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Bonifica dei siti contaminati:considerazioni sulla fase dell’indaginepreliminare (nota a TAR Umbrian. 416/2010)3 Monica Taina
Il commento
La sentenza che qui si annota tratta un aspetto partico-
lare ma importante del procedimento di bonifica ovvero i
termini dell’indagine preliminare - evidenziando come un
evento quale la ripetizione di un’analisi - se ritenuta su-
perflua poiche correttamente eseguita in prima battuta,
come in questo caso - possa rivelarsi non solo un aggra-
vio procedimentale ma una disapplicazione di un princi-
pio fondamentale, quale lo storico «chi inquina paga», al
quale, per effetto di quanto espressamente disposto an-
che dall’art. 239 comma 1, (1) tutta la procedura di boni-
fica deve uniformarsi.
Analisi di rischio sito specifico
Le norme vigenti si fondano su procedure operative e
amministrative ampiamente riformate rispetto alla ormai
vetusta disciplina contenuta nell’art. 17 del decreto Ron-
chi e cio ha un rilievo anche sulle correlate sanzioni.
Elemento fondamentale del procedimento e la cosiddet-
ta analisi di rischio sito specifico.
Con questo strumento di misurazione, infatti, si valutano
le probabilita che gli effetti nocivi del fattore contaminan-
te raggiungano la popolazione interessata. Attraverso un
calcolo dato dalle vie di migrazione della contaminazione,
dalla tipologia e concentrazione della contaminazione,
dalla distanza e dai rapporti relazionali con l’ambiente
da parte della popolazione si opera una valutazione pro-
babilistica, che un essere vivente possa essere raggiunto
in misura tale da comportare ripercussioni sulla salu-
te (2).
L’introduzione di una disciplina basata sull’analisi del ri-
schio sito specifico ha comportato anche una modifica
del procedimento amministrativo. I valori delle tabelle
del D.M. n. 471/1999 di fatto vengono assunti dal
D.Lgs. n. 152/2006 come soglie di attenzione (deno-
minate Concentrazione Soglia di Contaminazione «CSC»)
le quali, laddove siano superate, obbligano a procedere
all’esecuzione di un piano di caratterizzazione al fine di
La massima
TAR Umbria, sez. I, 24 luglio 2010, n. 416
Qualora i risultati - correttamente ottenuti - dell’indagine preliminare sulla contaminazione dei siti attestino l’esistenza
dei presupposti per l’obbligo di presentare il piano di caratterizzazione, concedere al responsabile dell’evento inqui-
nante un termine per il riesame dei risultati costituirebbe in una disapplicazione del principio comunitario del «chi
inquina paga», e della disciplina nazionale che ne ha stabilito tempi e modalita attuative, oltre a comportare un
aggravamento del rischio di danno per l’ambiente.
Note:
3 Studio Stefano Maglia - Consulenze Legali Ambientali.
(1) Art. 239, comma 1:«Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambien-tale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalita perlo svolgimento delle operazioni necessarie per l’eliminazione delle sorgentidell’inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di so-stanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, conparticolare riferimento al principio «chi inquina paga».
(2) Il decreto legislativo ha dato a questo tipo di valutazione un valore di ac-cettabilita, secondo cui un’operazione di bonifica si intende compiuta, laddo-ve venga raggiunta la concentrazione massima di inquinanti che comporti unrischio di morte per non piu di una persona ogni 100.000 abitanti. Per unapprofondimento sull’analisi di rischio si veda: A. M. F. Andretta, A. Forni,G. Brogna, Analisi di rischio di siti contaminati e discariche di rifiuti, IrnerioEditore, ottobre 2009.
InquinamentoBonifiche
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determinare le Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR)
sito specifico.
L’individuazione del superamento delle CSR e un accer-
tamento sostanzialmente subordinato a forme di attiva-
zione non riferibili ad organi di controllo istituzionali, quan-
to a quello stesso soggetto che tutto o molto avrebbe da
perdere laddove le soglie in oggetto risultino violate. Tale
individuazione dipende quindi dalla tempestivita, puntua-
lita e correttezza con la quale il soggetto responsabile del
possibile reato si sara attivato per dar corso ai singoli
passaggi della procedura, nella speranza che anche le
singole P.A. interessate intervengano con la stessa tem-
pestivita.
Il procedimento amministrativo, infatti, si articola, sostan-
zialmente, in due fasi di cui una di accertamento della
eventuale necessita di bonificare che vede come attore
quasi unico il responsabile dell’inquinamento e l’altra, di
determinazione ed esecuzione delle attivita di risanamen-
to, che invece vede maggiormente impegnati gli enti
pubblici.
L’indagine preliminare
A ritroso, quindi, tutto il procedimento - a partire dall’in-
dagine preliminare - deve rispettare termini puntuali, non
solo per prescrizione legislativa ma anche per opportuni-
ta e validita delle risultanze analitiche.
Stabilisce l’art. 242 al comma 2 che:
«Il responsabile dell’inquinamento, attuate le neces-
sarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone inte-
ressate dalla contaminazione, un’indagine preliminare
sui parametri oggetto dell’inquinamento e, ove accerti
che il livello delle concentrazioni soglia di contamina-
zione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripri-
stino della zona contaminata, dandone notizia, con
apposita autocertificazione, al comune ed alla provin-
cia competenti per territorio entro quarantotto oredalla comunicazione. L’autocertificazione conclude il
procedimento di notifica di cui al presente articolo,
ferme restando le attivita di verifica e di controllo da
parte dell’autorita competente da effettuarsi nei suc-
cessivi quindici giorni. Nel caso in cui l’inquinamento
non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri
da valutare devono essere individuati, caso per caso,
sulla base della storia del sito e delle attivita ivi svolte
nel tempo».
Nelle immediatezze della potenziale contaminazione il
responsabile dell’inquinamento ne da comunicazione al
Ministero dell’ambiente e alla Prefettura locale, quindi
procede, dopo aver assunto le eventuali misure di pre-
venzione (che dovrebbero corrispondere alle misure di
messa in sicurezza d’urgenza), all’esecuzione di un in-dagine preliminare, delle cui risultanze ne informa il
comune e la provincia mediante autocertificazione. In
questa fase non sono previste autorizzazioni preventive
e vige il silenzio-assenso sulle risultanze.
Si tratta di una fase di indagine anticipata, affidata inte-
gralmente al privato ed idonea a concludere l’intera pro-
cedura nel caso di incidenti minimi e tempestivamente
gestiti.
Alla seconda fase si accede, infatti, solo se dall’indagine
preliminare emerge un superamento delle CSC. In tal
caso occorre procedere alla realizzazione di un piano di
caratterizzazione e alla determinazione delle concentra-
zioni sito accettabili sulla base dell’analisi di rischio.
Questa fase di indagine preliminare richiede tempi molto
ristretti: 48 ore complessive dalla scoperta del potenziale
inquinamento; termini che potrebbero considerarsi ordi-
natori, ovvero suscettibili di proroga se si tien conto che
l’art. 257 (3) del D.Lgs. n. 152/2006 (4) sanziona solo
l’omessa o ritardata comunicazione, e in termini piu ge-
nerali, l’inosservanza dei progetti di bonifica, ma non l’i-
nosservanza dei termini delle fasi intermedie.
Ed infatti la sentenza in commento del TAR non richiama
alcuna norma sanzionatoria allo scopo di ritenere illegitti-
ma la ripetizione delle analisi sui parametri oggetto di
inquinamento, ma rimanda all’applicazione di un principio
superiore e trasversale a tutta la disciplina ambientale
ovvero il «chi inquina paga».
La richiesta di riesame dei campioni era stata formulata
dal ricorrente a causa degli esiti discordanti delle indagini
svolte; in particolare le analisi effettuate per conto del
ricorrente sono state svolte con strumentazione GC/MS
(vale a dire, mediante gascromatografia e spettrometria
di massa), piu sofisticata e quindi piu precisa della stru-
mentazione GC/FID (gas cromatografia con rivelatore a
ionizzazione di fiamma) di quella utilizzata dall’A.R.P.A. in
contraddittorio, e da queste ultime sole analisi risultava
una non conformita, per un solo parametro, rispetto ai
limiti tabellari, seppur per un valore di poco superiore a
quello massimo tollerabile.
Secondo l’organo giudicante, invece, non solo non e con-
troverso che i campioni di terreno siano stati prelevati in
Note:
(3) Sul punto si veda: Cass. pen., sez. III, 30 ottobre 2007, n. 40191.
(4) Art. 257, commi 1 e 2:«1. Chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acquesuperficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentra-zioni soglia di rischio e punito con la pena dell’arresto da sei mesi a unanno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, senon provvede alla bonifica in conformita al progetto approvato dall’auto-rita competente nell’ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e se-guenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all’ar-ticolo 242, il trasgressore e punito con la pena dell’arresto da tre mesi a unanno o con l’ammenda da mille euro a ventiseimila euro.2. Si applica la pena dell’arresto da un anno a due anni e la pena dell’am-menda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se l’inqui-namento e provocato da sostanze pericolose».
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contraddittorio, divisi in due aliquote a disposizione delle
parti (come previsto dall’allegato II della Parte IV del Ti-
tolo V, del D.Lgs. n. 152/2006), ma entrambe le metodo-
logie di analisi praticate sui campioni risultano ammissi-
bili e corrette, sulla base della conoscenze tecnico-scien-
tifiche e della normativa; per di piu in giudizio e stato
anche chiarito che non vi e stata diversita di metodologie,
poiche l’ARPA (per avere risultati piu attendibili, ed in
conformita ai protocolli elaborati dall’ISPRA - istituto Su-
periore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - a livel-
lo nazionale) ha comunque effettuato le analisi sia con la
metodologia CG/FID che con la metodologia CG/MS uti-
lizzata dal laboratorio cui si e rivolto il ricorrente.
Vien meno cosı ogni valutazione sull’effettiva maggiore
precisione ed attendibilita di una metodologia rispetto
all’altra.
Il valore delle metodiche di campionamentoe analisi
Peraltro sul valore delle metodiche di campionamento
e analisi in ambito ambientale (cioe sia in riferimento al
suolo che alle acque o all’aria) larga parte della giurispru-
denza, anche in passato, si e espressa (5) affermando
che le medesime non hanno valore precettivo assolu-
to, ma dettano soltanto dei criteri di massima dai quali gli
organi deputati agli accertamenti possono anche disco-
starsi previe adeguate valutazioni tecniche discrezionali
che tengano conto della peculiarita del caso.
Non sono mancate, tuttavia, pronunce che, pur ammes-
sa la discrezionalita tecnica dell’organo di controllo nel
decidere le metodiche da adottare, hanno ritenuto che
il rispetto delle stesse costituisce adempimento minimo
ed indispensabile presidio per l’esercizio del diritto di
difesa, costituzionalmente garantito anche durante la fa-
se degli accertamenti amministrativi, i cui esiti, per la loro
irripetibilita, sono destinati a confluire in dibattimento e
ad avere valore probatorio (6).
Questo secondo orientamento appare conforme a quello
espresso dalla Corte Costituzionale (7), secondo cui la
regole fissate dall’ISPRA in tema di modalita di campio-
namento costituiscono pur sempre parametri normativi
vincolanti per la p.a. nello svolgimento delle attivita di
campionamento e di analisi dei reflui.
Come si evince dal dibattito scaturito in giurisprudenza,
gia dalle metodiche di campionamento e sulla natura
vincolante o meno delle stesse, si ritrova la necessita
del contemperamento, in mancanza di alcuna sanzione
di nullita espressa, tra due opposte esigenze quella del-
l’effettivita del controllo e della garanzia del soggetto
sottoposto al controllo, laddove la discrezionalita rico-
nosciuta alla p.a. nella scelta delle metodiche piu appro-
priate, rischia di essere poco garantista rispetto alla po-
sizione del «destinatario» di tale scelta.
Conclusioni
La pronuncia del TAR Umbria puo considerarsi in linea
con quanto sopra esposto, ovvero con l’esigenza di con-
temperamento delle opposte esigenze di controllori e
controllati, poiche - a fronte di analisi svolte dall’organo
di controllo secondo due metodiche differenti, in entram-
bi i casi rilevato il superamento di un parametro di conta-
minazione - si e posta assolutamente super partes indi-
viduando il principale interesse in causa, ovvero la tutela
dell’ambiente e della salute umana, ed applicando, a pa-
rere di chi scrive, non solo il principio «chi inquina paga»
ma anche quello di prevenzione, ha vietato il riesame dei
campioni oltre i termini, ritendo gia sufficientemente di-
mostrato il superamento delle CSC.
Note:
(5) Si vedano:– Cass. civ., sez. II 20 marzo 2007, n. 6638;– Cass. civ., sez. I, 2 agosto 2006, n. 17571;– Cass. pen, sez. III, 21 gennaio 2004, 14425;– giurisprudenza citata in R. Greco, Codice dell’ambiente, Roma, 2009, pag.
286 oltre alla piu recente Cass. pen, sez. III, 3 marzo 2009, n. 9489: «Inmateria di smaltimento di rifiuti, le modalita di prelievo dei campionida analizzare e le metodiche di analisi, volte a stabilire se le sostanze pre-levate siano conformi alle prescrizioni di legge, riguardano attivita di po-lizia amministrativa, sicche l’eventuale inosservanza da parte dell’autoritaprocedente delle prescritte modalita e metodiche non determina la nullitadelle operazioni compiute e degli esiti delle analisi».
(6) Si veda Cass. pen, sez. III, 26 marzo 1996.
(7) Si veda Corte Cost., sent. 13 luglio 1990, n. 330, cit. in L. Prati, G. Galotto,Scarichi, inquinamento idrico e difesa del suolo, Milano, 2008 pag. 127.
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Il documento
TAR Umbria, sez. I, 24 luglio 2010, n. 416
Fatto e diritto
1. La societa ricorrente e affittuaria di un impianto di distribuzione carburanti sito in (omissis), localita (omissis).In data 2 ottobre 2008 ha comunicato alle amministrazioni competenti il pericolo di inquinamento accidentale delsuolo derivante dalla fuoriuscita di circa 9.500 litri di benzina dal serbatoio interrato di detto impianto.Il serbatoio forato e stato messo in sicurezza mediante vetrificazione.La Provincia di Perugia ha avviato il procedimento volto alla identificazione del responsabile, al fine di dar corso agliinterventi previsti dal D.Lgs. 152/2006.All’esito dell’indagine, con ordinanza n. 4 in data 4 giugno 2009, ha individuato nella societa ricorrente e nel gestoredell’impianto i responsabili dell’evento, ed ha ordinato loro di effettuare, nelle zone interessate alla contaminazione, «un’in-dagine preliminare sui parametri oggetto dell’inquinamento», ai sensi dell’articolo 242, comma 2, del D.Lgs. 152/2006.2. Sono stati quindi prelevati dei campioni del terreno, le cui analisi hanno pero avuto esiti differenti. Infatti, nellarelazione tecnica (del geologo C., che si e avvalso delle analisi chimiche e microbiologiche effettuate dalla A. A.di P. S.S.p.a. di Livorno) acquisita dalla ricorrente, si legge che «i valori registrati rientrano ampiamente all’interno dei limiti diaccettabilita delle CSC» (Concentrazioni Soglia di Contaminazione, di cui al D.Lgs. 152/2006) - cio che consentirebbedi limitare l’onere dei «responsabili» al ripristino della zona contaminata. Invece, le (contro)analisi effettuate dall’A.R.-P.A. Umbria, convenzionata con la Provincia di Perugia (ai sensi dell’articolo 197, comma 2, del D.Lgs. 152/2006),hanno riscontrato un superamento delle CSC oltre i limiti di accettabilita previsti dalla legge (con riferimento alparametro BTEX - un idrocarburo c.d. leggero - in corrispondenza del sondaggio S2).Conseguentemente, la Provincia di Perugia, con nota prot. U-0501396 in data 25 settembre 2009 (ricevuta in data 18ottobre 2009), ha comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento volto alla presentazione del «piano di caratte-rizzazione», secondo quanto previsto dall’articolo 242, comma 3, del D.Lgs. 152/2006.La ricorrente, dopo aver chiesto (in data 7 ottobre 2009) ed ottenuto (via fax, soltanto in data 19 ottobre 2009) l’accessoagli atti, con nota in data 28 ottobre 2009 ha osservato che la differenza dei risultati poteva essere ricondotta alle diversemetodologie di analisi utilizzate (e che quella utilizzata dai tecnici da essa incaricati conduceva a risultati piu precisi).Nel frattempo, la Provincia di Perugia, con ordinanza n. 5 in data 23 ottobre 2009, ha disposto che i suddetti«responsabili» presentino il Piano di Caratterizzazione.3. La ricorrente, con il ricorso introduttivo, impugna detto provvedimento.(Omissis).Con le osservazioni tecniche presentate, la ricorrente ha chiarito che le metodologie e gli strumenti di analisi utilizzatinel caso delle analisi in questione, portano allo stesso risultato soltanto se le indagini riguardano campioni standar-dizzati, mentre utilizzando c.d. campioni reali (com’e avvenuto nel caso in esame) i risultati possono essere differenti.Tuttavia, le analisi effettuate dalla A.AM.P.S. sono state effettuate con strumentazione GC/MS (vale a dire, mediantegascromatografia e spettrometria di massa), piu sofisticata e quindi piu precisa della strumentazione GC/FID (gascromatografia con rivelatore a ionizzazione di fiamma) utilizzata dall’A.R.P.A., e quindi la Provincia avrebbe dovutobasare le proprie valutazioni sulle prime.4. Si sono costituite in giudizio e controdeducono puntualmente, la Provincia di Perugia e l’A.R.P.A. Umbria.In particolare, l’A.R.P.A. ha evidenziato che le proprie analisi sono state effettuate sia col metodo GC/FID, sia col metodoGC/MS, e che in entrambi i casi (per il campione 4286) e risultato il superamento dei limiti per il parametro suddetto.5. Con nota prot. U-0140628 in data 23 marzo 2010, la Provincia di Perugia ha sollecitato l’esecuzione della prece-dente ordinanza entro il termine di quindici giorni, anche sottolineando che la ricorrente, nell’ambito della fasecautelare del presente giudizio, avrebbe «implicitamente rinunciato alla richiesta di sospensione del provvedimento».(Omissis).6.3. Infine, alla luce delle deduzioni e della documentazione presentate dall’A.R.P.A. in giudizio, sostiene che lerelative analisi siano viziate da gravi errori metodologici. Infatti, la curva di calibrazione delle analisi risulterebbeeffettuata a ben sei giorni di distanza dall’esecuzione delle analisi, mentre e necessario che venga effettuata lo stessogiorno, o anche piu volte in un giorno qualora le analisi da eseguire siano numerose. Inoltre, nelle analisi, risulterebbeomessa l’indicazione dei passaggi che portano al risultato finale, cosı non potendosi verificare l’esattezza dei calcolieseguiti dall’analista per determinare i quantitativi di inquinanti presenti nel campione esaminato.Cio, in definitiva, minerebbe l’attendibilita dei risultati, e spiegherebbe la discordanza rispetto a quelli ottenuti dal-l’A.AM.P.S.7. La ricorrente chiede anche che venga disposta consulenza tecnica per accertare il superamento delle CSC nelterreno.
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8. Il ricorso e infondato e deve pertanto essere respinto.(Omissis).8.2. Sotto il profilo dei presupposti sostanziali del provvedimento impugnato, non e controverso che sia stata applicatol’articolo 242, del D.Lgs. 152/2006, per quanto concerne la rilevanza del superamento delle CSC anche per un soloparametro (ed in riferimento ad un solo campione), e per quanto concerne le conseguenze (obbligo di presentazionedel piano di caratterizzazione del sito) di un simile presupposto.Come non e controverso che i campioni di terreno siano stati prelevati in contraddittorio, divisi in due aliquote adisposizione delle parti (come previsto dall’allegato II della Parte IV del Titolo V, del D.Lgs. 152/2006), e che entrambele metodologie di analisi praticate sui campioni risultino ammissibili e corrette, sulla base della conoscenze tecnico-scientifiche e della normativa.In giudizio e stato anche chiarito (risulta dalla relazione tecnica dell’A.R.P.A., a pag. 2, e dai rapporti delle analisi; ma laricorrente stessa ne da atto, spostando, nei motivi aggiunti, l’oggetto delle proprie censure) che non vi e statadiversita di metodologie, poiche l’A.R.P.A. (per avere risultati piu attendibili, ed in conformita ai protocolli elaboratidall’I.S.P.R.A. - istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - a livello nazionale) ha effettuato le analisisia con la metodologia CG/FID che con la metodologia CG/MS purge & trap (come esposto, utilizzata dal laboratoriocui si e rivolta la ricorrente).(Omissis).8.3. Quanto ai pretesi errori metodologici prospettati con i motivi aggiunti, l’A.R.P.A. eccepisce che in realta l’ultimacalibratura (o calibrazione) degli strumenti e stata sempre effettuata pochi minuti prima dell’esecuzione delle analisi;ed in effetti, cio sembra trarre conferma dal raffronto del tempo dell’ultima calibratura («last calibration») e di quellodell’effettuazione dell’analisi («calculation date») risultanti dai rapporti di prova versati in atti, mentre non rileva iltempo di acquisizione del campione «acquisition date»; in particolare, per quanto concerne il campione n. 4286, cheha dato luogo al riscontro del superamento delle CSC, risulta (cfr. rapporto RP-2009-5299, doc. n. 3 della produzioneA.R.P.A.) che la calibratura e stata effettuata alle ore 16.42 del 13 luglio 2009, l’analisi alle ore 16.53 dello stessogiorno, mentre il campione era stato acquisito in data 7 luglio 2009.(Omissis).8.4. Dunque, le operazioni di analisi si sottraggono alle censure dedotte. Per questo motivo, il Collegio ritiene di nonpoter accedere alla richiesta di disporre una consulenza tecnica d’ufficio.Infatti, cio comporterebbe nuove indagini preliminari su nuovi campioni del terreno, che ben potrebbero avere (anchese condotte mediante l’applicazione delle medesime metodologie gia utilizzate) risultati diversi da quelli precedente-mente ottenuti, ma non per questo inficierebbero la correttezza tecnico-scientifica di detti risultati, e soprattutto nonpotrebbero fornire elementi rilevanti ai fini del presente giudizio di legittimita. E comunque, la rinnovazione (piu cheripetizione) delle indagini non fornirebbe risultati pienamente confrontabili con i precedenti, poiche: a) il prelievo delcampione non si potrebbe effettuare nello stesso punto esatto del precedente; b) il campione non sarebbe comunqueomogeneo al precedente; c) il tempo trascorso condurrebbe ragionevolmente ad una diluizione della concentrazionedell’inquinante del terreno, e quindi ad un risultato diverso (probabilmente, piu rassicurante) del precedente.Peraltro, anche senza considerare gli effetti inesorabili del tempo (gia Eraclito insegnava che «Non si puo discenderedue volte nel medesimo fiume...»), appare evidente che se la legge prevede che l’indagine preliminare sulla conta-minazione venga effettuata entro certi termini, e se i risultati (correttamente ottenuti) di detta indagine attestanol’esistenza dei presupposti per l’obbligo di presentare il piano di caratterizzazione del sito inquinato, non sia necessarioprocedere ad un riesame, concedere al responsabile dell’evento inquinante una sorta di seconda chance, che sitradurrebbe in una disapplicazione del principio comunitario del «Chi inquina paga», e della disciplina nazionale che neha stabilito tempi e modalita attuative, e comporterebbe un aggravamento del rischio di danno per l’ambiente.Anche nella prospettiva del giudizio di ragionevolezza di una disciplina legislativa che prevede termini e passaggiprocedimentali cogenti (escludendo, quindi, un diritto del responsabile a riesami o verifiche supplementari), vaconsiderato che l’effettuazione di un piano di caratterizzazione ha un costo (nel caso in esame, secondo quantoaffermato dalla Provincia) di qualche migliaio di euro; che appare evidentemente sostenibile, a fronte del rischio e delpossibile danno che deriverebbe da un ritardo nell’avanzamento del procedimento finalizzato alla (eventuale) bonificadel sito contaminato.8.5. Resta da aggiungere che l’urgenza del provvedere, vertendosi in tema di inquinamento del suolo e di adempi-menti finalizzati alla verifica della necessita di procedere ad un intervento di bonifica, e insita nel potere esercitato.(Omissis).
PQM
(Omissis)
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