viewpoint n# 04 novembre 2010

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LUMBRIA NEL MONDO IL MONDO DELLUMBRIA ANNO I NUMERO 4 EURO 2,50 View oint P novembre 2010 Periodico mensile - ViewPoint anno I n. 3 - euro 2,50 - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. - 70% DCB PERUGIA La fiera storica

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l’umbria nel mondo il mondo dell’umbria anno i numero 4 euro 2,50View ointP

novembre 2010

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La fierastorica

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Fiera dei Morti dove va la tradizione

Tra Sacro e profano le origini

del mercato cittadino

5

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14Ramal l’Umbria ha preso il volo

Dalle automobili agli arei

una storia di abilità e coraggio

Alessandra e il suo mondo

Storie colorate e sentimento

nei quadri della pittrice umbra

Deja DonnèUn percorso di vitachiamato danza

9

Teatroal via il campionatodi improvvisazione

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Stiramenti e distorsioniIl fisioterapista Boila risponde alle vostre domande

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Umbrialibri“W l’Italia” è il temadella manifestazione

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Dolci tipici a confrontoIl nuovo capitolo della sfida tra chef e cucina tradizionale

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www.viewpointumbria.it

La copertina di questo numero è stata realizzata con inchiostri UV, oro a caldo e stampa su superfice lucida... spazio per descrivere tecnicamente il tipo di stampa

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View P oint 03

Periodico mensileIscriz. Trib. di Perugia n° 36 26/05/2010

Direttore editorialeSilvia La Penna

Direttore responsabileMassimo Pistolesi

Staff di redazioneFrancesco Fini, Ramona Premoto, Alfiero Bigaroni

Progetto Grafico a cura diFat Chicken s.n.c.

In questo numero hanno collaborato:Floriana Lenti, Pier Paolo Vicarelli, Fabrizio Bandini, Federico Boila, Luca Pisauri e nonna Tina(per la rubrica di cucina), Carlo Fini e Maria Elena Porzi (per le foto)

Concessionaria pubblicitariaFat Chicken s.n.c.Silvia La Penna 329.6196611

Contabilità e diffusioneSilvia La Penna [email protected]@fatchicken.it

Servizio abbonamentiAbbonamento annuale (10 uscite) Euro 20,00Intestato a: Fat Chicken s.n.c. Iban. IT79S 01030 03008 000000 257931

Stampa a cura diTipografia Pontefelcino S.r.l. www.tipografiapontefelcino.it

View P ointE’ un’ edizione

Fat Chicken s.n.c. di La Penna Silvia e Inches Anna Maria

Str. Colomba Pecorari, 3906134 - Bosco - Perugia

P. iva 03143490542 Tel. 3296196611 www.fatchicken.it

38Mostra tartufo

Zaino in spalla e via

per i sentieri dell’Umbria

Il ruggito delle vecchie signore

Storia del Giro Automobilistico

dell’Umbria dagli albori ad oggi

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23Lo strano caso di Banca etica

La persona al centro

della propria attività finanziaria

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Prepo - Perugia appartamenti con vista panoramica

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HIS

TORY

View P oint 05

La Fiera dei morti dove va la tradizione

Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis di Bisanzio, alla storia conosciuto come Totò, recitava: “Ogn’anno il due novembre

c’é l’usanza per i defunti andare al Cimitero. Ognuno ll’adda fà chesta crianza; ognuno adda tené chistu pensiero”. Fosse stato umbro forse avrebbe dedicato almeno qualche verso che

ricordasse la Fiera dei Morti. Ogni cittadino della regione la conosce, rappresenta una tradizione molto sentita dalla popolazione: è difficile che un perugino non faccia almeno una visita alla fiera e non acquisti qualcosa.Anticamente era nota come la Fiera di Ognissanti, solo nel 1800 verrà denominata con l’attuale appellativo, il cambio di nome è

legato al desiderio di ricordare i propri antenati attraverso una festa a loro dedicata. In queste giornate, infatti, le donne cucinano tipici dolcetti devozionali a forma di fave, detti “Stinchetti dei Morti”, che si consumano da antichissimo tempo nella ricorrenza dei defunti quasi a voler mitigare il sentimento di tristezza e sostituire le carezze dei cari che non ci sono più.

Tra sacro e profano, le origini di una delle feste più sentite dai perugini

Floriana Lentidi

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La Fiera adesso si svolge, dal primo giorno di novembre fino al cinque, nella zona di Pian di Massiano di Perugia, ma si può ben dire che sia stata indiscussa protagonista di vari luoghi della città: da Corso Vannucci a Borgo XX Giugno, da Piazza Matteotti a Sant’Ercolano. Le origini risalgono al Medioevo, quando le attività fieristiche venivano usate soprattutto per lo scambio di prodotti agricoli e di bestiame, ma il suo valore simbolico non tramonta: il passaggio dalla bella stagione a quella invernale, insomma un rituale che simboleggia i cicli della vita.E’ uno dei momenti aggregativi per la città intera (e non solo) e veniva fatta prima del periodo

invernale perché c’era più disponibilità di prodotti agricoli e anche perché dava possibilità alla popolazione locale di fare rifornimenti per l’inverno.Nel periodo della Fiera di Ognissanti di Perugia si tenevano dei giochi di antichissima tradizione come la caccia al toro, la corsa dell’anello e la corsa del palio o della quintana. Le testimonianze sui giochi sono presenti soprattutto fino al XVI secolo, mentre col passare del tempo tali tradizioni si sono fatte più rare fino a scomparire del tutto. Documentazioni più recenti (XIX secolo) indicano la presenza di tombole in piazza e di attività circensi. Negli ultimi decenni,

Non solo mercanziee prodotti alimentariin passato la Fieraera una festa e un’opportunitàdi aggregazionein questo disegnoa mano una compagnia circense si eseibisce durante la manifesrazione

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si è sostituito ai giochi tradizionali la presenza del luna park, i cosiddetti “baracconi”, che sono presenti in modo esteso e significativo nell’area fiera.Nella fiera è possibile trovare ed acquistare prodotti di ogni tipo: dai vestiti alle scarpe, dagli alimenti agli animali, dagli oggetti per la casa agli strumenti agricoli.Il progressivo incremento di qualità dell’offerta commerciale, sempre più orientata a proporre prodotti tipici, rari e di provenienza locale, promuove l’attuale Fiera dei morti anche presso le città vicine, da cui si registra un buon afflusso. In tal senso, tale evento comincia ad acquisire

anche una sua rilevanza turistica entrando a far parte del calendario delle grandi e tradizionali manifestazioni della città di interesse turistico; tanto che negli ultimi anni il numero dei visitatori ha superato le 150.000 unità. Perugia è dotata di un ottimo sistema di trasporto verso il centro pedonalizzato: a partire dagli anni ‘80 le scale mobili per accedere sull’acropoli da comodi parcheggi e dal 2008 il minimetrò. Se è vero che oggi il culto popolare commemora i defunti attraverso il suffragio e la preghiera, poi si sa: in Umbria è forte il sentimento cristiano, è vero anche che molte delle antiche usanze vivono ancora. re”. ●

Nata nel medioevo aveva la funzione

di mercato in cui scambiare

bestiame e prodotti agricoli

La Fiera adesso si svolge a Pian di massiano

ma è stata protagonista di vari luoghi di Perugia:

da Corso Vannucci a Borgo XX giugno, da Piazza matteotti

a Sant Ercolano

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Con il progetto “Sinergie” i soci fondatori hanno inteso

perseguire un nuovo modo di vivere l’attività professionale.

Un modello caratterizzato dall’esigenza di effettuare

investimenti costanti in risorse, in formazione, in strumenta-

zioni informatiche ed informative. Un modello contraddistinto

dalla necessità di porre la massima attenzione nella cura

delle fasi programmatiche ed organizzative. Il tutto con

l’obbiettivo di divenire “partner strategici” dei propri clienti,

valorizzando al massimo i talenti di cui la squadra dispone.

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La compagnia internazionale Deja Donnè si mette a nudo dopo 13 anni di attività artistica

Ramona Premotodi

Un percorso di vitachiamato danza D

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Ma la danza possiede un’anima? Per molti è spettacolo, niente di più, perché andarsi a complicare la vita? Eppure

c’è chi lo ha “scientificamente” provato attraverso la ricerca: l’anima c’è, si vede, si sente…e perché no, si tocca pure. Ed è ora di farlo percepire a chi osserva. Denudata, “strapazzata” un po’ e poi vivisezionata

fino a tirarne fuori l’essenza, la compagnia Deja Donnè nei suoi 13 anni di attività ha giocato a non finire con la danza. Fondato a Praga nel ’97 da Lenka Flory e Simone Sandroni, il gruppo di danzatori ha poi scelto l’Umbria, in particolare Tuoro sul Trasimeno, come residenza artistica, un luogo ideale dove creare vivaci, divertenti ed efficaci produzioni coreutiche accessibili

ai pubblici Europei e oltre. “Siamo una compagnia di ballerini che hanno fatto della danza la loro professione – spiega Lenka Flory - viviamo della nostra produzione che associa la tecnica della danza contemporanea all’interpretazione. Non è danza per puro vezzo estetico bensì una ricerca continua di linguaggi validi tramite i quali comunicare, impersonificando

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paura e gioia, sentimenti e debolezze, la condizione umana insomma. Una sorta di teatrodanza all’interno del quale viene usato qualsiasi mezzo per esprimere sensazioni: testi, improvvisazione, video, immagini, e ancora ballo, ironia, recitazione, registri verbali diversi e coloriti”. E dopo tanti anni di palcoscenici internazionali, programmi d’alta formazione e grandi spettacoli, per la compagnia è tempo di riflessioni e bilanci: “Abbiamo lavorato per 13 anni con addosso una voglia irrefrenabile di esprimere e allo stesso tempo una pressione costante per dare sempre il meglio di noi – continua Lenka - . Avevamo bisogno di fermarci e analizzare il nostro percorso. Da dove veniamo, su quali bivi del nostro cammino abbiamo indugiato, quali invece abbiamo imboccato senza paura. La strada in effetti è stata lunga”. E dalla riflessione ecco nascere “Rediscovering Concepts”, un progetto a cui la compagnia ha dato vita con l’aiuto di università, danzatori e ricercatori. “Si tratta di un progetto artistico incentrato sul nostro lavoro pratico e teorico portato

avanti in 13 anni di attività artistica - Spiega Lenka -. Si articolerà in quattro macroaree: Floor, Space, Contact e Time ed ognuno di esse avrà una durata di circa un mese. Nel 2011, al termine della ricerca, avverrà la creazione di una performance, co-prodotta da alcuni festival ed organizzazioni di livello internazionale, e che verrà esposta alla critica e al dibattito del pubblico”. La ricerca della Deja Donnè coinvolgerà alcune importanti istituzioni accademiche e culturali, europee ed italiane, come

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La compagnia Deja Donnè ha appena terminato un nuovo progetto artistico

dal titolo “P.S. Portrait Series” ispirato dalla concezione del ritratto dell’artista Francisco Goya. L’idea guida che spingeva Goya a realizzare i suoi ritratti consisteva nel catturare il “lato umano” del personaggio, la verità della sua storia e non la costruzione di una bellezza ideale del gesto e dello spirito, a lui storicamente ed artisticamente contemporanea. “La fantasia priva della ragione produce impossibili mostri: assieme a lei è madre delle arti e origine di meraviglie.” Francisco Goya. Partendo da questo presupposto, Simone Sandroni ha deciso di realizzare una serie di “ritratti” e non di assoli: il danzatore scelto, la sua storia, il suo vissuto, sarà l’unica fonte di ispirazione nella creazione.

Il nuovo progetto artistico si chiama “P.S. Portrait Series”

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il dipartimento di Scienze del teatro dell’Università di Monaco e la sezione antropologica del dipartimento Uomo e Territorio dell’Università di Perugia in coproduzione con Theater im Pfalzbau di Ludwigshafen, Fondazione Nationales Performance Netz Germania, il Dance Festival 2010 di Monaco, il Duncan Centre Conservatory di Praga ed il Teatro Stabile dell’Umbria. Pratica e teoria saranno intrecciate tra loro ed entrambe arriveranno ad un risultato concreto: la performance finale,

diretta da Simone Sandroni, ed una pubblicazione curata dai responsabili della ricerca teorica: la dottoressa Katja Schneider (Università di Monaco), il dottor Piergiorgio Giacché (Università di Perugia) coadiuvati da alcuni studenti universitari selezionati per questo scopo. Il tutto verrà rigorosamente documentato grazie alla creazione di un documentario realizzato dalla videomaker Barbara Schröer. La danza dunque non come “cavia” da laboratorio ma come strumento d’indagine per ritrovare se stessi e informare chi osserva: “La veste che daremo al progetto sarà di pura meditazione, attraverso l’analisi della danza degli anni ’80 tracceremo un percorso utile alla compagnia per definire un modello di lavoro concreto, senza tralasciare il pubblico. Vorremmo guidare il fruitore del progetto nel mondo della genesi artistica, aiutarlo a capire in maniera divertente come si crea uno spettacolo di danza, cosa c’è dietro una coreografia: vite, sogni, lavoro, sudore, soddisfazione. Non una lezione di danza standard ma la storia del movimento, come nasce e cosa riesce a raccontare”. ●

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La danza contemporaneaanalizzata da coreografi, videomaker e professionisti della ricercaUn nuovo metodo per tirare fuori la vera essenza del palcoscenico

Il gruppo coreuticocapitanato da Lenka Flory e Simone Sandroni dà vita ad una “analisi coreutica” in collaborazione con l’Università degli studi di Perugia

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Saper guardare al futuro, sapersi rinnovare, saper aggredire il mercato. Sono alcuni dei comportamenti fondamentali

per riuscire a superare le difficoltà, le crisi, i momenti difficili di un’attività produttiva. E sono ingredienti che alla Ramal di Umbertide conosco bene. Macchina del tempo, torniamo al 1977. Due ragazzi, uno dei quali Italo Malincarne, decidono di mettersi in proprio per la produzione di stampi per lamiere per auto, per apparecchi elettrici e un’officina di riparazione. Sede ad Umbertide, un casale che i due rimetteranno a posto con le proprie mani. Il padre di Italo, falegname, non è tanto convinto della scelta del figlio e gli dice: Fai come vuoi, basta che non firmi le cambiali. “In verità – racconta Italo – ne abbiamo firmate per 20 milioni di lire”. Un vero investimento che porta frutti. Un passo che Malincarne ha fatto con convinzione, con la stessa convinzione con cui dice: “Oggi fare una scelta del genere non sarebbe possibile. Erano altri tempi”. L’azienda nel tempo si specializza nella progettazione e realizzazione di stampi medio-grandi per la deformazione a freddo della lamiera, è specializzata nella realizzazione di stampi progressivi, transfert, con PLC, tradizionali e per idroformatura. Il lavoro non manca e la Ramal si espande velocemente. “Allora – racconta ancora Malincarne – le richieste di lavoro erano tante e chiudere un contratto era anche troppo facile”. La sede cambia più volte, e ogni volta sono di più i metri quadrati a disposizione. Il mercato delle automobili va bene, così come quello della telefonia e non solo. L’impresa decolla. Si arriva agli anni 2000 quando però la crisi inizia a fare capolino. “Il sentore che le cose non andassero più bene – racconta Luca Malincarne, figlio di Italo e responsabile

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Ramal l’ Umbria che ha preso il volo

“Nel 2006 per noi è arrivata la crisi

Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cercato nuove strade”

“Bisogna capire in anticipo quello

che il mercato ci richiede, si deve lavorare oggi sul quel che servirà

domani”

L’Aermacchi M-346assemblato per il 70%con scali d’assemblaggiomade in Ramal

Dalle automobili agli aerei, una storia aziendale fatta di coraggio, determinazione, innovazione, ricerca. Questi sono i Malincarne.

Massimo Pistolesidi

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commerciale e della direzione tecnica - l’abbiamo avuto già nel 2006, dunque un paio di anni prima della vera e propria crisi che poi ha colpito l’Italia e il mondo intero”. Il mercato dell’automobile rallenta e le commesse diminuiscono. Il tutto proprio poco dopo che la Ramal aveva deciso di fare un grosso investimento e cambiare il vecchio capannone per trasferirsi in uno nuovo molto più grande, con nuovi macchinari. Il fermo del lavoro, però, non fa scoraggiare Malincarne padre e figlio. Il socio storico da lì a poco

decide di uscire, i Malincarne decidono di continuare. Si guardano intorno e capiscono che vi sono altre realtà verso cui dirigersi. Altri mercati da esplorare. In particolare quello dell’aeronautica. “E’ così che abbiamo deciso di specializzarci nel settore aeronautico, nella progettazione e realizzazione di catene attrezzi complete come gli scali di assemblaggio, mandrini di formatura, mandrini stiraestrusi e stiralamiere, attrezzi di polimerizzazione. Insomma ci siamo tuffati in un nuovo mare, con coraggio e volontà. La strada non è stata semplice. Conquistare la fiducia dei potenziali

clienti è difficoltoso. Abbiamo incassato alcuni “no grazie”, ma non ci siamo tirati indietro. E quando è arrivata la nostra occasione, ci siamo fatti trovare pronti. E’ così che, facendoci conoscere e facendo conoscere la nostra serietà, siamo riusciti a farci apprezzare anche in questo comparto”. La Ramal diventa leader nel proprio settore, molto conosciuta al di fuori dei confini regionali, molto meno (come spesso accade) in quelli regionali. “L’Umbria è un terreno difficile. La sinergia, da noi, è un concetto che non trova applicazione” sostiene

Luca, a cui fa eco Italo “L’ho detto più volte, se questa azienda avesse le ruote, la porterei al nord”. Eppure questa realtà umbra doc dovrebbe, e lo è per chi la conosce, essere orgoglio per la regione. Un’azienda che non si è fermata davanti alle difficoltà, che lo ha fatto, come afferma Italo Malincarne, “anche per i dipendenti e i nostri collaboratori che ci sono stati sempre vicini. Sarebbe stato facile chiudere l’attività e aprire un supermercato, ma non abbiamo

intenzione di farlo”. La Ramal è un’azienda che lavora in anticipo sul futuro, che oggi sta già progettando cose che si concretizzeranno materialmente tra due anni. E quando alziamo la testa per vedere in cielo un aereo che sfreccia o un elicottero che passa, in molti casi stiamo vedendo un velivolo che sta lassù anche grazie a questa Umbria che si rimbocca le maniche, che non ha rimpianti e che vede i sacrifici passati e futuri come fondamentali per conquistare le proprie soddisfazioni e quelle dei propri collaboratori. ●

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“Strane figure” sembra quasi uno skyline futurista, in realtà sono utensili di alta precisione.

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MENTRE LAVORANOVOI VI RILASSATE

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ART

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U na tela bianca non fa paura: “non la temi se la tingi di nero”. Alessandra tira indietro i suoi capelli rossi, ha sparso colori e pennelli per tutta

la stanza. Li raccoglie con cura ma prima dà un’ultima occhiata al suo dipinto, il dito scorre sulle linee del disegno. Il nero con cui inizialmente ha “imbrattato” la sua tela ha lasciato il posto a tinte sgargianti, soli, lune, cuori, curve morbide e vivaci. Tergiversa con i barattoli di vernice. Lo ammette, non ama parlare del suo mondo creativo, “è come una sottospecie di seduta di psicoanalisi”. Ma, meglio che sul lettino di Freud, non volendo,

ha già rivelato una grande verità: il nero sulla tela è come l’ombra del Se che vuole venire alla luce, che desidera rendersi consapevole, che decide di colorarsi. “Il bianco a volte può creare impasse emotiva – spiega Alessandra - Il nero per me invece non è assenza di colore, non è buio, bensì un punto di partenza, un prepararsi a… E allora la base del mio viaggio creativo comincia proprio da una corposa spennellata corvina per poi lasciare libera la mente di spaziare con le nuance più vive ”. E l’immaginazione di Alessandra non se lo fa ripetere due volte, ecco affiorare dal buio della tela un mondo immaginario fatto di

piccoli elfi, grandi cuori, fiori come stelle. Una dimensione fatata dove rifugiarsi, uno stile che gioca sui contrasti cromatici e che imbrigliare nell’etichetta “naif” suona riduttivo.Ma come prende vita questo “mondo parallelo”?“Nel 2009 iniziano le mie prime sperimentazioni artistiche su tela in tecnica mista e acrilico nero. E’ cominciato tutto per caso: ero in casa e improvvisamente mi sono “accanita” su di un piccolo tavolino di legno, avevo voglia di ravvivarlo, di renderlo più “mio”. Impugnato il pennello, la mano ha subito seguito le linee dettate da un’immaginazione

Nel mondo incantato

di AlessandraStorie colorate, eroi immaginari e tanto sentimento nei quadri della pittrice umbra Gentili

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Ramona Premotodi

“ ...buttero questo mio enorme cuore tra le stelle un giorno, giuro che lo farò, e oltre l’azzurro della tenda nell’azzurro io volerò...”

(F. De Gregori)

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immediata, inaspettata. Ed ecco spuntare le prime casette, il mio mondo immaginario veniva e viene ancora fuori così, di getto. Basta una frase, una canzone, un pensiero. Tutto quello che attrae la mia mente si traduce poi in storie colorate ed eroi romantici. Fiori come ingranaggi che tengono in moto l’anima, paesaggi immaginari e lontani dalla vita frettolosa di tutti i giorni; donne sognanti immerse nella melodia del cuore; piccoli personaggi aggrappati alle lancette del tempo che passa”.Dipingere dunque per credere che ancora la magia esiste e, come sostiene Picasso, per compiere un’opera di mediazione tra questo mondo ostile e noi.“Adoro i colori e il rapporto cromatico che essi instaurano con la base nera che preparo per loro. Il quadro assume un’intensità differente, il bianco omologa, il nero esalta e gioca con la vernice. In tutto questo vedo la poesia, la fantasia che si srotola pian piano. Credo sia un modo per me di evadere la realtà, il tran

tran quotidiano che molto spesso ci azzera. Nessun ermetismo dunque dietro a ciò che dipingo, solo sentimenti allegri, giocosi, a volte un po’ melanconici ma sempre positivi. A chi osserva offro un mondo semplice da decifrare, piacevole da guardare, dove verrebbe quasi voglia di viverci”.Come si vive l’essere artisti in Umbria? “Il mio è stato un percorso piuttosto eclettico, ho frequentato l’Istituto Statale D’Arte, sezione decorazione pittorica e poi ho conseguito il diploma di maturità artistica nel ‘95. Poi è arrivata l’Accademia di Belle Arti e un corso di decorazione e restauro per enti pubblici e privati, fino alla realizzazione dei miei quadri e di mobili in stile “trompe l’oeil”. Il mio lavoro dunque mi ha tenuta un po’ fuori dal “giro” della Perugia dell’arte ma vicina ad aspetti artistici legati alla conservazione e al restauro. Se poi mi domando perché qui in Umbria e non altrove, mi rispondo ogni giorno che sono fortunata a vivere e creare in questa regione. Mi sento bene qui, mi sento

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a casa e se è vero che la creatività nasce dalla necessità più intima di comunicare allora non bisognerebbe cercare nient’altro se non un posto ideale per farlo...Beh io l’ho trovato”.Mano ai pennelli, disegna il tuo futuro“Semplice e immediato come i miei quadri. Mi piacerebbe aprire una piccola bottega d’arte e dipingere di tutto senza particolari slanci emotivi, solo per il gusto degli occhi. E se poi mi sento ispirata, anche per gli slanci emotivi ma...senza troppi motivi, se ci pensi ogni giorno nella nostra vita ci ritroviamo a controllare e sopire un sacco di cose. Bene, io ho deciso che tutto quello che esce fuori dalla mia mente e si “appollaia” su di una tela voglio che sia totalmente libero”.Concludiamo. Alessandra tira un respiro di sollievo e torna ai suoi colori. Un mondo che senza troppi perchè le appartiene di natura, “roba da Dna” che esce fuori incondizionatamente e che attraverso i geni vocia: “non l’amore bisogna dipingere cieco, ma l’amor proprio”. Shakespeare docet. ●

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”..e ci accorgemmo che la sua bravura non mirava a nulla, non intendeva raggiungere nessun risultato pratico anzi si sarebbe detto che la stesse spingendo via, la Luna, che ne stesse assecondando l’allontanamento che la volesse accompagnare sulla sua orbita più distante. E anche questo era da lui: da lui che non sapeva concepire desideri in contrasto con la natura della Luna e il suo corso e il suo destino…solo in quel momento ella mostrò fino a che punto il suo innamoramento per il Sordo non era stato un frivolo capriccio ma un voto senza ritorno...”

(Italo Calvino)

La storia della mia vita non esiste. Proprio non esiste. Non c’è mai un centro, non c’è un percorso, una linea. Ci sono vaste zone dove sembra che ci fosse qualcuno, ma non è vero, non c’era nessuno.

(Marguerite Duras)

Uno stile che gioca sui contrasti cromatici dotato di una fantasia delicata e semplice dove ogni raffigurazione diventa musica e poesia.

Davanti una tela “imbrattata” di nerol’artista trova la sua ispirazione

per poi dare vita con vernici e pennelloal suo magico pianeta variopinto:

“un posto dove verrebbe quasi voglia di

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Bastano pochi minuti per abban-donare i propri problemi e spri-gionare le intense emozioni. E’ una questione di attimi sentirsi

parte di un gruppo e dimenticare la tensio-ne, la paura, l’imbarazzo. Esistono teatri in cui essere spettatori significa diventare pro-tagonisti e viceversa. Se state pensando che tutto ciò è impossibile o surreale basta fare la prova, anche solo per una volta al Teatro di Improvvisazione gestito e organizzato dall’associazione culturale “Voci e progetti”. Funziona pressappoco così: si entra in sala, ci si guarda intorno, se si va con qualcuno si scambiano due chiacchiere, poi il buio e il silenzio. Le luci si accendono, il sipario si apre e si dà il via alla fantasia. Gli attori a questo punto entrano in scena, possono decidere di creare uno scenario scherzoso di Wrestling dando il via ad un duello di sketch e battute; potrà capitare di assistere alla realizzazione di un robot giapponese umano composto da corpi che divenendo arti spareranno immaginari colpi che pro-vocheranno sorrisi e non di certo dolore. Non è da escludere che una poetessa afro-asiatica reciti una poesia e venga tradotta simultaneamente in italiano in modo, sicu-ramente, singolare. Può capitare che anche in un contesto così giocoso gli spettatori abbiano domande esistenziali, beh, basterà porle ad alta voce e gli attori risponderanno dando sorpren-denti risoluzioni. In un contesto del genere tutto può acca-dere: si potrà assaporare il gusto di essere assoluti protagonisti semplicemente stan-do seduti al proprio posto e rispondendo ai giocatori-attori che sapranno dosare le “Impropillole” da somministrare; si avrà an-che l’opportunità di assistere a tante brevi scene improvvisate che a volte s’interrom-pono, ricominciano e spesso si contamina-no. Insomma uno spettacolo di Teatro di Improvvisazione scatenerà un mix di tante emozioni magistralmente intrecciate con rapidità e allegria.

Ciò che caratterizza questa forma d’arte è che ogni rappresentazione teatrale è unica e irripetibile.“Voci e Progetti” nasce come risposta a una serie di desideri, domande e bisogni ai quali ha provato a dare risposta nei modi che più le sono congeniali: con la fantasia, la pas-sione e il desiderio. Caratteristiche che con il tempo non sono mutate, pur essendo combiate le vite e le necessità di chi aveva dato vita a quell’esperienza e che ancora in quell’esperienza si riconosce. Le buone idee,

20 View P oint

Tre, due, uno: via al campionato teatrale di improvvisazioneTHEATRE

Floriana Lentidi

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se portate avanti con disinteresse, restano buone idee alle quali dare le giuste voci. Renato Preziuso Presidente, Roberta Faggi Vicepresidente , Elena Rita Vetrugno Teso-riere , Sara Montiani Vicetesoriere , Beatrice Meacci Segretaria , Maria Adele Attanasio Vicesegretaria, Gianpiero Giglioni Pubbli-che relazioni, affermano “A noi piace pen-sare di aver passato anni intensi e di averne molti davanti, convinti che altri si aggiunge-ranno al nostro coro, con un desiderio al-trettanto forte di rinnovare la vita culturale

della nostra città”.Voci e Progetti è affiliata ad “IMPROTEA-TRO - Improvvisazione Teatrale Italiana”, ed organizza corsi e stages, raduni e spettacoli nel mondo. La sede perugina è alla Sala Cutu in Piazza Giordano Bruno e sarà sufficiente prenotare una prova gratuita (si svolgerà il 28 novembre) per assaggiare la recitazione spontanea, frequentare più lezioni fornirà gli strumenti per riuscire ad improvvisare da soli e in gruppo e per acquisire una mag-gior presenza scenica. La formazione è indi-cata non solo per chi si avvicina per la pri-ma volta al mondo del teatro, ma anche per chi, con qualche ambizione attoriale, vuole scoprire l’importanza dell’improvvisazione teatrale come approccio al testo o come spettacolo vero e proprio. Dopo il successo ottenuto il 16 ed il 17 ottobre scorsi, giorni in cui si è svolta la finale del Campionato Nazionale Amatori di improvvisazione Te-atrale al Teatro Brecht di Perugia in zona San Sisto, si riparte con una marcia in più. Si sono sfidate le nove compagini finaliste di Roma, Milano, Pavia, Padova, Ravenna, Bologna, Genova, Umbertide e Chiancia-no Terme arrivate a questo appuntamento dopo estenuanti gironi di qualificazione. E come disse Luciano Lucignani, regista e sce-neggiatore italiano nato nel 1922, “Il teatro continua ad esistere, e non soltanto come abitudine, come modo d’impiego del tem-po libero, ma come esigenza profonda e ineliminabile della vita sociale”.●

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“Voci e Progetti” nasce come risposta a una serie di desideri, domande e bisogni ai quali ha provato a dare una risoluzione nei modi che più le sono congeniali: con la fantasia, la passione e il desiderio

Tre, due, uno: via al campionato teatrale di improvvisazione

Lo scopo principale d’ IMPROTEATRO

è di promuovere il teatro e in particolare

l’improvvisazione teatrale in tutte

le sue forme

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la nuova fonte di energia per il futuro

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E’ possibile una finanza etica? E’ possibile partecipare alle scelte della propria banca? Gli oltre 33mila soci di Banca Popolare

Etica ci hanno dimostrato che non è più un so-gno, ma una realtà presente e radicata su tutto il territorio nazionale. Abbiamo rivolto alcune domande a Leonardo Stella, “banchiere ambu-lante” per l’Umbria di Banca Popolare Etica.

Facciamo un po’ di storia, Leonardo. Com’è nata Banca Etica?“Le origini di Banca Etica risalgono all’espe-rienza delle cooperative Mag, le mutue per l’autogestione. Numerose associazioni della cooperazione internazionale, del Terzo Settore e del volontariato decisero di fondare le mu-tue per l’autogestione ossia cooperative che attraverso la raccolta dei risparmi dei propri

soci, promuovessero progetti di natura sociale e ambientale.La Ctm Mag, impegnata sul fronte del com-mercio equo e solidale, raccoglieva i risparmi dei soci delle ‘botteghe del Mondo’ e li impie-gava per finanziare i produttori agricoli del sud del mondo, realtà italiane della cooperazione sociale e dell’agricoltura biologica. Nel 1993 è entrato in vigore il Testo Unico Bancario che

FIN

AN

CIA

L

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Lo strano caso di Banca etica

Francesco Finidi

Nata nel 1999, ha l’obiettivo di rimettere la persona e lìambiente al centro della propria attivitàtenendo il profittoin secondo piano

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ha relegato la raccolta del risparmio e l’eroga-zione del credito alla sola gestione bancaria, limitando fortemente le Mag nella loro capaci-tà operativa. Ctm Mag, radunata una ventina di realtà del Terzo Settore (Arci, Acli, Agesci, mondo ambientalista, commercio equo), deci-se perciò di fondare una banca che rimettesse la persona e l’ambiente al centro della propria attività”.Dove avete trovato i fondi necessari per co-stituire la banca? “Nel 1994 è nata la cooperativa “Verso la Ban-ca Etica” incaricata di raccogliere i 12 miliardi e mezzo di capitale necessario per la creazione di una banca popolare, l’unica forma di banca a basso costo gestionale, in grado di operare su tutto il territorio nazionale. Le associazioni radunate da Ctm Mag iniziarono una raccol-ta capillare di denaro con i G.i.t., i gruppi di

iniziativa territoriale, che hanno lavorato con impegno per sensibilizzare i cittadini circa l’importanza di una banca etica. Tanta gente è entrata a far parte della cooperativa versando una cifra libera. C’è chi ha dato poche migliaia di lire, chi alcuni milioni e dopo tre anni l’obiet-tivo è stato raggiunto toccando quota 11mila soci. Una volta richiesta l’autorizzazione alla Banca d’Italia, la cooperativa “Verso Banca Eti-ca” si è trasformata in Banca Popolare Etica e l’8 marzo 1999 ha aperto il suo primo sportello a Padova”. Che cos’è un banchiere ambulante? “Il banchiere ambulante tecnicamente è un promotore finanziario, quindi è iscritto all’al-bo, ma a differenza dei promotori finanziari classici, oltre che la raccolta del risparmio, se-gue per la banca le richieste di finanziamento e svolge l’importante compito di promuovere

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la cultura e i valori della finanza etica. E’ la rete capillare di banchieri ambulanti, insieme alle 13 filiali che abbiamo attualmente in Italia, a garantire la crescita del numero dei soci e dei progetti che l’istituto porta avanti. E’ impor-tante ricordare che Banca Etica svolge due tipi di valutazioni quando riceve una richiesta di finanziamento: una sulla fattibilità economica, l’altra sull’impatto socio-ambientale. Una volta deliberati, i finanziamenti vengono pubblicati dalla banca sul proprio sito: la trasparenza è massima.E per aprire un conto corrente?“Chi desidera aprire un conto deve dichiararci che il denaro che deposita non provenga da attività illecite: siamo l’unica banca che si è op-posta allo Scudo Fiscale. I conti correnti sono uguali per tutti. Non si contrattano i tassi ogni quattro mesi. Il correntista può essere socio o

meno, ma come socio ha condizioni migliori. Inoltre, il risparmiatore può gestire il proprio denaro indicando in quale settore o progetto impiegarlo, stimolato anche dalla banca attra-verso la creazione di certificati di deposito che sostengono realtà come Libera, l’associazione antimafia. L’istituto ha individuato quattro settori di intervento in cui utilizzare il denaro dei risparmiatori: la cooperazione sociale, for-mato da cooperative che curano l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati; la coope-razione internazionale, che si occupa di com-mercio equo e solidale, sostiene le Ong e attua il microcredito nel sud del mondo; l’ambiente, quindi l’agricoltura biologica e le fonti di ener-gia rinnovabile. Il quarto settore è quello legato alle attività culturali e sociali, il vasto mondo associativo”.L’obiettivo finale di banca etica?“Cercare di “contaminare” sempre di più il modo di agire e la mentalità della gente. Vo-gliamo una cultura dell’utilizzo responsabile e trasparente del denaro. Coerentemente con questo progetto abbiamo creato la società di gestione del risparmio Etica sgr che investe in titoli quotati in borsa. Trattiamo dai titoli mo-netari agli azionari e sono selezionati tutti con lo stesso criterio con cui concediamo il credito. Scegliamo quelli delle aziende e degli stati so-cialmente più responsabili e rispettosi dell’am-biente. Al contrario delle banche convenzio-nali non abbiamo commissioni d’ingresso per costituire i fondi, ma la piccola percentuale che tratteniamo, l’uno per mille, viene destinata al mantenimento di un fondo di garanzia per il microcredito in Italia. Poi utilizziamo le azioni delle aziende anche per fare azionariato attivo. Andiamo alle assemblee dei soci cercando di cambiare dall’interno il loro comportamento. A volte funziona, altre no, ma vale sempre la pena tentare, perché lo scopo è migliorare il mondo in cui viviamo”.A quando una filiale in Umbria di Banca Eti-ca?“Presto, molto, presto. Entro dicembre con-tiamo di aprire la filiale regionale a Perugia, in via Piccolpasso. Sarà la quattordicesima della banca e per tutti i soci umbri una bella soddi-sfazione”. ●

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Con un piccolo aiuto economico si possono

realizzare grandi sogni,è questa la filosofia

del microcredito

L’unica banca al mondo ad ispirarsi ai principi della finanza etica: trasparenza e diritto di accesso al credito

Vogliamo diffondere una cultura dell’utilizzo responsabile e trasparente del denaro

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RAMAL

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Dal 10 al 14 novembre ritorna l’appuntamento con Umbria Libri. Una kermesse che fa di questa regione un “luogo

piacevole di cultura e storia”. Abbiamo incontrato Baldissera Di Mauro, direttore

artistico e responsabile regionale allo sviluppo di attività editoriali, cultu-

rali e dello spettacolo.Come si presenta quest’anno

Umbria Libri e quali sono le novità?Il tema è “W l’Italia” non solo per il 150° anniversa-rio dell’Unità nazionale,

ma per mettere in primo piano il

nostro Pae-se con i suoi

valori e le sue problematicità .

La manifestazione si svolgerà sempre inglo-

bando vari livelli: la mo-stra mercato degli editori,

incontri con gli scrittori e, per la prima volta, il forum del libro.

Quest’ultimo si svolge ogni anno in diversi luoghi e vari contesti,

nel 2010 lo accoglieremo in Umbria Libri come ap-

puntamento di approfondi-

BOO

KS

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Umbrialibri un mondo

da leggere un mondo

da imparare“W l’Italia” é il tema della nuova edizione della kermesse dedicata alla lettura

Floriana Lentidi

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mento relativo alle biblioteche, ai luoghi della cultura e all’importanza della lettura. Cosa rappresenta per l’Umbria questa manife-stazione?Sicuramente è una vetrina importantissima per gli autori emergenti locali. E’ anche un’oc-casione per promuovere attività di crescita so-cioculturale e avvicinare i cittadini ai libri.Come va l’editoria?Come in tutta l’Italia: si accusa molto la crisi. La lettura, purtroppo, non è in crescita. Un altro elemento allarmante è che si

sta verificando il passaggio

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sempre più imponente dal cartaceo al digitale. Dalla carta all’e-book pian piano la minaccia diventa realtà. Se prima si poteva far leva sul-la bellezza delle pagine da assaporare, adesso con le nuove tecnologie, un libro digitale si può sfogliare e risulta sempre meno nocivo anche alla vista. A breve gli editori si attrezzeranno a pubblicare

in più formati, ciò avrà effet-

ti dirompenti e se ci sono

aspetti po-sitivi, sa-

ranno

tangibili soltanto a lungo termine. Umbria Libri coinvolge le giovani generazioni? E come?Abbiamo lanciato un concorso per i ragazzi nati tra il 1992 e il 1997 affiché possano dare vita alle loro “Storie Sottobanco”, non ci sono parametri definiti, vogliamo dare spazio alla

fantasia degli studenti. Ci sono anche altre iniziative rivolte a un target giovane te-

nendo conto che i più piccoli hanno un rapporto con il libro più com-

battuto rispetto a quello che hanno con internet.

Ci dice quali ospiti spe-ciali ci saranno?

Sono molti, solo per fare qual-

che nome: Massimo Cacciari, Sergio Girone, Roberto Esposito, Toni Negri, Franco Cardelli, Antonio Pennacchi, Milena Agus. Insomma, ci saranno belle storie da ascoltare e per chi è pronto a partecipare attivamente, ci sarà molto da imparare. Quante presenze ci sono state nel 2009? Cosa vi aspettate in questa edizione?L’anno scorso abbiamo registrato oltre 25mila persone. La manifestazione è in costante cre-scita, e quest’anno sicuramente, data la vastità e la grandezza del programma, non rimarremo delusi degli esiti. Qual è il suo scrittore preferito?Fëdor Michajlovič DostoevskijCos’è per lei un libro?Il libro è lo sport dei pigri. ●

Il mio motto di scrittore: Butulescu, sono così tanti i libri cattivi nel mondo! Non aver fretta per aggiungerne uno.

Valeriu Butulescu

“Storie sottobanco”è il concorso ideato per dare spazio alla fantasia degli studenti nati tra il 1992 e il 1997

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La lettura che vorrei consigliare ri-guarda l’ultima raccolta poetica di Ombretta Ciurnelli, “Si curron le for-miche”, uscito in febbraio per i tipi di

Guerra edizioni.La particolarità di questo libro consiste in un suo discorso compatto e dinamico, come un’ organica riflessione a distanza sulle emozioni dell’infanzia e dell’adolescenza, incise a fuoco nell’adulto che può coglierne ormai i sensi e le reali implicazioni del vissuto. Ma qui lo sguar-do dell’oggi sembra restare in disparte e la suggestione del verso, nitido e sapientemente sorvegliato, compie il sortilegio di un’epifania: è la bambina a parlare, a prestar voce a brevi, illuminanti squarci di una realtà d’altrove che si rivela ancora viva e cocente.Si compone, infatti, a chiazze sempre più den-se, un mondo arcaico scandito da concreti gesti che garantivano la vita, le relazioni, le dimensioni del tempo, definite nei testi ora nella circolarità dei ritorni, ora in una linearità di fuga, ora nell’ossessività dell’apparente stasi.Il titolo è di forte impatto espressivo ed emo-tivo, per l’intrinseca, felice coerenza (ma vorrei dire, quasi coincidenza) di questo insensato moto di insetti apparentemente irrilevanti, ep-pure capaci di operare senza soluzione di con-tinuità, con un pensiero dell’esistenza, dell’es-sere, che cela nel fondo domande inquietanti, forse senza risposta.Tant’è vero che la corsa, allineata o caotica, delle formiche torna con ritmi a tratti conci-tati, a tratti nella prospettiva di uno stupore che connota lo sguardo di bambina, e com-plessivamente sempre venata di quella pena, pur sorvegliata e dissimulata, che avvolge chi constata nel mondo una sfuggente necessità,

una ragione altra (o, forse, l’ indelebile aporia iscritta nella condizione umana), a cui non è dato attingere.Il dialetto, assunto dalla Ciurnelli come idioma della poesia, (nella fattispecie il dialetto di S. Martino in Campo), mostra timbri taglienti ed aspri, non inclini ad accogliere espressioni compiaciute, venature nostalgiche o caricatu-

rali, come talvolta accade nell’adozione di un parlato “materno”, del “sermon natio”, come il Parini lo definiva con espressione arcaizzante, legato al quotidiano e difficile da piegare al tra-slato e all’immagine sorgiva.In questo sta indubbiamente il pregio della raccolta, nel fatto, cioè, che sa coniugare una materia emozionata ed autentica con la ricer-

Ombretta Ciurnelli: “si curron le formiche”L’ultima fatica poetica dialettale della scrittrice perugina che racc onta la sua infanzia e adolescienza

Brunella Bruschidi

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LITTERATURE

La corsa, allineata o caotica delle formiche riporta l’autrice allo stupore che connota lo sguardo di bambina

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Ombretta Ciurnelli: “si curron le formiche”L’ultima fatica poetica dialettale della scrittrice perugina che racc onta la sua infanzia e adolescienza

ca di una neodialettalità che amplia le ridotte potenzialità espressive del dialetto , peraltro, purtroppo in via di estinzione, sapendo tra-sformare in un punto di forza il suo aspetto di lingua “humilior” rispetto alla tradizione della poesia in lingua.Infine, per esemplificare il nu-cleo meditativo del lavoro poetico di Ombret-ta e suggellare questa essenziale riflessione sul

libro per un invito alla lettura, concludo con le due poesie introduttive, (prima in dialetto e poi nella traduzione italiana), “E camino” e “Muccite da n’idea”, in cui appare come queste formiche rappresentino contemporaneamen-te volti del passato, tempo che si dilegua, luo-ghi, inquietudini e persino parole, che faticano a diventare verso.●

E caminoE camino arcercanno mulichentlo stradello arcuperto de sterpedua le storie del curre del tempole formiche ònno scritto gni pòsto

e pu acosto me passeno fittenchi lor clore da l buio sclorite flusumìe n prucissione compòsteche nco j’occhie anebbiete m’ardicnobadarèlle de j’anne muccite

o le strede sajite in sajitae l velucchio borbotta n sochéta l fiaton che me strigne l rispiro

e pion corpo dentorno i rimorerisvejanno pensiere ariscoste

che pu curron ncon prescia a ngluppas-se

nti mi motte de j’anne più cèrbe

E cammino

E cammino ricercando briciole/nel viot-tolo coperto di sterpi/dove le storie del

correre del tempo/le formiche hanno scritto in ogni luogo/e poi accanto mi passano fitti/con i loro colori dal buio scoloriti/volti in pro-cessione composti/che con gli occhi anneb-biati mi ripetono/giochi degli anni fuggiti/o le strade salite in salita/e il vilucchio mormora un segreto/all’affanno che mi stringe il respiro/e prendono corpo intorno i rumori/risvegliando pensieri nascosti/che poi corrono in fretta a rifugiarsi/nelle mie parole degli anni più acerbi

Muccite da n’idea

Muccite da n’idea ch’abira fortenco n’ardijon d’arbuldechè ta l monnoquan chèdon giù da l’abise ntol fojoarèsteno spaurete ntra le righee l verso fon fatiga p’artrovallomò fusseno formiche sott’a l’acquache curron nun sòn manco lore dua

Fuggite da un’idea

Fuggite da un’idea che gira forte/con un ardire da rovesciare il mondo/quando cadono giù dalla matita sul foglio/restano spaventate tra le righe/e il verso fan fatica per trovarlo/come fossero formiche sotto la pioggia/che corrono non sanno nemmeno loro dove

Ombretta Ciurnelli

Alcune “pillole”estrattedal nuovo libro

manciate di parole

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STYL

E

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I l Giro Automobilistico dell’Umbria è nato dal forte interesse che l’Automobile Club Perugia ha sempre mostrato nell’organizzare gare

motoristiche e raccoglie il testimone dalla prestigiosa Coppa della Perugina, illustre antenata svoltasi fino al 1927. E’ il 1948 quando l’Automobile Club di Perugia e quello di Terni, sostenuti dall’idea di unire sport, spettacolo e turismo, congiungono i loro sforzi per organizzare una gara automobilistica. L’idea è del neo eletto presidente dell’Automobile Club Perugia, Alberto Andreani, che propone una “mille miglia in piccolo” da disputarsi tutta in Umbria. La prima edizione si svolge su un doppio anello stradale da percorrere in senso orario da Perugia fino alla provincia di Terni, lungo la vecchia Flaminia. Alle 15 del 29 giugno 1948 parte il primo concorrente, la Fiat Topolino di Pietro Pozzi. Si coprono 380 km in una sola giornata. Gli altoparlanti annunciano il vantaggio della Maserati di Auricchio a quasi 122 Km/h di media, ma si fermerà a 300 metri dal traguardo e la vittoria andrà alla Cisitalia di Bernabei. Il successo della manifestazione è strepitoso. Nel 1949 si ripete, ma con partenza da Terni, sul medesimo itinerario ed è Roberto Vallone su una Ferrari 2000 a dominare, segno del grande interesse verso il Giro da parte delle case più prestigiose. Nel 1950 viene nuovamente attuato il percorso di gara che fa capo e si conclude a Perugia e gli iscritti salgono a 112. Il fresco vincitore della Mille Miglia, Giannino Marzotto rompe il ponte di trasmissione durante il trasferimento a Perugia. La Stanguellini di Giorgetti si aggiudica la gara. Nel 1951 il Giro incontra una prima battuta d’arresto per motivi organizzativi. Si corre di nuovo l’anno successivo, ma ora è soltanto l’Automobile Club di Perugia a farsi carico

dell’organizzazione e il percorso di gara prevede un giro unico di 383 chilometri, che tocca anche alcune località della Toscana. La Lancia Aurelia B20 dell’equipaggio perugino Mignini-Mignini rimane a secco di benzina a pochi chilometri dal traguardo. La Osca di Giulio Cabianca è la vettura più veloce dell’edizione ad oltre 120 Km/h di media. Nel 1953 il rinnovato Giro Automobilistico dell’Umbria ha ormai raggiunto la consacrazione nel panorama motoristico internazionale, vantando la partecipazione delle squadre ufficiali di marchi come Lancia, Maserati, Ferrari e Osca, e vede la vittoria di Luigi Musso su Maserati. Nel 1954 la collaudata formula rinnova l’agonismo ed è Gerini sulla Ferrari ufficiale ad aggiudicarsi il primato. Il 1955

registra un altro stop per i luttuosi incidenti di Le Mans e della Milano-Taranto. Il Giro riprenderà solo nel 1958, ma sottoforma di gara di regolarità che si ripeterà anche nel 1959. Privata dello spirito agonistico di un tempo, la corsa verrà sospesa per quasi un ventennio per tornare nel 1977 trasformata in un rally, con trasferimenti, prove speciali e parchi assistenza, ed anche in questa veste riscuote un successo invidiabile, tanto che si ripete fino al 1980. Dopo una ulteriore pausa la manifestazione si tiene dal 1990 al 1992 e si gareggia con le auto storiche. L’intento degli organizzatori per l’edizione 2010 è stato quello di riproporre la gara nella sua formula di maggiore successo ammettendo, a tale scopo, le auto da corsa più prestigiose costruite tra il 1947 ed il

Quando le vecchie signore

tornano a ruggireFrancesco Fini & Pierpaolo Vicarellidi

Storia del Giro Automobilistico dell’Umbria dagli alborifino ai nostri giorni

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1958 con i caratteristici numeri di gara verniciati in bianco e nero. Le vetture si sono alternate sui più affascinanti e tecnici tracciati stradali umbri e sulla pista dell’Autodromo di Magione, centro logistico dell’intera manifestazione. Ed è giusto raccogliere anche la testimonianza di Sandro e Giorgio Fratticioli, padre e figlio, che si sono cimentati in numerose gare di velocità e regolarità. Giorgio ci accoglie nel retrobottega del negozio di foto e ottica che la sua famiglia gestisce da oltre cento anni in Piazza Italia. “Ho la passione per i motori e la velocità nel sangue. Me l’ha trasmessa mio padre, vincitore di diverse gare di velocità in salita, i rally in cui correva con una lancia Fulvia HF del 1967 e quelle di regolarità a cui partecipa ancora oggi, con una Triumph TR 3 del 1957. Mio padre ha cominciato a correre con una Abarth 850 nel 1961 e poi con una Fulvia HF fino agli anni Settanta, partecipando a gare importanti in tutta Italia, come il Rally di San Remo. Ha vinto un’edizione della Camucia-Cortona e una Cronoscalata della Castellana di Orvieto. Poi ha smesso. Quando sono cresciuto, ha ricomprato alcune auto e abbiamo cominciato a correre insieme. Abbiamo partecipato alla Coppa delle Dolomiti a Cortina, al Giro dell’Umbria e alla Coppa Borzacchini, corse importanti

di regolarità dove accanto al pilota c’è il navigatore che tiene il tempo con l’ausilio di un cronometro rigorosamente meccanico. Siamo molto affiatati, condividiamo le stesse passioni, la fotografia e le auto da corsa”. Ci mostra orgoglioso le grandi foto appese alla parete delle auto con cui suo padre ha gareggiato sulle strade polverose di mezza Italia. Più che il retrobottega di un negozio di ottica sembra il box di un circuito automobilistico. “Abbiamo vinto due Coppe della Perugina e quattro edizioni della “Via col Vento”. Durante la gara possono capitare degli imprevisti?“Una volta durante una cronometro, la Triumph ha rotto il motorino di avviamento e bisognava, ogni volta, accenderla a spinta. Come se non bastasse i carburatori hanno cominciato a tossire, ma siccome mi intendo un po’ di meccanica li ho sistemati e, nonostante l’handicap, siamo riusciti a vincere”.Che cos’è in definitiva che spinge un ragazzo a cimentarsi in gare di questo tipo? “Il fascino di guidare un’auto di altri tempi, dalle forme eleganti e slanciate, i panorami mozzafiato che si possono ammirare lungo il percorso con il vento tra i capelli e il canto monotono del motore come sottofondo. Mio padre ha ottant’anni e sono oltre cinquanta che corre, ma dentro è rimasto un ragazzo, spero di essere altrettanto fortunato, perché non bisogna mai smettere di sognare e di divertirsi in

Tutti i nomie i numeridel giro

L’Autodromo dell’Umbria in col-laborazione con gli Automobile Club Perugia e Terni, ha organiz-

zato dall’1 al 3 ottobre 2010, la II° edizio-ne del Giro Automobilistico dell’Umbria, rally internazionale per vetture storiche con prove speciali su strada e in circui-to. La corsa ha attraversato i luoghi più suggestivi della regione in tre tappe ri-percorrendo i tracciati delle più impor-tanti corse su strada che animarono l’attività agonistica del secolo passato. In coda al rally, sullo stesso percor-so, si è tenuta una gara di regolarità per auto storiche. La prima edizione moderna del Giro Automobilistico dell’Umbria, organizzata nel 1948 dall’Automobile Club Perugia, s’ispi-rava alla gloriosa Coppa della Perugi-na, storica gara di velocità su strada degli anni ‘20. Le successive edizioni fino al 1954 furono tra gli appunta-menti più prestigiosi ed impegna-tivi dell’automobilismo agonistico italiano. Dal 1977 fu introdotta la nuova formula della gara a tappe con trasferimenti a tempo e Pro-ve Speciali su strada ed in circu-ito. Oggi il Giro Automobilistico dell’Umbria viene riproposto in-dividuando come protagoniste assolute quelle vetture storiche che tanta gloria portarono all’au-tomobilismo italiano. Lunghezza totale: percorso Rally Km. 568,752, percorso Regolarità Km. 478,179 Comitato organizzatore:CAMEP (Club Auto e Moto d’Epoca Perugino)AFAS (Moto spider-Foligno)BORZACCHINI HISTORIC (Terni)CAMES (Club Auto e Moto d’Epo-ca Spoletino)ALTOTEVERE AUTOMOTOSTORI-CHE (Città di Castello)

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In autunno al volanteper l’edizione 2010

Una giornata un po’ imbronciata ha accolto venerdì 1 ottobre la suggestiva carovana dei partecipanti alla rievocazione storica del Giro Automobilistico dell’Umbria. L’organizzaione dell’antica corsa ha visto la riuscita collaborazione di alcuni affermati

club di autostoriche come il Camep di Perugia, l’Afas di Foligno, il Cames di Spoleto, l’Altotevere Automotostoriche e il Borzacchini Historic di Terni. Circa 70 equipaggi sono accorsi a Perugia da ogni parte d’Italia, accolti nella centrale piazza Italia dai sempreverdi appassionati perugini guidati dal presidente del Camep, Leonardo Vicarelli. Nel pomeriggio di venerdì 1 ottobre si sono svolti i preliminari, con le verifiche tecniche, la punzonatura delle vetture e l’applicazione dei numeri di gara scritti a pennello proprio come una volta. Alle nove in punto di sabato 2 ottobre, sotto l’arco di porta San Pietro, la prima vettura a prendere il via è stata la Topolino Fiat del 1949 condotta da Granirei Fabio, seguita a trenta secondi, dalla Giardinetta Fiat di Feligioni Renato e dagli altri concorrenti appartenenti alle classi superiori, fra i quali spiccano l’Alfa Romeo 6C 1750 anno 1929 del lombardo Antonio Milanesi, che ha avuto come primo intestatario nientedimeno che il grande pilota Achille Varzi, la Porsche Speedster dell’equipaggio tedesco Sobst-Fooken, la Fiat Stanguellini corsa di Fabrizio Lorenzoni, la Ferrari 212 Inter di dei signori

Foccardi, La BMW 328 coupè del fiorentino Ermini e la Fiat 508C del 1937 della collaudata coppia Miletti-Bachiorri. Alle 10 del mattino la prima vettura taglia il traguardo di Città di Castello, sfilano: l’Alfa Romeo 1900 Pininfarina dell’equipaggio Vicarelli-Mignini, la Lancia Aurelia B24 del ’58 di Chiodi–Degli Esposti, divenuta nota al grande schermo sul set del celebre film “Il sorpasso”; seguivano a poca distanza le sorelle maggiori Lancia Augusta 1935 del reatino Mario Bartolini e l’Ardea IV serie del ‘51 di Benucci e Sinibaldi. Sotto lo sguardo affascinato del pubblico sopraggiungevano anche l’ASA 1000 Gt di Vittorio Ascani, la Triumph TR3 di Enrico Majorana, la Fiat 500 Siata di Antonio Tucci, la Porche 356 Cabrio di Mario Spagnoli, la bellissima Alfa Romeo 6C 2500 SS, modello “Villa D’Este” degli abruzzesi Brozzetti e Di

Bello e la Austin Healey 100/4 della coppia vincitrice Giampaoli-Lilli. Alle 11 la lunga fila di auto giunge in vista di Cortona e a mezzogiorno entra nell’Autodromo dell’Umbria a Magione dove le vetture si esibiscono in una prova speciale. Dopo la sosta pranzo, alle 15 tutti di nuovo al volante verso la statale che porta a Todi dove è previsto il controllo a timbro e la sosta; dalla città di Jacopone si continua affrontando le caratteristiche curve che conducono a Terni dove si conclude la seconda tappa. Domenica 3 ottobre un bel sole accoglie le variopinte vetture del Giro dell’Umbria che scoppiettando si infilano nell’antico e suggestivo percorso da gara di Strettura per poi affrontare il passo della somma che le conduce fino a Spoleto. A Foligno finalmente, vetture e conduttori effettuano una desiderata sosta; c’è appena il tempo di controllare il livello dell’olio, dare un occhiata al radiatore o sistemare qualche pipetta delle candele che fa i capricci, mentre le signore ripassano il trucco con eleganti colpi di toletta. La manifestazione si conclude a Perugia in Corso Vannucci, dove, fra due ali di folla, le vecchie signore a motore hanno potuto esibire il fascino antico delle loro livree e la voce rombante dei loro motori, cavalcate da piloti senza tempo con accanto le loro dame e i loro fedeli chauffeur. (P.P.V.)

maniera sana e sportiva”. ●

L’idea era di creare una Mille Miglia in piccolo

che attraversasse i luoghi più suggestivi

e affascinanti dell’Umbria per un percorso di 380 km

Al loro passaggio le vetture che

hanno fatto la storia dell’automobilismoci regalano sempre

un’emozionantespettacolo

dal sapore retrò

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Quanto volte capita di rigirarsi nel letto in preda a forti dolori lombari. Il banale mal di schiena spesso cela uno stile di vita disordinato e seden-

tario, una non corretta postura davanti al com-puter per chi lavora in ufficio, oppure problemi alla pianta del piede. Il dolore, tuttavia, è solo un messaggio che il nostro corpo ci invia per av-vertire che qualcosa non funziona a dovere. Un massaggio fatto da un fisioterapista può risolve-re in poco tempo problemi in apparenza gravi ed è una pratica conosciuta fin dall’antichità. Tecnicamente si parla di stimolazione manuale o meccanica dei cosiddetti ‘tessuti molli’ ossia della pelle, del tessuto sottocutaneo, dei tendini e dei muscoli che genera diversi effetti benefici a partire dal miglioramento della circolazione sanguigna e linfatica. Questa rubrica dedicata alla salute ospiterà gli interventi di Federico Boila, fisioterapista che opera nel settore da oltre quindici anni e che sarà lieto di rispondere alle domande dei nostri lettori. L’estate è finita e coi primi freddi si ricomincia a fare ginnastica, ma state attenti, senza un’ade-guata preparazione sarete soggetti a contratture e problemi anche più seri, perché il fisico, dopo la pausa estiva, deve riabituarsi agli sforzi che comporta una attività fisica anche non impe-gnativa. Il nostro corpo potrebbe non essere an-cora pronto, magari abbiamo messo su qualche chilo di troppo e soffriamo di una ridotta ela-sticità muscolare. Un buon metodo per prevenire stiramenti e distorsioni è quello di fare esercizi ginnici con regolarità e se necessario, segui-re una dieta adeguata, perché quando comincia a fare più freddo il rischio di un infor-tunio aumenta. Ed ecco che i tanti amanti del pallone si presenta-no dal fisioterapista per un trattamento, dopo essersi sot-

toposti a visita medica e agli esami diagnostici strumentali di rito (Tac, Rmn, Ecografia). Mario, ad esempio, si è procurato uno stiramento mu-scolare in seguito ad uno scatto durante una partita di calcetto. Questo è uno dei casi più frequenti insieme alle distorsioni dell’articola-zione della caviglia. Se si subisce un trauma agli arti inferiori è molto importante, come primo intervento, applicare ghiaccio sulla parte lesa, utilizzare stampelle per non gravare con il pro-prio peso sull’arto offeso e mettere un tutore o una benda elastica compressiva. Bisogna poi sistemare l’arto in posizione declive in modo da drenare l’edema che si è formato nelle pri-me ore successive al trauma. An-drea invece lamenta u n d o -l o -r e

bilaterale ai tendini d’achille dopo una delle sue quotidiane corse su strada. Questa è una pato-logia da sovraccarico funzionale e pertanto il paziente necessita di riposo e di un’applicazio-ne di ghiaccio in corrispondenza del tendine infiammato. Infine, Carlo denuncia da qualche giorno un dolore al gomito che gli impedisce di impugnare la racchetta da tennis, sport che pra-tica di frequente. Le patologie inserzionali che colpiscono i tendini nella loro congiunzione col tessuto osseo, nel caso specifico l’epicondilite, si possono risolvere con l’ausilio di tutori che sca-ricano la tensione muscolare dell’articolazione

o con un “taping muscolare”, un bendaggio applicato da operatori professionisti. Quindi una volta intervenuti nella fase acuta, si può procedere a terapie manuali e strumentali. La conclusione di ogni ciclo riabilitativo consiste nell’apprendimento da parte del paziente, di quegli esercizi che servono per evitare di incorrere in futuro nello stesso tipo di infor-tunio. Così facendo si garantisce al paziente di guarire definitivamente e in tempi brevi, consentendogli un rapido ritorno alle at-

tività quotidiane (lavoro, cura della fami-glia, etc.) e, in un secondo momento,

alla pratica sportiva. ●

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Distorsioni e stiramentisi evitano col riscaldamentoNiente sforzi improvvisi, soprattutto quando si pratica sport in maniera saltuaria

Questa rubrica dedicata alla salute ospiterà gli interventi di Federico Boila, fisioterapista che opera nel settore da oltre quindici anni e che sarà lieto di rispondere alle domande dei nostri lettori scrivendo a: [email protected]

Federico Boiladi

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S ua maestà il tartufo inavade pacifica-mente ma in maniera determinata, così come sono il suo profumo e la sua

fragranza, le piazze e le vie del centro stori-co di Città di Castello. E’ proprio la cittadina tifernate a trasformarsi come in ogni novem-bre nella capitale del pregiato tubero. Un week-end, quello dal 5 al 7, all’insegna del gusto in occasione della XXXI edizione della Mostra – mercato Nazionale “Il Tartufo Bian-co”. Obiettivo della manifestazione è quello di promuovere il territorio dell’Alto Tevere Umbro nelle sue tradizioni ed in particolare quelle culturali, agricole e culinarie attraverso le Pro Loco ed i Rioni quali migliori cultori ed espressioni di conoscenze del luogo.Il programma della kermesse si presenta ric-co di iniziative, mostre ed esibizioni, su tutte due sono le novità interessanti di quest’an-no. Il primo concorso “Olio di casa mia” per produttori hobbisti che, sabato e domenica, avranno modo di confrontare l’olio dei pro-pri ulivi e delle proprie tavole, e “Il banchet-to rinascimentale al tempo dei Vitelli”, una rievocazione storica con spettacoli, musica e folklore. Il concorso ha lo scopo di promuo-vere la cultura, la conoscenza e il consumo dell’olio extra vergine d’oliva prodotto in Alta Valle del Tevere, di divulgare le sue nobili pe-culiarità, di stimolare gli olivicoltori e gli ope-ratori della filiera a migliorarne la qualità per favorire un consumo consapevole e un uso appropriato. Al concorso parteciperanno i produttori hobbisti di oli extra vergine d’oli-

va di sola provenienza regionale. Il banchetto invece avrà come luogo d’eccezione, la Sala del Consiglio Comunale di Città di Castello, imbandita e decorata ad hoc per l’occasione, dove musici e danzatrici allieteranno la serata ricca di numerose sorprese; ad ogni intervallo di portata verrà proposto uno spettacolo e il cerimoniere racconterà fatti e disfatti. Prima della cena si terrà il “Corteo per il rientro di Niccolò Vitelli a Città di Castello”, che attra-verserà tutto il centro storico e si fermerà nel-le principali piazze dove i Rioni proporranno degli assaggi di prodotti tipici. Ma torniamo al protagonista principale della manifestazione, il tartufo. Piazza Matteotti sarà il teatro della mostra mercato “I sapori del tartufo”, mentre Piazza Gabriotti ospiterà, come tradizione, la mostra mercato “Sapori d’Italia, eccellenze regionali” con circa trenta

espositori selezionati da tutta la penisola. In Piazza Fanti invece, si terrà “A caccia di tar-tufo – Laboratorio didattico nella tartufaia”.Spazio anche alle sfide tra provetti cuochi con “Le Ricette Speciali in show coking”, an-golo ideato da Susanna Cutini e Alex Revelli Sorini, direttore dell’Accademia Italiana di Gastronomia Storica e attuale collaboratore della trasmissione televisiva di Rai Uno “La Prova del Cuoco”, dove ogni Pro Loco e ogni Rione presenteranno nel tempo di venti mi-nuti la propria “ricetta speciale” realizzata con prodotti del territorio e che verrà fatta degustare al pubblico. Ciascuna ricetta sarà poi valutata da una giuria di esperti, tra cui Attilio Romita conduttore del Tg1, al fine di poter partecipare alla prossima edizione del concorso “Il Campanile” all’interno della tra-smissione “La prova del cuoco”. ●

Città di castello regno di sua maestà il Tartufo bianco

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Barbara Maccaridi

Un programma ricco di iniziative per la XXXI edizione della mostra mercato in scena dal 5 al 7 novembre

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Sfida ai fornelli: due dolci tipici della regioneA confronto la tecnica di uno chef e i segreti e l’esperienza di una casalinga

Procedimento:Disporre la farina a fontana, unirvi al centro tutti gli altri ingredienti ed impastare fino a formare un panetto. Stendere l’impasto con le mani, in modo da ottenere sei strisce di pasta di forma cilindrica da adagiare in una teglia da forno imburrata ed infarinata. Cuocere a 170° C per 18 minuti. Una volta cotti, tagliarli a fette oblique dello spessore di due centimetri e rimetterli in forno per altri cinque minuti così da renderli più asciutti e friabili.

Tozzetti

Luigi Zeppettidi

Chefdella Trattoria del Borgo

di Perugia

Nonna Tinadi

Sfama da oltre 30 anni marito

tre figli

Ingredienti:Farina “00” gr. 900 – Mandorle gr. 200 – Burro gr. 100 - Zucchero gr.

350 – Un cucchiaio di semi d’anice – Mezzo bicchiere d’anice – Uova n.4 – Lievito per dolci gr. 25.

Ingredienti:200 gr di mandorle, 250 gr di zucchero, 120 gr di farina bianca,

mezza bustina di cannella, una noce di burro o strutto, due uova, una scorza di limone

Fave dei morti

Procedimento:Visto il periodo non potevo non raccontarvi come preparo dei dolci tipici di novembre e ovviamente dell’Umbria, le fave dei morti.Prendiamo le mandorle e facciamole tostare qualche minuto in forno quindi pestiamole finemente insieme con lo zucchero fino e passiamo più volte al setaccio fino ad ottenere una polvere. Uniamola con la farina e su una tavola di legno formiamo la classica fontana dentro alla quale metteremo l’uovo sbattuto, il burro e lo strutto fuso, la cannella in polvere e la scorza grattata di mezzo limone. Qui ci dobbiamo rimboccare le maniche e cominciare a impastare a lungo per amalgamare bene tutti gli ingredienti. Ci riprendiamo dalla fatica e formiamo tanti cilindri poco più grandi di un pollice lunghi 4-5 cm. Se li schiacciamo leggermente formeremo degli ovali simili a grosse fave alte mezzo centimetro circa. Li prendiamo e li mettiamo su una teglia leggermente unta sul fondo con

burro. Apriamo il forno, già caldo a circa 140 gradi e li teniamo lì per circa mezzora, fino a quando comunque non saranno imbionditi. Le nostre fave dei morti diventeranno belle croccanti. Ne possiamo

fare anche grandi quantità, tanto si potranno conservate a lungo in un vaso di vetro chiuso.

Io e la mia famiglia le mangiamo accompagnate da un bicchierino di vino dolce bianco gelato.

Questa volta motivo del contendere davanti ai fornelli, ansi davanti al forno, sono i dolci umbri. Il cuoco dell’Osteria

del Borgo si cimenterà nella preparione

dei tozzetti, nonna Tina in quella delle caratteristiche fave dei morti. In tutte e due le preparazioni l’ingrediente chiave è la mandorla tipico frutto autunnale. Buon dolce a tutti.

I tozzetti sono s o l i t a m e n t e accompagnati da un

bicchiere di “vin santo”, liquore tipico dal gusto

dolce, in cui vengono immersi i biscotti prima di mangiarli. Nel

nostro ristorante siamo soliti servire il vin santo prodotto dalla cantina Donini di Umbertide.

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