ebr settembre 2013
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Indice Rivista numero 8 settembre 2013TRANSCRIPT
Employer BrandingReview
Anno 4 - Numero 08 Settembre 2013
Intelligenza Emotiva
Social Recruiting
hr metrics
EMPLOYER BRANDING REVIEW
EditoreAnthea Consulting srl
Diretto ResponsabileEugenio Amendola
Coordinatore di RedazioneSimona Benini
Comitato di Redazione Eugenio Amendola (Anthea Consulting)Barbara Demi (Etline e Associati)Enzo Spaltro (Università delle Persone)Brett Minchington (Employer Brand International)Silvia Zanella (Adecco)Alberto Padula (Università Tor Vergata)Andrea Fontana (Università Pavia)Francesca SerraoSimona BeniniSilvia Nardini
A questo numero hanno collaborato:Eugenio Amendola, Brett Minchington, Anthony ItiatAndrea Bonaccini, Lorenzo Fariselli,Francesca Serrao, Beatrice Gobbi, www.ere.net.
Redazione Employer Branding ReviewVia Toscana, 25 40050 Monte San Pietro (BO)TEL: +39 051 6759832EMAIL: [email protected]
La rivista è pubblicata su:www.employerbrandingreview.com
Progetto graficoVitoria [email protected]
ImpaginazioneEdita S.r.l.www.editaonline.com
Registrazione Tribunale di BolognaN° 8076 del 24 Aprile 2010Employer Branding Review – NUMERO 8 – Settembre 2013
Editoriale
Il numero di settembre apre con l’obiettivo di approfondire alcuni temi caldi
dell’employer branding.
Cercheremo, infatti, di capire quali sono i sistemi di misurazione che pere-
mettono alle aziende di controllare l’efficacia della propria strategia. Capire
meglio quale interazione esiste tra le azioni di corporate branding adottate
dalle aziende e l’employer branding e lo faremo usando soprattutto alcuni
modelli grafici in grado di fornire informazioni sul grado di influenza tra le
due forme di comunicazione.
Approfondiremo il tema dell’intelligenza emotiva e della sua possibile intera-
zione con l’employer branding. Ma non solo, cercheremo anche di compren-
dere meglio quali connessioni è possibile stabilire tra l’employer branding e
il marketing esperienziale, tendenza sempre più in evoluzione che basa la
propria efficacia sul valore attribuito alle emozioni nei processi di comunica-
zione e branding.
Gli ultimi articoli presenteranno alcune interessanti case history. Aziende che
hanno raggiunto i propri obiettivi di comunicazione e lo hanno fatto soprat-
tutto assumendo un ruolo pionieristico nell’adottare i nuovi strumenti di co-
municazione offerti dal social web e non solo.
Buona lettura
Eugenio AmendolaDirettore Responsabile
Editoriale(a cura di Eugenio Amendola) .........................................2
Employer Branding e Nuove Tendenze
Employer Branding, Stili e App del cervello: nuovi linguaggiper aziende innovative ......................................................... 4(Lorenzo Fariselli)
L’employer Branding e i sistemi di misurazionee di valutazione delle performance ...................................... 9(Andrea Bonaccini)
Key point on what employer branding is ...........................14(Anthony Itiat)
Experiential Marketing: Emotion and the employer brand .....17(Brett Minchington MBA)
Come valutare l’interazione tra l’employer brandinge il corporate branding ......................................................23(Eugenio Amendola)
Employer Branding e Case Studies
L’Employer Branding in Loccioni. Innovazione, Rete e Formazione:le principali leve per attrarre i migliori talenti ...................27(Francesca Serrao)
Employer Branding e Social Media:“Il Terremoto di HERA” ......................................................32(Francesca Serrao)
Employer Branding e Social Media:Il caso General Electric Company .......................................41(Beatrice Gobbi)
IndiceNUMERO 8
Settembre 2013
www.employerbrandingreview.com4
La prendo un po’ alla larga...
mi allontano dal tema Em-
ployer Branding per poi riav-
vicinarmici. Perdonatemi la
digressione ma ritengo sia necessaria
per dare un senso più ampio al mio
ragionamento. Mi allontano quanto
basta per parlare di un tema che, per
fortuna, sta sempre più a cuore alle
aziende italiane: la Corporate Social
Responsibility (CSR). Ovvero la re-
sponsabilità che tutte le aziende pos-
sono scegliere di avere per far sì che il
territorio in cui sono inserite, le perso-
ne con cui entrano in contatto o altre
realtà e mondi, possano stare meglio.
Le soluzioni sono diverse. Tutte però
partono dall’impostazione e rispetto
di linee guida che indirizzino il pro-
prio business in un’ottica di maggiore
sostenibilità per il mondo circostante.
Un domanda potrebbe sorgere spon-
tanea: perché l’azienda dovrebbe sce-
gliere di allocare risorse (soldi, tempo,
persone) in un’ottica CSR? Beh, come
spesso accade c’è una risposta di valo-
re ed una maggiormente strumentale.
Quella di valore è molto semplice: se
mi adopero per far star bene gli altri
sto costruendo un mondo dove è bel-
lo vivere. Quella maggiormente stru-
mentale è un po’ più articolata ma pur
sempre chiara: l’attenzione del cliente
è sempre più concentrata sulle orga-
nizzazioni a 360° e sugli atteggiamenti
da queste assunti, non più solamente
sul singolo prodotto e sul tema della
mera convenienza economica. Quin-
di per fidelizzare il cliente il posizio-
namento di prezzo non basta più ed
il messaggio che l’azienda restituisce
all’esterno diventa la vera leva.
Employer Branding, Stili e App del cervello:nuovi linguaggi per aziende innovative
Immaginate un mondo in cui le aziende, mentre acquisisco-no preziose informazioni sui propri dipendenti o candidati, danno loro l’opportunità di scoprire qualcosa in più su quella meravigliosa macchina che guida ogni loro azione: il cervello. Immaginatevi quindi realtà organizzative che possano dire: “Nel nostro processo di ricerca del profilo più adatto (o nei nostri percorsi di carriera e/o analisi del potenziale), usiamo strumen-ti scientificamente validati con lo scopo di far comprendere alle persone come utilizzare i loro talenti ed il potenziale del proprio cervello. Non tutti quelli con cui entreremo in contatto faranno parte della nostra organizzazione ma siamo felici di poter con-tribuire ad aumentare la loro consapevolezza e dar loro spunti di riflessione per fare la differenza”.
In disaccordo con Gianna Nannini, dirò: Bello e POSSIBILE! Come e perché, vi starete chiedendo. E allora... buona lettura!
Employer Branding e nuove tendenze
Lorenzo Fariselli
5www.employerbrandingreview.com
Le ho volute citare entrambe per-
ché entrambe danno il medesimo ri-
sultato: la CSR è una filosofia da ren-
dere quanto prima attuativa in ogni
azienda (piccola o grande che sia).
Comunque una persona voglia guar-
dare questo argomento, per cogliere
appieno questa sfida, diventa neces-
sario investire di più nel capitale uma-
no, nell’ambiente e nelle relazioni con
i vari attori del cambiamento in atto.
Come fare? Le strade sono diverse.
Una di queste la racconto attraverso la
mia esperienza in Six Seconds, leader
mondiale nello studio e sviluppo delle
competenze di Intelligenza Emotiva,
fondamentali per la performance e il
cambiamento di leader, team ed inte-
re organizzazioni.
In Six Seconds abbiamo deciso di
abolire obiettivi di budget ed introdurre
un unico grande obiettivo: raggiungere
1 miliardo di persone che, da qui al 2039
(anno in cui la nostra presidente Anabel
Jensen compirà 100 anni), si alleni sul-
le skill emotivo relazionali! L’obiettivo
è tanto ambizioso quanto motivante:
siamo convinti infatti che più aumenta
la consapevolezza di noi stessi più pos-
siamo farci carico delle nostre azioni e
muoverci in maniera decisa ed inten-
zionale verso i veri obiettivi della nostra
vita, quelli che in Six Seconds vengono
chiamati “eccellenti”. Sappiamo che per
ottenere questo cambiamento, dob-
biamo continuare a studiare, applicare
le metodologie sia in ambito personale
che professionale e dare strumenti per
rendere autonome le persone nei pro-
pri percorsi di crescita. E allora da dove
si parte per accrescere la consapevolez-
za di noi stessi? La risposta che abbia-
mo dato è: dal nostro cervello e dal suo
funzionamento! Cioè da quel poco più
di 1 Kg di materia che, formata da mil-
le miliardi di cellule cerebrali, ci rende
speciali e guida le nostre azioni. Pen-
siamoci bene, quando acquistiamo un
elettrodomestico, troviamo all’interno
della scatola il “libretto di istruzioni”. Gra-
zie a questi libretti impariamo ad usare
al meglio il nostro nuovo strumento
sfruttandone tutte le potenzialità. E qui
arriviamo al punto: ci preoccupiamo di
fornire le istruzioni d’uso per qualsiasi
oggetto che immettiamo sul mercato e
nessuno si preoccupa di spiegarci come
funziona quell’organo di cui madre na-
tura ci ha fornito e che governa il modo
in cui siamo.
Ed è proprio in questo processo,
che punta ad un cambiamento “ con
segno + ”, che l’Employer Branding
(EB) può avere un ruolo sociale senza
eguali, accrescendo la consapevolezza
dei talenti delle persone con cui entra
in contatto! Come? Una soluzione è il
Brain Brief Profile: un veloce feedback
dello stile del proprio cervello, il co-
siddetto Brain Style, che fornisce una
descrizione di come lavorano insieme
le parti emotive e quelle razionali del
tuo cervello. Come sapete quello che
pensiamo e quello che proviamo de-
terminano i nostri comportamenti (le
nostre azioni) e quindi sapere come il
nostro cervello è abituato a far dialo-
gare pensieri ed emozioni ci fornisce
informazioni utilissime rispetto ai no-
stri talenti, ad esempio, o alle nostre
aree di miglioramento. Ecco perché
il Brain Brief Profile (così si chiama lo
strumento che ci dà come feedback il
nostro Brain Style) può essere un alle-
ato nella consapevolezza e nel miglio-
ramento personale, molto efficace.
Sono 3 le aree di indagine del Brain
Brief Profile:
www.employerbrandingreview.com6
Ecco la visualizzazione grafica, che
rappresenta la preferenza del cervello
nel processamento dell’informazione
logico razionale (emisfero sinistro) e di
quella emotivo relazionale (emisfero
destro).
Nell’esempio è visualizzata la “modali-
tà” che attiva un cervello da Realizzatore.
Quante sono le informazioni che si po-
trebbero trarre? E quante le riflessioni che
il singolo potrebbe fare a fronte di questo
feedback! Gli approcci ad esso potreb-
bero essere almeno due: “ho il cervello da
realizzatore, sono programmato così, come
posso sfruttare i miei talenti?” OPPURE “Non
voglio essere così! Cosa posso fare per cam-
biare le carte in tavola e sfruttare la neuro-
plasticità del mio cervello?”
In entrambi i casi la persona, au-
mentando la consapevolezza di come
funziona il proprio cervello, ha l’op-
portunità di aumentare la propria ef-
ficacia ed il proprio allineamento con
gli obiettivi che si è prefisso.
Ma quali sono le informazioni
che restituisce il Brain Brief Profile?
Proseguendo con l’esempio del rea-
lizzatore ecco alcuni spunti utili all’a-
zienda (e in primis alla persona) che
emergono dallo strumento:
Il REALIZZATORE entra in azione
quando c’è da portare a termine qual-
cosa. È il problem solver per eccellenza:
pragmatico, orientato all’azione e al ri-
sultato, con lui ogni problema troverà
una soluzione.
Il Realizzatore, con il piede sull’acce-
leratore, potrà passare sopra alle perso-
ne o rompere le regole del gioco lungo il
percorso, ma state sicuri che porterà a
termine il suo lavoro.
Di cosa potrebbe occuparsi il Realiz-
zatore? Può essere un problem-solver,
un lottatore, un architetto, un uomo che
gestisce contesti complessi.
I Realizzatori apprezzano l’efficien-
za, l’innovazione, i risultati, la tempesti-
vità, la chiarezza, la determinazione e il
coraggio.
Un’altra dimensione importante
che viene considerata è la relazione
con le altre persone. E allora che suc-
cede quando un realizzatore lavora
con gli altri? Quali rischi corre?
Il Realizzatore rischia di andare
veloce perdendo di vista il coinvolgi-
mento degli altri. A meno che non sia
davvero necessario, è bene che non
lasci che il senso d’urgenza travolga
tutti. Meglio se prova ad esercitare la
pazienza anche nei confronti di chi è
Employer Branding e nuove tendenze
7www.employerbrandingreview.com
molto lontano dal suo approccio alla
vita.
Potrebbe avere qualche difficoltà
con chi ama la cautela e le certezze ma
deve tenere ben a mente che proprio
loro potrebbero aiutarlo ad evitare ri-
schi inutili, soprattutto quando si tratta
di persone ed emozioni.
E quali sono i consigli per chi in-
vece lavora con un Realizzatore?
Non chiedere aiuto a un Realizzatore
se non vuoi davvero una soluzione o che
il lavoro venga portato a termine. Se vuoi
soltanto “parlarne” o “farti ascoltare”, as-
sicurati di chiarirlo fin dall’inizio.
I Realizzatori di solito si focalizzano
sul da farsi, non sugli aspetti emotivi. Se
la situazione merita attenzione rispetto
a questa dimensione, chiariscilo bene da
subito altrimenti questi aspetti difficil-
mente verranno presi in considerazione.
Il Realizzatore ama procedere velo-
cemente e innovare. Se vuoi che rallenti,
inizia con le motivazioni pratiche e solo
in seguito passa alla descrizione della vi-
sione d’insieme. Vai al sodo, fai una map-
pa ma non raccontargli storie e pensare
di coinvolgerlo con bei discorsi. Lui starà
già pensando a come muoversi.
Chiaramente il profilo del realizza-
tore non è il solo possibile! Dalla po-
sizione delle varie sfere (sull’emisfero
destro o sinistro), emergono 8 stili ce-
rebrali:
Otto Stili cerebrali per otto modi
diversi di processare le informazio-
ni. Cosa significherebbe a livello di
valore aggiunto introdurre questo
strumento nelle fasi di recruiting e
selezione? E in analisi del potenziale?
Domande retoriche che portano a
dire che l’azienda riuscirebbe “facil-
mente” (anche se facile non è mai...)
ad arricchire il quadro della persona
riducendo sensibilmente la proba-
bilità di errore nella scelta. In più, il
profilo potrebbe essere inviato al sin-
golo che, attraverso una guida gratu-
ita di 24 pagine, potrebbe fare tesoro
dell’esperienza. Un grande risultato
in chiave Employer Branding.
Ma questo è solo una parte del tut-
to, infatti per puntare ancora di più sui
talenti individuali e continuando con
la scoperta del proprio cervello, è pos-
sibile scendere ancor più in profondità
con un linguaggio sempre più accat-
tivante. E allora perché non utilizzare
una metafora Hi-Tech ed introdurre il
concetto di App (sì, le applicazioni che
scarichiamo con i nostri Smartphone!)
del cervello?!?!?
Ognuno di noi è dotato per natura
di 18 App, tra cui Analisi, Autoconsa-
pevolezza, Comunicatività, Empatia,
Orientamento al Risultato, Pianifica-
zione, Gestione dello Stress, Flessibili-
tà, Strategicità, etc... Queste capacità,
gestite più o meno efficacemente dal
nostro cervello, sono già state “scarica-
te”. Il nostro cervello infatti le ha già. Al-
cune di esse, come capita scorrendo le
schermate dei nostri telefonini, sono in
versione Base (di solito si riconoscono
perché ci sono quelle fastidiose inter-
ferenze che si chiamano pubblicità), al-
tre invece le abbiamo in versioni supe-
riori, ad un livello advanced insomma.
Anche nel Brain Talent capita lo stesso.
Possiamo infatti avere un feedback su
quali sono le App più o meno efficaci.
Ma non è finita qui. Infatti, continuan-
www.employerbrandingreview.com8
do con la metafora dello smartphone,
noi potremmo avere App super lusso
ma non usarle! Così è per noi. E que-
sto si traduce in una famosa frase che
almeno una volta nella vita abbiamo
sentito: “Non stai sfruttando i tuoi talen-
ti...”. Non ci resta che scoprirli e valoriz-
zarli! Non ci resta, cioè, che fare un ra-
gionamento serio su come utilizzare al
meglio il potenziale del nostro cervello
attraverso 3 step:
1. prendere consapevolezza del no-
stro sistema di App cerebrali
2. sceglierne una, aprirla, utilizzarla,
giocarci un po’
3. “settare” il proprio device (in que-
sto caso il cervello) cosicché l’App
su cui si vuol puntare l’attenzione
venga valorizzata così da perfor-
mare al meglio
Anche qui siamo davanti ad un
feedback di immenso valore per
l’azienda (a livello di carico infor-
mativo relativo alla persona) e di
grandissimo valore per il singolo
che vuole capire di più di se stesso.
Siamo davanti cioè ad una dinamica
responsabile che l’azienda può deci-
dere di attuare sfruttando la neces-
sità di portare avanti i processi che
fanno parte del ciclo delle risorse
umane: recruiting e selezione, ana-
lisi del potenziale, formazione, etc.
Ecco quindi come l’Employer Bran-
ding e la Corporate Social Respon-
sibility possono implementare una
logica win win dove tutti gli attori in
gioco hanno quello che vogliono ed
il grande vincitore è il sistema in cui
ognuno di noi è inserito.
Employer Branding e nuove tendenze
9www.employerbrandingreview.com
Quando si progettare un siste-
ma di misurazione e di valu-
tazione delle performance
dei processi aziendali, gene-
ralmente si pone l’attenzione sulle moda-
lità di rilevazione dei dati, sull’opportunità
di utilizzare un sistema informativo, sull’e-
sigenza di stabilire la frequenza di rileva-
zione e su altre questioni.
Invece nel caso di un sistema di
misurazione delle performance riferi-
to all’Employer Branding, tutti questi
aspetti assumono un ruolo seconda-
rio rispetto alla necessità di stabilire
una metodologia che definisca gli in-
dicatori e il loro significato.
È sicuramente un percorso diver-
so rispetto a quello che si compie
per l’implementazione di un sistema
di misurazione basato sul modello
del “Balanced Scorecard” di Norton e
Kaplan, nel quale le diverse prospet-
tive che individuano la realtà oggetto
della misurazione, sono ben definite,
così come gli obiettivi, le determinanti
e gli indicatori.
Nel caso dell’Employer Branding
è necessario progettare un sistema
di misurazione su misura che si adatti
perfettamente alla situazione esisten-
te, definendo gli indicatori oggetto di
rilevazione, descrivendo la metodolo-
L’employer Branding e i sistemi di misurazionee di valutazione delle performance
Un sistema di misurazione e di valutazione delle performance ha lo scopo di acquisire, analizzare
e rappresentare le misurazioni oggetto di osservazione. Solitamente la fase di misurazione (Check) è una delle 4 fasi della ruota di Deming
(Deming, 1986), o del modello denominato PDCA (Plan, Do, Check, Act) che descrive le
seguenti attività: definizione degli obiettivi, implementazione degli interventi per ottenerli,
controllo tra gli obiettivi pianificati e quelli ottenuti e per ultimo la definizione delle azioni correttive per il
miglioramento continuo.
Andrea Bonaccini
www.employerbrandingreview.com10
gia utilizzata, il campione rappresen-
tativo e le tecniche di validazione dei
risultati ottenuti.
La teoria dell’Employer Branding è
stata proposta per la prima volta nel
1996 dagli studiosi Amber e Barrow
(Ambler & Barrow, 1996) che per primi
affrontarono l’esigenza di coniugare
gli aspetti delle risorse umane con
quelli del marketing interno. Nel cor-
so degli anni successivi, questa teoria
è stata oggetto di grande attenzione
da parte di studiosi ed accademici,
che hanno contribuito allo sviluppo
di questa tematica. Diverse sono sta-
te le definizioni di Employer Branding
che si sono succedute nel tempo, e
notevoli sono state le evoluzioni che
il concetto di Employer Branding ha
subito nel corso del tempo.
Per questi motivi, pensare di pro-
gettare un sistema di misurazione e di
valutazione delle performance riferito
all’Employer Branding non è un’im-
presa del tutto agevole.
Innanzitutto è necessario
definire l’ambito nel quale
effettuare la misura-
zione. Proprio per
la natura stessa
dell’oggetto
della misurazione, l’Employer Bran-
ding ha una duplice azione: può essere
rivolto all’esterno dell’azienda nei con-
fronti dei potenziali e futuri collabora-
tori, oppure essere rivolto all’interno
dell’azienda nei confronti degli attuali
dipendenti. Questo comporta come
conseguenza il fatto che le tecniche
e gli strumenti utilizzati per la rileva-
zione e la misurazione dell’Employer
Branding siano completamente dif-
ferenti. Per l’esterno si può pensare di
ricorrere a ricerche di mercato, oppure
utilizzare i social media di internet che
permettono di elaborare milioni di in-
terazioni tra i membri dei professional
network. Invece all’interno dell’azien-
da possono essere condotte indagini
tra i collaboratori mediante interviste,
social group oppure questionari per
la misura dell’atteggiamento positivo/
negativo. Particolarmente consigliate
quest’ultime tecniche di rilevazione
soprattutto nel caso in cui la realtà
aziendale provenga da un’esperienza
di fusione o acquisizioni di aziende di-
verse, che comportano la presenza di
culture e valori differenti.
Ma c’è anche un fattore storico nella
misurazione dell’Employer Branding.
All’inizio degli anni ’90 quando comin-
ciarono ad apparire le prime pubbli-
cazioni sull’argomento, l’attenzione
era tutta rivolta alle risorse umane e le
misurazioni coinvolgevano principal-
mente grandezze legate alle attività di
assunzione, formazione, sviluppo della
carriera, ricompensa e gestione del-
le prestazioni. Poi con il passare degli
anni e con la diffusione della cultura
dell’Employer Branding anche alle fun-
zioni aziendali quali marketing, comu-
nicazione e direzione generale, l’atten-
zione dei sistemi di misurazione e di
valutazione si è spostata anche ad altri
ambiti tipici dell’Employer Branding
quali ad esempio il luogo di lavoro, le
possibilità di carriera, il pacchetto
retributivo, le possibilità di
apprendimento e di cre-
scita professionale.
Se riteniamo
che le attivi-
tà di Em-
Employer Branding e nuove tendenze
11www.employerbrandingreview.com
ployer Branding debbano portare ad
una maggiore consapevolezza del brand
e ad un atteggiamento positivo nei con-
fronti del brand da parte dei futuri, po-
tenziali, attuali ed ex lavoratori oppure
da altri portatori di interesse, allora sarà
opportuno prendere in considerazione il
modello sotto riportato proposto da But-
tenberg (Buttenberg, 2012).
il numero di pagine del sito web visitate.
Se invece vogliamo correlare la
produttività dell’azienda con il tasso
di occupazione, allora possiamo mi-
surare mediante un indicatore diretto
quale il fatturato, oppure tramite un
indicatore indiretto quale la soddisfa-
zione e la motivazione dei lavoratori.
Oppure se il problema risiede nel-
quanto dettagliata ma tanto svuotata
dai contenuti e dal loro vero significato
strategico. Meglio individuare una serie
di indicatori che attraverso la loro mi-
surazione forniscono al management
una valutazione dei fenomeni che sono
d’interesse per l’azienda e sui quali sono
stati stabiliti gli obiettivi aziendali.
Nella letteratura scientifica sono
riportati numerosi esempi di proget-
tazione di sistemi di misurazione e
valutazione delle performance relativi
all’Employer Branding.
Un primo contributo viene pro-
posto da Amber e Barrow (Ambler
& Barrow, 1996) che hanno definito
l’Employer Branding come un “pac-
chetto di benefici funzionali, econo-
mici e psicologici forniti dal datore
di lavoro e identificati con l’azien-
da”. Essi hanno pertanto individua-
to tre dimensioni per la valutazione
dell’Employer Branding che sono
rappresentati dai benefici funzionali,
economici e psicologici.
Invece gli autori Berthon, Ewing,
Hah (Berthon, Ewing, & Hah, 2005) nel
loro studio sull’attrattività del datore
di lavoro hanno individuato cinque
dimensioni che estendono le tre di-
mensioni precedentemente trovate.
Le 5 dimensioni sono:
1. “Interest value” intesa come am-
biente di lavoro interessante e cre-
atività del lavoratore utilizzata per
sviluppare nuovi prodotti;
2. “Social value” per un ambiente di
lavoro divertente;
In questo modello gli indicatori di
performance sono individuati in base
agli obiettivi prefissati. Per esempio
ponendo l’attenzione all’attività di re-
clutamento, gli strumenti utilizzati per
reclutare i candidati possono essere gli
annunci di lavoro, gli eventi di networ-
king, le pagine web del sito internet. Gli
indicatori di performance che misurano
tali strumenti di reclutamento possono
essere il numero di click sui moduli di re-
clutamento, il numero di candidati che
ha partecipato all’evento di networking,
la comunicazione aziendale, perché
quello che viene comunicato dai ma-
nager non trova riscontro rispetto a
quello vissuto dai dipendenti, vuol dire
che esiste una discordanza tra quello
che si vede e quello che si sente.
E quindi, sulla base di queste con-
siderazioni, quali indicatori di perfor-
mance scegliere?
Di solito si misura ciò che interessa
all’azienda. Non ha senso mettere un
indicatore su tutto e costringere i col-
laboratori a redigere una reportistica
www.employerbrandingreview.com12
3. “Economic value” per salari media-
mente più elevati rispetto alla me-
dia e pacchetti retributivi;
4. “Development value” per ricono-
scimenti e avanzamenti di carriera;
5. “Application value” per applicare ciò
che si è studiato nel percorso di studi.
È facile rendersi conto che i primi
due fattori riprendono i benefici psi-
cologici di Amber e Barrow, il fattore
“Economic value” il beneficio econo-
mico, mentre gli ultimi due richiama-
no i benefici funzionali.
Un altro contributo interessante
nella definizione della modalità di
definizione degli indicatori di misura-
zione e di valutazione, ci è data dagli
autori Bhatnagar e Srivastava (Bha-
tnagar & Srivastava, 2010) i quali at-
traverso un’analisi qualitativa dei dati
ricavati da diverse fonti (analisi della
letteratura, questionari semi-struttu-
rati e interviste aperte, focus group,
contenuti nei siti web) hanno indivi-
duato 39 variabili da tenere in con-
siderazione per misurare l’Employer
Branding. Successivamente con un
approccio quantitativo 11 di queste
sono state tenute in considerazioni, e
riportate nella tabella seguente:
Queste variabili hanno dato origi-
ne a 8 elementi chiave che possono
essere presi in considerazione per la
misurazione dell’Employer Branding.
Questi elementi chiave sono:
1. “Caring organization” per un’orga-
nizzazione che si prende cura del
benessere dei dipendenti;
2. “Enabling organization” per un’or-
ganizzazione che pone al dipen-
dente di sfruttare le proprie capa-
cità;
3. “Carrer growth” per un’organizza-
zione che favorisce l’avanzamento
di carriera;
4. “Credible and fair” è un’organizza-
zione credibile e fiera di ricompen-
sare i propri dipendenti per il lavo-
ro che svolgono;
5. “Flexible and ethical” l’organizza-
zione è flessibile per la prestazione
del lavoro ma non a scapito dell’e-
tica;
6. “Product and service brand image”
i prodotti dell’organizzazione sono
regolarmente pubblicizzati sui
mezzi di comunicazione;
7. “Positive employer image” l’orga-
nizzazione è conosciuta e preferita
come datore di lavoro;
8. “Global exposure” per l’organizza-
zione che offre opportunità di la-
voro all’estero.
Invece nello studio di Hillebrand e
Ivens (Hillebrandt & Ivens, 2012) viene
sviluppata una scala di misurazione, la
cui dimensione è individuata dall’ana-
Employer Branding e nuove tendenze
13www.employerbrandingreview.com
Bibliografia
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The development of a comprehensive
measurement scale. 2012 AMA Winter
Educators’ Conference (p. 52-61). Ameri-
can Marketing Association.
lisi fattoriale. È questo un contributo
interessante per effettuare la corre-
lazione tra dimensione della scale di
misurazione e definizione degli indi-
catori di performance. In questo stu-
dio vengono individuati 12 fattori che
devono essere presi in considerazio-
ne per misurare l’Employer Branding.
Questi fattori sono:
1. “Culture and communication”
2. “Team spirit”
3. “Tasks”
4. “International carrer and enviro-
ment
5. “Benefits
6. “Reputation”
7. “Work-life-Balance”
8. “Training and development”
9. “Diversity”
10. “Customers”
11. “Autonomy”
12. “Corporate Social Responsibility”
In questa prima parte abbiamo de-
scritto velocemente i più importanti
contributi della comunità scientifica al
tema della misurazione e validazione
dell’Employer Branding. Nella secon-
da parte ci addentreremo nei dettagli
di un progetto di misurazione e di va-
lidazione, analizzando i singoli passi e
approfondendo le singole questioni.
www.employerbrandingreview.com14
Key point on what employer branding is
Some selected definitions
The benefit it conveys on em-
ployees
- Employer brand represen-
ts the array of economic,
functional and psychological bene-
fits that an employee might receive
because of joining an organisation
(Ambler & Barrow, 1996)
- A targeted and long term strategy
that manage the awareness and
perception of employees, potential
employees, and related stakehol-
ders about a particular firm (Sulli-
van, 2004)
- The image of the organisation as a
“great place to work” in the minds of
current employees and key holders
in the external market (active and
passive candidates, clients, custo-
mers and other key holders (Brett
Minchington, 2005)
- How a business builds and packa-
ges its identity from its origins and
values, what it promises to deliver
to emotionally connect employees
so that they in deliver what a busi-
ness promises to customers (Sartain
& Schumann, 2006)
- Marketing strategy aimed at crea-
ting a consistent corporate image
with the company’s identity as an
employer (workplace), in line with
the target audience and quite di-
stinct from that of competitors,
through which attract and retain
talented people (Amendola, 2007)
- A set of attribute and qualities
– often intangible - that makes
organisation distinctive, promises
a particular kind of employment
experience, and appeals to those
people who will thrive and perform
best in its culture (CIPD, 2009)
- Employer branding is the strategy
companies use to appeal to desired
current and future ideal talent (Uni-
versum, 2010)
- Employer branding is a strategic
approach to people management
and development and application of
marketing strategies for organisation
performance in order to achieve its
purpose (Anthony Itiat 2012)
Comment: Although different
authors are approaching the defini-
tion of employer branding in various
views, these can be seen as personal
interpretation of what the concept
of employer branding is all about.
All definitions have touched all the
ingredients that nurture employer
branding. For example, Ambler et al
definition emphasises on monetary
Employer Branding e nuove tendenze
Anthony Itiat
15www.employerbrandingreview.com
value, skill, training, reward retention,
and motivation from job satisfaction.
Nevertheless, Sullivan is emphasising
on organisational leaders to educate
employee and stakeholders on the
benefit of proposed initiative, and
communicating to everyone the
business sustainability and survival
strategy – i.e. those actions that will
help the business grow and develop.
On the other hand, Minchington and
Universum are emphasising on at-
traction, engagement, and retention
initiatives which reflect Sullivan’s de-
finition of employer branding. Sartain
et al are concerned about foundation
of culture as management philosophy
determined by empowerment on the
one hand, and control on the other
hand. This is a reflection of psycholo-
gical contract as set of expectations.
CIPD is acknowledging the knowle-
dge employees bring to work which,
when transferred into production
becomes values to the organisation.
In my opinion, employer branding
is a concept that draws insights deri-
ved from human resources manage-
ment and development, and classical
marketing. This is the pattern in which
my definition of employer branding
stems from. This is so, because I believe
employer branding function should sit
in HR and marketing. HR knowledge is
needed to understand people value
whilst marketing expertise can launch
an appropriate brand strategy. In wor-
king together HR and marketing can
project the image of the organisation
hence employer branding is integral
to business strategy resonating well
beyond the doors of the HR depart-
ment. Hence, understanding strategic
management processes such as the
application of SWOT Analysis to scan
the environment would give a bigger
picture of where organisation should
focus their strengths (1) to improve
its employer branding, (2) to sustain
its financial position. Secondly, under-
standing the three generic strategies
based on overall cost leadership, dif-
ferentiation, and focus on a particular
market niche would help to sustain
competitive advantage, and in giving
that support to retailer partners and
customers. Digesting on the above
strategies, you will agree with me that
people management and marketing
strategies are important factors that
create the image of organisation
through it employer branding best
practice.
Employer branding is about how
organisation positions itself in the
labour market. This means delivering
to the market how your organisation
is, and showing you are a good em-
ployer. In another context, employer
branding is a creation of image as
an employer through recruitment
process and what your organisation
offers that other companies do not
offer.
www.employerbrandingreview.com16
- It emphasises on organisational
culture as a strategy that holds or-
ganisation together
- A good employer branding is a
good value proposition being offe-
red to employees and it creates a
feel good factor in the organisation
- Employer branding helps com-
panies that are considered good
employers to have a strong identity
and an image in the marketplace
- Employer branding acts as an in-
strument, emphasising particularly
on why it is important for organisa-
tion to build its public image
- Employer branding is a check on
how Employment Value Proposition
(EVP) builds a public image
- Employer branding strengthens
employees’ mutual obligations
(psychological contract) which is
an overall expectation from both
employer of employee and from
employee of employer
- Employer branding would enable
organisational leaders take to heart
a fair treatment of employees by
motivating, guiding and working
with them
- Employer branding would enable
organisation creates organisational
culture and climate that foster a
successful business performance
through its employee engagement,
retention and motivation schemes
- Employer branding would enable ma-
nagers to accomplish organisational
objectives through people via organi-
sational communication channels
- Employer branding would crystalli-
se organisational culture as a com-
bination of internal communication,
learning and development, reward
and recognition, service support
and measurement system
The benefit of employer branding to organisation
KEY POINT
Employer branding is the way people are managed and developed for organisational performance.
Employer Branding e nuove tendenze
17www.employerbrandingreview.com
The role of experiential marketing in branding:
There’s no doubt that brand is about reputation. It’s what you hear,
think and feel about an organization and its product or service–that’s
the brand. What’s changed is the role people play in brands. We care
more than ever about what other people say about a brand, or how they rate
a product. In fact, 2012 marketing data shows that conversion rates are 105%
higher when ratings and reviews are used by customers.
It just means that as customers, we’re smarter because information about a
product or brand is more accessible. Since that information is there, we use it; we
experience the brand before we make a choice. And marketers are increasingly
taking notice of this. I don’t mean social media–we all know marketers are ma-
king exceptional use of online channels. I mean experiences–marketers aren’t
just introducing products and brands. They’re giving customers ways to expe-
rience the brand in increasingly personal and emotional ways.
Think about it this way–you’re at the grocery store staring at the shelf trying
to decide which shampoo to buy. There’s no interaction and likely no emotio-
nal component. Instead, you’re just recalling information consciously and sub-
consciously in your head: commercials you’ve seen, what your friends use, what
you’re typically loyal too. Then you make your choice.
Experiential Marketing:Emotion and the employer brand
Experiential marketing has successfully been used by brands
over the past few years to connect with consumers to drive
sales and profit. Appealing to a variety of senses, the goal of
experiential marketing is to establish the connection in such a
way that the consumer responds to a product offering based
on both emotional and rational response levels. Are marketers
missing an opportunity to make an impact on the employer
brand at the same time as using experiential marketing
initiatives to build consumer brand equity?
Brett Minchington MBA
www.employerbrandingreview.com18
But marketers have evolved. They know some things either can’t be sold on
a shelf or can’t be sold well. In 2011, Nokia embraced this, launching their Lumia
800 phone with a dazzling 4-D light show featuring the popular cult DJ Dead-
mau5. It’s a wild show with incredible technology and pull-through marketing
from the light show graphics displayed on the side of the building to the Dead-
mau5 ears given to attendees. Recently, Nokia jumped the most it has since 2008
primarily based on sales of the Lumia. Is experiential marketing the culprit? Well,
the light show has over 4 million views on YouTube. You be the judge.
Using experiential marketing to build consumer and employer brand equity
Every time a company markets its products, there’s a secondary benefit to mar-
keting the employment experience, especially when employees are a part of the
activity. When employees are shown using, endorsing or supporting a product or a
brand, it lends extra credence and authenticity. In pay-off terms, this kind of shared
marketing saves money and shows employees’ pride and commitment.
Consider The Ritz-Carlton Hotel Company. Long revered for their commit-
ment to service, guests regularly stop employees (called Ladies and Gentlemen)
to ask about the service and the little wallet-sized cards they carry around, called
Credo cards. Those cards define the way the Ladies and Gentlemen provide ser-
vice, thus defining both the consumer and the employment experience. If you
can’t deliver the service and values dictated on the card, you’re not a ‘cultural fit’
for employment.
Companies are finally starting to take notice the role employees can play. Ap-
ple recently revamped their in-store experience to emulate The Ritz-Carlton and
its working. Great service focused on building a brand experience serves as a
foundation for both brand loyalty and career interest.
Beyond the foundation, there are other ways to infuse employees into your
marketing experiences that build brand equity. They can be as big as Nokia (ima-
gine if employees were involved in that light show, or there was a coordinated
employee follow-up effort after the event?) Or they can be everyday marketing
experiences re-imagined as employee showcases. Consider your average trade
show. You might have a few employees staffing a booth waiting for interested
vendors, buyers or customers, many of whom may have an employee profile si-
milar to what you hire for.
Rethink that traditional booth from stagnant to experiential. Involve hun-
dreds of employees instead of three or four. Position them all over the trade floor,
conference centre or hotel engaging with those customers in a way that’s both
on-brand and innovative. Your marketing team or agency can drive the expe-
Employer Branding e nuove tendenze
19www.employerbrandingreview.com
rience–the point is the difference that it makes. You’re building joint equity and
solving for two unique brand challenges at the same time.
Connecting employees to customers to build employer brand equity
Putting your employees at the heart of your consumer brand marketing can
have a positive impact on your culture. Remember it starts at the top! Consider
the role Sir Richard Branson’s antics play in building employer brand equity at
Virgin Group. Across its companies, Virgin employs approximately 50,000 peo-
ple, in 34 countries and had global branded revenues of around £13bn ($21bn)
in 2011. Virgin believes in making a difference. They stand for ‘value for money’,
‘quality’, ‘innovation’, ‘fun’ and ‘a sense of competitive challenge’. They strive to
achieve this by empowering our employees to continually deliver an unbeatable
customer experience.
Each company benefits from ‘Brand Branson’ who’s behaviours espouse what
Virgin stands for. Articulating ‘a sense of competitive challenge’, in 1991, Bran-
son became the first person to cross the Pacific Ocean in a balloon. He travelled
nearly 7,000 miles between Japan and Canada, and clocked speeds as high as
240 miles per hour. The trip was fraught with tense moments, including the loss
of two fuel tanks. The loss of balloon altitude control caused the crew to reach
treacherous altitudes, well over 40,000 feet. Pilot and co-pilot later missed their
landing goal by 2,000 miles. Originally headed for Los Angeles, they landed in a
remote part of the North Canadian Rocky Mountains instead.
Heineken put their employees in the consumer front line at the Heineken
Experience, a brewery tour of the global beer brand located in Amsterdam. The
centre is designed to educate the public on the process of pilsner brewing as
well as bringing the Heineken product and brand to life. The visitor experience
comprises four levels of historical artefacts, product exploration and sampling,
and interactive exhibits which employ the latest high-tech multi-media techno-
logies. If you’ve been fortunate to visit the centre, you’ll see just how engaged
employees are in the Heineken brand, it’s like being at a college end of year par-
ty! But you won’t just see 21 year old employees providing the Heineken Expe-
rience; you’ll also see the 40+ something’s getting into the action. Consumers
have a great experience and employees have a great experience delivering them
an emotional connection to the Heineken brand.
Don’t ignore the associated risks
Putting all your eggs in one basket to connect consumers to your brand
through consumer brand marketing involving celebrities or employee ‘brand
www.employerbrandingreview.com20
ambassadors’ is not without risk. Consider every single
marketing activity Accenture, a global consulting firm, im-
plemented to build brand equity and then consider the
impact on the brand once the Tiger Woods scandal broke.
The impact was so great I don’t even need to mention what
actually occurred (you probably already know from the glo-
bal media coverage of the event!). But for those who want
to know the intimate details a quick search on Tiger Woods
Scandal will help you! Brand equity takes years of hard work
to build and can be destroyed in seconds so choose brand
ambassadors carefully.
Experiential marketing is not popular (or suitable) in all
Industries. Oil and Gas companies have to consider care-
fully how they build brand equity by involving employees
in consumer marketing activities. There is a tendency to
‘play it safe.’ It doesn’t matter what BP does, good or bad,
it will be written about, and mostly connected to the 2008
oil spill. It also gets attention on sites not endorsed by the
company such as the spoof twitter account @BPGlobalPR
which has a following of more than 150,000!
With that in mind, here are 10 tips to harness the power
of experiential marketing for your employer brand:
1) Think like a marketer!
To understand the how experiential marketing might
work for employer brand, you have to start with the basics
of marketing. Whether you work in HR or non-related mar-
keting field, if you don’t have an education in basic marke-
ting, get one before you do anything else.
2) Consider emotion.
As leaders we, ironically, get caught up in the business
of what we have to do. From ROI to strategic planning, it’s
easy to forget that the business is people. Since marketing
is about emotion, it’s important to consider the emotions
of your future employees and what matters to them most.
3) Build a relationship with your CMO.
To be effective, the employer brand has to be aligned
with the master brand, and there has to be a strong par-
tnership between HR and marketing. It’s important that
the CMO sees the value employees can lend to consumer
brand marketing and the role HR can play.
4) Understand your workforce.
To best use employees for experiential marketing you
have to know them–who the best performers are, who ado-
res and evangelizes the brand, and personal and personal
habits. Bottom line–you’ll need some data
5) Evaluate current consumer marketing channels for em-
ployee participation.
You don’t have to start from scratch to find experiences
to use employees. Look at ways to turn traditional channels
(like a commercial) into experiences (live events building
on the commercials led by employees).
6) Identify and appoint ambassadors to represent your
brand and involve them in your consumer marketing
initiatives.
Get your leaders leading from the front! Company
founders such as Richard Branson (Virgin) and Tony Hsieh
(Zappos) have had a lasting impact at both the consumer
and employer brand level for their organisations which
has translated into higher revenues and numerous articles
about what a great place they are to work.
7) Build market reach and communicate your distincti-
ve assets.
Make others want to share your photos and videos.
It will help you reach passive consumers and candida-
tes by exposing your brand to thousands or millions
you may never have considered reaching out to. Just
don’t market to your existing loyal users; brand growth
will come from those who have very little experience
with your brand.
Employer Branding e nuove tendenze
21www.employerbrandingreview.com
8) Connect with customers already passionate about
your brand.
To attract staff to work at their mega store in Sydney,
IKEA inserted career instructions inside the famous IKEA flat
packs. Customers literally delivered the mailer to themsel-
ves. They could then also share it with friends and family
and many customers applied to work there! Not only did it
talk directly to those who love the brand, it created a whole
new media channel – the flat packs themselves. The cam-
paign resulted in 4285 applications and 280 hires with $0
media spend!
9) Let your employees communicate your EVP.
You can’t bluff consumers and candidates! They will re-
act to your behaviours moreso than what you say in your
communications. This is where experiential marketing can
help. Your behaviours are on full show and consumers will
judge you on how you behave.
10) Use experiential marketing to make work more in-
teresting.
Employer Brand International’s latest global research
shows interesting work is the number one attribute em-
ployees are seeking in the employment experience, the re-
ason why they chose their current employer and why they
stay. Each year at HeadHunter, Russia largest online job
board, they celebrate with a specially themed event. Not
to outdo their Rockstars event to celebrate the company’s
11th birthday, their end of year 2011 Bollywood theme par-
ty had a major impact on the company’s employer brand,
already rated as one of best in Russia’s. Thousands shared
their videos and photos from the events reinforcing to their
customers why they do business with them!
…...............and some final thoughts!
It doesn’t take too much hard work to come up with
ideas for building brand equity through
experiential marketing activities, you just need to
put your creative mind to work! Importantly,
you will have alot of fun whilst raising revenues
along the way!
About the authors
Brett Minchington MBA is Chairman/CEO of Employer
Brand International. Brett is an
International strategist, corporate advisor and author on
employer branding who has trained
thousands of leaders in more than 50 cities around the wor-
ld. You can follow him on twitter
@brettminch or at www.brettminchington.com
Susan Strayer is the Founder of Exaqueo, a consulting firm
for brand and talent strategies.
She’s a veteran of in-house talent and brand leadership ro-
les and speaks and writes on talent
innovation and brand definition. You can find her @Susan-
Strayer or at www.exaqueo.com.
23www.employerbrandingreview.com
Eugenio AmendolaDirettore Employer
Branding Review
Come valutare l’interazione tra
l’employer brandinge il corporate branding
L’importanza del mercato target di riferimento
Nello sviluppo di una strategia di
employer branding è importante tenere in
considerazione alcuni aspetti essenziali che
aiuteranno a delineare meglio l’identità del
brand aziendale oggetto di studio.
Questi aspetti sono prin-
cipalmente riconducibili
alla notorietà del brand
(Brand Awareness) ed al
grado di apprezzamento di cui gode
l’azienda da un punto di vista istitu-
zionale (Corporate Brand).
A questi si aggiunge l’identificazio-
ne del target che può essere unico o
coincidente, oppure totalmente diffe-
rente.
Quest’ultimo aspetto è estrema-
mente importante. Comprendere, in-
fatti, se il target delle proprie politiche
di employer branding coincida con
quello delle attività di comunicazio-
ne corporate e/o di prodotto ha delle
forti implicazioni sia sulla notorietà
del brand e sia sul modo in cui le due
forme di comunicazione (employer e
corporate branding) possono intera-
gire reciprocamente.
Infatti, se è vero che l’employer
branding gioca un ruolo importante
nell’attrarre e mantenere le persone
di talento, allo stesso tempo, può ge-
nerare un effetto positivo in grado di
supportare efficacemente le politiche
di coroprate branding rivolte al clien-
te. Questo è vero, ad esempio, per
quelle aziende che si rivolgono ad un
mercato del consumo dove spesso il
potenziale e/o attuale cliente corri-
sponde al potenziale e/o attuale em-
ployee.
Aziende come Vodafone, Tim e
Fiat sono validi esempi di realtà che
rientrano nel caso sopra menzionato.
È molto probabile, infatti, che l’ac-
quirente di un servizio di telefonia
mobile, offerto da Vodafone o da Tim,
sia anche un potenziale candidato a
lavorare presso quelle aziende. Allo
stesso modo può capitare che l’ac-
quirente di un auto Fiat possa anche
essere interessato a lavorare per l’a-
zienda stessa.
Esistono, comunque, situazioni
nelle quali la sinergia tra le due forme
di comunicazione è, invece, molto più
lieve e meno interrelata.
È il caso di aziende come, ad esem-
pio, Abb, Bosch, Accenture, il cui mer-
cato del consumo è costituito, pre-
www.employerbrandingreview.com24
valentemente, da imprese ed è ben
distinto dal mercato target del lavoro.
Questa maggiore differenziazione
dei target permette, quindi, all’azienda
di definire la propria strategia di em-
ployer branding muovendosi su un
terreno più “vergine” e cioè non partico-
larmente intaccato dalle attività di co-
municazione corporate e/o di prodotto.
Come misurare l’interazione tra
l’employer branding e il corporate
branding
Al fine di comprendere meglio
gli aspetti sinora menzionati Anthea
Consulting ha individuato un indica-
tore semplice ma, allo stesso tempo,
molto efficace denominato BCI In-
dex. (Brand Communication Interacti-
ve Index).
L’indice consente, quindi, di capire
in che modo le due forme di comunica-
zione (corporate e employer branding)
interagiscono tra di loro e, soprattutto,
quali sono gli effetti in termini di posi-
zionamento del brand sul mercato tar-
get e rispetto alle aziende concorrenti.
Esso è il risultato di due principali
analisi: la Corporate Brand Analysis e
l’Employer Brand Analysis.
Con la prima si ottengono infor-
mazioni sul grado di apprezzamento
dell’immagine istituzionale dell’azien-
da. Essa si fonda essenzialmente sulla
domanda: “quale tra le aziende del set-
tore ha l’immagine più accattivante?”.
Mentre con la seconda si hanno
informazioni sul grado di apprezza-
mento dell’azienda come employer
of choice e cioè come datore di lavo-
ro ideale in cui andare a lavorare. Essa
scaturisce dalla formulazione della
seguente domanda: “in quale azienda
del settore vorresti andare a lavorare?”.
Il risultato dell’incrocio di queste
due analisi è un grafico (esempio ri-
portato sotto) nel quale i valori evi-
denziati sull’asse delle ordinate si ri-
feriscono al numero dei laureati che
hanno espresso il proprio apprezza-
mento nei confronti dell’immagine
istituzionale. Mentre i valori eviden-
ziati sull’asse delle ascisse del grafico
si riferiscono, invece, al numero dei
laureati che hanno manifestato inte-
resse ad andare a lavorare nelle azien-
de di riferimento.
La posizione delle aziende nei di-
versi quadranti assume, quindi, un si-
gnificato ben preciso.
Nel quadrante A, ad esempio, sono
collocate le cosiddette “Best Corpora-
te” e cioè aziende con un basso livello
di appeal come employer ed un alto
livello di gradimento per la propria
immagine istituzionale.
In questo quadrante troviamo, soli-
tamente, aziende la cui politica di cor-
porate branding risulta molto incisiva
mentre meno efficace risulta la strate-
gia di employer branding. Tale risulta-
to può essere dovuto ad un’azione di
corporate branding più invasiva nei
confronti di forme di comunicazione
più mirate (es. employer branding)
oppure, può essere, semplicemente, il
Employer Branding e nuove tendenze
25www.employerbrandingreview.com
risultato di una meno incisiva azione
di employer branding.
Nel quadrante B sono collocate le
cosiddette “Strong Company” e cioè
aziende con un alto livello di gradi-
mento della propria immagine ed un
alto livello di appeal come employer.
In questo quadrante troviamo
aziende nelle quali le strategie corpo-
rate branding ed employer branding
sono molto efficaci, tendenzialmente
più integrate ed in grado di produrre
un effetto di rafforzamento reciproco.
Nel quadrante C sono collocate le
“Best Employer” e cioè aziende con un
alto livello di appeal come employer
ed un basso livello di gradimento del-
la propria immagine corporate.
Si tratta, soprattutto, di aziende
con una efficace strategia di employer
branding e una politica di corporate
branding poco invasiva.
Infine nel quadrante D sono collo-
cate le cosiddette “Weak Company”.
In questo caso si tratta di aziende con
un basso livello di appeal come em-
ployer ed un altrettanto basso livello
di gradimento della propria immagine
istituzionale.
È un risultato solitamente legato a
quelle aziende per le quali le strategie
di corporate branding ed employer
branding, se esistenti, sono poco effi-
caci o semplicemente perché trattasi
di aziende poco conosciute.
A titolo di esempio su quanto det-
to sopra si riporta un grafico riferito al
BCI Index scaturito da una indagine
(EBPS 2010) svolta da Anthea Consul-
ting e Monster Italia.
Il grafico 1 mostra il posizionamento
di alcune aziende operanti nel settore
agroalimentare-beverage-largo consu-
mo. Dal grafico 1 si può notare come sul
quadrante B siano facilmente identifica-
bili le cosiddette “Strong Company”. Esse
sono Barilla, Procter&Gamble, L‘Oreal,
Coca Cola HBC e Heineken.
Queste aziende hanno qualcosa
di importante in comune. Sono realtà
molto apprezzate sia sul piano istitu-
zionale (corporate) e sia come luogo
di lavoro (employer). Il grado di ap-
prezzamento è, più o meno, marcato a
seconda, ovviamente, della posizione
dell’azienda all’interno del medesimo
quadrante.
La posizione di Barilla, ad esem-
pio, è la migliore. Lo scarto tra quanti
l’apprezzano come corporate e quanti
la desiderano come employer è deci-
samente più ridotto rispetto alle altra
aziende.
Questo può dimostrare che le due
forme di comunicazione interagiscono
bene supportandosi reciprocamente.
Le forti connotazioni che caratte-
rizzano il brand Barilla ed, in partico-
lare, il suo prodotto sono, probabil-
mente, le principali ragioni di questa
efficace interazione.
Barilla è un brand italiano che ha,
da sempre, evocato valori importanti
quali la famiglia, il rispetto per la natu-
ra, la tradizione.
Ecco perché il prodotto Barilla,
non solo, è presente nell’alimentazio-
ne della maggior parte degli italiani
ma ha sempre rappresentato, anche,
un efficace volano promozionale di
Grafico 1(Fonte: EBPS 2011)
www.employerbrandingreview.com26
una forte identità aziendale la cui
spendibilità si è dimostrata efficace
anche sul mercato del lavoro diven-
tando perciò un valido strumento di
attracting nello sviluppo delle politi-
che di recruiting aziendale.
Questo tipo di valutazioni fatte
per Barilla possono, ovviamente, es-
sere fatte, con le opportune differen-
ziazioni, per tutte le altre aziende col-
locate sia sul quadrante B che sugli
altri quadranti.
Va da se che le aziende raggrup-
pate nel quadrante C mostrano un
posizione più delicata e svantaggiata
rispetto alle altre del settore di riferi-
mento. Un chiaro segnale di allarme
per queste aziende che devono ne-
cessariamente impegnarsi di più nello
sviluppo di azioni di comunicazione,
più o meno integrate, capaci di pro-
vocare spostamenti del proprio brand
verso posizioni più positive rispetto ai
concorrenti diretti del settore.
Employer Branding e Case Studies
27www.employerbrandingreview.com
Francesca Serrao
L’Employer Branding nel Gruppo Loccioni. Innovazione, Rete e Formazione:
le principali leve per attrarre i migliori talenti
Il patrimonio culturale benedetti-
no, unito al familiare legame agri-
colo con la terra, influiscono for-
temente sul modello e sui valori
dell’impresa: la volontà, il senso della
misura, la semplicità, la solidarietà, la
responsabilità del capofamiglia ed il
rispetto delle tradizioni. Dal microco-
smo produttivo e dall’impresa di pri-
ma generazione si arriva velocemente
all’impresa a rete, grazie alla forte con-
divisione valoriale.
“Dal sudore della fronte al prodotto
della mente” è uno degli eloquenti ed
Il Gruppo Loccioni è un’impresa fondata nel 1968 da Enrico
Loccioni e con sede ad Angeli di Rosara in provincia di Ancona.
Nato nella campagna marchigiana da una famiglia di agricoltori
Loccioni cresce sotto l’influenza dalla cultura benedettina,
diffusa grazie alle numerose Abbazie presenti sul territorio.
www.employerbrandingreview.com28
al contempo sintetici slogan presenti
sul sito del Gruppo. L’ obiettivo è, dun-
que, dare vita ad un modello impren-
ditoriale in grado di generare lavoro
integrando idee, persone e tecnolo-
gie. Tutto questo con il fine ultimo
di implementare prodotti e processi,
all’inizio localmente per poi acquisire
un’estensione globale.
Passando ad analizzare le soluzioni,
l’Impresa progetta e realizza sistemi di
misura, controllo e automazione, in base
alle specifiche dettate dal cliente, ispiran-
dosi all’idea di una sartoria tecnologica.
Il Gruppo può altresì essere definito una
“open company”. Loccioni è, infatti, una
realtà aperta: ai giovani (ad oggi impe-
gna 40 ricercatori), a chi ha esperienza, ai
clienti, alla comunità scientifica ed istitu-
zionale. L’attitudine all’apertura verso l’e-
sterno favorisce nel tempo la costruzione
di una rete di relazioni internazionali che
la proietta verso nuovi mercati e quindi
verso l’innovazione tecnologica.
Varie sono le attività che contraddi-
stinguono il Gruppo Loccioni in merito
alle strategie di employer branding.
Esse possono essere tassonomicamen-
te così suddivise: networking, forma-
zione ed orientamento, diffusione del
Marche Style e Social recruiting. Va co-
munque messo in evidenza che ciascu-
na strategia prevede una sostanziale
parte di networking alla base.
Attività di network
Con l’iniziativa “Avvia l’impresa” si
supportano i collaboratori del Gruppo
nel mettersi in proprio. Nell’arco di 40
anni sono stati più di 80 spin-off.
Con Silverzone si crea un’area vir-
tuale che raccoglie personalità di
spessore in quanto a traguardi profes-
sionali raggiunti. Con le loro esperien-
ze, competenze e know how gli esper-
ti sostengono e collaborano i ragazzi
del Gruppo Loccioni.
Formazione per l’integrazione tra
scuola e lavoro
Bluzone è una rete aperta a scuole
e università del territorio locali, nazio-
nali e internazionali, finalizzata alla
formazione dei giovani. Non per nien-
te Loccioni si definisce “impresa della
conoscenza”: al posto dei dipendenti
ci sono i collaboratori, gli azionisti del
lavoro che si scambiano esperienze e
condividono i risultati. In quest’ottica
la formazione dei giovani assume da
subito un ruolo centrale. Alla base
c’è la convinzione che solo median-
te il connubio tra fare e conoscere è
possibile offrire una risposta valida al
collegamento tra realtà economica e
realtà formativa, tra mondo del lavoro
e università.
Nella Bluzone si attraggono, allena-
no ed “autoselezionano” i ragazzi più
coerenti con la “Carta dei Valori” e le at-
tività del Gruppo. Spazi e persone sono
destinati a tempo pieno all’ospitalità
di studenti di ogni ordine e grado e di
ogni nazionalità, per offrire un’area di
integrazione tra scuola e lavoro in cui
progettare insieme il futuro.
Employer Branding e Case Studies
29www.employerbrandingreview.com
Oltre all’opportunità di svolgere
stage e tesi, un’ulteriore occasione
offerta da Bluzone è relativa ai Master
pre-ingresso. Si tratta di percorsi for-
mativi per diplomati e laureati volti a
trasferire informazioni organizzative
sul gruppo, conoscenze sul mercato
e sui clienti, sviluppare soft skills ne-
cessarie per ottimizzare l’inserimento
lavorativo.
Con questi percorsi il progetto
punta alla valorizzazione della forma-
zione tramite la concretizzazione e la
messa in atto delle conoscenze teori-
che apprese.
Dando un’ occhiata ai numeri, lo
scorso anno il Gruppo ha contato:
1.270 studenti in orientamento (52
ospitati su progetto, di cui 5 stranie-
ri), 54 testimonianze presso scuole o
università, 12 tesi di laurea, 7.120 ore
di formazione e 8 dottorandi. Tra i par-
tner figurano 25 scuole, 40 università
e 10 master. L’impegno del Gruppo è
stato riconosciuto nel 2003 da Confin-
dustria con il premio Impresa Cultura e
nel 2009 con il premio Orientagiovani.
Uno dei progetti storici del Grup-
po Loccioni è Classe virtuale, il quale si
propone di rafforzare l’orientamento
degli studenti verso le lauree tecni-
co-scientifiche.
Formazione ed esperienze reali: Bu-
siness Marketing Lab
Il Business Marketing Lab, che pren-
de vita da una convenzione del 2006
tra il Gruppo Loccioni e la Facoltà di
Economia “G. Fuà” di Ancona (Univer-
sità Politecnica delle Marche), per lo
scambio e la valorizzazione di know
how scientifico. Si tratta di un insie-
me di project work tematici che hanno
l’obiettivo di dare concretezza e va-
lore alle conoscenze universitarie. Si
intende infatti, realizzare un network
universitario finalizzato al business
marketing, con l’intento di sviluppare
una cultura di marketing industriale
interna.
Il fine è accogliere e sviluppare ri-
sorse prive di connotazioni tecniche.
Le attività del laboratorio spaziano
da progetti di mercato per lo svilup-
po di clienti e di mercati potenziali, a
ricerche di mercato per la compren-
sione dei nuovi scenari di riferimento.
Includono, inoltre, ricerche di taglio
accademico per verificare sul campo i
modelli scientifici sulle attività quoti-
diane di gestione aziendale.
All’interno del laboratorio riveste
una particolare rilevanza il progetto
Grow On Loccioni. Per la prima volta in
Italia, viene offerta un’innovativa mo-
dalità di formazione e di orientamen-
to. Il percorso coinvolge 10 studenti
iscritti al secondo anno della Laurea
Magistrale, selezionati nel mese di ot-
tobre, sia da parte dell’università che
dall’impresa, tra più di 300 candidati.
Il progetto si divide in tre sostan-
ziali macro attività:
- di formazione (incontrando, nel
periodo che va da dicembre a
maggio, responsabili dell’impresa,
www.employerbrandingreview.com30
consulenti e professionisti; le te-
matiche vanno dall’organizzazione
aziendale al design. La formazione
avviene sempre attraverso la pre-
sentazione di esperienze reali);
- di project work (coinvolgendo i
partecipanti in un caso reale rela-
tivo allo studio ed allo sviluppo di
un progetto per una delle business
unit del Gruppo);
- di tutoraggio individuale (affian-
cando lo studente con una figura
esperta di orientamento, lo stu-
dente è guidato e monitorato nel
corso del lavoro. Si tratta di un so-
stegno, o scaffolding, fondamen-
tale per orientare durante l’ultimo
anno di specializzazione. In questo
modo si definiscono i passi neces-
sari, cioè il piano d’azione per ar-
ricchire il cv in vista della singola
progettualità futura)
Inoltre il Gruppo si prende carico
del pagamento delle tasse universita-
rie per i partecipanti: segno della fidu-
cia riposta nelle loro potenzialità.
Marche Style
Nel 2012, è stata avviata Marche
Style con l’obiettivo di inserire nuovi
talenti dotati di competenze tecniche
e organizzative acquisite all’interno di
aziende strutturate. Ulteriore requisito
richiesto è la motivazione a coniugare
un’esperienza di crescita nel Grup-
po Loccioni con lo stile di vita tipico
del territorio marchigiano. In questo
modo viene data l’opportunità di ma-
tchare un ambiente lavorativo innova-
tivo e internazionale con uno stile di
vita unico, riscoprendo e valorizzando
la cultura delle Marche: una Regione a
misura d’uomo, oggi sede di brand di
altissimo livello e sempre più fucina di
innovazione. Le potenzialità impren-
ditoriali del territorio, l’importanza
della condivisione delle idee fra im-
prenditore e collaboratori e il ritorno
ad una “semplicità volontaria”, sono
state viste e comunicate come uno dei
valori aggiunti del Gruppo, oltre alla
possibilità di lavorare in team di altis-
simo livello. 32 testate on line e offline
hanno comunicato il progetto Marche
31www.employerbrandingreview.com
Style in meno di 60 giorni. Tra i risul-
tati della campagna di recruitment ci
sono stati l’invio di 1260 candidature
di cui 400 aderenti al profilo. 51 can-
didati sono stati contattati e 37 sono
risultati idonei dopo un primo collo-
quio. Ai colloqui finali sono arrivati 8
tecnici commerciali, 9 controller, 15
progettisti/pm e 5 softwaristi.
Social recruiting
Attualmente l’attitudine all’apertu-
ra del Gruppo Loccioni è diventata una
“social attitude”. Nel 2008, in seguito ad
un incontro con Luca Conti sul tema dei
social media, è stato aperto il blog pe-
ople.loccioni.com. Si tratta di una sorta
di diario delle attività per gli studenti
che Loccioni porta avanti all’interno
e all’esterno del Gruppo. Il blog offre
l’opportunità di restare in contatto con
le persone che si incontrano e di dare
continuità alle relazioni. Dopo ogni in-
contro, chi ha partecipato commenta e
può lasciare feedback nell’ottica di una
partecipazione continuativa che va al
di là dell’incontro in sé. Recentemente
sono stati aggiunti al blog alcuni social
tool che permettono la condivisione
sui principali social network: Facebo-
ok, Twitter e Linkedin. Non solo viene
favorito ed incoraggiato lo sharing, ma
anche la partecipazione sui canali del
Gruppo Loccioni.
Il passaggio alla comunicazione
social viene visto come una naturale
evoluzione dell’identità Loccioni: la fi-
losofia dell’open company, da sempre
basata sul valore delle reti, viene por-
tata nella rete globale dove lo scambio
di conoscenze diventa oltre che pras-
si, fonte di opportunità. Da un lato il
Gruppo ha la possibilità di conoscere e
coinvolgere potenziali candidati e ave-
re a disposizione un’ampia gamma di
profili, all’interno della quale scegliere i
talenti più coerenti per la realizzazione
dei propri progetti; dall’altro studenti
e giovani in fase di formazione hanno
l’occasione di conoscere i valori del
Gruppo, la sua cultura d’impresa e i
suoi obiettivi di business.
www.employerbrandingreview.com32
Employer Branding e Social Media:“Il Terremoto di HERA”
Intervista a
Alessandro Camilleri
(Direttore Sviluppo,
Formazione e
Organizzazione)
Micaela Maini (Responsabile
Comunicazione web e
Identità visiva)
Giovanna Coppini (Hr
& Employer Branding
Specialist) Gruppo Hera
Francesca Serrao
Mi guardo allo specchio
prima di affrontare i 30
gradi che pervadono
Bologna alle ore 11:30
del primo giorno d’Estate.
Destinazione: Gruppo Hera. Appro-
do in portineria e di fronte al rassicuran-
te volto dell’operatrice che mi porge il
badge degli ospiti, un istantaneo puzz-
le di attimi legati a questa sede Hera si
montano e si smontano nella mia me-
moria in modo fulmineo. Subito ritorno
al qui ed ora con in mano il primo veico-
lo dei valori che percepisco di HERA: la
sicurezza ed il rispetto per chi entra ed
esce ogni giorno ad ogni ora.
Nel raggiungere l’ufficio dove si ter-
rà l’intervista, osservo velocemente una
galleria di porte: nessuna è chiusa. Il
senso di connessione e di discrezionali-
tà si respirano forte nell’aria. Penso su-
bito ad un vasto open space riadattato
alle esigenze di lavoro con sottili pareti
divisorie e molte porte: una bella rap-
presentazione scenica di un incrollabile
sistema a rete.
33www.employerbrandingreview.com
Per A.C.: Da quel che emerge dal
sito aziendale, HERA nasce dalla fu-
sione di più gruppi e si caratterizza
per una poliedricità di linee di ser-
vizi. Può brevemente introdurre la
vostra società ed i settori chiave del
vostro business?
ll Gruppo Hera è la prima multiu-
tility italiana per capitalizzazione di
Borsa e opera in servizi di primaria
utilità, fondamentali a garantire lo
sviluppo del territorio e delle comuni-
tà servite. Fin dalla nascita, nel 2002,
Hera ha rappresentato la prima espe-
rienza nazionale di aggregazione di
aziende municipalizzate (11 operanti
in Emilia-Romagna) in un’unica mul-
tiutility capace di creare una vera e
propria “industria dei servizi pubblici”.
Nel tempo ha proseguito in un cam-
mino di crescita costante ma equili-
brato, attraverso l’incorporazione nel
Gruppo di altre società operanti negli
stessi ambiti di attività, ma in altri ter-
ritori (Modena, Ferrara, Pesaro-Urbi-
no, Padova e Trieste). Oggi il Gruppo
opera principalmente in tre settori:
Ambiente (raccolta e smaltimento ri-
fiuti), Servizi Energetici (distribuzione
e vendita di gas ed energia elettrica)
e Servizi Idrici (acquedotto, fognatu-
ra e depurazione); conta circa 8.500
dipendenti e lavora ogni giorno per
salvaguardare le risorse ambientali e
rispondere alle esigenze di oltre 3,5
milioni di cittadini.
Per A.C.: Leggo dal suo profilo
LKD che è “Direttore Sviluppo, For-
mazione e Organizzazione”. Può
descrivermi meglio le sue attivi-
tà inerenti l’ambito dell’employer
branding e quale organigramma è
utilizzato per integrare le varie fun-
zioni aziendali?
Il coordinamento interno dell’e.b.
in Hera avviene nelle risorse umane e
nello specifico nella mia struttura. Tut-
tavia c’è la piena partecipazione delle
varie funzioni aziendali, in particola-
re della Direzione Centrale Relazioni
Esterne, che opera sul flusso di comu-
nicazione, verso l’interno e l’esterno.
Il Gruppo si contraddistingue, infatti,
per meccanismi di lavoro partecipati.
Personalmente mi occupo di organiz-
zazione, oltre che di sviluppo e forma-
zione, per il Gruppo. Oltre a quanto
già definito attraverso l’organigram-
ma, Hera si contraddistingue per un
funzionamento improntato alla col-
laborazione tra le diverse funzioni al
fine di raggiungere obiettivi comuni
in maniera condivisa ed efficiente.
Per G.C.: Sul suo profilo LKD leg-
go il job title “HR & E.b. Specialist”,
può approfondire le caratteristiche
della sua job position?
In Hera si lavora in team e su vari
progetti trasversali. Non c’è dunque
una netta separazione delle attività:
ognuno di noi può contribuire con le
proprie competenze trasversali ed at-
titudini ai progetti di e. b.. Nel mio caso
c’è la passione verso gli strumenti di
comunicazione, oltre alle competenze
specifiche dei processi di selezione,
formazione e sviluppo delle risorse
umane. Il ruolo che ricopro mi per-
mette di partecipare ad attività molto
varie: mi occupo di sviluppo, suppor-
to il Responsabile della selezione e del
recruiting on- line e in collaborazione
con la funzione comunicazione, curo
la sezione career della company page
del Gruppo Hera su Linkedin. Deci-
diamo assieme che cosa comunicare
tenendo conto di tutte le offerte che
vengono inserite. Grazie al coinvolgi-
mento interno riusciamo ad allargare
la vista sull’esterno e capire qual è il
nostro candidato target e come inter-
cettarlo.
www.employerbrandingreview.com34
Nel fluire delle parole, alle ore
12:33:47, seduta trasversalmente ad
una trafila di armadietti da ufficio,
mi volto ed avverto l’impercettibile
movimento basculante di ciascuna
rispettiva chiave. Sembra quasi un’al-
lucinazione ottica, che riscontro nello
sguardo degli intervistati. Tutti per
un attimo percepiamo un lieve senso
di scollamento dalla realtà, ma il tre-
more dell’acqua nella brocca posta
sul tavolo ci riporta ad un parametro
oggettivo. Segue un’evacuazione bre-
ve e lenta: Hera non trema. L’energica
“scossa“ la colgo nella rivoluzione del
Gruppo, che pone la tecnologia al ser-
vizio dell’employer branding stesso.
Continua l’intervista, con grande
tranquillità.
Qual è la Vostra opinione sui
nuovi strumenti di comunicazione
presenti in rete ed, in particolare,
sui social media (es. Twitter, Face-
book, LKD, Blogs, etc..)?
A.C.: Si tratta di strumenti che
sono oramai indispensabili. Dal punto
di vista aziendale, l’importante è sta-
bilire una strategia rispetto a ciascuno
di questi, cercando di essere presenti
sui social più affini rispetto agli obiet-
tivi ed alle strategie dell’azienda e
monitorando anche quelli sui quali si
è scelto di non essere presenti.
G.C. entra nello specifico: Abbia-
mo individuato LKD come strumento
più adatto per comunicare con i nostri
interlocutori: ci consente infatti di rag-
giungere il nostro potenziale bacino
di candidati anche al di fuori dell’E-
milia Romagna. Abbiamo aperto la
Company Page e al suo interno anche
la sezione Career. Il nostro sito ester-
no rimane il principale “contenitore”
di informazioni per i nostri potenziali
candidati; abbiamo aggiornato nel
tempo la sezione “Lavorare nel grup-
po”, tramite la quale forniamo specifi-
che informazioni sul Gruppo Hera, sul
Modello di Leadership che abbiamo
adottato, sul nostro processo di sele-
zione e sulle caratteristiche delle per-
sone che noi cerchiamo.
Inoltre ci siamo divertiti a struttu-
rare una sezione in cui si può testare
la conoscenza del bilancio di sosteni-
bilità e più in generale del Gruppo (
“Sei Hera compatibile?” “Storie Hera” e
“Scopri Hera puzzle”) .
Mediante il canale GruppoHera su
youtube diffondiamo numerosi video
aziendali e abbiamo sperimentato un
forte incremento di visualizzazioni
grazie allo spot della campagna di
comunicazione, che è passato in tv.
Inoltre da circa un anno stiamo speri-
mentando Pinterest, che consente di
rendere tangibile il nostro business
grazie all’utilizzo delle immagini. Un
esempio è “Elimina la bolletta, regala
un albero alla tua città”, in cui chie-
diamo ai clienti di passare alla bollet-
ta on-line: al raggiungimento di una
soglia di adesioni all’iniziativa, viene
piantato in città un albero ed ogni
persona può scegliere a chi donare
il proprio albero. Altro esempio è la
bacheca dedicata al “Gasometro”, che
raccoglie le immagini storiche degli
impianti, ormai diventati archeologia
industriale, in modo da evidenziare
anche l’aspetto architettonico e sto-
rico. Facendo un bilancio Pinterest
rappresenta per noi un’esperienza
positiva, seppure di nicchia: le perso-
ne condividono i nostri contenuti sui
social.
M.M.: Siamo presenti anche su
Wikipedia dove abbiamo una pagina
aziendale sia in italiano che in inglese.
Cerchiamo di sviluppare strumenti
innovativi per coinvolgere maggior-
mente i nostri stakeholder. Ad esem-
pio, in merito al bilancio di sostenibili-
tà, abbiamo utilizzato la chat per cre-
are un evento pubblico di confronto
aperto a tutti. Recentemente a Bolo-
gna, in occasione di un convegno sul-
la sostenibilità, abbiamo presentato
“HeraLab”: una iniziativa per promuo-
vere i contributi elaborati dai rispettivi
stakeholder sui vari territori, in un’ot-
tica di stakeholder engagement e di
condivisione on line.
Inoltre abbiamo creato un’app per
Smartphone che si chiama “Rifiuto-
logo” e che consente di individuare
dove destinare i rifiuti in caso di dub-
bi. Abbiamo dato ai clienti la possibili-
tà di segnalare i rifiuti che vorrebbero
aggiungere alla app. Nel giro di sei
mesi si è arrivati a 1200 segnalazioni,
segnale dell’ interesse da parte delle
persone a contribuire alle buone pra-
Employer Branding e Case Studies
35www.employerbrandingreview.com
www.employerbrandingreview.com36
tiche e a partecipare al miglioramento
delle iniziative già esistenti.
Attualmente stiamo testando sui
territori di Bologna e Modena, un’ul-
teriore applicazione che consente
tramite “Rifiutologo” di segnalare
problemi sui servizi ambientali (es.
cassonetto rotto, strada sporca etc.).
Lo scatto di una foto viene diretta-
mente inoltrato ai servizi ambientali.
Questa app ha avuto già circa 30.000
download senza spingere in termini
di pubblicità, semplicemente metten-
dola a disposizione per l’Apple Store,
lo Store Android Market ed ora anche
per Windows.
Per A.C.: Molte aziende utilizza-
no Facebook per verificare l’inte-
grità del cv. Come si pone HERA in
merito a questa strategia?
I nostri valori di fondo (integrità,
trasparenza, responsabilità personale
e coerenza) ci fanno ritenere che que-
sto terreno sia scivoloso, in quanto si
37www.employerbrandingreview.com
rischia di violare la privacy del can-
didato. Anche per questo non siamo
istituzionalmente presenti su Facebo-
ok e Twitter, pur monitorando i canali.
Se nasce una discussione su di noi ne
siamo a conoscenza in tempo reale e
rispondiamo mediante il canale più
pertinente.
Quale linguaggio state usando
per comunicare con il vostro candi-
dato target presente in rete?
A.C.: Il nostro punto di partenza
è il sito (http://www.gruppohera.it,
n.d.r.) in cui si può trovare qualsia-
si informazione su di noi, oltre che il
rimando diretto alla pagina LKD. Un
meccanismo circolare e ricorsivo per-
mette di non pubblicare informazioni
doppie. La ricezione dei cv segue di-
versi canali e logiche: dalla possibilità
di candidarsi direttamente alle posi-
zioni aperte, consultabili all’interno
del sito suddivise per aree di business,
all’autocandidatura. Inoltre il filtro dei
cv in archivio aziendale consente di
effettuare ricerche mirate. In seconda
battuta facciamo affidamento su LKD
e per target specifici collaboriamo con
società di ricerca e selezione.
Per M.M. ed A.C.: L’utilizzo degli
strumenti citati presenta pro e contro?
M.M.: L’utilizzo di percorsi diver-
sificati consente un’offerta persona-
lizzata dei contenuti, per soddisfare
meglio le diverse esigenze. Questo
comporta una vasta mole di contenu-
ti da gestire, basti pensare che il sito
del Gruppo Hera conta oltre 120 mila
pagine on line, diversificate in base
ai rispettivi fabbisogni. Per mantene-
re viva e aggiornata la comunicazio-
ne on-line abbiamo dato vita ad una
“community” interna, ovvero un siste-
ma di redazione diffusa che partecipa
attivamente alla gestione dei conte-
nuti. È stato un coinvolgimento pro-
gressivo: dai soggetti più sensibili fino
ad abilitare un centinaio di profili alla
modifica e gestione dei contenuti. Di
essi il 60% è attivo regolarmente con-
tribuendo con le proprie competenze
all’aggiornamento puntuale delle in-
formazioni on line.
Il coordinamento diventa fonda-
mentale per mantenere un’immagine
aziendale coerente, i risultati positivi
compensano ampiamente l’impegno
richiesto.
A.C.: I benefici sono misurati con
indicatori quali, ad esempio, la ricezio-
ne di circa 12.000 cv all’anno mediante
il sito, ne consegue che attualmente
Hera riceve 1 cv ogni 2 dipendenti. La
controindicazione principale è che per
dare un prodotto di qualità, l’immagi-
ne necessita di essere gestita con un
effort interno significativo, che cresce.
Tuttavia, lavorando a rete si riescono
a trovare le migliori risposte possibili.
Una delle criticità può essere conside-
rata la gestione quotidiana delle attivi-
tà di e.b., tenendo conto delle attività
produttive. L’importante è considerare
che i risultati dell’ e.b. si verificano nel
medio termine, perciò è fondamentale
saper pianificare il lavoro, senza sotto-
valutarne le potenzialità.
Nel 2012 Hera ha ricevuto il pri-
mo premio “Lundquist Employer
Brading On Line Awards”. Mi vuole
parlare di questa esperienza?
G.C.: Il conferimento del premio è
un riconoscimento molto importante
per noi: ci confrontavamo con dei “gi-
ganti” (aziende del calibro di Telecom,
Eni, n.d.r.) che hanno sicuramente bu-
dget più elevati rispetto al nostro. Oltre
al primo premio è emerso un migliora-
mento del nostro punteggio rispetto
alle classifiche precedenti. Credo che
sia dovuto anche l’utilizzo di media al-
ternativi che abbiamo utilizzato per la
condivisione dei contenuti: dai video,
alle immagini, alle storie. Nella sezione
del sito “La parola ai dipendenti” abbia-
mo chiesto ad alcune persone di rac-
contare i loro differenti percorsi di cre-
scita e come ognuno possa trovare la
sua strada in azienda, mentre nel video
“Ci mettiamo passione” abbiamo chie-
sto ai colleghi delle Risorse Umane di
raccontarsi attraverso le passioni indi-
viduali extra-lavorative trasmettendo il
messaggio che siamo tutti delle perso-
ne e ci portiamo dentro le nostre storie
e passioni. Lo slogan finale è
“Ognuno di noi ha passioni diver-
se, ma ce ne è una che ci unisce ed è
quella di valorizzare le persone”.
A.C.: Il motivo per il quale Lund-
quist ha deciso di premiare HERA è la
www.employerbrandingreview.com38
capacità di essere chiari, trasparenti,
esaustivi nella comunicazione verso i
potenziali candidati, che per definizio-
ne sono diversi l’uno dall’altro. Noi ab-
biamo puntato sulla semplicità, utiliz-
zando nel sito infographics oltre che lo
storytelling ed i video. “Top Employers”
è un ulteriore riconoscimento ricevuto
per quattro anni consecutivi, a partire
dal 2010, dalle Risorse Umane di Hera.
La certificazione pone a confronto le
Risorse Umane di aziende internazio-
nali applicando metriche rigorose. Le
strategie di gestione del capitale uma-
no di Hera hanno ricevuto l’attenzione
di due prestigiose Università, come La
Luiss di Roma ed il Politecnico di To-
rino, che hanno invitato il Gruppo a
presentare le proprie best practice in
ambito Risorse Umane all’interno di
eventi dedicati. Su questo tema è stato
pubblicato un interessante articolo di
Marco Minghetti su Il sole 24 ore.
M.M.: Partecipare alle competizio-
ni aiuta a mantenere viva la tendenza
al miglioramento. Non si tratta solo di
graduatorie, ma di dati che vengono
elaborati e tenuti in considerazione
tutto l’anno e che impattano molto
sulle strategie di e.b..
Ritenete queste nuove forme di
comunicazione un’opportunità da
sfruttare o le considerate frutto di
una tendenza temporanea destina-
ta a consumarsi col tempo?
A.C.: É molto difficile dirlo. Attual-
mente sul piano aziendale è sicura-
mente possibile dire che rappresenta-
no una dimensione significativa sulla
quale è difficile e inopportuno non
confrontarsi. L’importante è utilizzarle
efficacemente.
M.M.: Sul tema caldo della sensi-
bilizzazione all’uso consapevole dei
social network attualmente ci stiamo
allineando verso l’utilizzo di uno stru-
mento interno.
Avete partecipato ad iniziative
esterne (realizzate da fornitori) che
prevedevano l’uso dei social me-
dia? Se si quali sono queste iniziati-
ve e quali sono stati i riscontri?
G.C.: Da Gennaio siamo stati pre-
senti in varie Job Fair: da Bologna,
Trieste a Padova. Quello che abbiamo
rilevato è che i candidati sono molto
più informati e consapevoli circa l’a-
zienda rispetto all’anno scorso.
M.M.: Oltre alle Job Fair ci è stato
chiesto di partecipare al Digital Fe-
stival. Abbiamo rilevato che, di anno
in anno, le persone che partecipano
all’evento hanno sempre più informa-
zioni su Hera già al momento dell’in-
gresso. Ciò significa che è aumentata
molto la notorietà del Gruppo. Inoltre,
di recente, è stato pubblicato un ar-
ticolo su di noi sulla testata “Harvard
Business Review”, in cui si parla della
nostra formazione manageriale, que-
sta pubblicazione ha innescato una
catena di comunicazioni.
Employer Branding e Case Studies
39www.employerbrandingreview.com
A.C.: L’elemento determinante
nel successo di una iniziativa non
risiede né nel budget, né nell’inve-
stimento di risorse umane, ma nel-
la sinergia di più aree e nelle forti
passioni personali. Ad esempio, noi
siamo molto orgogliosi del primo
posto nella classifica Lunquist, per-
ché, osservando chi ci segue in clas-
sifica, si può facilmente notare che
si tratta di colossi aziendali rispetto
a noi. I risultati si ottengono anche
così: con la semplice voglia di fare le
cose e farle bene. Non c’è stato un
investimento nel recruiting, ma si è
generato un meccanismo virtuoso
interno, lasciando emergere i talenti
aziendali. Si è così determinato un
effetto trainante, che ha coinvolto
persone che apparentemente non
sembravano avere affinità con la te-
matica.
Come monitorate l’efficacia di
questi nuovi strumenti social per le
vostre attività di recruiting e/o e.b.?
M.M.: Noi effettuiamo un mo-
nitoraggio on-line costante del 2.0
mediante una Società specializzata.
Abbiamo, quindi, feedback costanti
sulle nostre azioni e sulle nostre co-
municazioni e su quello che si dice di
noi on-line. Inoltre un riscontro im-
portante viene dalle classifiche: pro-
prio perché condotte da terzi. Esse
ci mettono a confronto con le cento
società quotate in Italia. Di nostra
iniziativa, conduciamo anche delle
analisi di monitoraggio su quello che
si dice di noi in rete, che decidiamo
settimanalmente. Abbiamo gli alert
che ci segnalano situazioni critiche
su cui intervenire e poi le analisi bi-
mestrali ed annuali con mappe se-
mantiche, da cui si evince come esce
la nostra identità dalle conversazioni
in rete. In base a questi dati possiamo
porci degli obiettivi per andare ad in-
cidere su criticità più o meno eviden-
ti. Non è facile entrare a gamba tesa
in un mondo dove ognuno può dire
la propria opinione, eppure finora la
reputazione on line è buona. Il fatto
di non avere contenuti ludici ed un
profilo istituzionale su Facebook ci
viene incontro nel gestire la nostra
reputazione. Da uno studio che ab-
biamo effettuato ci siamo resi conto
che essendo un Gruppo di servizi il
rischio è di non avere commenti e
diventare solo uno strumento “push”
di comunicati stampa e questo non è
coerente con quello che devono fare
i social network secondo la nostra
vision.
Concludo l’intervista.
Nello spegnere il registratore e
stringere le mani degli intervistati,
mi porto a casa una serie di dettagli
come un linguaggio pulito da termi-
nologie anglosassoni, l’uso del termi-
ne “persone” e mai “dipendenti”.
Hera mi lascia dentro un’immagine
di azienda concreta, moderna e line-
are, oltre che genuinamente italiana.
41www.employerbrandingreview.com
Employer Branding e Social Media:Il caso General Electric Company
La General Electric Company è una multinazionale statuni-tense, attiva nel campo della tecnologia e dei servizi dal 1892. Nella breve descrizione che Pinterest permette di affiancare all’immagine scelta per rappresentare la pagina si legge:“#Pinning things that inspire us to build, power, move and cure the world. Welcome to the official GE Pinterest page!”
Sono ventiquattro le board che General Electric offre ai suoi seguitori su
Pinterest. Di seguito proponiamo un’analisi di quelle salienti in quanto
elementi di una più ampia strategia di employer branding:
“Ready to Pinspire?”; questa board è composta da cinque immagini che, poste
adiacenti, formano una freccia, e ciò che si legge nelle cinque descrizioni forma il
seguente discorso: “Caricate Pin per voi stessi o in onore di qualcuno che combatte
il cancro di vostra conoscenza. Create board per condividere esperienze sul cancro.
Metteremo in evidenza una delle vostre immagini ogni settimana. Non vediamo l’o-
ra di vedere le vostre storie. Controllate le nostre istruzioni per maggiori informazio-
ni.” Questa bacheca, di grande rilevanza sociale, mostra chiaramente l’impegno
di GE nell’ambito della ricerca e della costruzione di macchinari per la cura del
cancro. È manifesta la potenza della connessione emozionale che questo gesto
di social responsibility crea con un potenziale candidato che si sofferma a legge-
re questa board.
Beatrice Gobbi
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Employer Branding e Case Studies
- “Hey Girl”; questa bacheca va a toccare il lato umano del candidato dal punto
di vista della comicità e dell’ilarità. GE si scopre, in questa board, un brand
che sa ridere, e che ride con le persone. Le immagini riportate in questa rac-
colta mostrano frasi dolci, romantiche, usate dagli uomini per fare colpo sulle
ragazze (da qui il titolo “Hey Girl”), traslate, però, sul tema delle macchine e
dell’elettricità. Si noti l’utilizzo dello sfondo colorato, per catturare lo sguardo.
- “Badass Machines”: la traduzione del titolo suona circa così “Macchine Tostis-
sime”, e questa board è una raccolta delle più incredibili ed enormi macchi-
ne costruite da General Electrics e degli elementi a cui i costruttori di queste
meraviglie tecnologiche si ispirano. Alcune delle didascalie di queste imma-
gini giocano su un tono “da bar”, come se fossero parte di una conversazio-
ne tra amici in cui uno dei due partecipanti aggiorna l’altro sugli incredibili
progressi e la potenza delle macchine che la sua fabbrica costruisce, con un
entusiasmo che solo il tono informale può rendere con precisione. Questo è
un modo di avvicinarsi agli appassionati- la passione per il proprio lavoro è
caratteristica imprescindibile per ogni buon dipendente- come se si parlasse
lo stesso linguaggio, e quel linguaggio richiedesse di essere informale, cru-
do e potente come l’argomento di cui si parla! Vediamo un esempio: “Uno
dei nostri ingegneri ha scattato una foto del nostro negozio di riparazione
turbine in-loco a Greenville, SC.”, questa frase rappresenta un’amichevole call
to action. Il giovane appassionato di questo tipo di macchinari, che aspira a
lavorare in General Electrics, sentirà in queste parole un invito rivolto proprio
a lui. Percepirà chiaramente che l’azienda sta operando una proposta di valo-
re, e non solo di lavoro, invitandolo a provare ad unirsi ai suoi team di lavoro,
qualora ritenesse di avere lo stesso entusiasmo dell’ingegnere che, fiero del
suo lavoro in GE, ne ha ritratto la maestosità e ha deciso di condividerla con
gli altri appassionati.
- “That’s Genius!” è una board in cui sono raccolte immagini colorate che ripor-
tano frasi e citazioni brillanti dei più grandi geni del campo. Anche questo è
un modo di parlare vicino al target giovanile, che lo avvicina al brand grazie
alla condivisione dello stesso codice espressivo: brevi frasi, motivanti e pro-
nunciate dai presunti eroi di coloro che dovrebbero rappresentare l’obiettivo,
in termini di personale, dell’azienda.
- “#GEInspiredME”; in questa tavola sono riunite le migliori foto di un concor-
so indetto da GE al fine di trovare “the next GE Intagrapher” cioè il prossimo
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talento fotografico innovativo. Il concorso prevedeva
di scattare fotografie col cellulare, e condividerle appo-
nendo l’etichetta “#GEInspiredME”. Le fotografie doveva-
no ispirarsi alle quattro aree di innovazione di General
Electrics: movimento, costruzione, cure mediche, ener-
gia.
- L’employer brand deve essere congruente ed allineato
con ciò che la compagnia assicura ad impigati, clienti e
stakeholders. Inserire una board come questa significa
far leva sul valore della cultura aziendale e dell’inno-
vazione e servirlo su un piatto moderno, in modo che
sia più appetibile e riconoscibile per quegli high per-
forming talents, giovani, che nella proposta di lavoro si
aspettano, ad oggi, una proposta valoriale che sia anche
fautrice di crescita personale e professionale del singo-
lo.
- “The Archives”; raccolta molto interessante dal punto di
vista del processo di narrazione del brand. Si tratta di
una collezione di immagini che raccontano la storia del-
la nascita dell’azienda, dalle prime pubblicità alle prime
brillanti idee, per far capire come le creazioni futuristi-
che nate sotto l’ala di GE abbiano cambiato il mondo e
la qualità della vita di molte persone. Un modo avvin-
cente ed eccitante di dire al potenziale candidato che
guarda queste immagini “ Vieni a bordo, partecipa anche
tu ai nostri successi e aiutaci a migliorare il mondo in cui
viviamo!”.
La diversificazione di argomenti trattati nelle tavole di
General Electric è fenomenale, dalle grandi macchine agli
“archivi” che mostrano immagini prese dal racconto della
storia e dell’eredità di GE, passando per la board del con-
corso “#GEInspiredME”, interamente dedicata alle foto dei
fan. Questa azienda è un ottimo esempio di come dovreb-
bero essere organizzati, gestiti e mostrati i contenuti all’in-
terno di una pagina “brandizzata”, sia a livello di semplice
strategia di branding aziendale sia, soprattutto, in un’ottica
di employer branding.