal-le maggiori linee guida internazio-nali, sopratutto nei pazienti ad alto rischio chirurgico o di complicanze peri- e postoperatorie e con aspet-tativa di vita limitata.

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Da settembre l’of-ferta sanitaria del-

la struttura MultiMedica di Limbiate si arricchi-sce di un nuovo ambu-latorio di Ginecologia, diretto dalla dr.ssa Pao-la Vialetto.Sarà un servizio a 360°, capace di offrire consul-ti per i problemi specifi-catamente ginecologici, arrivando ad affronta-re la sfera sessuale del-le persone e le difficoltà ad essa legate.Con questa filosofia, ol-tre al lato prettamen-te clinico, verrà posta un’attenzione particola-re anche al momento di accoglienza delle nuove pazienti, cercando così di superare l'imbarazzo che spesso si manife-sta quando ci si reca ad una prima visita gineco-logica.

Del tutto rinnovato il servizio di Endosco-pia Digestiva dell’IRCCS MultiMedica,

ora ancora più accogliente e funzionale. È stata creata una nuova sala per gastro-scopie e colonscopie, che si aggiunge alle due già presenti. Nuovissima anche l’area relax per i pazienti, con cinque lettini e due poltrone, costantemente sorvegliati dalla presenza di personale specializzato. Infine, sono state predisposte due postazioni ri-servate al “colonwash”, trattamento inno-vativo che permette ai pazienti di evitare la lunga e spesso fastidiosa preparazione pre-colonscopia.

proprio vicino alla nuova sala d’aspetto che occupa una super-ficie di 80 mq, e con un’area de-dicata alle urgenze vere e proprie (Codici Gialli e Rossi) che preve-de un nuovo locale di attesa per i pazienti barellati, sorvegliato e presidiato H24, e la creazione di un’area OBI (Osservazione Breve Intensiva). organizzata in un gran-de open space con i 7 letti tecnici (di cui uno isolato) disposti intorno al bancone dei medici/infermie-ri, così da permettere al personale sanitario una “vigilanza” costante dei ricoverati.

Con la ristrutturazione dell’area affacciata su via San Vittore,

possiamo definire conclusi i lavori di rifacimento del Pronto Soccorso dell’Ospedale San Giuseppe. La nuova struttura, che si sviluppa su una superficie di ben 480 mq ed è dotata della più avanzata tecnolo-gia, è stata studiata per dare una risposta assistenziale nel minor tempo possibile e con un alto livel-lo di appropriatezza terapeutica.Adesso il Pronto Soccorso si pre-senta con una zona dedicata a pa-zienti con caratteristiche di urgen-za minori (Codici Bianchi e Verdi),

La diplopia, o visione doppia, è un sintomo visivo che si ma-

nifesta con la percezione simul-tanea di due immagini relative ad un unico oggetto. Un sintomo che può avere molteplici cause e che non va sottovalutato. Per que-sto il prof. Nucci, direttore, pres-so l’Ospedale San Giuseppe, del-la Clinica Oculistica dell’Università degli Studi di Milano, ha deciso di dedicare un corso di un’intera giornata a questo diffuso proble-ma.Durante il corso verrà data la mas-sima importanza agli schemi dia-gnostici e terapeutici del disturbo fornendo delle indicazioni da po-ter essere applicate nella pratica quotidiana.Il corso, dedicato al personale sa-nitario, si svolgerà il 25 ottobre presso l’Auditorium dell’IRCCS MultiMedica di Sesto San Giovan-ni.Per info: www.multimedica.it

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MULTIMEDICAFLASH

Pierluigi Villa

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ENDOSCOPIA NUOVA A SESTO

25 OTTOBRE – UN CORSO DEDICATO ALLA DIPLOPIA

SAN GIUSEPPE, TERMINATI I LAVORI DEL PRONTO SOCCORSO

A LIMBIATE ARRIVA LA GINECOLOGIA

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Ospedale MultiMedica Castellanzav.le Piemonte 70Castellanza (VA)

A8 Autostrada dei Laghi

Ospedale San Giuseppevia San Vittore 12Milano

Ospedale MultiMedica Limbiatevia Fratelli Bandiera 3Limbiate (MB)

Centro AmbulatorialeMultispecialistico MultiMedicavia San Barnaba 29Milano

IRCCS Cardiovascolare MultiMedicavia Milanese 300Sesto San Giovanni (MI)

MultiLab - Polo Scientifico e Tecnologicovia Fantoli 16/15Milano

Centro Dialisi MultiMedicac/o Pio Albergo Trivulziovia Trivulzio 15Milano

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dell'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano)A.I.A.C.E. (Association Internationale des Anciens

des Communautés Européennes)A.L.D.I.A. Ass. Lomb. Dirigenti Imprese AssicuratriciA.N.L.A. ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEI LAVORATORI ANZIANI DI AZIENDAA.B.B. SPAGRUPPO ACCENTUREADB B SPAA.G.A. SERVICE ITALIA S.C.A.R.L. ( Gruppo ALLIANZ )ALDAC - FASDAC - FENDACALDAI Associazione Lombarda Dirigenti Aziende IndustrialiANFFAS ONLUS APA CONFARTIGIANATO IMPRESE MILANO MONZA E BRIANZAASSILT - Assoc.Ass.San.Int. Aziende GRUPPO TELECOM ITALIAASSIRETE SRLASSOCIAZIONE DEI SOCI DELLA BANCA DI CREDITO COOP. di S.S.GiovanniASSOCIAZIONE RICREATIVA DIPENDENTI BMW GROUP ITALIAAVIS COMUNALE DI MILANOAVIS COMUNALE DI SANTO STEFANO TICINOBANCA DI CREDITO COOPERATIVO BUSTO GAROLFO E BUGUGGIATEBBWAY SRL ( vedi MEDICINA PRIVATA )BLUE ASSISTANCE SPAC.C.R.S. BANCA NAZIONALE DEL LAVOROC.I.D.E.C. Conf.Ital.Esercenti Commercianti Milano – Federazione ProvincialeC.N.A. Associazione Artigiani Provinciale di MilanoC.R.A.D.S. Circolo Ricreativo Aziendale Dipendenti

Comune Sesto San GiovanniC.R.A.L. A.L.S.I. Alto Lambro Servizi Idrici SPAC.R.A.L. AZIENDALE ALENIA AERMACCHIC.R.A.L. DIPENDENTI COMUNE DI BUSTO ARSIZIOC.R.A.L. DIPENDENTI DELLA PROVINCIA DI MILANO C.R.A.L. DIPENDENTI COMUNE DI SESTO SAN GIOVANNIC.R.A.L. F.A.S. SIAE MICROELETTRONICAC.R.A.L. SARAS SPAC.R.A.L. TOURING CLUB ITALIANOCAMAGNI OLMINI Cooperativa sestese di abitazioneCAMPA - Mutua Sanitaria Integrativa -Cassa Nazionale

Assistenza Malattie-Società di Mutuo SoccorsoCARLSON WAGONLIT TRAVELCASAGIT Cassa Autonoma Assistenza Integrativa Giornalisti ItalianiCASSA ASSIST.DIPEN.GRUPPO IBM - CADGI IBMCASSA INTEGRATIVA DI MUTUO SOCCORSO FERROVIE NORD MILANOCASSA MUTUA DI ASS. DEL PERS. BANCA POPOLARE DI MILANOCASSA PREVILINE ASSISTANCE - AON SPACASSA RISPARMIO DI ASTI - CASSA ASSISTENZA E BENESSERECIRCOLO DELL'AGENZIA DEL TERRITORIOCOMANDO PROVINCIALE VIGILI DEL FUOCO DI LECCOCOMANDO PROVINCIALE VIGILI DEL FUOCO DI MILANOCOMMISSIONE DELLA COMUNITÀ EUROPEACOMMERCIANTI MUTUA OSPEDALIERACONFARTIGIANATO ALTO MILANESECONSOLATO GENERALE DEGLI STATI UNITI D'AMERICACONSORZIO MU.SA. - Consorzio Mutue Sanitarie Soc. Coop. Cons.CONTABILDATA SASCREDITO VALTELLINESEDUEGI SRLENDAS Ente Nazionale Democratico di Azione SocialeENTE PER IL DIRITTO ALLO STUDIO UNIVERSITARIO

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