il vagabondo dello spazio - fredric brown

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FREDRIC BROWN

IL VAGABONDO DELLO SPAZIO

(Rogue In Space, 1957)

1

Non possiamo chiamarlo con un nome perchénon aveva nome. Lui non conosceva il significatodel vocabolo nome, né di alcuna alt ra parola. Nonaveva linguaggio, perché non era mai venuto acontat to con alt re creature dello spazio durantetut t i i miliardi di anni-luce e i miliardi di anni-tempoche gli erano occorsi per giungere dai lontani confinidella Galassia. Per quello che sapeva, o credeva disapere, lui era l'unico essere vivente nell'universo.

Non era nato, poiché non c'era nessuno che glifosse simile. Era un pezzo di roccia, del diametro di

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un chilometro circa, che vagava libero nello spazio,circondato da miriadi di alt ri piccoli mondi. Ma glialt ri erano fat t i di roccia morta, materia inanimata.Lui invece era cosciente di se stesso come ent itàest inta: una casuale combinazione di atomi neaveva fat to un essere vivente.

Un fat to simile era accaduto soltanto due voltenell'infinità dello spazio e del tempo: con lui, equando, nel fango primevo della Terra, gli atomi dicarbonio avevano fat to nascere una vita che si eraandata molt iplicando.

Le spore della Terra, turbinando at t raverso lospazio, avevano trasmesso la vita ai due pianet ivicini: Marte e Venere. Quando poi, milioni di annipiù tardi, l'uomo sbarcò su quei mondi, t rovò adaspettarlo una vita vegetale. Ma quella forma divita, sebbene sviluppata in maniera del tut todifferente da quella che l'uomo conosceva, eraoriginaria della Terra. Da nessun luogo, se non dallaTerra infat t i, poteva nascere una vita capace dievolversi e di molt iplicarsi.

L'ent ità venuta dalle profondità dello spazio

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intergalat t ico non si molt iplicò.

Rimase unica e sola. Progredì, però, perché lasua coscienza e il suo sapere crebbero con iltempo. Senza organi sensori, imparò a percepirel'universo intorno a sé. Senza linguaggio imparòtut tavia a capirne i meccanismi e i principi, e a farneuso per muoversi libera at t raverso gli spazi. Econobbe, imparò, e seppe molte alt re cose.

Chiamiamolo un masso pensante, un planetoidesensibile.

Chiamiamolo un vagabondo. Un vagabondo dellospazio.

Percorse l'infinito, ma non per cercare alt re formedi vita, alt re coscienze, perché era convinto chenon esistessero.

Non si sent iva solo perché non aveva laconcezione della solitudine. Né possedeva ilconcetto del bene e del male: il senso della moralenasce unicamente dai contat t i con alt ri esseri.

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Non conosceva emozioni, a meno che il desideriodi sapere (noi lo chiameremmo curiosità) si possadefinire emozione.

Ora, dopo miliardi di anni, ma né giovane névecchio, si t rovò vicino a un piccolo sole gialloat torno al quale gravitavano nove pianet i.

Un sistema uguale a molt issimi alt ri.

2

Chiamiamolo Crag. Questo perlomeno era ilnome che lui usava, e andrà bene come qualsiasialt ro. Era un contrabbandiere. Aveva rubato eucciso. Era anche stato astronauta, una volta, e diquei tempi portava lo spiacevole ricordo di unamano di metallo. Nutriva una grande passione per iliquori e una grande avversione per il lavoro.Quando lavorava, un genere di lavoro del tut topart icolare, s'intende, lo faceva unicamente per

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potersi poi permettere una sbronza o un pizzico didroga. Erano queste le sole cose che, secondo lui,rendevano la vita degna di essere vissuta.Dist ingueva benissimo quello che era buono daquello che non lo era, ma la diversità, per lui,contava meno di un granello di sabbia marziana. Eodiava tut t i. Ma non si sent iva solo, perché erariuscito a rendersi autosufficiente.

Specialmente adesso, sent iva crescere conviolenza il suo odio, perché lo avevano preso. Edera successo proprio ad Albuquerque, la capitaledella Federazione, il posto peggiore di tut t i ecinque i pianet i. Ad Albuquerque, dove i tutori dellalegge erano più corrot t i della malavita, dove uncriminale si salvava soltanto se apparteneva allamacchina della cosiddetta giust izia, gli indipendent inon erano i benvenut i, e di solito duravano poco.

Lui non avrebbe mai voluto venirci, adAlbuquerque. Ma lo avevano pagato per un affaresicuro, così aveva tentato. Adesso sapeva che chilo aveva ingaggiato faceva parte della macchina, eche era stata tut ta una manovra per at t irarlo intrappola. Non era neanche riuscito a capire bene

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quello che avrebbe dovuto fare per la somma chegli avevano dato, ma ormai non aveva piùimportanza. Forse doveva soltanto farsi prendere,ed era proprio quello che era successo.

Lo avevano fermato e perquisito mentre lasciaval'aeroporto. Gli avevano trovato addosso pochigrammi di nepthin, nascost i nel doppio fondo di unpacchetto di sigaret te... Durante il viaggio, uncommesso viaggiatore alquanto loquace gli si eraseduto accanto e gli aveva offerto un campione diuna nuova marca di sigaret te... Niente da dire,tut to era stato congegnato in modo perfet to. Lanepthin era proibita. Il possesso o l'acquisto diquesta droga venivano severamente punit i.

Una gran brut ta faccenda, sia che decidessero didargli vent 'anni, da scontare nella colonia penale diCallisto, sia che lo condannassero allapsicolobotomia.

Si sedette sull'orlo della brandina, e cercò diimmaginare cosa gli sarebbe successo. La vitanella colonia penale era certo preferibile alla morte.Dalla colonia, per quanto difficile, c'era sempre una

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possibilità di fuga. Il pensiero della clinica psicofisicagli era invece insopportabile.

Si sarebbe ucciso prima di metterci piede. Lamorte almeno era qualcosa che si poteva guardarein faccia, o sfidare! La sedia elet t rica, in uso alcunisecoli prima, si limitava a uccidere i condannat i. Lapsicologia faceva qualcosa di peggio. Rimodellavaun individuo. Oppure lo portava alla pazzia...Secondo le stat ist iche, infat t i, un condannato sunove usciva pazzo dalle cure, e per questa ragionela pena veniva applicata soltanto per i delit t i piùgravi, quei delit t i che una volta venivano punit i conla pena di morte. Tuttavia, anche per questogenere di crimini, compreso il possesso illegale dellanepthin, il giudice poteva decidere fra la curapsicofisica e la deportazione su Callisto. Cragrabbrividì al pensiero che se in futuro le curepsicofisiche fossero state perfezionate, se anchequella speranza su nove di uscirne pazzo fossestata eliminata, probabilmente le avrebbero reseobbligatorie anche per i piccoli reat i.

Sottoposto alle cure di uno psicanalista, Cragsarebbe tornato normale. Gli avrebbero rimosso

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dalla memoria tut t i i ricordi e le esperienze chel'avevano trascinato alla corruzione, fuori dellanormalità. Tutte le sue esperienze: le buone e lecatt ive.

Poi lo psicanalista avrebbe cominciato aricostruire - a part ire da zero - la sua personalità. Ea poco a poco, Crag avrebbe ricominciato aricordare, ma soltanto quello che gli specialist iritenevano giusto: se lui avesse saputo usare unregolo, per esempio, o suonare un flauto, avrebbericordato come adoperare l'uno o t rarre suonidall'alt ro.

Ma non si sarebbe ricordato il suo nome finchénon glielo avessero detto. Avrebbe diment icato diquando, su Venere, era stato torturato per t regiorni e due nott i da certe forme di vita vegetaleche non amavano la carne, soprat tut to quellaumana, prima che i suoi compagni lo t rovassero e losalvassero. Non si sarebbe più ricordato di quandoera impazzito per la follia dell'astronauta, o diquando aveva vagato nove giorni senz'acqua. Nonavrebbe ricordato più niente di quello che gli erasuccesso e che per lui aveva avuto importanza...

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Dopo la cura, sarebbe stato un alt ro.

Era sicuro di saper affrontare la morte, ma nonpoteva sopportare il pensiero che un alt ro iovivesse nel suo corpo. Se gli fosse successa unacosa simile, si sarebbe liberato di quello stranieroche usava il suo corpo per fare cose che lui, Crag,non avrebbe mai fat te o pensate. Avrebbe uccisol'inut ile fantoccio di carne che serviva da rifugio alnuovo io. Ma non sarebbe stato facile. L'arma di cuidisponeva era più adatta all'omicidio che al suicidio.Occorreva molto coraggio per uccidersi con unrandello.

E la mano sinistra di Crag era proprio come unrandello. Guardandola, nessuno avrebbe pensatoche pesava cinque chili. Il metallo aveva il coloredella carne, e solo osservandola da vicino ci sipoteva accorgere che era art ificiale. E anche sequalcuno l'avesse notato, non avrebbe ugualmentesospettato di nulla, dato che tut t i gli art i art ificialivenivano fat t i in duralloy, una lega di magnesioleggera come il legno di balsa. Infat t i la mano diCrag era in duralloy all'esterno, ma era statarinforzata con acciaio e appesant ita con piombo.

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Non era certo una mano con la quale si potessedare una pacca scherzosa sulla spalla di un amico.D'alt ra parte, la considerevole forza di Crag e lalunga prat ica gli permettevano di usarla come sedavvero non pesasse più di pochi grammi.

E nessuno avrebbe nemmeno pensato che lamano si potesse staccare, perché tut t i gli art iart ificiali venivano applicat i con un'operazionechirurgica in modo permanente. E proprio perquesto non gli era stata tolta al momentodell'arresto, né al carcere quando gli avevano fat tosost ituire i suoi abit i con la casacca da prigioniero.

Un chirurgo radiato dall'albo, di Rio, gli avevafissato quell'arto manipolando i tessut i muscolarialla radice del polso, in maniera che quest it rat tenessero automat icamente la mano senzasforzo. (Era stato lo stesso Crag a fabbricarsi l'artoart ificiale.) Ma rilassando i muscoli la pesante manosi staccava istantaneamente, e diventava unproiet t ile che la mano destra, dopo una lungaprat ica, aveva imparato a lanciare con precisionemortale. Crag aveva davvero una gran precisione dit iro. Un solo colpo gli era sufficiente per eliminare un

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avversario.

Quella era la sola arma che Crag avesse maiportato con sé.

La voce di un altoparlante nascosto nel soffit toannunciò: "Il vostro processo è stato fissato per leore quattordici. Mancano dieci minut i, tenetevipronto."

Crag guardò verso il soffit to e modulò un suonoespressivo all'indirizzo della voce. Non ricevetterisposta. L'apparecchio doveva essere solotrasmit tente.

Crag si accostò alla finestra, e si soffermò aguardare in basso la distesa di Albuquerque, laseconda cit tà in ordine di grandezza sulla Terra e laterza in tut to il Sistema solare. Poteva vedere inastri lucent i delle piste di decollo del più grandeastroporto della Terra, diret t i verso sud, a circaquaranta chilometri di distanza.

La finestra era senza sbarre, ma la plast ica chesost ituiva i vetri era molto resistente. Forse

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sarebbe riuscito a romperla con la sua manosinistra, ma poi ci sarebbero volute le ali perfuggire. La sua cella era all'ult imo piano, ilt rentesimo, del Fedjude, il palazzo dellaFederazione Giudicatrice, e le paret i all'esternoerano lisce e le finestre senza appigli. Da quellaparte avrebbe potuto solo tentare il suicidio, maper questo poteva ancora aspettare. C'era semprela sia pur vaga possibilità di essere condannato allacolonia penale.

Crag odiava quella cit tà, peggiore anche di MarsCity, la seconda cit tà del Sistema solare.Albuquerque era il centro degli intrighi polit ici t ra iGuild e i Gilded. Polit ica violenta, esercitata in unmare di corruzione, dove ognuno badavaunicamente al proprio interesse.

"La vostra porta è aperta" disse la voce dalsoffit to. "Camminate fino alla fine del corridoio doveincontrerete le guardie che vi scorteranno in aula."

Attraverso la finestra, Crag vide le deboli luci diun'astronave in arrivo e avvert ì, at tut ito dalladistanza, il tuono dei reattori. Aspettò ancora

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qualche secondo, fino a che l'apparecchioscomparve alla sua vista.

Poi si mosse, perché sapeva che conquell'ordine, almeno in parte, intendevano metterloalla prova. Poteva at tendere laggiù e costringere leguardie a venirlo a prendere, ma se l'avesse fat to,e se si fosse opposto alle guardie, lo avrebberomesso a verbale e ne avrebbero tenuto conto nellasentenza. Poteva significare la differenza tra lacura psicofisica e Callisto.

Così aprì la porta e uscì nel corridoio. Non c'erada sbagliarsi sulla direzione da prendere. Centometri più avant i, due guardie in uniforme verde lostavano aspettando, immobili accanto a una porta.Erano armate di lanciafiamme.

Crag non disse una sola parola, né i due aprironobocca. La porta si spalancò automat icamente, manon si sarebbe aperta se lui si fosse avvicinatosenza scorta. E Crag lo sapeva.

Si incamminarono. Il prigioniero nel mezzo.

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Avrebbe potuto ucciderli entrambi, facilmente.Un manrovescio sulla faccia dell'agente alla suasinistra e un rapido colpo ben assestato all'alt ro.Sarebbero mort i senza avere il tempo di adoperarele loro armi, e senza rendersi conto di cosa erasuccesso.

Ma passare poi at t raverso le alt re barriere,superare le alt re sent inelle sarebbe stato molto piùdifficile. Camminò quindi t ranquillo fra i due guardianie raggiunse, al piano sottostante, l'aula dovesarebbe stato giudicato.

Lui e le guardie furono gli ult imi a mettere piedelà dentro.

Il locale era abbastanza grande, ma in quelmomento c'erano soltanto undici persone, compresiCrag e i due angeli custodi. La procedura giudiziariaera stata notevolmente semplificata sotto laFederazione e, almeno in teoria, l'applicazione dellagiust izia sarebbe dovuta avvenire in modo rapido eimparziale.

Il giudice sedeva a una scrivania e indossava

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abit i civili. I due avvocat i, uno per l'accusa e uno perla difesa, avevano due tavoli più piccoli ai lat i delgiudice. I cinque giurat i sedevano in comode sediesistemate lungo una parete. Di fronte ai giurat i,all'alt ro capo della stanza, stava il tecnico delsuono con i suoi apparecchi di registrazione e i rullimagnet ici. La sedia dell'accusato era sistematadiagonalmente in modo da essere rivolta sia verso ilgiudice che verso la giuria. Non c'erano spettatoriné giornalist i, benché il processo non avvenisse aporte chiuse. Tutto il dibatt ito sarebbe statoregistrato, e le copie dei nastri messe adisposizione della stampa.

Niente di tut to questo cost ituiva una novità perCrag, perché era già stato processato una volta.Quella volta era stato assolto perché quattro deicinque giurat i, il numero necessario per emettere ilverdetto, avevano ritenuto che le prove nonfossero sufficient i. Un solo part icolare sorpreseCrag: l'ident ità del giudice. L'uomo che avrebbedeciso della sua sorte era Olliver.

Olliver era stato il giudice che aveva presiedutoal processo subito da Crag sei anni prima, e la sua

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presenza nell'at tuale circostanza poteva essereuna pura coincidenza. Oppure poteva darsi che lostesso Olliver, dato il precedente, avesse chiestodi giudicare Crag. I giudici avevano dirit to di farsiassegnare le cause a proprio gradimento. Lapresenza di Olliver in quel processo era dunque deltut to normale. Ma Crag era sorpreso per un alt romot ivo, per il fat to, cioè, che Olliver esercitasseancora la professione. In quegli ult imi sei anni infat t iil giudice era diventato un uomo molto importantepolit icamente.

Per quanto meno conservatore degli alt ri membridel Sindacato, chiamato comunemente part ito deiGilded, Olliver vi occupava un posto di primissimaimportanza, e alle elezioni di sei mesi prima si erapresentato come candidato alla nomina diCoordinatore del Nord America. Non era statoelet to, ma aveva raccolto più vot i di quant i neavesse mai avut i un rappresentate dei Gilded negliult imi cento anni.

E aveva lasciato tut t i i suoi impegni per giudicareun caso comune come quello!

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Per quanto odiasse Olliver come persona, Cragnon poteva fare a meno di st imarlo come uomopolit ico. Lo immaginò agli inizi della sua carriera.Doveva essere cinico come lui.

Adesso il Sindacato lo avrebbe senz'alt ro sceltocome suo rappresentante alle elezioni piùimportant i, quelle per la carica di Coordinatore delSistema, che si sarebbero svolte entro pochi mesi.I Guild avevano una forte maggioranza nel NordAmerica e su Marte, ma in tut to il Sistema solare leforze dei due part it i si equivalevano. Nelleprecedent i elezioni avevano vinto i Guild, sia per ilseggio di Coordinatore che per i seggi nel Consigliodel Sistema. Ma certamente Olliver, forte delsuccesso ot tenuto sei mesi prima, si sarebbepresentato con ot t ime probabilità di vincere.

L'odio che Crag nutriva verso Olliver era dovutoall'aspra crit ica che il giudice gli aveva mosso dopoil precedente processo, durante la conversazioneprivata che, come d'uso, avveniva fra il giudice el'accusato alla fine del dibatt ito, sia che l'imputatofosse stato riconosciuto colpevole o innocente.Olliver lo aveva insultato in modo tale che Crag non

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aveva più potuto diment icare.

Adesso Crag stava nuovamente di fronte aOlliver e sapeva bene che questa volta la giuria loavrebbe giudicato colpevole, e che la sentenzadefinit iva sarebbe spettata unicamente a Olliver.

Il processo ebbe inizio.

Superate le formalità, vennero ascoltate ledeposizioni dei test imoni registrate in precedenza.Parlò il capitano di polizia che aveva tenuto Crag incustodia nel suo ufficio all'aeroporto. Poco primache at terrasse l'aereo, disse, aveva ricevuto unatelefonata da Chicago. All'apparecchio c'era unadonna che non aveva voluto dire il suo nome. Lasconosciuta lo aveva informato che un uomo dinome Crag, dai connotat i corrispondent i a quellidell'imputato, t rasportava una certa quant ità dinepthin. L'ufficiale descrisse poi l'arresto e laperquisizione di Crag, e il rit rovamento della droga.

Poi la registrazione delle domande rivoltegli daldifensore di Crag. Sì, lui aveva cercato dirintracciare la donna di Chicago. Aveva scoperto

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che la chiamata era stata fat ta da una cabinapubblica, ma non aveva tracce che consent issero dirisalire all'informatrice sconosciuta. Certo laperquisizione era stata perfet tamente legale.L'ufficio di polizia dell'aeroporto disponeva di agent iautorizzat i a quel compito che, in caso di denunceanonime, potevano fermare e perquisire iviaggiatori sospett i.

Parlarono poi, sempre at t raverso laregistrazione, alt ri t re agent i dell'aeroporto. Tutt ierano stat i present i alla perquisizione, etest imoniarono che la nepthin era stata t rovata inpossesso dell'imputato. L'avvocato di Crag nonparlò dopo questa deposizione.

Poi fu ascoltato Crag. Descrisse la sua partenzada Chicago, disse come si era t rovato sull'aereo,seduto accanto a un uomo alto, snello e benvest ito. Non c'era stato alcuno scambio di paroletra loro, finché non erano giunt i nelle vicinanze diAlbuquerque. In vista della cit tà, l'uomo si erapresentato col nome di Zacharias, dicendo diessere commesso viaggiatore di una compagniache avrebbe presto introdotto sul mercato una

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nuova marca di sigaret te, e ne aveva offerto unpacchetto a Crag come omaggio. L'uomo era poisbarcato velocemente dall'aereo, ed era giàscomparso, quando la polizia aveva fermato Cragper portarlo nei suoi uffici.

Seguì l'intervento dell'accusa. L'avvocato cercòdi cambiare qualche part icolare nella storia di Crag,e lui fu costret to, con il rischio di compromettereulteriormente la sua posizione, a rifiutarsi dirispondere a cose che riguardavano il caso maesulavano dal breve episodio che aveva appenafinito di raccontare.

Poi l'accusa tentò di smantellare le dichiarazionidi Crag, servendosi della deposizione di un alt roteste; anche questa venne registrata su un nastro.Costui si chiamava Krable, ammise di essere l'uomoche sedeva accanto a Crag sull'aereo. Disse di nonessersi mai presentato come Zacharias né sottoalt ro nome, t ra lui e Crag non c'era stata nessunaconversazione, né tantomeno aveva dato alcompagno di viaggio un pacchetto di sigaret te.

Parlò nuovamente l'accusa, che rafforzò la

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test imonianza, mettendo in evidenza che Krableera un rispettabile uomo di affari, proprietario di unnegozio, e che non aveva mai avuto nessun contoda regolare con la giust izia.

Alla fine, fu ascoltato nuovamente Crag.Riconobbe in Krable l'uomo che gli era sedutoaccanto durante il viaggio, ma ribadì che quest i siera presentato come Zacharias, e che da lui avevaavuto il pacchetto di sigaret te.

Così si concluse il dibatt imento.

Mentre Olliver stava brevemente istruendo lagiuria, Crag pensò a quanto fosse stato semplicefarlo incriminare. Non più di quattro persone eranostate necessarie. L'uomo che lo aveva mandato adAlbuquerque, una persona per assegnare due post icont igui sull'aereo, una donna per la telefonataanonima, e Krable. Non c'era dubbio chequest 'ult imo fosse proprio una persona rispettabilecome era stato dichiarato; proprio per questol'avevano scelto, per far apparire la storia di Craguna disperata invenzione - e così era sembrataperfino allo stesso Crag - rispetto alla storia di

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Krable. L'unico mot ivo che lo aveva spinto a nondichiararsi colpevole era che la dichiarazione nonsarebbe stata accettata se non suffragata dallaspiegazione dell'origine della droga, e lui non avevaalt ro modo di spiegarla.

I cinque membri della giuria si rit irarono in unapiccola stanza vicina e rientrarono dopo pochiminut i. Il loro presidente pronunciò il verdettounanime: «Colpevole.»

Il giudice Olliver ordinò allora di sgomberare l'aulae il rumore dei registratori cessò. Il processo erafinito e la sentenza sarebbe stata pronunciatadopo il colloquio t ra il giudice e il prigioniero. Olliveravrebbe potuto annunciare immediatamente ilverdetto oppure riservarsi vent iquattro ore perdecidere.

Tutto il processo era stato una farsa. Crag sisent iva inquieto. Olt re a lui, nell'aula erano rimast isolo il giudice e le due guardie.

«Il prigioniero venga avant i.»

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Crag avanzò fino alla scrivania del giudice, poi sifermò rigido, con la faccia impassibile.

«Le guardie possono uscire. Rimangano fuoridella porta, prego.»

Questa era una sorpresa. È vero che il giudiceaveva la facoltà di allontanarle, ma in genere leguardie venivano fat te rimanere quando si pensavadi avere a che fare con un soggetto pericoloso. Nelprocesso precedente, nonostante che il verdettofosse stato di assoluzione, Olliver non avevaallontanato le guardie. Doveva aver capito lanatura selvaggia di Crag e temuto una violentareazione di quest 'ult imo. Perché, allora, allontanarele guardie adesso che la situazione era molto piùpericolosa?

Ma a Crag non importava capire. A luiinteressava soltanto sapere quale sarebbe stato ilverdetto di Olliver. Se avesse deciso per la clinicapsicofisica, lo avrebbe ucciso. Poi avrebbeeliminato le due guardie nel corridoio e avrebbefat to la maggior quant ità possibile di strada primadi essere ucciso.

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Sentì la porta che si chiudeva, e aspettò, senzaguardare Olliver. Non aveva nessun bisogno diguardarlo. Sapeva fin t roppo bene com'era fat to:alto, con spalle larghe, i capelli grigi e una facciache poteva assumere un'espressione severa, comedurante i processi, o cordiale, come durante idiscorsi elet torali alla televisione.

Non aveva bisogno di guardarlo neppure persapere quale fosse in quel momento l'espressionedi Olliver. Finalmente, la voce del giudice lo scossedai suoi pensieri.

«Guardatemi in faccia, Crag.»

Abbassando lo sguardo, Crag vide che Olliversorrideva...

«Crag, vi offro la libertà e un milione di dollari»cont inuò il giudice a voce bassa. Poi, vedendo lafaccia stupita di Crag, aggiunse: «Non stoscherzando. Prendete una di quelle sedie eaccomodatevi. Una sigaret ta?»

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Sempre più stupito, Crag sedette guardingo, eaccettò volent ieri la sigaret ta. Nelle celle eraproibito fumare.

«Parlate pure» disse. «Vi ascolto.»

«È molto semplice. C'è qualcosa che voipotreste fare per me. Penso che siate l'unicapersona capace di portare a termine un certolavoro. Se accettate, avrete la libertà. Se poiriuscirete nell'impresa, anche i soldi. E poi forseancora alt ri milioni, se vorrete cont inuare a lavorareper me. E non si t rat ta di commettere qualchedelit to. C'è anzi la possibilità di far uscire l'umanitàdal pantano di decadenza in cui è sprofondata.»

«Lasciate perdere, giudice. Non siamo a uncomizio. Sono d'accordo per la libertà e i quattrini,ma prima devo farvi una domanda. La denuncia èstata opera vostra, una messa in scena per avermiin vostro potere?»

«No. Però devo ammettere che, quando ho vistoil vostro nome nell'elenco delle cause, ho chiesto eottenuto il permesso di essere il vostro giudice. La

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denuncia era falsa?»

«Niente di più fasullo.»

«Lo sospettavo. Avete idea di chi possa avermacchinato tut ta questa storia?»

«Ho molto nemici, e non sarà una ricerca facile.Ma riuscirò a mettergli le mani addosso.»

«No» ribat té Olliver, seccamente. «Seaccetterete la mia proposta, dovrete diment icareogni idea di vendetta finché non avrete terminato illavoro.»

«D'accordo» promise Crag, controvoglia. «Qualè il lavoro?»

«Questo non è il momento ne il luogo perparlarne. Ne discuteremo quando sarete un uomolibero.»

«E se io poi decidessi che è t roppo pericoloso emi rit irassi?»

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«Credo che non lo farete. È un lavoro difficile, manon penso che rinuncerete a un milione di dollari.Inolt re ci può essere in gioco qualcosa di più deldenaro. Ma adesso, parliamo della vostra fuga.»

«Fuga? Non potete...» Crag si interruppe,rendendosi conto che stava per fare una domandaassurda.

«Certo. Fuga. Siete stato riconosciuto colpevoledi un grave delit to. Se io vi assolvessi, o mipronunciassi per una lieve condanna, sarei messosotto inchiesta. Anch'io ho dei nemici, Crag. Inpolit ica tut t i ne hanno.»

«Capisco. Ma come pensate di farmi evadere?»

«Abbiamo già pensato a tut to. Quando sarà ilmomento, sarete avvert ito.»

«E in che modo?»

«Con l'altoparlante della vostra cella. Un... amicopuò inserirsi nei circuit i, e vi dirà come fare.Onestamente devo dirvi che non possiamo

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prepararvi un piano di fuga che offra la sicurezzaassoluta di riuscita. Vi daremo tut to il nostro aiutoper farvi uscire, ma il resto toccherà a voi.»

Crag sorrise. «E se non sarò in grado di uscire diqui, non sarei neppure in grado di fare il lavoro cheintendete affidarmi. Voi non ci perdete niente.Bene, a quale pena mi condannerete, intanto?»

«Sarà meglio annunciare che mi riservo levent iquattro ore per la decisione. Se vi condannassia essere deportato su Callisto o decidessi per lapsicoclinica, i preparat ivi per t rasferirvicomincerebbero subito, e io non so a quale ritmoprocedano. Meglio tenere tut to in sospeso.»

«E una volta fuori di qui?»

«Verrete a casa mia. SettecentodiciannoveLinden. Non telefonate: il mio telefono ècertamente controllato.»

«La casa è sorvegliata?» Crag sapeva che leabitazioni degli uomini polit ici più important i loerano.

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«Sì. E non ordinerò alle guardie di lasciarvientrare. Appartengono al mio part ito, ma non houna fiducia illimitata in loro. Entrare senza farvisorprendere sarà affar vostro. Se non ci riuscirete,e dovrete chiedere aiuto a me, vorrà dire che nonsiete l'uomo che io credevo: l'uomo di cui hobisogno. Un'alt ra cosa: non uccidete nessuno, ameno che non siate assolutamente costret to afarlo. Io non amo la violenza. Non desidero chevenga usata neppure per una causa giusta.»

«Non ucciderò le vostre guardie... in questagiusta causa» promise Crag sogghignando.

La faccia di Olliver avvampò. «È una giustacausa, Crag...» Guardò l'orologio e si accorse cheera passato parecchio tempo. «Ho parlato alt revolte con un prigioniero per più di mezz'ora prima digiudicarlo.»

«L'ult ima volta, prima di liberarmi mi avetetrat tenuto a lungo.»

«E voi sapete perché. Eravate colpevole, allora.

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Vi voglio dire un'ult ima cosa; e cioè quali sono le mieintenzioni, perché non abbiate più a riderne. Hofondato un nuovo part ito polit ico, Crag. Questodovrà portare il mondo e l'intero Sistema solarefuori della degradazione in cui è caduto. Voglioricostruire quella democrazia che è andata perdutaa causa delle lot te t ra Guild e Sindacat i. Entrambiquest i part it i... lo ammetto, anche quello a cuiappartengo... rappresentano due ridicoliest remismi. I Guild sono nat i dal comunismo e iSindacat i dal fascismo. Chiusi t ra quest i due,abbiamo perso qualcosa che avevamo una volta eche si chiamava democrazia.»

«Capisco. Anche Guild e Gilded parlanocont inuamente di democrazia, ma solo perprenderla in giro. Come potete pensare che ilpopolo si senta ancora at t rat to da questa parola?»

«Non la chiameremo così, naturalmente. Laparola è ormai screditata, ma non l'idea. Noi cichiameremo Cooperazionist i, e molt i dei membri deivecchi part it i, quelli che desiderano un governoonesto, verranno con noi. Finora, abbiamo operatodi nascosto, ma prima delle prossime elezioni

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agiremo allo scoperto. Questo è tut to. È chiaraogni cosa tra di noi, adesso?»

Crag assentì.

«Bene.» Olliver premette un bottone sullascrivania, e le guardie entrarono. Mentre lasciaval'aula accompagnato dalla scorta, Crag udì ilgiudice che, parlando al microfono, incideva la suadecisione di rimandare di vent iquattrore lasentenza.

Tornato nella cella, Crag prese a camminare,impaziente. Pensava al momento dell'evasione, aquali vest it i avrebbe potuto indossare. La camiciagrigia da carcerato poteva anche andare, sel'avesse aperta sul collo e avesse arrotolato lemaniche sopra il gomito. Ma i pantaloni proprio nonerano adatt i. Avrebbe dovuto prendere quelli dellaguardia, e cambiarli poi alla prima occasione con unpaio di pantaloni cort i. Quasi tut t i gli abitant i diAlbuquerque portavano pantaloni cort i durantel'estate.

Arrotolò le maniche e aprì il collet to. Un'occhiata

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allo specchio gli confermò che almeno dalla cintolain su poteva andare. I capelli cort i si usavano tantodentro quanto fuori dalla prigione.

E la faccia... Di quella era perfet tamentesoddisfat to. Una faccia molto comune che nonsarebbe risaltata t ra la folla. Aveva pagato unabella somma al chirurgo di Rio, lo stesso che gliaveva applicato la mano, per farsi correggere ilineament i. La sua vecchia faccia cominciava aessere t roppo conosciuta nel mondo della malavitae quello era peggio che essere t roppo conosciutanegli ambient i della polizia.

Crag era di corporatura media, ma la suaapparente snellezza nascondeva una fortemuscolatura. E conosceva ogni colpo di lot ta. Conla sola mano destra poteva tenere a bada unuomo: spesso lo aveva fat to, per non rivelare ilsegreto dell'alt ra mano. La mano sinistra, poi, era ilsuo asso nella manica. Se ne serviva solo quando...trattava affari.

Guardò fuori dalla finestra. Trenta piani loseparavano dalla libertà. Solo gli ult imi t re erano

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adibit i a prigione; se fosse riuscito a olt repassarliavrebbe potuto considerarsi salvo.

Ma che probabilità aveva di scendere quei t repiani? Forse, pensò, una buona possibilità conl'aiuto che Olliver stava per dargli.

Olliver, proprio lui, t ra tut te le persone esistent i almondo! E anche lui era corrot to come tut t i gliuomini della polit ica. Olliver aiutava un criminale aevadere perché questo criminale rubasse qualcosaper lui. Poteva realmente Olliver agire per mot ivialt ruist ici? Ma Olliver lo aveva davvero sorpreso.Chissà che faccia aveva fat to lui, Crag, quandoOlliver, invece di condannarlo, gli aveva fat to la suaproposta. All'improvviso, Crag si mise a ridererumorosamente.

«È divertente, Crag?» domandò una voce didonna.

Si voltò di scatto verso la griglia sul soffit to. Lavoce cont inuò: «Sì, c'è anche una linea ricevente, eho potuto ascoltare. Poca gente conosce il t ruccoperché in teoria nessuno potrebbe usare le due

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linee. Qualche volta, però, la polizia desideraascoltare l'avvocato che parla con il suo cliente. Lapolizia è corrot ta. Lo sapevate, Crag?»

«State usando la linea solo per dirmi questecose?»

«Non siate impaziente. Ho un po' di tempo adisposizione. Ho mandato il centralinista a fare unacommissione, e per una quindicina di minut i saròpadrona della cabina di comando.»

«Dovete essere un pezzo grosso per farequeste cose» disse Crag.

«Non ha importanza chi sono, ma il fat to che visto aiutando. E non per amor vostro, Crag, maperché voi dovreste essere in grado di aiutare...sapete bene chi. Quando la guardia sarà di ritorno,io verrò da voi.»

«Verrete qui?»

«Sì, per portarvi alcune cose di cui avretebisogno. Da qui, aprirò la serratura della vostra

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porta per poter entrare quando verrò. Ma voi nonlasciate la cella, adesso. Dovrete uscire soltantomezz'ora dopo che io me ne sarò andata. Intesi?»

«Intesi» rispose Crag. Subito dopo, sentì unoscatto nella serratura della porta.

«Cosa mi state portando?» chiese. Ma non ebberisposta, e capì che la comunicazione era statainterrot ta.

Sedette sulla branda e aspettò. Perché glimandavano proprio una donna? Lui odiava tut te ledonne.

La porta si aprì e una figura femminile entròfret tolosa. L'uniforme scura era quella di CapoTecnico Psichiatra. Una carica molto importante.Erano richieste due lauree per ot tenerla: una inpsicologia e una in elet t ronica. E occorrevanoappoggi polit ici. Se era associata a Olliver,l'appoggio si poteva anche spiegare. Comunque,guardandola non si pensava alle lauree. Erabellissima: l'uniforme non riusciva a nascondere lemorbide curve del corpo, né i grossi occhiali

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cerchiat i e la mancanza totale di t rucco alteravanola perfezione dei lineament i. Gli occhi dietro le lent ierano dell'azzurro più intenso che Crag avesse maivisto, e i capelli, quelli che sfuggivano da sotto ilberret to, del più acceso rosso rame. Crag la odiòsia perché era una donna, sia perché era bella. Mala odiò soprat tut to per i capelli: avevanoesattamente il colore dei capelli di Lea.

Per essere scortese, rimase seduto sullabranda. Anche se lei si accorse dello sgarbo, nondiede segno di averlo notato. Con gest i rapidi eprecisi aprì la borsa. Le sue parole, adesso, furonoconcise, prat iche, senza sfumature divert ite oamichevoli.

«La cosa più importante è questa» disse,gettandogli vicino, sulla branda, una piccola sbarradi metallo. «Mettetevela in tasca. È radioatt iva.Senza di questa, o senza la scorta di qualcuno chene sia in possesso, la maggior parte delle portesarebbero trappole mortali.»

«Lo so già» rispose lui brevemente.

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La donna gli tese un sott ile foglio di carta. «Èuna pianta, che indica la strada lungo la qualeavrete meno probabilità di incontrare guardie. Nelcaso ne incontraste...»

Estrasse dalla borsa una minuscolalanciafiamme, ma Crag disse: «Non la voglio. Nonne ho bisogno.»

Lei mise via la pistola senza discutere, come sesi fosse aspettata il suo rifiuto. Poi cont inuò:«Eccovi un dist int ivo da visitatore. Non vi servirà suquest i t re piani, dato che nessuno può accedervisenza essere accompagnato da una guardia, mauna volta che sarete ai piani inferiori, il dist int ivoeviterà che le guardie del palazzo vi faccianodomande.»

Lui prese il dist int ivo, poi una sott ilissima sega didurium, che lei gli porse. «La userete per tagliare ilchiavistello della porta. Io lo chiuderò appenauscita.»

«Perché?»

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«Non siate stupido, Crag. Questa porta puòessere chiusa dal corridoio, ma può essere apertasolo dalla cabina di comando. Io ho dato il cambioal centralinista, e se la porta verrà t rovata aperta sisaprà che solo io e lui abbiamo potuto liberarvi.»

«Se siete tanto prudente» disse Crag «comefate a sapere che quello, adesso, non staascoltando la nostra conversazione?»

«Non lo so» disse lei, t ranquilla «ma è un rischioche non ho potuto evitare. Quest i sono gliindument i. Vi ho portato un paio di pantaloni cort i»aggiunse, gettando sulla branda uno stret to rotolodi seta. «Non ho potuto procuravi le scarpe, ma viconsiglio di togliervi quelle che avete. I civili quiusano sandali o girano scalzi, perciò darete menonell'occhio scalzo che con quelle scarpe. Vedo cheavete già pensato alla camicia, ma è meglio che netagliate le maniche anziché arrotolarle. Vi hoportato ago e filo. Sapete imbast ire un orlo?»

«Sì, ma ci vorranno vent i minut i. Preferireiandare via subito.»

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«Avete tut to il tempo. Cucire, tagliare ilchiavistello, studiare e distruggere la pianta. Avetequaranta minut i da questo momento. Quandosent irete suonare l'orologio sarà il momentomigliore per voi. E non lasciate la cella in ant icipo.»

«Niente quattrini?»

«Ecco vent i dollari. Non ve ne servono di più.Dovrete venire, sapete dove, il più presto possibile.E non ubriaco.»

Crag non si diede la pena di rispondere. Nonaveva mai bevuto mentre lavorava o si t rovava inpericolo. Nel suo mest iere, chi si ubriacava almomento sbagliato non viveva a lungo.

«Un'ult ima cosa, Crag. Si potrebbe piegare ilcollet to della camicia in modo da farla assomigliaredi più a una camicia sport iva. Vi vogliosi avvicinò aCrag, e lui si t irò da parte, alzandosi di scatto.»

«Lo farò io» disse.

«Avete paura di me, Crag?» chiese lei, ridendo.

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«Non mi piace essere toccato, specialmente dauna donna. Se non c'è alt ro, potete andarvene.»

«Che grat itudine! Per quando riguarda le donne,nessuno vi ha mai detto che dovreste farvipsicanalizzare? Be', a ogni modo vi siete alzato inpiedi per me, finalmente...»

Lui non rispose, e lei uscì.

Immaginando che lei stesse ancora ridendo,Crag restò un at t imo a guardare la porta. Al rumoredella serratura che scattava si scosse, si avvicinòveloce al bat tente e cominciò a segare ilchiavistello, sfogando la collera su quel pezzo dimetallo innocente. Finì quel lavoret to e gli alt rimolto prima del momento stabilito, e aspettò fino ache sentì bat tere le ore.

Allora sgusciò fuori silenziosamente, e si t rovònel corridoio deserto. Lo percorse fino in fondo, poivoltò dalla parte che gli era stata indicata suldisegno. Imboccò un alt ro corridoio, e scese unarampa di scale. Stava imboccando il corridoio sul

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piano sottostante, quando sentì i passi di dueguardie che si avvicinavano. Indietreggiò di qualchemetro, e si appiat t ì in una rientranza del muro. Lasua mano sinistra era pronta a uccidere, ma leguardie svoltarono prima di raggiungerlo.

Scese anche la seconda rampa: si sentì in salvo.Su quel piano c'erano molt i corridoi e molte porte,ma non si vedevano guardie. Mancava l'ult imarampa, quella che portava al vent iset tesimo piano.Non doveva essere lontana. Lì però avrebbetrovato di certo una sent inella, magari piantatadavant i alla porta che conduceva agli ascensori,alla salvezza.

3

C'era infat t i. Una rapida occhiata olt re l'angolo gliaveva mostrato una porta chiusa e una guardiaseduta lì accanto. Sveglia e at tenta, sebbene inquel momento non stesse guardando di fronte a sé.

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Sveglia e at tenta. A meno di t re metri. E tenevapronto sulle ginocchia un lanciafiamme.

E sul muro, sopra la sua testa...

Crag sorrise mentre, riparandosi dietro l'angolo,si staccava dal polso la mano sinistra e sipreparava a lanciarla.

Olliver o la donna, e forse tut t i e due, dovevanosapere cosa c'era sopra la testa della guardia: unapiccola bolla emisferica, una termocoppia cheavrebbe dato l'allarme al minimo aumentoimprovviso della temperatura. Tuttavia, la donna gliaveva offerto un lanciafiamme... Sparare allaguardia con quell'arma sarebbe stato un suicidio. Ilcalore che si sarebbe sprigionato dalla fiammatadoveva certo essere più che sufficiente per farscattare il disposit ivo d'allarme, anche se avessemancato Crag. Ed era impossibile che lomancasse, a t re metri o poco più.

Non l'avrebbe neppure mancato Crag, né lomancò. Quando gli si parò davant i, la sua mano

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destra era già sollevata per lanciare il suo missile, ela guardia fece appena in tempo a sollevare lapistola. La mano di Crag lo colpì in piena faccia,molto prima che riuscisse a premere il grillet to. Nonne avrebbe mai più premut i.

Poi Crag si avvicinò alla sua vit t ima e, raccolto lostrano proiet t ile, lo ripulì del sangue sull'uniformedella sent inella. Quindi, deliberatamente, maneggiòla canna del lanciafiamme per lasciarvi le sueimpronte digitali, e ne sporcò di sanguel'impugnatura. Avrebbero capito subito chi avevaeliminato il guardiano, anche senza le impronte, maCrag preferiva che si lambiccassero il cervello perscoprire come aveva potuto strappare l'arma allaguardia e ucciderla vibrandogli un colpo con il calciodel lanciafiamme, piut tosto che si chiedessero cosaaveva adoperato per eliminare la sent inella.

Tutte le volte che era costret to a usare la manodi metallo, e aveva tempo a disposizione, Cragcercava di mascherare la cosa in modo che il delit tovenisse at t ribuito a un'alt ra arma qualsiasi.

Usando la chiave che aveva tolto dalla cintura

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della guardia, aprì la porta e uscì senza farscattare nessun disposit ivo d'allarme. Per questodoveva certo ringraziare la donna sconosciuta:senza la sbarra radioatt iva, non avrebbe avutonessuna possibilità di farcela. Sì, gli erano stat i digrande aiuto, Olliver e la sua complice. Per quantonon lo avessero avvert ito della termocoppia, eavessero anche diment icato di dirgli (ma forsepensavano che lo sapesse) che doveva liberarsidella sbarra una volta fuori della prigione. Al di làdella zona della prigione, infat t i, quell'aggeggioavrebbe funzionato al contrario, azionando tut t i isegnali d'allarme, invece di farli tacere.

Gettò la sbarra in un angolo, prima di chiamareun ascensore; e pochi minut i dopo era in salvoconfuso tra la folla della strada, e con un discretovantaggio sugli eventuali inseguitori.

La gente che incontrava era vest ita moltosommariamente. A parte quelli in uniforme, eranopochi gli uomini che indossavano la camicia. Lamaggior parte della gente circolava a torso nudo.Tutte le donne erano scalze, e anche qualcheuomo.

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Gli altoparlant i ruggivano nelle sue orecchie:"Mangiate da Stacey's" dicevano, e "Visitate lacasa degli strani piaceri", "Usate il dent ifricioCobb's", "Bevete Hotsy", "Viaggi a Panama".Compra, bevi, visita, usa, assaggia...

Crag entrò in un albergo, e nella toilet te si tolsela camicia gettandola nel cest ino dei rifiut i. Nonperché la camicia potesse at t irare l'at tenzione, néperché gli facesse piacere andarsene in giroseminudo, ma perché senza camicia sembravadiverso. I muscoli ben distribuit i lo facevanosembrare più alto e più robusto.

In un negoziet to cambiò i vent i dollari percomprare un paio di sandali e in un negozio un pocopiù avant i acquistò un orologio da polso del t ipo piùeconomico, per mascherare meglio l'at taccatura t rail braccio e la mano di metallo. Un paio di occhiali dasole, usat i da almeno un terzo dei passant i,completò la t rasformazione. Non poteva fare di più,ma era già abbastanza. Anche le guardie dellaprigione, che pure lo avevano visto ogni giorno,avrebbero stentato a riconoscerlo.

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Adesso, il più presto possibile, avrebbe dovutoraggiungere la casa di Olliver.

Il cadavere della guardia doveva essere statogià t rovato, e la sua fuga scoperta. La cacciaall'evaso era certo cominciata. Per prima cosa,avrebbero disposto un cordone di poliziot t i at tornoalla casa del giudice che aveva presieduto alprocesso. I condannat i, talvolta, odiano i giudici aun punto tale da volerli uccidere. È vero che nel suocaso il giudice Olliver aveva rimandato la sentenza,tut tavia, dato che la sua discrezionalità era limitataai due massimi t ipi di pena, la polizia potevapensare che questo rinvio non avrebbe placato ildesiderio di vendetta di Crag.

Avrebbero anche messo sotto la protezionedella polizia i test imoni che avevano depostocontro di lui. E in un caso almeno avevano ragionedi farlo. Crag non ce l'aveva con i poliziot t idell'aeroporto che lo avevano perquisito. La lorotest imonianza era stata sincera. Ma l'uomo che gliaveva rifilato la droga e che poi aveva negato tut toera sulla lista nera di Crag. Avrebbe passato più di

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una notte insonne, immaginando che la polizia nonpotesse proteggerlo per sempre. E anche l'uomo diChicago, che lo aveva mandato ad Albuquerque,era sulla lista di Crag. Da uno di quest i due, prima diucciderlo, avrebbe saputo quale dei suoi nemici gliaveva giocato quel t iro. L'uomo violento raramentesa essere paziente, ma Crag era l'uno e l'alt ro.

Si accorse che stava perdendo tempo. Piùpresto avesse raggiunto Olliver, minore sarebbestato il pericolo.

Prese un tassì e si fece portare due isolat i olt rela casa di Olliver. Pagò l'aut ista e finse di suonare auna porta, mentre l'auto girava l'angolo escompariva alla vista. Camminando sul marciapiedeopposto passò davant i alla casa del giudice. C'erauna guardia sulla porta, e un'alt ra doveva presidiareil lato posteriore della casa. Nessun'alt ra guardiaera in vista.

Passò olt re, studiando quale fosse il migliorpiano d'azione. Entrare uccidendo l'una o l'alt raguardia sarebbe stato semplice. Bastavaavvicinarsi con il pretesto di chiedere se il giudice

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fosse in casa, e poi colpire con la sinistra il mentodell'uomo. Semplice, ma inut ile, e soprat tut topericoloso. Una guardia morta, o la sua scomparsa,se lui avesse trascinato il corpo in casa, avrebbeprovocato l'allarme. Un esercito di guardie sarebbevenuto a cercarlo, e probabilmente, per lasicurezza di Olliver, avrebbero insist ito nel volerperquisire la casa anche se il giudice avessedichiarato che lui non era lì. E siccome loroavrebbero sicuramente avuto un mandato diperquisizione, Olliver sarebbe stato costret to alasciarle entrare.

Passare dal tet to, saltando da quello della casavicina, era forse meglio. Forse ce l'avrebbe fat ta.La casa di Olliver era una costruzione a t re piani.Alquanto grande, forse quindici o vent i stanze, e distrut tura molto semplice. Non era bene che gliuomini polit ici ostentassero la ricchezza, quando illoro mandato era elet t ivo. Perciò di solitosfogavano in alt ri modi il loro amore per il lusso, enon vivendo in palazzi. Quanto agli elet tori, occhionon vede...

Il palazzo accanto, suddiviso in appartament i,

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era della stessa altezza e la sua architet tura eraalt ret tanto semplice. Crag aveva già notato che itet t i dei due edifici erano distant i t ra loro quattro ocinque metri. Non poteva desiderare di meglio.

Raggiunse l'atrio del palazzo e si mise a studiarei campanelli e le cassette della posta. C'erano seiappartament i, due per piano. I numeri cinque e seierano presumibilmente quelli degli appartament i alterzo piano. Crag vide che una di queste duecassette, quella contrassegnata con il nomeHolzauer e il numero cinque, era piena dicorrispondenza. Troppa, per essere stataconsegnata tut ta quello stesso giorno. Usando ildist int ivo da visitatore che aveva conservato, forzòlo sportellino di quella cassetta. Bene: gli Holzauererano assent i. Alcune let tere avevano il t imbropostale della set t imana precedente.

Richiuse lo sportello e usò il dist int ivo per aprirela porta d'ingresso. Salì la scala, e con lo stessosistema s'introdusse nell'appartamento numerocinque. Fortunatamente, era prospiciente la casa diOlliver. Con tut to comodo, esplorò l'appartamento.Aveva deciso di compiere il passo successivo

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durante la notte. Di giorno molta gente usavaprendere il sole sul terrazzo, e c'era pericolo che lovedessero saltare da un tet to all'alt ro.

Cercò un paio di pantaloni t ra i vest it i del suoinvolontario ospite. Quelli che aveva erano troppostret t i e aderent i. Cercò anche una camicia adatta.Ma non fu fortunato. Trovò dei vest it i, ma avrebbepreferito andare in giro nudo, piut tosto che mettersiquelli. Dagli abit i e da alt re indicazioni, compresouno scaffale di libri pornografici altamentespecializzat i, era ovvio che gli Holzauer erano unacoppia di omosessuali. Crag non amava né lemutandine col pizzo né i giubbott i di tulle rosa conscollo in pelliccia di leopardo. Comunque, dovendofar passare il tempo, si divert ì a farli a pezzett i. Edopo avere dato un'occhiata al materialepornografico, si augurò che i suoi involontari ospit iritornassero in tempo per ricevere da lui un sincerobenvenuto. Ma non ritornarono, e lui si accontentòdi cospargere la pila di stracci con coriandoli da luistesso preparat i strappando i libri. Come si saràcapito, Crag non aveva simpat ia per gliomosessuali.

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Non trovò né denaro né gioielli. Ma che importa,si disse, con la prospett iva di un lavoro da unmilione di dollari? Olliver gli avrebbe certamentedato qualche ant icipo per le piccole spese.

Ormai era tempo di stabilire quello che avrebbedovuto fare durante la notte. Da una finestra,studiò la casa di Olliver. Sul tet to avrebbe dovutoesserci una botola. Se però fosse stata chiusadall'interno, non avendo le chiavi, non avrebbepotuto aprirla senza fare rumore. Per fortuna, alterzo piano, c'era una finestra aperta. Calandosidal tet to lungo il muro gli sarebbe stato possibileentrare per quella via.

Mentre a occhio calcolava le distanze, udì alcunemacchine fermarsi giù in strada e si spostò versouna finestra da cui poteva vedere quello che stavasuccedendo.

C'erano due auto davant i alla casa di Olliver.Cinque poliziot t i scesero da una e quattro dall'alt ra.Due di quest i girarono intorno alla casaincamminandosi verso il retro, gli alt ri entraronodalla porta principale. Un uomo era rimasto in una

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delle due vetture, e quando si sporse dal finestrinoper dire qualcosa ai poliziot t i, Crag riconobbe ilgiudice.

Ecco perché non era stata immediatamentetriplicata o quadruplicata la sorveglianza at tornoalla casa. L'avevano lasciata quasi incustoditaperché Olliver non c'era. Ora lo avevano scortatoed erano andat i a perlustrare l'appartamento primadi farlo entrare. Sarebbe stata una trappola perCrag se fosse entrato prima.

Forse Olliver lo aveva denunciato. Crag pensòanche questo, per un at t imo, poi dovette convenireche era assurdo: che cosa ci avrebbe guadagnatoOlliver a farlo evadere, per poi chiamare così prestola polizia? No, quella doveva essere un'idea degliagent i, e Olliver non aveva osato rifiutare quello chela polizia considerava un gesto di grandeattenzione verso di lui. Il giudice non aveva alcunaautorità sulla polizia e certo doveva augurarsi cheCrag non fosse ancora entrato, perché alt riment itut to il suo lavoro sarebbe stato inut ile.

Crag si congratulò con se stesso per essere

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stato tanto prudente.

Sempre nascosto nel vano della finestra,controllò il tempo che gli agent i impiegavanonell'ispezione. Dopo circa vent i minut i, tempo piùche sufficiente per compiere un'accurataperquisizione in una casa come quella, i nove agent iuscirono. Crag li contò at tentamente per esseresicuro che nessuno fosse rimasto appostatoall'interno. Erano rimaste soltanto le sent inelledavant i alle due porte.

Olliver scese dalla macchina, parlò brevementecon uno degli agent i e poi entrò in casa.

Il poliziot to salì al posto del giudice, e le duemacchine part irono. Ma una si fermò pochecent inaia di metri più avant i, accanto al marciapiedeopposto. L'alt ra voltò l'angolo della casa. Crag erapronto a scommettere che si fosse fermata sulviale laterale per sorvegliare la parte posteriore delfabbricato.

Improvvisamente, sembrò che a bordo dellaprima macchina non ci fosse più nessuno. Avevano

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azionato il disposit ivo di polarizzazione dei finestriniin modo da vedere senza essere vist i; e l'auto, chenon portava il dist int ivo della polizia, sarebbesembrata, a chiunque le fosse passata accanto,una macchina vuota parcheggiata lungo ilmarciapiede.

Dal cielo, giunse a Crag il ronzio di un elicot tero.Ascoltò un at t imo e si accorse che il velivolocont inuava a sorvolare i paraggi. Imprecò fra ident i. Se cont inuava a starsene lassù, avrebberappresentato un grosso ostacolo per il suo piano.

Comunque, non era ancora il momento dipreoccuparsi. Di notte la situazione sarebbe statamigliore. Guardò l'orologio. Due ore dovevanoancora trascorrere prima che calassero le tenebre.Decise di riposare; era stata una giornata fat icosaquella, preludio a una notte forse ancora piùfat icosa. La sua ult ima notte se fosse statoscoperto, perché tut tora contava di uccidersi persfuggire all'eventuale cat tura.

Crag si era abituato a prendere sonno in fret ta enelle posizioni più difficili. In quasi tut te, si corresse,

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guardando con disgusto il let to soffice eult radecorato dei suoi ospit i. Il pensiero di quel chedoveva essere successo sopra quel let to gli fecescegliere una polt rona: dopo un minuto, eraprofondamente addormentato. Profondamente,ma non tanto da non accorgersi in tempodell'eventuale scatto di una chiave nella serratura, odi un qualsiasi rumore sospetto.

Nessun suono gli interruppe il riposo. Dopo dueore si svegliò, perfet tamente lucido e riposato.Sopra i tet t i si sent iva ancora girare l'elicot tero.

Un rapido sguardo fuori dalla finestra. Le autoerano ancora parcheggiate come le aveva vistel'ult ima volta. Sebbene fosse già molto scuro, riuscìa dist inguere le macchine perché nel cielo brillava laluna piena. Dall'inclinazione delle ombre, Cragstabilì che la luna doveva trovarsi a circa metà delsuo percorso.

Considerò l'opportunità di at tendere, per agirequando la luna fosse calata. Allora, probabilmente,l'elicot tero avrebbe cessato il suo servizio, e al suoposto avrebbero forse disposto una rete di agent i

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sul tet to della casa di Olliver e su quelli vicini persorvegliare la zona. Troppo rischio quindi ad agirecon l'oscurità completa. A cont i fat t i, gli sarebbestato più facile sfuggire a un elicot tero carico diagent i che dover evitare un imprecisato numero dipoliziot t i sparpagliat i sui tet t i.

Ogni elicot tero aveva un punto cieco,diret tamente sotto di esso. Se fosse passatosopra la casa, invece di procedere in cerchio...

Crag cercò nello spogliatoio uno specchiet to euna lima per unghie. Con quest i oggett i salì la scalache conduceva alla botola del tet to, aprì un poco losportello e lo puntellò con la lima. Dall'elicot tero nonavrebbero sospettato niente vedendo uno sportelloleggermente socchiuso; molt i lasciavano la botolaappena accostata durante la stagione calda.Alcuni, però, durante quelle nott i afose, preferivanodormire sui terrazzi. Crag mosse lo specchio invarie direzioni per scrutare i tet t i delle casecircostant i. Non vide nessuno. Probabilmenteavevano rinunciato a dormire all'aria aperta a causadel fast idioso ronzio dell'elicot tero. In questosenso, la presenza dell'apparecchio si dimostrava

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un vantaggio per lui. Inolt re, il frastuono dei motoriavrebbe coperto qualsiasi alt ro rumore.

Crag seguì nello specchio i moviment idell'elicot tero. Volava a una trent ina di metri sopra iltet to della casa del giudice. Seguiva quasicostantemente una rot ta circolare at torno allacasa, ma di tanto in tanto, per variare la monotoniadel giro, o per cambiare angolo di osservazione, ilpilota disegnava nel cielo un ot to, passando soprala casa. Ma ogni quanto? Crag controllò a lungoquei giri: un percorso a ot to dopo quattro circolari.Questo significava che l'elicot tero era guidato dalpilota automat ico e che lui poteva contare sullaregolarità di quest i giri.

Mentre l'apparecchio disegnava l'ot todiret tamente sopra la sua testa, lui avrebbe potutosaltare senza essere visto, e avrebbe avuto iltempo necessario, una volta appeso alla grondaia,di introdursi at t raverso la finestra aperta prima chel'elicot tero fosse di ritorno. Bisognava agire moltorapidamente. Misurò a occhio il numero dei passinecessari per raggiungere l'orlo del tet to e pensòche la rincorsa che gli era consent ita gli avrebbe

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permesso di fare un salto di circa quattro metri. Seaveva sbagliato i calcoli... pazienza.

Contò t re giri a ot to, e giudicò che il momentomigliore per part ire sarebbe stato quando avessesent ito il rumore dell'elicot tero arrivare da dietro. Almomento stabilito, part ì di scatto.

Fece come aveva deciso. Lasciò cadere labotola alle sue spalle, fece sei passi e saltò. I suoipiedi toccarono il tet to pochi cent imetri olt re ilbordo. Si afferrò con la mano destra alla grondaia esi lasciò cadere. Raggiunse con i piedi il davanzaledella finestra, e un secondo dopo era al sicuroall'interno della casa. Un salto che solo un acrobatae Crag avrebbero potuto fare. Si fermò un at t imodietro la finestra per accertarsi che l'elicot terocont inuasse i suoi giri come prima, e che il pilota nonavesse tolto il comando automat ico per scendere,cosa che avrebbe senz'alt ro fat to se avessenotato qualcosa di sospetto.

Non pensava di t rovare poliziot t i nella casa, mapotevano esserci dei servitori. Prima di muoversi,aspettò che gli occhi si abituassero all'oscurità.

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Uscì dalla stanza in cui si t rovava e raggiunse lascala. Scese al secondo piano. Non c'erano luci, eproseguì la discesa. L'atrio del primo piano eradebolmente illuminato, e una luce filt rava da sottouna porta.

Si avvicinò e restò in ascolto. Udì la voce diOlliver e quella di una donna, ma non riuscì a capirequello che stavano dicendo.

Il fat to che insieme al giudice ci fosse una donnafece esitare Crag. Tuttavia Olliver gli aveva dettodi venire, e probabilmente lo stava aspettando. Seuna donna era con lui, con ogni probabilità era unapersona di fiducia. Forse la Capo TecnicoPsichiatra.

Crag aprì la porta, ed entrò deciso.

Il giudice era seduto dietro una pesante scrivaniain mogano. I suoi occhi si spalancarono alla vista diCrag.

«Maaa... come avete fat to, Crag? Non avreipensato che i poliziot t i volessero perquisire e

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sorvegliare la casa prima della let tura dellasentenza. Ma hanno insist ito. Credevo che vi fostenascosto e che mi veniste a cercare solo fra unasett imana o due.»

Lo sguardo di Crag passò dal giudice alla donna.Forse non l'avrebbe riconosciuta se non fosse statoper i capelli rosso rame, adesso non più copert i dalberret to della divisa. E per la voce. Suonavadivert ita, quando si rivolse all'uomo dietro lascrivania.

«Ti avevo detto che sarebbe venuto questasera, Olliver, e tu hai riso. Tocca a me ridereadesso.» Rise, in modo gradevole. «E non glichiedere come ha fat to a entrare. Non te lo dirà.Perché dovrebbe farlo?»

Era incredibilmente bella. La divisa con cuil'aveva vista la prima volta non gli aveva impedito divalutarne le forme perfet te, ma l'abito cheindossava adesso ne metteva indubbiamente inrisalto la figura perfet ta. Portava una camicettamolto scollata e quasi t rasparente; la gonna erainvece lunga e opaca, ma prima di arrivare alle

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ginocchia modellava le anche e le cosceavvolgendole stret tamente, come il fodero avvolgela lama di una spada. Il t rucco discreto e lamancanza di occhiali facevano risaltare molto di piùil suo sorriso affascinante. Gli occhi scrutaronoCrag, osservandolo at tentamente dalla testa aipiedi.

«Chi lo avrebbe mai detto, vedendovi con ivest it i che vi passa l'amministrazione dellecarceri?» La frase, detta con tono spontaneo escherzoso, non avrebbe offeso nessuno.

Eccetto Crag. La guardò freddamente, poi sirivolse a Olliver. «Dobbiamo proprio parlare allapresenza di questa donna?»

«Sì, Crag, deve restare. È molto importante peri miei piani... per i nostri piani. Ma è meglio che vipresent i. Questa è Judeth, mia moglie.»

«Se deve restare...» borbottò Crag. «Datemiqualcosa da mettermi addosso. Non voglio essereguardato in quella maniera.»

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«In quell'armadio ci sono dei vest it i» risposepiut tosto seccamente Olliver. «Siete ridicolo, Crag.Quest i non sono più tempi vit toriani. Siamo nelXXIII secolo.»

Senza dire una parola, Crag si avvicinòall'armadio e lo aprì. C'erano appese moltevestaglie da camera, e Crag ne prese una a caso,di seta marrone. La indossò accorgendosi t roppotardi, dopo aver chiuso la porta dell'armadio, chel'indumento doveva essere di Judeth. Le spalleerano stret te, e le maniche troppo corte. Olliveraveva spalle larghe e braccia lunghe. Comunque,sarebbe stato ridicolo tornare indietro per cambiareindumento, e dopo tut to una veste da camerapoteva servire indist intamente sia per uomo sia perdonna.

«Non avete paura del contagio?» Il tono dellavoce di Judeth era decisamente di scherno.

Crag la ignorò. E avrebbe ignorato, d'ora in poi,lei e tut to quello che lei avrebbe detto. Non c'eranoalternat ive: sopportare la sua presenza o perderela possibilità di guadagnare un milione di dollari. E

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un milione di dollari non doveva essere preso allaleggera.

«Sedete, Crag» invitò Olliver.

Judeth si era avvicinata, e si era seduta su di unangolo della scrivania. Lo stava guardando moltoseriamente, non più con aria canzonatoria.

Crag si accomodò, facendo in modo di avere difronte Olliver e di non dover guardare sua moglie.

«Vorrei chiedere una cosa» disse. «Parlavate sulserio, oggi pomeriggio? E avete il milione?»

«Parlavo seriamente» rispose Olliver. «Ho lamaggior parte del milione, e avrò il resto prima chefiniate il lavoro. Non c'è niente che possiate farequesta notte. Il lavoro è su Marte. Non sono soldimiei, voi capite... È un fondo che bisognaraccogliere...»

«Non m'importa di chi sono. M'importa solo chedivent ino miei. Ditemi di che lavoro si t rat ta, edatemi i quattrini per cominciare. Più presto part irà,

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tanto meglio sarà. Sono entrato questa notte epotrò anche uscire. Farò quello che deve esserefat to.»

Olliver scosse lentamente la testa.

«Mi spiace, Crag, ma non è così semplice. Primadi cominciare questo lavoro dovrete esseresottoposto al t rat tamento psichiatrico.»

4

Se Crag non avesse ripreso in tempo il controllodi se stesso, il giudice Olliver sarebbeimmediatamente passato nel mondo dei più. EJudeth lo avrebbe seguito.

La mano di Crag si fermò a due cent imetri dallatesta del giudice per due mot ivi. Primo: Olliverteneva le mani sul volto, lontane da qualunquepulsante di allarme, o dalla possibilità di impugnare

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armi. In secondo luogo, non c'era senso nel fat toche Olliver avesse corso tut t i quei rischi, lui e suamoglie, per poi vederlo mandare al manicomio,dove il suo talento e la sua abilità sarebbero stat imenomati e resi inut ilizzabili per il fine che il giudicesi proponeva, di qualunque fine si t rat tasse.

«Un momento Crag.» La voce di Judeth eratesa. Con la coda dell'occhio, Crag poté vedere chela donna non aveva mosso un muscolo. Anche gliocchi di lei erano rimast i fissi nel punto in cui lui eraseduto prima.

«Ci avreste ucciso inut ilmente, Crag. Lui nonintendeva dire quello che voi avete capito.»

La faccia di Olliver era estremamente pallida, ela voce, quando parlò, uscì roca.

«Quello che volevo dire era...»

«Sta' calmo, Ollie» interruppe brusca la donna.«Lascia che spieghi io. Quello che hai detto è statoincredibilmente stupido. Ti avevo detto cheCrag...» Fece una pausa, e quando riprese a

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parlare il tono era cambiato: la sua voce suonavaimpersonale, adesso. «Vi spiegherò io, Crag...Volete sedervi? Prometto che nessuno di noi due simuoverà. Ollie, t ieni le mani bene in vista sullascrivania e la bocca chiusa. D'accordo, Crag?»

Lui non rispose, ma indietreggiò verso laseggiola, sorvegliando entrambi. Sedette rigidosull'orlo, perché voleva essere in grado di scattarese Olliver si fosse mosso.

«Come avete capito» disse Judeth «senzabisogno di spiegazioni, ci sareste inut ile guarito. Maci sareste ugualmente inut ile come criminalericercato, a cui viene data la caccia. Lo capite?»

«Sono stato braccato alt re volte» disse Crag.«E da gente più pericolosa della polizia.»

«Vero, ma questo è un lavoro part icolare e moltodifficile. E inolt re, Olliver vi ha promesso la libertà,quella vera, non quella di un uomo braccato.»

«Intendete un cert ificato di cura falso?»

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«Naturalmente. Una partenza da zero. Neppurei vostri nemici dei bassifondi si occuperanno più divoi.»

«Non si può fare» disse Crag. «Ci hanno giàprovato.»

«Erano senza dubbio cert ificat i inventat i, senzale regolari registrazioni e firme e at testat i. Ladifferenza è solo questa: sarete realmentesottoposto alla cura... ma non verrete guarito. Saràuna finzione.» Si mosse per la prima volta, girandola testa verso Olliver. «Solo un pazzo come miomarito poteva esporre la faccenda in quel modo,rischiando di farci uccidere tut t i e due.»

La mente di Crag lavorava frenet icamente.Sembrava troppo semplice, t roppo perfet to.Chiese, benché potesse immaginare la risposta:«Dovrò essere catturato? Come potrò cavarmela,dato che in quest i casi la polizia prima spara e poicat tura?»

«Sarete catturato da noi, qui, quando avremofinito di parlare. Olliver avrà una pistola puntata

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contro di voi, quando arriverà la polizia. Nonavranno mot ivo di sparare.»

«E sarete voi a farmi la... cura?»

«Naturalmente. Non ci saranno contrat tempi osbagli. Io sono l'unico tecnico psichiatra disponibile,e il mio assistente è in ferie. Il momento è perfet to.Alt re domande?»

«Sì.» Crag la scrutò. «Come posso fidarmi divoi?»

Judeth lo guardò risolutamente negli occhi.«Dovrete, Crag. Posso capire che abbiate deidubbi e... mi spiace. So quanto vi disturbi l'ideade lla cura . Mi spiace, davvero, di avere fat todell'ironia, prima.»

«Promettete che durante il t rat tamento nonfarete niente alla mia memoria?»

«Promesso. Credetemi: neanche noi lo vogliamo.E se tentassi di cambiare qualche cosa, voi miuccidereste subito dopo. So anche questo.»

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«Voi potreste cancellarmi dalla memoria l'odio.»

«Il processo non è così selet t ivo. Lo sapeteanche voi: dovrei cancellare tut ta la vostra memoriao niente. In casi come il vostro dovremmo essere ingrado di eliminare solo le esperienze criminali elasciare intat ta la personalità. Un giorno, forse,saremo capaci di farlo, ma oggi come oggi, no.»

Crag assentì.

A questo punto Olliver, ormai t ranquillizzato,fece risent ire la sua voce. «Siete d'accordo,Crag?»

«Sì. Prendete la pistola.»

Olliver aprì un cassetto. «Rimettete la vestaglianel guardaroba. Sarebbe difficile spiegare comel'avete addosso.»

«Aspettate un momento. Perché tut ta questatortuosità? Perché non mi avete spiegato tut to nelcolloquio dopo il processo? Avreste potuto

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condannarmi alla psicoclinica. Perché la fuga e lacattura?»

«Non gli avreste creduto, Crag» disse Judeth.«Avreste pensato che sono cose che lui dice a tut t ii condannat i perché vadano fiduciosi alla cura.Comunque, qualunque cosa aveste pensato, nonavreste certo avuto fiducia di lui. Il fat to che viabbiamo fat to scappare, in un certo sensocost ituisce una garanzia. Non avremmo avutonessuna ragione plausibile di liberarvi, per poirimandarvi in clinica.»

Era sensato, pensò Crag. Olliver non avrebbeavuto bisogno di farlo scappare e, se glielo avessesolo detto, lui non gli avrebbe creduto. Si alzò inpiedi e si avviò a riporre la vestaglia.

Judeth non rise né lo schernì, questa volta.Scese dalla scrivania e si diresse verso la porta.

«Vado a chiamare le guardie» disse. «Tenetevipront i.»

Crag appese la vestaglia. Stava in piedi

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appoggiato alla parete, con le braccia alzate,mentre Olliver gli puntava contro la pistola, quando ipoliziot t i entrarono.

Non accadde niente lungo la strada mentre loriportavano in prigione, ma qualcosa di spiacevolegli capitò quando sei guardie carcerarie lo presero inconsegna e lo ricondussero in cella. Prima dilasciarlo, lo picchiarono fino a farlo svenire. Il buonsenso e l'ist into di conservazione gli consigliarono dinon reagire. Erano in sei armat i di lanciafiammeoltre che degli sfollagente di gomma che stavanousando. Crag poteva metterne fuoricombatt imento t re, forse quattro, ma le probabilitàdi ucciderli tut t i prima di venire ucciso a sua voltaerano minime. In un'alt ra circostanza, se si fossetrat tato di andare realmente alla clinica psichiatricaavrebbe reagito.

Rinvenne a notte inolt rata. Ogni muscolo delcorpo gli faceva male e a stento gli riuscì disollevarsi fino alla branda. Dopo un poco siaddormentò.

Il matt ino, dall'altoparlante, gli fu annunciato che

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la sentenza era stata pronunciata. Le guardiesarebbero venute entro mezz'ora per condurlo allaclinica. Indolenzito, si sedette sull'orlo del let to. Eranudo; la sera prima le guardie gli avevano tolto ivest it i. Ma, in un angolo della cella, gli avevanolasciato gli abit i della prigione, e lui li indossò.

Sei guardie vennero a prelevarlo. Con dieci minut idi ant icipo per potergli usare ancora un po' del lorotrat tamento. Fu una lezione meno dura della primasolo perché non volevano fargli perdereconoscenza. Quando il campanello suonò, loportarono nel laboratorio dello psicanalista al pianoinferiore, e lo legarono a una sedia. Poi uscirono.

Pochi minut i dopo entrò Judeth. Indossava ladivisa come la prima volta. Portava un paio diocchiali da sole che si tolse appena fu nella stanza.

Quando lei gli si fermò di fronte e lo guardò drit toin faccia, Judeth sorrise appena.

Crag non disse una parola.

«Non guardatemi così preoccupato, Crag. Non

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voglio psicanalizzarvi. Non toccherò la vostramente in nessuna maniera. Non collegherò neanchegli elet t rodi.»

Crag cont inuava a tacere.

Il sorriso di lei svanì. «Sapete, Crag, non avreivoluto guarirvi, anche se fosse stata una vera curapsichica. Siete un magnifico selvaggio, e io vipreferisco così. Avrei dovuto fare di voi un compitocommesso o un ragazzo d'ascensore... Credoproprio che non l'avrei fat to.»

«Slegatemi» disse Crag.

«Con la porta chiusa, e noi due soli?» Sorrise.«Non sono paurosa né diffidente, Crag, ma so cheodiate le donne. Conosco anche il vostrotemperamento e immagino come siate statotrat tato la notte scorsa. Con voi slegato dovreipesare ogni parola per evitare, per esempio, che mideste uno schiaffo... con la sinistra.»

«Come fate a sapere...?»

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«So più di quanto non crediate. Ma devo saperneancora di più. Dovrete dirmi molte cose di voi.»

«Perché?»

«Per il rapporto, naturalmente. Mi occorrel'elenco dei vostri delit t i, di tut t i quelli più gravi,come avreste confessato sotto la macchina. Equesto mi fa ricordare una cosa.» Girò at torno laseggiola, uscendo dalla visuale di Crag. Dopo unatt imo, un ronzio riempì la stanza. «Questo rumoresi sente anche dal corridoio, e non vorrei chequalcuno, passando, si accorgesse che la macchinaè ferma. Non abbiate paura, non è collegata convoi.»

Quando tornò a mettersi di fronte a lui, aveva inmano un blocco per le note e una mat ita. Prese unasedia, e cominciò l'interrogatorio. «Dove e quandosiete nato?»

«Scrivete quello che volete.»

«Crag, questo rapporto verrà controllatoconfrontandolo con i fat t i conosciut i e registrat i sul

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vostro conto. Se non è rigorosamente esatto,salterà subito agli occhi che la seduta è stata untrucco. Ci sarà un'inchiesta per vedere come mai lamacchina abbia fallito il lavoro con voi. Saretearrestato nuovamente e ricondotto qui. E io nonvoglio essere arrestata o mandata a mia volta dallopsicanalista. Il reato che sto commettendo, aquanto mi risulta, non è mai stato commesso primae non conosco quali possano essere leconseguenze. Ma voi sareste certamentepsicanalizzato. Io non posso fare più di quello chesto facendo, e voi dovete cooperare, alt riment i...Alt riment i collegherò gli elet t rodi e farò il mio lavoroonestamente. Non ho alt ra scelta. Capitequesto?»

«Va bene» disse Crag. «Cominciamo.»

«Dove, e quando siete nato?»

Crag rispose; e rispose alle alt re domande. Parlòdella sua laurea alla scuola spaziale e dei suoi primianni di pilota dello spazio.

«E la vostra carriera finì, quando perdeste la

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mano? Raccontatemi questo.»

«Sono stato astronauta per set te anni e avevo ilgrado di tenente sul Vega Terzo. Eravamo sullaTerra in quel momento; si stava preparando il razzoper un viaggio su Marte. Fu una banale disgrazia.Non uno sbaglio mio o di alt ri. Una di quelle coseche capitano. Un guasto meccanico ha fat to part ireil reat tore proprio mentre stavo verificandolo.»

«Ma hanno dato la colpa a voi?»

«Non esattamente. Ma si at taccarono alregolamento per non darmi la liquidazione. Nonsolo. Mi privarono del brevetto e del grado, efecero di me, da astronauta, un monco senzavalore.»

«Che regolamento?»

«Quello per la presenza di alcol nel sangue. Netrovarono una piccola quant ità. Avevo fat to unbrindisi di addio con un amico alcune ore prima, e cifurono persone che test imoniarono che era statoesattamente sei ore prima. Il regolamento vieta di

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bere, nelle ot to ore precedent i la partenza. Così,dato che avremmo dovuto effet tuare il decolloun'ora dopo l'incidente, mi t rovai dalla parte deltorto. E loro ne approfit tarono per togliermi unmucchio di soldi. Non potei fare nulla.»

«E dopo?»

«Oh, presentai espost i e ricorsi per un poco. Poimi stancai. Deve durare ancora per molto questastoria?»

«Un'alt ra ora. Il tempo esatto che occorrerebbeper una vera cura.»

«Le cinghie cominciano a farmi male. Non mitogliereste da questa sedia se vi dessi la miaparola di stare t ranquillo?»

«Fra un minuto» disse Judeth dopo una piccolaesitazione. «C'è ancora una domanda per ilrapporto che potrebbe farvi innervosire. Perchéodiate tanto le donne?»

«Ve lo dirò con piacere. Al tempo dell'incidente

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ero sposato, da un mese, con una ragazza di cuiero molto innamorato. Volete sapere cosa fecequando persi la mano e il lavoro?»

«Chiese il divorzio?»

«Sì. Ed era già sposata con un alt ro prima cheuscissi dall'ospedale.»

«Avete fat to qualcosa... a lei?»

«Volete dire se l'ho uccisa? La odiavo troppo pervolerla ancora vedere e toccare. Anche solo perucciderla.»

«Non volete ammettere neppure con voi stessodi essere ancora innamorato di lei, ecco tut to!»

La faccia di Crag divenne rossa, e le vene gli sigonfiarono nello sforzo che fece per liberarsi dellecinghie.

«Se fossi libero...»

«Naturalmente... Nient 'alt ro da dire su di lei,

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Crag?»

«Aveva i capelli dello stesso colore dei vostri. Edera bella come voi.» Esitò un at t imo. «No. Voi sietepiù bella, e più pericolosa.»

«Non pericolosa, Crag. Spietata. Come voi.Bene, questo è sufficiente per il mio rapporto. Nonmenzionerò vostra moglie. Ora vi posso slegare.»

Allentò le cinghie, e Crag si alzò in piedimassaggiandosi la fronte. Le cinghie che gliavevano tenuto la testa erano state le piùfast idiose. Poi si massaggiò i polsi. «C'è alt ro chevolete sapere?» chiese.

«L'elenco dei vostri reat i, per prima cosa. È unargomento che interessa in part icolare quelli dellapolizia. In questo modo, possono risolvere alcunicasi che alt riment i rimarrebbero per anni in archiviocome insolut i. Dite più che potete. Non aveteniente da perdere; e può fare buona impressione.»

«Preparatevi a scrivere parecchio» disse Cragridendo.

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«Registreremo la vostra confessione, allora.Quelli della polizia la t rascriveranno poi. Manteneteun tono di voce piat to, senza inflessioni, parlatecome foste in t rance. Se vi t rovaste sotto l'azionedella macchina, parlereste così. E sedete ancora inmodo da essere alla giusta distanza dal microfono.Pronto?»

Crag assentì, e lei fece part ire il registratoreCrag descrisse brevemente i suoi maggiori delit t it ralasciandone solo due. Erano lavori che avevacompiuto con complici che, per quanto gli era datodi sapere, erano ancora vivi. Alla fine, guardò versoJudeth e fece segno di fermare il registratore.

«Cosa devo dire sul delit to per cui sono statocondannato? Quello della n e p t h i n . Devoconfessare?»

«Credo sia meglio. Se non lo faceste,potrebbero fare ulteriori indagini. E questa è l'ult imacosa che noi desidereremmo. Vediamo, siete statosu Venere l'anno scorso?»

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«Sì.»

«Dite allora che su Venere avete comperato lanepthin, da un uomo che avete conosciuto lassù.Inventate qualche nome e qualche dettaglio; loronon potranno verificare come e quando è avvenutol'incontro. Spiegate che vi siete tenuto la droga finoa quando non avete sent ito che il prezzo di questaad Albuquerque era alto. Non avevate però nessuncompratore in vista; ne avreste cercato uno.»

Crag approvò, e disse quello che la donna gliaveva suggerito; poi Judeth fermò nuovamente ilregistratore.

«Nient 'alt ro?» domandò Crag.

«Sì. La vostra fuga di ieri. Dovete raccontarecome si è svolta. Io avrei pensato a una storiaabbastanza verosimile.»

«Qual è?»

«La guardia che avete ucciso si chiamavaKoster. L'anno scorso era barista a Chicago. Dite

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che l'avete conosciuto in quella cit tà. Dite che èvenuto nella vostra cella per aiutarvi nella fuga incambio di diecimila dollari che gli avreste dovutodare una volta libero. Voi avete accettato e lui vi haprocurato gli arnesi per la fuga.»

«E perché avrei dovuto ucciderlo?»

«Per risparmiare diecimila dollari.»

«No. Non avevo una somma simile, e non avreipotuto prometterla. La mia storia è migliore. Kostermi disse come dovevo fare per raggiungere la portacustodita da lui. Non intendeva però aiutarmi afuggire; intendeva uccidermi per far credere di averimpedito un'evasione, e ot tenere un avanzamento.Ma è stato lento nell'afferrare la pistola. Io stavosul chi vive, perché sospettavo il suo doppio gioco:gli ho strappato l'arma di mano e l'ho ucciso,colpendolo con il calcio.»

«Molto bene. Dite pure questo. Siete rapido dimente, Crag.» Fece part ire nuovamente ilregistratore per lasciare che Crag raccontasse lasua storia. «Bene» approvò poi, fermandolo.

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«Abbiamo finito. Lo psicanalista, durante questoprimo ciclo, dovrebbe avervi tolto dalla memoriatut te le cose di cui abbiamo parlato. Mi avete dettodi voi e dei vostri delit t i.» Guardò l'orologio.«Abbiamo ancora quindici minut i. È meglio che vilasciate legare alla sedia.»

«Perché?»

«Dovreste essere legato quando le guardieverranno a prendervi. E quando vi toglieranno lecinghie, è meglio che ne port iate i segni. Alt riment isospetterebbero.»

Crag sedette e si legò da solo le cinghie dellegambe, poi appoggiò le braccia alla sedia e lasciòche la donna agganciasse le alt re. Gli stavalegando il polso sinistro, quando si ricordò cheJudeth sapeva la faccenda della mano.

«Voi siete a conoscenza di questo mio segreto»disse. «Quant i alt ri lo sanno? Deve andare sulrapporto? Potrebbero obbligarmi a mettere unamano regolare.»

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«Non abbiate t imore, Crag. Nessuno conoscequesto part icolare. Forse Olliver. Dal modo in cuiavete alzato la mano per colpire, ieri not te, hoimmaginato che era appesant ita. Non ho parlato diquesto con lui e non so se ne abbia t rat to le miestesse conclusioni.»

«Bene. Cosa avete da dirmi, intanto cheaspett iamo, del lavoro che Olliver mi vuoleaffidare?»

«Lui desidera parlarvene personalmente»rispose Judeth scuotendo la testa. «Piut tosto houn'alt ra cosa importante. Devo dirvi come vi dovetecomportare dopo che vi avrò lasciato.»

«Immagino. Mansueto come un agnellino.»

«Non intendevo questo. Per prima cosa, dovetefingere di essere svenuto. Le guardie verranno aslegarvi e...»

«Mi bastoneranno ancora?»

«No. Non siete più la persona che ha ucciso uno

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di loro, e loro non hanno niente contro di voi. Voicominciate una nuova vita. Vi riporranno in unabarella, e con l'ascensore vi condurranno alla clinicadel ventot tesimo piano. Vi metteranno a let to equando vi sent irete meglio, potrete uscire.»

«Quanto tempo devo restare svenuto?»

«Basta un'ora. Qualcuno impiega più tempo.»

«E poi?»

«Fingete di svegliarvi e di essere confuso. Nonsapete dove siete né come ci siete arrivato.Sedete sul bordo del let to come se cercaste diorientarvi.»

«Cosa devo fare dopo?»

«Vi daranno istruzioni. Un'infermiera di tanto intanto vi osserverà at t raverso la porta. Quandosarete sveglio vi accompagnerà da qualcuno chepotrà darvi le spiegazioni necessarie e che vi diràquello che dovete fare.»

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«Che at teggiamento devo assumere?»

«Siate impacciato. Ed è bene che facciate moltedomande. Ma siate cortese. Accettate e seguiteogni consiglio che vi daranno. Andrà tut to bene.»

«Dove potrò incontrare Olliver?»

«Non preoccupatevi. Meno sapete su quello chevi aspetta, più naturale vi riuscirà la parte chedovrete recitare. E ricordate di controllare il vostrolinguaggio e il vostro temperamento a ogni istante.Siate prudente. Adesso fingete lo svenimento.Chiudete gli occhi e respirate profondamente e conlentezza.»

Sospettoso come era delle donne, avrebbedovuto aspettarselo, ma non ci pensò. Il bacio sullelabbra lo fece tremare. Si irrigidì ma non si mosse enon parlò. Odiava quella donna, con tut te le sueforze, ma non volle darle la soddisfazione diinsultarla, come lei certamente si aspettava. Lasentì camminare verso la grande macchina. Unprofondo silenzio scese improvvisamente. Sentìancora i suoi passi allontanarsi, poi la porta si aprì e

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si richiuse.

Solo quando sentì avvicinarsi le guardie, alcuniminut i dopo, si ricordò di quello che doveva fare. Sirilassò e cominciò a respirare lentamente eprofondamente.

Dai loro passi capì che erano solo in due, questavolta. Non avevano più paura di lui, e non locolpirono. Lo levarono dalla sedia e lo deposero sudi una barella. Fu sospinto per un trat to, ebbe lasensazione di un ascensore in discesa, poi fusospinto ancora. Alla fine venne adagiato sopra unlet to.

«È quello che ha ucciso Koster» sentì dire dauna guardia. «Vogliamo dargli una lezione?»

«A che scopo?» disse l'alt ra voce. «Non è più lostesso disgraziato. Non saprebbe mai perché lopicchiamo.»

«Sì, ma...»

«Andiamo. Ricordat i quello che ci aspetta

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questa notte. Risparmia le energie.»

Crag li udì allontanarsi.

Se non alt ro, la cura psichica che avrebbe dovutosubire presentava qualche vantaggio. Pensò in chemodo poteva misurare il t rascorrere del tempo; gliavevano rit irato l'orologio da polso insieme a tut tele alt re cose di sua proprietà. In quel momento,però, sentì bat tere le ore a un campanile. Questosemplificava le cose; non aveva che da aspettare iprossimi rintocchi per sapere quando avrebbedovuto riprendere conoscenza.

Gli fu molto difficile restare immobile durantequell'ora a causa del dolore ai muscoli, indolenzit idai due pestaggi. Aprì gli occhi al momento giusto,e sedette sul bordo del let to. Aveva cominciato amassaggiarsi lentamente le spalle, quandol'infermiera apparve sulla porta.

«Vi sent ite meglio?» chiese la nuova arrivata.

Crag si alzò con una smorfia. «Sono indolenzitoda tut te le part i. Cos'è successo? Ho avuto un

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incidente? Perché mi t rovo qui?»

«Non è successo niente di grave» risposel'infermiera sorridendo. «Volete forse riposare edormire un alt ro poco?»

«Per me va bene, penso...» disse con voceesitante. Poi si guardò e finse di essere sorpreso.«Ma... quest i non sono abit i da carcerato?Forse...»

«No, potrete uscire appena vi avranno spiegatola situazione. E per i vest it i...» Entrò nella stanza eaprì il bat tente di un piccolo armadio. Una camicia eun paio di pantaloni erano appesi agli at taccapannie un paio di sandali erano posat i a terra. «...potrete indossare questo. Se avete bisogno diaiuto per cambiarvi...»

«No» rifiutò Crag fermamente. «Ma se ci fosseuna doccia, per farmi passare un po' quest i dolori.»

L'infermiera gli indicò la porta.

«Eccola. Siete sicuro di non avere bisogno di

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aiuto?»

Crag disse che era sicuro, e aspettò fino a che ladonna fu uscita. Poi chiuse la porta d'ingresso efece una lunga doccia. Prima calda poi fredda.Indossò gli abit i che gli avevano procurato: alla fine,aprì la porta e guardò nel corridoio con aria incerta.

L'infermiera sedeva dietro una scrivania a unadecina di metri dalla sua stanza. Aveva sent ito laporta aprirsi e stava guardando. Sorrise e gli fececenno di avvicinarsi.

«Vi sent ite meglio?» domandò. «L'aspetto èott imo.»

«Molto meglio» assicurò Crag. «Ma sto cercandodi ricordare... e non riesco a capire neppure dovesono o... niente.»

«Non preoccupatevi. Adesso parlerete con ildot tor Gray.» Si alzò e fece accomodare Crag inuna piccola sala d'aspetto. Il dot tore lo avrebbericevuto entro pochi minut i. Poco dopo, infat t i, laporta d'ingresso si aprì e apparve un uomo dalla

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faccia rotonda.

«Venite, Crag» lo invitò.

Crag lo seguì nell'ufficio, e si accomodò sullasedia che gli venne offerta.

«Mi avete chiamato Crag» disse. «È il mio nome,dottore?»

«Sì. Volete un sigaret ta?» Crag ne prese una dalpacchetto che gli veniva teso, e il dot tore si sporseattraverso il tavolo per accendergliela.

«Il vostro nome è Crag» disse. «A meno che nondesideriate cambiarlo. Questo è un vostro dirit to.Potrete cambiarlo dopo che vi sarete orientato.Vedete, Crag, voi eravate un criminale; affinchépossiate vivere nella società, è stato necessario,per voi e per tut t i, che la memoria vi fossecancellata.»

«Che t ipo di criminale ero? Cosa ho fat to?»

«È meglio che non facciate mai di queste

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domande, Crag. Dovete concentrarvi verso ilfuturo, non verso il passato. Qualsiasi delit toabbiate commesso, è stato cancellato,diment icato. E non dovete sent ire rimorsi, perchévoi non siete la persona che li ha commessi. Voistate cominciando una nuova vita e non doveteniente alla società.»

«Sì, dottore» disse Crag.

L'uomo dalla faccia come una luna piena guardòalcune carte che teneva sulla scrivania.

«Siete fortunato, a ogni modo» disse. «Nonavete parent i vivent i, così non siete legato anessuno. In casi analoghi è talvolta unacomplicazione. Ma...» Sì schiarì la voce eabbandonò l'argomento. «A ogni modo, sietefortunato» riprese. «C'è qualcuno che vi offre unlavoro ben pagato, direi, dato che la cifra supera lost ipendio iniziale di un laureato. Dovrete pilotareun'astronave.»

«Astronave?» Crag non dovette simulare lasorpresa. E forse si dimostrò un po' t roppo

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sorpreso, per cui il dot tore lo scrutò per alcuniistant i.

«Sì» cont inuò il dot tore. «Vi offrono il posto dipilota su uno scafo privato. Voi siete in grado difare il pilota. Una volta avevate il brevetto di primogrado. Vi era stato tolto, ma la reintegrazione diogni licenza è automat ica per chi è passatoattraverso la cura psichica. Questo perché la vostrarevoca non era dovuta a incompetenza. Dovretefare un po' di addestramento, naturalmente.»

«Che t ipo di apparecchio?»

«Un Semi-atomico classe J-14, che portaquattro passeggeri. E il vostro principale, Crag, èuna persona molto importante. Il suo nome èOlliver. Forse è il più grande uomo di stato delSistema. Secondo il mio parere, almeno. Sietestato fortunato che si sia interessato a voi e che viabbia assunto al suo servizio. Alt riment i avrestedovuto ricominciare la vostra vita da zero, partendoda una delle categorie servili. Abbiamo più richiesteper simili impieghi di quante ne possiamosoddisfare. Naturalmente, se non desiderate

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ritornare nello spazio, siete perfet tamente libero dirifiutare. Siete un uomo libero, Crag. Vi è statoofferto un lavoro, ma non vi si ordina di accettare.»

«Lo accetterò» disse Crag. E ricordò diaggiungere: «Grazie, grazie tante.»

La faccia di luna piena sorrise.

«Non ringraziate me, ringraziate il giudice Olliver.Voi avrete una stanza e dei past i nella sua casa,così, t ra l'alt ro, non avrete la preoccupazione dit rovare un alloggio. Questo è l'indirizzo, e diecidollari.» Gli porse un pezzo di carta e i soldiat t raverso il tavolo. «Prendete un taxi, se nondesiderate camminare. Non abbiate premura,quando sarete uscito di qui.»

Crag si alzò, mise in tasca soldi e indirizzo, esalutò il dot tore.

Cinque minut i più tardi, sul marciapiedi affollato difronte al Palazzo di Giust izia, t irò un profondosospiro. Era libero.

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E affamato, maledettamente affamato. Allaprigione aveva saltato due past i. Quello della seraprima della fuga, e la colazione di quella matt ina.Adesso era quasi mezzogiorno.

Inolt re desiderava bere, bere parecchio. Ma diecidollari non sarebbero bastat i per una buona bevuta,visto che doveva anche mangiare. Desiderava unpasto abbondante, ma non di aliment i sintet icicome quelli della prigione. Così entrò nel migliorristorante che riuscì a t rovare. Quando ebbe finito,il desiderio di bere lo bruciava più di prima; pensò inche modo avrebbe potuto mettere assieme uncent inaio di dollari, ma per procurarseli c'era sempreda correre un certo rischio e non era quello ilmomento di rischiare. Avrebbe aspettato fino aquando avesse saputo da Olliver quello che dovevafare.

Ma non aveva fret ta di raggiungere il giudice.Chiamò il cameriere e ordinò un alt ro caffè e ilgiornale.

C'era solo la not izia della sua condanna alla penapsichica: nessun part icolare. Non ne venivano mai

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pubblicat i, per la verità, in casi del genere. La leggedisponeva che della persona curata tut to fossediment icato. Anche le sue impronte digitali venivanodistrut te. Poiché il recuperato non ricordava la suaident ità e i suoi delit t i, alla società veniva chiesto difare alt ret tanto.

Diede una scorsa al resto del giornale. Non c'eraniente che lo interessasse: i solit i fat t i di polit ica ealt re storie inut ili.

Improvvisamente, desiderò di muoversi perassaporare la libertà. Inolt re, camminare gliavrebbe at tenuato il dolore ai muscoli indolenzit iper le bastonate. Pagò e uscì in strada.

Prese la via più lunga per raggiungere la casa diOlliver, sia per camminare di più, sia per evitare ilquart iere marziano, quello degli astronaut i. In quelposto era t roppo facile cacciarsi in qualchepast iccio, e sebbene a lui piacessero le grane,questo non era il momento più adatto.

Camminò in fret ta, con il passo di chi eraabituato a una decina di diverse gravità. Pensava al

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milione di dollari per un solo lavoro.

L'uomo di guardia alla porta di Olliver era unbrut to ceffo come la maggior parte dei poliziot t i,ma salutò cortesemente Crag e gli aprì la porta. Ilgiudice lo stava aspettando nello studio, gli disse.Crag percorse il corridoio, ed entrò nella stanzadove era già stato la sera prima. Fu contento divedere che Olliver era solo.

«Sedete Crag. Ve la siete presa comoda, pervenire fin qui.»

Crag non rispose.

«Avete mangiato?» domandò il giudice. Cragaccennò di sì con la testa.

«Bene. Allora possiamo parlare. Ma voi non ditemai niente?»

«Quando è necessario» rispose Crag. «Adessopreferirei ascoltare.»

«D'accordo. Vi avranno detto che vi è stato

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offerto un lavoro sul mio aereo privato e penso cheabbiate accettato.»

«Sì.»

«Sapete pilotare un J-14?»

«Ho imparato su quello. Conosco bene icomandi.»

«Ott imo. Abbiamo una sett imana di tempo primadi part ire per Marte. L'astronave è ancoratanell'astroporto al molo numero novantasei; avetetut to il tempo per controllarla. Io stesso so pilotare,ma non sono mai andato nello spazio senza unapersona che mi potesse dare il cambio.»

«E quando saremo su Marte?»

«Lascerete questo lavoro per cominciare quellovero. Ve ne parlerò durante il viaggio; ne avremotutto il tempo.»

«Per i det tagli, se lo desiderate, poteteaspettare. Vorrei però sapere, in linea di massima,

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di cosa si t rat ta. Può essere che sia un lavoro cheio non voglio fare, o che io pensi di non saper fare.Anche per un milione di dollari non voglio accettareun lavoro che equivalga a un suicidio. Se dovessirinunciare, è meglio che lo faccia adesso.»

«È un lavoro pericoloso ma non impossibile.Penso che accetterete. Starò alle vostre decisioni;potrete rinunciare anche dopo aver raggiuntoMarte.»

«Aspetterò per i det tagli, ma desiderougualmente averne un'idea generale. Può darsi chevoglia fare qualche preparat ivo durante questasett imana; può darsi che mi debba procurarequalche at t rezzo speciale che posso trovare sullaTerra più facilmente che non su Marte.»

«Capisco il vostro punto di vista. Credo che lavostra idea ci potrà fare risparmiare tempo. Bene.Vi dirò ogni cosa, perché voi possiate decidere unavolta per tut te. Ogni cosa eccetto una; ma potretebenissimo decidere senza conoscerla.»

«D'accordo. Avant i, allora.»

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«Desidero che port iate via qualcosa da Menlo.»

Crag fischiò leggermente. «Prat icamente da unafortezza.»

«Sì, ma non inespugnabile per qualcuno che viprest i servizio come guardia. Ecco perché èimportante il vostro cert ificato psichico. Le personecon un cert ificato recente sono certamente onestee vengono arruolate di buon grado come guardie.Non importa quello che sono state prima, nessunose ne preoccupa o lo domanda.»

Crag sorrise. «Se non ci sono post i disponibili, iodovrò eliminare una guardia e prendere il suoposto.»

«Non sarà necessario. Menlo è isolato, ed Eisennon permette che nella fortezza vivano donne. Perquest i due mot ivi deve pagare un lauto st ipendio aquelli che lavorano per lui. Tuttavia, molt i silicenziano ugualmente. Non avrete, quindi, nessunadifficoltà a ot tenere l'impiego.»

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«L'oggetto che devo rubare è facilmentetrasportabile?»

«Potete tenerlo in tasca.»

«Ha mai tentato nessuno di portarlo via?»

«Sì. Avevo introdotto una spia a Menlo sei mesifa. Era un tecnico, non una guardia. Aiutava Eisennei suoi progett i e mi teneva informato. Gli avevoordinato di prendere quello che mi interessa,facendo a lui la stessa offerta che ho fat to a voi.Poche sett imane dopo, ho let to che era morto in unincidente. Non ho mai saputo se fosse la verità, ose fosse stato fat to prigioniero e poi giust iziato.»

«Probabilmente ha fat to scattare una trappolamortale. Ho sent ito dire che Menlo ne è piena.»

Olliver scosse la testa. «Quell'uomo non era uncriminale di professione. Non della vostra forza,almeno. Avrei dovuto accontentarmi di avere da luisolamente informazioni e non chiedergli alt ro. Daquel momento, ho cercato inut ilmente l'uomoadatto, fino a quando la set t imana scorsa non ho

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visto il vostro nome nella lista delle cause. Allora misono fat to assegnare il vostro processo. Che nedite, Crag?»

«Questo è tut to quello che devo fare? Prenderequell'oggetto e consegnarvelo?»

«Dovrete fare anche un'alt ra cosa, se possibile.Siete bravo con gli at t rezzi da lavoro? Vorrei chefabbricaste una copia dell'oggetto per lasciarlo alposto di quello vero. Sarebbe un grande vantaggio,se non si accorgessero che è stato rubato.Dovreste riuscirci.»

«Quante persone, a parte Eisen e voi, sannodell'esistenza di quell'oggetto, e del suo valore?»

«Nessuno, a quanto mi risulta, almeno fuori deiconfini di Menlo. E probabilmente pochissimi anchelì. Questo per quanto riguarda l'esistenza. Inquanto al valore, assolutamente nessuno. Credoche Eisen stesso ne ignori l'effet t ivo valore. Èun'invenzione, a suo parere, inut ilizzabile. Io vedoperò la possibilità di ricavarne la somma cheoccorre al Part ito dei Cooperazionist i per

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combattere i due part it i già esistent i: eoccorreranno miliardi.» Olliver fece una pausa, poidomandò ancora: «Che ne dite, Crag?»

«Un'ult ima domanda. Avete il milione di dollari incontant i? O devo aspettare per l'incasso che voiguadagniate quest i ipotet ici miliardi?»

«Il milione è in contant i. Non sono soldi miei, madel part ito. I miei collaboratori mi hanno messo adisposizione il capitale e tut ta la loro fiducia. Nonsono al corrente delle mie intenzioni. Come capodel part ito e come futuro candidato a Coordinatoredel Sistema, mi hanno dato carta bianca perl'impiego dei fondi. Se io potessi confidarvi a qualeimpresa vi siete associato, unendovi a me, Crag,capireste quanto sia grande.»

«Non me ne importa» commentò Crag. «Ilmilione è in contant i nelle vostre mani. Questo èquanto volevo sapere. Farò il lavoro. Adesso mioccorre qualche dollaro per le spese. Un migliaio,diciamo.»

Olliver corrugò la fronte.

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«Non vi occorre tanto, Crag. In questasett imana voi abiterete qui come mio impiegato.Ho una macchina che voi potrete usare per i viaggiall'astroporto. Per che cosa vi serve il denaro?»

«Anzitut to un guardaroba, e poi una sbronza.»

«Ho recuperato il bagaglio che avevatesull'aereo al momento dell'arresto. È nella vostracamera. Così avrete gli abit i più adatt i per quandosarà il momento di chiedere un lavoro comeguardia. Per la sbronza, invece, niente da fare. Nondovete bere fino alla fine del lavoro.»

«Avete finito? Adesso parlo io. Non prendoordini, Olliver. Sono stato in prigione per un mese, eper questo tempo non ho bevuto. Una volta part it iper Marte, non toccherò alcolici fino alla fine dellavoro. Ma nel frat tempo voglio ubriacarmi. Vipiaccia o no. Se non mi volete ant icipare i soldi, liposso trovare da solo.»

«E se combinate qualche guaio?»

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«Sono un bevitore solitario. Mi chiuderò nella miastanza, e voi potrete sprangarla dall'esterno, seavete paura.»

«Chiusa perché non possiate uscire?»

«Chiusa perché non mi venga la tentazione diuscire. Potete mettere una guardia fuori dellaporta.»

Olliver rise.

«E come spiegare questo alla guardia che credesiate stato guarito? L'uomo guari to beve solodurante i brindisi ufficiali. Una serratura vi puòcustodire bene quanto una guardia. Inolt re, non hoguardie da seminare qua e là. Comunque, va benecosì. Vi farò avere la vostra sbronza; provvedeteperò di rimanere nella vostra stanza. E soprat tut todi essere lucido al momento della partenza con il J-14.»

«D'accordo. Cinquecento dollari sarannosufficient i, dal momento che ho riavuto i miei vest it i.Ci sono servitori?»

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«Solo due. Li manderò via per un po' di giorni.Judeth e io potremo mangiare fuori. Voi comefarete per i past i? O non mangiate quando sietesbronzo?»

«Non mangerò. Dov'è la mia camera? Desiderocambiarmi.»

«Al secondo piano, di fronte alla scala. Ecco idollari. Al vostro ritorno, i servi se ne saranno giàandat i.»

Crag prese i cinquecento dollari, e salì nella suacamera. Controllò i bagagli e notò che i poliziot t iavevano rubato solo alcune piccole cose; niented'importante comunque. Era stato fortunato. Aicriminali, anche se venivano assolt i, non sempreveniva rest ituito quello che era loro appartenuto, eCrag non aveva sperato tanto. Si cambiòrapidamente e uscì. Il desiderio della baldoria eradiventato più pesante. Trovò in un negozio i liquoriche desiderava. Il prezzo era t re volte maggiore diquello che avrebbe pagato su Marte o a unospaccio per astronaut i, ma pagò i duecento dollari

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senza dire una parola.

Nella sua stanza si ubriacò. Per quel giorno e ilgiorno dopo tornò a bere ogni volta che riprendevacoscienza. Il matt ino del terzo giorno decise che neaveva abbastanza, e versò il poco liquore rimastonel lavabo della stanza da bagno. Non avevaprovato piacere nella sbronza ma aveva colmato ilbisogno psichico. Ora poteva stare senza berealmeno fino a quando non avesse potuto farlo inuna maniera più elegante.

Non era molto saldo sulle gambe, e aveva gliocchi iniet tat i di sangue, ma era perfet tamentelucido di mente. Gli sembrava però di aver visto,durante i moment i di semicoscienza, Judeth ai piedidel let to che lo guardava. Verificò subito laserratura e si rassicurò; doveva essere stata dicerto un'allucinazione, t ra le tante che aveva avuto.

Nell'atrio del pianterreno, incontrò Judeth chestava per uscire. La donna lo vide in quellecondizioni e passò olt re senza parlare. Proprioquello che Crag desiderava.

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Non trovò Olliver nello studio, così dovettelasciargli una annotazione sulla scrivania. TUTTOBENE, POTETE FAR TORNARE LA SERVITÙscrisse. Poi cercò la cucina e si preparò unaabbondante colazione. Dopo il pranzo, nella suacamera, fu colto da un profondo sonno. Si svegliò ilmatt ino dopo sentendosi molto meglio.

I giorni che seguirono li t rascorse quasiinteramente all'astroporto sul J-14 di Olliver,studiando i manuali d'ist ruzione e i libri dinavigazione spaziale che trovò nella cabina dipilotaggio. E fece lavorare molto il cervello allaprogettazione di quei piani che poteva preparare inant icipo. Lesse pure alcuni libri che avevacomperato, su Eisen e su Menlo.

Sapeva già molto, naturalmente, su Eisen. Eraun grande scienziato e un inventore famoso.Doveva essere stato colpito dalla rassomiglianzatra il suo nome e quello di Edison, uno scienziato diparecchi secoli prima. Per questa ragione avevachiamato il suo laboratorio Menlo come il MenloPark di Edison. Eisen, come Edison, era unempirico piut tosto che uno scienziato teorico. La

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sua mente pronta vedeva possibilità concrete dovealt ri vedevano solo calcoli astrat t i o equazionimatematiche. Come Edison, era un lavoratoreinfat icabile. Ma aveva fat to molto di più del suopredecessore, quanto al numero e alla portata delleinvenzioni. Ed era diventato incredibilmente ricco,uno degli uomini più ricchi del Sistema. Avrebbepotuto sostenere e comperare governi, ma nonnutriva interesse per la polit ica. Viveva unicamenteper il suo lavoro.

Menlo era una costruzione disordinata checomprendeva quart ieri residenziali e laboratori.Isolata nel deserto, il più vicino villaggio distavaparecchi chilometri, era circondata da difeseritenute inespugnabili. Questo era il luogo doveEisen lavorava, con un gruppo di dipendent i, tut t imaschi: una trent ina di tecnici e alt ret tante guardie.

Crag convenne che Olliver aveva avuto ragionenel dire che per rubare qualcosa da quella fortezzaera necessario prima farsi assumere. Anche così cisarebbero state comunque parecchie difficoltà.Forse l'impresa più difficile che Crag avesse maitentato. Ma era alt ret tanto vero che un milione di

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dollari sarebbe stato il compenso più alto mairicevuto.

In quei giorni, Crag evitava il più possibile diavere contat t i con Olliver, e specialmente conJudeth. Diede la mancia ai servitori, e si feceportare i past i in camera sua. Alt re volte rimanevaal ristorante dell'astroporto.

Dopo una sett imana bussò alla porta di Olliver.Voleva sapere se il giudice aveva deciso il giornodella partenza.

«Dopodomani» gli fu risposto. «È in ordinel'astronave?»

«Sì. Pronta per part ire in qualsiasi momento.Volete che prepari i document i?»

«Sì. Fateli preparare per le dieci del matt ino.Magari prima, se è possibile. Avete bisogno di alt rodenaro?»

«Fino a quando non ritorneremo da Menlo, nonme ne serve. Se devo prendere servizio alla

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fortezza sarò perquisito dalle guardie di Eisen. Nondesidero avere molt i quattrini con me.»

«Già, vorrebbero sapere come ne siete venuto inpossesso. È giusto. Il cert ificato psichicoperderebbe valore. Avete pensato a una storiaplausibile per spiegare perché lasciate il vostroincarico di pilota per un lavoro che vi verrà pagatomolto meno?»

«Sì. Volevo appunto accordarmi con voi suquesto punto perché possiate confermare la miastoria se dovessero fare indagini. Un uomopsicanalizzato perde a volte il gusto dello spazio;questo è quello che accadrà a me. Io mi sarò moltospaventato durante il viaggio verso Marte, e nonvorrò più riprendere a volare per un pezzo.»

«Bene, confermerò questa storia. Judeth farà lostesso.»

Crag corrugò la fronte. «Verrà con noi?»

«C'è posto. L'aereo porta quattro persone.Pensate che non vada bene?»

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«No. Però voglio che mi lasci t ranquillo. Doveteancora dirmi qual è l'oggetto che debbo rubare aMenlo. Perché non lo fate ora? Non temete, sotenere la bocca chiusa. Non andrò a raccontarlo ingiro.»

«Va bene. È un aggeggio che assomiglia a unapila tascabile, piat to, di acciaio azzurrato. Al centrodi uno dei lat i maggiori c'è una lente, però nonpotrete confonderlo con una normale pila dalmomento che la lente è verde e opaca; non puòilluminare. Potrei darvi alt re indicazioni più precise,ma non tali da permettervi di fabbricare il duplicatoin ant icipo.»

«Che, d'alt ra parte, non riuscirei a introdurre nellafortezza di Menlo. Dov'è nascosto?»

«Nella cant ina del laboratorio privato di Eisen.Non so esattamente dove, ma c'è un elenco deicassett i che si t rovano in quel luogo sulla scrivaniadi Eisen. L'oggetto è segnato sotto il codice DIS-1.»

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«Questo è tut to quello che potete dirmi?»

«Sì. E non rubate alt re cose. Può darsi che cisiano cose di valore, ma io non le voglio. Eisenpotrebbe accorgersi del furto. Quando poi avretepreso l'oggetto...»

«Lo porterò a voi.»

«Certamente. Dopo che l'avrete preso nonprovate a usarlo. Promettete questo.»

«Mi sarebbe più facile prometterlo se sapessicos'è. La curiosità è a volte più forte di me.»

«Va bene. È un disintegratore. È costruito perannullare la forza di legame degli atomi. Io non neso niente di teorie atomiche, quindi non vi possodare alt ri part icolari tecnici.»

Crag fischiò leggermente. «Un disintegratore. Evoi dite che Eisen lo considera privo di ut ilità?»

«Sì, perché la sua portata è t roppo limitata.Quel protot ipo agisce soltanto a mezzo metro di

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distanza e per aumentarne la git tata occorreaumentare il volume del disintegratore. Per averneuno che agisce a dieci metri, bisognerebbecostruirlo grande come una casa; per farlofunzionare da una distanza di cento metri, nonbasterebbe la materia prima dell'intero sistema percostruirlo, e avrebbe le dimensioni di un piccolopianeta. Inolt re, ha un'azione molto lenta. I raggidel disintegratore provocano una catena di reazioniche iniziano la loro opera solo diversi secondi dopol'emissione. No, Crag, è senza valore come arma.Siatene certo.»

«Allora, il suo valore... se ammonta a milioni didollari... deve essere nel prodotto, il neutronio. Maa cosa può servire?» Crag conosceva il concetto dineutronio, naturalmente; lo conoscevano tut t i gliastronaut i. Perfino i bambini delle elementarisapevano che alcune stelle erano fat te di materiaquasi completamente collassata che pesavadecine di tonnellate al cent imetro cubo. C'eranodelle stelle nane che, pur essendo più piccole dellaTerra, pesavano più del Sole. Ma questa materiasuperdensa non esisteva nel Sistema solare. Ilneutronio puro, la materia completamente

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collassata, sarebbe stato incredibilmente pesante,più pesante del centro di qualsiasi stella.Certamente, se lo si fosse potuto maneggiare,avrebbe potuto avere usi più interessant i che quellodi appesant ire i pezzi degli scacchi... Ma gli atomidi un oggetto collassato non sarebberosemplicemente passat i fra gli interst izi degli atomidel loro contenitore e poi cadut i fino al centro dellaTerra?

Olliver sorrideva. «Non preoccupatevene, Crag,forse potrò dirvelo più tardi, se questo sarà di aiutoai miei piani. Vi ho rivelato tut to quello che potevo,e che ho ritenuto ut ile.»

Crag assentì, ma la sua curiosità non diminuì.Che valore poteva avere un'arma che sarebbestata efficace solo a una piccola distanza? Più omeno come la sua mano, ma molto meno rapida.Bene, avrebbe avuto la risposta quando ildisintegratore fosse stato nelle sue mani, e prima diconsegnarlo a Olliver per incassare il milione.

Il viaggio nello spazio fu noioso e snervantecome al solito. Fortunatamente, il J-14 era uno

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scafo di un certo lusso e ognuno aveva una cabinapersonale. Chiuso nella propria, Crag trascorse lamaggior parte del tempo libero dagli impegni dipilotaggio in completa solitudine. Dormiva il piùpossibile. Talvolta leggeva o ascoltava leregistrazioni che aveva comperato. Con Olliverparlò solo occasionalmente, a Judeth invece nonrivolse mai la parola.

Crag riprese i comandi al momentodell'at terraggio e toccò il suolo in maniera perfet ta.Si rivolse subito a Olliver.

«Dove vi potrò incontrare?»

«Perché? Abbiamo le camere prenotate alPhobos. Verrete con noi.»

«Potevo andare dirit to a Menlo.»

«Devo prima assumere alcune informazioni.Devo sapere dell'at tuale situazione a Menlo.Restate qui per questa notte; domatt ina, potretepart ire conoscendo forse qualcosa che vi potràessere ut ile.»

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Crag acconsentì. Quando furono in albergo, andòdiret tamente nella sua camera e non uscì che ilmatt ino dopo. Era già vest ito e pronto, quando iltelefono squillò. Olliver aveva bisogno di vederlo.

Quando Crag entrò nel salot to dell'appartamentoche Olliver occupava insieme alla moglie, t rovò ilgiudice solo.

«Le not izie sono buone, Crag. Eisen è sullaTerra dalla metà del mese. Avrete due sett imane,prima che torni. Senza il gat to, voi, come topo,potrete ballare.»

«Chi assume il personale quando Eisen non c'è?»

«Nessuno può assumere tecnici, ma il capo delleguardie, un certo Knutson, è autorizzato adassumere personale per la vigilanza. Non mi èstato possibile sapere se al momento sono alcompleto, ma ho buone speranze; normalmente,mancano sempre una o due guardie.»

«Mi piacerebbe trovare Knutson in cit tà» disse

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Crag. «Potete descrivermelo, nel caso loincontrassi?»

«Certo. L'ho conosciuto quando ho visitatoMenlo diversi mesi or sono. È molto alto, con icapelli rossi, una cicatrice diagonale sulla guancia.Non so più quale guancia. Un t ipo arrogante. Vioccorre alt ro denaro, Crag?»

«Un duecento dollari mi farebbero comodo.Spero che tut to vada bene, ma potrei anche nonriuscire a ot tenere subito il posto.»

Olliver contò duecento dollari.

Poco dopo, mentre Crag si stava accomiatando,entrò Judeth. Gli tese la mano.

«Arrivederci, Crag. Buona fortuna.»

A Crag sembrò che la mano della donnascottasse, quando la strinse nella sua. Uscì infret ta.

Pranger, una piccola cit tà di dodicimila abitant i in

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un'alta vallata delle montagne di Sirte, era il centroabitato più vicino a Menlo. Non c'eranocollegament i aerei t ra questa cit tà e Mars City,così Crag dovette compiere il t ragit to in autobus.Non arrivò che nelle prime ore del pomeriggio. Fissòuna camera all'albergo e fece colazione, poi uscìper vedere la cit tà.

Non c'era molto da vedere. Due rust ichetaverne, pochi negozi, e le casette dei minatori.Tutt i in quella cit tà, t ranne quei pochi chelavoravano alle taverne e ai negozi, erano impiegat inella vicina miniera per la ricerca del molibdeno. Erauna cit tà povera, squallida. Ed era l'unico posto chei tecnici e le guardie di Menlo potesseroraggiungere. Non c'era quindi da meravigliarsi chesolo pochi accettassero di lavorare nella fortezza.

Non st imò opportuno andare diret tamente achiedere lavoro. Se l'impiego gli fosse statorifiutato, avrebbe perso tut te le probabilità, e nonavrebbe avuto più una scusa valida per t rat tenersiin quel luogo. Sarebbe stato più convincentecercare di conoscere Knutson e fare in modo chefosse lui a offrirgli il posto.

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Verso sera, vide un uomo alto, rosso di capelli,passare davant i all'albergo. Uscì subito in strada.Non era riuscito a vedere la cicatrice, ma era certoche si t rat tava di Knutson. L'uomo che stavaseguendo era vest ito meglio dei minatori; equando, entrato dietro di lui in una taverna, gli videla cicatrice, fu certo di non aver sbagliato. E capìche quel t ipo era molto più prepotente di comeglielo aveva descrit to Olliver. Tuttavia, pensò Crag,proprio per quel mot ivo gli sarebbe stato più facilefare amicizia con lui.

Fece in modo di sedere accanto a Knutson, econ un colpo di gomito rovesciò il bicchiere chequest i stava sollevando. Poi si affret tò a scusarsi.Doveva agire con molto tat to, perché più tardiavrebbe dovuto mostrare a Knutson il suocert ificato psichico, e non doveva fare niente chepotesse far nascere sospett i sull'autent icità deldocumento. Un uomo sottoposto alla c u r a sidifende solo se viene at taccato e messo disent inella può at taccare gli alt ri per ot temperare alsuo dovere, ma non è mai gratuitamenteaggressivo o provocatorio.

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Poco dopo Crag, simulando un gesto distrat to,urtò nuovamente il braccio del capoguardiafacendogli rovesciare il contenuto del bicchiere.

Questa volta non si scusò, anche perché non neebbe il tempo. Indietreggiò di una decina di passisot to la violenza del pugno che l'alt ro gli avevaprontamente sferrato in pieno viso. Ripresel'equilibrio e avanzò. Colpì di destro, mentre con lamano sinistra si limitava a ripararsi, e ingaggiòquello che si può definire un buon combatt imentosenza però colpire t roppo duramente. Si lasciòbattere, ma non in maniera vergognosa, anche se inqualsiasi momento avrebbe potuto mettere fuoricombatt imento l'avversario. Lottò a lungo prima dicrollare a terra.

Knutson, con la faccia insanguinata, ghignando,aiutò Crag ad alzarsi.

«Bel combatt imento per uno della tua taglia,amico!» esclamò. «Accident i, mi stavi quasibattendo... Ti voglio pagare da bere.»

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Crag rise a sua volta e lasciò che Knutson lotrascinasse al suo tavolo e che ordinasse da bereper entrambi.

Più tardi, dopo che ebbe spiegato alcapoguardia quello che stava facendo a Pranger,Knutson gli disse: «Sent i, amico, uno che sacombattere come te non dovrebbe infognarsi nellaminiera. Perché non vieni a lavorare a Menlo?»

«Certo, perché no!» Crag avrebbe lavoratovolent ieri per il suo amico! Dopo avergli chiestoquello che aveva fat to in passato, Knutson allibìalla vista del cert ificato di rieducazione psichica.

«Accident i! Questa sì che è una buona cosa... edi due sole set t imane, poi! Possiamo evitare diperdere tempo a chiedere informazioni sul tuoconto. Cos'hai fat to in quest i quindici giorni?»

Crag glielo disse, e il capoguardia decise che ilmatt ino seguente avrebbe telefonato al giudiceOlliver, al Phobos, per le referenze. Se il giudiceavesse confermato il cert ificato psichico, Cragsarebbe stato assunto, e avrebbe potuto

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cominciare subito il nuovo lavoro.

«Non paghiamo di più che alla miniera» gli disseKnutson «ma il lavoro è facile e pulito. In realtà, nonsi fa proprio niente, a patto di rimanere svegli e diguardarsi at torno. Sei d'accordo?»

Crag era d'accordo.

5

Crag avrebbe potuto ot tenere il lavoro in manierapiù semplice, naturalmente, ma era stato moltomeglio così. Era amico di Knutson. L'unico modo difarsi amico un prepotente è quello di bat tersi conlui, in un combatt imento in piena regola, e lasciareche vinca lui. In quest i casi, se vincete vi fateodiare, e cedendo troppo facilmente ci guadagnatesoltanto il suo disprezzo.

Come amico di Knutson, Crag ot tenne quello che

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desiderava. Avrebbe pattugliato l'interno di Menlo,non la cinta periferica. Sarebbe riuscito a conoscereogni stanza del posto, eccetto quelle private diEisen, tenute sbarrate quando lo scienziato eraassente. Oltre che le serrature, Crag si convinseche ci dovevano essere anche molte t rappole per icuriosi. Neppure Knutson o Cambridge, ilcapotecnico, e gli uomini più vicini a Eisen,conoscevano il modo di entrare. E anche quandoEisen era presente, si poteva accedere alle stanzesolo dietro suo invito part icolare.

Crag impiegò tre giorni e t re nott i per studiare laposizione di ciascuna guardia in ogni momento, pernotare di che genere fossero gli ostacoli, persapere quali fossero le abitudini generali. Una felicescoperta gli risolse uno dei maggiori problemi cheavrebbe dovuto affrontare in seguito. Al terzopiano dell'edificio era situato un piccolo museo diarmi primit ive della Terra. Crag pensò che una diqueste, quando fosse venuto il momento, glisarebbe stata ut ile per fare uscire il disintegratoreda Menlo. Proprio quello di cui aveva bisogno.

La sera seguente, mentre erano a cena nella

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sala da pranzo, Knutson domandò a Crag: «Tipiacciono i combatt iment i? Di boxe intendo.»

«Certamente» rispose Crag.

«Questa sera ce ne sarà uno maledettamentebuono a Mars City: pesi welter. Vuoi venirlo avedere per televisione nel mio appartamento?»

«Sicuro.»

«È alle set te. Vieni nella mia camera. Se tudovessi arrivare per primo, comportat i come sefossi a casa tua.»

Crag fece in modo di arrivare molto presto, sicomportò proprio come se fosse a casa sua, estaccò i fili del tubo catodico del televisore. QuandoKnutson arrivò, alcuni minut i più tardi, e accesel'apparecchio, sullo schermo non apparveassolutamente nulla. Knutson armeggiò un po' conle manopole e imprecò.

«Credo di essere capace di aggiustarlo» disseCrag. «Nessuno lavora nel laboratorio in questo

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momento; scendiamo e vedrò se mi riesce diripararlo.»

Nel laboratorio, Crag levò l'apparecchio dallacassa e cominciò ad armeggiarvi at torno. Ma alcuniminut i dopo le set te, Knutson divenne impaziente.

«St iamo perdendo il combatt imento, Crag.Andiamo nel salone a vederlo sullo schermo grande.Questo lo potrai aggiustare più tardi.»

«Vai pure avant i, Knutson. L'ho quasi riparato epreferirei finire. Ti raggiungerò prima che ilcombatt imento sia finito.»

Raggiunse infat t i Knutson prima che ilcombatt imento fosse finito, e l'apparecchio erastato riparato. Ma nelle tasche di Crag eranonascost i alcuni piccoli oggett i che gli sarebberostat i necessari. Una pila e un rivelatore di circuit i;entrambi piccoli, ma perfet tamente efficient i.

La notte seguente, Crag si avvicinò alla portaprincipale dell'ufficio di Eisen con il rilevatore, perscoprire come funzionassero i segnali di allarme.

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Non entrò nella stanza perché voleva avere adisposizione un'intera notte per farlo: una notte incui non dovesse premere pulsant i in determinat iedifici a determinate ore. Il giorno dopo, Cragconvinse Knutson ad assegnargli un turno di giorno.

La notte seguente, non appena poté agire consicurezza, isolò i t re circuit i di allarme e siintrodusse nell'ufficio dello scienziato. Aveva cinqueore a disposizione. Per prima cosa, ispezionòminuziosamente l'ufficio e il laboratorio at t iguo perscoprire alt re t rappole o allarmi. Ne isolò alt ri t re.Stava passando a esaminare la porta blindata delsot terraneo, quando sulla scrivania di Eisen notò unoggetto che gli fece nascere l'idea che gli risparmiòmolto tempo di esperiment i. Era una calamita aferro di cavallo, un oggetto innocuo usatoapparentemente come fermacarte; ma se fossestato qualche cosa di più? Se fosse stato la chiavedi una serratura magnet ica, per esempio?

Ispezionò la superficie della porta metallicacent imetro per cent imetro. Non vi erano incrinature.L'acciaio era perfet tamente levigato. C'era solo unpiccolo segno lasciato da una mosca, quasi al

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centro della porta, ma... ma non c'erano mosche suMarte. Inolt re, l'impronta non si staccava neppureraschiando. Provò la calamita in varie posizioniat torno al punt ino, e quando i due poli si t rovarononell'esatta posizione, la porta si aprì. Nella nuovastanza c'erano un cent inaio di cassett i tut t inumerat i. Crag ritornò alla scrivania di Eisen, efrugò in un piccolo classificatore posto in un angolo,seguendo le indicazioni fornitegli da Olliver. Trovò infret ta il numero del cassetto che gli interessava.

Un at t imo dopo, il disintegratore era nelle suemani. Non c'era da sbagliarsi, era come Olliver loaveva descrit to. Assomigliava esattamente a unapiccola torcia elet t rica, anche più piccola forse diquella che aveva preso nel laboratorio. Solo che lalente era verde e non trasparente. Crag chiuse ilcassetto, e stava richiudendo anche la portaquando si ricordò del duplicato. Aveva tut to iltempo per fabbricarlo e poteva seguire il consigliodi Olliver. Sapeva che se Eisen avesse volutoprovare il disintegratore, avrebbe scoperto lasost ituzione; tut tavia c'era da sperare che facessesolo delle ispezioni senza provare il funzionamentodegli apparecchi.

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Trasportò il disintegratore nel laboratorio privatodi Eisen e cominciò il lavoro. Lo scienziato nonavrebbe potuto at t rezzare il suo laboratorio inmodo migliore per i ladri che intendevano duplicare ipiccoli oggett i da loro rubat i. Se avesse avuto deltempo a disposizione, probabilmente Crag avrebbepotuto smontare il disintegratore per farne un veroduplicato funzionante. Ma si accontentò di farneuna copia solo esternamente perfet ta. Si assicuròdi non aver lasciato il più piccolo segno del suopassaggio, e che tut t i gli at t rezzi fossero al loroposto. Mise il duplicato nel cassetto e richiuse laporta. Ricollegò gli allarmi nello studio e nellaboratorio, poi at tese dietro la porta, nell'oscurità,fino a che non udì passare le guardie nel loro giro dironda. Dieci minut i dopo, la porta era nuovamenteuna trappola mortale, e lui era in salvo nella suastanza. Nell'ufficio e nel laboratorio non avevalasciato t raccia della sua presenza... a meno cheEisen non provasse ad azionare il disintegratore onon avesse l'elenco di tut t i i pezzett i di metallocontenut i nei cest ini dei rifiut i.

C'erano alt re cose da fare, ma potevano

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benissimo aspettare fino al matt ino. Ora dovevadormire almeno un paio d'ore.

Portare il disintegratore fuori delle mura eral'impresa più importante del giorno seguente. E lapiù facile.

Durante il suo giro di ronda, Crag salì nel museodelle armi primit ive al terzo piano. Prese un robustoarco e una pesante freccia. Vicino alla punta diacciaio, legò saldamente il disintegratore e scoccòla freccia at t raverso la finestra, olt re la barrieraelet t rica, in modo che cadesse in un burrone fuoridalla vista di Menlo. A meno che non si fosse rot totoccando il suolo (ma lui lo aveva avvolto in unaspessa tela) il disintegratore era salvo. Avrebbepotuto recuperarlo con comodo. Si fermò un at t imonel laboratorio principale, mentre i tecnici erano acolazione, e rimise a posto la pila, il rivelatore e glialt ri oggett i che aveva prelevato.

Ma non volle destare sospett i con azioniprecipitose. Era pericoloso dare nell'occhio con unmodo di agire incongruo per un uomo che avevasubito il t rat tamento psichico. Scelse la via

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migliore. Il matt ino seguente, finse di avere un fortemal di testa e vert igini. Knutson lo accompagnòall'infermeria e lo lasciò solo per andare a cercareun tecnico che aveva nozioni di medicina. Crag neapprofit tò per frugare t ra i medicinali e inghiot t iredue farmaci: la belladonna e un catart ico di rapidoeffet to.

«Sembra febbre lunare» disse il tecnicoesaminando le pupille contrat te di Crag. «L'avetemai avuta prima?»

«Non posso ricordare. Può risultare dal miocurriculum.»

Il tecnico si rivolse a Knutson.

«Se è questo t ipo di febbre, avrà degli at tacchifra poche ore. Sarebbe meglio mandarlo a MarsCity per le cure. Non possiamo curarlo nella nostrainfermeria, né fare le analisi del caso. Potrà part iredomani, quando avrà superato il primo at tacco.Passeranno diversi giorni prima che sopravvenga laseconda crisi ed è durante questo periodo chebisogna fare le cure per questa malat t ia.»

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Crag peggiorò durante la giornata; ma il matt inodopo si sentì meglio. Knutson gli portò la paga, eper facilitargli la partenza si disse disposto a noneffet tuare le perquisizioni dei bagagli. Craginsistet te perché venisse fat ta. Non voleva esseresospettato in futuro per qualche cosa mancante daMenlo. Rifiutò anche l'offerta di Knutson che lovoleva accompagnare a Pranger in elicot tero.Camminare, disse, gli avrebbe giovato.

Non appena le mura di Menlo scomparvero allasua vista, Crag nascose il suo sacco, e siincamminò per un sent iero che scendeva al burronedove era caduta la freccia. Recuperò ildisintegratore, e seppellì la freccia nella sabbia.

Non volle provare il disintegratore così vicino aMenlo. Olliver non gli aveva detto se l'arma erasilenziosa. Raggiunse il punto dove aveva lasciato ilbagaglio, poi tolse l'arma di tasca. Mirò verso uncespuglio a pochi metri di distanza e premettel'interrut tore. Non accadde niente. Si avvicinòallora, con prudenza, e quando fu a circa cinquantacent imetri di distanza vide i contorni del cespuglio

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farsi nebulosi; poi tut to scomparve. Non erarimasta alcuna traccia del cespuglio sulla sabbiadalla quale era nato.

Olliver non aveva ment ito circa la naturadell'invenzione né sulla limitazione della suaportata. Quest 'arma poteva essere molto ut ile achi volesse, per esempio, far scomparire il corpo diun uomo, ma qualsiasi alt ra, anche un coltello, eramolto più efficiente nell'uccidere. A Crag nonsembrava che quell'oggetto potesse valere unmilione di dollari; ma quello era il prezzo che Olliversi era detto disposto a pagare.

Quella sera, a Mars City, Crag fece quello chedoveva fare affinché il suo alibi reggesse. Si recòalla clinica e aspettò che lo specialista lo visitasse.Non era una febbre lunare, secondo lui; i sintomiavrebbero dovuto essere different i. Convennequindi con il dot tore che sarebbe ritornatoall'insorgere di una nuova crisi.

Poi parlò per telefono con Knutson. Gli riferì lenovità come gli aveva promesso. Non volevainimicarsi il capoguardia. Il milione di dollari non era

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ancora nelle sue tasche.

Knutson cercò di convincerlo: voleva chetornasse a Menlo e vi rimanesse finché la febbrenon fosse riapparsa: ma Crag disse che preferivarestare per qualche tempo a Mars City. Sarebbestato meglio avere la clinica a portata di mano, perogni evenienza.

Poi chiamò l'hotel di Olliver.

«Parla Crag» disse. «Tutto fat to.»

«Magnifico, Crag! Potete venire subito?»

«Avete i soldi?»

«Qui? No di certo. Li avrò domani pomeriggio.»

«Allora vi telefonerò domani sera.»

«Un momento, Crag. Dove siete?...»

Crag aveva già riagganciato.

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Il pomeriggio del giorno dopo, Crag ritelefonò.

«Non togliete la comunicazione. Ascoltatemi»disse Olliver. «Tutt i quei soldi in contant i sonodifficili da racimolare. La maggior parte dei mieideposit i è sulla Terra. Sto cercando...»

«Quanto siete riuscito ad avere?»

«La metà. Mi occorrono un paio di giorni per faretrasferire il resto.»

«Bene. Se avete la metà posso avere fiducia peril resto. C'è qualcuno insieme a voi?»

«Solo Judeth. Potete venire subito?»

Crag disse che poteva, e li raggiunse dopocinque minut i.

Olliver, la faccia tesa dall'ansietà, lo fece entrarenella camera.

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«L'avete portato?»

Crag assentì, e si guardò at torno. Judeth eravest ita in maniera più vistosa di come l'aveva vistala prima volta nella casa di Olliver, ad Albuquerque.Stava distesa su un divano, e lo guardava conespressione indescrivibile.

Olliver si voltò verso di lei.

«Devo fidarmi della sua parola che ha con sél'oggetto. Vuoi portare il denaro, cara?»

Judeth andò nella stanza accanto, e ritornò conuna cassetta piena di denaro che porse a Crag.

«Contateli. Sono cinquecentomila.»

Crag li ripose nella sua borsa.

«Se ho fiducia in voi per quello che ancora midovete, mi posso fidare anche per questo. Bene,Olliver, questo è il vostro aggeggio.»

Le mani del giudice t remavano visibilmente

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quando prese il disintegratore.

«Bel lavoro, Crag. Pensate che scopriranno cheavete preso questo oggetto da Menlo?»

«Non lo scopriranno mai; a meno che Eisen noncerchi di provare il duplicato che ho lasciato alposto di questo. Dunque, il secondo mezzo milionequando lo posso avere?»

«Sedete, Crag» disse Olliver, accomodandosi asua volta sul divano accanto alla moglie. «Lasciateche vi spieghi parte dei miei piani, e che vi facciauna proposta. Primo: io vi posso dare il resto deisoldi vent iquattr'ore dopo che saremo arrivat i sullaTerra. Non avrò che da cambiare in contant i alcuniinvest iment i.»

«Benissimo. Quando intendete ritornare sullaTerra?»

«Part iremo domani. Ma faremo tappa in un alt roposto, prima di toccare la Terra. Per questoviaggio occorrerà una sett imana. Ed ecco laseconda parte della proposta. Perché non venite

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con noi?»

«Dove vi fermerete?»

«Nella zona degli asteroidi. Nel punto più vicino.Desidero at terrare su di un piccolo asteroide.»

Crag assentì, lentamente. Era meravigliato dinon aver pensato a una cosa così semplice. Olliver,con il mezzo che lui gli aveva procurato, avrebbepotuto ridurre il neutronio a una formamaneggevole. Disintegrando un piccolo asteroide,lo avrebbe ridot to a minerale puro, di dimensionitanto piccole da poter essere t rasportatosull'astronave, e di peso tale da permettere chequesta at terrasse, senza sfasciarsi. Semplice,avendoci pensato. Come mai Eisen non l'avevafat to? O forse non vedeva l'ut ilità del neutronio?

«Va bene» disse Crag. «A che ora voletepart ire?»

«Vi è comodo verso mezzogiorno?»

«Quando volete. Ci incontreremo all'astronave. È

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ancora al solito posto?»

«Sì. È rifornita di carburante e pronta per ildecollo. Sono contento che veniate con noi. Hoqualcosa di veramente importante da dirvi, edurante il viaggio sarà possibile. Ci vediamo domaniall'astroporto.»

Quella sera, Crag fece ancora in tempo adepositare in due different i banche la somma cheaveva ricevuto. Poi t rascorse la serata pensando avarie cose, e meravigliandosi, fra l'alt ro, di averagito in quella maniera. Non aveva fiducia in Olliver,per la semplice ragione che non aveva mai avutofiducia in nessuno.

Era possibile che Olliver lo avesse invitato a quelviaggio per riavere il mezzo milione e risparmiarel'alt ra metà. E che valore potevano avere per lui icinquecentomila dollari al sicuro in una banca, se poiOlliver lo avesse ucciso? Doveva far sapere aOlliver che aveva depositato la maggior parte deisoldi. Sì, doveva prendere questa precauzione, eforse anche alt re che gli fossero venute in mente.Per il momento, era meglio dormire... la notte porta

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consiglio.

Scrollò le spalle: forse si stava preoccupandotroppo. Probabilmente Olliver non avrebbe tentatodi ucciderlo; doveva sapere che se avesse fallito ilcolpo, non sarebbe vissuto a lungo. Dormì bene.

Stava controllando il J-14, quando arrivaronoOlliver e Judeth. La donna entrò immediatamentenella sua cabina per cambiarsi l'abito con la tuta peril viaggio. Olliver sedette sul sedile del secondopilota, accanto a Crag, e si appoggiò all'indietro.

«Dove andiamo?» domandò Crag.

«Semplicemente al punto più vicino della zonadegli asteroidi. Una volta arrivat i, dovremo soltantotrovarne uno della grandezza adatta.»

«Uno che non pesi olt re la mezza tonnellata»disse Crag. «Se intendete portarlo con voi, questoè il massimo che la nave possa portare. Ointendete alleggerire lo scafo gettando qualcosanel vuoto?»

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Olliver rise. «Non ho intenzione di gettare nientefuori bordo. Ma sono sorpreso, e piacevolmente,che abbiate il coraggio di venire con me in questoviaggio. Chiunque alt ro avrebbe potuto immaginareche avrei tentato di abbandonarlo nello spazio perrecuperare i miei soldi.»

«Ho preso le mie precauzioni» borbottò Crag.

«Non ne avevate alcun bisogno, Crag. Questo èun affare enorme, e se vi affiancate a me, potretediventare molto importante. Un milione di dollari nonè niente al confronto. Avreste molto di più di unamanciata di denaro. Avreste il potere.»

«E voi?»

«Avrò ancora più potere. Più di quanto ogniuomo ne abbia avuto in tut ta la storia del genereumano. Avrò... Bene, non voglio dirvi i part icolarifino a quando non saremo giunt i nella zona degliasteroidi, voglio essere sicuro di due cose. Crag,che ne pensate di Judeth?»

«Che importanza ha?»

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«Desidero saperlo.»

«Io odio le donne.»

«E forse Judeth più di ogni alt ra?»

«No» rispose Crag. «Perché?»

Olliver si strinse nelle spalle. «Diment icate quelloche ho detto. Bene, giacché siete al posto dipilotaggio, possiamo benissimo part ire.Decolleremo a mezzogiorno in punto. Queste sonole coordinate. Vado ad avvert ire Judeth di legarsialla cuccetta.»

Uscì dalla doppia porta della cabina, e pocodopo ritornò per assicurarsi al sedile del secondopilota.

«Judeth è a posto» disse. Poi aggiunse,pensoso: «Una bellissima donna, e anche moltobrillante. Non avere mai fiducia in una donna moltobrillante! Questo l'ho imparato a mie spese. Che nepensate, Crag, di quello che ho detto?»

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«Non vi ho seguito. Tenetevi pronto. Mancanocinque secondi, quattro, t re, due...»

Crag trovò il viaggio noioso. Così dovevapensare anche Judeth, che restò per la maggiorparte del tempo chiusa nella sua cabina. SoloOlliver sembrava impaziente. Era in preda a unamalcelata eccitazione che lo rendeva irrequieto eincapace di stare seduto o di concentrarsi. A voltesembrava perso nei sogni dai quali usciva condifficoltà se gli veniva rivolta una domanda.

Infine, giunsero vicini alla zona stabilita. Cragaveva decelerato, regolando la velocità e ladirezione dell'astronave in base a quella degliasteroidi. Alcuni erano già visibili at t raverso gli oblò.

«Di che grandezza lo devo scegliere?»domandò.

«Come? Oh, non ha molta importanza.Cinquecento tonnellate. Della grandezza di una

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casa circa.»

«Non lo potremo portare con noi. Anche ridot todal disintegratore, sarà sempre troppo grande.»

«Non andiamo per prenderlo. Solo per provare.»

«Allora perché non sceglierne uno più grande?Possiamo atterrare su Cerere. Ha un diametro diot tocento chilometri.»

«Occorrerebbe troppo tempo, Crag. Ildisintegratore non provoca una reazioneistantanea, ricordatelo. Se i miei calcoli sono esatt i,occorrerà circa un'ora per ridurre un asteroide delledimensioni che vi ho indicato.»

Crag ricordò che gli erano stat i necessari alcunisecondi per disintegrare il cespuglio, e gli sembròragionevole l'idea di Olliver. Non aveva detto aOlliver di avere già provato il disintegratore,disobbedendo ai sui ordini.

C'erano asteroidi tut t 'intorno a loro. Erano visibiliat t raverso gli oblò, a una distanza di un chilometro

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o due. Crag li osservò e diresse lo scafo su unodella grandezza richiesta da Olliver. Cominciò ladifficile manovra per affiancarlo e seguirlo nella suacorsa.

Olliver osservava, senza fiato.

«Ci siete riuscito, Crag!»

Crag spense i motori. L'astronave e l'asteroide,tenut i insieme dal piccolo campo gravitazionale,avrebbero cont inuato il loro cammino at t raverso lospazio, fianco a fianco, fino a quando i motoridell'astronave non fossero stat i di nuovo accesi.Olliver batté una mano sulla spalla di Crag.

«Bel lavoro. Mett iamo gli scafandri, ora.Avviserò Judeth.»

Anche se uno solo doveva lasciare lo scafo per laprova, tut t i avrebbero dovuto indossare loscafandro. Il J-14 non era munito di compart iment istagni. Per fare uscire qualcuno era necessariosvuotare l'intero scafo dell'aria, e riformare poil'atmosfera una volta rinchiusa la porta. Solo allora

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si sarebbero potut i togliere gli scafandri.

Crag stava indossando il casco trasparente,quando Judeth uscì già pronta dalla sua cabina.

«Tutto a posto?» chiese Olliver. «Allora cominciola decompressione.»

Udivano la voce di Olliver at t raverso la radio deiloro caschi.

«Volete scendere anche voi?» chiese ancoraOlliver.

«Non vorrei perdere lo spettacolo neppure per unmilione di dollari» disse Judeth, e Crag assentì.

Olliver osservò l'indicatore di pressione e dopoqualche minuto annunciò. «Siamo pront i.»

Spinse la leva che azionava il meccanismo dellaporta, poi si assicurò agli st ivalet t i le suole dipiombo che dovevano permettergli di stare inposizione eret ta sull'asteroide. Spiccò un piccolobalzo e si t rovò sulla superficie del piccolo astro.

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Era buffo vederlo camminare su un piano oppostoal pavimento dello scafo.

Poco prat ico delle manovre di ancoraggio nellospazio, Olliver non aveva portato con sé la corda e ipesi per fissare l'astronave all'asteroide. Per ladiminuzione del peso e per il contraccolpo dovuto alsalto, lo scafo si staccò violentementedall'asteroide. Se fosse stato solo, Olliver avrebbedovuto saltare rapidamente verso la nave primache si allontanasse troppo.

Crag lo chiamò, e gli lanciò una corda. Olliver t iròa sé lo scafo, fino a che fu nuovamente a pochicent imetri dall'asteroide. Questa volta, però,l'astronave fu ormeggiata saldamente.

Crag saltò dall'apparecchio e Judeth lo seguì.

Olliver stava camminando rapidamente versol'estremità opposta dell'asteroide. Prima di seguirloCrag stet te un at t imo a guardarlo. Il tempo e la suarelazione con la distanza erano strani su un mondocosì piccolo. Percorrendo trenta metri si potevapassare dalla notte al giorno e poi tornare ancora

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nella notte. L'astronave era ancorata sulla linea delt ramonto, e Olliver era dalla parte opposta, versol'alba.

«Si comincia» stava dicendo il giudice. Crag capìche aveva puntato il disintegratore verso lasuperficie dell'asteroide e che stava premendol'interrut tore.

Quell'arma avrebbe realmente disintegrato, sidomandò Crag, un oggetto di quella grandezzacome aveva dissolto il cespuglio su Marte? Perchéno? Il disintegratore produceva una catena direazioni capace di at t raversare qualsiasi materia.Buon Dio, pensò Crag, cosa sarebbe accaduto sequando aveva provato l'arma l'avesse tenuta piùvicina al suolo? Si sarebbe forse avviata unacatena di reazioni che avrebbe lentamentedistrut to il pianeta Marte? Perché no, se riusciva adistruggere un asteroide come quello? Ladifferenza era solo quest ione di dimensione, e ladimensione non conta, in una reazione a catena.Sentì un brivido al pensiero del rischio da luiinvolontariamente corso... il rischio di distruggerenon solo se stesso ma un intero pianeta, causando

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la morte di quasi cinquanta milioni di abitant i.

Olliver stava tornando verso di loro. Judeth glimosse incontro e Crag la seguì. Si fermarono alcentro della parte illuminata dell'asteroide. Olliverstava chino verso terra, e Crag si chiese se ilgiudice stesse applicando il disintegratore in unalt ro punto. Ma Olliver stava semplicementesegnando il suolo con un cent imetro e un pezzo digesso.

«Così sapremo immediatamente quandocomincia a rimpicciolire... se rimpicciolirà. Se quest idue segni si avvicineranno, vorrà dire che hafunzionato.»

«E poi? Non sarebbe meglio dirigerci verso lanave prima che l'asteroide sparisca, e noi con lui?»

«Non c'è nessuna premura. Abbiamo almenomezz'ora di tempo.»

«E poi?» disse ancora Crag.

«E poi... aspetteremo. Mi sembra che quest i

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segni siano più vicini, ma dobbiamo esserneassolutamente cert i. Poi vi informerò. Guarda...»Prese Judeth per un braccio. «Guarda, mia cara,guarda, non sono più vicini? Non si sono ristret t i?»

«Io... io credo di sì. E l'orizzonte mi sembra piùvicino.»

Olliver si alzò guardando verso l'orizzonte.Judeth si voltò verso Crag, i suoi occhi lo fissavanoin maniera strana.

Crag ebbe l'impressione che la donnadesiderasse fargli una domanda, ma che nonosasse formularla e che cercasse la rispostafissandolo negli occhi. Quello sguardo lo imbarazzò.

«Io penso...» stava dicendo in quel momentoOlliver. «Ma perché penso? Un alt ro minuto eavremo la certezza.» Poi, con voce molto piùcalma: «Sì, quest i segni si sono avvicinat i di circaun cent imetro. Funziona.» Si allontanarono di alcunipassi e fissò gli occhi su Crag. «Crag, quel vostromilione di dollari è cartaccia. Volete diventare il miouomo di fiducia? Il secondo uomo dell'intero

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Sistema solare?»

Crag lo guardava senza rispondere. Pensavache Olliver poteva essere diventato pazzo. Edevidentemente gli si potevano leggere in faccia ipensieri, perché, dopo averlo guardato, Olliverscrollò la testa, dicendo: «Non sono pazzo, Crag.E non conosco nessun importante uso commercialedel neutronio... Quella era una menzogna.Ascoltate quello che vi dico. "Uno di quest i piccolioggett i nascosto su ogni pianeta abitato, e messoin modo da poter essere azionato per mezzo di unradiocomando da qualunque posto in cui io mitrovi..." Questo è tut to ciò che occorre. Se ildisintegratore può distruggere un asteroide comequello sul quale ci t roviamo, potrà disintegrare alt ripianet i, di qualsiasi grandezza. Una reazione acatena non fa differenza fra una nocciolina e unpianeta.»

Crag lo guardò allibito. Era stato proprio stupidoa non averlo immaginato.

«Al punto in cui siamo, posso dirvi tut to»cont inuò Olliver. «Io non rappresento nessun nuovo

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part ito. Erano solo scuse. Ma d'ora in avant i, unavolta collocat i quest i ordigni su ognuno dei pianet iche mi interessano, non ammetterò più l'esistenzadi alcun part ito. Ci sarò soltanto io a governare. Maavrò bisogno di aiuto, naturalmente. E voi sieteproprio l'uomo che vorrei avere al mio fianco adispetto di...»

Improvvisamente rise, e la sua voce cambiò.«Judeth, mia cara, è inut ile che t i affanni.»

Crag si voltò verso la donna e vide che, estrat todalla tasca del suo scafandro un piccololanciafiamme, lo stava puntando contro Olliver.

«Ho pensato che fosse venuto il momento in cuiavrest i mostrato il tuo vero volto, cara. E hopensato che lo avrest i fat to proprio su questoasteroide. Alcune ore fa, prima dell'at terraggio, hotrovato nel tuo scafandro quel giocattolo, e ne hotolto la carica. Avant i premi il grillet to. Lo stai giàpremendo, forse?»

Era proprio quello che la donna stava facendo.Crag poté vedere che il grillet to era completamente

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schiacciato contro l'impugnatura, e la canna erapuntata verso Olliver. Crag notò che il volto diJudeth era pallido, alterato dalla rabbia più chedalla paura.

«Va bene, uccidimi» disse a Olliver. «Maqualcuno t i fermerà in qualche modo. Non potrairealizzare quello che desideri senza distruggerealmeno un pianeta per dimostrare che non staibluffando. Milioni di vite... miliardi, se fosse la Terrail pianeta da distruggere! E distruggendo la Terra,ucciderai t re quart i del genere umano per governarequei pochi che si salveranno. Devi essere pazzo,Olliver.»

Il giudice rise. Impugnava anche lui unlanciafiamme, adesso, e indietreggiò di qualchepasso, in modo da poter tenere gli alt ri due sotto laminaccia dell'arma.

«È una spia, Crag. Una spia dei Guild. Lo so damolto tempo, e l'ho tenuta con me. Mi ha sposatoperché desideravano che mi spiasse. Bene, io l'hopermesso, come ho permesso che fingesse diaiutarmi. Solo Dio potrà aiutare lei, adesso.

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Prendetele la pistola dalle mani, Crag.»

Era un ordine senza senso, dato che l'arma erascarica. Ma Crag capì che Olliver voleva metterloalla prova. Voleva capire se era con lui o contro dilui.

Crag esitava. Possibile che Olliver intendesserealmente conquistare l'intero Sistema e fare di lui ilsuo braccio destro? Ma lui, Crag, desiderava poi lapotenza al punto di volerla conquistare al prezzodella distruzione di uno o più pianet i? Uccidere unuomo, o anche più di uno, era una cosa - lui neaveva uccisi parecchi - ma distruggere un pianeta,annientare intere popolazioni...

«Allora? Sto aspettando la vostra decisione,Crag» incalzò Olliver. «O brucerò anche voi. Hocapito benissimo che siete innamorat i l'unodell'alt ra; il fat to che abbiate finto di odiarla mi harivelato la verità. Bene, Crag. Voi potrete averla,se è lei che volete. Ma sarà morta quando lastringerete fra le braccia. Con me, avrete un potereche vale più dei miliardi di dollari.» Rise. «E tut te ledonne che desiderate.» L'asteroide era visibilmente

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rimpicciolito. Olliver si t rovava ora più vicino a loro,benché non si fosse mosso.

«Dunque, Crag?» chiese il giudice, muovendoalcuni passi indietro per ristabilire la distanza disicurezza.

Se il guanto del suo scafandro non glielo avesseimpedito, Crag avrebbe potuto staccare la mano dimetallo e tentare di colpire Olliver prima che ilgiudice avesse la possibilità di premere il grillet to.Ma, così come stavano le cose, c'era un solotentat ivo da fare. Se i riflessi mentali della giovanedonna fossero stat i rapidi quanto i suoi, sarebberoriuscit i a sopravvivere. Si voltò verso Judeth eallungò il braccio come per prendere la rivoltella chelei teneva ancora stret ta. Le diede invece unospintone urlando: «Nella notte!»

L'urto la fece indietreggiare di alcuni passi.L'ult imo, quello necessario perché si venisse atrovare olt re l'orizzonte, fuori della mira dellanciafiamme, Judeth lo compì da sola. Crag sigettò di fianco dall'alt ra parte. E come avevasperato, la fiamma che scaturì dall'arma di Olliver

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non li raggiunse. Una frazione di secondo dopo,erano entrambi immersi nell'oscurità. Salvi, almenoper il momento.

Attraverso la radio del loro elmetto, udironoOlliver bestemmiare. Un at t imo dopo lo sent ironoridere.

«Siete uno stupido, Crag. Rinunciate a unaofferta come quella che vi ho fat to... per unadonna, e per fare l'eroe per pochi minut i!» Riseancora, e la sua risata questa volta suonòveramente divert ita.

«È un mondo piccolo, questo, Crag. E diventeràsempre più piccolo. Per quanto tempo credete dipoter rimanere nascosto?»

Crag non rispose. Guardò nelle tenebre perabituare gli occhi alle quasi totale oscurità.Un'oscurità rot ta appena dal debole riflesso degliasteroidi gravitant i in orbite parallele alla loro. Neosservò uno in part icolare. Sembrava che siandasse avvicinando. Diventava a poco a poco piùgrande.

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Poi i suoi occhi scrutarono l'orizzonte, ora moltoridot to. Nessun segno di Olliver. Da quella parte,non sarebbe venuto. Non avrebbe tentato dipenetrare nelle tenebre dove, immediatamente, sisarebbe sent ito come un cieco. Potevanaturalmente tornare all'astronave e abbandonarli.Ma Crag era quasi certo che non l'avrebbe fat to.Avrebbe voluto avere la soddisfazione di essere luia ucciderli. Crag lo sent iva. Aspettava, perraggiungerli, che l'asteroide rimpicciolisse tanto danon potere più offrire alcun riparo.

Ma dov'era Judeth? Guardò at torno. Si era forsediret ta verso l'astronave nella speranza di salire abordo?

Crag si voltò per assicurarsene, e imprecò.L'astronave, illuminata dal sole, brillava lontano. Siera staccata dall'asteroide, e appariva ora assaipiccola, data la distanza. Non erano stat i usat i imotori, era stata semplicemente spinta via.

Olliver era forse part ito lasciandoli a morirelentamente per l'esaurirsi della riserva d'aria negli

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scafandri?

Un improvviso ruggito di rabbia, scaturito dallaradio del suo casco, gli diede la risposta. Olliver eraancora dalla parte dell'asteroide, e aveva notatoproprio allora che l'astronave si allontanava.

In quel momento, una mano si appoggiò albraccio di Crag, e la voce di Judeth gli disse: «Mispiace, Crag. Ho dovuto mandarla via. Nonavevamo speranza di salire a bordo. Il portello eradalla parte del giorno, e lui...»

«Aspettate» disse Crag.

A tastoni nell'oscurità, cercò l'interrut tore dellaradio sullo scafandro della donna, e lo chiuse.Chiuse anche il suo. Poi si chinò in avant i fino a che ilsuo casco toccò quello di Judeth.

«Possiamo sent irci perché i nostri caschi sono acontat to, e Olliver invece non può sent irci. Voi micapite?»

«Sì» la sua voce era debole, ma non

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spaventata. «Cosa ci importa di Olliver? Moriremotutt i. Mi spiace, Crag.»

«Dove avete messo il lanciafiamme?»

«Nella tasca. Ma è scarico.» Crag lo prese e losoppesò. Era di poco più leggero della sua armapreferita che lo scafandro gli impediva di usare.Pensò che sarebbe stato capace di lanciare l'armacon una discreta forza.

«Aspettate qui» disse stringendole dolcemente ilbraccio.

Si voltò dirigendosi verso la parte illuminata.L'asteroide rimpiccioliva rapidamente. Misuravacirca sei metri di diametro, adesso. Dovetteaccovacciarsi per non sporgere la testa olt re lalinea dell'orizzonte. Quando si t rovò a un solopasso dalla linea della luce, si alzò di scatto con ilbraccio teso, pronto per il lancio.

Olliver stava girando su se stesso per osservareda tut te le part i. Il lanciafiamme volò at t raverso lospazio e giunse a segno. L'elmetto di Olliver andò in

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frantumi.

Crag trasse un profondo sospiro e si avvicinò.Aprì poi l'interrut tore della sua radio e chiamò.

«Judeth. È aperta la vostra radio? Mi sent ite?»

«Sì, Crag.»

Stava arrivando.

Guardò a terra il corpo di Olliver e rabbrividì.

«Era un cane rabbioso, Crag. E tut tavia non nesono stata sicura che all'ult imo momento, dopo chesiamo atterrat i qui. Lo sospettavo, ma non neavevo la certezza.»

«È vero che eravate una spia del part ito delGuild?»

«No. Né di nessun alt ro. Mi sono innamorata dilui e l'ho sposato t re anni fa. E avevo fiducia nel suonuovo part ito che avrebbe messo fine allacorruzione e mandato al potere un governo

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decente.»

«Lo amavate ancora?»

«Non più. Da alcuni mesi. Da un anno, forse, edal momento in cui ho cessato di amarlo, hocominciato a sospettare. Ma sono rimasta con luiperché, se i miei sospett i si fossero dimostrat ifondat i, potevo cercare di fermarlo. E ringrazioIddio per averlo potuto fare. Avrebbe distrut to lamaggior parte dell'umanità al solo scopo dicomandare su quel poco che si sarebbe salvato. Viconsiderate un criminale, Crag, ma siete un angeloal suo confronto.» Si voltò per guardare la piccolaastronave. «Non c'è speranza che la possiateraggiungere e ricondurre indietro?»

«No. Potrei saltare nello spazio, ma le possibilitàdi raggiungerla sono una contro un milione.»Raccolse il lanciafiamme che era caduto a Olliver.«Se fosse stata una pistola razzo avrei potutousarla per dirigermi nello spazio... ma non lo è. Unafiammata non serve a niente. Quindi...»

«Crag, dobbiamo distruggere il disintegratore.

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C'è solo una minima probabilità che i nostri corpivengano rit rovat i. Ma se questo accadesse,verrebbe trovata anche l'arma, e qualcunopotrebbe avere la stessa idea di Olliver.»

«Giusto.» Crag si chinò a frugare nelle taschedello scafandro di Olliver. «Penso che illanciafiamme potrà fondere il disintegratore... macredo che sia meglio usarlo una volta prima didistruggerlo. Questo asteroide sta diventandotroppo piccolo per noi e non è necessario che ci sialui ad affollarlo.»

Tenne il disintegratore sopra il corpo di Olliver, elo azionò.

«Non desideriamo la sua compagnia, vero?»

«Crag, vorrei chiedervi di usarlo anche su di me,fra pochi minut i...»

«Fra pochi minut i? L'aria degli scafandridovrebbe bastare per un'alt ra mezz'ora. Perchétanta fret ta?»

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«La mia riserva è quasi finita, Crag. Forse Olliverha manomesso anche il serbatoio, quando ha toltola carica del lanciafiamme. Ha forse immaginatoche mi sarei ribellata quando avrebbe esposto i suoipiani; anche se non era del tut to convinto che iofossi una spia.»

«Capisco» disse Crag.

Già fat icava a respirare. «Crag, userete ildisintegratore, vero?» gli domandò. «Doveteprometterlo. Non è bella da vedere un donna mortaper asfissia...»

«D'accordo.»

«E... ho paura, Crag. Volete abbracciarmi?»

Crag la prese tra le braccia. Non l'aveva maiodiata davvero, dopo tut to. Judeth si strinse a lui. Ilsuo respiro era diventato un rantolo penoso. Lariserva d'aria si stava esaurendo rapidamente.

«Addio, Crag. Non voglio costringervi adascoltare la mia agonia» disse ancora. Poi chiuse la

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radio.

Meno di un minuto dopo, il suo corpo si afflosciòfra la braccia di Crag. Lui la posò delicatamente sulsuolo, e come lei aveva desiderato usò ildisintegratore. Questa volta però non stet te aguardare. Poi depose a terra la terribile arma e lescaricò addosso il lanciafiamme riducendola a unamassa informe di metallo fuso.

L'asteroide era diventato ormai t roppo piccolo,ma Crag, per alcuni minut i ancora, cercò dimantenersi eret to, guardando le stelle chebrillavano nell'immenso cielo nero. Respirava condifficoltà. Anche l'ossigeno del suo scafandro eraquasi esaurito. Gli rimanevano forse soltanto unadecina di minut i di vita. Judeth si doveva esseresbagliata pensando che la sua riserva d'aria fossestata deliberatamente manomessa da Olliver.Quest i non avrebbe avuto mot ivo di ridurre anche lariserva di Crag. Probabilmente tut t i gli scafandricontenevano una razione ridot ta di ossigeno solo acausa della negligenza di qualche inserviente.

L'asteroide non misurava più di un metro di

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diametro, e Crag fat icava a stare in piedi. Si misequindi a sedere.

Poi divenne ancora più piccolo, e Crag non potépiù stare su quello che era stato un asteroidegrande come un palazzo.

Lottò per respirare e si preparò a morire. Erasolo, ma questo non importava. Lui era semprevissuto solo.

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Teneva in una mano il piccolo mondo, grandecome un'arancia. Rise quando riuscì a infilarselo intasca. Pensò a quelli che gli avrebbero trovatoaddosso una palla di pochi cent imetri e che pesavamigliaia di tonnellate. Ammesso che qualcunotrovasse il suo corpo...

Scivolò in un'oscurità nera come il cielo che locircondava, ma non punteggiata di stelle e morì.

6

At t raversando il milionesimo Sistema solare, nongli era accaduto niente di insolito. E cosa poisarebbe potuto accadergli? Quel sistemasembrava in tut to uguale a ogni alt ro.

Sorpassò due freddi pianet i gigant i. Poi neincontrò uno con un anello intorno. Ne aveva giàincontrat i molt i, e sapeva come si formavano.

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Attraversò l'orbita di Giove. Ma in quel momentoGiove era dall'alt ra parte del Sole, alt riment i, fra legrandi lune del pianeta avrebbe potuto t rovare ciòche da tanto tempo aveva cercato senzainterruzione: una forma di vita come la sua.

Verso il lontano Sole giallo, c'era la zona degliasteroidi. Una massa di rocce in apparenza uguali alui, ma sostanzialmente diverse. Rocce senza vita,senza pensiero, non sensibili. Alcune molto piùgrandi di lui, alt re più piccole. In una zona simile aquella, per lungo tempo, era stato un asteroidecome tant i, fino a quando capitò la reazionemolecolare che, miliardi di anni prima, gli avevafornito la conoscenza e lo aveva differenziato daglialt ri ammassi rocciosi.

Questa zona, pensò, si era formata nello stessomodo di quella in cui era nato. Poi,improvvisamente...

A un solo secondo luce di distanza, provenientedalla parte più interna di quella zona, percepìqualcosa. Qualcosa di confuso e turbato, e tut tavia

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qualcosa di vivente, che doveva possedere il donodella conoscenza. Un alt ro essere simile a lui. Oesseri. Sembrava ce ne fosse più di uno.

Rapido, si tuffò nello spazio libero, e quasiistantaneamente riapparve in un alt ro punto, a diecichilometri da dove aveva avvert ito quella stranasensazione.

Era un piccolo asteroide. Gli si avvicinò, regolò lasua velocità su quella del masso, e mantenne ladistanza, per osservare. Non si era avvicinato di piùnon per precauzione, ma semplicemente perché daquella distanza poteva osservare meglio che daqualsiasi punto più vicino. Poteva percepire nonsolo la forma esterna, ma anche la strut tura dellemolecole dell'asteroide, e le cose e gli esseri che vistavano sopra o nelle vicinanze.

Sapeva che era avvenuto un cambiamento nellastrut tura molecolare dell'asteroide e che una seriedi reazioni a catena lo stava distruggendo. Unacatena di reazioni che, una volta iniziata, non sisarebbe arrestata se non quando l'asteroide fossestato ridot to a una piccola massa di materia morta.

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La cosa però non destò il suo interesse. Gli eranofamiliari simili reazioni; lui stesso le potevaprovocare o arrestare.

Né lo interessò l'oggetto at taccato con unacorda all'asteroide. Benché fosse privo di vita,quell'oggetto avrebbe dovuto at t irare la suaattenzione giacché era una costruzione art ificiale.E questo significava che alt ri esseri fornit i di unamente, olt re a lui, dovevano esistere, in qualcheparte dell'universo. Ma in quello stesso postoc'erano creature coscient i, e fu su di loro checoncentrò la sua at tenzione.

Una delle creature stava in quel momentostaccando la corda che ancorava la costruzioneart ificiale dell'asteroide; poi le diede una spintamandandola lontano nello spazio.

Percepì che l'essere in quest ione, e gli alt ri dueche erano con lui, si t rovarono rinchiusi in piccolecostruzioni. Queste erano, lo capì dalla lorostrut tura molecolare, flessibili; così come i corpi cheracchiudevano. Erano corpi strani, complicat i. Ederano fragili, molto fragili. C'era un disposit ivo che

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produceva calore all'interno di quelle costruzioni, evi era pure del gas. Gas e calore sembravanonecessari a quegli esseri. Analizzò il gas: gli esserilo assorbivano, e lo esalavano poi con un minorcontenuto di ossigeno.

Gli sembrò uno strano procedimento, unasoluzione poco brillante. C'erano molt i pianet i, conatmosfera ricca di ossigeno e con una temperaturaadatta alla loro cost ituzione, su cui quest i esseriavrebbero potuto vivere senza le scatole che licontenevano. Capì però che le creaturesconosciute dovevano provenire proprio da unpianeta del genere, che forse era abitato da alt riesseri come loro. La loro presenza nello spazio,senza aria, e nel freddo, doveva esseretemporanea, e soltanto con addosso quellecostruzioni sarebbero potute sopravvivere.

Sopravvivere? Come gli era venuto un simileconcetto? La morte era stata un'idea sconosciutaper lui fino a un at t imo prima. Morire! Una cosa chea lui non sarebbe mai accaduta. Maimprovvisamente aveva capito quello chesignificava. Quelle creature che stava osservando

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vivevano per un certo periodo e poi cessavano diessere. L'aveva capito studiando il loro corpo fisico.Cominciò allora a penetrare nella loro mente.All'inizio captò soltanto una confusione di concett isenza senso. Poi a poco a poco cominciò a capire.

E infine, improvvisamente, rimasero soltanto dueesseri. Uno di loro era morto. Il suo corpo eradiventato materia senza vita. Uno dei t re avevalanciato un oggetto che aveva rot to una parterigida ma fragile dell'involucro dell'alt ro. E la morteera stata il risultato di quel gesto. Ora un alt rooggetto veniva usato per iniziare sul corpo delmorto una catena di reazioni che ne avrebberodistrut to le molecole. Quegli esseri dovevanopossedere capacità molto limitate, se occorrevaloro uno strumento appositamente costruito perfare una cosa tanto semplice!

Concentrò la sua at tenzione sui due esseririmast i. Uno dei due sembrava che provasse unacerta difficoltà a vivere. E pareva che questo fossedovuto al fat to che l'ossigeno contenuto nellascatola stesse per esaurirsi. Infat t i, quando non cifu più ossigeno, l'essere morì rapidamente.

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Il superst ite fece sparire anche il secondo corpo.

Come erano effimere, quelle creature!

Intanto, essendone rimasta una sola, i pensieriche gli giungevano erano molto più chiari. Concett itotalmente alieni, però. Con un alt ro strumento, cheproduceva fiamme, venne distrut ta la cosa cheaveva provocato la sparizione dei due corpi.

Perché? Cercò di indagare nella mente delsopravvissuto, ma vi t rovò soltanto concett iincomprensibili, dietro i quali percepì qualcosa diferoce e di selvaggio. Poi una gran calma, e poiancora la sofferenza. Infine più nulla.

Anche il terzo essere aveva cessato di vivere.

Tutto era avvenuto in maniera incredibilmenterapida. Dopo tut te le sue ricerche, dopo averefinalmente t rovato esseri come lui, li aveva persi inun at t imo. Pensò di allontanarsi per cercare ilpianeta dal quale, come aveva dedotto, quegliesseri dovevano provenire. Ma c'era qualcosa

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d'alt ro che poteva tentare, prima.

Esaminò at tentamente e con calma la strut turadel corpo dell'ult ima creatura. L'unico che non erastato disintegrato.

Studiandolo più da vicino, molte cose gliapparvero ovvie. Trovò due organi spugnosi checontenevano l'aria e individuò i muscoli che,allargando e comprimendo quegli organi, facevanoin modo che l'aria venisse accolta e poi spinta fuoriancora. Fabbricò dell'ossigeno e lo mandò nellebombole, poi riat t ivò i muscoli che azionavano gliorgani spugnosi. Cominciò il respiro.

Simultaneamente, at t ivò un organo che servivaper far circolare una corrente di liquido at t raverso ilcorpo. Dopo un po', capì che avrebbe potutosmettere di sollecitare quest i muscoli, perché ormaiavrebbero cont inuato ad agire da soli.

La parte superiore dell'essere, quella pensante,rimaneva addormentata, passiva. Ma la creaturaviveva. Cercò nel fondo di quella memoria, e t rovòcon soddisfazione che adesso, sopito il conflit to

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delle emozioni e dei pensieri di un momento prima,la sua ricerca era diventata più facile. Nella mentedi Crag trovò la soluzione della incomprensibileserie di avveniment i verificat isi sull'asteroide.Seppe chi erano stat i gli alt ri due esseri, e perchéerano venut i sull'asteroide.

Seppe ogni cosa di quello che Crag ricordavadella sua vita. E seppe cose che Crag aveva let to osent ito; cose della storia del genere umano, e dellastoria dei pianet i, e captò ricordi che la menteconscia di Crag aveva da tempo diment icato.Durante questa ricerca, conobbe Crag meglio diquanto un essere umano avesse mai potutoconoscerne un alt ro.

E durante questa ricerca, capì di non essere piùsolo.

7

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Crag si svegliò come si sveglia un animale: dicolpo, e subito con i sensi vigili. Ma c'era qualcosache non quadrava. Qualcosa di sbagliato... anzi,qualcosa di sbagliato che mancava.

Non aprì gli occhi né mosse un muscolo. Stavarespirando aria benché fosse impossibile. Eramorto proprio per mancanza di aria! Doveva esseremorto, quindi non poteva risvegliarsi.

Inolt re, era adagiato su una roccia dura, e unasufficiente forza di gravità teneva il suo scafandroaderente al suolo, tanto che poteva immaginare diessere sulla Terra. Nemmeno l'asteroide avevaavuto gravità così forte. Era forse tornato sullaTerra? Già, un'alt ra astronave poteva averloraccolto prima che morisse, e poteva essere statarimessa aria nelle sue bombole, ma... No, nonpoteva essere. Avrebbero dovuto per forzatogliergli lo scafandro prima di scendere sul pianeta.Un'alt ra cosa poteva essere accaduta: forsegiaceva nella st iva di un'astronave da trasporto cheraccoglieva materiale nella zona degli asteroidi, perl'estrazione dell'uranio.

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"No, Crag" disse una voce nell'interno dalla suamente. "Sei salvo, ma non sei né sulla Terra né suun'astronave."

Crag aprì gli occhi e guardò nello spazio; nelcielo, dove le stelle lontane brillavano nella luce delSole. Sedette e si guardò at torno. Era ancora sullasuperficie di un asteroide, ma si t rat tava di unplanetoide molto più grande di quello sul quale erasbarcato. Giudicò che misurasse circa un chilometroe mezzo di diametro. Strano che potesse avereuna forza di gravità quasi uguale a quella dellaTerra.

"La forza di gravità è art ificiale, Crag" riprese lavoce dentro la sua mente. "Ha circa la stessa forzadi quella del tuo pianeta. Ne preferisci una piùleggera? Una simile a quella di Marte?"

«Chi sei?» domandò Crag a voce alta. Per unatt imo pensò di essere realmente morto; che quellafosse un'allucinazione, una manifestazionesoprannaturale, un sogno dell'aldilà. Poi scartòl'idea. Lui respirava, pensava, vedeva. Non eramorto.

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"Io non ho nome" disse la voce. "Io sono quelloche tu credi un asteroide e sul quale stai seduto. Inun certo senso, io sono davvero un asteroide; ma diun alt ro Sistema solare, molto lontano da qui. Iosono un essere sensibile, come te"

«Vita silicea?» domandò Crag. «Ma perché haifat to...»

"È forse la vita basata sul silicio differente daquella basata sul carbonio? Ecco perché t i hosalvato... t i ho fat to ritornare alla vita. Tu sei ilprimo essere vivente che io abbia mai incontrato neimiei viaggi."

«Dunque tu vieni da lontano e mi hai t rovatodopo quanto è successo sull'alt ro asteroide?»

"Mentre stava succedendo, a dire il vero. Ma inquel momento c'era una gran confusione neipensieri che mi giungevano. Non sapevo quello chestava succedendo. Ho saputo tut to dopo, quandoho potuto leggere nella tua mente. Forse avraidifficoltà a credere a tut to questo, ma è la verità.

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Non sei morto e non stai sognando." Vi fu unabreve pausa, poi la voce cont inuò. "Lo scafandro t ista facendo male; lo hai tenuto addosso troppo alungo. Vuoi che crei un'atmosfera at torno a me cosìche te lo possa togliere per un momento?"

«Non fa niente» disse Crag. Fece per alzarsi, masi t rovò ancorato al suolo dalla tasca in cui avevamesso il piccolo asteroide disintegrato. «Homigliaia di tonnellate in tasca, con questa gravità.Puoi liberarmi?»

Non ci fu risposta, ma si sentì improvvisamentemolto leggero, quasi completamente senza peso.Tolse di tasca la piccola sfera di neutronio, e laposò al suolo. Poi si alzò. Il suo peso era tornatocome sulla Terra.

«Molto in gamba» disse. «Hai fat to tut to questosenza macchine?»

"Non sapevo che esistessero macchine fino aquando non l'ho imparato dalla tua mente. Dalla tuamente ho imparato anche..."

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«Dannazione» imprecò Crag rabbiosamente.«Vattene dalla mia mente!»

Ci fu un lungo silenzio. Poi la voce parlò ancorama questa volta Crag la sentì come un suono, unavibrazione nell'aria del suo casco.

"Mi spiace" disse la voce. "Devo avere suscitatoil suo risent imento scrutando nei tuoi pensieri. Masenza penetrare nella tua mente, non avrei potutocomunicare con te quando eri addormentato. Nonlo farò più, se non vuoi."

«Perché non mi hai lasciato morire? Cosa vuoi dame?»

"Non lo sapevo, allora. Era solo curiosità, la mia.Il desiderio di sapere qualcosa di te e della tuarazza. Questo mi ha spinto a fare quello che hofat to. Ora c'è qualche cosa di più. Desidererei latua compagnia. È un concetto che non sapevoesistesse. Ho imparato questa parola dalla tuamente; la parola amico."

«È una parola che credo di avere diment icato»

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ribat té Crag. «Non desidero amici. Lasciami solo.»

"Desideri ancora morire?"

Crag rise. «Due volte in un giorno? No, grazie.Ma come faccio a tornare su Marte? Mi hai fat totrovare su di te al mio risveglio, fammi t rovare suMarte ora. O riportami all'astronave, e ci arriverò dasolo.»

"Mi spiace che questa sia la tua decisione" dissela voce. "L'astronave è già qui. Sta ruotandoattorno a me. Vuoi che la faccia scendere?"

«Sì» rispose Crag.

L'astronave toccò leggermente il suolo accantoa lui.

Crag entrò dal portello ancora aperto, e se lorichiuse alle spalle. Azionò gli apparecchi dell'aria, equando l'atmosfera fu ricost ituita, poté togliersi loscafandro spaziale. Sedette ai comandi, e dopoaver studiato la rot ta per il ritorno su Marte, part ì.Dall'oblò inferiore, vide che l'asteroide, o quello che

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era, volava libero nello spazio.

Mezz'ora dopo, terminata la difficile manovrainiziale, si concesse un piccolo riposo, e si rilassòsul seggiolino, a pensare. Gli spiaceva veramente diessere ritornato alla vita? In un certo senso sì. Unuomo morto non ha problemi. D'alt ra parte lui avevamezzo milione di dollari nelle banche di Marte, e glisembrava sconveniente morire senza poterlispendere. Una somma simile non l'aveva maiposseduta in una sola volta. L'avrebbe spesa apiene mani.

Perché rinunciare a quella gioia? Non era ildenaro che desiderava?

O era qualcos'alt ro? Crag ricordò quei pochiminut i quando era stato solo con Judeth, dopo lamorte di Olliver... Con un'imprecazione scacciò ilpensiero dalla mente. Per quei pochi minut i eradiventato un mollaccione, ma non intendevacont inuare così.

"Salve, Crag" disse la voce nelle sue orecchie,sorprendendolo.

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Guardò da tut t i gli oblò ma non vide niente.

«Dove sei?» chiese.

"Dove mi hai lasciato. Ma fra pochi minut i saraifuori del raggio della mia voce, perciò ho deciso didirt i adesso quello che voglio fare."

«Non m'interessa» disse Crag. «Lasciami inpace. È tut to quello che t i chiedo.»

"Lo farò. Ma desidero che tu conosca i mieiprogett i. Io costruirò un pianeta."

«Bene. Vai avant i.»

"Grazie." A Crag sembrò che la voce suonassedivert ita. "Lo farò. Ti farò sapere quando accadrà.Può darsi che tu decida di venire da me. Io t iaspetterò."

«Non sprecare il fiato. Addio.» E poi: «Unmomento ancora. Sei ancora qui? Cosa vuoi fare?Creare un mondo. Ma tu non puoi creare la

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materia... o lo puoi fare?»

"Non occorre. La materia è qui. I milioni di piccoliasteroidi di questa zona erano un pianeta milioni dianni fa, prima che esplodesse. Qualche frammentoè andato perso, ma c'è abbastanza materia perfare un pianeta grande come Marte. Tutto quelloche devo fare, Crag, è di usare me stesso comenucleo, e riunire gli asteroidi tut to intorno. Sarà unmondo nuovo e selvaggio. E occorrerannocolonizzatori. Io spero, Crag, che tu decida diriunire un po' di gente come te, persone che nonsiano molli o deboli, per venire con me. Io desiderouomini che, come te, non accett ino ordini anche seio dovessi darli. Non mi piace fare il padreterno,anche se possiedo alcuni poteri che vanno olt re lepossibilità dell'uomo. Io non voglio che il mio mondovenga colonizzato da gente sottomessa."

«Molt i verranno... in cambio di una buonaricompensa, s'intende. Non saprei come convincerli,alt riment i.»

"Avrò cura di questo, Crag. Quando sarai pronto,vieni. E se conosci qualcuno simile a te, portalo.

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Sarà il benvenuto."

«Ci penserò...» disse Crag «dopo aver speso ilmio mezzo milione.»

"Questo è tut to, Crag. Arrivederci."

Immediatamente nell'astronave ci fu un senso divuoto, e Crag capì che qualsiasi proiezione di forzao di pensiero era svanita.

Era solo. Provò una strana sensazione che gliparve assurda. In tut t i gli anni vissut i ai margini dellalegge, era sempre stato solo e non aveva maisent ito il desiderio di compagnia. Erano stat i forsequei pochi minut i t rascorsi con Judeth prima dellasua morte a farlo cambiare? O era cambiato perchéera morto e poi ritornato alla vita? O forse ancoraperché una mente estranea era riuscita a leggerenel suo pensiero?

Un alt ro uomo, nella mitologia, era statoriportato indietro, alla vita. Chissà se quel taleaveva cont inuato a vivere come prima... Accident ia quella roccia pensante.

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"Perché non mi ha lasciato dov'ero? Non èsufficiente, per un uomo, morire una volta?"

I due giorni che gli occorsero per tornare suMarte gli sembrarono interminabili. Doveva frenarela sua impazienza per almeno una sett imana, senon voleva correre rischi. Sarebbe stataun'imprudenza at terrare con lo scafo di Olliver allospazioporto di Mars City, o in qualsiasi alt rospazioporto. Gli avrebbero chiesto le carte dibordo, e sarebbe stato difficile giust ificare lasparizione di Olliver e della moglie. Un'inchiestaavrebbe concentrato su di lui l'at tenzione dellaautorità, e non era il caso di farsi della pubblicità.Molto meglio lasciar credere che l'astronave con it re occupant i si fosse davvero persa nello spazio.

Atterrò all'ombra di alte dune di sabbia neldeserto della Nuova Libia. Poteva lasciare lo scafonascosto in quel luogo per anni.

Si incamminò. Gli occorsero quattro giorni per

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raggiungere la più vicina cit tà, un piccolo centro diminatori. Dichiarò di essere un cercatore minerarioe prese a nolo un grosso carro con la scavatrice.Impiegò un giorno per fare ritorno all'astronave, eun'alt ra giornata intera per smuovere da una dunatanta sabbia da ricoprire interamente lo scafo. Ilgiorno dopo ritornò alla piccola cit tà e rest ituì lascavatrice, poi comprò un bigliet to aereo per MarsCity.

Era salvo. Le sue impronte digitali erano statedistrut te e niente lo poteva collegare con il Cragche era presumibilmente morto insieme a Olliver eJudeth nello spazio. Non gli restava che aspettarela dichiarazione ufficiale della scomparsadell'astronave. Sarebbe stata diramata dopo unasett imana circa, dato che un apparecchio dellaclasse J-14 poteva portare riserve di aria e viverisoltanto per due sett imane al massimo, e per duesole persone.

Era sera quando raggiunse Mars City, ma tut t i inegozi erano apert i dato che in quella cit tà ogniesercizio rimaneva aperto notte e giorno. Dovevarinnovarsi il guardaroba e comperare un bagaglio

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per riporvelo. Non aveva voluto prendere i suoivecchi abit i dall'astronave, non gli sembravanoadatt i al suo nuovo stato di uomo ricco.

Ma era stanco di tut to. Il lavoro per nasconderel'astronave lo aveva spossato, e aveva più voglia didormire che di bere.

Si rivolse al commesso del negozio dove avevafat to gli acquist i: «Qual è l'albergo più lussuoso? Èsempre il Luxor?»

«È ancora il migliore. Hanno costruito diversialberghi nuovi nell'ult imo anno, ma nessuno è cosìcaro.»

«Volete mettere i vest it i nelle valigie e farmeliavere a quell'albergo?»

«Certamente, signore. Ma se non avete laprenotazione...»

«L'ho già fat ta» disse Crag.

Uscì dal negozio. Era tardi, ma le strade erano

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affollate come a mezzogiorno. La maggior partedei passant i, sia uomini che donne, indossavanoabit i lussuosi. Anche Crag era vest itoelegantemente, si era cambiato nel negozio doveaveva fat to gli acquist i, e indossava un completomolto più serio, anche se molto più costoso, diquant i ne vedesse in giro.

Il Luxor era a dieci isolat i di distanza, e preferìfare la strada a piedi. Pensò che camminare gliavrebbe fat to bene. Invece, ot tenne soltanto ilrisultato di sent irsi più stanco. A mezza stradapensò di prendere un taxi, poi decise di sedersi unpo' in un bar.

Mise i soldi sul banco e ordinò un highball, unavecchia bevanda alcolica di alcuni secoli prima.Sorseggiò lentamente, meravigliandosi di nonprovare nessuna soddisfazione. Non si sent ivaaffat to felice. Eppure possedeva quello che avevasempre desiderato: i quattrini. Mezzo milione didollari. Ed era perfet tamente al sicuro. Non solonon era ricercato, ma le sue impronte digitali e lesue fotografie erano state tolte dagli schedari ditut te le polizie.

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Diede la colpa alla stanchezza. Si sarebbesent ito meglio il giorno dopo.

Si guardò nello specchio dietro il bancone delbar. Da molt i secoli, i bar avevano gli specchi dietroal bancone, perché i client i vi si potesseroriflet tere... e potessero riflet tere su se stessi.

Crag guardò la sua immagine, e riflet té. Io sonoCrag, pensò. Ma chi è Crag, ora? Una volta erastato un criminale. Adesso era un uomo ricco. Unodei tant i che non avevano bisogno di rubare o diuccidere, di scappare o di nascondersi. Il suo solodesiderio era quello di divert irsi. Ma avevacominciato male: l'highball non era la bevandaadatta.

Accese una sigaret ta e aspirò profondamente.

Qualcuno gli sedette accanto. Una ragazza.

«Mi offri una sigaret ta?»

Crag le diede la sigaret ta, ma non si voltò

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neppure verso di lei. Nello specchio poteva vedereche aveva i capelli rossi, del colore di quelli diJudeth e della sua ex moglie. Ma non c'erarassomiglianza fra loro.

«Grazie» disse la ragazza. «Non mi vuoi pagarequalcosa da bere?»

Crag le passò un bigliet to da dieci dollari.

«Prendi quello che vuoi e t ieni il resto. Malasciami in pace, e stai zit ta. Per favore...»

Gli era costata poco. C'erano molte alt reragazze nel bar, e fino a quando la rossa gli fosserimasta accanto, avrebbe potuto stare t ranquillo.Se lei fosse andata via, un'alt ra gli si sarebbeappiccicata, poi un'alt ra ancora, e i suoi pensieriavrebbero subito cont inue interruzioni.

I suoi pensieri? Stava forse pensando a qualchecosa? Gli parve di avere il cervello completamentevuoto.

Desiderava dormire. Ne aveva veramente

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bisogno.

Sorseggiò il liquore tenendo gli occhi fissi sulfondo del bicchiere. Se avesse guardato nellospecchio, avrebbe visto la ragazza seduta accantoa lui, e il colore rosso dei capelli gli avrebbericordato Judeth. Ma perché non pensare a Judeth,se proprio lo desiderava? Lei era morta, e lui nonintendeva esserne addolorato. Addolorato? Comegli era venuta in mente una simile idea? Ah, ecco!Forse significava che adesso non aveva più bisognodi odiarla. Sarebbe stato inut ile... Era morta!

Inavvert itamente, alzò lo sguardo, e incontrònello specchio gli occhi della ragazza.

«Scusa se t i parlo» disse la rossa. «Mi sembricosì solo... O sei arrabbiato con qualcuno?»

Invece di rispondere, Crag finì il suo bicchiere, euscì.

Camminò fino al Luxor. Era piccolo al confrontodegli alt ri palazzi che sorgevano lì at torno.Soltanto sei piani, ma era situato al centro di un

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isolato-giardino. Erano tut te piante importate dallaTerra, non la solita rat t rappita vegetazione diMarte. Fiori ed erba erano stat i t rapiantat i.

Entrò nell'albergo e at t raversò un atriosfarzosamente decorato in oro e argento,dirigendosi al banco di marmo delle prenotazioni.

«Avete un appartamento libero?» chiese alport iere. Al Luxor si potevano affit tare soloappartament i.

Il port iere lo guardò con aria di sufficienzaattraverso gli occhiali. La sua testa era a forma diuovo, ed era calvo.

«Avete fat to la prenotazione, signor... come?»

«Esatto. Signor Come» disse Crag. «Non hofat to prenotazioni.»

«Non abbiamo appartament i...»

«Sono amico del diret tore. Se volete portargli ilmio bigliet to da visita, sono certo che

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l'appartamento salterà fuori» ribat té Cragporgendo al port iere un bigliet to da cento dollari.

Gli angoli della bocca si rialzarono, e gli occhiscint illarono dietro gli occhiali. Non erano più freddicome due chicchi di grandine.

«Sono io il diret tore» disse «il mio nome èCarleton, signor Come. Forse mi sono sbagliato.Guarderò sul registro.» Non raccolse la banconota;prese da sotto il tavolo un grosso libro rilegato inpelle di coccodrillo col quale coprì la banconota perpoterla poi nascondere in mezzo alle pagine. Dopoun at t imo rialzò la testa dal registro. «Sì, c'è unappartamento libero. Il numero quaranta.»

«È il migliore?»

«Uno dei migliori. Duecentotrenta dollari algiorno.»

«Prenderò quello» disse Crag. Tolse i soldi dalportafogli e li posò sul registro aperto. «Fate voi laregistrazione, prego. I miei bagagli sono stat ispedit i a questo albergo, ma non arriveranno fino a

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domani matt ina. Potete farli mandare sopra nonappena saranno arrivat i.»

«Certo, signor Come.» Il diret tore suonò ilcampanello, e arrivò di corsa un ragazzo.«Appartamento quaranta» disse il diret tore,consegnando la chiave all'inserviente.

Nella grandissima stanza di soggiornodell'appartamento, Crag diede la mancia alragazzo e lo congedò assicurandolo di non averebisogno di niente, per il momento. Poi restò unatt imo a guardarsi at torno. Le porte indicavano cheaveva almeno cinque camere a disposizione. Primadi prendere visione delle stanze, si diresse a unbalcone, e si fermò un momento nella fredda nottemarziana a guardare le strade fantast icamenteilluminate e i palazzi intorno all'albergo. Unquart iere un po' diverso da quello riservato agliastronaut i nella parte nord della cit tà. Inquell'albergo si sent iva molto più sicuro. Nei post ilussuosi non venivano mai fat te domande a uno chespendesse largamente, ed era d'alt ra parte moltodifficile che uno si mettesse nei past icci, se aveva isoldi che servivano per uscirne. Se uno spende

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senza lesinare, la gente immagina che si t rat t i di unimportante uomo polit ico o di un grandesindacalista che vuole mantenere l'incognito.

Ritornò nella stanza e aprì una delle porte.Conduceva a un piccolo ma fornit issimo bar.Considerò le bott iglie per qualche istante, poi siversò un sorso di woji: lo avrebbe fat to dormiremeglio di ogni alt ro liquore. E dormire era proprioquello di cui aveva bisogno. Avrebbe potuto anchedargli una momentanea felicità. Ma l'effet toimmediato fu nullo, e il sapore era amaro.

Ritornò nella sala e provò un'alt ra porta.Conduceva a una biblioteca ben fornita di libri,dischi e nastri video. Diede un'occhiata ai libri enotò che, a parte i solit i dizionari e at lant i che unviaggiatore poteva avere bisogno di consultare, glialt ri erano pornografici; questo significava cheprobabilmente lo sarebbero stat i anche i dischi e inastri. Non ne ascoltò nessuno.

Di fronte a un divano del soggiorno si apriva unadoppia porta dietro la quale c'era un grandeschermo televisivo di circa due metri per uno t

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mezzo. Crag girò l'interrut tore e sedette sul divano.Una fantasmagoria di colori apparve sullo schermo:era una rivista rit rasmessa da Londra sulla Terra.Un tenore si mise a cantare: "Dondola! Dondola!Mia piccola barca per Venere!".

Crag si alzò e spense l'apparecchio. Tornò al bare si versò un alt ro bicchiere. Questa volta volleassaggiare l'estaquil, una delle bevande più fort iricavate dalla canapa, pensando che avesse unpotere calmante. Aveva un sapore dolciastro estomachevole, e anche quello non fece nessuneffet to.

Aprì un'alt ra porta. Portava in una stanzaattrezzata per giochi di ogni genere. Lungo unaparete stavano allineate le solite macchine dagioco. Crag sapeva che funzionavano solo conposte alte e non si diede la pena di provare. Inolt renon avrebbe provato nessun divert imentoPossedeva più soldi di quelli che avrebbe potutovincere. Una era però una macchina di vecchio t ipo,funzionante con mezzo dollaro e Crag sapeva cheprobabilmente avrebbe pagato al primo colpo.Cercò una moneta in tasca, la introdusse nella

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fessura e abbassò la leva. I cilindri ruotarono, poi auno a uno si fermarono: ciliegia, ciliegia, arancia.Quattro mezzi dollari caddero nell'appositoraccoglitore. Crag si allontanò senza curarsi diraccogliere la vincita. Ritornò nella sala disoggiorno, e aprì un'alt ra porta.

Dava accesso alla camera da let to, grande quasiquanto il salone, ma arredata molto più riccamentee ben rifornita. Soprattut to il let to, largo quasi t remetri, su cui erano sdraiate, in abito adamit ico, unabionda, una bruna e una rossa. Per un istante, Cragpensò che la rossa assomigliasse a Judeth, ma poivide che non le assomigliava affat to.

Fu lei, però, ad at t irare il suo sguardo. Si rizzò asedere e alzò le braccia sopra la testa, st irandosicome un gatto e sorridendogli. «Ciao» disse. Anchele alt re si alzarono e gli sorrisero.

Crag si appoggiò allo st ipite della porta. Chiese:«Scusate la mia ignoranza, ma non ero mai sceso aquesto albergo. Fate parte dell'arredamento?»

La rossa rise. «Certo. Ma non dovete tenerci

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tut te, se non volete.» Si guardava t imidamente leunghie laccate d'oro.

La bionda sorrise e tornò a stendersi sul let to,pensando evidentemente che quella posizione ledonasse. E non si sbagliava.

La bruna gli sorrise. «Tutt 'e t re insieme, vidivert irete di più. Conosciamo tant i giochini.»

Crag disse: «Fuori dai piedi, tut te.»

Non fecero discussioni, non parvero neppureoffese o infast idite. Si alzarono con la più grandetranquillità e gli passarono davant i, entrarono nelsalone e uscirono infine nel corridoio, sempre nude,ma prive del minimo imbarazzo.

Crag rise. Ritornò al bar, dove si versò un alt robicchiere. Whisky liscio, questa volta. Dato chenessuno dei liquori lo at t irava part icolarmente,tanto valeva approfit tare della varietà.

Cominciò a centellinare il liquore, cercando di nonpensare a niente.

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Sentì bussare piano alla porta. Crag posò ilbicchiere e andò ad aprire. Era il suo bagaglio,probabilmente, anche se non si aspettava diriceverlo così in fret ta; aveva detto al port iere cheper quella sera non gli serviva ancora e che glibastava riceverlo l'indomani matt ina.

Ma il ragazzo che trovò davant i alla porta nonaveva bagaglio. Era un giovanotto molto bello,roseo e con grandi riccioli chiari.

Sorrise a Crag. «Mi manda la direzione, signore.Dato che non volete le donne, hanno pensato cheforse... Posso fare qualcosa per voi?»

Crag lo studiò at tentamente. Disse: «Puoigirart i, per favore?»

Il giovanotto sorrise con complicità e si voltòelegantemente. Aveva un posteriore bene in carnee lo agitava in modo provocante.

Crag prese lo slancio e gli assestò un grandecalcione.

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Poi chiuse educatamente la porta.

Con il bicchiere in mano, riprese a vagabondareattraverso l'appartamento, meravigliandosi che ilsonno gli fosse passato. Trovò un'alt ra piccolacamera da let to, e la stanza da bagno, con unavasca abbastanza grande da poterci nuotare. Lavasca era piena di acqua t iepida. Crag si spogliò edentrò nell'acqua. Ma uscì in fret ta quando siaccorse che l'acqua era profumata. Finì di lavarsicon il get to freddo, ma non profumato, del lavabofinché il profumo non svanì del tut to.

Indossato il pigiama entrò nella camera da let to.Ma la vista di quel let to di ebano mostruosamentegrande gli fece cambiare idea. Raggiunse la piccolacamera e si coricò. Spense la luce e cercò didormire.

Ma non gli riuscì. Si chiese se tra i liquori ci fosseanche l'armadiet to dei medicinali. Di solito nonprendeva sonniferi, ma voleva dormire. Se nonfosse riuscito a dormire, si sarebbe messo a bere,e non voleva ubriacarsi in un momento in cui era

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così stanco.

Pensò allora che la musica potesse aiutarlo.Trovò il quadrante della radio, sopra la testata dellet to, e girò l'interrut tore. L'apparecchio cominciò astrepitare. Dovette abbassare il volume a un tonosopportabile, e fece in tempo a sent ire la fine delnot iziario.

"... nella zona degli asteroidi. Gli scienziat i dellaTerra e di Marte si stanno occupando del problema,ma sono ancora lontani dal formulare una teoriaaccettabile per spiegare l'incredibile fenomenosenza precedent i. Queste le ult ime not izie delnot iziario delle ore due. Il prossimo verrà let to alletre e quindici, ora di Marte."

Crag si alzò a sedere e accese la luce. Spense laradio e sollevò il telefono accanto al let to. Unavoce ossequiosa lo pregò di at tendere unmomento, poi sentì la voce del diret tore.

«Parla Carleton. Desiderate, signor Come?»

«Ho appena sent ito» disse Crag «l'ult imo

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not iziario dalla stazione radio di Marte su qualcosache sta accadendo nella zona degli asteroidi.Potete mettermi in comunicazione con la stazioneperché mi rit rasmetta il not iziario per telefono?»

«Vedrò quello che si può fare. Vi chiameròappena avrò saputo qualcosa.»

Crag interruppe la comunicazione, e accese unasigaret ta. Dopo alcuni minut i, il telefono squillò.

«È possibile, signor Come. Ci sarà un addebito dicinquanta dollari. Va bene?»

«Sì, ma fate presto. O mi converrà aspettare ilprossimo not iziario.»

«Benissimo. Riappendete pure, prego.»

Crag posò nuovamente il microfono e aspettò. Sistava meravigliando di essersi interessato tanto econ tanta premura! Qualsiasi cosa fosse accadutanella zona degli asteroidi non doveva interessarlo.Se la roccia stava facendo quello che aveva detto,non significava niente per Crag. Un nuovo mondo!

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Accident i! Fino a quando avesse avuto quattrini,però, e occorreva molto tempo per spenderemezzo milione, si sarebbe goduto una vita comoda,e non avrebbe certo pensato a fondare una coloniadi duri su un nuovo pianeta.

Tuttavia, at tese con crescente impazienza che iltelefono tornasse a squillare.

«La stazione radio è in linea. La direzione delLuxor è felice di essere riuscita ad accontentarvi.»

Aspettò un alt ro minuto, poi udì la vocedell'annunciatore del not iziario.

"Da molte font i degne di fiducia, uno strano eincredibile fenomeno sta accadendo nella zonadegli asteroidi. Il primo rapporto è stato fat to alleore diciot to e zero minut i dal professor Bellini, unastronomo che stava osservando Cerere. Cerere èil più grande di quel gruppo di asteroidi, e ha undiametro di cinquecento chilometri!Improvvisamente, questo asteroide è uscito dalcampo del telescopio che stava seguendoautomat icamente la sua corsa. Quando

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l'astronomo, usando i comandi a mano, ha rit rovatoCerere, l'asteroide aveva cambiato velocità edirezione. Questo cambiamento è statorapidamente analizzato dai calcolatori, e si èstabilito che Cerere avrebbe cessato di seguireun'orbita parabolica. La nuova traiet toria starebbeassumendo una forma più regolare. Successivicontrolli effet tuat i dal calcolatore hanno mostratoche la variazione si accentua progressivamente.Entro quaranta ore, secondo il professor Bellini,Cerere dovrebbe seguire un'orbita perfet tamentecircolare at torno al sole.

"Dalla Luna sono stat i immediatamente avvisat igli alt ri osservatori della Terra e di Marte. Quest i, inposizione migliore per l'osservazione di Cerere,hanno confermato, dopo circa un'ora, i dat i fornit idall'osservatorio lunare. Sono immediatamenteiniziate, e sono ancora in corso, osservazioni intut ta la zona degli asteroidi. Hidalgo, un asteroidela cui eccentricità è, o meglio era, calcolata zerosessantacinque, è stato t rovatoconsiderevolmente fuori della sua orbita. Calcoli eanalisi confermano che anche questo asteroide haassunto un'orbita circolare simile a quella di Cerere.

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Hidalgo, però, ruota a una velocità superiore, e siscontrerà con l'alt ro asteroide entro pochi giorni.

"La cosa più sorprendente è che la velocità diHidalgo nella sua nuova orbita, non si puòaccordare, tenuto conto della sua massa, con lalegge della conservazione del moto. L'osservatoriodella Luna, in questo momento dalla parte oppostadella Terra, si t rova nell'impossibilità di cont inuare leosservazioni. Tutt i i telescopi della Terra e di Martesono però impegnat i in questo momento acontrollare tut t i gli asteroidi, uno dopo l'alt ro. Pareche nessuno segua più la sua vecchia orbita. Tutt itendono, o sono già inserit i, in un'orbitaperfet tamente circolare. Non c'è che unaconclusione da trarre: giacché tut t i quest i asteroidistanno muovendosi a velocità molto diverse, siscontreranno l'uno contro l'alt ro e formeranno unnuovo pianeta. Quando tut t i gli asteroidi sarannocongiunt i da questo movimento, e il nuovo pianetasarà formato, questo risulterà leggermente piùgrande di Marte.

"Astronavi stanno ora partendo dalla Terra e daMarte per poter osservare più da vicino gli sviluppi

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di questo incredibile fenomeno. Qualunque ne sia lacausa, un evento di importanza cosmica stasviluppandosi nella zona degli asteroidi. Gliscienziat i della Terra e di Marte si stannooccupando del problema, ma sono ancora lontanidal formulare una teoria accettabile per spiegarel'incredibile fenomeno senza precedent i."

Crag depose il ricevitore. Il resto lo aveva giàsent ito prima.

"Così quel piccolo demonio ha fat to davveroquello che ha detto" pensò.

Sogghignò e ritornò al bar per versarsi da bere.

Con il bicchiere in mano, uscì sul balcone e restòa guardare la luna Phobos che turbinava nel cielo diMarte.

Poi guardò le stelle, fino a che ebbe localizzato ilpiano dell'eclit t ica. Era la zona in cui gli asteroidi,t roppo piccoli per essere vist i a occhio nudo daquella distanza, si stavano riunendo, o meglio,venivano riunit i per formare il nuovo pianeta.

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Alzò il pugno al cielo. "Dannato essere" pensò"ero morto! Perché hai voluto riportarmi in vita?Morire una volta è abbastanza."

Bevve d'un fiato il liquore, e scagliò il bicchiereolt re la ringhiera nel giardino sottostante.

Tornò vacillando, non per l'ubriachezza, ma perlo sfinimento, nella piccola camera, e caddeaddormentato nel let to.

8

Crag si svegliò, perfet tamente lucido comesempre. La debole luce proveniente dall'esternonon lo ingannò. Capì che era il t ramonto e nonl'aurora. Aveva dormito quattordici o quindici ore.

Sedette sul let to e fumò una sigaret ta, poipassò nel salone. I suoi bagagli erano stat i portat i

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nell'appartamento e lasciat i dietro la porta per nondisturbarlo. Portò le valigie in camera, e scelse unnuovo abito da indossare.

Si sent iva riposato. Quello sarebbe stato ilgiorno, o meglio la notte, in cui avrebbe preso unasbronza tale da essere t ramandata negli annalidella storia. La sbronza che aveva tantodesiderato.

Ma aveva fame e avrebbe fat to meglio amangiare qualcosa, prima. Se incominciava aimbott irsi di alcol subito, non avrebbe più potutoingoiare cibo fino a che non fosse tornatocompletamente normale E nessuno avrebbe potutodire quando sarebbe stato... No, decisamente erameglio mangiare adesso.

Dapprima pensò di farsi servire il pranzo nel suoappartamento. Poi cambiò idea, e si convinse cheera meglio scendere. Il ristorante del Luxorfunzionava ininterrot tamente, e vi si potevamangiare quello che si voleva e in qualsiasimomento. Inolt re, su un piccolo palcoscenico nellasala da pranzo, vent iquattr'ore su vent iquattro si

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alternavano numeri di varietà. E Crag era curioso divedere che razza di spettacoli fossero.

Mentre Crag at t raversava l'atrio del pianterreno,la voce di Carleton lo chiamò. Crag si avvicinò.

«Posso chiedervi quant i giorni desideratefermarvi, signor Come?»

«Non so» rispose. «Pochi giorni, forse. O forseper sempre.»

«Vedo. Sono spiacente, ma devo chiedervi dipagare per il secondo giorno. Inolt re, nel vostroconto ci sono piccoli addebit i e due servizi dacinquanta dollari.»

Crag posò sul banco un bigliet to di mille dollari.«Fatemi sapere quando dovrò versarvi alt ri fondi.Uno dei servizi da cinquanta dollari è per la let turaprivata del not iziario, ma l'alt ro?»

«Il conto del giovanotto che vi abbiamo mandatoieri sera. Voi avete... ehm... approfit tato dei suoiservizi in modo inconsueto, ma non ha più potuto

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prestare servizio per un giorno e diconseguenza...»

«Giusto» disse Crag, seriamente. «E ne è valsala pena.»

Fece per voltarsi, ma l'uomo lo chiamò: «SignorCome.» Lui si voltò.

«Il Luxor si dispiace del vostro disinteresse per leragazze. O per il giovanotto nel modo consueto.Ma noi riteniamo un onore poter servire gli ospit i daigust i eclet t ici. Possiamo fornire bambini dei duesessi, o persone at tempate. E se, come forse puòessere suggerito dal modo in cui avete t rat tato ilgiovanotto, preferite la soddisfazione mediantel'applicazione del dolore, abbiamo una ben nutritascelta di at t rezzature part icolari. E persone di tut tele categorie che sono disposte, dietro corrispett ivo,a prestarsi a... ehm, quello che volete.»

«Proprio tut te le categorie?» chiese Crag.

«Tutte, signore. Il Luxor si vanta di riusciresempre a soddisfare i propri client i.»

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Crag disse: «Ho un debole per i diret torid'albergo. Potreste venire voi, di tanto in tanto. Eportate un cavatappi.»

Poi si allontanò verso la sala da pranzo. Unaragazza, con un costume così ridot to che lo siindovinava più che vederlo, lo accompagnò a untavolo libero fermandosi fino a che ebbe ricevutal'ordinazione. Crag si guardò at torno, e notò chetut te le cameriere indossavano lo stesso costumeinesistente.

Sperò che lo spettacolo incominciasse per nondover guardare le cameriere. E lo spettacoloincominciò. Ma era talmente disgustoso, che Cragpiantò tut to in asso e uscì dal locale.

Pochi isolat i più avant i, t rovò un ristorantespecializzato in cucina anziché in sesso. Ordinò unabbondante pasto che riuscì di suo gradimento.Poi, gustata una sigaret ta e un brandy, consideròse non fosse il caso di tornare al Luxor a rit irare ilbagaglio e il resto dei mille dollari.

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Ma in Mars City non c'erano alberghi chedisponessero di appartament i alt ret tanto lussuosi.Inolt re, al Luxor godeva già di una certareputazione, e se avesse detto al personale chedesiderava essere lasciato in pace, non loavrebbero disturbato. Certo era molto caro...Avrebbe potuto t rasferirsi in uno più economico,t ipo quello in cui si era fermato la notte precedentela partenza con Olliver. Ma gli alberghi di quellacategoria non avevano appartament i comodi econfortevoli come piacevano a lui. E vivere in unacamera sarebbe stato piut tosto deprimente.

Poi a cosa serviva avere quattrini se non lispendeva?

Forse non era neppure giusto che avesse tantodenaro. Un t ipo come lui era sprecato quandoaveva soldi in tasca: perdeva interesse alla vita,rimaneva senza iniziat ive.

Poteva mangiarsi tut to al gioco naturalmente.Ma gli sembrava una soluzione molto stupida. Nongli avrebbe dato nessuna soddisfazione.

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Cosa gli restava quindi da fare?

C'era una sola risposta: ubriacarsi. Bene. Cosaaspettava dunque?

Tornò all'albergo e salì nel suo appartamento.Mise alla porta un cartello con la scrit ta: NONDISTURBARE e chiuse a chiave.

Entrò nel bar e cominciò a bere. Lentamente,però. Non voleva ubriacarsi di colpo, ma gustare,assaporare, apprezzare i liquori. All'alba stavaancora bevendo. Passeggiava su e giù per il salonecome una t igre in gabbia. Riempiva e vuotavabicchieri con un ritmo quasi meccanico. Siinterruppe una volta sola, per telefonare al port iere,chiedendo che gli portassero una nuova cassetta diwoji. L'aveva finito e non voleva cambiare liquore.

Era mezzogiorno, quando la sbornia raggiunse lostato della violenza. Ruppe le macchine dei giochi,fracassò lo schermo della televisione e mandò inpezzi le bott iglie vuote.

Da quel momento non capì più niente. Si

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addormentò e si svegliò a diverse riprese. E ognivolta che riapriva gli occhi, ricominciava a bere.

Ma non era come le alt re volte. Non gli riusciva dinon pensare. Era ossessionato dal suo ricordo, eper questo cont inuava a odiarla. Il fat to che fossemorta non cambiava niente, lui l'aveva conosciuta eadesso cont inuava a pensare a lei...

Poi venne il momento in cui svegliandosi si sentìstranamente debole. Era segno che la sbronzastava passando. Chiamò al telefono il port iere.Voleva sapere che giorno fosse. E l'ora.

Era la sera di quattro giorni dopo. Fece unadoccia, si cambiò, e gli sembrò di star meglio. Lasua furia aveva provocato un bel dannoall'appartamento. Calcolò che gli avrebbero messoin conto circa duemila dollari. Ma la cosa non avevanessuna importanza. Prima finiva il mezzo milione,e meglio sarebbe stato. Riconsiderò la possibilità disprecarne una buona parte al gioco. Ma trovaregiocatori onest i a Mars City, o in qualsiasi alt rocentro del Sistema, era difficile quanto t rovare unadonna onesta. Forse non esistevano più né gli uni

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né le alt re. Forse non esisteva più nemmeno lalealtà.

Scese nella hall e incaricò il port iere di farglirimettere in ordine l'appartamento. Poi si recò alristorante dove aveva consumato l'ult imo pastoprima di incominciare la sbronza. Non aveva fame,per la verità.

Ma si sforzò lo stesso di mangiare, e alla fine sisentì molto meglio. Aveva soltanto la menteancora un poco annebbiata.

Pensò che passeggiare nella fresca aria notturnadi Marte gli avrebbe fat to bene. Non gli andava ditornare subito in albergo dove avrebbe magarit rovato gli operai alle prese con il suoappartamento. Camminò senza meta per la cit tà.Odiava sent irsi fiacco e comunque nonperfet tamente in forma.

Adesso, a stomaco pieno, poteva anchepermettersi di bere un buon liquore. Passò davant ia parecchi bar prima di scegliere quello in cuientrare. Si infilò alla fine in un locale semplice,

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vecchio di alcuni secoli e si rallegrò della sua scelta:nel bar non c'era nemmeno una donna e nemmenoun omosessuale. A un tavolo, due client i parlavanotranquillamente fra loro. Crag sedette su unosgabello al banco. Il barista, un t ipo grande egrosso, si avvicinò senza parlare. Crag ordinò unliquore per sé e chiese all'uomo di bere con lui.Quest i ringraziò e versò un secondo bicchiere persé, poi si voltò per accendere la radio.

«Ci dovrebbe essere il not iziario» disse.

Stavano trasmettendo una discussione polit ica.L'annunciatore parlava della probabilità e possibilitànelle prossime elezioni, proprio come se veramentefosse convinto di quello che stava dicendo; comese non sapesse che non c'erano né probabilità, népossibilità, che i risultat i delle elezioni erano giàstat i decisi nelle riunioni segrete t ra i leader deipart it i, e che le votazioni e il conteggio non eranoche una formalità.

Crag commentò con una parolaccia e il grossobarista approvò.

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«Sì» disse. «È una porcheria. Io speravo chedicessero qualcosa sul nuovo pianeta, ma devonoaverne già parlato prima. Comunque ho sent ito ilcomunicato di alcune ore fa e non credo siasuccesso molto da allora.»

Si voltò per spegnere la radio, ma fermò la suamano a mezz'aria.

L'annunciatore stava dicendo: "Dalla Terra. Ilgiudice Olliver è considerato disperso nello spazio.L'apparecchio privato di Olliver, un J-14, è part itoda Marte due sett imane fa per ritornarepresumibilmente sulla Terra. Lo accompagnavanonel viaggio la moglie e il suo pilota personale.L'apparecchio non è at terrato sulla Terra, né su alt ripianet i, e poiché portava riforniment i per un periodonon superiore ai dieci giorni, si può presumereche...".

«All'inferno» esclamò il barista. «Un alt robicchiere?»

«No, grazie» disse Crag. «Devo andareadesso.»

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Scese dallo sgabello e si avviò alla porta.Avvert ì uno scatto metallico e ne riconobbeistantaneamente la natura e la provenienza. Reagì.Si lasciò cadere a terra, e il colpo lo mancò. Erastato il rumore della serratura elet t rica alla portache lo aveva salvato. Era stata chiusa dal baristacon un comando posto dietro il banco.

Quello era un locale dove rapinavano i client i. Inmolt i piccoli bar dei sobborghi succedevano diqueste cose. Un cliente che fosse entrato solo in unsimile locale vest ito elegantemente, e che fossestato tanto stupido da mostrar di possedere molt iquattrini, non sarebbe uscito vivo. E Crag avevafat to tut te queste cose. Dalla posizione in cui eracaduto, vide che i due client i sedut i al tavolo nonerano più nel locale. Forse erano uscit it ranquillamente quando lui stava ascoltando ilnot iziario, o mentre parlava con il barista.

Il secondo bicchiere, offertogli poco prima, eraprobabilmente avvelenato. Poiché lo aveva rifiutatoe si era invece diret to verso la porta, il barista eraricorso alla seconda linea di at tacco: aveva chiuso

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la porta con un comando a distanza e aveva usatol'arma che teneva sotto il banco.

Notò anche l'arma che il barista aveva usato: unvecchio fucile a canne mozze. Dato che il localedoveva avere dei rivest iment i ant iacust ici,quell'arma risultava sempre una delle più pericoloseper i colpi a così breve distanza. Il barista stava inquel momento puntandolo nuovamente su Crag persparare il secondo colpo. Crag si slanciòvelocemente verso il banco, in modo che l'arma nonpotesse più venire puntata contro di lui, a meno chel'uomo non saltasse sopra il banco. Sentì che ilbarista stava aggirando il suo riparo persorprenderlo sul fianco. Crag si accovacciòtenendosi pronto a lanciare la sua solita arma.

La mano schiacciò la faccia del barista appenal'uomo apparve olt re l'angolo e prima che avesse iltempo di alzare il fucile.

Questa fu la fine del combatt imento. Era duratomeno di t re secondi, e il barista era morto.

Crag si ripulì della polvere. Poi si diresse alla

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cassa dove trovò poco più di cento dollari. Nelletasche dell'uomo ucciso però t rovò la prova che eraappena stato fat to un buon colpo: ot tomila dollari.Crag fece una smorfia. I suoi soldi aumentavano,invece che diminuire. Il totale dei suoi debit i con ilLuxor, contando anche le riparazioni del suoappartamento, doveva essere inferiore agliot tomila dollari appena guadagnat i.

Per non correre il rischio di essere visto mentrelasciava il locale, uscì in un vicolo dalla parteposteriore.

Al banco dell'albergo era di servizio il port iere.Non appena vide Crag comunicò che tut to era aposto, e gli presentò il conto. Il prezzo eraleggermente più alto di quello che avevaimmaginato. Pagò lasciando anche mille dollari diant icipo.

«Grazie, signore. Posso esservi ut ile?»

«No.» Non desiderava niente, per il momento

Salito nell'appartamento si guardò un at t imo

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attorno, poi andò ad accendere la radio del salone.Mancavano cinque minut i all'ora del not iziario.Attese, in piedi, che finissero i comunicat icommerciali, e si sedette quando l'annunciatorecominciò a parlare.

"Ult ime not izie sul nuovo pianeta che si staformando nella zona degli asteroidi, o meglio, inquella che era la zona degli asteroidi.

"Il pianeta si sta cost ituendo con incredibilerapidità. Si calcola che i nove decimi degli asteroidifacciano già parte del nuovo mondo che in questomomento ha circa la grandezza e il peso di Marte,e sarà leggermente più grande quando gli asteroidiancora liberi si saranno fusi con esso. Si puòcalcolare che ciò avverrà entro cinque o sei ore. Gliasteroidi che seguono il Pianeta hanno acceleratola velocità mentre quelli avant i a lui hanno diminuitola loro corsa e saranno in breve raggiunt i.

"Il pianeta ha un moto di rivoluzione, ma la suadurata, anche se in questo momento si èstabilizzata, non potrà essere calcolata fino aquando le nubi di polvere sollevate dagli scontri dei

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corpi spaziali saranno dissipate permettendo unaagevole osservazione della superficie. L'esistenzadi questa polvere, e soprat tut to il suo perdurare,dimostra, incredibile a dirsi, che il pianeta haun'atmosfera. A causa dello spessore della polvere,un accurato esame spettroscopico non può ancoraessere fat to. Ma è accertato che l'atmosferacont iene ossigeno e può darsi che sia respirabile.

"Osservazioni spettroscopiche si stanno oracompiendo dalle astronavi ferme a poche migliaia dichilometri di distanza. L'at terraggio e l'esplorazioneverranno effet tuat i al più presto possibile, nonappena il Consiglio Solare accerterà che non esistepericolo.

"Nessuna decisione è stata ancora presa circa ilnome da dare a questo nuovo pianeta. Per lo più leopinioni sono favorevoli al nome di Bellini,l'astronomo che, at t raverso il grande telescopiosituato sulla Luna, ha osservato per primo leperturbazioni nell'orbita di Cerere. I suoi rapport i,concentrando l'at tenzione sulla zona degliasteroidi, hanno permesso la scoperta dello stranofenomeno."

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Il not iziario cont inuò con le not izie polit iche, eCrag spense la radio.

Sperava che sullo schermo televisivo facesserovedere le immagini del nuovo pianeta. Certamente,delle fotografie dovevano esser state t rasmessedalle astronavi in osservazione. Aprì la doppiaporta dietro la quale c'era il grosso schermotelevisivo. Girò l'interrut tore, e aspettò cheapparisse l'immagine.

Lo schermo mandò bagliori colorat i, poi si sentìuna musica, se così si poteva chiamare. Alla fineapparve, in grandezza naturale, un bellissimogiovane, dai capelli biondi e gli occhi dolci, checantava: "Dondola, dondola, mia piccola barca perVenere!".

Crag si alzò e sfondò lo schermo con un calcio.

Andò al bar e si versò un leggero sonnifero.Cominciò a sbadigliare prima ancora di aver finito ilbicchiere, e passò immediatamente nella camerada let to.

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Sognò, ma al matt ino non ricordava più niente diquel che aveva sognato. E questo fu un bene. Sisarebbe arrabbiato a morte...

Il giorno seguente, volle t rascorrere ancora unagiornata nei sobborghi di Mars City. Verso seraandò poi alle banche dove aveva depositato ilmezzo milione. Non aveva molta fiducia nemmenonelle banche e preferiva avere i suoi soldi in tasca.C'era, è vero, la possibilità di venire ucciso ederubato, come avevano tentato di fare la notteprecedente. Ma se era dest ino che loammazzassero, molto meglio che fosse per unagrossa somma piut tosto che per quattro soldi.

Rit irat i i quattrini, impiegò tut ta la serata anasconderli qua e là per l'appartamento. Eranotalmente ingombrant i che era assolutamenteimpossibile tenerli in tasca. Si limitò a tenere su disé centomila dollari.

La cosa servì a fargli passare la serata.

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Nei giorni seguent i uscì ancora a passeggiare nelquart iere degli astronaut i, nella parte nord dellacit tà.

Non aveva niente da fare in quel quart iere cosìmisero, inolt re non c'era niente in quei post i che nonpotesse trovare anche alt rove, e con maggioresicurezza. In quella zona gli assassinii, leaggressioni, e i furt i erano all'ordine del giorno.

I poliziot t i dovevano girare in gruppi di sei: eranomolto odiat i, e se un agente avesse osatopresentarsi solo, non sarebbe vissuto a lungo.

Sì, era un quart iere molto pericoloso, per unuomo vest ito elegantemente, e che portavaindosso quasi centomila dollari in contant i. Forseproprio per questo Crag ci passeggiava.

Il pericolo lo st imolava, lo rendeva at tento esensibile. Solo nel pericolo della morte t rovava la

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gioia di vivere.

Era forse la morte, pensava a volte, quello che ilsubconscio desiderava? Il suo odio per l'umanità ela solitudine erano forse così grandi da farglidesiderare di andarsene per sempre?

A volte lo pensava davvero, e in quei moment i gliveniva in mente la risposta più facile e ovvia. Lanepthin. Era difficile procurarsela, ma si può averetut to, se si conosce la gente giusta e si hanno isoldi occorrent i. Perfino la nepthin, l'unicostupefacente odiato sia dagli spacciatori che daipoliziot t i. Non c'era un futuro per chi vendeva lanepthin, perché non dava assuefazione: potevatevenderne una sola dose per cliente, perché la drogalo uccideva entro vent iquattr'ore. Per qualchetempo lo metteva in uno stato di estasi cento voltesuperiore a quello delle alt re droghe, ma poiscatenava in lui una rabbia omicida che lo spingevaa uccidere il maggior numero di persone prima divenire ucciso a sua volta. Se non veniva ucciso, maveniva catturato e imprigionato, moriva lo stesso,ma nella più completa beat itudine, anche sotto i piùcrudeli torment i. Era la fine perfet ta per chi

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desiderava, per mot ivi suoi, spegnersi in unafiammata di gioia estat ica, specialmente se odiavai suoi simili e voleva portarne all'alt ro mondoqualcuno, o qualche decina; era comprensibile chela vendita e anche il solo possesso della nepthinfosse un reato punibile con vent 'anni su Callisto ocon la riabilitazione. Perfino i criminali incallit i e glispacciatori di droga preferivano evitarla... a menoche non avessero l'intenzione di provarla essistessi.

Ma stranamente, benché fosse stato contento diessere morto (e potrebbe un morto non esserecontento?) Crag non si sent iva at t rat to dall'idea delsuicidio.

Si ricordò di un libro, un vecchio libro che avevalet to una volta. Raccontava di una caccia alla t igrein una parte della Terra che si chiamava India. Sit rat tava di una t igre assassina, una mangiatrice diuomini che aveva terrorizzato tut ta una provinciaindiana per anni e anni e aveva ucciso cent inaia dipersone. Gli indigeni l'avevano chiamata "LaLamentatrice", per il ruggito che emetteva di not tequando si aggirava at torno ai villaggi in cerca di

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preda. Un cacciatore bianco, l'autore del libro, ungiorno la uccise. Quando osservò la t igre da vicino,vide che aveva sul corpo il segno di una vecchia eprofonda ferita: un osso si era spezzato e la carneattorno si era incancrenita. Per anni, ogni passo chela belva aveva mosso era stato di certo unadolorosissima agonia. Tuttavia aveva at taccato,ucciso e divorato. Le t igri non commettonosuicidio... neppure con la nepthin.

Pensò una volta ancora che avrebbe potutodarsi al gioco, ma ancora una volta concluse chesarebbe stato più piacevole fare un falò con tut to ilgruzzolo per gustarsi almeno il caldo dellafiammata.

Era stato nella sala da gioco del Luxor, alcunigiorni prima, ma non vi era più tornato. Avevagiocato una part ita di mara a cento dollari la carta,per tentare di perdere qualche migliaio di dollari. Machi teneva il banco era così apertamentedisonesto, e così poco abile nel barare, che alla fineCrag, disgustato, aveva colpito con la sinistra, manon troppo forte, la mano del mazziere che stavadistribuendo le carte. L'uomo aveva gridato e

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lasciato cadere la sua presa: due carte invece diuna, ed era corso a medicarsi la mano rot ta. Cragse n'era andato pensando a quanto la direzionedell'albergo gli avrebbe fat to pagare la mano rot ta.Ma non gli fu addebitato nemmeno un dollaro.Troppe persone avevano visto la carta in più.

Per qualche giorno giocò nei locali del quart ieredegli astronaut i. Ma i pilot i e i frequentatori di quellesale da gioco, per quanto fossero abbastanzaonest i, non erano però sufficientemente ricchi persostenere le sue puntate. Dopo un poco, quellepiccole somme scommesse annoiarono Crag.

Ricominciò a bere, ma moderatamente, e senzamai perdere il controllo. La ricerca della sbronza perla sbronza era un caso raro, per Crag, e avevaluogo soltanto dopo periodi di ast inenza,obbligatoria o non. Non beveva mai durante illavoro, o nello spazio, ma se il lavoro o il viaggioduravano a lungo, lui voleva recuperare. Di solitosapeva quando era il momento di fermarsi.

Beveva nel suo appartamento al Luxor solo almatt ino e alla sera. La maggior parte delle sue

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bevute le faceva nei bar del quart iere degliastronaut i. Pensò anche di prendersi una camera inquel quart iere. Non c'erano hotel di lusso, ma alcunierano decent i. Si rendeva conto che era ridicolotenere un appartamento al Luxor, dal momento chene faceva un uso così limitato. Tuttavia lo tenne asua disposizione.

L'inat t ività cominciava però a pesargli. Si sent ivacome una t igre rinchiusa in una macelleria,circondata da carne che poteva avere senzabisogno di cacciare. Una t igre in quelle condizioninon avrebbe tardato a rimpiangere la giungla, dovela caccia e la cat tura precedono il banchetto. Unat igre sazia non è una vera t igre, ma, anche in talcaso, non uccide per capriccio. Un criminale contut to il denaro che potrebbe desiderare non è più uncriminale, ma, a meno che non sia uno psicopat ico,non cerca di ot tenerne ancora.

E, se non è uno psicopat ico, non cerca neppuredi sperperare il denaro che ha, semplicemente pertornare ad avere un incent ivo. Infat t i, se cosìfacesse, negherebbe di fronte a se stesso il valoredel denaro; in futuro, perciò, nessuna somma gli

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sembrerebbe degna di essere acquisita. Dunque,anche lo sperpero finirebbe per distruggere il suoincent ivo, la sua ragione di vita.

No, l'unica cosa che Crag potesse fare con queldenaro era di spenderlo, e abitare al Luxor loaiutava a farlo.

Peccato che non fosse interessato al denaro inse stesso, o al potere. Ma non aveva maiconsiderato il denaro come qualcosa d'alt ro che unacosa da spendere, e il potere significava la polit ica:lui aveva sempre odiato la polit ica, anche prima didiventare un criminale.

C'erano i not iziari, comunque. Non li aveva maipiù ascoltat i nel suo appartamento al Luxor.Occasionalmente gli era capitato di ascoltare lenot izie dagli apparecchi dei bar dove si t rovava.

Quel matt ino era seduto in un bar del quart ieredegli astronaut i, un bar un po' t roppo affollato per isuoi gust i, e stava sorseggiando un bicchiere diwoji.

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A un certo punto il cameriere accese la radio, euna musica assordante invase il locale. Crag siavvicinò al banco e prese il cameriere per unbraccio.

«Spegnila» disse.

«Non siete solo, signore. Molt i dei present iamano questa stupida musica.»

«Io no.» La stret ta della mano si fece piùsensibile. «Chiudi!»

Lo sguardo di Crag fece impallidire il cameriere,che cambiò tono di voce.

«Abbasserò il volume» disse «questo è tut toquello che posso fare. Un t ipo in fondo al bar mi hadetto di accendere la radio, e succederà una lite sela spengo. Non so quanto siate forte voi, ma quelloha una forza straordinaria. È uno degli uomini piùrobust i che abbiano mai bazzicato per Mars City.Potrete evitare la lite, se mi permettete di tenereacceso l'apparecchio. Ma accident i, so bene quelloche succederà se lo spengo!» Il cameriere si

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massaggiò il braccio che Crag aveva stret to. Poiaggiunse, speranzoso: «A meno che voi due nonvogliate uscire per mettervi d'accordo... Io ubbidiròa quello di voi due che rientrerà.»

Crag sogghignò. Non avrebbe desiderato dimeglio che una bella lite, ma si ricordò che non eraprudente dare nell'occhio in quei giorni. In ogni caso,non era una ragione sufficiente per at taccare lite.

«Va bene, abbassa il volume» concluse.

Se quel t ipo avesse obiet tato...

«Ci sarà ancora un minuto di questa musica, poicomincerà il not iziario» riprese il barista, dopoavere ridot to il volume. «Credo che sia perascoltare il comunicato che Gardin mi ha detto diaccendere la radio.»

Crag guardò verso l'alt ro capo del banco e nonebbe difficoltà a individuare fra gli avventori quelloche il cameriere aveva chiamato Gardin. Ce n'erauno solo il cui aspetto incuteva abbastanza t imorea un barista.

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Era un t ipo pressappoco come Crag: di mediastatura ma ben saldo, quasi tozzo, ma con unacerta scioltezza di moviment i. Sembrava piùgiovane di Crag, non di molto, però. E a differenzadi Crag, che aveva i capelli biondi, Gardin eranerissimo. Anche lui doveva vivere ai margini dellalegge, glielo si leggeva in faccia.

Il not iziario cominciò. Crag, assorto nei suoipensieri, non sentì la prima parte. Ma le parolenuovo pianeta lo scossero, e prese ad ascoltareattentamente quello che l'annunciatore stavadicendo.

"... è ancora avvolto dalle nubi di polvere, cheperò sembra si st iano diradando. Tuttavial'ammiraglio Yates ha proibito ogni tentat ivo diat terraggio fino a quando la superficie del pianetanon sarà perfet tamente visibile. Le t ruppe dasbarco sono pronte, ma occorreranno sett imaneprima...

"... molte misteriose manifestazioni, non ult imo ilfat to che la temperatura sia t roppo alta per un

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pianeta così distante dal Sole. Si calcola che abbiacirca la stessa temperatura e lo stesso susseguirsidi stagioni della Terra, quantunque sia a unadistanza due volte maggiore dal Sole. Molt iscienziat i ritengono che il fenomeno sia dovuto alcalore interno del pianeta, generato dagli asteroidientrat i in collisione...

"Tutt i gli asteroidi si sono unit i e fanno parte diquesto nuovo corpo celeste. Neppure il più piccoloframmento è rimasto in quella che una volta era laloro orbita, diventata ora l'orbita del nuovo pianeta.

"Le osservazioni in corso st imano il diametro delpianeta in seimila chilometri. La superficie emersa ècinque volte quella delle acque: lo stesso rapportoche esiste sulla Terra ma invert ito. La forza digravità è inferiore di poco a quella terrestre...

"... ha una rotazione; ma il tempo esatto diquesta non potrà essere determinato fino a quandole nuvole di polvere non si saranno depositate...

"Mi viene consegnato in questo momento ilnuovo bollet t ino.

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"Il nuovo pianeta è stato battezzato. Ilprofessor Bellini, dall'osservatorio lunare, al qualeera stato concesso il privilegio di scegliere il nomeda dare al nuovo pianeta, ha ora annunciato la suadecisione. Ha spiegato le ragioni che l'hanno indottoa non voler usare il nome tolto dalla mitologia.Poiché quasi tut t i i nomi mitologici erano stat i usat iper la denominazione delle migliaia di asteroidiscomparsi, non ha creduto opportuno chiamare ilnuovo pianeta con un nome usato in precedenzaper un asteroide.

"Ha scelto perciò un'arbit raria ma eufonicacombinazione di sillabe, e ha chiamato il nuovopianeta: Crager. Ripeto sillabando: Crager.Crager..."

Crag si appoggiò al banco del bar torcendosidalle risa. Era la più sonora, la più sincera risata cheCrag avesse fat to da un sacco di tempo. "Quelpiccolo demonio" pensò. "È entrato nella mentedell'astronomo e si è fat to chiamare con il mionome. Pensa che in questa maniera io vada da lui."

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Sentì un colpetto sulla spalla, e sempre ridendosi voltò.

Gardin era in piedi di fronte a lui con una facciaimpassibile. «Stai ridendo di me, amico?»

La risata di Crag cessò, ma lui cont inuò asogghignare. «No. Non ridevo di te. Ma possofarlo, se la cosa t i diverte.»

Gardin fece un cenno al cameriere. «Spegni laradio.» disse.

La musica fu interrot ta bruscamente.

«Perché stavi ridendo?» riprese Gardin,gent ilmente.

Gli occhi di Crag divennero gelidi. «Qualcosa dipersonale. Ma c'era un alt ro mot ivo per ridere?Racconta.»

Fu Gardin questa volta a sogghignare. «Nonc'era niente di divertente. O c'era qualcosa? Bene,ho scherzato. Lascia perdere.»

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«A meno che tu non abbia desiderio di uscire»incalzò Crag «... per ridere.»

«Tu hai già riso, e io ne faccio a meno. Che nedici di un bicchiere?»

«Volent ieri.»

Crag si era fat to un amico, o qualcosa di simile.

Bevvero insieme, ma non riuscì a sapere nientedi Gardin. E naturalmente Gardin non scoprì nientesul conto di Crag. Non si fidavano molto l'unodell'alt ro. Con il passare delle ore, però, siconvinsero che nessuno dei due voleva ingannarel'alt ro. Se Gardin fosse stato in bollet ta, però...

Ma Gardin non lo era, evidentemente: Crag neaveva le prove. Cercava di non dare nell'occhio, sigodeva la vita e spendeva. Ma quella vita t ranquillanon gli bastava: voleva agire.

Crag capì subito queste cose di Gardin, cosìcome Gardin le capì subito di lui. Comunque, c'era

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anche una gran differenza tra di loro. Non eranodue piselli di uno stesso guscio. Crag pensava diessere più forte sia fisicamente sia mentalmente.Ma non provarono mai, né pensarono di provare leloro forze. La potenza o il coraggio, o come lo sivoglia chiamare, è qualcosa che solo in caso dipericolo si manifesta pienamente.

In un'alt ra cosa ancora Gardin era differente. Luiaveva una donna. Non disse mai se era o no suamoglie, e la cosa non importava a Crag. Ma daqualche frase buttata là di tanto in tanto, capì chestavano insieme da diversi anni. Si chiamava Bea.Era una donna dai capelli biondo rame, e Cragriusciva a stare in sua compagnia perché erachiaramente la donna di un alt ro e perché era una diquelle donne che hanno un solo uomo. Quandoerano insieme tut t 'e t re, lei non s'interessava diCrag. Forse lo faceva perché aveva paura diGardin, ma Crag non lo sapeva e non volevasaperlo; cercò di non venirlo mai a sapere evitandoaccuratamente di rimanere solo con lei.

Stando con Bea si poteva diment icare di esserecon una donna. Beveva e parlava esattamente

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come gli uomini, e vest iva sempre in manieradecorosa, semplice e senza ricercatezze. E maiche mettesse a disagio Crag civet tando con Gardinin sua presenza.

Il più delle volte, però, Crag e Gardinvagabondavano da soli. Nessuno dei due si curò didomandare all'alt ro dove abitasse o cosa facesse.C'erano dei post i dove erano sicuri di incontrarsiquando avevano voglia di vedersi, e questobastava.

Ci fu un periodo in cui si divert irono a giocare acarte t ra loro. Per i primi giorni, le poste simantennero basse, poi cominciarono a salire. Equando le puntate furono più alte, Crag cominciò avincere. Conosceva Gardin, ormai, e capiva dallasua espressione quando doveva essere cauto equando poteva rischiare.

Vinse ot tantamila dollari. Improvvisamente siaccorse, da piccoli segni che trasparivanononostante la calma esteriore del suo avversario,che Gardin era rovinato. Senza dubbio, quegliot tantamila dollari erano tut to il capitale con cui

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Gardin e Bea vivevano. Crag non aveva alcunavoglia di tenersi quei quattrini. Cominciò a perdere,ma non tut to in una part ita. Alla fine, tut ta lasomma era ritornata nelle tasche di Gardin, e daquel momento Crag perse interesse al gioco. Ecosì Gardin. Dopo quella volta, giocarono, solooccasionalmente, e solo per il gusto di bat terel'avversario, con puntate bassissime.

Poi ci fu il periodo delle scommesse. Passavanoil tempo scommettendo cont inuamente sulle cosepiù ridicole. La scommessa era normalmente dicinque o dieci dollari. Ma talvolta, quando l'eventosu cui scommettevano non dipendeva solamentedalla pura fortuna, ma implicava una divergenza diopinioni, la posta era maggiore. Se erano soli in unbar, per esempio, si sedevano in centro escommettevano dieci dollari sul posto dovesarebbe andato a sedersi il successivo avventore,alla loro destra o alla loro sinistra, o se avrebbeavuto i sandali oppure i piedi nudi: le postevariavano, ovviamente, a seconda del tempoatmosferico e dell'ora del giorno. Se su Marte fossepiovuto, avrebbero scommesso su quale gocciasarebbe arrivata per prima in fondo al vetro. Era un

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modo come un alt ro per passare il tempo.

Il tempo era il loro nemico, ma nessuno dei duene parlava mai.

Un giorno Crag invitò Gardin nel suoappartamento al Luxor. Gardin si guardòmeravigliato e per prima cosa chiese: «Dov'è ilbot tone per chiamare le ballerine?»

Crag non rispose.

«Tu detest i le donne, vero?» cont inuò Gardin.

Anche questa volta, Crag lasciò caderel'argomento. Gardin cominciò a girovagare perl'appartamento con le mani in tasca. Entrò nellapiccola biblioteca, e si mise a sfogliare qualchelibro.

«Vieni fuori» urlò Crag. «Porta quei dannat i libri acasa, se li vuoi leggere.»

Gardin ritornò nel salone con la faccia annoiata.«Piut tosto nervoso, eh?»

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«Cosa vuoi da bere?» domandò Crag senzarispondere.

«Woji. A meno che tu non abbia da parte un po'di nepthin... No, sto scherzando.»

Crag sturò due bott iglie di woji e ne porse una aGardin con un bicchiere.

Gardin versò il liquore e mise la bott iglia accantoalla polt rona su cui era seduto. «Mi sento unostraccio, Crag. Cosa può essere?»

«Ti stai rammollendo.»

«Rammollendo?» Gardin si era alzato di colpo.

«Scommett iamo un mille che t i bat to? Qui, esubito?»

Crag sorrise e per un momento sentì un tuffo alcuore. Poi disse: «Non ci sto, Gardin. Siedit i e bevi.Io non lot to secondo le regole di Queensberry, eneppure tu. Una volta iniziato, se io non t i

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uccidessi, tu ucciderest i me. Non facciamolo permille miserabili dollari o per una qualsiasiscommessa.»

«Mi hai offeso» disse Gardin, tornando alla suapolt rona.

«Non t i volevo offendere, solo dire la verità.Accident i è la stessa cosa che penso di me. Mi storammollendo.» Crag però non lo pensava davvero.

Gardin stava nuovamente passeggiandoattraverso l'appartamento, e aprì lo sportello delloschermo televisivo. «A proposito, sai che giorno èoggi?» disse.

«Che giorno?»

«Il giorno in cui at terrano su Crager. Non haisent ito i bollet t ini?»

«No. Da ieri sera. Cosa è successo?»

«La polvere è scomparsa, e... il pianeta è finito.»

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Crag si accese una sigaret ta. «Cosa intendi perfinito?»

«Con vegetazione e piante, e tut to il resto.Molto simile alla Terra, solo che questo pianeta hameno oceani. E ci sono laghi e fiumi e acqua dolce.Questo non è possibile.»

«Perché?»

«Torrent i e fiumi si formano dopo le piogge.Costruiscono il loro let to solo dopo migliaia di anni.Accident i, questo pianeta ha solo due sett imane.Come credi che si siano format i i let t i dei fiumi?»

«Forse è un pianeta precoce» disse Crag.

«Qualsiasi cosa sia, non è naturale. Scherza sevuoi, Crag, ma anche i maggiori scienziat isostengono che questo è qualcosa che nondipende esclusivamente dalle forze della natura.»Gardin si voltò verso il televisore. «È quasi l'ora incui faranno la t rasmissione dell'at terraggio.Vogliamo vedere il programma?»

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«Volent ieri» disse Crag.

Gardin girò l'interrut tore. Sullo schermo apparveuna donna dell'Amazzonia, che cantava le bellezzedi un t ipo imprecisato di perversione sessuale.

«Chiudi quella dannata cosa.»

«D'accordo, ma solo per un minuto.» Gardin siavvicinò allo schermo, ma prima che avesse avuto iltempo di girare l'interrut tore, l'immagine della donnasvanì e apparve la visione del pianeta lontano. Unpianeta che, salvo per i contorni dei cont inent i,sarebbe potuto essere la Terra. Oceani blu,cont inent i macchiat i di verde e di bruno, biancheregioni polari.

"Vi mostriamo Crager" disse l'annunciatore "ilnuovo pianeta. Vi st iamo trasmettendodall'ast ronave Dorai, a una distanza diduecentomila chilometri dal pianeta. Noimanterremo questa posizione fino a quando non ciperverranno i rapport i dall'astronave daesplorazione Andros che in questo istante staeffet tuando il primo at terraggio sulla superficie di

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Crager. Occorreranno vent i minut i prima che Androsentri nell'atmosfera del pianeta. Fra poco saretecollegat i via radio con questa astronave per seguiredalla viva voce dei due pilot i tut te le fasidell'operazione. Purtroppo non è stato possibilecollocare sullo scafo gli apparecchi per le ripresetelevisive. L'immagine sui vostri schermi sarà quindisempre quella t rasmessa dalla nostra astronave.Intanto, mentre aspett iamo che i tecnicistabiliscano il collegamento radio, permettetemi dipresentarvi, anche se soltanto per fotografia, i duepilot i. Il capitano Burke e il tenente Laidlaw."

Sullo schermo, apparve l'immaginetridimensionale di un uomo di mezza età,dall'espressione decisa.

"Siete in linea, capitano?"

Le labbra della fotografia naturalmente non simossero, ma una voce disse: "Sì. Burke a rapportosignore".

"Niente da riferire, finora?"

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"St iamo scendendo lentamente, e conprecauzione, come ci è stato ordinato. In questomomento, ci t roviamo all'altezza di centochilometri, poco fuori l'atmosfera."

"Grazie, capitano. Permettete che si present iora il vostro compagno. Il tenente Laidlaw."

Un'alt ra foto t ridimensionale apparve sulloschermo. Questa volta si t rat tava di un bel giovane,dai capelli neri e ricciut i.

"Tenente Laidlaw a rapporto, signore."

"Siete incaricato di riferire sulla situazione,mentre il capitano Burke, mant iene la rot ta. Èesatto?"

"Sì, signore."

La foto t ridimensionale scomparve e vennesost ituita sullo schermo dall'immagine del nuovomondo ruotante nello spazio.

"Avete scelto il punto per il vostro at terraggio?"

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"Sì, signore. Quasi al centro del più grandecont inente, vicino alle rive di un lago. Cercherò diindicarvelo. Abbiamo a bordo un apparecchiotelevisivo ricevente, e vediamo l'immagine chestate t rasmettendo. Guardate al centro dellavostra immagine, scorgerete un lago dalla formapressappoco triangolare!"

"Sì, tenente."

"Bene, at terreremo vicino al lato sud delt riangolo. Vi informiamo che un torrente, o qualcosadi simile, si immette nel lago proprio in quel punto.L'area at torno al fiume è verde, e a breve distanzada questo punto si t rova una larga distesa marrone.Immaginiamo che questo sia un ot t imo posto per leosservazioni a terra. Potremo raggiungere l'acquadel fiume e del lago. E potremo vedere da qualet ipo di vegetazione sia formata l'area verde, e sel'area marrone sia sabbia o roccia. Le nostreosservazioni ci hanno indicato, alla superficie, unatemperatura di vent idue gradi cent igradi. Un'ot t imatemperatura. Avremmo potuto at terrare in qualsiasialt ro luogo, ma questo ci sembra il migliore."

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"Grazie, tenente. Volete dirci la vostra alt itudine,ora?"

"Siamo a poco meno di ot tanta chilometri dallasuperficie. Scendiamo molto lentamente frenat idalle apparecchiature ant igravità."

Crag sogghignò.

"Faremo naturalmente ulteriori osservazioniprima di effet tuare l'at terraggio" cont inuò la vocedel tenente. " I comandi automat ici arresterannol'astronave a una quota di cinquemila metri. Daquella altezza, i nostri telescopi ci daranno unaesatta visione del terreno, ed essendonell'atmosfera, potremo prelevarne un campione,per verificare se è respirabile o se dovremoindossare i nostri scafandri."

"Grazie, tenente Laidlaw. Ora vi parleràl'Ammiraglio della Flot ta Spaziale Johnson che è abordo insieme a noi..."

Crag ghignò nuovamente, e Gardin questa volta

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si voltò a guardarlo.

«Cosa c'è di divertente?» chiese.

«Tutto» rispose Crag. «Quelli non riusciranno adatterrare. Se lo faranno, non si alzeranno più.»

«Perché?»

«Non sono stat i invitat i. Guarda, ora.»

Gardin rise.

«Fuori i soldi, se pensi veramente a quello chehai detto. Quanto vuoi scommettere?»

Crag si strinse nelle spalle.

«Sei tu che lo vuoi. Perderai.»

Gardin stava frugandosi le tasche in cerca deisoldi.

«Voglio fare una scommessa piccola: solo milledollari. O hai scherzato?»

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Per tut ta risposta, Crag t irò fuori mille dollari, e libut tò sul pavimento fra sé e il compagno. Gardin sifrugò in tasca e gli get tò sopra dieci bigliet t i dacento.

La faccia rugosa dell'Ammiraglio era ancora sulloschermo.

"... sembra che non ci sia pericolo" stavadicendo. "Tuttavia ci sono interrogat ivi che ancoranon hanno avuto una risposta: come Crager si siaformato, come abbia potuto acquistare così infret ta un'atmosfera e come abbia potuto spuntarvitanto rapidamente una vegetazione. Sono questele ragioni per cui non abbiamo voluto at terrare conla grande astronave sulla quale sono imbarcatemille persone. Il capitano Burke e il tenente Laidlawsi sono offert i come volontari in questa missione, esanno di rischiare la vita, anche se nessun pericolopalese si è ancora manifestato. Un nuovo pianeta èsempre un'ent ità sconosciuta, e le precauzioni sononecessarie, specialmente nel caso presente, datoche i part icolari di questa formazione sono cosìmisteriosi, da far persino pensare che questa

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creazione sia dovuta alla precisa volontà di unessere intelligente.

"Tuttavia, nessuna difficoltà si è finora oppostaall'at terraggio. Tutt i i fat tori sono conosciut i.L'unica incognita è quella dell'atmosfera. Saràrespirabile o bisognerà trasportare macchinari percrearne una come si è fat to su Marte e Venere esotto le cupole di Callisto? Le analisispettrografiche eseguite finora sono incoraggiant i.L'ossigeno è presente approssimat ivamente nellastessa proporzione che sulla Terra. La densitàatmosferica è invece inferiore alla nostra, ma dipoco. Il professor Kapehorn ha st imato che la suadensità al livello del mare corrisponde a quellaesistente a mille metri di alt itudine sulla Terra;come ad Albuquerque o a Denver. L'incertezza èdovuta al fat to che nell'aria ci possono esseretracce di sostanze velenose la cui presenza nonabbiamo ancora potuto escludere. L'astronavevedetta non è dotata di un laboratorio per l'analisichimica, ma trasporta gabbie di cavie. Quest ianimali confermeranno al capitano Burke se, per unbreve periodo, potrà uscire dallo scafo senza gliscafandri. Ma, con o senza scafandri, essi

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esploreranno l'area at torno al punto diat terraggio..."

«Un alt ro woji, Gardin?» disse Crag.

Gardin annuì, e Crag entrò nel bar uscendonecon due bott iglie.

L'immagine del nuovo pianeta era riapparsa sulloschermo, e al posto della voce dell'ammiraglio sisent iva una debole musica.

«Cosa succede?» domandò Crag. «Si èstancato di parlare?»

«Credo. Aspetteranno che arrivi un alt rorapporto dalla nave vedetta. Dovrebbe esserevicino all'atmosfera, adesso.» Gardin guardò i soldisul pavimento. «Perché hai voluto fare questaridicola scommessa? Prat icamente mi regali laposta.»

«Forse» disse Crag.

«Non è giusto, mi sent irò un parassita quando

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raccoglierò quei soldi... Però sei stato tu aprovocare la scommessa.»

«Vuoi forse rit irart i? Ti lascio questa possibilitàfino a quando non rit rasmetteranno dalla navevedetta.»

«No, lascio quello che ho messo» decise Gardindopo un at t imo di esitazione. Poi bevve una lungasorsata diret tamente dalla sua bott iglia.

La musica cessò, e la voce del tenente si fecesent ire di nuovo.

"Qui Laidlaw. Il capitano Burke è sempre aicomandi. Siamo a circa cinquanta chilometri dallasuperficie del pianeta e st iamo scendendo a unavelocità di cinque chilometri al minuto. Fra pocodovremo rallentare per ridurre gli effet t i dell'at t rito.

"Quarantacinque chilometri. Mi sembra di poterormai affermare che le aree verdi alla superficiesono realmente foreste. Almeno, hannol'apparenza delle foreste della Terra viste daquesta altezza.

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"Siamo a trenta chilometri, adesso. Quasinell'atmosfera. Il capitano Burke ha fermato ladiscesa... Ci manteniamo a questa quota. Siamosempre fermi... Qualcosa non va, capitano?"

Ci fu un at t imo di silenzio, e Crag chiese: «Vuoiraddoppiare la scommessa?»

Gardin scosse la testa. «All'inferno, perchédovrei?»

«Non nominare l'inferno. Forse ho una misteriosafonte d'informazioni. Se non vuoi raddoppiare, t i dol'ult ima possibilità di rit irare la posta.»

Gardin non esitò. Raccolse i bigliet t i di banca,rest ituì a Crag la sua parte e rimise in tasca i diecibigliet t i da cento. Crag scoppiò a ridere. «Sta' avedere cosa succede.»

«Cosa dovrebbe succedere?»

«Zit to!» disse Crag, mentre una nuova voceusciva dal televisore.

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"Il capitano Burke al microfono. Mi scuso perl'interruzione. Non è accaduto niente di grave maprima di scendere ancora, dovremo procedere adalcune verifiche. Qualcosa sembra non funzionarenei nostri apparecchi per la rigenerazione dell'aria.Nel punto in cui ho fermato la discesa, ho guardatoalla gabbia dei canarini, e ho notato che uno dei t reera sul fondo della gabbia. Gli alt ri due sembravanorespirare con difficoltà.

"Ovviamente, qualcosa dev'essersi guastato neinostri apparecchi di rigenerazione. Noncompleteremo la discesa, fino a quando il guastonon sarà riparato. In questo momento, il tenentesta verificando. Tornerò al microfono non appena iltenente mi avrà fat to il suo rapporto."

Passò un at t imo, e il capitano tornò a parlare.

"Sta succedendo qualcosa di strano. Il tenenteLaidlaw sost iene che non ci sono guast i nei nostriapparecchi. I manometri indicano le esatteproporzioni di ossigeno e non segnalano lapresenza di alcun gas nocivo. Tuttavia due canarini

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sono mort i, e il terzo respira con sempre maggioredifficoltà. Le alt re cavie si agitano e mostrano segnidi disagio. Ci sembra di sent ire nell'aria uno stranoodore. Qualcosa che può assomigliare all'odoredell'acido solforico, ma più dolce. Qualcosa che statra l'odore dell'acido solforico e il profumo dellegardenie. Questo è l'odore che sent iamo. Tuttavial'astronave dovrebbe essere impermeabile all'aria,e niente è stato introdotto dall'atmosfera esterna.Quindi il guasto deve essere all'interno dello scafostesso. La logica porta a escludere in modocategorico che si t rat t i di un'infilt razionedell'atmosfera esterna. Non c'è niente."

"Capitano Burke!" Era la voce dell'Ammiraglio dabordo dell'astronave madre. "Portateviimmediatamente con il vostro scafo fuori daquell'atmosfera."

"Sì, signor Ammiraglio."

"Cont inuate il rapporto."

"St iamo salendo. Trentatré chilometri...t rentacinque. Il tenente Laidlaw mi si sta

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avvicinando. Sembra che st ia bene. E il mio mal ditesta, non avevo avuto il tempo di parlarne prima, èsparito. Quaranta chilometri. Ormai siamo uscit idall'atmosfera di Crager, signore. I nostriapparecchi per la rigenerazione dell'aria funzionanoperfet tamente. Dobbiamo fare un alt ro tentat ivo?"

"Ricongiungetevi con la flot ta. Prima di fare unalt ro tentat ivo è necessario ispezionare la vostraastronave e verificare l'apparecchiatura per l'aria.Inolt re, sarete sottoposto a controllo medico, e icanarini verranno esaminat i."

"Sì, signore."

Gardin guardò Crag, e quest i rise.«Scommett iamo che neppure il prossimo tentat ivoavrà successo?»

«Non scommetto» disse Gardin chiudendo iltelevisore. «È inut ile cont inuare a guardare,adesso. Impiegheranno almeno un giorno, prima diaver pronto il nuovo apparecchio e di fare un alt rotentat ivo. Cos'è successo, Crag?»

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«Mi spiace» rispose, scuotendo lentamente latesta. «Per spiegartelo, dovrei prima raccontart i unmucchio di alt re cose.»

«Quattrini in vista?»

Crag scosse ancora la testa. «Beviamo unbicchiere di gin, per ammazzare il tempo?»

«Mi spiace, ma ho da fare» disse Gardinavviandosi alla porta. «Non mi vedrai per un po' ditempo. Grazie per avermi fat to rit irare la posta.Quei mille dollari che mi avevi già quasi vinto, eranogli ult imi. Vado a fare un po' di rifornimento, neiprossimi giorni.»

«Buona fortuna» gli augurò Crag.

10

Crag non vide Gardin per circa una sett imana,

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benché cont inuasse a frequentare gli stessi localidove erano solit i incontrarsi. Non volle andareall'hotel di Gardin per due ragioni: se lui avessedesiderato vederlo, lo avrebbe cercato; in secondoluogo, se Gardin non fosse stato all'albergo,avrebbe potuto incontrare la donna senza cheGardin fosse presente. E lui non voleva incontrarla.

Seguì con interesse i bollet t ini radio sul nuovopianeta. Dopo il fiasco di quello che avrebbe dovutoessere il primo at terraggio, niente fu mai piùtrasmesso per televisione. Vennero fat te soltantobrevi comunicazioni radiofoniche. Il Comando dellaFlot ta non poteva nascondere i fat t i, ma cercava dievitare il ridicolo impedendo che il pubblicoassistesse agli insuccessi.

Nessun gas fu t rovato all'interno della nave dopoil primo tentat ivo. Le sole cose concrete furono icorpi dei due canarini, e il fat to che il terzo rimasesofferente a lungo prima di riprendersi. Anche lealt re cavie non erano in condizioni normali. Ilcapitano e il tenente, dopo il rientro, furonoricoverat i per vert igini e malessere generale.

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Le apparecchiature per la rigenerazione dell'ariaerano state t rovate in perfet ta efficienza el'autopsia dei due canarini non diede nessunaindicazione sulle cause della morte. La solaconclusione che gli scienziat i poterono trarre fu chenell'atmosfera di Crager doveva essere presenteuna sostanza, fino a quel momento sconosciuta,che poteva penetrare at t raverso le spesse paret i diuno scafo, forse per un processo simile all'osmosi.Dunque gli scafandri non avrebbero potuto offrireuna sufficiente protezione; una sostanza chepoteva penetrare at t raverso le paret i di acciaiodello scafo, non sarebbe stata certo fermata dalsot t ile spessore dello scafandro.

Due giorni dopo il primo insuccesso, fu lanciatosu Crager un razzo teleguidato. Dato chenell'astronave, al ritorno del primo tentat ivo, non siera t rovata t raccia del presunto veleno mortale, sipensò che fosse uscito dallo scafo così come vi eraentrato. Il nuovo razzo fu quindi equipaggiato perpoter effet tuare analisi chimiche a distanza.

L'unico contrat tempo fu che quel razzo nonatterrò mai. E neppure raggiunse il limite

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dell'atmosfera. Crager aveva cambiato tat t ica:quando era ancora a olt re duemila chilometri dallasuperficie, il razzo fu respinto.

Aveva urtato contro un impenetrabile schermo dienergia.

Crag ghignò tra sé.

Queste furono le sole not izie ufficiali sui tentat ividi at terraggio su Crager. L'Ammiraglio escogitò uncomplicato gioco di parole per giust ificare ilfallimento dell'impresa, ma si capiva che alComando erano piut tosto preoccupat i.

"Si rit iene probabile che il nostro sistema siastato invaso da una razza aliena. La formazionedel nuovo pianeta da framment i sparsi nello spazioè stata t roppo strana e improvvisa per accordarsicon qualsiasi teoria astrofisica conosciutadall'uomo. È stata perciò presa in considerazione lapossibilità che tut to questo sia opera di una razzanon appartenente al nostro Sistema solare.

"Che le intenzioni di questa razza non siano

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amichevoli è indicato dal fat to che hanno rifiutatocontat t i pacifici impedendoci di at terrareliberamente. La barriera che è stata oppostaall'at terraggio non è conosciuta in natura ed èperciò da considerarsi art ificiale. Così come deveessere di origine art ificiale il gas penetratoattraverso lo scafo della nostra astrovedetta.

"Poiché i presunt i abitatori del pianeta Cragernon hanno commesso, a quanto ci risulta, at t i diaperta violenza contro il resto del Sistema solare,non si reputa opportuno dichiarare lo stato diguerra. Uno stato di emergenza è però necessario.Di emergenza difensivo. Spie di Crager possonoessere già t ra noi; sarà quindi necessario, daquesto momento, uno stret to controllo..."

Il Consiglio Solare dichiarò immediatamente lostato di emergenza, e raddoppiò le tasse sui reddit ibassi (aumentò solo leggermente quelle sugli alt rireddit i) per finanziare i piani di protezione. Pianiche, naturalmente, erano tenut i segret i, per lapossibilità che spie crageriane ne potessero venirea conoscenza.

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Ma le voci si diffusero ugualmente, specie nelquart iere degli astronaut i. Nonostante la stret tacensura su ogni not izia proveniente dall'orbita degliasteroidi, ogni rapporto proveniente dalla zonaveniva conosciuto nel quart iere pochi minut i dopoessere stato ricevuto. E conosciuto, come sapevaCrag, in modo esatto.

La seconda sonda teleguidata non avevacercato di effet tuare una discesa "morbida" con ilmotore ant igravità: si era lanciata contro lasuperficie con i motori al massimo. Ma era statarespinta lo stesso e... data la velocità con cui eraavvenuto l'impatto... sot to forma di una massa dimetallo incandescente. I razzi con testate nuclearierano esplosi al contat to con il campo di forza; lesuccessive analisi avevano stabilito che nessunaradiazione dello scoppio era penetrata at t raversola barriera e aveva raggiunto la superficie delpianeta.

Crager possedeva un confine invalicabile.

L'eventuale presenza di spie aumentava ilpanico. I militari non sapevano se Crager fosse

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popolato, e, in questo caso, di che natura fossero isuoi abitant i. Ma avevano paura, e dato che nonpotevano raggiungere il pianeta, cercavano dicolpirlo at t raverso la cat tura delle sue spie.

Gente in t ransito, persone che non potevanodimostrare immediatamente la loro ident ità,venivano fermate per l'interrogatorio. E se le lororisposte non erano soddisfacent i, venivanosottoposte ai vari t ipi di macchine della verità.

Era una cosa, questa, che impensieriva Crag,anche se i ricchi resident i negli alberghi di lussotalvolta erano troppo potent i perché si osasseinfast idirli. Ma Crag pensò che le autorità militariavrebbero, in un simile frangente, superato ognit imore reverenziale. Potevano immaginare che iCrageriani si sarebbero mescolat i di proposito airicchi, proprio perché li sapevano inattaccabili... E imilitari erano meno suscett ibili di int imidazioni ecorruzioni che non la polizia.

Così Crag corse ai ripari. Dal migliore falsario diMars City si fece fare tut t i i document i con unaident ità falsa. I militari non avrebbero condotto

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indagini molto approfondite, e quelle carte loavrebbero coperto nel caso di una richiestaimprovvisa.

In seguito, si chiese se tut te le sue precauzioninon fossero inut ili. Se Gardin avesse parlato... Siera sbilanciato t roppo con Gardin; il giorno in cui,alla televisione, stavano assistendo al tentat ivo delprimo at terraggio. Non era forse stato sospettoquel suo scommettere mille dollari con tantasicurezza? Alzò le spalle. Dopotut to, doveva purcorrere qualche rischio. Voleva vivere per sempre?

Questo gli fece tornare in mente che da qualchetempo non aveva più corso nessuno di quei rischiche rendevano interessante la vita. E quella sera, inuna delle più luride taverne, volle bere un po' più delsolito. Voleva rendere più interessant i quelli cheerano forse gli ult imi giorni della sua vita. Così, sit rovò coinvolto in una lite.

Cominciò una discussione con quattro scaricatoridell'astroporto, e questo bastò. Non sapevaesattamente di che cosa stessero parlando, eforse non lo sapevano neppure loro. Ma fece un

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appunto su qualcosa, e un pugno lo colpì in pienafaccia. Si riparò con la sinistra, e colpì con la destraal ventre quello che lo aveva at taccato. L'uomo sipiegò su se stesso come una fisarmonica.

Crag si allontanò dal banco, e gli alt ri t reandarono minacciosi verso di lui. Schivò un pugno ecolpì leggermente con la sinistra lo stomacodell'uomo che gli era più vicino.

A questo punto rimanevano due avversari. Unodi quest i riuscì a colpire Crag sul collo. Barcollò unpoco per il duro colpo, ma si riprese subito. Avanzòusando i suoi pugni come pistoni, e dopo un poco sit rovò di fronte un uomo solo. Il più forte però. Perfarlo cedere, dovette lot tare un po' più a lungo, mavolle usare solo la mano destra.

Era successo tut to con tale rapidità, che Cragnon ansimava neppure, solo le orecchie glironzavano un poco per il pugno ricevuto. Ritornò albanco e riprese il suo bicchiere. Il cameriere eraleggermente pallido e stringeva un grosso bastonetra le mani.

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«Tutto a posto» lo rassicurò Crag. «Nessunmorto, nessun ferito grave e nessun danno allocale. E non ho nessuna intenzione di mandareanche te a fare compagnia agli alt ri. A meno che tunon lo desideri.»

Il cameriere si rilassò. Crag bevve l'ult imo sorso,e buttò i soldi sul banco: «Offri da bere a quelliquando si sveglieranno» disse, e uscì.

Era stato un divert imento quella lite, ma erafinita t roppo presto...

Cercò di immaginare dove fosse Gardin, e chegenere di lavoro stesse facendo. Pensò cheGardm, se avesse saputo che lui aveva quelmucchio di quattrini, gli avrebbe forse chiesto unaiuto. E si domandò anche cosa avrebbe fat to lui,in quel caso.

Dannat i quattrini!

O meglio, dannato lui che non riusciva a divert irsispendendoli.

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Tornò nel suo appartamento t roppo presto, eper ingannare il tempo decise di guardare ilprogramma televisivo. Non che sperasse di saperequalcosa di nuovo sul pianeta, ma era curioso divedere quale t ipo di programma il governo stessesomministrando al popolo.

Sullo schermo apparve l'immagine dai capelli grigidi un annunciatore. Il sorriso sembrava così sinceroche Crag volle ascoltarne le parole. Ma si avvicinòallo schermo, perché aveva già qualche sospetto.

"Siete un necrofilo? Tutt i i vostri problemi sonorisolt i. La General Plast ics ha oggi in vendita unsimulacro che è quasi completamenteindist inguibile, eccetto il fat to che non si deteriora,da un vero corpo morto. Disponibile in modelli dientrambi i sessi, è di prezzo estremamenteaccessibile. Oppure potete noleggiarlo, se, come lamaggior parte dei necrofili non fet icist i, preferitevariare di tanto in tanto l'oggetto delle vostreattenzioni."

Con un calcio Crag sfasciò lo schermo.

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Settecento dollari. Aveva già imparato il prezzodella sost ituzione dello schermo. Avrebbe potutorompere tut t i i giorni qualcosa nel suoappartamento... Ma anche così avrebbe impiegatouna eternità a dar fondo al suo mezzo milione.

Cosa stava facendo Gardin?

Uscì sul balcone e guardò il cielo. Crager eravisibile, quasi all'altezza dell'orizzonte. Accident ianche a lui.

Più lontano era visibile la Terra. Guardò unatt imo. Vi sarebbe mai ritornato?

Ma perché poi avrebbe dovuto farlo? La Terraera corrot ta e decadente come Marte, e nessunodei due pianet i aveva da offrire cose che l'alt ro nonavesse. Solo che la Terra era molto più affollata eun poco più sorvegliata dalla polizia.

Andò al bar e si versò un liquore. Era l'unica cosache faceva sempre volent ieri. Bevve abbastanzada farsi venir sonno.

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Dormì e sognò. Di una bellissima donna daicapelli color del bronzo. Ma nel sogno non seppeche lo aveva tradito e abbandonato, perché questonel sogno non avvenne, e lui era dolcementeinnamorato. Poi, gradatamente e inspiegabilmente,perché nei sogni avvengono le cose più inspiegabili,lei cambiò. I capelli rimasero colore del bronzo malei diventò molto più bella e lui molto piùinnamorato. Infine lo spazio li separò. E mentre siallontanavano l'uno dall'alt ra, lui urlava: "JudethJudeth!". E non si rendeva conto dello sbaglio: noncapiva che quello non era il nome di sua moglie. Neisogni tut te le donne sono la donna. Alla fine lei loraggiunse, e gli circondò il collo con le braccia. Poiimprovvisamente, con la rapida successione deisogni, si t rovò tra le braccia una donna morta, uncorpo inanimato. Infine questo scomparve come sefosse stato disintegrato...

Il telefono stava suonando.

Si sedette sul let to e alzò il microfono.

«Sì?»

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«Signor Come, c'è una telefonata per voi. Unadonna che rifiuta di dire il suo nome. Dice che èquest ione di vita o di morte. Devo...?»

«Passatemi la comunicazione.» Non chiese lalinea privata per non destare la curiosità deltelefonista. A Mars City una sola donna potevachiamarlo.

«Sì?» disse.

Era proprio la voce di Bea. «Non ho voluto dare ilmio nome, ma mi riconoscerete quando vi dirò checi siamo conosciut i a...»

«So chi siete» tagliò corto Crag. «Cos'èsuccesso?» chiese, sebbene, lo potesseimmaginare.

«Il nostro amico comune è in un tremendo guaio.Non credo che ci sia niente da fare ma...»

«Dove siete? Provate a dirlo senza nominare ilposto.»

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«Al nostro appartamento. Ma non credo chesaremo sicuri, qui. Meglio t rovarci fuori. Potremmovederci in quel locale dove voi due avete giocato amara con i t re astronaut i appena tornat i da Callistoche cercavano di barare, e dove voi...»

«Ci sarò fra dieci minut i» disse Crag, e depose ilricevitore.

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Dovevano trovarsi in un bar come tant i alt ri inquel quart iere, solo che era uno dei più cari. Crag loraggiunse in dieci minut i, ma Bea era già arrivata.Doveva essere entrata proprio in quel momento euno scaricatore dell'astroporto, grande e grosso,stava facendo il bullo per farsi notare. Cragavrebbe voluto dargli una lezione, ma non era ilmomento, così si diresse verso la donna, e lasalutò chiamandola per nome, non il suo vero nome,naturalmente, e lei si sedette di fronte. Lo

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scaricatore rimase un at t imo perplesso, poi ritornòal banco del bar.

«È quest ione di ore, o di minut i?» domandò perprima cosa Crag.

Lei si chinò verso di lui, e Crag si accorse cheaveva pianto.

«Non so» disse Bea. «Ma non so neanche quelloche potremo fare, ammesso che si possa farequalcosa. Lui...»

«Aspettate.» Crag estrasse alcune monete e leintrodusse nel disposit ivo che azionava il juke-boxdiret tamente dal suo tavolino, e alzò il volume. Illocale era t roppo tranquillo e la loro conversazioneavrebbe potuto essere ascoltata.

Poi, si avvicinò ancora di più all'amica di Gardin edisse: «Raccontatemi tut to in poche parole.»

«Era un colpo a una gioielleria. Da Curmes,all'ult imo piano del palazzo Rasher, a dieciisolat i...»

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«So dov'è. Andate avant i.»

«È stato preso in t rappola nel palazzo; hannocircondato l'isolato con un cordone di poliziot t i, e unelicot tero sorvola il tet to. Deve aver fat to scattareil sistema d'allarme...»

«È solo?»

«Sì. Ha sorvegliato il posto per due sett imanee...»

«Nessuno sapeva di questo colpo, eccetto voi?»

«Nessuno. Ci deve essere stato un circuitod'allarme di cui non si era accorto.»

«Come lo sapete? Intendo il fat to che ora lui è intrappola.»

Bea aprì la borsetta, e ne tolse qualcosa chesembrava un grosso portacipria. «È una piccolatrasmit tente» disse.

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«Lui ne ha una simile, solo che la sua somiglia auna tabacchiera.»

«L'ho vista. Vi ha chiamato con questa?»

«Sì. Fa un leggero ronzio, quando chiama.Quando lui è in giro a lavorare, la tengo sempre conme per ogni evenienza e nel caso io debba farequalche cosa.»

«Vi ha chiesto di avvisarmi?»

«No, voleva solo dirmi addio. È convinto di nonavere più nessuna possibilità di salvezza. La poliziapresidia saldamente ogni uscita, e cent inaia diagent i circondano il palazzo. Quello che desideravaera che io lasciassi l'appartamento prima chevenissero a prendermi. Ho esitato a lungo prima dichiamarvi, poi mi sono decisa.»

«La polizia sa di chi si t rat ta?»

«Sì. Non so come abbiano potuto. A meno che ipoliziot t i non lo abbiano riconosciuto mentre stavasparando dalla finestra. Lo hanno chiamato per

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nome con l'altoparlante e gli hanno int imato diuscire e arrendersi. Ecco perché ha pensato chesarebbero venut i a prendermi in casa.»

«Potete chiamarlo adesso, con questa?»

«Sì, ma...»

«Chiamatelo, allora! Ditegli che desideroparlargli, e passatemelo.»

Bea prese la scatola e alzò il coperchio. Siguardò nello specchiet to, e dopo aver premuto unpulsante finse di parlare con Crag.

«Gardin. Un tuo amico desidera parlart i. Loconoscerai dalla voce.»

Crag prese la piccola t rasmit tente e la alzòcome se stesse esaminandola. Poi parlò fingendodi rivolgersi alla donna di fronte a lui. «Parleròsvelto, Gardin, prima che possano intercettarci elocalizzarci. Cos'è successo?»

«Mi hanno imbott igliato.» La voce di Gardin fu

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appena percett ibile sopra il suono del juke-box.«Non c'è niente da fare. Ci saranno un cent inaio dipoliziot t i qui at torno, ma grazie lo stesso.»

«Quanto puoi resistere?»

«Tutto il tempo che voglio. Non entreranno,perché posso prenderli a fucilate. Aspetteranno chemi arrenda, o che mi stanchi ed esca.»

«Quanto puoi resistere, accident i? Giorni o ore?»

«Una sett imana, se voglio. Non c'è niente damangiare, ma non morirò di fame per così poco.L'acqua invece abbonda.»

«Munizioni?»

«L'intero arsenale delle guardie della gioielleria,olt re a quelle che ho portato con me. Sanno chesono bene armato.»

«Possono fart i uscire con il gas?»

«Dovrebbero lanciare le bombe at t raverso le

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finestre, ma non credo che vogliano farlo. Perchéusare il gas? Mi hanno già bloccato. Inolt re allapolizia piacciono gli assedi.»

«Okay. Resist i, Gardin. Ti t irerò fuori di lì. Forsefra qualche giorno, ma t i t irerò fuori.»

«Non puoi. Non provarci nemmeno. È...»

«Non t i dico come, perché potrebbero essere inascolto, né esattamente quando. Ma resist i,dannazione, e t i farò uscire da quel buco.» Cragchiuse il coperchio, e si alzò in fret ta. «Venite,dobbiamo uscire di qui, nel caso i poliziot t i ciabbiano localizzat i, e st iano cercandoci.»

C'era un tassì nella strada. Crag vi spinse dentroBea e la seguì. Diede l'indirizzo di un alt ro bar. Ladonna lo prese per un braccio, dopo un at t imo.«Non potete, Crag. È un suicidio.»

«Possiamo farcela» disse Crag liberandosi dallasua stret ta. «Speriamo che resista almeno per duegiorni. Forse potremmo liberarlo prima, setrovassimo un aiuto. Gardin ha qualche amico in cui

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voi abbiate fiducia?»

«Hauser. Ma è ricercato, e sta nascosto. Eccoperché non l'avete mai visto. È molto robusto.»

«Bene. È proprio l'uomo di cui abbiamo bisogno.Non avrà niente da perdere. Sapete dovetrovarlo?»

«Certo, ma...»

«Niente obiezioni. Andremo al bar dove siamodiret t i per non insospett ire il nostro conducente,d'alt ronde siamo già arrivat i, berremo rapidamentequalcosa, e poi farete quello che vi dirò. Statelontana dall'appartamento di Gardin, e cercateHauser. Poi venite con lui al Luxor, se vuol venire. Ioposso salvare Gardin anche da solo ma occorreràpiù tempo.»

Entrarono al bar. Crag ordinò da bere, poi sirivolse alla donna. «È tut to chiaro?»

«Sì. Voi andrete subito al Luxor?»

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«Devo comperare alcune cose, prima. Quantoimpiegherete per raggiungere questo Hauser, o persapere se è irreperibile?»

«Al massimo due ore. A meno di non rischiareuna telefonata, ma non potrei spiegare asufficienza la situazione.»

«Non telefonate allora. A ogni modo, sarò alLuxor prima di voi. Buona fortuna, Bea.»

Crag uscì per primo. Si diresse subito aun'agenzia che trat tava la vendita di aerei, ecomprò un Dragon a sei post i. Pagò in contant i, piùun sovrapprezzo per poter rit irare subitol'apparecchio. Atterrò sul tet to del Luxor pochiminut i dopo.

Un inserviente si avvicinò per sistemare l'aereonella rimessa.

«C'è nelle vicinanze un negozio che vendaattrezzi per scavare?» chiese Crag.

«Sì, signore. Tre isolat i a nord.»

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«Potete andare a comperare t re pale e poimetterle nell'aereo?»

«Volent ieri, signore, ma non posso allontanarmidalla pista di at terraggio. Manderò uno deiragazzi.»

Crag gli diede un bigliet to da cento dollari. «Nondesidero che perdiate tempo. Mandate subito unodei ragazzi. Tre grosse pale per sabbia. E divideteil resto t ra voi. E poi... per favore, non mettete ilmio aereo dietro ad alt ri. Voglio avere la possibilitàdi part ire subito, appena ne avrò bisogno.»

Dato che le pale non sarebbero costate più didieci dollari l'una, aveva lasciato una manciaabbastanza generosa.

Scese nel suo appartamento e chiamò il port iereper telefono. «Due persone verranno a cercarmi.Fatele passare senza annunciarle.»

«Sì, signore. I loro nomi, prego?»

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«Non li ricordo esattamente. Comunque,mandate su chiunque mi cerchi.»

Infilò in una valigia tut to quello che ci stava. Aldiavolo il resto! Non ne avrebbe avuto bisogno.

Prese un cacciavite e cominciò a svitare il piat todella lampada fluorescente. Il primo dei quattronascondigli in cui aveva riposto i quattrocentodollari.

I soldi non c'erano. Crag bestemmiò e cominciò alavorare at torno al secondo nascondiglio. Chiunquefosse stato, non poteva averli t rovat i tut t i. In quelmomento suonò il campanello alla porta, e Cragandò ad aprire.

Bea stava sulla soglia. E alt re due persone eranocon lei. Un uomo di bassa statura, ma ben piantatoe una donna dagli occhi neri, bella t ranne per gliocchi: t roppo piccoli e rotondi, come quelli di unroditore.

«Crag, questo è Hauser e questa è Ger. Hadetto che vuole aiutarci a liberare Gardin, e lei ha

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voluto seguirlo, dato che dovremo poi nascondercida qualche parte.»

«D'accordo» disse Crag. «Andate al bar ebevete qualcosa. Sono quasi pronto. Ho solo unacosa da fare.»

Anche dal secondo nascondiglio i soldi eranosparit i. Così dal terzo e dal quarto. Tornò al bar.

«C'è del lavoro per voi» disse. «Avevo deiquattrini. Molt i, nascost i in quattro different i post idell'appartamento. Sono sparit i tut t i. Questosignifica che qualcuno mi spiava mentre linascondevo. Neanche una squadra di poliziot t ispecializzat i nelle perquisizioni li avrebbe potut it rovare, anche se avessero frugato per unasett imana intera. Vuol dire che esiste un punto diosservazione che guarda in questa stanza.Aiutatemi a t rovarlo.»

«Forse gli specchi» disse Hauser. «Ne avete datut te le part i, e murat i, non appesi. Ho lavorato unavolta in un albergo di lusso ed era una cosa normaleservirsi degli specchi per spiare i client i.»

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C'era uno specchio proprio lì vicino. Crag preseuna bott iglia e la scagliò contro il vetro. Apparve unvano, ma troppo piccolo per potervi passare. Cragprese un'alt ra bott iglia e si diresse nel salone, percercare uno specchio più grande. E trovò ilpassaggio che cercava.

Hauser gli era accanto. «Andate a riprendervi isoldi? Posso esservi ut ile? Ho con me una pistola.»

«È un mio affare privato. Lo voglio sbrigare dasolo. Tenete compagnia alle signore, e badate chenon bevano troppo. Abbiamo qualcosa da fare,dopo.»

C'era un labirinto di corridoi. Ogni stanza del suoappartamento, come tut te quelle degli alt ri, erasotto osservazione da almeno uno specchio.Specialmente le camere da let to. E quei passaggidovevano essere anche molto usat i; non c'era unfilo di polvere sul pavimento. Probabilmente, aparte il loro impiego a scopi spionist ici, quei corridoierano affit tat i a client i guardoni, del genere chepreferiscono lasciar fare le cose agli alt ri. Be', a

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osservare le at t ività di Crag dovevano essererimast i alquanto delusi.

Ben diversa la situazione dell'appartamentoadiacente. Passando davant i alla sua grandecamera da let to, non poté evitare di vedere,at t raverso un grande specchio, le t re ragazze chelo avevano accolto all'arrivo... la bionda, la bruna ela rossa. Erano tut te e t re con l'at tuale occupante,ed erano indaffarat issime.

Passò davant i a molte stanze e a molt i specchi,prima di t rovare una scala che scendeva. E, da quelche vide, si disse che la clientela del Luxor gli eraancor più ant ipat ica del suo diret tore. Forse tra laclientela c'era anche qualcuno che si dedicava asvaghi erot ici normali, ma lui non ne aveva vistoneppure uno.

Comunque, in quel momento non gli interessavala salvaguardia della morale, ma il recupero del suodenaro. E aveva il forte sospetto, quasi lacertezza, che l'autore del furto fosse il diret tore.Ricordò lo sguardo avido di Carleton quando laprima sera lui aveva tolto di tasca il rotolo delle

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banconote per pagare il conto. Probabilmente, daquel momento era stata messa una persona dietrogli specchi per osservare dove avrebbe nascosto isoldi.

Anche quella persona doveva avere avuto la suaparte di bot t ino, naturalmente, ma dovevaconsiderarsi fortunata se il diret tore le aveva datoanche un solo bigliet to da mille, dei suoiquattrocento.

Non badò a quanto stava succedendo negli alt ripiani... ne aveva più che abbastanza. Contò lerampe finché non fu giunto al pianterreno. Laggiùcominciò a cercare e alla fine t rovò una portachiusa. Doveva essere l'ufficio del diret tore, oppurela sua stanza personale. Laggiù, naturalmente, nonc'erano spioncini o falsi specchi: non sapendo cosaavrebbe trovato dall'alt ra parte, Crag scassinò laserratura in assoluto silenzio. Non ne aveva maiscassinata una così silenziosamente, in tut ta lavita.

Aprì un poco la porta, senza fare rumore. Erainfat t i l'ufficio del diret tore. Crag poté vedere la

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schiena di Carleton seduto a una scrivania, davant ia un mucchio di carte. Crag entrò e richiuse.

Strinse con la mano destra la bocca di Carletonper evitare che lanciasse un grido e lo allontanò dicolpo dalla scrivania per non dargli il tempo dischiacciare qualche bottone di allarme.

«Se non l'avete immaginato, e se nonriconoscete la mia voce, capirete chi sono quandovi dirò che voglio i miei quattrocentomila dollari.Dove sono?»

Allentò la stret ta per permettere a Carleton diparlare. Nessun suono uscì dalle labbra dell'uomo.Perciò strinse con maggior forza. Finalmente, unamano tremante si alzò, indicando verso unosportello metallico. La cassaforte era incassatanella parete di fronte alla scrivania.

Crag allentò un poco la stret ta.

«Sinistra quattro, poi sei, uno, ot to» balbettòCarleton.

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Crag fece alzare il diret tore dalla sedia. «Staretevicino a me, mentre apro. Se per caso c'è undisposit ivo d'allarme, e arriva qualcuno, morireteall'istante.»

Trasportò l'uomo di fronte alla porta metallica elo tenne davant i a sé mentre con la mano liberacominciava a girare il pulsante.

Carleton strillò qualcosa che sembrava un "Nonaprite".

Crag allentò la stret ta at torno alla gola. «Unatrappola?»

«Sì. Moriremo tut t i e due se aprite in quellamaniera Aprirò io.»

Crag lo lasciò armeggiare con il pulsante. Oltrealle carte e ai document i, nella cassaforte c'eranodue cassette per i soldi.

«Qual è?» domandò Crag.

«Questa è mia» disse Carleton indicandone una.

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«L'alt ra è la cassa dell'albergo.»

Crag lo strinse nuovamente per il collo. «Prendiletut te e due, portale sulla scrivania e aprile.»

Aspettò che anche la seconda cassetta fosseaperta. Poi, gent ilmente, afferrò il diret tore per unorecchio e lo costrinse a sedersi di nuovo sullasedia. Lo avrebbe ammazzato con molto piacere,ma non era nella sua natura uccidere se non eraproprio necessario. Strappò a Carleton una partedei vest it i e lo legò e imbavagliò saldamente. Presele banconote di grosso taglio dalle due cassette.Non le contò, ma erano senz'alt ro molto più diquattrocentomila dollari. Uscì, si chiuse la porta allespalle e ritornò al suo appartamento, di nuovocontando le rampe di scale.

I t re che aveva lasciato nell'appartamento - Bea,Gert e Hauser - erano entrat i nel passaggio dietrolo specchio rot to e guardavano lo spettacolo dauno dei t re specchi più grossi: quello dove ilterzetto delle ragazze era al lavoro.

«Venite» ordinò Crag. «Dobbiamo uscire di qui,

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alla svelta.»

Nessuno dei t re disse una parola, ma loseguirono nell'ascensore verso il tet to.

«Le pale?» domandò all'inserviente.

«Nell'aereo, signore. Sono...»

«Grazie, vedrò da me.»

Salì sull'aereo, e gli alt ri lo seguirono. Decollò inun at t imo.

«Perché le pale?» chiese Bea.

Voltandosi verso la donna, Crag notò che Beaaveva in mano una bott iglia: gliela tolse, e la gettòdal finestrino. «Basta bere. Dobbiamo liberareGardin, e dovrete aiutarmi.»

«Ma... le pale? Non vorrete scavare una galleriadentro un grat tacielo di vent i piani...»

Crag non rispose. Stava lanciando l'aereo alla

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massima velocità possibile puntando a sud. Nonparlò per circa un'ora. Non rispose neppure alledomande che gli fecero. Alla fine, si rivolse a Bea:«Chiamate Gardin. Ditegli che saremo pront i frapoche ore. Chiedetegli se può resistere ancora.»

«Ma st iamo allontanandoci da Mars City!»

«Fate quello che ho detto.»

Bea estrasse dalla borsa il suo apparecchio eparlò brevemente, poi si mise in ascolto. «Va bene.Dice che può resistere, ma non crede che ciriuscirete. Adesso ci saranno circa duecentopoliziot t i at torno al palazzo, olt re a sei elicot teri sultet to.»

«Ditegli di non preoccuparsi, e di pensare solo aresistere.»

Bea parlò rapidamente, poi richiuse. «Gliel'hodetto» annunciò. «Ma perché non possiamo saperequello che volete tentare?»

«Va bene» disse Crag. «Ho nascosto

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un'astronave e andiamo a prenderla. Lo libereremocon quella. Mi fermerò davant i alla finestra così chepotrà saltare dentro.»

«Mio Dio, un'astronave a Mars City! Ma non è...»Rise improvvisamente. «Stavo per dire che non èpermesso. Posso dirlo a Gardin? Si sent irebbe piùtranquillo sapendo che state facendo qualche cosache ha molte probabilità di salvarlo.»

«Certamente riusciremo a salvarlo, ma non èprudente dirglielo. I poliziot t i possono avereintercettato la nostra t rasmissione ed essere incont inuo ascolto. Gli elicot teri non possonoabbattere un'astronave, e tanto meno possonofarlo i poliziot t i dalla strada. Ma se conoscessero lenostre intenzioni, ci aspetterebbero con i mezziadatt i per abbatterci, e il tentat ivo fallirebbe.»

«Ma faranno venire subito un'astronave dalla lorobase!»

«E noi ce ne andremo dal pianeta prima che loroabbiano il tempo di decollare. Adesso fate silenzioper favore. Sto cercando il punto di at terraggio, e

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non è facile t rovarlo, di not te.»

Atterrò due ore dopo. Alla debole luce di Phobose di Deimos, indicò una duna di sabbia di fronte aloro.

«Lo scafo è lì sot to» disse. «Hauser, prendetequelle pale e...»

«Pale?» disse Hauser stupito. «Ci vorrà un meseper rimuovere tut ta quella sabbia. Perché nonavete preso una scavatrice?»

«Impiegheremo una giornata per portarne quiuna. Ma non abbiamo bisogno di rimuoverla tut ta.Basterà scavare una galleria fino al portello che sit rova da questa parte. Una volta entrato, azioneròi motori, e la sabbia se ne andrà da sola.»

Cominciarono a spalare. Crag lavoròinstancabilmente, e così Hauser. Le donne sidavano il cambio con la terza pala. Quando avevafat to comperare le pale, Crag non sapeva che cisarebbe stata una quarta persona.

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Hauser era ansante. «Mio Dio, Crag, ci vorrannoore. Avete portato qualcosa da mangiare? Hofame.»

«Scavate più alla svelta, allora. Nell'astronavec'è del cibo. Sapete pilotare uno di quest iapparecchi?»

Hauser si asciugò il sudore della fronte e scossela testa. «No, ma credo che Gardin sia capace.Dove andremo? Su Venere?»

«Decideremo quando ci sarà Gardin.»

Anche con tre persone a scavarecontemporaneamente, fu un lavoro più lungo edestenuante di quello che Crag aveva previsto. Eral'alba, quando finalmente t rovarono il portellodell'astronave. Bea aveva chiesto diverse volte dipoter chiamare Gardin, ma Crag glielo avevasempre proibito. Se avessero localizzato in quelmomento da dove part iva la t rasmissione, non sisarebbero mai alzat i dal suolo. Furono necessaridiversi tentat ivi prima di riuscire a smuoverel'astronave dalla sabbia. Alla fine lo scafo si sollevò.

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Fece subito rot ta per Mars City, ma, dato che auna quota così bassa non era possibile spingerel'astronave a grande velocità, impiegarono circaun'ora. In viaggio, le due donne e Hausermangiarono le provviste conservate nella st iva. Poisi addormentarono.

Crag li svegliò quando ormai si t rovarono a solicinque minut i di volo da Mars City, e fece avvisareGardin di tenersi pronto al centro del palazzo, dallaparte nord.

Fu un lavoro cronometrico, dovuto all'abilità diCrag nel disporre lo scafo nell'esatta posizione.

Dalla strada, dai tet t i, dalle finestre degli alt ipalazzi, e dagli elicot teri, i poliziot t i spararono conogni arma disponibile. Ma il fuoco, che avrebbedistrut to in pochi secondi un aereo, non scalfivaneppure la spessa armatura dell'astronave. In unatt imo Gardin fu all'interno dello scafo, e il portellovenne richiuso.

Crag prese rapidamente quota e, fissata la

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rot ta, inserì il pilota automat ico.

«Salvi» disse poi. «Ci inseguiranno subito conun'astronave, ma non ci prenderanno.»

«Sei sicuro?»

«Sì. Non potremmo difenderci, perché questoguscio di noce non porta armament i, ma incompenso è più veloce dei loro.»

«Ma dove andremo?» chiese Gardin. «Cicercheranno ovunque. Non possiamo atterrare suMarte senza che loro vengano a saperlo. Andiamosu Venere?»

«Su Crager» disse Crag.

«Crager! Niente può at terrare su Crager!Neppure l'intera Flot ta Spaziale.»

Crag scoppiò a ridere.

«Ecco perché siamo sicuri lassù» disse.

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Ci furono discussioni anche dopo. Tutt i, especialmente le donne, pensavano che andare suVenere fosse la cosa migliore.

Il nuovo pianeta, dicevano, non era civilizzato.Su Venere, sarebbero stat i dei ricchi. Gardin avevaportato una valigia piena di gioielli favolosi cheaveva scelto con cura mentre i poliziot t i loassediavano. Il valore di quelle pietre, in base a unrapido calcolo, doveva aggirarsi sul milione didollari, anche rivendendoli a un ricet tatore. E Gardinle metteva nella cassa comune.

Naturalmente, era rischioso at terrare su Venere.Avrebbero dovuto toccare terra in una zona isolatae nascondere l'astronave come Crag aveva giàfat to su Marte. Comunque, una volta che avesseroraggiunto la cit tà, e avessero venduto una parte deigioielli, sarebbero stat i salvi. Anche se fossero stat i

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ident ificat i, avrebbero avuto la somma necessariaper pagare qualsiasi cauzione contro l'estradizione.E sarebbero stat i ancora ricchi.

«A cosa possono servire i gioielli su Crager?»chiese Bea.

«Potete metterveli addosso» rispose Crag.«Sarete la donna più riccamente ingioiellatadell'intero Sistema.»

Alla fine Crag li convinse. Gardin si spostò dallasua parte per primo, poi Hauser. Le donne furono leult ime ad acconsent ire.

Due giorni dopo, erano nelle vicinanze delpianeta, e Crag riprese i comandi. Gli alt ri volevanoche in quel momento fosse lui al controllodell'astronave, ricordando quello che era accadutoall'astrovedetta che aveva tentato il primoatterraggio. Crag si abbassò lentamente, pronto arisalire se qualcuno avesse cominciato ad avvert iredifficoltà nella respirazione. Ma nessuno ebbedisturbi, e lo scafo toccò il suolo con un perfet toatterraggio.

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Nel momento in cui l'astronave si immobilizzavasulla superficie del pianeta, una voce nella mente diCrag disse: "Benvenuto, Crag".

Lui rispose mentalmente, e guardò gli alt ri pervedere se anche loro avessero ricevuto qualchemessaggio. Ma nessuno diede segno di aversent ito qualcosa.

Crag aprì il portello senza neanche preoccuparsidi controllare se l'aria all'esterno fosse respirabile.Sapeva che avrebbe respirato aria simile a quelladella Terra. La trovò fresca, limpida, una carezzaper i polmoni. Gli alt ri scesero dietro a lui.

«Bene arrivat i» disse Gardin. «E adesso?»

«Un brindisi» propose Bea. «Tant i brindisi.»

Crag esitò, poi diede alla donna la chiave delripost iglio degli alcolici.

«D'accordo» disse. «Portate fuori qualchebott iglia, per celebrare il nostro arrivo.»

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Bea rientrò nell'astronave, e riapparve pocodopo con una bott iglia di woji. Sembravadisgustata. «Gran cosa quella riserva di liquori!Dieci bott iglie: due a testa. Cosa faremo quandosarà finita?»

«Ne faremo a meno, o t roveremo qualche t ipo diuva selvat ica e impareremo a fare il vino.»

«Accident i, Crag» cont inuò Bea. «Se losapevate già quando siamo part it i da Marte,perché non avete fat to rifornimento? Dopo averpreso a bordo Gardin, potevamo fare un'incursionesu qualche satellite art ificiale. Almeno avremmofatto una scorta di liquori sufficiente per un bel po'.»

Crag si strinse nelle spalle. Ci aveva pensato,per la verità, ma poi aveva concluso che nonconveniva. Dato che l'astronave non avrebbepotuto portare una riserva di alcol sufficiente acinque persone per tut ta la loro vita, tanto valevanon portarne affat to.

Prese la bott iglia quando gli venne offerta, ma ne

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bevve solo un sorso. Era t roppo occupato aguardarsi at torno e a fare progett i. Aveva portatol'astronave nelle vicinanze di un fiume. Nessundubbio che fosse d'acqua dolce. Una pianuraerbosa scendeva verso la riva. Oltre il fiume, unaforesta. Qualche pianta era familiare a Crag, alt recompletamente sconosciute. Senza dubbioavrebbero trovato cose buone, frut t i commest ibili ealt ro. Tutt i loro ne avevano bisogno. E la carne?

Come in risposta alla sua domanda e benchéfosse sicuro che l'autore di quel mondo non stavaascoltando, sentì in distanza l'urlo di un animale. Enel fiume i pesci guizzavano. Erano tut te cose di cuiavevano bisogno.

E forse non sarebbe mancato neppure un po' dipericolo! Era sicuro che tra gli animali ci fosseroanche quelli feroci. Bene, quella era un'ot t ima cosa.Le cose troppo facili non sono divertent i. Lo avevaimparato al Luxor.

Gli passarono ancora la bott iglia, una nuova. Nebevve un sorso e la passò al vicino, poi tese lamano verso Bea.

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«La chiave. È abbastanza per ora. Abbiamo dafare.»

«Di già? Se siamo appena arrivat i! Non voleteneanche lasciarci brindare all'avvenimento?»

Crag esitò, poi scosse le spalle. Perché no? Ilsole stava ormai calando e presto sarebbe statanotte. Perché non lasciarli bere, e lui con loro? Almatt ino, avrebbe pensato al da farsi. Inolt re lorocinque, tut t i fort i bevitori, avrebbero finito in fret tale dieci bot t iglie, e questo avrebbe risolto ilproblema del razionamento dei liquori. Perché nonliberarsi di quel problema in una volta sola?

«Va bene. Faremo baldoria. Ma prima ènecessario raccogliere un po' di legna per il fuoco.L'astronave è t roppo piccola per dormirci tut t i.»

«Perché il fuoco?» chiese Hauser. «Non fafreddo.»

«Lo farà probabilmente durante la notte. E nonpotremo raggiungere il bosco con il buio. Inolt re»

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accennò alla foresta, olt re al fiume «non sappiamocosa può uscire da quelle piante. Se qualcheanimale si avvicina, meglio vedere di cosa sit rat ta.»

Hauser corrugò la fronte. «Cosa vi fa pensareche possa esserci pericolo? Se ho ben capito,questo... essere alieno ha fat to questo mondoperché vi piaccia. Perché avrebbe dovuto metterciqualcosa che vi possa nuocere?»

«Perché mi conosce. L'ha fat to come lo volevoio. Perché avrebbero dovuto esserci gli agnelli, enon i leoni? Non lo desidererest i così, vero,Gardin?»

«Forse no» rispose Gardin «comunque, non avreimai voluto tut ta acqua e niente woji. Del resto,ormai che ci siamo, tanto vale prenderlo com'è.Forza, ragazzi, andiamo a raccogliere legna.»

La legna fu facile da trovare, appena olt re ilfiume. Crag mise Hauser di guardia con illanciafiamme mentre gli alt ri quattro si davano dafare. Un'ora dopo, mentre il sole stava ormai

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calando, avevano fat to una provvista sufficiente atenere il fuoco acceso l'intera notte.

Quando il sole scomparve all'orizzonte, tut t iammisero che era stata una saggia precauzione,almeno per quello che riguardava il calore. Senza ilfuoco, sarebbero stat i costret t i a ritornarenell'astronave. Bevvero un poco, poi t rasportaronole vivande all'aperto e mangiarono. Alla fine,ricominciarono a bere, e molto forte.

Stranamente, Crag non sent iva alcun desiderio dibere. Bevve solo qualche sorso. Pensava chealmeno uno avrebbe dovuto mantenersi lucido perbadare al fuoco e fare buona guardia agli alt ri. Epoi, ogni sorso gli sembrava meno buono delprecedente.

In fondo non aveva mai amato i liquori: siubriacava per evadere. E qui...

Verso mezzanotte... Crager aveva un periodo dirotazione quasi ident ico a quello della Terra... tut toil liquore era finito, e gli alt ri erano sdraiat i per terra,ubriachi. Faceva molto freddo, e Crag li aiutò a uno

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a uno a rientrare nello scafo, a sdraiarci sullebrandine. Poi uscì all'aperto, riat t ivò il fuoco e vi sisedette accanto. Solo. Non doveva dormire.Avrebbe potuto coricarsi nell'astronave, con leporte sbarrate. Ma non aveva voglia di stare alchiuso. Preferiva stare sveglio. Avrebbe potuto nondormire per diversi giorni se fosse stato necessario.

Il matt ino, vide la più bella alba che mai gli fossestato dato di ammirare.

Era un po' stanco, ma si sent iva meglio deglialt ri.

Mangiarono tut t i con grande appet ito.

«Bene, capo» disse Bea «quali sono gli ordini peroggi? O dobbiamo decidere tut t i insieme quello chec'è da fare? È una repubblica democrat ica lanostra, o no?»

«Vot iamo pure, se lo desiderate. Ma c'è unacosa che bisogna fare prima di tut to. Abbiamobisogno di una casa. L'astronave è t roppo piccolaper viverci a lungo in cinque. Dobbiamo costruire

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delle case di mattoni, piccole adesso. In seguitocostruiremo delle abitazioni più decent i.»

«Dove prenderemo i mattoni?» domandòHauser.

«Li faremo d'argilla, e li lasceremo seccare alsole. Dovremmo trovare l'argilla sulla riva delfiume.»

«Case di fango? Andremo ad abitare in casefat te di fango?» disse Gert , scandalizzata.

«Se avete un'idea migliore, di quella di vivere incinque dentro quello scafo, ditela!» risposeseccamente Crag. «Poi c'è la quest ione del cibo.Credo che ci siano scorte per cinque giorni almassimo. Forse per una sett imana, se lorazioniamo. Ma dobbiamo imparare a cacciare e apescare. Gardin, sei un buon t iratore?»

Gardin assentì.

«Allora questa è la mia idea per oggi. Tu dovrest iesplorare la foresta. Vai con armi leggere e non

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addentrart i t roppo nel folto, perché non sappiamoche razza di animali vi si aggirino. Dobbiamoprocedere per gradi, e non rischiare che uno di noivenga ucciso il primo giorno. Se desideri che vengacon te, verrò, ma...»

«Non ho bisogno di aiuto, Crag. Tu cos'haiintenzione di fare?»

«Voglio esplorare le rive del fiume per cercarel'argilla. Se trovo un deposito vicino, bene. Se netrovo uno troppo lontano, sposteremo il quart iergenerale. Voi, Hauser, avete mai pescato?»

«No.»

«Ott imo, così non avete preconcett i. E poi quidev'essere meglio che sulla Terra. Trovate del filo efate degli ami, poi cercate qualche esca cui i pescipossano abboccare. O fate delle ret i. O costruitedegli arpioni. L'acqua è limpida, e il fondale basso.O... accident i, t rovate da voi il modo di procuraredel pesce, questo è tut to. D'accordo?»

Hauser approvò, ma non si mostrò molto

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entusiasta.

«E noi?» chiese Bea. «Suppongo che abbiatedeciso voi anche per la nostra giornata.»

«Penso che dobbiate raccogliere la legna. Molta.Poi, vediamo... Se io t rovo l'argilla, mi potrete dareuna mano nella costruzione dei mattoni. Oppure, seGardin cat tura qualcosa, potrete togliere la pelleall'animale e far cuocere la carne. E cercate di farequalcosa per aiutare Hauser.» Rise. «Non viannoierete.»

«Non mi sto annoiando» disse Bea, con tonoaspro.

«Intendiamoci, io non sono il capo» precisò Crag.«Quest i non erano ordini. Ma sono tut te cose chedobbiamo fare se vogliamo sopravvivere. Ciascunopuò fare quello che gli piace di più, scambiando icompit i. C'è alt ro?»

«Sì» disse Gert . «È un maledetto posto, questodove ci avete portato. Avremmo dovuto recarci suVenere.»

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«Forse avremmo potuto arrivarci» intervenneGardin. «Ma è troppo lontano, adesso. Non cirimane carburante neanche per tornare su Marte, enon potete accusare Crag di averci convinto avenire qui. Comunque, questo non cambierebbe lasituazione. Andiamo.»

Crag fu fortunato. Trovò un deposito di ot t imaargilla a soli cento metri a monte lungo il fiume.Fece alcuni mattoni e li mise al sole per vedere inquanto tempo si asciugavano. Poi tornò versol'astronave. Bea e Gert avevano raccolto un po' dilegna, ma adesso sedevano rabbiose senza curarsidi aiutare Hauser.

Crag raccontò dell'argilla, e le invitò ad andarecon lui per preparare i mattoni.

Bea lo guardò in modo ost ile. «Abbiamo parlatodi questo, Crag. Noi non desideriamo un'alt ra casa.Vogliamo dormire nello scafo. Siete il solo chedesidera farsi una casa, perché dovremmoaiutarvi?»

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Crag sospirò, e decise di non discutere. Se ledonne volevano fare le recalcit rant i, stava ai lorouomini ricondurle alla ragione. Non volevaintromettersi negli affari privat i alt rui. Presto o tardi,si sarebbero stancate di dormire nello scafo, eavrebbero cambiato idea. E quando poi la riservadei viveri fosse finita, avrebbero aiutato piùvolent ieri negli alt ri lavori. Tornò al suo deposito, ecominciò a fabbricare mattoni.

Hauser non prese pesci quel giorno. E Gardintornò verso sera, portando solo un animale simile aun coniglio. Sembrava scoraggiato.

«Ne ho vist i molt i, di quest i animali, ma hosprecato tut t i i colpi. Sono spaventosamenteveloci.»

Aveva visto un grosso animale, ma troppodistante per capire di che t ipo fosse. E non erariuscito ad andargli vicino.

«Sulla Terra» disse «potevo seguire un uomoattraverso la cit tà per giorni interi e non perderlomai di vista, ma quest i animali selvaggi... Credo che

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non sia il mio mest iere. Voi, cosa avete fat to?»

Le due donne e Hauser rimasero zit t i, poigirarono gli oc chi verso Crag.

Crag scosse la testa, lentamente. «Gardin»disse «credo di avere commesso uno sbaglio. Sequesto posto non vi piace, se questa non è vita pervoi, penso di avervi fat to un torto. Desiderateancora andare su Venere e tentare là la fortuna?»

«Forse io mi potrei ambientare, se Bea se lasent isse» disse Gardin. «Ma mi basta guardarlanegli occhi per leggere la risposta. Sì,desidereremmo andare su Venere. Darei tut t i igioielli per avere carburante sufficiente...»

«Tienit i i gioielli» disse Crag. «Il serbatoio è quasipieno, e c'è carburante abbastanza per portarvi suVenere. Ho spostato i manometri durante il viaggio,mentre voi dormivate. Volevo che vedeste Crager.Speravo che vi sarebbe piaciuto come piace a me.Prendete l'astronave e andate.»

Le donne si alzarono di scatto, e Hauser rise.

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«Prendete l'astronave» cont inuò Crag «mascaricate le provviste che non vi servono per ilviaggio. E tut t i gli at t rezzi e le armi, t ranne le dueche potranno servire a te e ad Hauser. E prendiquesto.»

Diede a Gardin il grosso pacco di banconoteprelevate dalle cassette del Luxor.

«Cos'è?» chiese Gardin.

«Soldi. Non li ho mai contat i, ma credo siano piùdi mezzo milione di dollari. Qui sarebbero cartaccia,ed è meglio che li spendiate voi. Adesso scaricatel'astronave. Tutt i.»

Gardin sembrava indeciso, quasi rilut tante, ma glialt ri lavorarono veloci, probabilmente come nonavevano mai lavorato. Forse avevano paura cheCrag cambiasse idea.

Un'ora dopo, in piedi vicino al telone che coprivatut to quello che gli avevano lasciato, Crag guardòpart ire l'astronave.

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Si sent iva vuoto, dentro, né felice, né del tut toscontento, solo vuoto. Quello era il suo mondo, e lìsarebbe dovuto restare fino a che non fosse morto.Era solo, d'accordo, ma era abituato alla solitudine.Era infinitamente meglio passare la vita su quelpianeta, che tra la corruzione di Marte, di Venere, odella Terra. Era, e sarebbe stato il suo mondo:l'alieno che aveva scrutato nella sua mente gliaveva fat to t rovare lassù un ambiente adatto a lui.

Quando l'astronave part ì, era ormai scesal'oscurità. Troppo tardi per mettersi a costruire alt rimattoni. Era il momento di accendere il fuoco. Simosse verso il mucchio di legna che le donneavevano raccolto.

Aveva fat to un solo passo, quando la voce nellasua mente gli parlò.

"Hai fat to bene, Crag. Come te, quelli eranoribelli a una società cat t iva. Ma la ribellione non li haresi fort i. Ho capito, appena entrato nella loromente, che non sarebbero rimast i."

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«Avrei dovuto capirlo anch'io» disse Crag. «SoloGardin, forse... credo che si sarebbe fermatovolent ieri.»

"Era prigioniero. Sarebbe restato, se fosse statosolo, ma era indebolito dalla donna sbagliata."

«Esiste forse una donna giusta?» disse Crag,ridendo.

"Il tuo subconscio sa che esiste. Una. L'unica perte."

Crag si sentì sconvolgere dall'ira. «Hai osato...»

"Non diment icare che questo è successo quandot i ho riportato in vita. Prima di sapere che t i sarest irisent ito per l'intrusione nella tua mente. Ti hopromesso che in seguito non avrei più scrutato inte, e ho mantenuto la promessa. Posso fareentrare la mia voce nella tua mente, come in questomomento, ma ricevo solo quello che tu pronunci avoce alta, o che proiet t i verso di me con il pensiero.Conosco soltanto quello che c'era allora nella tuamente, ma dubito che qualcosa sia cambiato."

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Crag non rispose, e la voce cont inuò: "Ricordiquello che è successo a Judeth? Il disintegratore,sì. Prima che tu lo usassi, io avevo studiato mentee corpo di lei, e non ho diment icato la posizione diogni atomo, o molecola. E quest i atomi sonoancora qui. È stato facile separarli dagli alt ri econservarli."

«Per cosa?» La voce di Crag era quasi un grido.«È morta.»

"Anche tu eri morto, Crag. Ma cos'è la morte?Dovrest i saperlo. E io l'ho salvata, per te. Perquando tu fossi tornato. È stato abbastanza facileridare la vita al tuo corpo, ma collegare ogni atomo,ogni molecola nel..."

«Puoi farlo? Ne sei sicuro?»

"L'ho già fat to. Lei sta venendo qui, adesso. Set i volt i, la vedrai."

Crag si voltò. E, per un at t imo, rimase immobile,t remando, incapace in quell'at t imo persino di

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pensare.

"Non è necessario che le spieghi niente, Crag.L'ho messa io a conoscenza di tut to quello che èsuccesso. Ora mi rit iro dalla tua mente. Dallevostre ment i. Vi lascerò soli..."

E Judeth fu t ra le braccia di Crag.

FINE