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Fondato nel 1948 Sped. in abb. postale comma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96 Taxe perçue -Tariffa riscossa To C.M.P. Anno 66° n. 3 luglio 2014 Il quaderno del povero Gli anziani e noi La città della gioia Casa Miriam . Il quaderno del povero . Gli anziani e noi . La città della gioia . Casa Miriam

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Periodico della Famiglia cottolenghina

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Fondato nel 1948Sped. in abb. postalecomma 20, lett. C, Art. 2 - Legge 662/96Taxe perçue -Tariffa riscossa To C.M.P.

Anno 66° n. 3 luglio 2014

Il quaderno del poveroGli anziani e noiLa città della gioiaCasa Miriam

. Il quaderno del povero. Gli anziani e noi. La città della gioia. Casa Miriam

Periodico della Famiglia Cottolenghina e degli ex Allievi e Amici della Piccola Casa

n. 3 luglio 2014Periodico quadrimestraleSped. in abb. postaleComma 20 lett. C art. 2 Legge 662/96 Reg. Trib. Torino n. 2202 del 19/11/71

Indirizzo: Via Cottolengo 1410152 Torino - Tel. 011 52.25.111C.C. post. N. 19331107

Direzione IncontriCottolengo Torino

Direttore OnorarioDon Carlo Carlevaris

Direttore responsabileDon Roberto Provera

AmministrazioneAvv. Dante Notaristefano

Segreteria di redazionenuovo indirizzo [email protected]

RedazioneSalvatore Acquas - Mario Carissoni -

Collaboratori

Fr. Beppe Gaido - Nadia Monari - Gemma La Terra Patrizia Pellegrino

Progetto grafico

Salvatore Acquas

Stampa Tipografia Gravinese

Corso Vigevano 46 - Torino - Tel. 011 28.07.88

La Redazione ringrazia gli autori di articoli e foto,particolarmente quelli che non è riuscita a contattare.

Incontri è consultabile su: www.cottolengo.orgentrate a cuore aperto

http://chaariahospital.blogspot.comQuesta rivista è ad uso interno della Piccola CasaCottolengo

SOMMARIOIl punto 3Don Roberto Provera

Gioia e sofferenza: un binomio possibile 4-5Don Emanuele Lampugnani

Quadri che parlano 6-7 Mario Carissoni

Educazione 8-9 Alberto Arato

Il quaderno del povero 10-11Don Mazza

Gli anziani e noi 12-13Loredana Fraccaroli

La città della gioia 14 a cura di Salvatore Acquas

Il latte che salva la vita 15a cura di Salvatore Acquas

Fratel Luigi e il nostro sogno per Chaaria 16-19Fr. beppe Gaido

Catechesi a Madre Scolastica B 20-21Silvana e Alberto Appiotti

Professione perpetua di Fr. Robert Maina 22Fr. Luca Bianchini

Leggiamo un libro 23a cura di Salvatore Acquas

Chiesa collegiata SS. Pietro e Paolo di Carmagnola 24Beatrice

Pensavi di dare e invece... 25Margherita

Passi di felicità 25 Patrizia Pellegrino

Presentazione Casa Miriam 26-27 Suor Adriana Bonardi

Gli amici che ci hanno lasciati 28 Redazione

Noi Amici del Cottolengo 30 Patrizia Pellegrino

Convegno Ass. ex Allievi e Amici del Cottolengo 31 Dante Notaristefano

L’eredità 32 Redazione

Il punto

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Care Amiche e cari Amici,il periodico INCONTRI nonè un’espressione di bigottismo, ma non è neppuresolo una voce laicista, profana, estranea ai valori

della fede cristiana. No, non è così. Questo dev’esseresempre ben chiaro, nessuno dunque si meravigli di tro-varvi riflessioni esplicitamente ispirate da e fondate suvalori cristiani. Molto probabilmente, se tutto andrà se-condo le previsioni (composizione, stampa, spedizione...)riceverete questo numero di INCONTRI durante il tempo“sacro” delle vacanze. Certo questo tempo è diventato“sacro”, cioè un diritto (e quasi un dovere) per tutti gliItaliani a partire dalla seconda metà del secolo scorso.Ricordo molto bene come la mia mamma durante tuttoil tempo in cui ha gestito un negozio di ferramenta, cioèfino ai primi anni ottanta, abbassava la saracinesca dellavetrina e il 15 di agosto e talvolta il 14 e il 16, ecco lesue “ferie”, e quelle di tanti Italiani di allora. Adesso nonè più così, i tempi cambiano. Riflettiamo allora un mo-mento sulla parola “vacan za/e”, con cui soprattutto inambito scolastico si designa il tempo delle ferie. Il sensopiù corrente di tale termine include l’idea di essere liberidalle abituali occupazioni. Così quando manca il titolaredi un ufficio, si dice che il tale ufficio è vacante, cioèprivo della persona che abitualmente lo gestisce. Ora c’èda chiedersi: è possibile nell’attuale frangente storico –critico sotto diversi punti di vista a detta di tutti – sgan-ciarsi dalla realtà, per librarsi illusoriamente in un altromondo, sgombro da preoccupazioni, ansie, magari sof-ferenze, ingiustizie, miseria, violenza, guerre, fame, in-certezza circa il futuro, che invece purtroppo carat -te rizzano oggi l’esistenza di una porzione considerevoledell’umanità? È ragionevole questa evasione? Una par-tita di calcio può distrarmi – mettermi in stato di vacanza– per un attimo, ma dopo?Allora qui occorre tenere pre-sente un altro senso della parola “vacanza”. In latino ilverbo “vacare” significa pure attendere a, occuparsidi. E qui allora ci siamo. È da stolti evadere, fuggire onascondersi la realtà, piuttosto coperta da nubi minac-ciose. Occorre che tutti, ciascuno per la sua parte, ci rim-bocchiamo le maniche e ci mettiamo all’opera percambiare questo nostro mondo, per trasformarlo da de-

serto in giardino, ovviamente qui per mondo intendonon la terra – che ci offre meraviglie stupende – mal’umanità. So bene, che direte: questa è un’utopia, dache mondo è mondo quanti grandi uomini, magarianche santi, hanno tentato, ma invano questa impresa;lo stesso Gesù c’è forse riuscito? Allora dobbiamo ras-segnarci? Tirare i remi in barca? Arrenderci? No, no, no!E perché no? Perché questo nostro mondo (leggi sempreumanità) pur con tutte le sue negatività contiene unseme, un piccolo seme, forse, come quello della senape,ma pur sempre un seme, cioè un concentrato di vita, cheattende di esplodere, di crescere, di fruttificare. Questoseme è quello che i vangeli chiamano Regno di Dio,Regno di cui Gesù afferma: “è già in mezzo a voi”. Epossiamo veramente sperare, perché questo seme è cu-rato da uno speciale Giardiniere, che sa il fatto suo, cheben conosce ed esercita la sua arte, al punto che sta mi-steriosamente, ma realmente preparando un nuovoEden, un nuovo paradiso, infinitamente più bello diquello antico, da cui l’umanità si allontanò in tempi re-moti. Ci sarà forse qualcuno in grado di impedire oanche solo di ostacolare l’opera del Divino Giardiniere?Forse che il braccio di Dio si è raccorciato? La sua onni-potenza si è forse infiacchita? o la sua sapienza si è ot-tenebrata? o il suo amore si è spento o anche solo haceduto il posto all’indifferenza? L’Amore più grande èdiventato piccolo, piccolo, al punto di scomparire? Allorase questo Amore c’è – e c’è davvero –, e non piccolo,ma infinito, perché disperare, perché temere? Quel-l’Amore grande, che nutre gli uccelli del cielo, che vestein modo splendido i gigli del campo, sa, ci conosce eapre generosamente verso di noi la sua grande mano. Ache cosa allora noi dobbiamo attendere? Alla ricerca delRegno di Dio, della sua giustizia in tutto il nostro agirequotidiano, cioè della sua volontà, in una parola dob-biamo sempre seminare il bene, alla crescita penserà ilDivino Giardiniere.

d. Roberto

l’Amorepiù grande

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ma assumeva l’aspetto proprio di unapeculiarità personale; la sua intera vitaspirituale fu, infatti, caratterizzata da unbrio scintillante e da un sorriso simpa-tico. Significativo il fatto che nel giugnodel 1827 il Cottolengo comunicò a suopadre di aver scelto come patrono spe-ciale, per sé e per la sua famiglia d’ori-gine, S. Filippo Neri, il santo chiamato“il giullare di Dio” appunto per la sua al-legria.La gioiosità del santo traspariva inoltrenel suo sereno ottimismo, anch’essoumano e soprannaturale; la cordialitàdel tratto, la pazienza verso gli sgarbati,

Gioia e sofferenza, binomio possibile

Un elemento importante della spi-ritualità di san Giuseppe Cot -tolengo (e molto caro anche a

Papa Francesco) è il valore della gioia.È questa una caratteristica sorpren-dente in un luogo come la PiccolaCasa, dove si convive ogni giorno conla sofferenza. Cercheremo allora di ca-pire come sia possibile mettere as-sieme tali elementi: gioia e sofferenza.Il Cottolengo accolse e cercò di tra-smettere alle persone che incontravala gioia della Buona Novella del Si-gnore Gesù. La letizia del nostro santonon era riducibile a una gioia comune,

Spiritualità

“Abbi pazienza un poco, e poi vedrai come sarai contento in Paradiso!”

consolazione e nella speranza of-ferti da Dio; amore, consolazione esperanza che sono più forti di tutto,e che permettono quindi di lenire lasofferenza, insegnando a relativiz-zarla (tutto passa…) e a trovare unsenso e una speranza anche nel do-lore e nella morte.L’esempio del Cottolengo ci ricordache tutto passa, solo Dio rimane, equindi solo chi è in comunione conDio potrà vivere e gioire per sempre.E i volti sereni di tanti ospiti dellaPiccola Casa (sereni nonostante lasofferenza) testimoniano che tuttoquesto è proprio vero.

Don Emanuele Lampugnani

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la fiducia negli uomini, la semplicitàdell’agire, erano requisiti costante-mente presenti della sua condotta.Anche alcuni suoi modi di dire (peres. “Vivete allegri nel Signore”,“State allegri nel Signore”, “Po -verelli, ma allegri in Domino”) indi-cavano questa intima qualità del suoanimo. Sono interessanti, sempre a riguardodella gioiosità di san Giuseppe Cot-tolengo, anche le seguenti testimo-nianze: “Il Cottolengo è sempre...tranquillo e ilare, con lo stessoumore e con la medesima giovialità,senza lasciarsi abbattere dalle diffi-coltà e dalle contrarietà” (Sr. M. De-signavi), “in mezzo a questo mared’affari, di sacrifici e di noie (il santo)è sempre allegro sereno e faceto”(D. D. Bosso). Durante una predicaaddirittura disse: “Stiamo allegri!Non ho più di tre centesimi! Contutto questo stiamo allegri; abbiamofede nella Provvidenza” (Sr. PerpetuaCamagno. F.P. di L. Piano pag.173).A chi era a servizio dei poveri, ilSanto spesso diceva: “Il Signore nonbisogna servirlo di cattivo umore”,“Tutti sanno servire il Signorequando tutto va bene”, “Operare lecose con santa allegria e senza infa-stidirsi”, ed ancora, riprendendo unmotto di S. Filippo Neri: “Via gli scru-poli e le malinconie, non li vo glio incasa mia”; ed infine un detto cheesprime in modo chiaro che la sor-gente della gioia cottolenghina stain Dio: “Non dovete star malinconici,state con Dio, operate per Dio ed

il tutto andrà bene”. Un ultimo ele-mento importante che alimentava lagioia di san Giuseppe Cottolengoera il pensiero del Paradiso; pensierocapace d’alleviare ogni fatica e ognisofferenza. Egli era solito dire: “Uncantuccio in Paradiso ci farà dimen-ticare tutto”, “Brutta terra bel Para-diso”; accostando i malatiabitualmente diceva: “Abbi pazienzaun poco, e poi vedrai come saraicontento in Paradiso!”, ed ancora“Se tu sapessi come il Paradiso èbello! Te lo dico io, il Paradiso è unbel Paese”. Possiamo affermare cheil Cot tolengo fondava la propriagioia in Dio, nel sapersi continua-mente oggetto di cure da parte dellaDivina Provvidenza; la fede quindi inun Padre che tiene tra le sue bracciai propri figli e provvede loro, iniet-tava nel suo animo una gioiosa sere-nità, creando anche attorno a lui unclima di letizia spirituale. Possiamoquindi terminare dicendo che ciòche permette, nella spiritualità cot-tolenghina, il coesistere della soffe-renza e della gioia è: fondare ilsenso della vita, e quindi la pro-pria serenità, pace e felicità,nell’amore di Dio. Infatti, solo chifonda il senso della propria vita inDio, potrà essere sereno, nonostantetutto, perché in ogni situazionepotrà confidare nell’amore, nella

Spiritualità

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Dietro il capanno colline coltivate avigna si rincorrevano come dunenel deserto sino ai margini di unbosco secolare, unico depositario diun qualche rumore: il solo frusciodei rami mossi dal vento. Nel ca-panno la pace, noi, con i profumidella campagna, e l’uomo con ilpennello che per niente disturbatodalla nostra presenza pennellavafantasie di colori, fissando sul ru-vido telo l’immagine delle belle col-line che si stendevano nell’o riz zon-te, innalzandosi pian piano verso ilcielo. Seguivamo lo scorrere del suolavoro, silenziosi e molto interessati.

Racconto

Alto, magro, pallido e silen-zioso, presenza quasi imper-cettibile. E noi frugoletti

dietro di lui accovacciati a terra im-mobili, uno appiccicato all’altro pernon rovinargli addosso, ma lasciarespazio ai suoi movimenti. Sì, perchélui dalla posizione occupata al cen-tro del capanno, con molto garboe senza fretta, ogni tanto arretravadi un passetto, pennello in mano,prima a destra poi a sinistra, quindiavanti e indietro, per un istantesolo sospeso e immobile, poi por-tato all’orizzonte dei suoi occhi permisurare le geometrie che svilup-

pava sul rettangolo di tela biancaposato sul trespolo di legno. Nel-l’aria il profumo di colori e di fienodelle buone erbe lasciate crescerenaturalmente, per arricchirsi dell’humus di buona terra. Nient’altroattorno a noi nell’angusto capannotirato su con pochi mattoni e moltirami secchi intrecciati con paglia. In un angolo, vanga, rastrello ezappa del contadino per il lavoro ap-pena fuori, sull’unico tratto pianeg-giante della collina, poco più di unacucchiaiata di terreno, ma il più vi-cino ai campi di grano che si sten-devano e scivolavano verso valle.

Quadriche parlanoIl nostro amico attraverso i suoi paesaggi...

pegnati, ci restava poco tempo perrincorrerci tra prati e colline, così loperdemmo di vista. Gli echi dellaguerra si erano fatti intanto più vi-cini e non c’era più pace sulle no-stre colline. Arrivarono i tedeschi,occuparono la grande villa confi-nante col bosco e sulla “nostra col-lina” prigionieri ucraini co min-ciarono a scavare trincee. Incuriositi,andammo a vedere e, passando vi-cini al capanno, scorgemmo il no-stro pittore. Sem brava non esseresolo. Attraverso la porta socchiusagiungevano voci, così non ci avvici-nammo. Da casa, appena sotto lacollina, non mancavamo mai peròdi guardare il nostro capanno. Unbrutto giorno lo vedemmo avvoltoda fumo e fiamme, soldati tutt’at-torno che vociavano e strattona-vano due uomini. Uno era il nostro pittore taciturno,l’altro, forse, quello che avevamosentito parlare all’interno. Parti-giani, portati nella villa. Non se neseppe più nulla. Il nostro amico nonè però del tutto scomparso; riap-pare nei paesaggi delle sue opere,con i colori delle nostre colline tor-nate libere e che parlano di lui neitanti quadri esposti in una mostra,che ogni anno espone e ricordaquanto ci hanno lasciato dei gene-rosi giovani scomparsi.

Mario Carissoni

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“Avete osservato bene, metteremotutto nel prossimo quadro”. Era-vamo felici e orgogliosi del nostrocontributo, ma nello stesso tempoun po’ invidiosi. A scuola non riu-scivamo a fare cose tanto belle,però ricordando lui imparavamo adappassionarci al disegno, ci cimen-tavamo con i pastelli prima, gli ac-querelli poi e cosi via, anche noi amisurare l’orizzonte e scoprirequanto fosse ricco di cose minute,che messe insieme diventanograndi e belle, da rubare con gliocchi per fissarle nel cuore e poi tra-smetterle.Passa il tempo, terminiamo le ele-mentari, poi le medie; ormai più im-

Racconto

A scuola cominciavamo a fare qual-che disegno e poi quest’uomo silen-zioso era per noi un mistero, manon lo temevamo, si capiva che erabuono. Nel tardo pomeriggio smet-teva di dipingere, toglieva il quadrodal trespolo, lo copriva con teli pulitie lo accantonava in un angolo pro-tetto; raccoglieva pennelli e barat-toli dei colori in una cassetta dilegno e senza dire una parola, dopoaver fissato l’orlo dei pantaloni conmollette da bucato, inforcava la bi-cicletta e scendeva a valle dirigen-dosi verso Monza, ogni due tregiorni tornava e ogni volta semprenella medesima posizione gli stessigesti, che cambiavano solo quandoil dipinto era terminato. Allora riti-rava il telo in una valigetta di legnoe lo portava via. Prima però richia-mava la nostra attenzione, voleva loguardassimo bene e chiedeva se cipiaceva, se mai avessimo notatoqualcosa del panorama che a lui erasfuggito… Unica occasione, questa,in cui rompeva il silenzio e malgliene incoglieva. “Manca la ca-scina, il Resegone, le mucche al pa-scolo…”Prima l’accenno di unsorriso compiaciuto, poi serio:

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Lo specchio dei tempi

Alla mamma che ha il figlio ditrenta e più anni parcheg-giato a casa dopo la laurea,

disoccupato per scelta e occupatoa temporeggiare alla ricerca delposto ideale, adatto alle sue smi-surate capacità, chiedo: «Ma luicome vive questa situazione?»Lei risponde. «Pensi, che dopoavergli proposto alcune possibilitàdi lavoro, ha avuto il coraggio didire: Se mi aveste dato qualchecalcio nel sedere in più quandoero piccolo, magari adesso a lavo-rare ci andavo».La rutilante mamma affranta nonriesce a darsi ragione di quest’af-fermazione: ma come? Gli ab-biamo dato tutto quello che havoluto, un’ottima educazione, lapossibilità di studiare, non gli èmai mancato nulla, lezioni dipiano e pallanuoto, e lui dicecosì? Dove abbiamo sbagliato?La morale sembrerebbe fin troppoovvia: un adolescente non diretto,non guidato, è un adolescente in-

sicuro, un futuro adulto instabile,pavido, insipiente, privo di spirito disacrificio.Eppure credo che occorra rifletterepiù a fondo su questo ormai poconuovo fenomeno giovanile e partiredalle motivazioni che hanno con-corso a fare dei nostri ragazzi tantifuturi falliti o incapaci a reggerel’agone della vita. A farla semplicesembrerebbe tutta colpa di chi nonha saputo proibire mai nulla.«Voglio la macchinina», «Eccola».«Voglio il trenino», «Eccolo, amo -re». «Voglio un amico», «Aspettache lo cerchiamo insieme: magarifacciamo una bella festona di com-pleanno con tutta la classe». «Oggidevo essere interrogato e non sonopreparato», «Nessun problema. Tigiustifico così puoi prepararti do-mani». «L’allenatore mi ha trattatomale perché non mi sono impe-gnato», «Che mostro! Non se lodeve mai più permettere. Vado iodal presidente di società e glielafacciamo sentire, a quello lì».Se sondiamo a fondo le intenzioni

non possiamo che constatare unatensione positiva in questa dispo-nibilità fino all’ultimo respiro. “Vo-glio che tu faccia belle esperienze,voglio che eviti ciò che ti fa starmale, io, genitore ti devo difenderedalle brutture del mondo.” Il problema è che le brutte espe-rienze esistono, ciò che fa starmale esiste, le brutture del mondoesistono. Un buon genitore equi -librato sa che un bambino, un ra-gazzo, un giovane deve scontrarsicon la realtà. Nel passato, una vi-sione politicamente corretta dellagioventù ‘preservata’, cresciutanell’assenza di conflitto, non esi-steva.Spesso se un ragazzo sbagliava,oltre a prendersi una scoppoladalla persona o dall’istituzione dicui aveva violato la regola, si pren-deva anche la punizione dei geni-tori. Una norma diveniva così unvero e proprio ostacolo, un muroche riusciva a contenere la smaniadi esperienze tipica dei ragazzi. Eratutto bene? In alcuni casi sì, in altri

EducazioneDietro il vuoto ideale e la sofferenza educativa 

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Lo specchio dei tempi

Perché smidollato? Attenzione, ar-riviamo al cuore della nostra rifles-sione. Smidollato perché privo diidee. Specchio di un pericolosovuoto, anzi sottovuoto ambientalenel quale si cresce. La mancanza diproibizioni non è negativa in sé. Ènegativa in quanto risultato diun’impotenza, un’abdicazione adeducare, un’assenza di idee. Naturalmente il fenomeno è piùvasto. L’inanità educativa e, in ul-tima istanza, la rinuncia alle idee, èuna disgrazia ben più profonda:quella che ha permesso di svuotarele fabbriche da una parte per riem-

pirle di sfruttati altrove; quella cheha consentito a pochi vampiri diappropriarsi di patrimoni comunicondivisi, magari accumulati conla fatica di generazioni; quella cheha costretto tutti i nostri giovanimigliori ad andarsene, un’emigra-zione scelta, meno drammatica diquella costretta dall’indigenza, macomunque letale per il futuro diun Paese.È un processo logico quello chestiamo tentando di descrivere, iltentativo di spiegare un dramma:la mamma brillante ma un po’ in-cupita si interroga sul futuro delfiglio bamboccione, ma tutti dob-biamo interrogarci sul nostro fu-turo: fino a quando decideremo diabdicare al sogno di una societàin sviluppo, dove sviluppo non si-gnifica solo arricchimento o puntidi PIL, ma vuol anche dire evolu-zione della cultura dell’uomo e, inultima analisi, capacità di elabora-zione di idee?L’apertura senza idee, la globaliz-zazione senza idee, la culturasenza idee, l’educazione senzaidee hanno soltanto un merito:quello di creare un sottovuoto tal-mente spinto da rasentare la di-sperazione.

Alberto Arato

no, come è per tutte le cose. Macerto un dato di fondo è che ilsenso del limite, la consapevolezzache non tutto si può fare erano benribaditi da un clima generale di eticatutto sommato accettata.Oggi è tutto molto più complesso,anzitutto perché le regole non sonopiù così condivise. Le famiglie inquesto modo, anche le più equili-brate, si trovano a doversi scontrarenon solo con il rampollo che, a cac-cia di esplorazioni, tenta i limiti, maanche contro innumerevoli modi diinterpretare la vita e i tentativi diesplorazione dei giovani virgulti. In-somma un pasticcio, una confu-sione totale: io ti dico no, ma subitomi rinfacci che tutti i tuoi amiciquella cosa la possono fare. Ed èvero, non è solo una scusa millan-tata. Io ti indico una via, ma subitomi fai notare che ci sono enne casidi persone che si sono prese giocodi quel modo, magari un po’ fati-coso, di condurre il gioco. Lorohanno avuto successo. Perché io midevo sacrificare come mi dici tu?Ecco la ricetta esplosiva: protezione+ confusione = giovane smidollato.

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Racconto

scinano dietro forse molta più gente,ma non certamente un così generalecompianto e tanta pietà...Nessuno aveva preso d’assalto laroba abbandonata dalla Maria, nep-pure i parenti, perché a Ba stianettonon ci sono più poveri o forse per-ché i poveri di questo secolo hannobisogno di ben altro che di quellepoche cose... Sol tanto don Battistaaveva portato via da quelle stanzeun quaderno che era venuto fuoridal cassetto di una màdia. Un qua-derno tutto scritto, con la copertinaancora linda; come quello di unoscolaretto nelle prime settimane discuola, era per lo meno una cosafuori dell’ordinario in quelle stanzesquallide. Per questo se l’era infilatoin una delle sue sette capaci sac-cocce e, senza mostrarlo a nessuno,se l’era portato a casa, curioso di ve-dere che cosa di tanto interessanteavesse mai da dire una donna po-vera e mezzo analfabeta, per riem-pire un quaderno dalla prima

pagina all’ultima... Ebbene, voiforse non crederete, ma in quelquaderno la povera Maria avevaannotato, giorno per giorno, tuttal’elemosina che aveva ricevutodalla gente di Bastianetto fino allavigilia della morte, con una minu-ziosità e una precisione commo-venti.... «Perché quella povera donna avevavoluto ricordare tutte quelle piccolecose? A chi mai pensava di doverrendere conto delle elemosine chericeveva?...». Era quello che anchedon Battista si era andato chie-dendo per tutta la sera. Poi, ve-dendo che non riusciva a trovareuna risposta che valesse un cente-simo, decise di non pensarci più e,dopo aver mormorato una pre-ghiera per la povera Maria, si buttòsul letto.Ma certi pensieri, anche se tu riesciad accantonarli quando sei sveglio,ritornano quando dormi in compa-gnia di sogni, ora spaventosi, ora

La Confraternita della Caritàl’aveva messa là, dentro quelledue stanzette al pian terreno,

con un soffitto così basso che si toc-cava con una mano e dove la miseriasi pasceva assieme alle tarme, allepulci, cresceva con la polvere e tra-sudava, assieme al l’umidità, dai murineri e mezzo scro stati e dal pavi-mento di piastrelle di mattone, rottee malferme... La gente di Bastianettol’aveva aiutata a vivere fino a ses-sant’anni, finché, un inverno troppolungo e troppo freddo per i poveri,se la portò via per sempre. Morì unanotte, in fretta, all’insaputa dei più,Senza avere nessuno vicino di quelliche conosceva. La portarono a sep-pellire un pomeriggio di febbraio,con la gente che arrancava come po-teva in mezzo metro di neve e si sof-fiava sulle dita per vincere il freddo.Non per questo, però, quelli dellapovera Maria, furono funerali da po-veri... I ricchi, quando muoiono si tra-

il quadernodel povero

Abitava là, in quella brutta e vecchissima bicocca

di via Roma, dalle pareti tutte rosse e con quell’enorme sperone che, sporgendo da uno spigolo della facciata, si affonda nel selciato come il vomero di un aratro. La povera Maria era cresciuta tutta sola, con addosso un’artrosi che l’aveva ingobbita davanti e dietro, l’asma bronchiale che la martirizzava tutta la notte e una tosse che si sentiva dalla strada.

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Racconto

dolci e sereni. E don Battista quellanotte sognò e fu tanto bello quelloche sognò, che oggi non può fare ameno di raccontarlo a tutti... «Hovisto – racconta don Battista – lapovera Maria in Pa radiso. Sapeteche non era più gobba e vestivacome una principessa? Se ne stavalì a parlare col Signore Gesù, pro-prio come io adesso parlo con voi». «L’anima mia magnifica il Signore –sentivo che diceva – perché Egli si èdegnato di prendersi tanta pena peruna piccola cosa come me... Ti con-fesso, tuttavia, – diceva al Signore –che tutta questa luce, tutta questaricchezza che mi sta attorno, mi stor-discono e mi mettono in sogge-zione... Le case di noi poveri sonosempre così brutte!... E poi, qui... cisarà tutta gente... in su... Questo èun palazzo per i signori, e noi poveri,Tu lo sai, non sappiamo fare congente come quella... Io vorrei star-mene in un angolo, tutta sola, comeho sempre vissuto...». «No, santa mia creatura! – le ri -spose il Signore – Qui non troveraigente in su, come dici tu... Qui diricchi non ce n’è neppure uno...Questo magnifico Paradiso non èche un’immensa “Casa del Po vero”e la ricchezza che vedi, la pace e laluce non sono che per compensarevoi poveri per tutta la miseria sof-ferta sulla terra... Sta’ tranquilla,Maria e vieni con me a prenderepossesso del Regno del Padre mio etuo... ». «Aspetta, mio Signore, – soggiunseMaria che pareva incredibilmentepreoccupata – temo di non essereancora degna del Pa radiso... Ho unagrande pena qui, in fondo al cuore.Mi rincresce di essere morta così in

fretta, senza aver potuto dire al-meno un grazie a tutti quelli che mihanno aiutata a vivere». A questo punto, ho visto che la no-stra Maria frugava tra le pieghe delsuo vestito e poi tirava fuori un qua-derno in tutto simile a quello che mivedete tra le mani e lo porgeva al Si-gnore dicendo: «Vedi? Mi sono por-tata dietro questo quaderno in cuiho segnato il nome di tutti i miei be-nefattori. Ho pensato che qui inCielo avrei avuto più tempo e piùmezzi per ricambiare la loro carità...Mi aiuterà a non dimenticare nes-suno...». Il Signore prese il qua-derno, lo sfogliò attentamente e poi,sorridendo, accarezzò sul capoMaria. «Com’è bella l’anima dei po-veri! – sospirò con una dolcezza in-finita – io stesso ti aiuterò aricompensare i tuoi benefattori, madel quaderno non avrai bisogno qui,perché anch’io, nel mio grande librod’oro, ho scritto le stesse cose». «Dici davvero, Signore?... Propriotutto?... Anche le cinquanta liredella Clementina e la pagnotta chemi ha regalato la Giu sep pina?...» «Sì, Maria... Tutto, anche quelli cheti hanno aiutata di nascosto senzache tu non ne sapessi nulla... Non

dimenticare che tutto quello che lagente fa ad un povero lo fa a Me, ei loro nomi vengono scritti in Cielo.». Maria adesso era davvero tran-quilla e felice! Si era buttata gi -nocchioni per terra e non cessavapiù di baciare i piedi del Signore. «Prendi il tuo quaderno – le dissepoi Gesù – e buttalo giù sulla terra,affinché chi lo vede, impari ad aiu-tare i poveri ed a ricordare soltantoi benefici ricevuti, di menticando leoffese. Perché questa è la miaLegge... ». Come una foglia, che inautunno si stacca dall’albero escende lentamente verso terra don-dolandosi nell’aria, così ho visto ilquaderno della povera Maria scen-dere dal Cielo, proprio sopra dime... Lo vidi diventare sempre piùgrande e avvicinarsi; quando cercaidi scansarmi per non prendermelosulla testa, mi svegliai... Io credo –conclude il suo sogno don Battista– che sarà un brutto giorno per tuttiquando crederemo che non ci sianoaffamati da sfamare, ignudi da ve-stire, afflitti da consolare...».

Don Mazza

...questo magnificoParadiso non è cheun’immensa “Casadel Povero”

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Testimonianza

Per aiutarli a sentirsi persone “vive”

L’idea di Loredana era semplice: leggere ogni tanto agli ospiti di quella casa di riposodelle esperienze positive. È stato come il sole che fa rispuntare l’erba.

gli AnzianieNoi

Da anni avevo abbandonato le pratiche religiose. Dionon era completamente scomparso dalla mia vita. Daragazza, ammiravo la creazione che mi parlava di Lui.

Da adulta, attraverso una persona amica, ho scoperto cheDio mi amava e ho sentito l’attrattiva a ritornare in chiesa.Avevo trovato un tesoro che ora dava un senso alla mia vitae per non perderlo ho capito di doverle dare una sterzata,mettendomi ad amare il prossimo. Da allora il lavoro chesvolgo – sono ergoterapista in una casa per anziani a Ca-stelrotto, un paese arrampicato sul versante est del lago diLugano – ha acquistato un altro significato. Avrei voluto tra-smettere un po’ di quella luce che palpitava dentro di me atutti quelli che incontravo. All’inizio non è stato facile.Spesso mi sentivo respinta da una buona parte dei colleghi,che volevano impedirmi ogni iniziativa che lasciasse traspa-rire la luce della fede. Per me però nulla cambiava nel cuore.Potevo sempre amare anche coloro che mi contrastavano.Una volta all’anno tutti i dipendenti hanno un colloquio coni responsabili. Quest’anno, dopo una breve valutazione po-sitiva sui lavori che confezioniamo, passiamo agli obiettivi.

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Testimonianzadi loro m’interpella: «No, io nonvengo ad ascoltare. Se penso allamia vita… sai, ho avuto esperienzemolto diverse: altro che libro potreiscrivere...». Mi sento un po’ delusa,ma subito correggo il mio atteggia-mento e l’ascolto. Le propongo, selo desidera, un colloquio. Accetta efissiamo un appuntamento. È arri-vata a novant’anni – vengo a sapere– portando in sé una ferita apertada quando ne aveva sette. Aspet-tava il momento di potersene libe-rare. Quella ferita non era stata maiperdonata, anche perché, essendonon credente, non poteva attingeredalla fede la forza di poterlo fare.Parliamo del perdono, delle realtàfuture che ci attendono, dell’esi-stenza di Dio… Passiamo insiemeun’ora e mezzo; alla fine dice dinon essersi mai sentita così libera enon finisce di ringraziare. Il rapportocontinua, confida altre vicissitudiniin cui sta scoprendo l’intervento diDio. In breve, sta ritrovando anchela fede. E così pure con altri.Quando l’età avanza, è difficile su-perare dolori, torti subiti, ostilità.Quan to a me, mi sto rendendoconto che l’amore che cerco di darea queste persone è come un soleche a primavera fa spuntare dinuovo l’erbetta sulla terra arida.

Loredana Fraccaroli

Oso esprimere, pur sapendo che icolleghi non hanno la stessa lun-ghezza d’onda, il desiderio di dedi-care più tempo al dialogo con inostri ospiti. Sono sorpresa dallaloro risposta. «Notiamo – mi dicono– il bel rapporto che hai con loro, lisai ascoltare, comprendi le loro ne-cessità. Si confidano: sei per loro unpunto di riferimento importante.Apprez ziamo anche il rapporto chehai con il pastore evangelico, anzisarebbe bene poter sviluppare ulte-riormente la collaborazione con lui».Pro pon go allora la mia idea: avere lapossibilità di raccontare, leggereogni tanto agli anziani delle espe-rienze positive di vita cristiana, cosìda aiutarli a sentirsi persone “vive”.La risposta è positiva: «Allora potre-sti dedicare il mercoledì pomeriggioa questo, formando dei gruppetticon le persone che lo desiderano.Pensiamo di realizzare anche ungiornale della casa, così, oltre aduna rubrica ricreativa e alle attivitàpratiche, potremmo inserire anchequelle storie di vita e ciò che esse su-scitano». Non mi pare vero. È unaconquista sognata da anni. Dopoaver iniziato a trasmettere questiflash di vita cristiana, mi accorgoquanto le persone ne godano,

quanto siano assetate di esempi veri,autentici. Una volta, la responsabiledel reparto apre la porta e dà un’oc-chiata dentro, mentre sto leggendo,per poi subito ritirarsi. In seguito midice: «Non volevo disturbarvi, rom-pendo il clima di attenzione che hoavvertito fra voi...». Un’ospite si con-fida: «Quan do sono arrivata qua,sentivo un peso così forte al pettoche non mi permetteva quasi di respi-rare; ora, dopo aver ascoltato questestorie, respiro a pieni polmoni. Ri-trovo la forza che certe letture mi da-vano in gioventù». Intanto fra glianziani circola la voce su queste oc-casioni nuove che condividiamo. Una

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Ricordi

La CittàdellaGioia“Non capiremo mai abbastanza

quanto bene è capace di fare un sorriso.”

“Il pregio di una fotografia sta nell’immediatezza del suo linguaggio: istanti, esperienze e persone, lontane nel tempo e nello spazio, rivivono nel presente.

Sul filo della memoria a cura di Salvatore Acquas

Uno strano incantesimo

Ti sembra la vecchia fotogra-fia di una ban da di paese: glistrumenti lucidi, i volti sorri-

denti dei suo natori… Chi l’ha fatta na sce re? Perchémalati e handicappati vi suonano

insieme, per sé e per i loro com-pagni di dolore? Mi sembra di avvertire dentro unasola spiegazione, forte: in questoluogo, regno del dolore, non c’èdolore, c’è soltanto gioia. La Piccola Casa della Divina Prov -videnza – a tutti nota come Cot-tolengo dal nome del santofondatore – è come la città diMadre Teresa, descritta così bene

da Dominique La Pierre. Calcuttadiventa, per uno strano incante-simo, grazie al dolore trasformatoin amore, città della gioia. Donare e ricevere vi compongonola stessa melodia. Nella Casa della Divina Prov vi -denza la gioia non co no sce di ver -sità né tem po.

A cura di Salvatore Acquas

il latte che

salva la vita

Aveva fame. Si accorse che gliera rimasta solamente unamonetina da dieci centesimi.

Per pagarsi gli studi vendeva benidi porta in porta. Stavolta alla pros-sima casa avrebbe chiesto qualcosada mangiare. Restò spiazzatoquando ad aprirgli venne una gio-vane donna. Le parole gli morironosulle labbra e gli riuscì di chiederesolo un bicchier d’acqua. Nel vederlo così affamato lei pensòdi portargli un bicchierone di latteche lo studente bevve lentamente.Alla fine chiese: “Quanto Ledevo?” “Nulla, – rispose lei – mamma ci ha

insegnato a non accettare maicompensi per una gentilezza”.“Allora La ringrazio di cuore” fu larisposta del giovane. Quando lasciò quella casa, non sisentiva più forte solo fisicamente,ma anche la sua fede in Dio e nell’uomo si era rafforzata. Pocoprima era stato quasi sul punto dilasciarsi andare... Anni dopo, quella giovane donnasi ammalò gravemente. I dottori lo-cali non sapevano come affrontarela situazione e alla fine la manda-rono in una grande città pressouna clinica privata, affinché deglispecialisti studiassero quella rara

malattia. Fu chiamato per un con-sulto anche il Dott. Giovanni Rossi,al quale, all’udire il nome della cittàdi provenienza della donna, unastrana luce riempì gli occhi. Imme-diatamente si levò e corse verso lacamera d’ospedale. Av volto nelsuo camice andò a visitarla e subitola riconobbe. Uscì da quella stanza determinatoa fare tutto il possibile per salvarlela vita e da quel giorno riservògrandi attenzioni al caso. Dopo una lunga lotta la battagliafu vinta. Il Dott. Rossi chiese all’amministra-zione di comunicargli il conto, perla sua approvazione. Dopo averne presa visione, scrissequalcosa in un angolo e lo fece re-capitare nella stanza della donna.Lei temeva di aprirlo, ci avrebbemesso una vita per pagarlo. Alcuneparole però attirarono la sua atten-zione: “Pagato interamente con unbicchiere di latte”. Dott. Giovanni Rossi.

Testimonianze

Qualunque cosa facciate, fatela di cuore.

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Testimonianza

Chaaria è per noi un sogno darealizzare giorno dopogiorno, e in questo sogno ri-

conosciamo la presenza di FratelLuigi come modello ed interces-sore. Già da molti anni Fratel Luigiha ispirato il nostro servizio ed èstato uno stimolo nella ricercadella nostra santità cottolenghina:sin dagli albori dell’ospedale lo ab-biamo quindi scelto come patronodel nostro ambulatorio; da sabatoscorso inoltre a lui è stata dedicatala nuova sala operatoria, inaugu-rata con gioia dopo una lunga at-tesa.

Le ragioni di questa scelta sono varie.Prima di tutto vediamo nello stile divita di Fratel Luigi un modello ispira-tore particolarmente adatto alla re-altà di Chaaria. Luigi ha amato eservito i poveri e gli ammalati contutto se stesso, spendendosi per lorosenza riserve e fino al sacrificio dellavita. In loro sempre contemplava ilvolto di Cristo, e continuamente siprendeva cura di loro “come in gi-nocchio”. In questo c’è di esempio eci sprona qui a Chaaria, dove cer-chiamo di non dire di no a nessunoe dove ci sforziamo di spendere tuttala nostra vita nel servizio, giorno e

Riconoscere Gesù nel malato che assistiamo, è per noi missione e ricompensa allo stesso tempo, proprio come è stato per Fratel Luigi“ “

Fratel Luigi e il nostrosognoperChaaria!

notte, sette giorni alla settimana. Rico no scere Gesù nel malato cheassistiamo, sono per noi missionee ricompensa allo stesso tempo,proprio come lo è stato per FratelLuigi. Personalmente lo sento vi-cino quando una folla di malatiambulatoriali mi assedia e chiedecon insistenza e impazienza il mioservizio, senza rendersi conto chenon ce la faccio più e che sonostato al lavoro dalla notte prece-dente senza un minuto di stacco.Mi incoraggia quando accolgo uncliente pieno di piaghe, puzzo-lente, magari coperto di pulci pe-

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Testimonianzanetranti e larve di mosche: ripensoallora a Luigi intento a fare i bagniai “barboni” ed a tagliar loro le un-ghie, e supero il senso di ribrezzoche spesso certe situazioni ancorami provo cano. Ricordo spessissimoFratel Luigi quando sono chiamatodi notte: lo descrivono sempreuguale a se stesso, calmo e sorri-dente in qualunque momento,anche dopo tre emergenze in unasingola nottata. Fr Luigi mi stimolaa non mollare, a non scoraggiarmi,sebbene talvolta mi venga la tenta-zione della “stanchezza” non solafisica ma anche interiore. Mi piace-rebbe essere sempre uguale a mestesso, ma il mio uomo vecchioqualche volta mi rende molto ner-voso e irascibile, se non dormo dinotte; mi sento quindi ancoramolto lontano da quel particolaretipo di carità indicato da FratelLuigi. Comunque non demordo egiorno dopo giorno intendo imi-tarlo e magari chissà, alla fine saròun po’ meno dissimile da lui.E che dire di Fratel Luigi in salaoperatoria. La sua presenza spiri-

Ecco perché Fratel Luigi doveva essere il patrono della nuova sala operatoria: ci ha lavorato per tanti anni e conosce quindi tutte le difficoltà che anche noi incontriamo giorno dopo giorno...

“ “

tuale è importantissima durante lelunghissime sedute chirurgiche cheormai caratterizzano il nostro la-voro a Chaaria. Lo prego spesso insilenzio, quando, a metà di un in-tervento complesso, non so piùcome andare avanti. Mi sento incomunione con lui, anestesistaprovetto, quando di notte e neifine settimana sono il solo a fare lespinali e ad addormentare i malatiaffetti da patologie urgenti o datravagli complicati. Quante volte

non riesco a trovare lo spazio inter-vertebrale per la spinale, ed in predaalla disperazione mi rivolgo primaall’Angelo Custode e poi a FratelLuigi per un aiuto dall’alto! Eccoperché Fratel Luigi doveva essere ilpatrono della nuova sala operatoria:ci ha lavorato per tanti anni e cono-sce quindi tutte le difficoltà cheanche noi incontriamo giorno dopogiorno. Ha sperimentato l’angosciache si prova quando un’operazioneva male, quando un malato san-guina in sala e non hai sangue datrasfondere, o quando per motivi aldi fuori della nostra portata, un ma-lato non si vuol più svegliare dal-l’anestesia. Lui è un modello anchecome donatore: sappiamo che aChaaria il sangue è un’emergenzacontinua, e le nostre scorte nonsono mai sufficienti a coprire il fab-bisogno dell’ospedale. Ogni tre mesidoniamo ai malati il nostro sangue,e chiediamo ai volontari che se losentono di fare lo stesso. Mentresono sdraiato sulla barella e sento ilmio sangue fluire nella sacca, ram-mento sovente Fratel Luigi che il

sangue lo donava direttamente alpaziente. Immagino anche la suagioia, quando vedeva il malato rifio-rire dopo la trasfusione: pure taleaspetto lo sperimento così spesso aChaaria. Fratel Luigi non lavoravasolo in sala e non si occupava solodei “senza fissa dimora”: egliamava e coccolava i “Buoni Figli”,quando erano ricoverati in ospe dalein tempo di malattia. Da lui voglioimparare la tenerezza verso i nostridisabili, che anche per Chaaria sono

la perla e la pupilla dell’occhio.Un’altra ragione per aver sceltoFratel Luigi come patrono dell’am-bulatorio e della nuova sala opera-toria sta nella sua grande forzaorante: egli era un contemplativonell’azione. Sa peva pregare e rac-cogliersi in ogni momento (tra unintervento e l’altro; aspettandol’effetto dell’anestesia o il risvegliodel paziente): l’attività ospedalieradi Chaaria è per me una continuasfida da questo punto di vista. Sap-piamo tutti che la preghiera è ilprimo e più importante lavoro dellaPiccola Casa; siamo perfettamenteco scienti anche del fatto che il ser-vizio di carità esplicato per amoredi Dio diventa un autentico atto diculto (come recitano le Costi tuzionidei Fratelli Cot tolenghini). Nellostesso tempo però il rullo compres-sore del lavoro quotidiano a Chaa-ria rischia di svuotarmi, di esauriretutte le mie energie in un’attivitàfrenetica che alla fine mi toglieanche la forza interiore per elevare

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Testimonianzaun pensiero al Signore. In pratica ri-schio ogni giorno di lasciar da partequel Dio per cui dichiaro di spen-dermi da mane a sera. Luigi è statoun gigante anche in questo “equili-brato rapporto” tra attività e con-templazione, e a lui mi rivolgo comeguida e come modello di preghiera,oltre che di servizio. Fratel Luigi inol-tre è anche una persona di silenzio.Parlava poco e scriveva ancor meno,ma con il suo esempio di vita haevangelizzato molto di più di tantipredicatori. Da questo punto di vista Fratel Luigimi pare proprio un Francescano, nelsenso più puro della parola: quando,infatti, Fran cesco mandò i suoi fratiad evangelizzare, disse loro: “andatee predicate… e, se necessario, usateanche le parole!”. Trovo bellissima questa espressionedel Santo di Assisi: l’evangelizza-zione spesso non ha bisogno di pa-role. Ripenso anche a una frase diPaolo VI, secondo cui il mondo oggiha più bisogno di testimoni che dipredicatori. Così è stato Fratel Luigi;e così vorrei che fosse Chaaria: lavita donata completamente vuolediventare annuncio del Vangelo,anche se di tempo per parlare diGesù ce n’è proprio poco. Come ve-

dete, anche se Fratel Luigi non èmai stato in Africa, la sua vita è inpiena assonanza con quel che vi-viamo a Chaaria. Pur essendo vis-suto in un altro continente, la suavita e il suo esempio ci illuminano,ci danno forza e ci ispirano nel no-

Fr. Luigi mi stimola a non mollare, a non scoraggiarmi, sebbene talvolta mi venga la tentazione della “stanchezza” nonsola fisica ma anche interiore.

“ “stro cammino di santità cottolen-ghina. Ecco perché ora è anche ilpatrono della nostra stupenda salaoperatoria!

Fr. Beppe Gaido

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Testimonianza

...la sua vita e il suo esempioci illuminano, ci danno forza e ci ispirano nel nostro cammino di santità cottolenghina.

“ “

1. All’interno delll’Ospedale2. Fratel Bordino in corsia3. Fr. Beppe e la sua équipe4. Fr. Beppe in sala operatoria5. Fr. Bordino tra i ferri chirurgici6. Fr. Bordino in sala operatoria7. Quadro di Fr. Bordino

di Lia Laterza8. Cottolengo Mission Hospital

di Chaaria

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Volontariato

Siamo stati interpellati per for-mare, insieme a Sr. Maria DallaSega, un gruppo di catechesi ri-

volto alle suore anziane di MadreScolastica B, reparto dell’In fer meriaSS. Tri nità.Abbiamo accettato conentusiasmo per due motivi: ilprimo, consistente nel fatto che laproposta sottendeva una stima neinostri confronti e una fiducia nellenostre capacità, il secondo, consi-stente nell’opportunità che c’eraofferta di fare una concreta espe-rienza d’incontro tra laici e religiosie di confronto su differenti stili divivere il cristianesimo.Due differenti vocazioniLa prima cosa emersa dall’incontro

consiste nel fatto che entrambe leesperienze di fede ha in comuneuna vocazione fondamentale: per lacoppia il sacramento del matrimo-nio, per le suore la professione reli-giosa. Da questa realtà è emersauna reciproca confidenza e stimaderivanti da due modi di vivere ilproprio cristianesimo che, pur es-sendo differenti, sono accomunatida un unico obiettivo: vivere comeCristo ci insegna.

Lo schema degli incontri

La catechesi interessa tre momentiliturgici dell’anno: l’Avvento di pre-parazione al Natale, la Qua resimadi preparazione alla Pasqua ed iltempo che precede la Pentecoste.Ogni incontro settimanale di cate-chesi si basa sul confronto tra lapropria vita e i contenuti della no-stra fede; si svolge con l’ausilio disussidi predisposti dal Centro Ca-techistico. Tali sussidi suggeriscono la tracciadell’incontro e sono importantiperché garantiscono l’omogeneitàdella catechesi stessa all’internodei vari reparti.

CATECHESI A MADRE SCOLASTICA BFinalmente un incontro tra laici e religiosi!

CATECHESI A MADRE SCOLASTICA BFinalmente un incontro tra laici e religiosi!

NUOVI PERCORSI DI VOLONTARIATO

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VolontariatoIl nostro gruppo si è organizzatonel seguente modo che prevededue momenti distinti: un primomomento di riflessione e condivi-sione tra i catechisti sul tema spe-cifico dell’incontro.Un secondo momento di confrontocon le suore del reparto.Il primo momento prevede di condi-videre la riflessione che ogni catechi-sta ha scritto ripensando il temadell’incontro in chiave generale, cri-stiana e personale. Mo mento im -portante perché in esso si co mu-nicano le proprie esperienze di vitain positivo e in negativo (successi edifficoltà) in un clima di serena e af-fettuosa comunione. Questa condi-visione costituisce inoltre un’efficacepreparazione al successivo momentodi confronto con le suore.Segue un momento di preghiera.Siamo consapevoli di avviarci a uncompito importante e delicato eabbiamo bisogno di aiuto.Il secondo momento costituisce ilcuore dell’incontro. In esso si cercadi rendere nuovi e più attuali con-cetti ovviamente già noti nel tenta-tivo di uscire dal ripetitivo e dico municare il nostro modo perso-nale di leggere la parola di Dio e ren-derla concreta nella nostra vita.Anche questo momento segue loschema suggerito dal sussidio e pre-vede:

.L’accoglienza del gruppo.Una preghiera iniziale.L’annuncio del tema dell’incontro.La comunicazione di vita che con-siste nel calare il tema stesso nellarealtà quotidiana..La proclamazione della parola diDio che consiste nella lettura diun brano della Bibbia..Il commento alla lettura effet tuata.L’attualizzazione dei temi dellalettura che consiste nel confrontotra parola di Dio e vissuto perso-nale..La visualizzazione di un’immagineche possa ricordare e riassumereil tema dell’incontro (l’immagineè inserita su un pannello che per-mane ben visibile nel reparto).

.Una preghiera finale..La conclusione dell’incontro conun messaggio finale e con un’in-tenzione di preghiera da svilup-pare nella settimana seguente.

Durante l’incontro è importantecoinvolgere le suore a compieregesti significativi e coerenti con imomenti ed i temi trattati (peresempio: tenere il cero acceso du-rante la lettura della parola di Dio,apporre personalmente sul pan-nello figure o frasi personali, ecc.).Inoltre è utile stimolare la parteci-pazione al dialogo e ai momenti dipreghiera.

Silvana e Alberto Appiotti

NUOVI PERCORSI DI VOLONTARIATO

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Notizie

Professione perpetua di

Fr. Robert Maina

Sabato 10 maggio alle 15.30,presso la chiesa grande della Pic-cola Casa, ha avuto luogo la cele-

brazione eucaristica all’interno dellaquale Fr. Robert Maina Muturi haemesso la sua professione religiosaperpetua. Come sempre in queste oc-casioni, la Piccola Casa manifesta concalore la sua partecipazione a uno deimomenti più importanti nella vita di unconsacrato. Questa volta Fr. Robert hapotuto godere di due doni particolari,il primo dei quali certamente imprevi-sto: Padre Lino per motivi di salute nonè volato in India, dove lo attendeva ildiaconato di Shijo e Vincent, i due pro-fessi della Società dei Sacerdoti Cot to -len ghini. Rimasto in Italia, ha dato lasua disponibilità a presiedere la cele-brazione per la professione di Fr. Ro-bert. Il secondo dono, altrettantogradito: la presenza di Casa For -mazione ad animare alcuni momentisalienti della celebrazione e il mo -mento del rinfresco. Anche le giovanisuore avevano altri impegni, ai qualihanno rinunciato per partecipare allafesta di Fr. Robert. Premessi questi duetutt’altro che “particolari”, il cuoredella celebrazione è stato quello disempre. Il misterio di una vocazioneche si professa pubblicamente ègrande, come grande il senso di grati-

tudine che accompagna il professo echi gli sta intorno. Fr. Robert, attra-verso i gesti liturgici della prostrazioneal momento del canto delle litanie,con le parole della formula, dichiaranon solo di esser disponibile a seguirela volontà di Dio tracciata dal carismacottolenghino, ma chiede di essere“da tutti sostenuto nel suo proposito”(cf. Co sti tuzioni di Fratelli di San Giu -seppe Cottolengo, n. 32). Come ognivocazione, quella del fratello vive nellamisura in cui il consacrato si rende do-cile alla grazia di Dio, nella consapevo-lezza di ciò che il Signore dice ancoraa noi oggi: “non siete voi ad averescelto me, ma io ho scelto voi. E vi hoscelti perché andiate e portiatefrutto… senza di me non potete farenulla” (cf. Gv 15, 16;5). Il Fratellochiede l’aiuto della Ma donna, del Fon -datore e della famiglia religiosa per es-sere fedele al suo proposito: lagenerosità del dono e il senso dellapropria fragilità si armonizzano in unfiliale abbandono in Dio. Dopo la ce-lebrazione, il consueto momento con-viviale di rinfresco nell’accoglientegiardino della comunità Emmaus, alle-stito con i consueti buon gusto e ge-nerosità dalle suore della Cucinacentrale. Oltre a ospiti e religiosi, adaccompagnare Fr. Robert nella suafesta diversi amici e conoscenti dell’As -sociazione Amici di Chaaria (alcuni

provenienti addirittura dalla Sar -degna), Volontari Cottolen ghini,Amici del Cottolengo, persone chehanno in semplicità testimoniato conla presenza la partecipazione al signi-ficativo mo mento. La sera, la cena inCo munità Fratelli con alcuni sacerdoti,fratelli dalle province e ancora amici,ha concluso la giornata di festa di Fr.Robert. Credo che chiunque abbiadetto un giorno “sì” a Dio, in unaqualche forma di una consacrazionecome nel sacramento del matrimo-nio – possa un giorno pronunciare leparole di Maria, proclamando “legrandi cose che il Signore ha fatto inlui” (cf. il Magnificat). Au gu riamo a Fr.Robert di vivere con fedeltà e impe-gno la sua vocazione, e di maturareuna lunga esperienza di vita, che loconduca ad avere stesso sguardo, lastessa gratitudine.

fr. Luca Bianchini

Professione perpetua di

Fr. Robert Maina

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Lettura

leggiamounlibroPAOLO SCQUIZZATO

LA DOMANDA E IL VIAGGIOA PROPOSITO DI VITA SPIRITUALE

«Chi sono io? Da dove vengo? Dove vado? A chi appartengo? Da cosa posso essere salvato?» Vivere una vita spirituale vuol dire intraprendere il viaggio più im-portante e impegnativo che esista: quello verso l’interno di sé. Viag-gio che conduce a diventare ciò cui si è chiamati ad essere: sestessi.Un viaggio faticoso e insieme affascinante che, attraverso ladomanda che si fa consapevolezza, permette di lasciare il portodella noia e, frantumando l’inganno della ba nalità, approdare aquell’orizzonte di senso cui l’umano, da sempre, è destinato.

Paolo ScquizzatoAppartiene alla comunità dei sacerdoti del Cot to lengo e si dedica alla predicazione e alla formazione spirituale in particolare del laicato; dirige la Casa di spiritualità «Mater Unitatis» di Druento (To).

A cura di Salvatore Acquas

PAOLO SCQUIZZATO

PADRE NOSTRO CHE SEI ALL’INFERNO

«Ecco allora che noi uomini sotterranei intoneremo nelle viscere della terra un tragico inno al Dio della gioia. Viva Dio e la sua gioia! Io l’amo».

E se Dio, immischiandosi nell’umana avventura, avesse traslocato dal cielo al-l’inferno? E se per incontrarlo non fosse più necessario guardare in alto, madentro la parte più sporca e indecente di noi?E se il peccato non fosse ciò che condanna la creatura ad un’irrimediabile lon-tananza da Dio, ma piuttosto l’unico “luogo” per vivere l’incontro con Lui?Sfogliando il Vangelo, una domanda: e se fosse proprio così?

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mai e continua a starei vicino con ituoi piccoli e grandi prodigi quoti-diani.

Beatrice

Carmagnola, maggio 2014

Foto 1 - Arciprete, Monsignor Avataneo, insieme alla pergamena scritta in latino e firmata dal Padre Generale della Piccola Casa che autentica la veridicità della Carne del Santo.

Foto 2 - La reliquia del Santo nella piccolacassettina dorata.

Foto 3 - L‘Arcivescovo, Monsignor Cesare Nosiglia, ha murato le reliquie nell’altare nuovo.

stata presentata ai fedeli dal nostroArciprete, Monsignor Avataneo,insieme alla pergamena scritta inlatino e firmata dal Padre Generaledella Piccola Casa che autentica laveridicità della Carne del Santo.Il secondo quando la reliquia delSanto è stata posta nella piccolacassettina dorata.Il terzo, quando l’Arcivescovo,Monsignor Cesare Nosiglia, ha mu-rato le reliquie nell’altare nuovo.Vi allego le fotografie dei tre mo-menti.È stato tutto bellissimo, ma ciò chenon dimenticherò mai è la felicitàche ho avuto, due giorni prima,quando la cara Suor Elda,ViceMadre, mi ha consegnato la reli-quia ed io me la sono portata sulcuore da Torino a Carmagnola.DEO GRATIAS, Santo Cottolengodel bene che ci vuoi, non lasciarci

TestimonianzaChiesa CollegiataS.S. Pietro e Paolodi Carmagnola

Abito a Carmagnola. La miaParrocchia della quale sonopatroni i Santi Pietro e Paolo

Apostoli, è conosciuta con il nomedi “ Collegiata”, festeggia proprioquest’anno i suoi 500 anni.Il giubileo... grandi festeggiamentisono già iniziati: con S. Messe, conteatri e rappresentazioni varie, conun giardino fiorito che riprende l’in-terno della Collegiata, nella PiazzaS. Agostino. Ma – vi chiederete – enoi della Piccola Casa cosa c’en-triamo?Eccoci qua: il 16 marzo con una S.Messa solenne, una reliquia delSanto Cottolengo è stata posta nelnuovo Altare costruito per il giubi-leo, insieme ad altre reliquie. Intanti amano il Cottolengo a Carma-gnola.Tre sono stati i momenti di commo-zione: il primo, quando la reliquia è

il 16 marzo con una S. Messa solenne, una reliquiadel Santo Cottolengo è stata posta nel nuovo Altarecostruito per il giubileo, insieme ad altre reliquie.

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Leggendo l’articolo di Franca su “Incontri” dimarzo, quanti preziosi ricordi affiorano alla miamente... 1982 inizio il periodo della pensione, ini-

zio il volontariato alla Piccola Casa della Divina Prov-videnza (Santa Cristina, Frassati, Casa Miriam,Ospe dale-medicina)... Quanto ho ricevuto! Più pre-ziosa tra gli altri è stata per me la Famiglia S. Elisabetta(12 anni) dove ho capito cos’è “l’Amicizia”, “l’Affetto”,dove ho trovato l’aiuto per “camminare“ nel sentieroche Dio segna per ciascuno di noi. Ricordo le Suore, leAmiche. Ancora oggi, quando le incontro, mi dicono:“Margherita vieni a trovarci, ti aspettiamo...“ Ti aspet-tiamo! Questo invito dà gioia, serenità e ti fa dire:come è buono il Signore!Franca nel suo articolo risveglia la bellezza del volon-tariato, “un regalo“ – dice –. È vero, un dono grande,che ti fa avvicinare sempre più alla bontà di Dio e ti fadire con il nostro Santo: Deo gratias e… Avanti in Do-mino. Grazie Franca e… Speriamo di incontrarci.Com plimenti per le torte. Un abbraccio.

Margherita

Testimonianza

“il dolore incontra l’Amore”

Con Gesù fra le corsie

Accogliendo l’invito di Padre Lino, da qualche mesenelle corsie del nostro ospedale è iniziata unaforma di volontariato in un servizio molto delicato,

nei tempi della liturgia pomeridiana celebrata ognigiorno nella cappella San Pietro. Prima della celebra-zione, indossato camice bianco e cartellino personale diidentificazione, l’amico di turno in servizio percorre lecorsie, si accosta ad ogni letto e, con discrezione, chiedeal ricoverato se desideri accostarsi alla Santa Co -munione. Dico chiede perché questi sono i passi, ma èun termine che diventa puramente informale. Questoincontro si trasforma subito e diventa momento di con-divisione. Qua lunque sia poi la risposta, si instaura fra idue una complicità fatta di sorrisi e brevi colloqui. In-tanto suor Carla ha accolto e sistemato i pazienti chepossono raggiungere la cappella ed è iniziata la S.Messa, seguita da tutti con molta devozione. Alla fine,comincia la parte più gradita e bella del mio servizio;precedendo il Sacerdote mi accingo ad “accompa-gnare Gesù” verso i letti dei pazienti che attendono laCo munione. Momenti per me toccanti in cui “il doloreincontra l’Amore”. Finito il giro delle corsie, il Sa -cerdote ritorna nella cappellina e ripone le Ostie rimastenel Tabernacolo. La grande pace e il silenzio sono rottisolo dalla musica dolce delle Ave Maria che scorronouna dopo l’altra sulla corona del Rosario. Il più bel salutoche si possa desiderare per un congedo e un arrivedercimentre ritorno verso casa con il cuore carico di emo-zioni. Felice perché so che domani un altro “Amico” ri-prenderà il cammino, il servizio non si interrompe, eglifarà i miei stessi passi, accompagnerà Gesù là dove èatteso con ansia.

Patrizia Pellegrino

Pensavo didaree invece...“Non esiste momento più bello, all’inizio di una storia, di quando intrecci le dita in quelle dell’altra persona e lei te le stringe.”

Passi di felicità

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Notizie

Il giorno 5 giugno 2014 per la Pic colaCasa si è realizzato un evento impor-tante: la presentazione della nuova

struttura di Casa Miriam. Il servizio diCasa Miriam dal settembre scorso si èriaperto in un’altra zona della città di To-rino. All’evento sono stati invitati tutti glioperatori dei Servizi Sociali del Comunedi Torino e quelli dei Servizi dell’ASL(SERT, CSM) che lavorano in rete conCasa Miriam. Inoltre presente c’era unaforte rappresentanza delle Comunitàdella Piccola Casa, insieme ai Superioridelle tre Famiglie religiose che la com-pongono. Cos’è “Casa Miriam”? Qualeservizio svolge sul territorio e a beneficiodella città di Torino e dintorni? Casa Mi-riam è un servizio della Piccola Casa dellaDivina Prov vi denza – Cottolengo – che sipropone di accogliere temporaneamentedonne italiane e non, che presentano di-verse forme di difficoltà, ossia donne chevivono in situazione di disagio di variotipo: abitativo, di salute, di lavoro, vit-time di violenza, in gravidanza, ecc., ispi-randosi ai principi di San GiuseppeBenedetto Cottolengo, cioè all’amore diDio che a tutti provvede e di tutti siprende cura, con l’intento di condurle

Presentazione di “Casa Miriam”

attraverso un progetto realizzato in col-laborazione con i Servizi pubblici (so-ciali e sanitari: SERT; CSM) a unsuperamento del problema per rag-giungere una condizione di vita più di-gnitosa. Questo servizio di accoglienzadonne, è stato aperto il 22 maggio1995 in un appartamento di via dellaConsolata, 7, donato alla Piccola Casae ripristinato. Dal settembre scorso, ilservizio è stato trasferito in zona Lin-gotto, in una struttura più ampia e ido-nea alle esigenze dei suoi abitanti: lanuova casa è dotata di ascensore,ampio giardino, locali più spaziosi estrumenti meglio adeguati ai bisognidelle persone ospitate. La casa quindi,offre alle donne ospitate vitto, alloggioe un am biente familiare e accoglienteche consente loro di affrontare il mo -mento difficile. Casa Miriam è una casadi accoglienza temporanea di II° livelloe questo la qualifica non come un sem-plice dormitorio; in essa le ospiti nonsono accolte solamente al fine di risol-vere subito un loro problema, bensì perloro si effettua anche un accompagna-mento educativo, verso una sempremaggiore umanizzazione, per arrivare

ad essere autonome nella gestione dellapropria vita, me diante l’ accudimentodella propria persona, della casa e la presadi coscienza della responsabilità di un la-voro e degli altri. Quindi ogni attività,anche la più piccola, come lavare i piatti,sistemare il cortile, lavare il pavimento omettere a posto una sedia dopo averlausata, hanno il loro valore; significa man-tenere un impegno preso ed eseguirlo nelmodo migliore, con onestà, anchequando non si è controllati dagli altri, si-gnifica dimostrare il proprio interesse perla casa e per gli altri, appartenere ad unarealtà organizzata e fare la propria parteperché essa funzioni, avere la gratifica-zione di portare a termine il proprio com-pito e vederlo inserito in un disegno piùampio. Le ospiti sono invitate e stimolate

“Dove passa la carità del Cottolengo fiorisce la primavera, la primavera della carità e dell’amore.” 1

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a non adagiarsi bensì a guardare la re-altà con mentalità progettuale e a cer-care tutte le norme per l’inserimentonella struttura sociale; esse sono aiutatea formarsi a un senso di responsabilità ea capire che non ci sono solo diritti dapretendere e ottenere ma anche doverida rispettare. Casa Miriam permette diaccogliere contemporaneamente dodicidonne in forma residenziale; il periododi permanenza delle persone nella strut-tura varia da situazione a situazione, eviene concordato con il Servizio che hafatto la segnalazione e con l’interessatastessa. L’acco glienza può essere di al-cuni giorni, o di un mese o due e, se viè un bisogno particolare, anche per piùtempo, sempre previo accordo con i Ser-vizi di riferimento. La collaborazione conle varie risorse presenti sul Territorio èmolto importante, perché le situazionisono spesso complesse e da soli si ri-schierebbe di dare risposte puramented’assistenza che creano dipendenza,non favorendo né la maturazione per-sonale, né l’inserimento in una realtà di-versa. Casa Miriam è gestita da duereligiose cottolenghine inserite nel ser-vizio a tempo pieno, supportate dal vo-

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lontariato. Inoltre il servizio si avvale del-l’aiuto e dell’esperienza di un’assistentesociale della Piccola Casa per quanto ri-guarda la collaborazione con gli altri Ser-vizi e la gestione dei casi più complessi.Casa Miriam è un servizio privato che col-labora con tutti gli Enti interessati, e par-tecipa al progetto “Call Center” con dueposti letto; alle ospiti non è chiesto alcuncontributo fisso. Il servizio di Casa Miriaminsieme a tutti gli altri servizi che la PiccolaCasa come parte vitale della Chiesa con-cretizza nella società, sono intrisi di unostile di semplicità, fraternità, familiarità,servizio, operosità, caratteristiche propriedel lo spirito cottolenghino: elementi chefavoriscono un cammino di maturazionepersonale e la capacità di rapporti auten-tici e genuini tra le stesse persone provatedalla malattia e dalla sofferenza, poichécome scrisse Papa Benedetto XVI (Deuscaritas est, n. 31b): «Ad un mondo mi-gliore si contribuisce soltanto facendo ilbene adesso ed in prima persona, conpassione e ovunque ce ne sia la possibi-lità…Il programma del cristiano – il pro-gramma del buon Samaritano, ilprogramma di Gesù – è “un cuore chevede”. Que sto cuore vede, dove c’è biso-gno di amore e agisce in modo conse-guente». Tutto questo, costruisceun’u manità rinnovata, fondata sul l’A -more, orientata verso il vero bene, chetrasforma la qualità della vita. A dimostra-zione di ciò, voglio riportare due scritti didonne che nei mesi scorsi hanno lasciatoCasa Miriam dopo essere state ospitate inessa per un periodo a loro necessario. Inomi utilizzati delle persone sono di fan-tasia per motivi di rispetto e riservatezza:Cinzia di anni ventisei: “Mi mancherete…vi penserò con gioia e mi mancheretetutte! È stata una bellissima esperienza divita anche perché tutte insieme abbiamocondiviso momenti difficili, ma a modo

nostro siamo riuscite a starci vicino emeno sole! Ciao Giovanna, ciao Fede-rica, ciao Sabina, ciao Aurora, ciaoAmelia, ciao As sunta…vi tengo strettenel mio cuore! Care suore, grazie dicuore per tutto ciò che avete fatto... peravermi accompagnato, sostenuta... peravermi accolta e accudita… per ognisingolo mo mento e gesto... Grazie!Grazie per avermi dato pace e sere-nità... Non ho mai dato niente per scon-tato e per questo che vi ringrazio ditutto quello che siete riuscite a darmi etrasmettermi... Grazie per avermi datola possibilità di condividere un pezzo divita con voi... Grazie! Suor Adriana, hafatto veramente tanto per me ed io ledico che non saprò mai come ringra-ziarla! (Cinzia). Rachele di anni 72: Gen -tilissima Suor Adriana... vi auguro inbene... lei... come anche le sue sorellesuore e le donne che assistite... Mimanca la pace che avevo tra di voi etutte le amiche... come potrò trovarechi mi porta, verrò a trovarvi. Abbraccie baci a tutti. (Rachele).L’augurio che ci facciamo è quello cheCasa Miriam, (come ogni realtà del Cot-tolengo), attraverso il suo servizio svoltocon tutta la passione del cuore, si ado-peri per contribuire a innalzare la qua-lità della vita dell’uomo e della donna ditutti i tempi e quindi anche del nostro!

Suor Adriana Bonardi

1. I partecipanti2. Don Lino, Padre Generale3. Suor Elda Pezzuto, Vicaria Generale4. Fr. Giuseppe Visconti, Superiore

Generale dei Fratelli5. Elide Tisi, Vice-sindaco di Torino7. Interno di Casa Miriam

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il 13 aprile 2014 silenziosamente se ne è andata al Padre di tutti.

Ecco il suo testamento spirituale:

La nostra vita, per quanto lunga possa essere, è sempre unsoffio ed è per grazia nelle mani di Dio. Quando meno ce loaspettiamo Dio viene a bussare alla nostra porta dicendoci:“Vieni ti aspetto, è l’ora tua”. Quale gioia per me! In rapportoall’eternità tutto è niente e nessuna cosa di questo mondopuò farci felici, tranne che una coscienza retta, in pace conDio e con i fratelli. “La tua grazia o Signore, vale più della vita”(salmo 22) e a questo valore sommo ho cercato giorno pergiorno di informare tutta la mia vita con i suoi alti e bassi, tro-vando nella grazia divina la forza di riprendere quota, nella fi-ducia che il Signore è benevolo e misericordioso anchequando qualche volta il nostro cuore ci condanna. Perciò gra-zie o Signore per il dono della vita, anche se dal suo sorgeremi segnasti col sigillo del dolore. Ho trovato che è stato me-raviglioso vivere non per quello che si è: creatura tua, figliatua, amata da te con amore eterno, fattami capace di amaree donare amore. Ringrazio i miei genitori per avermi accettatae amata, anche se non ero sana come gli altri. Grazie ai mieifratelli, sorella e parenti per quanto mi hanno donato in affettie aiuto. Un grazie particolare ai miei cugini Silvana e Giancarloche sono stati il sole della mia vita. Grazie Signore, per il donodell’amicizia condivisa con molti, che di volta in volta ha ar-ricchito la mia vita e reso più dolce il mio cammino. Un rin-graziamento particolare alla Superiora, alle Suore, alla Suoradel Gruppo e alle compagne per il loro aiuto e sopportazione,chiedendo di vero cuore perdono se qualche volta sono statamotivo di sofferenza per la vivacità del mio carattere non sem-pre controllato. A tutti un arrivederci in cielo con il Padre, ilFiglio e lo Spirito Santo, con Maria la nostra madre la nostrabuona e tenera Madre, per essere in loro compagnia nellagioia senza fine. Amen. Ciao a tutti”

il 3 Maggio 2014, è mancata allaPiccola Casa di Torino Rita Corsi.

Ospiti, suore, operatori e volontari della Fami-glia S. Elisabetta dove Rita ha vissuto per piùdi 50 anni ringraziano tutti coloro che hannopartecipato ai funerali o hanno pregato perRita e con Rita.

GratitudinePer ogni cosa, o Dio,

per la vita, per gli amici,per quanto ho attorno,

ti dico: GRAZIE!Per ogni cosa, o fratelli,che mi vivete accanto,

e cerchiamo nella caritàdi volerci bene, sempre,

vi dico: GRAZIE!Per ogni cosa, o creato,

per i fiori, le piante,per gli allegri uccelli,

per le bianche montagne,tutto dà lode a Dio,

vi dico: GRAZIE!Il mio cuore è colmo

di gratitudine…

Rita Corsi, 13 maggio 1999

Testimonianze

GrazieRita...

IoleZanella

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tolengo dove in chiesa, sabato 3 c.m.la Corale Edi Toni ha deliziato le rev.Suore, le ammalate e gli ospiti inter-venuti con un programma di musicain onore del nostro Santo. In un silenzio partecipe, le note digrandi e grandissimi musici si sonoespanse in quell’area sacra, dove,sopra l’altare maggiore vi è impressala figura del santo tra schiere di an-geli; verso il basso figure di Suorecon i più poveri, i più derelitti, i piùemarginati, bimbi, anziani, vecchi,tutti i più amati dal Cot tolengo. Ma torniamo al pomeriggio musi-cale: la Corale (presentata breve-mente ma con stile dalla SuperioraSuor Ca terina), è composta da unatrentina di cantanti: uomini e si-gnore; anche dei giovani ne fannoparte, tutti bravi e magistralmenteguidati dal Di ret tore Paolo De Santiscon la partecipazione di Sara Crestasoprano, di Raffaello Gubbiotti allatromba e di Maria Cristina Luc chetti

all’organo. Gli autori sono grandinomi del passato più lontano o piùrecente:Caccini-Tarquini: AVE MARIA I. Molfino: O SACRUM CONVIVIUM W.A. Mozart: LAUDATE DOMINUM G.P. da Palestrina: SICUT CERVUS G.Verdi: LA VERGINE DEGLI ANGELI F. Mendelssohn: SIT LAUS PLENA H. Haristo: GIVE ME JESUS E. Morricone: GABRIEL’S OBOE J.S. Bach: GLORIA SEI DIR GESUNGENSono stati momenti solenni, ar -monia eufonica per la gloria di Dioe per il diletto della mente umana:tutto con estrema professionalità ebravura. Molti di noi avevano ac -canto una persona amica, con laquale era bello condividere, tacita-mente, quella musica esaltante.Dopo gli applausi tornò il silenzio,calò la sera e dal terrazzo in alto po-temmo ammirare il Cupolone illu-minato, testimone di Fede Secolare,che all’interno ci invita alla medita-zione individuale e all’esterno allacarità universale.

Carla A. Quarello

Notizie

Il Vaticano, mai come in questo pe-riodo, ha dato a tutte le personepresenti, un senso di eternità, ovvia-mente umana, comunque possente.Le fiumane di viventi che si muo-vono verso S. Pietro, hanno qual-cosa di nuovo sui loro visi, ora gai egiovani o giovanili, ora anziani e af-faticati. Ognuno di loro, parteci-pando ai grandi eventi recenti, chehanno dato un tocco particolare allacittà (due Papi santi, due Papi vi-venti, uno dei quali particolarmentecarismatico) ha compreso il mo-mento significativo, che sta vivendo,fatto che rafforza nella santità, lasperanza consolante. Il cielo sembracomplice con gli stati d’animo ditutti, infatti, su uno sfondo azzurro,pare che un bimbo sveglio, ma ca-priccioso, si sia divertito a dipingeregrandi nuvole ora bianche, ora gri-gie, ora plumbee, che rappresen-tano quasi i mo menti della vita diognuno di noi. Bellissimo lo sfondocon la Basilica di S. Pietro, e poco di-scosta, la chiesa di S. Gregorio VII eun po’ più in alto, tra pini marittimiecco la Famiglia Romana del Cot -

Roma: al Cottolengoun concerto in onore del Santo

Sabato 3 maggio 2014

Molti di noi avevano ac canto una personaamica, con la quale era bello condividere, tacitamente, quella musica esaltante.

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Notizie

condo il carisma Cotto len ghinoentrando così di fatto nell’As -sociazione che ci distingue.Giornata resa più importante per-ché voluta nel giorno dell’A scen -sione di nostro Signore, in co -

munione con i volontari che cele-bravano la festa del Vo lontariato econ gli ospiti della Pic cola Casa.Giornata trascorsa all’insegna dellagioia, dopo la Santa Messa presie-duta da Padre Lino, un momento dicondivisione, un buffet preparatoed offerto dai volontari di S. Elisa-betta in collaborazione con la bra-vissima “pasticcera” Giuliana e la di rettri ce Suor Maria Pia, ai quali vaun grazie di cuore.Giornata che ha radunato tutti noi,Amici, Volontari , dal volto nuovo econosciuto, abbracci, baci e un ar-rivederci tutti insieme, sì, perchè ilprossimo anno ci ritroveremo nuo-vamente nel giorno glorioso del Si-gnore.Deo Gratias.

Patrizia Pellegrino

P rimo Giugno 2014, per noiAmici del Cottolengo è statauna giornata veramente spe-

ciale! Lucia e Ezio, con la loro pro-messa, hanno espresso pubbli -camente la volontà di vivere se-

Noi amici del CottolengoGli “Amici del Cottolengo” prestano un’attenzione privilegiata ai poveri, agli ammalati, alle vittime di qualsiasi forma di emarginazione e sono

sensibili a tutte le forme d’apostolato.

Questa più che la cronaca di un incon-tro associativo potrebbe sembrare unodi quei tristi bollettini di guerra cheprovocavano, oltre al dolore per i tra-gici eventi, l’angoscia e il timore perquanto temevamo che ci riservasse ilfuturo. Infatti quante assenze per pro-blemi di salute abbiamo dovuto regi-strare! Da Padre Gemello a BeppeMat tiotto, da Olga Lugnani a RosinaLombardi, da Augusto Cavallari aFranca di Rivarolo e alla vedova di Tar-cisio, per ricordarne solo qualcuno. Equante assenze dovute ad altri conte-stuali impegni: da Seba stiano Prov -visiero ad Angelo Marello, da GianCarlo Sartoretti a Luciano Coc colo, daGuido Bianchi a Giuseppina DallePrane, da Luigi Fantoni ad Alfredo Ca-mera e a molti altri abituali frequenta-tori, tanto che questa volta abbiamobattuto il record negativo di presenze.Tale situazione, che ha ulteriormenteaggravato il timore per il futuro, ci haindotti ad una seria riflessione sull’at-

tuale momento e sulle residue attivitàdella nostra As sociazione tanto daprevedere per il 2015 alcune determi-nanti variazioni. La giornata si è co-munque svolta secondo il programmaprevisto, tanto che i meno pessimisti siconsolavano con la tradizionale affer-mazione “pochi, ma buoni...” Eraanche Padre Lino Piano che infondevafiducia con l’esemplare fermo equili-brio che lo portava a gestire la situa-zione come avrebbe gestito unariunione molto più numerosa e impor-tante. Cele brando per noi la santamessa, approfondiva il significato dellasolennità di Pentecoste catalizzando lagenerale attenzione e suscitando mo-menti di profonda meditazione. Al ter-mine della funzione, una breve sostaper l’immancabile gruppo fotograficoad opera quest’anno di Federico Ber -gesio (che ringraziamo pubblicandonela foto con il Presidente per ripagarlodell’assenza dal gruppo impostaglidalla gestione dell’obiettivo) e quindil’assemblea annuale. La relazione del Presidente e soprat-tutto le considerazioni sul futuro del -l’As sociazione provocavano un ampiodibattito e interessanti proposte che cifaranno seriamente riflettere. L’in -tervento del Padre catturava poi unaparticolare attenzione per le notiziesulla Piccola Casa, ma anche per le in-formazioni sui “nostri santi”, dalle

8 Giugno 2014 - Il Convegno annuale

ASSOCIAZIONE EX ALLIEVI E AMICI DEL COTTOLENGOFESTA DELLA FAMIGLIA - 14 DICEMBRE 2014

Domenica 14 dicembre prossimo, alle ore 16, si terrà la tradizionale festa della Famiglia.L’incontro avverrà, come negli ultimi anni, nel locale sotto la Chiesa Madre. Oltre al solito scambio dinotizie sulla vita dell’Associazione e sulle novità della Piccola Casa, si affronterà l’argomento del Con-vegno annuale per per il 2015 e se ne fisseranno la data e le modalità di svolgimento. Sarà un piacevolemomento di festa per i partecipanti e l’occasione per porgere gli auguri in vista delle imminenti festivitàal Sig. Padre, a tutti i superiori e alla comunità della Piccola Casa.

IL PRESIDENTE Dante Notaristefano

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NotizieDALL’ASSOCIAZIONE EX ALLIEVI E AMICI DEL COTTOLENGO

molteplici celebrazioni per il beatoFrancesco Paleari alla recente beatifi-cazione di Fratel Luigi Bordino.L’argomento “Incontri” occupavaparte del tempo confermando il solitogiudizio largamente positivo e la riu-nione poteva terminare con la fissa-zione della “Festa della Famiglia” perdomenica 14 dicembre prossimo.Il pranzo sociale che concludeva la no-stra giornata – interrotto due volte perle gradite telefonate pervenute daPadre Gemello e da Beppe Mattiotto –suscitava come sempre un generaleapprezzamento e un caloroso ap-plauso per Suor Maria Pia, degna-mente rappresentata da Suor Giu -liana. Il cronista, ripetendo un sentito “Deogratias” alla Piccola Casa, non può esi-mersi dal sottolineare ancora lagrande gioia dei partecipanti che ali-menta una concreta speranza per il fu-turo.

Dante Notaristefano

Del nonno vogliamo parlare alpresente, perché Lui è qui ora eogni giorno della nostra vita

sarà sempre al nostro fianco. Ognu -no di noi è cresciuto con il suo esem-pio concreto di umiltà, rispetto,sacrificio e amore, donati a tuttisenza misura. Bastava uno sguardoper ca pire e, senza mai alzare lavoce, ma con fermezza e amore, ciammoniva e correggeva. Si ridevainsieme quan do, insegnandoci a ca-ricare il carretto carico di fieno que-sto si ribaltava perché non avevamose guito attentamente le sue istru-zioni. Con lui abbiamo imparatoanche a guidare il trattorino per piantare le patate! Che dire, nonno, di quando, allorché ci in-segnavi a fare il vino, tro-vasti la maniera perfarci divertire pigian-do l’uva con i piedi. La gioia delle nostre mamme era eviden-te quando riuscivano a farli tornare puliti. Alla nonna non sfuggiva quando

L’ereditàti spingevi in qualcosa di più azzar-dato: allora aspettavi che dalla cucinalei ti riprendesse con un bonario “BE-NIGNO!” Da te abbiamo ap pre so adamare i genitori, rispettarli e as coltarlianche quando le loro richieste non cisembravano giuste, a perdonare e an-dare oltre anche ai torti più o menobrucianti. Abbiamo im parato ad af-frontare le sofferenze e le difficoltàdella vita, con serenità, speranza e vo-glia di vi vere, d’altra parte con laNonna il vostro motto è sempre statocredere nella Prov videnza. Non ci sen-tiamo di dirti ad dio, ma solamenteciao Non no, tu ci sei, e oggi ci affidiun compito impegnativo: vivere ognigiorno in modo tale che chiunqueguardandoci pos sa rivedere te. A noipiù grandi il tra smet tere ai più pic -

coli questa grande ere dità. Grazie Nonno Benigno, grazie

di essere con noi e amarci così tanto. Vogliamo ricam-

biare questo amore tutti i giorni, con tutto il cuore!

I tuoi ventitré nipoti