le leggi dei gas perfetti 1° parte
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Un testo di fisica (termodinamica) con esperienze di laboratorio del prof. Germano GrassoTRANSCRIPT
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
Prof. Grasso Germano – Istituto Calamandrei – Crescentino
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LE LEGGI DEI GAS PERFETTI
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
Prof. Grasso Germano – Istituto Calamandrei – Crescentino
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IL GAS PERFETTO
Alcuni elementi chimici come l’Idrogeno, l’Elio, l’Azoto, l’Ossigeno, il Fluoro, il Neon, l’Argon, il
Cloro, il Kripton, lo Xeno e il Radon, sono presenti in natura - se non combinati con altri -
solitamente allo stato gassoso.
Altri, come ad esempio il carbonio e lo zolfo - pur trovandosi più comunemente allo stato solido -
se opportunamente combinati, possono dar luogo a composti gassosi quali l’Ossido di carbonio,
l’Anidride carbonica, l’Ammoniaca, l’Acetilene, il Metano, il Protossido d’azoto, l’Anidride
solforosa.
Inoltre, composti ed elementi chimici liquidi, se sottoposti a valori particolari di pressione e/o
temperatura, passano allo stato aeriforme.
Notevole è il caso dell’acqua la cui molecola, formata da due atomi di idrogeno ed uno d’ossigeno,
è quasi sempre reperibile sottoforma liquida o solida, tuttavia, non di rado, passa allo stato
aeriforme di vapor d’acqua comportandosi più o meno come un gas.
La “fase gassosa”, com’è definita la particolare condizione di alcuni elementi chimici o molecole
composite, è caratterizzata da una scarsissima coesione molecolare, dalla conseguente mancanza di
forze di attrazione o repulsione (coesione interna) e dal fatto che le molecole presenti possono
essere immaginate a distanze reciproche enormemente grandi rispetto alle loro dimensioni reali.
Non potendo però immaginare completamente nullo il volume occupato dalle molecole gassose ed
escludere completamente la possibilità di urti o interazioni molecolari, specialmente nel caso di gas
poco rarefatti, è abitudine definire “GAS REALE” un qualsiasi elemento o composto chimico che è
normalmente in fase gassosa.
D’altra parte se un “gas reale” qualsiasi è caratterizzato da valori di pressione, temperatura e
volume superiori a quelli definiti rispettivamente:
C
P Pressione critica
C
V Volume critico
C
T Temperatura critica
esso si comporta seguendo in modo piuttosto regolare alcune semplici leggi sperimentali quali le
Leggi di Gay-Lussac, la Legge di Boyle e la Legge di Stato.
I parametri che caratterizzano le condizioni in cui si trova il gas – pressione, volume e temperatura
– sono appunto definite “VARIABILI DI STATO”.
In questo caso è possibile affermare che:
Un qualsiasi “gas reale” caratterizzato da valori delle variabili di stato superiori ai corrispondenti
valori critici per il gas considerato, segue fedelmente le leggi sperimentali citate ed è definito, in
questo caso, un “GAS PERFETTO”.
Per il gas perfetto diventa teoricamente possibile considerare nulle le interazioni e nullo sia il
volume molecolare che il valore dell’energia potenziale posseduta dalle molecole.
La teoria dei gas perfetti è particolarmente utile per lo studio delle trasformazioni di stato dei
sistemi termodinamici ed è una solida base dalla quale partire per lo studio dei “gas reali”.
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Le Leggi sperimentali prima accennate sono relazioni di collegamento tra le tre variabili di stato che
permettono di stabilire, in determinate condizioni, il valore di una delle tre variabili in funzione
delle altre due supponendo di essere a conoscenza di alcuni parametri caratteristici.
Ad esempio, utilizzando la Legge di stato dei gas perfetti, risulta possibile determinare in modo
univoco il valore della temperatura alla quale si trova un gas se si conoscono i valori di pressione e
volume oltre che il numero di moli e la costante di stato R .
Rn
VpT
IL SISTEMA TERMODINAMICO IDEALE A GAS PERFETTO
Un qualsiasi dispositivo in grado di trasferire ai o dai sistemi esterni l’energia sottoforma di
“CALORE” e/o “LAVORO” trattenendone per sé una parte oppure cedendone una parte che già gli
apparteneva, è definito “SISTEMA TERMODINAMICO”.
Il termine “termodinamico” è, di per sé, significativo in quanto chiarisce immediatamente che il
dispositivo (o sistema) può essere sottoposto a differenti livelli termici (differenti temperature) e
quindi costretto a cedere o acquisire calore e, nel contempo, essendo in grado di subire
modificazioni dinamiche a carico del suo aspetto esterno, ha la capacità di compiere o subire una
determinata quantità di lavoro.
Conviene subito anticipare che la presenza di un sistema termodinamico – assunto quale attore
principale di un evento di scambio energetico – presuppone la contemporanea presenza di almeno
un altro sistema in grado di interagire con il primo.
Un corpo caldo è in grado di raffreddarsi, cedendo calore, solo se esiste un altro sistema in grado di
assorbirlo.
Gli altri sistemi – anch’essi per un certo verso da considerarsi termodinamici – sono essenzialmente
costituiti dal mondo esterno che circonda il sistema principale e possono essere pensati
rispettivamente alla stessa stregua di serbatoi nei quali il sistema principale, alternativamente, si
procura o cede calore oppure riversa o preleva energia sottoforma di lavoro meccanico.
Senza la presenza dei sistemi esterni, il sistema principale, come si vedrà più avanti, non può
operare alcuno scambio ed è quindi inutile.
Con il termine “termodinamico” si può inoltre pensare ad un dispositivo in grado di modificare in
continuazione, in un senso o nell’altro, il proprio livello termico o temperatura e i parametri ad essa
collegati.
E’ un sistema termodinamico, anche se non in senso strettamente legato alla definizione, una
resistenza elettrica quando è utilizzata dai forni per riscaldare o cuocere le vivande, per inviare aria
calda quando è inserita in un asciugacapelli, per innalzare la temperatura dell’acqua se è inserita in
un boiler oppure per produrre vapore se inserita in un ferro da stiro.
Il funzionamento di una resistenza elettrica è piuttosto semplice e comprensibile:
Inizialmente la resistenza e l’ambiente esterno in cui è immersa sono alla stessa temperatura.
Se pensiamo alla resistenza come al sistema termodinamico principale, allora l’ambiente
esterno sarà il secondo sistema.
Ad un certo istante e da un altro sistema esterno – da considerare di capacità illimitata – è
trasferita al sistema principale una certa quantità di energia sottoforma di corrente elettrica
che comincia ad attraversare la resistenza.
Il terzo sistema – quello che fornisce energia dall’esterno - è immediatamente individuato
nel fornitore di energia elettrica ed è chiaro che si tratta di un secondo serbatoio di capacità
limitata solo dal contratto di fornitura.
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Il sistema principale comincia quindi ad utilizzare l’energia fornita dall’esterno per variare i
propri parametri termici caratteristici dell’istante iniziale. Ciò significa che la temperatura
del sistema aumenta velocemente. Dal momento stesso in cui la temperatura del sistema
principale supera la temperatura del sistema esterno, la resistenza comincia a trasmettere
calore cercando di ripristinare lo stato d’equilibrio iniziale.
Lo stato transitorio iniziale è solitamente di breve durata e può essere descritto nel modo
seguente:
Mentre la temperatura del sistema principale aumenta, una parte di energia elettrica
fornita è direttamente scambiata con l’ambiente esterno sottoforma di calore in
quanto i sistemi cercano di riportarsi in equilibrio termico, mentre, una parte è
utilizzata dallo stesso sistema principale per innalzare ancor di più il proprio livello
termico.
Come si vedrà più avanti, la quota di energia assorbita dal sistema principale è
utilizzata a livello microscopico per innalzare l’energia cinetica molecolare e, di
conseguenza, una funzione di stato che sarà definita “Energia interna”.
Volendo interpretare meccanicamente le modalità con le quali aumenta l’energia
interna si potrebbero descrivere così:
La corrente elettrica reale in un conduttore è provocata dall’applicazione, ai
capi del conduttore stesso, di una differenza di potenziale che costringe le
cariche elettriche di conduzioni negative (elettroni) a muoversi da punti a
potenziale minore verso punti a potenziale maggiore.
Il loro movimento è reso difficoltoso dal fatto che in un materiale solido le
molecole sono a stretto contatto e gli spazi sono limitati.
Per questo motivo il movimento degli elettroni può essere assimilato a quello
di un autoveicolo con il freno a mano tirato; l’auto si muove comunque, ma
l’attrito provocato dallo sfregamento delle pastiglie sui dischi è causa di
considerevoli aumenti di temperatura degli apparati frenanti e degli organi
meccanici collegati.
Il processo così descritto sembra essere desiderato dal sistema termodinamico
principale che, però in effetti, lo subisce.
L’aumento di temperatura a carico del sistema principale provoca un incremento
della quota di energia totale ceduta all’ambiente per irraggiamento, convezione e
conduzione.
Il termine della fase transitoria si ottiene nell’istante in cui la temperatura del sistema
principale è così elevata rispetto a quella del sistema esterno che la quota di energia
termica scambiata istantaneamente pareggia l’energia elettrica prelevata dal terzo
sistema. La temperatura del sistema principale risulta stazionaria e il sistema
trasforma di continuo l’energia elettrica in energia termica.
Anche la temperatura del secondo sistema, nel frattempo, è aumentata.
Durante la fase transitoria lo stato termico del sistema principale subisce una
modificazione definita, in special modo, dalla differenza di temperatura iniziale e
finale della resistenza, mentre lo stato termico del secondo si modifica anch’esso
passando dalla temperatura iniziale – quella dell’ambiente che lo contiene – a quella
finale, ottimale per la cottura.
Per la precisione, oltre al sistema principale (resistenza) che esegue materialmente la
trasformazione energetica utilizzando l’energia del terzo sistema e trasmettendola al
secondo, specialmente se si considera una resistenza inserita in un forno, dovremo
considerare l’esistenza di un quarto sistema che contiene sia quello principale sia il secondo.
Il quarto sistema, termicamente isolato dal secondo, non risente delle trasformazioni a carico
del primo e del secondo e non ha nessun contatto con il terzo.
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Il quarto sistema è l’ambiente “cucina” ove è inserito il forno e, almeno teoricamente, non
dovrebbe modificare i propri parametri termici iniziali.
Il quarto sistema è dunque, contrariamente a quanto detto inizialmente, il serbatoio termico
illimitato.
Inoltre il secondo sistema – o forno – contiene, a sua volta, un quinto sistema in grado di
prelevare calore dal secondo ed operare un’ulteriore trasformazione.
Esso subisce la trasformazione che più è desiderabile da chi materialmente dà inizio alla
stessa: la cottura.
Il sistema principale torna poi in tempi brevi alla situazione termica iniziale allorché cessa
l’afflusso energetico di corrente elettrica.
La resistenza si raffredda rapidamente cedendo ancora calore al secondo sistema che
provvede poi anche al suo personale raffreddamento cedendo calore al quarto sistema.
Il quarto sistema – l’ambiente cucina – risente in modo minino delle trasformazioni dei
sistemi in esso contenuti in quanto dotato di elevata inerzia termica.
Figura 1 – SCHEMA DI SISTEMI TERMODINAMICI
Il sistema descritto, pur essendo in grado di soddisfare pienamente le nostre necessità del momento
– cioè provvedere a cuocere i cibi – trasformando quasi integralmente l’energia elettrica in calore,
non risponde del tutto alle caratteristiche richieste dalla definizione di sistema termodinamico.
Non è in grado, infatti, così come concepito e costruito, di provvedere alla trasformazione di energia
termica in energia meccanica mentre, le maggiori esigenze dell’umanità sono proprio legata alla
possibilità di costruire macchine in grado di fornire energia meccanica cioè lavoro direttamente
utilizzabile.
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A questo scopo è possibile la realizzazione di un dispositivo in grado di soddisfare tali esigenze e
rispondente quindi alla definizione di “Sistema termodinamico ideale”.
Il Sistema termodinamico di cui si parla è costituito, essenzialmente e in linea di principio, da:
Un cilindro con pareti realizzate utilizzando materiali e modalità tali, da impedire l’afflusso
di calore sia in uscita che in ingresso.
Devono inoltre essere molto limitati o comunque determinati gli scambi di calore tra il
contenuto e il cilindro stesso.
Se il dispositivo fosse assimilato ad un calorimetro ad acqua, allora “l’equivalente in acqua”,
sarebbe analogo quantità di calore scambiato dal contenuto con le pareti.
Da un pistone scorrevole e a tenuta stagna anch’esso costruito in modo da evitare la
trasmissione di calore da e verso l’esterno e in modo da assorbire e/o trasmettere calore, dal
o verso il contenuto, in termini infinitesimi.
Dovrà inoltre essere considerato nullo l’attrito tra pistone e cilindro mentre lo stesso è in
movimento.
Una serie di pesi o masse note da disporre sulla parte superiore del pistone – quella a
contatto con l’ambiente esterno – in modo da garantire l’equilibrio statico dello stesso
quando sottoposto alla pressione esercitata dal contenuto del cilindro.
Da una parete di fondo che, secondo le esigenze nei confronti del calore, può avere le
caratteristiche di un perfetto isolante o di perfetto conduttore.
Attraverso il fondo del cilindro sono permessi o impediti gli scambi di calore con i sistemi
esterni.
Una sorgente termica esterna di capacità termica illimitata se rapportata alla capacità termica
del cilindro e caratterizzata da temperatura superiore a quella del dispositivo e del suo
contenuto.
Una sorgente termica esterna di capacità illimitata se rapportata alla capacità termica del
cilindro e caratterizzat da una temperatura inferiore a quello del dispositivo e del suo
contenuto.
Un sistema autonomo in grado di modificare, aumentando o diminuendo, i livelli termici
delle sorgenti esterne descritte.
Si tratta semplicemente di un generatore di calore, a gas o elettrico, e di un gruppo
frigorifero.
Un sistema esterno di capacità termica illimitata ed in grado di contenere tutti i sistemi. Tale
sistema è l’ambiente esterno definito dalla temperatura e dalla pressione esistenti durante la
sperimentazione.
Un rubinetto a tenuta collocato sul fondo del recipiente cilindrico allo scopo di permettere
l’uscita e l’ingresso di gas nel recipiente.
Un apparecchio in grado di misurare ed eventualmente registrare in modo continuo i valori
di temperatura del contenuto del cilindro (termometro)
Un apparecchio in grado di misurare ed eventualmente registrare in modo continuo i valori
di pressione del contenuto del cilindro (misuratore di pressione – manometro)
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Un apparecchio in grado di misurare la pressione e la temperatura dell’ambiente esterno
Un apparecchio in grado di misurare ed eventualmente registrare in modo continuo i valori
dello spostamento del pistone rapportandoli alla superficie del cilindro e ricavando di
conseguenza il volume del contenuto.
Una certa quantità di moli di un gas con caratteristiche tali da poterlo definire “GAS
PERFETTO”.
Tale gas sarà contenuto nel cilindro e trattenuto dal pistone a tenuta stagna.
Con un tale dispositivo – o macchina termodinamica - è possibile condurre esperienze relative alla
dilatazione dei gas, agli scambi di energia termica tra il dispositivo e i sistemi termici confinanti,
alle variazioni di energia interna della macchina e agli scambi di energia meccanica ora possibili in
virtù della possibilità che ha il sistema termodinamico di variare in continuazione la propria
geometria strutturale attraverso la modificazione della posizione del pistone mobile.
Figura 2 – SISTEMA TERMODINAMICO IDEALE
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LA DILATAZIONE DEI GAS
LE LEGGI SPERIMENTALI DI GAY-LUSSAC
TRASFORMAZIONI ISOCORE E ISOBARE
Utilizzando il dispositivo illustrato è possibile, ad esempio, studiare il comportamento di un gas
simile al gas perfetto, nei confronti dei parametri caratteristici quali il volume, la pressione e la
temperatura.
Considerando che la fase aeriforme non possiede volume proprio, ma, contrariamente alla fase
liquida, occupa sempre tutto il recipiente che lo contiene, è definito come “volume di gas” quello
del recipiente che lo contiene e lo confina dall’ambiente esterno.
Se si immagina di riempire di gas il cilindro del sistema termodinamico e, successivamente,
impedire, con un dispositivo di blocco, i movimenti del pistone stesso, è facile comprendere che si è
realizzato un recipiente il cui volume è costante nel tempo.
In questo caso, qualora il gas subisca trasformazioni di stato variando le sue condizioni rispetto a
quelle iniziali, si dirà che le trasformazioni avvengono comunque senza variazione di volume cioè “
a volume costante”.
Una trasformazione a volume costante sarà definita “ISOCORA”.
Il risultato di una trasformazione “ISOCORA” è la variazione della pressione e della temperatura ed
è, per analogia, assimilabile a ciò che succede ad un materiale solido quando la sua dilatazione per
effetto termico è impedita da vincoli rigidi esterni.
Essendo impedita la dilatazione, compaiono, sui vincoli esterni e sul corpo stesso, forze di pressione
di elevata intensità sovente responsabili del cedimento e rottura dei vincoli e/o della struttura.
Al gas contenuto nel recipiente, essendo impedita la dilatazione, esercita, con l’aumento della
temperatura, pressioni sempre crescenti sulle pareti del recipiente.
Considerato che durante la trasformazione a volume costante è impedito il movimento del pistone si
conclude che il sistema termodinamico non può scambiare energia meccanica con l’ambiente
esterno ma solo energia termica.
Lo scambio termico risulta solo a carico della variazione di energia interna del sistema
termodinamico.
Se, al contrario, dopo avere riempito il cilindro di gas, si comincia a variarne la temperatura
lasciando libertà di movimento al pistone e controllando che la pressione rimanga costante durante
la trasformazione, si noterà una variazione di volume accompagnata anche dalla variazione della
geometria strutturale del recipiente.
Il gas è libero di dilatarsi e la trasformazione è definita “a pressione costante” o “ISOBARA”.
La trasformazione “ISOBARA” permette lo scambio di energia termica, meccanica e la variazione
dell’energia interna propria del sistema.
TRASFORMAZIONE A VOLUME COSTANTE
ISOCORA
Legge di Gay-Lussac
Scambi energetici consentiti:
SCAMBIO TERMICO DA E VERSO L’AMBIENTE ESTERNO
VARIAZIONE DELL’ENERGIA INTERNA DEL SISTEMA
Scambi energetici NON consentiti:
SCAMBIO DI ENERGIA MECCANICA CON L’AMBIENTE ESTERNO
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TRASFORMAZIONE A PRESSIONE COSTANTE
ISOBARA:
Legge di Gay-Lussac
Scambi energetici consentiti:
SCAMBIO TERMICO DA E VERSO L’AMBIENTE ESTERNO
SCAMBIO ENERGIA MECCANICA DA E VERSO L’AMBIENTE ESTERNO
VARIAZIONE DELL’ENERGIA INTERNA DEL SISTEMA
LA LEGGE DI BOYLE-MARIOTTE
LA TRASFORMAZIONE ISOTERMICA O ISOTERMA
Qualora al gas contenuto nel recipiente sia concessa la possibilità di variare contemporaneamente il
volume e la pressione e, nel contempo, mantenga costante il proprio livello termico, si dirà che esso
ha subito una trasformazione “ISOTERMA” a temperatura costante.
La trasformazione “ISOTERMA” - a temperatura costante – di un gas perfetto, segue piuttosto
fedelmente la legge sperimentale di Boyle-Mariotte.
Al sistema termodinamico sono consentiti gli scambi termici, energetici e la variazione di energia
interna.
TRASFORMAZIONE A TEMPERATURA COSTANTE
ISOTERMA
Legge di Boyle.Mariotte
Scambi energetici consentiti:
SCAMBIO TERMICO DA E VERSO L’AMBIENTE ESTERNO.
SCAMBIO ENERGIA MECCANICA DA E VERSO L’AMBIENTE ESTERNO
VARIAZIONE DELL’ENERGIA INTERNA DEL SISTEMA
SECONDA LEGGE DI GAY-LUSSAC
TRASFORMAZIONE ISOCORA A VOLUME COSTANTE
E’ una legge sperimentale che descrive la trasformazione del sistema termodinamico al quale è
impedita la possibilità di variare la propria geometria strutturale.
In altre parole:
Il gas è confinato in un recipiente il cui pistone mobile è bloccato in posizione fissa e
sono quindi impediti gli scambi di energia meccanica da e verso l’ambiente esterno. La
pressione del gas è direttamente proporzionale alla temperatura.
La legge sperimentale di Gay-Lussac è la seguente:
tppt1pp000
Supponiamo di utilizzare il sistema termodinamico ideale descritto precedentemente con l’ipotesi di
procedere sperimentalmente in un luogo ove la pressione atmosferica sia inferiore a quella che,
normalmente, si ha a livello del mare ed avere a disposizione una certa quantità di gas ad un solo
componente contenuto in un recipiente a pressione.
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Pensiamo di utilizzare il seguente procedimento:
1. FASE 1 - Eliminazione dell’aria contenuta nel cilindro del sistema termodinamico.
Eliminiamo facilmente l’aria contenuta inizialmente nel cilindro spingendo verso il basso il
pistone, mentre la valvola di scarico è aperta.
Quando il pistone è a contatto con il fondo del cilindro provvediamo a chiudere la valvola di
scarico impedendo così l’afflusso di altra aria.
Il dispositivo è completamente vuoto e, sulla superficie del pistone rivolta verso l’ambiente
esterno, agisce sicuramente la sola pressione atmosferica *p che, per ipotesi, manteniamo
ad un valore più basso della pressione atmosferica normale a livello del mare a
p .
Figura 3 – FASE 1- ELIMINAZIONE ARIA (PISTONE A CONTATTO CON IL FONDO CILINDRO)
2. FASE 2 - Caricamento del pistone.
Disponiamo sul pistone una certa quantità di piccole masse m note sino al raggiungimento
di una massa complessiva M .
Il valore totale della massa M può essere ottenuto pensando di applicare infinite
masse m di valore infinitamente piccolo.
Alla fine, sulla superficie superiore del pistone, sarà applicato il seguente sistema di forze:
Forza dovuta alla pressione atmosferica in ambiente:
N*prS*pF2
a
In cui si indica con r il raggio interno del cilindro.
Le unità di misura sono:
S 2
m r m
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*p 2
m
N
Forza dovuta alla presenza delle masse note:
NgMgmF
Ni
1i
g
Sulla superficie inferiore del pistone non sono presenti forze in quanto, con l’eliminazione
dell’aria, è stato generato il vuoto assoluto.
Il sistema di forze è dunque costituito da una forza che, complessivamente, mantiene il
pistone a contatto con il fondo del cilindro ed il cui valore è:
*prgMFFF2
gat
In realtà, almeno sino a quando pistone e fondo del cilindro sono a contatto, la forza totale
esterna è controbilanciata dalla reazione vincolare di uguale valore e segno contrario
applicata al pistone dal fondo del recipiente.
Figura 4 – FASE 2 – CARICAMENTO DEL PISTONE
3. FASE 3 - Immissione del gas.
Collegando la valvola di scarico ad un serbatoio di gas in pressione mediante un tubo a
tenuta e aprendo successivamente la valvola, si regola l’afflusso gas dal serbatoio a
pressione al cilindro del sistema termodinamico.
Il pistone comincia a sollevarsi, quando la pressione del gas all’interno del cilindro supera il
valore:
*pr
gM
S
Fp
2
t
1
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Continuando ad immettere gas e a regolare la pressione d’immissione agendo sulla valvola
del serbatoio si provocherà la risalita del pistone sino ad una quota desiderata e il
raggiungimento di un volume 1
V .
La risalita del pistone si blocca nel momento in cui la pressione del gas all’interno del
cilindro è esattamente pari al valore precedente.
E’ ovvio che il valore della pressione interna può essere modificato agendo in modo
opportuno sulla quantità di massa disposta sul pistone.
Alla fine dell’operazione si richiude la valvola di scarico e si scollega il recipiente
contenente gas compresso.
Il cilindro è ora pieno di un gas con caratteristiche tali da poterlo assimilare a gas perfetto e i
cui parametri sono i seguenti:
*pr
gMp
21
1
V
C0t1
Si suppone di effettuare le operazioni ad una temperatura
superiore a 0°C
Durante tutte le operazioni di immissione gas, il fondo mobile e termo-isolante del cilindro è
rimasto posizionato in modo da impedire lo scambio termico con l’ambiente esterno.
Figura 5 – FASE 3 – IMMISSIONE GAS
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4. FASE 4 - Scambio termico a volume costante con un sistema termodinamico esterno alla
temperatura C0t .
Ora il pistone è bloccato in modo tale da impedirne il movimento verso il basso e, nello
stesso tempo, mantenere costante il volume di gas nel cilindro.
E’ poi rimosso il fondo termo-isolante - scoprendo così il fondo conduttore del cilindro - al
quale si pone a contatto un sistema di capacità termica infinita ad un livello termico di
C0t0
.
Il sistema termodinamico contenente gas comincia a scambiare energia termica con il
sistema esterno più freddo sino al raggiungimento della temperatura caratteristica della
sorgente esterna.
Il sistema esterno costituisce, per il sistema termodinamico in esame, una sorgente entro cui
riversare energia termica in eccesso cioè raffreddarsi.
Per definizione, la capacità di ricevere calore senza modificare il proprio livello termico, è
tipica di una sorgente avente capacità infinita.
Ad esempio il mare ha le caratteristiche di sorgente a capacità termica infinita nei riguardi di
un qualsiasi oggetto ad un livello termico diverso che gli è posto a contatto.
Durante la cessione di calore alla sorgente esterna – tramite il fondo conduttore – il gas del
sistema termodinamico non modifica il proprio volume, ma comincia a diminuire la
pressione esercitata sulle pareti del cilindro, cosicché se il pistone non fosse bloccato
tenderebbe a scendere.
La trasformazione del gas a contatto con il sistema esterno, che avviene in tempi
considerevoli, ha, come risultato finale, la variazione dei parametri caratteristici dai valori
iniziali precedenti ai seguenti valori finali:
da: *pr
gMp
21
1V
C0t1
a: 12
pp
12
VV
C0t2
Da manometro a mercurio installato su una delle pareti o sul fondo del recipiente sarà
possibile, a questo punto ed utilizzando la Legge di Stevin, la misurazione della pressione
2p corrispondente al livello termico finale C0t
2 :
h*ppHg2
In cui:
Hg Peso specifico mercurio
3m
N
h Dislivello manometro m
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Dalla lettura o calcolo della pressione 2
p che il gas esercita sulle pareti del cilindro –
compresi fondo e superficie interna pistone – è poi possibile determinare la massa 1
M da
disporre sul pistone in modo tale da poterlo sbloccare senza che si abbia movimento.
Dalla relazione:
*pr
gMp
2
1
2
E dal confronto con la precedente, si ottiene:
h*p*pr
gMp
Hg2
1
2
Ed infine il valore della nuova massa:
g
hrM
Hg
2
1
Rispetto alla massa M collocata in precedenza, la massa 1
M ha un valore minore quindi
occorre procedere con l’eliminazione di una quantità di massa m :
1MMm
Dopo aver tolto dal pistone la quantità m è possibile sbloccarlo senza che si abbiano
spostamenti dello stesso.
Il sistema termodinamico può ora scambiare energia meccanica e termica con l’ambiente
esterno mentre, il sistema di capacità infinita e livello termico C0t continua ad
essere in contatto con il fondo conduttore del cilindro.
Figura 6 – FASE 4 – SCAMBIO TERMICO A VOLUME COSTANTE CON SORGENTE A t=0° C
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5. FASE 5 – Variazione della pressione e del volume a temperatura costante.
Continuando il contatto del sistema termodinamico con il sistema esterno a 0° si procede
variando la pressione 2
p aggiungendo o togliendo gradatamente piccole masse m dal
pistone sino ad un valore di pressione esattamente pari alla pressione atmosferica normale a
livello del mare, alla temperatura di 0° C:
20
m
N325.101p
La trasformazione del gas sarà talmente lenta da essere definita “Quasi-statica” e, oltre alla
variazione di pressione, sarà accompagnata dalla variazione di volume e da scambi di
energia termica in un senso o nell’altro tra il sistema termodinamico e il sistema a capacità
infinita tali da mantenere inalterata la temperatura al valore C0t2
.
Alla fine della trasformazione “isoterma” i nuovi parametri caratteristici del gas saranno:
203
m
N325.101pp
3
V
C0t3
Sarebbe adesso possibile, conoscendo l’equazione generale di stato dei gas perfetti,
determinare la quantità di gas – sottoforma di numero di moli – immessa nel cilindro
all’inizio della sperimentazione, ma si tralascia il calcolo per riprenderlo successivamente.
La fase 5 è conclusa con l’eliminazione del sistema esterno a temperatura 0° C, il ripristino
della parete di fondo termo-isolante e con il bloccaggio del pistone nella posizione finale
alla quale corrisponde la pressione del gas 0
p .
Figura 7 – FASE 5 – VARIAZIONE PRESSIONE E VOLUME A TEMPERATURA COSTANTE
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6. FASE 6 – Variazione della temperatura a volume costante.
E’ la fase conclusiva che permette di ricavare i dati necessari alla dimostrazione della Legge
di Gay-Lussac relativa alla dilatazione di un gas a volume costante.
Il pistone è bloccato quindi non si avranno scambi di energia meccanica con l’ambiente
esterno.
Le condizioni iniziali del gas sono le precedenti:
203
m
N325.101pp
3
V
C0t3
A questo punto è rimossa la parete di fondo termo-isolante ed il sistema termodinamico è
posto a contatto con una nuova sorgente a capacità termica infinita e livello termico
C0t4
.
La temperatura del gas comincerà gradatamente ad aumentare portandosi, alla fine, alla
stessa temperatura della sorgente.
Nel contempo la pressione subirà un aumento sino alla pressione 4
p , superiore 0
p , ed il
volume rimarrà naturalmente invariato.
La dilazione del gas è impedita e, di conseguenza, sale la pressione.
I risultati concernenti la pressione e la temperatura saranno annotati con precisione.
Il valore della pressione si potrà ricavare utilizzando il solito manometro oppure
aumentando le masse per mantenere fisso il pistone.
Il procedimento è reiterato ponendo a contatto con il gas sorgenti termiche a temperatura
sempre maggiore ed annotando sia le temperature che le pressioni caratteristiche
dell’equilibrio termico.
E’ comunque possibile utilizzare anche sorgenti con temperatura inferiore a 0° C.
In questo caso si noterà un abbassamento della pressione che sarà annotata.
Figura 8 – FASE 6 – VARIAZIONE DELLA PRESSIONE A VOLUME COSTANTE.
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7. FASE 7 – Costruzione del diagramma pressione-temperatura e verifica della Legge
sperimentale di Gay-Lussac per trasformazioni a volume costante.
Utilizzando i risultati ottenuti dalla FASE 6 è realizzato un diagramma cartesiano che riporta
sulle ascisse i valori delle temperature delle sorgenti utilizzate per riscaldare o raffreddare il
gas contenuto nel cilindro e, in corrispondenza, i valori calcolati o misurati della pressione
esercitata dal gas sulle pareti.
I parametri iniziali saranno costituiti dal punto di coordinate C0tt0
e
20
m
N325.101atm1p , rappresentativo dei valori tipici della FASE 5, mentre,
tutti i punti successivi sono ricavati misurando le temperature delle diverse sorgenti e il
corrispettivo valore della pressione del gas.
Il diagramma ottenuto rappresenta graficamente la funzione analitica che, utilizzando come
variabile indipendente il valore della temperatura in gradi Celsius, restituisce un
corrispondente valore della pressione del gas.
La funzione risulta di tipo direttamente proporzionale rispetto al semplice valore della
variabile ed è quindi rappresentata da una retta inclinata rispetto all’asse orizzontale delle
temperature.
La retta deve intersecare l’asse verticale delle pressioni per il valore nullo della temperatura
ove la pressione risulta uguale alla pressione atmosferica normale
20
m
N325.101p .
Analiticamente la funzione tp sarà del tipo:
000
tttgppptp
00
ttmptp
In cui il coefficiente angolare m è dato da una qualsiasi delle seguenti relazioni:
0n
0n
02
02
01
01
tt
pp............
tt
pp
tt
ppm
In cui:
20
m
N325.101p
C0t0
Sperimentalmente il coefficiente m ha il valore pressoché costante per tutti i punti trovati:
00p003661,0pm
Considerando che l’equazione della retta:
00
ttmptp
è valida anche per i punti caratterizzati da temperature negative e che il coefficiente m è
anche dato da:
tt
ppm
0
0
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Con il valore p e t corrispondenti al punto in cui, teoricamente, la retta interseca l’asse
delle temperature:
0p
Si ottiene:
t
ppm
0
0
Da cui si ricava il valore incognito della temperatura alla quale la pressione del gas
contenuto nel cilindro teoricamente si annulla:
C16,273003661,0
11t
Il valore teorico di temperatura, espressa in gradi Celsius, alla quale si annulla la pressione
del gas, corrisponde alla minima temperatura raggiungibile ed è definito “ZERO
ASSOLUTO” in quanto ad essa corrisponde il valore nullo della temperatura misurata con la
scala Kelvin:
C16,273t K0T
Il valore del coefficiente , pressoché costante quando un gas può essere considerato
“perfetto”, si ottiene dunque da:
1C
16,273
1003661,0
E rappresenta fisicamente l’incremento (decremento) di pressione, rapportata alla pressione
atmosferica normale, per ogni aumento (diminuzione) di temperatura di un grado.
L’equazione rappresentativa delle trasformazioni ISOCORE – a volume costante – di un gas
perfetto contenuto in un sistema termodinamico ideale, detta anche LEGGE DI GAY-
LUSSAC, può quindi essere scritta nella forma:
00000
ttppttmptp
Sinteticamente:
t16,273
ppp
0
0 ISOCORA (VOLUME COSTANTE)
t1pp0
Con: 1C
16,273
1
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Figura 9 – DIAGRAMMA TRASFORMAZIONE ISOCORA – SECONDA LEGGE DI GAY-LUSSAC
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20
LA TRASFORMAZIONE ISOCORA E LA SCALA ASSOLUTA DI TEMPERATURA.
La Legge di Gay-Lussac valida per trasformazioni isocore – a volume costante – è più facilmente
rappresentata se si effettua uno spostamento della scala delle temperature adottando la scala
assoluta o scala Kelvin.
Basta spostare l’origine degli assi nel punto rappresentativo dello zero assoluto e variare tutti i
valori di temperatura rapportandoli ai Kelvin:
Figura 10 – LEGGE DI GAY-LUSSAC – TRASFORMAZIONE ISOCORA – SCALA ASSOLUTA
L’equazione caratteristica può quindi essere facilmente scritta nella forma seguente:
TmTp
In cui in coefficiente angolare m è dato da:
16,273
p
T
pm
0
0
0
Per cui:
TT
pp
0
0 ISOCORA (VOLUME COSTANTE)
Oppure:
TpTp00 (AREE UGUALI DEI RETTANGOLI)
00T
T
p
p (LEGGE DI SIMILITUDINE DI TRIANGOLI SIMILI)
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INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE DI GAY-LUSSAC ESPRESSA IN KELVIN
La Legge di Gay-Lussac relativa alla trasformazione isocora e con l’utilizzo della scala assoluta di
temperatura è interpretata facilmente se si considera il diagramma cartesiano che la rappresenta.
Figura 11 – ISOCORA ESPRESSA CON LA SCALA ASSOLUTA
AREE UGUALI DI RETTANGOLI:
Il significato fisico della relazione:
TpTp00
comporta, sul diagramma cartesiano T;p , l’uguaglianza delle due aree rettangolari aventi basi
rispettivamente uguali l’una alla temperatura assoluta 0
T l’altra alla temperatura T corrispondente
alla pressione p , ed altezze rispettivamente l’una uguale alla pressione p l’altra alla pressione 0
p .
Figura 12 – UGUAGLIANZA DELLE AREE
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Considerato che tale uguaglianza deve valere per qualsiasi altra coppia di punti comunque disposti
nel piano cartesiano a condizione che essi siano posizionati sulla retta di proporzionalità Tp , ad
esempio due punti che definiremo 1 e 2 ognuno caratterizzato da condizioni di pressione e
temperatura:
1Punto 11
T;p
2Punto 22
T;p
Si ottiene:
1221TpTp
In questo modo si svincola la Legge di Gay-Lussac dalla conoscenza delle condizioni di pressione e
temperatura particolari relative alla temperatura di 273,16 K.
SIMILITUDINE DI TRIANGOLI SIMILI:
Anche la relazione:
00T
T
p
p
ha un particolare significato geometrico relativamente al diagramma caratteristico della
trasformazione isocora in quanto generata dalla semplice regola di similitudine tra triangoli simili:
Figura 13 – REGOLA DI SIMILITUDINE
Anche in questo caso si possono svincolare i punti considerando l’altra relazione equivalente:
1
2
1
2
T
T
p
p
Ovviamente le due interpretazioni sono coincidenti.
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23
TRASFORMAZIONE ISOCORA.
PRECISAZIONI CIRCA LA PRESSIONE 0
p DEL GAS A TEMPERATURA NULLA.
La trasformazione di un gas contenuto in un sistema termodinamico ideale, da uno stato iniziale A
a uno stato finale B , se avviene a volume costate – ISOCORA -, è descritto dalla Seconda Legge di
Gay-Lussac ricavata in modo sperimentale utilizzando il dispositivo descritto precedentemente.
La Legge di Gay-Lussac può essere scritta tenendo conto della temperatura assoluta utilizzando la
scala Kelvin oppure della temperatura espressa in gradi centigradi o Celsius:
t1pp0
Scala Celsius - ISOCORA
TT
pp
0
0 Scala assoluta o Kelvin - ISOCORA
In entrambi i casi, per determinare la pressione del gas ad una determinata temperatura, occorre
conoscere il valore della pressione che lo stesso gas eserciterebbe nel recipiente di volume V
qualora la temperatura del sistema sia nulla (Celsius) oppure abbia un valore di 273,16 (Kelvin).
Nell’utilizzare il dispositivo termodinamico ideale si è considerato, durante la FASE 5, di portare il
gas ad una temperatura C0t0
ed ad una pressione 0
p pari alla pressione atmosferica
normale alla stessa temperatura Pascal325.101p0 .
Ci si potrebbe domandare se la Legge di Gay-Lussac mantiene comunque la sua validità anche nel
caso in cui, a temperatura nulla, la pressione fosse diversa dal valore scelto prima in modo
arbitrario.
Potremmo ad esempio domandarci cosa succede, relativamente alla pressione, ad una certa quantità
di gas compresso contenuto in una ruota d’automobile qualora la temperatura dovesse aumentare
passando da zero ad un determinato valore.
Certamente la pressione iniziale alla temperatura nulla, dell’aria contenuta in una ruota, non è pari
alla pressione atmosferica normale ma sicuramente di parecchio superiore e non sono rari i casi in
cui, specialmente alle alte velocità, il riscaldamento della ruota è notevolissimo.
La dilatazione a volume costante (il contenitore dell’aria o pneumatico non cambia in modo
apprezzabile il suo volume, anche se la temperatura aumenta) ha sicuramente come risultato un
aumento della pressione ma, tale aumento sarà ancora proporzionale alla pressione a temperatura
nulla e, se la risposta è positiva, a quale pressione: quella reale iniziale o alla pressione
20
m
N325.101p dell’esperienza precedente?
Per rispondere a questo quesito si può ancora ricorrere al sistema termodinamico ideale partendo
però, in questo caso, dalla FASE 5.
Al termine della FASE 5 il gas aveva assunto la temperatura caratteristica della sorgente fredda,
cioè C0 , e la pressione 0p pari alla pressione atmosferica normale.
Per far ciò si erano variate le masse appoggiate al pistone sino al raggiungimento dei valori
richiesti.
Ora, mantenendo sempre a contatto il sistema termodinamico con la sorgente fredda a 0° C,
aumentiamo nuovamente il numero di masse sul pistone in modo “Quasi-statico” aspettando ogni
volta che il sistema raggiunga la temperatura d’equilibrio con la sorgente fredda.
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Se sufficientemente lenta, la trasformazione del gas sarà di tipo “ISOTERMICO” a temperatura
costante.
Il pistone tenderà verso il fondo del cilindro riducendo progressivamente il volume a disposizione
del gas e, di conseguenza, aumenterà la pressione dello stesso sulle pareti, pistone e fondo del
cilindro.
Possiamo aumentare la pressione in modo arbitrario esattamente come succede durante la fase di
gonfiaggio di una ruota, anche se il procedimento risulta completamente diverso.
Infatti, durante la fase di gonfiaggio, si ottiene un aumento di pressione a volume costante
immettendo una quantità d’aria sempre maggiore, mentre, nel nostro caso, l’aumento di pressione è
causato da una diminuzione di volume e non alla variazione della quantità di gas nel cilindro che,
evidentemente, rimane la stessa.
In ogni caso la FASE 5 si conclude, quando la pressione ha raggiunto un valore arbitrario 1
op
diverso dal precedente 0
p .
A semplice titolo d’esempio si potrebbe decidere di portare la pressione ad un valore pari a 3 volte
il valore della pressione atmosferica normale, cioè:
Pascal975.303m
N325.1013p3p
20
1
0
A detta pressione il volume del gas sarà nettamente inferiore al volume determinato nella
precedente FASE 5.
Anche in questo caso, supponendo di essere già a conoscenza della Legge di Boyle-Mariotte o
dell’equazione generale di stato, saremmo in grado di determinare il volume finale del gas, ma,
come in precedenza si preferisce posticipare il calcolo.
Iniziamo adesso una nuova FASE 6 che si svolgerà esattamente con le stesse modalità precedenti:
Dopo aver eliminato la sorgente fredda alla temperatura di 0° C sostituendola con una
sorgente più calda (ad esempio 50° C) e bloccato il pistone per mantenere costante il
volume, aspettiamo che il gas raggiunga lo stato d’equilibrio termico con la sorgente e
annotiamo la nuova pressione raggiunta 50
p .
Reiteriamo l’operazione sostituendo le sorgenti, utilizzando sorgenti sempre più calde (si
potrebbe ad esempio incrementare di 50° C la temperatura di ogni sorgente) ed annotando le
relative pressioni d’equilibrio 400200150100
p,........p,p,p .
Potremmo reiterare l’operazione utilizzando sorgenti a temperatura inferiore 10050
t,t
ottenendo le relative pressioni.
Anche in questo caso la parte sperimentale si conclude ed inizia la trascrizione dei risultati sul
grafico cartesiano pressione e temperatura.
Rispetto al precedente si è modificato il punto caratteristico iniziale in quanto la pressione
corrispondente alla temperatura C0t 0 è stata arbitrariamente innalzata ad un valore
2
1
0
m
N975.303p , ma, nel contempo, si nota un aumento dell’inclinazione della retta
rappresentativa della funzione tp e il mantenimento di un punto fisso in corrispondenza del valore
nullo della pressione e della temperatura corrispondente allo zero assoluto.
In altre parole:
La retta tp è più inclinata rispetto alla precedente e l’aumento d’inclinazione è causato da una
rotazione in senso antiorario attorno al punto di coordinata 0p .
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Figura 14 – TRASFORMAZIONE ISOCORA – PRESSIONO INIZIALI DIVERSE – CONFRONTO.
Analiticamente la nuova funzione tp sarà analoga alla precedente, cioè:
01
1
0
1
0tttgppptp
01
1
0ttmptp
In cui il coefficiente angolare 1
m è dato da una qualsiasi delle seguenti relazioni:
0n
1
0n
02
2
02
01
1
01
tt
pp............
tt
pp
tt
ppm
In cui:
2
1
0
m
N975.303p
C0t0
Sperimentalmente il coefficiente 1
m ha il valore pressoché costante per tutti i punti trovati:
1
0
1
01p003661,0pm
Si nota che, pur modificando il valore di pressione iniziale, il valore del coefficiente
angolare 1
m , diverso dal precedente, continua ad avere un valore pari alla stessa frazione
della pressione iniziale.
In pratica il valore continua ad essere pari a 0,003661.
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Considerando che l’equazione della retta:
01
1
0ttmptp
è valida anche per i punti caratterizzati da temperature negative e che il coefficiente 1
m è
anche dato da:
tt
ppm
0
1
0
1
Con il valore p e t corrispondenti al punto in cui, teoricamente, la retta interseca l’asse
delle temperature:
0p
Si ottiene:
Da cui si ricava il valore incognito della temperatura alla quale la pressione del gas
contenuto nel cilindro teoricamente si annulla:
C16,273003661,0
11t
Il valore del coefficiente , pressoché costante quando un gas può essere considerato
“perfetto”, si ottiene dunque da:
1C
16,273
1003661,0
E rappresenta fisicamente l’incremento (decremento) di pressione, rapportato, questa volta
al valore della pressione iniziale del gas alla temperatura di 0° C, per ogni aumento
(diminuzione) di temperatura di un grado.
Rispetto all’equazione precedente la differenza di pressione per ogni aumento o diminuzione
della temperatura del gas di un grado è maggiore in quanto maggiore è il prodotto 1
0p .
L’equazione caratteristica di una trasformazione isocora segue dunque ancora la Legge di
Gay-Lussac anche se la pressione iniziale è diversa dalla precedente.
Sinteticamente:
t16,273
ppp
1
01
0 ISOCORA (VOLUME COSTANTE)
t1pp1
0
Con: 1C
16,273
1
t
ppm
1
01
01
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Utilizzando la scala delle temperature assolute si ottiene:
Figura 15 – ISOCORA – SCALA ASSOLUTA DELLE TEMPERATURE
TT
pp
0
1
0 ISOCORA (VOLUME COSTANTE)
Oppure:
TpTp1
00
0
1
0T
T
p
p
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2° LEGGE DI GAY-LUSSAC _ TRASFORMAZIONE ISOCORA – ESERCIZI.
ESERCIZIO 1:
Un pneumatico d’automobile è gonfiato alla pressione di 3 atmosfere e l’aria, da ritenersi in prima
approssimazione un gas perfetto, si porta alla temperatura ambiente C20t a .
Supponendo che, durante il moto dell’autoveicolo, l’aria subisca un innalzamento di temperatura
pari a C70t e che il volume della ruota non subisca apprezzabili cambiamenti, determinare
la pressione dell’aria alla nuova temperatura.
Soluzione:
La trasformazione del gas contenuto nella ruota è evidentemente ISOCORA in quanto non è
modificato il volume iniziale.
Il gas assorbe calore dall’ambiente a causa degli inevitabili attriti, di conseguenza, non potendo
scambiare energia meccanica, aumenta la propria energia interna che causa l’aumento di pressione.
Si può quindi applicare la Legge di Gay-Lussac relativamente al tipo di trasformazione.
Utilizzando la legge ricavata utilizzando la scala di temperatura assoluta si ha:
1
2
1
2
T
T
p
p
In cui:
xp 2 Pressione finale alla temperatura C9070tt a2
Pascal975.303
m
N325.1013atm3p 1
Pressione iniziale alla temperatura 20t a
K16,363finaleassolutaatemperaturT 2
K16,293inizialeassolutaatemperaturT1
Otteniamo quindi:
atm716,3Pa557.376Pa975.303K16,293
K16,363p
T
Tp 1
1
22
ESERCIZIO 2:
L’idrogeno contenuto in un serbatoio avente volume 3m30V , alla pressione iniziale
atm2p i , è riscaldato da una temperatura iniziale 20t i ad una finale 450t f .
Determinare la pressione finale 2p .
Soluzione:
Si utilizza la legge:
1
2
1
2
T
T
p
p
Da cui:
Pa532.499atm93,4atm2K16,293
K16,723p
T
Tp 1
1
22
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29
ESERCIZIO 3:
Determinare la pressione di un gas perfetto alla temperatura di 100° C, sapendo che alla
temperatura di 30° C e allo stesso volume la pressione risultava Pa104,15
.
Soluzione:
Si utilizza la legge:
1
2
1
2
T
T
p
p
Da cui:
Pa1072,1Pa104,1K16,303
K16,373p
T
Tp
55
1
1
22
ESERCIZIO 4:
Qual è la temperatura 2t dell’aria, contenuta in un recipiente sigillato, alla pressione
bar05,1p 2 se alla pressione bar27,1p 1 la temperatura è C40t1 ?
Soluzione:
Si utilizza la legge:
1
2
1
2
T
T
p
p
Da cui:
K91,25816,313
bar27,1
bar05,1T
p
pT 1
1
22
Otteniamo quindi:
C25,1416,27391,258t 2
E’ possibile pervenire ad un risultato analogo utilizzando la legge di Gay-Lussac scritta per le
temperature espresse in gradi centigradi:
t1pp 0
Occorre prima calcolare la pressione 0p che il gas eserciterebbe alla temperatura C0t 0 , poi
con tale pressione e la pressione finale determinare temperatura finale corrispondente:
t1pp 01
Da cui:
bar1078,1
C16,273
C401
bar27,1
16,273
t1
pp
10
E poi:
t1pp 02
0
2
p
pt1
1p
p
t0
2
Ottenendo:
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C25,14
16,273
1
1bar1078,1
bar05,1
t
La temperatura corrispondente alla pressione di 1,05 bar è quindi C25,14t 2
ESERCIZIO 5:
Un gas alla temperatura C0t 0 è contenuto in un recipiente cilindrico chiuso da un pistone che
ha una superficie 2cm3S .
Il pistone è in equilibrio ed esercita sul gas una pressione pari a kPa3p 0 .
Determinare il valore della nuova massa da appoggiare sul pistone quando la temperatura del gas è
innalzata di un valore pari a C50t in modo tale che il pistone non cambi posizione.
Soluzione:
Si tratta di una trasformazione a volume costante in quanto il pistone non deve cambiare posizione.
Occorre quindi calcolare il valore della pressione che eserciterà il gas alla nuova temperatura sulla
superficie interna del pistone.
La pressione 50p è data:
0
2
0
2
T
T
p
p
20
0
250
m
N3546Pa3546kPa546,3kPa3
16,273
16,323p
T
Tp
La differenza di pressione tra quella finale e quella iniziale deve essere bilanciata dal
posizionamento di una nuova massa sulla superficie esterna del pistone, tale per cui:
S
gMp
Quindi:
g69,16kg01669,0
s
m81,9
m103
m
N000.3546.3
g
SpM
2
24
2
Lo stesso calcolo utilizzando la legge con le temperature in gradi Celsius:
Calcolo della pressione alla temperatura di 50° C:
2050
m
N549.3kPa549,3
C16,273
C501kPa3t1pp
Determino poi la massa seguendo lo stesso calcolo precedente:
g79,16kg01679,0
s
m81,9
m103
m
N549
g
SpM
2
24
2
I risultati sono leggermente diversi per la diversa approssimazione.
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31
PRIMA LEGGE DI GAY-LUSSAC
TRASFORMAZIONE ISOBARA A PRESSIONE COSTANTE
Anche la prima legge di Gay-Lussac è di tipo sperimentale ed è nuovamente utilizzato il sistema
termodinamico ideale a gas perfetto.
Contrariamente alla precedente è ora la pressione a rimanere costante durante tutta la fase finale di
riscaldamento e/o raffreddamento del gas, mentre, il volume da esso occupato nel cilindro risulta
variabile in dipendenza della temperatura.
La legge analitica di una trasformazione ideale “ISOBARA” è nella forma della precedente isocora:
t1VV 0
In cui si intendono:
V Volume occupato dal gas nel sistema alla temperatura finale
0V Volume occupato dal gas nel sistema alla temperatura di riferimento C0t 0
t Differenza di temperatura tra le fasi iniziali e finali del sistema
Coefficiente sperimentale il cui valore è sensibilmente uguale a quello di per l’isocora
Anche in questo caso, come si vedrà, è possibile utilizzare una forma semplificata della Legge
qualora si decida di utilizzare la scala assoluta delle temperature:
TT
VV
0
0
La sperimentazione utilizza lo stesso dispositivo ideale a gas perfetto già descritto per la
trasformazione a volume costante in una condizione iniziale preparatoria corrispondente all’inizio
della FASE 6.
Ciò significa che le prime cinque fasi possono essere considerate identiche alle precedenti.
FASE 6 – Variazione continua della temperatura del sistema con mantenimento della
pressione iniziale.
Contrariamente alla sperimentazione precedente, relativa alla trasformazione isocora, si
tiene conto, annotandolo, del volume occupato dal gas alla temperatura iniziale del sistema
termodinamico.
Ricordando che il sistema è collegato ad una sorgente alla temperatura C0t 0 e
considerando che entrambi sono in equilibrio termico, si conclude immediatamente che la
temperatura del sistema è pari a quello della sorgente.
Facendo inoltre riferimento a quanto illustrato a proposito del valore iniziale di pressione
circa la corrispondenza o meno alla pressione atmosferica normale è già possibile anticipare
che, anche a proposito del volume, vale la stessa regola:
La variazione di volume a pressione costante dipenderà unicamente dal valore iniziale
dello stesso alla temperatura nulla e sarà costituita sempre dalla stessa frazione. In buona
sostanza si ribadisce l’esistenza di un coefficiente moltiplicatore costante avente le stesse
caratteristiche di .
Non occorre quindi riportare il volume iniziale, come si fatto inizialmente per la pressione,
al valore che normalmente occuperebbe una mole di gas alla pressione atmosferica normale
e alla temperatura nulla.
Detto questo, occorre ora variare la temperatura del gas mantenendo costante la pressione
che lo stesso esercita sulle pareti del cilindro.
APPUNTI DI FISICA
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32
Il pistone, essendo sbloccato, è libero di muoversi per effetto della dilazione del gas che non
è quindi più impedita.
Durante la trasformazione la massa M applicata al pistone non sarà variata in modo tale da
garantire la costanza della pressione interna pari al valore iniziale:
20
r
*pgMp
Il sistema termodinamico è ora in grado di modificare la propria geometria strutturale
cedendo o assorbendo dai sistemi ad esso collegati anche lavoro meccanico per effetto dello
spostamento del pistone il quale incrementa, oltre tutto, la sua energia potenziale.
La temperatura del gas è variata applicando di volta in volta, come al solito, sorgenti a
temperatura crescente ed aspettando il tempo necessario per permettere ai sistemi di
riportare l’equilibrio termico.
Le quantità di calore cedute, di volta in volta, dai sistemi esterni al sistema termodinamico
attraverso la parete conduttrice di fondo serviranno sia per la dilatazione del gas sia
all’incremento dell’energia interna dello stesso.
Si ricorda che l’unico risultato di una trasformazione isocora era l’incremento o il
decremento dell’energia interna in quanto al sistema termodinamico non era concessa la
possibilità di scambiare energia meccanica.
Possiamo già quindi immaginare che per ottenere la stessa variazione di energia interna del
gas, nel caso di trasformazione isobara, sia necessario scambiare una maggiore quantità di
calore con il sistema esterno.
Procedendo ad esempio con sorgenti caratterizzate da un variazione di temperatura di 50°
una dall’altra, occorrerà prendere nota con misurazioni accurate del volume occupato dal gas
per ogni condizione d’equilibrio semplicemente misurando il volume tra il fondo del
cilindro e la parte interna del pistone.
Figura 16 – FASE 6 – TRASFORMAZIONE ISOBARA A PRESSIONE COSTANTE
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33
FASE 7 – Costruzione del diagramma e della legge analitica della trasformazione isobara.
I risultati ottenuti annotando, per ogni variazione di temperatura, il relativo valore del
volume V saranno utilizzati per la costruzione di un diagramma cartesiano di assi t;V .
Il diagramma sarà rappresentato abbastanza fedelmente da una retta inclinata passante per il
punto, sull’asse del volume, di coordinate:
C0t
V
0
0
E, come si vedrà, per il punto sull’asse delle temperature, caratterizzato dalle coordinate:
C16,273t
0V
La retta sarà caratterizzata dall’equazione:
000
ttmVVVtV
In cui il coefficiente angolare m ha un valore:
0V.m
Il coefficiente angolare m rappresenta, questa volta, l’incremento di volume subito dal gas
per una variazione di temperatura di 1 grado e, come nel caso della trasformazione isocora, è
una frazione, di valore , del volume iniziale alla temperatura nulla.
Tale frazione è ancora uguale a:
003661,0
C16,273
1
Quindi, alla fine, la prima Legge di Gay-Lussac, relativa alla trasformazione isobara, risulta
nelle seguenti forme:
00000
tt1VttVVtV
16,273
t1V
16,273
tt1VtV
0
0
0 LEGGE GAY-LUSSAC
TRASFORM. ISOBARA
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34
Figura 17 – PRIMA LEGGE DI GAY-LUSSAC – TRASFORMAZIONE ISOBARA.
LA TRASFORMAZIONE ISOBARA E LA SCALA ASSOLUTA DI TEMPERATURA.
La Prima Legge di Gay-Lussac valida per trasformazioni isobare – a pressione costante – è più
facilmente rappresentata se si effettua uno spostamento della scala delle temperature adottando la
scala assoluta o scala Kelvin.
Basta spostare l’origine degli assi nel punto rappresentativo dello zero assoluto e variare tutti i
valori di temperatura rapportandoli ai Kelvin:
Figura 18 – LEGGE DI GAY-LUSSAC – TRASFORMAZIONE ISOCORA – SCALA ASSOLUTA
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35
L’equazione caratteristica può quindi essere facilmente scritta nella forma seguente:
TmTV
In cui in coefficiente angolare m è dato da:
16,273
V
T
Vm
0
0
0
Per cui:
TT
VV
0
0 ISOBARA (PRESSIONE COSTANTE)
Oppure:
TVTV00 (AREE UGUALI DEI RETTANGOLI)
00T
T
V
V (LEGGE DI SIMILITUDINE DI TRIANGOLI SIMILI)
Svincolando anche in questo caso il punto origine si ottengono le due relazioni equivalenti:
1221TVTV
1
2
1
2
T
T
V
V
In questo modo si svincola la Legge di Gay-Lussac dalla conoscenza delle condizioni di pressione e
temperatura particolari relative alla temperatura di 273,16 K.
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1° LEGGE DI GAY-LUSSAC _ TRASFORMAZIONE ISOBARA – ESERCIZI.
ESERCIZIO 1:
Supponendo di scaldare un volume di gas pari a 3
1dm100V con pressione costante, da una
temperatura C25t1 ad una temperatura C100t 2 , determinare il volume finale occupato
dal gas.
Soluzione:
La trasformazione è isobara, si può quindi applicare la prima Legge di Gay-Lussac nella forma:
1
2
1
2
T
T
V
V
Da cui si ottiene:
33
1
1
22 dm16,125dm100
K16,298
K16,373V
T
TV
Allo stesso risultato si perviene utilizzando la formula con la temperatura in Celsius ove, però
occorre prima determinare il volume occupato dal gas alla temperatura nulla:
0101 tt1VV
3
1
3
1
10 dm61,91
C25C003661,01
dm100
t1
VV
Ed infine:
313
0202 dm15,125C100C003661,01dm61,91tt1VV
ESERCIZIO 2:
Calcolare la temperatura alla quale bisogna portare una massa di idrogeno affinché il suo volume, di
20 litri alla temperatura di 20° C, salga a 30 litri, supponendo che la pressione rimanga costante
durante la trasformazione.
Soluzione:
La trasformazione è isobara, per cui:
1
2
1
2
T
T
V
V
C58,166K74,439K16,293
l20
l30T
V
VT 1
1
22
Utilizzando la scala Celsius:
020020 tt1VV
l63,18
20003661,01
l20
20003661,01
VV
200
00xt tt1VV
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Da cui:
l63,18
l30tt1 0
C62,166003661,0
61,0161,1tt 0
C62,166t
Risultato analogo al precedente.
ESERCIZIO 3:
Una certa quantità di gas, inizialmente alla temperatura C0t0
, subisce una trasformazione in
cui è triplicato il suo volume mantenendo costante la pressione.
Qual è la temperatura del gas al termine della trasformazione?
Soluzione:
La trasformazione è isobara e, definendo 0
V il volume occupato alla temperatura iniziale, si
ottiene:
0
f
0
f
T
T
V
V
Da cui si ottiene:
C32,546K48,819K16,2733T3TV
V3T
V
VT
00
0
0
0
0
f
f
Oppure:
f0f
t1VV
3V
V3t1
0
0
f
C32,54616,2732003661,0
213t
f
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ESERCIZIO 4:
In un cilindro di raggio cm30r ed altezza indefinita è contenuta una quantità di gas che
occupa inizialmente un volume 3
im5V alla temperatura C50t
i . Il pistone di massa
kg30M è in equilibrio e la pressione dell’ambiente esterno è una frazione pari all’ %85 della
pressione atmosferica normale.
Determinare, supponendo che il gas subisca una trasformazione isobara, l’aumento di energia
potenziale del pistone, quando la temperatura è incrementata di C800t .
Soluzione:
La pressione del gas contenuto nel cilindro è pari a: 2
a
22
irp85,0gMr*pgMrp
2222
2
a2i
m
N168.87
m
N325.10185,0
m3,0
s
m81,9kg30
p85,0r
gMp
atm86,0325.101
168.87p
i
Considerato che la trasformazione è isobara, tale pressione si manterrà costante con l’aumento di
temperatura.
Il volume occupato dal gas dopo l’incremento di temperatura sarà:
50
850
50
850
T
T
V
V
Da cui:
33
850m38,17m5
K16,323
K16,123.1V
Ad un incremento di volume pari a:
3
50850m38,12538,17VV
Corrisponde un incremento di quota del pistone pari a:
32m38,12Vhr
Da cui si ricava:
m81,43
m3,014,3
m38,12h
22
3
E il relativo incremento di energia potenziale:
J893.12mN893.12m81,43kg
N81,9kg30hgME
P
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LEGGE DI BOYLE-MARIOTTE
TRASFORMAZIONE ISOTERMA A TEMPERATURA COSTANTE.
Come si è visto, le due Leggi di Gay-Lussac descrivono il comportamento di un gas dal punto di
vista della variabilità della pressione e del volume in funzione del solo parametro di stato
“temperatura”.
La trasformazione è definita ISOBARA se, con la variazione di temperatura, è il solo volume a
modificarsi, mentre la pressione rimane costante; è definita ISOCORA se, con la temperatura, si
modifica la pressione ed il volume rimane inalterato.
Se, al contrario, è la temperatura a rimanere costante durante la trasformazione, gli altri due
parametri – pressione e volume – subiranno delle variazioni.
La trasformazione a temperatura costante è definita “ISOTERMICA” o “ISOTERMA” ed è
descritta dalla Legge sperimentale di Boyle-Mariotte.
La Legge di Boyle-Mariotte (ISOTERMA) e le due Leggi di Gay-Lussac (ISOBARA e ISOCORA),
unitamente, saranno poi utilizzate quali basi di partenza per lo studio della “Legge Generale di Stato
dei gas perfetti” ove compariranno la “Costante Generale di stato” e la quantità molecolare effettiva
di gas.
Anche la Legge di Boyle-Mariotte è di tipo sperimentale ed anche in questo caso, per studiarla,
conviene utilizzare il sistema termodinamico ideale contenente gas perfetto.
Prima di iniziare l’utilizzo teorico del sistema ideale occorre, però, anticipare alcune informazioni
che sono emerse in modo sufficientemente chiaro dallo studio delle trasformazioni isocore ed
isobare.
La più o meno rapida compressione di un gas, contenuto nel sistema termodinamico in
equilibrio termico con una sorgente esterna, provoca un brusco aumento di temperatura e di
pressione e una conseguente variazione dello stato di equilibrio termico precedente.
Il gas soggetto ad una compressione si riscalda e, per mantenersi in equilibrio termico con la
sorgente a capacità infinita, deve poter cedere energia termica alla stessa.
La rapidità e l’entità della compressione determinano, in prima approssimazione, il valore
della variazione termica.
Una pompa per bicicletta si riscalda durante le compressioni dello stantuffo.
Se la compressione è effettuata in modo “Quasi-statico”, ad esempio appoggiando al pistone
piccoli pesi in aggiunta a quelli già presenti, il riscaldamento del gas è minimo e uniforme in
tutto il cilindro ma la temperatura del sistema è comunque sempre superiore a quella della
sorgente esterna e lo scambio termico per riportare l’equilibrio è inevitabile anche se di
durata ridotta.
La più o meno rapida espansione determina, al contrario, una diminuzione di temperatura e
il conseguente prelievo, dalla sorgente, di una certa quantità di energia termica.
La brusca espansione del liquido frigorifero in pressione all’interno dell’evaporatore
provoca l’immediata trasformazione da fase liquida a fase gassosa e il conseguente
raffreddamento del sistema ad esso collegato.
E’ questo il principio di funzionamento dei frigoriferi e dei condizionatori estivi.
Sia la compressione che l’espansione del gas, essendo esso inizialmente in equilibrio con la
sorgente a capacità termica infinita, devono essere necessariamente provocate dall’azione di
forze esterne e dal conseguente flusso, in entrata o uscita, di energia meccanica.
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40
In altre parole:
Ogni compressione è accompagnata dall’aumento di temperatura e da lavoro
meccanico che, dall’esterno, affluisce nel sistema termodinamico. Dal punto di vista
del sistema tale lavoro è positivo, mentre, dal punto di vista dell’ambiente esterno
esso è negativo.
Ogni espansione è accompagnata dalla diminuzione di temperatura e da lavoro
meccanico che, dal sistema, affluisce all’ambiente esterno. Dal punto di vista del
sistema tale lavoro è negativo, mentre, dal punto di vista dell’ambiente esterno esso è
positivo. Considerando che l’ambiente esterno è, per noi, particolarmente importante
in quanto rappresenta il mondo in cui viviamo, possiamo cominciare a notare la
particolare importanza dell’espansione del gas.
Da quanto si affermato, si può anche concludere che le sorgenti collegate al sistema
termodinamico sono due:
L’una alternativamente cede o acquisisce calore (la sorgente a capacità termica
infinita), l’altra (il mondo esterno), di solito, alternativamente acquisisce o cede
lavoro meccanico.
Il sistema termodinamico agisce pertanto come tramite ai trasferimenti di energia
termica e meccanica.
Come si vedrà più avanti, i cicli chiusi seguiti dai sistemi termodinamici per il
trasferimento di energia meccanica verso il mondo esterno, richiedono la presenza
contemporanea di due sorgenti a differente temperatura.
Tornando alla trasformazione “ISOTERMA”, la sperimentazione utilizza lo stesso dispositivo
ideale a gas perfetto già descritto per la trasformazione a volume costante e a pressione costante in
una condizione iniziale preparatoria corrispondente all’inizio della FASE 6.
Ciò significa che le prime cinque fasi possono essere considerate identiche alle precedenti.
FASE 6 – Variazione continua della pressione e del volume mantenendo costante la
temperatura del sistema termodinamico. La trasformazione è di tipo “QUASI-STATICO”.
Contrariamente alle sperimentazioni precedenti, relative alle trasformazioni isocora ed
isobara, si tiene conto, annotandoli, dei valori di pressione e volume del gas alla temperatura
iniziale.
Ricordando che il sistema è collegato ad una sorgente alla temperatura C0t 0 e
considerando che entrambi sono in equilibrio termico, si conclude immediatamente che la
temperatura del sistema è pari a quello della sorgente.
I parametri di stato che caratterizzano il gas nelle condizioni iniziali sono dunque:
000t;V;p
Il pistone è quindi sbloccato e libero di muoversi.
Aggiungendo, di volta in volta, piccole masse si noterà l’abbassamento del pistone, la
contemporanea diminuzione di volume e un piccolo incremento della temperatura del
sistema che in poco tempo si riporterà in equilibrio con sorgente esterna collegata.
Durante la reiterazione delle operazioni la temperatura continua a rimanere costante ed
uguale a quella della sorgente mentre ad ogni aumento di pressione corrisponderà una
diminuzione di volume.
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Il procedimento può essere reiterato un numero di volte indefinito – dipendendo unicamente
dal valore dell’incremento della massa – e anche in senso contrario cioè diminuendo la
massa.
Ad ogni diminuzione di massa corrisponderà una diminuzione di pressione, un aumento di
volume, una diminuzione temporanea diminuzione di temperatura ed un nuovo stato
d’equilibrio termico con la sorgente.
Al termine delle operazioni saremo in possesso delle terne di parametri di stato
caratteristiche di ogni reiterazione:
011t;V;p
022t;V;p
033t;V;p
……………….
……………….
0nnt;V;p
Avendo indicato con n il numero di prove.
FASE 7 – Variazione della temperatura del sistema e ripetizione della FASE 6.
Il sistema è riportato nelle condizioni iniziali procedendo in senso inverso a quello utilizzato
nella fase precedente cioè diminuendo lentamente la quantità di massa sul pistone; al
termine i valori dei parametri di stato saranno nuovamente:
000t;V;p
Occorre ora variare la temperatura del sistema mediante l’eliminazione della sorgente alla
temperatura 0
t e il collegamento con una sorgente a temperatura 1
t superiore o inferiore.
Si supponga di utilizzare una sorgente ad una temperatura superiore e di attendere il tempo
necessario allo scambio di calore con il sistema sino al raggiungimento della stessa
temperatura.
Durante la variazione di temperatura da 0
t a 1
t varierà anche il volume se si decide per una
trasformazione ISOBARA oppure la pressione se la trasformazione è ISOCORA.
Alla fine i parametri di stato caratteristici saranno:
1
1
0
1
0t;V;p
Con 01
VV se la trasformazione è isocora oppure 01
pp se è isobara.
Si ripete ora nuovamente una FASE 6 mantenendo collegata la sorgente 1
t , variando
lentamente la pressione ed annotando i corrispondenti volumi ai nuovi stati d’equilibrio.
Al termine delle operazioni saremo in possesso di altre terne di parametri di stato
caratteristiche di ogni reiterazione:
1
1
1
1
1t;V;p
1
1
2
1
2t;V;p
1
1
3
1
3t;V;p
……………….
……………….
1
1
n
1
nt;V;p
Avendo ancora indicato con n il numero di prove.
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Figura 19 – TRASFORMAZIONE ISOTERMA ALLA TEMPERATURA 0
T
FASE 8 – Costruzione di diagramma pressione-volume.
Con i dati ricavati dalla prima e dalla seconda FASE 6 – a due temperature differenti -, si
costruisce, per punti, il diagramma cartesiano V,p riportando sull’asse orizzontale il
volume e la pressione sull’asse verticale.
Resta inteso che le due trasformazioni a differenti temperature saranno raffigurate da due
distinti diagrammi e dalle relative funzioni.
Relativamente ai dati ottenuti durante la trasformazione a temperatura 0
t si potrà notare che
i prodotti ottenuti moltiplicando il valore della pressione per il relativo valore di volume
sono sensibilmente uguali tra loro ed uguali ad una costante 0
K :
0nn221100KVp...........VpVpVp
Da cui:
00t
KVp
Lo stesso vale per la trasformazione a temperatura 1
t salvo il fatto che il valore della
costante 1
K è diverso dalla precedente, cioè:
1
1
n
1
n
1
2
1
2
1
1
1
1
1
0
1
0KVp...........VpVpVp
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43
Da cui:
11t
KVp
Con:10
KK
E, nel caso che la temperatura 1
t sia maggiore della temperatura 0
t si avrà:
01KK
Le relazioni intercorrenti, a temperatura costante, tra la pressione esercitata e il volume
occupato, chiaramente di tipo inversamente proporzionale, sono rappresentate graficamente
da iperboli equilatere di funzione analitica rispettivamente:
V
KVp
0 ISOTERMA ALLA TEMPERATURA
0t
V
KVp
1 ISOTERMA ALLA TEMPERATURA
1t
In cui i valori delle costanti K sono, rispettivamente:
000
VpK
1
0
1
01VpK
Figura 20 – DIAGRAMMA PRESSIONE-VOLUME - TRASFORMAZIONI ISOTERME
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44
LEGGE DI BOYLE-MARIOTTE
In conclusione si è ottenuta la relazione sperimentale di Boyle-Mariotte riguardante le
trasformazioni “ISOTERME” – a temperatura costante - dei gas perfetti contenuti nei sistemi
termodinamici.
000KVpVp Valida per isoterma alla temperatura
0T
Oppure:
1122VpVp Valida per isoterma ad una temperatura qualsiasi
Da cui:
1
2
1
2p
V
Vp ISOTERMA ALLA TEMPERATURA T
1
2
1
2V
p
pV ISOTERMA ALLA TEMPERATURA T
Dalla prima relazione si determina la pressione 2
p di un gas che, ad una certa temperatura, occupa
un volume noto 2
V se si conoscono la pressione 1
p e il volume 1
V caratteristici alla stessa
temperatura di un altro punto della stessa trasformazione.
La stessa cosa dicasi a proposito del calcolo del volume 2
V
LE TRASFORMAZIONI ISOCORE ED ISOBARE SUL DIAGRAMMA PRESSIONE-VOLUME
Il diagramma V;p caratteristico delle trasformazioni ISOTERME – regolate dalla Legge di
Boyle – può essere utilizzato per una diversa e, allo stesso tempo più completa, rappresentazione
delle trasformazioni ISOCORE ed ISOBARE, regolate invece dalle due LEGGI DI Gay-Lussac.
L’isobara – trasformazione caratterizzata dalla variazione di temperatura e dalla pressione costante
– sarà rappresentata dal segmento orizzontale che collega un punto caratteristico dell’isoterma
rappresentativa della temperatura iniziale i
T ad un altro punto sull’isoterma rappresentativa della
temperatura finale f
T .
L’isocora – trasformazione caratterizzata dalla variazione di temperatura e dal volume che si
mantiene costante – sarà rappresentata dal segmento verticale che collega le due isoterme
rispettivamente alla temperatura iniziale i
T e alla temperatura f
T .
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Figura 21 – TRASFORMAZIONE ISOBARA SUL DIAGRAMMA PRESSIONE-VOLUME
Figura 22 – TRASFORMAZIONE ISOCORA SUL DIAGRAMMA PRESSIONE-VOLUME
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46
SERIE DI TRASFORMAZIONI A CICLO CHIUSO
Particolare importanza per le trasformazioni successive che riportano il sistema termodinamico
ideale ed il gas in esso contenuto alle condizioni iniziali di partenza.
E’ ovvio che il gas segue un ciclo chiuso composto da un numero indefinito di trasformazioni il cui
risultato è quello di riportare i parametri di stato pressione, volume e temperatura agli stessi valori
iniziali.
Non è invece affatto ovvio che tutte le sorgenti ad esso collegate durante le svariate fasi delle
trasformazioni siano riportate, alla fine del ciclo chiuso, alle stesse ed identiche condizioni iniziali.
La serie di trasformazioni – ISOTERMA, ISOCORA ed ISOBARA – che costituiscono, in un
ordine qualsiasi, un ciclo chiuso, possono essere rappresentate su un diagramma pressione-volume
seguendo il criterio precedentemente illustrato.
Figura 23 – CICLO CHIUSO DI TRASFORMAZIONI ISOBARE, ISOCORE, ISOTERME
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47
INTERPRETAZIONE E SIGNIFICATO
DEL DIAGRAMMA PRESSIONE-VOLUME
1 - COSTANTE DI STATO – INTRODUZIONE ALL’EQUAZIONE GENERALE DI STATO
L’iperbole equilatera che rappresenta, sul diagramma pressione-volume, una trasformazione
isoterma alla temperatura T qualsiasi – si preferisce qui utilizzare la definizione di temperatura
assoluta – è costituita di una serie continua di punti ognuno dei quali è caratterizzato da una coppia
diversa di parametri di stato – pressione e volume – e ha in comune il valore costante della
temperatura.
Per tutti gli stati d’equilibrio appartenenti ad un’isoterma alla temperatura 1
T , in virtù della Legge
di Boyle, è costante il prodotto della pressione per il volume.
Per tutti gli stati d’equilibrio appartenenti ad un’isoterma a temperatura 2
T è ancora costante il
prodotto pressione-volume ma il suo valore è diverso dal valore caratteristico dell’isoterma
precedente.
Inoltre, come si vedrà, è possibile ed utile riferire il valore costante Vp , relativamente ad
un’isoterma qualsiasi, al valore costante 00
Vp caratteristico dell’isoterma alla temperatura di
0°C.
Tale riferimento conduce immediatamente alla Equazione Generale di Stato dei gas perfetti.
Quindi, prese due isoterme qualsiasi alle temperature 1
T e 2
T oltre all’isoterma di riferimento
caratteristica della temperatura K16,273T0 e definendo A , B e 0 tre punti appartenenti
rispettivamente all’isoterma 1
T , all’isoterma 2
T e all’isoterma 0
T ognuno dei quali definisce lo
stesso volume o la stessa pressione, si avrà:
0
1
0
1
000KVpVp Per il punto 0 e per tutti i punti sull’isoterma
0T
1
1
A
1
AAAKVpVp Per il punto A e per tutti i punti sull’isoterma
AT
2
1
B
1
BBBKVpVp Per il punto B e per tutti i punti sull’isoterma
0T
Con:
BA0
VVV Se la trasformazione da 0 a B è a volume costante (isocora)
BA0
ppp Se la trasformazione da 0 a B è a pressione costante (isobara)
210
KKK
012
KKK
TfCKi
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Figura 24 – CALCOLO DEI VALORI DI K CON TRASFORMAZIONE ISOCORA
Considerando che i punti B,A,0 sono posizionati su un’isocora – volume costante – e che le
temperature sono variabili dal valore K16,273T0 al valore qualsiasi
2T , per essi ha validità
la seconda Legge di Gay-Lussac, ed è quindi possibile riferire le pressioni alla pressione iniziale e
alla temperatura iniziale.
Si ha quindi:
1
0
0
AT
T
pp
2
0
0
BT
T
pp
Considerando poi che il volume 0
V rappresenta la base di tutti e tre i rettangoli caratteristici delle
rispettive isoterme, si ottengono i valori delle costanti 0
K , 1
K e 2
K :
0
0
00
000T
T
VpVpK
1
0
00
01
0
0
0AAA1T
T
VpVT
T
pVpVpK
2
0
o0
02
0
0
0BBB2T
T
VpVT
T
pVpVpK
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49
L’area dei rettangoli caratteristici di ogni isoterma è quindi direttamente proporzionale alla
rispettiva temperatura assoluta e ad un coefficiente generale di stato il cui valore è dato da:
0
00
T
VpC
I valori di pressione e volume relativi all’isoterma alla temperatura di 273,16 (K), data la costanza
del prodotto Vp , possono essere riferiti, ad esempio, a quelli che eserciterebbe una mole o una
chilomole di gas perfetto alla temperatura normale C0t .
In conclusione la Legge di Boyle-Mariotte applicata alle tre isoterme considerate, assume la forma:
00
0
00TCT
T
VpVp
Isoterma
0T
11
0
00TCT
T
VpVp
Isoterma
1T
22
0
00TCT
T
VpVp
Isoterma
2T
Si sarebbe giunti alla stessa conclusione utilizzando, per il calcolo dell’area dei rettangoli Vp ,
una trasformazione isobara in grado di, mantenendo costante il valore della pressione – altezza del
rettangolo -, modificarne i volumi cioè la basi.
Figura 25 – CALCOLO DEI VALORI DI K CON TRASFORMAZIONE ISOBARA
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50
2 – LAVORO MECCANICO ED ENERGIA TERMICA
Unitamente al diagramma pressione-volume relativo ad una trasformazione isoterma è utile
ricordare che il sistema termodinamico agisce da tramite per i trasferimenti di energia meccanica e
termica da e verso le sorgenti collegate.
A questo scopo è possibile schematizzare il sistema, le sorgenti e i trasferimenti energetici nel modo
seguente:
Figura 26 – FLUSSI ENERGETICI TRA SISTEMA E SORGENTI.
Dal punto di vista del sistema termodinamico, il lavoro entrante 1
L e il calore entrante 2
Q
risultano positivi in quanto a carico delle rispettive sorgenti, viceversa il lavoro 2
L e il calore 1
Q
sono negativi in quanto uscenti.
Naturalmente le definizioni s’invertono qualora il punto di vista sia la sorgente di energia
meccanica o la sorgente di calore.
Particolarmente importante è il punto di vista della sorgente E in quanto costituisce il nostro
ambiente di vita quotidiana e nostro obiettivo principale è produrre e utilizzare il lavoro.
A questo riguardo sarà per noi positivo il lavoro 2
L che ci fornisce il sistema termodinamico,
mentre negativo sarà 1
L che lo stesso ci sottrae.
Potendo scegliere tra due sistemi – o macchine termodinamiche – opteremo per quella che è in
grado di fornirci la maggiore energia 2
L o, ancora meglio, la maggiore differenza – in termini
positivi - 12
LLL .
Si supponga ora di agire sul gas del sistema producendo in esso una trasformazione tale da
modificare il suo stato facendolo passare da “1” a “2” entrambi caratterizzati dall’equilibrio
termico.
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51
Lo stato 1 sarà caratterizzato dai seguenti parametri:
T
V
p
1
1
Lo stato 2 dai seguenti:
T
V
p
2
2
Supponiamo inoltre che, per passare da 1 a 2, sia necessario aumentare la forza applicata al pistone
ad esempio incrementando la massa appoggiata, in modo tale che risulti una forza 1
F a definire lo
stato 1 e una forza 2
F per lo stato 2 .
Alla forza 1
F corrisponde la pressione iniziale 1
p , alla forza 2
F la pressione finale 2
p .
A causa dell’improvviso incremento della forza, lo stato d’equilibrio iniziale non può essere
mantenuto e il pistone accelera verso il basso riducendo il volume di gas ed incrementando la
pressione nel cilindro.
Il movimento del pistone, ipotizzando nullo l’attrito con le pareti, sarà analogo a quello di un
oscillatore smorzato all’intorno della nuova posizione d’equilibrio 2 .
Durante il moto oscillatorio e transitorio del pistone, la temperatura e la pressione saranno
comunque sempre superiori ai valori iniziali e, a riguardo della pressione, potremo ammettere che
essa si manterrà, mediamente, pari al valore della pressione 2
p .
Ciò significa che, mentre il pistone ha raggiunto la posizione 2 discendendo, l’energia cinetica
acquistata ha un valore tale da costringerlo ad abbassarsi ancora comprimendo il gas ad una
pressione maggiore di quella che caratterizzerà, alla fine, il secondo stato d’equilibrio.
La temperatura sarà sempre superiore a quella di partenza cosicché, per tale periodo transitorio, non
è possibile ritenere isoterma la trasformazione del gas.
E’ durante questa fase transitoria che il sistema cede, alla sorgente termica a temperatura
leggermente inferiore, la quantità di calore 1
Q indicata nello schema.
E’ ancora durante questa fase transitoria che il sistema riceve, dalla sorgente di energia meccanica,
la quantità di lavoro 1
L il cui valore è calcolato tenendo conto dello spostamento della forza 2
F
applicata:
hFL21
Con:
h Abbassamento del pistone dalla posizione iniziale a quella finale.
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D’altra parte, per i motivi prima esposti, la forza 2
F è compensata dal valore della pressione 2
p che
agisce sulla superficie del pistone:
SpF22
Per cui il lavoro è espresso anche:
hSpL21
E, considerando che:
21VVVhS
21221
VVpVpL
Sul diagramma pressione-volume dell’isoterma caratteristica della trasformazione tale lavoro –
evidentemente negativo dal punto di vista della sorgente E - è rappresentato dall’area del
rettangolo evidenziato.
Figura 27 – LAVORO FORNITO AL SISTEMA DALLA SORGENTE E .
Se ora si elimina la forza 2
F , tornando cosi alla forza 1
F , si può ripetere il ragionamento
precedente con la seguente conclusione:
Il gas si espande e spinge la forza 1
F verso l’alto restituendo così alla sorgente esterna E una certa
quantità di lavoro 2
L ; nello stesso tempo si raffredda prelevando così dalla sorgente termica una
certa quantità di calore 2
Q .
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53
Il lavoro 2
L sarà definito, come in precedenza, da:
21112
VVpVpL
E rappresentato dall’area del rettangolo evidenziato sul diagramma pressione-volume:
Figura 28 – LAVORO FORNITO DAL SISTEMA ALLA SORGENTE E .
Il gas del sistema ha quindi subito due trasformazioni consecutive che hanno riportato i parametri
agli stessi valori dello stato iniziale, ma, per quanto riguarda la sorgente di energia meccanica, lo
stato iniziale e quello finale non sono coincidenti.
La sorgente E ha, infatti, ceduto al sistema più energia di quanta ricevuta e ha, perciò, perso
capacità di svolgere lavoro.
D’altra parte, dopo le due trasformazioni e secondo dati sperimentali, anche la sorgente termica non
è nelle stesse condizioni iniziali in quanto ha ricevuto dal sistema una quantità di calore superiore a
quella ceduta.
La sua capacità di ricevere altro calore è così diminuita.
Le due trasformazioni, come descritte, avvengono secondo modalità tanto più dinamiche quanto più
grande è la differenza tra la forze agenti.
Pensando di incrementare in termini infinitesimi la forza agente si può pensare di raggiungere lo
stato d’equilibrio successivo seguendo modalità statiche.
In altre parole:
Per raggiungere, partendo dallo stato 1 , il nuovo stato d’equilibrio 2 è necessario il
passaggio attraverso infiniti altri stati d’equilibrio intermedi.
Gli infiniti stati d’equilibrio intermedi costituiscono un’isoterma.
In questi termini il lavoro complessivo 1
L , ceduto dalla sorgente E al sistema, è rappresentato
dall’area confinata superiormente dall’iperbole tipica dell’isoterma e lateralmente dal volume
iniziale e finale.
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54
La trasformazione inversa restituisce alla sorgente E la stessa quantità di lavoro.
Le quantità di calore cedute e prelevate dal sistema alla sorgente termica sono le stesse.
Le trasformazioni di questo tipo sono dette “QUASI-STATICHE” e si definiscono
“REVERSIBILI” in quanto possono essere percorse nei due sensi.
Figura 29 – LAVORO DI UNA TRASFORMAZIONE “QUASI-STATICA” REVERSIBILE.
Figura 30 – TRASFORMAZIONI REVERSIBILI
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LEGGE DI BOYLE-MARIOTTE – TRASFORMAZIONI ISOTERME.
ESERCIZI.
ESERCIZIO 1:
Un gas occupa, alla temperatura C0t1
, un volume 3
1dm30V . Mantenendo costante la
temperatura lo si comprime
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56
L’EQUAZIONE DI STATO DEI GAS PERFETTI
Utilizzando le Leggi di Gay-Lussac unitamente alla Legge di Boyle-Mariotte è ora possibile
ricavare una legge più generale in cui sono presenti contemporaneamente le tre variabili di stato
“pressione, volume, temperatura” e la quantità di gas, costante o variabile durante le trasformazioni.
Tale legge sarà definita “EQUAZIONE DI STATO DEI GAS PERFETTI” e permetterà di
determinare i parametri caratteristici di un qualsiasi stato d’equilibrio senza dover necessariamente
preoccuparci del tipo di trasformazione avvenuto all’interno del sistema termodinamico.
Supponiamo quindi che il gas passi da uno stato d’equilibrio 1 definito dal valore dei parametri
111
TVp ad un nuovo stato d’equilibrio generico TVp .
Dal punto di vista del gas non sono assolutamente rilevanti né il tipo né la quantità di trasformazioni
che deve subire per modificare i suoi parametri in quanto gli stati d’equilibrio sono univoci e
dipendono sono dai valori assunti dalla terna di parametri di stato.
E’ quindi possibile immaginare una serie qualsiasi di trasformazioni semplici alla sola condizione
che esse, alla fine, conducano, partendo dalla terna di parametri iniziali, alla terna finale.
Decidiamo quindi di utilizzare una serie di trasformazioni costituita da un’isocora, da un’isoterma e
da un’isobara e, visto che ci è consentito, decidiamo anche di costringere il gas, prima di giungere
allo stato finale, ad assumere una temperatura pari allo zero centigrado cioè K16,273T0 .
Utilizziamo il diagramma pressione-volume e le tre isoterme caratteristiche delle temperature
iniziale, finale e dello zero centigrado, riportando sulle prime due i punti di coordinate iniziali e
finali:
Stato d’equilibrio iniziale 1 111
TVp
Stato d’equilibrio finale 2 TVp
Indichiamo poi, con un tratto verticale, la trasformazione isocora dal punto 1 al punto A
sull’isoterma K16,273T0 .
Seguendo l’isoterma 0
T - con una trasformazione a temperatura costante – proseguiamo la
trasformazione sino ad un punto B al quale corrisponde una pressione del gas uguale alla pressione
p caratteristica del punto 2 finale.
Concludiamo infine con una trasformazione isobara dallo stato d’equilibrio B allo stato
d’equilibrio finale 2 .
Risulta chiaro che, se non si cambiano i parametri dello stato iniziale e finale, caratteristici del
sistema termodinamico, il risultato non dipende né dal numero né dal tipo di trasformazioni
intermedie in quanto lo stato d’equilibrio finale può comunque essere raggiunto con una serie di
trasformazioni qualsiasi.
Da quanto esposto precedentemente a proposito dell’interpretazione della legge di Boyle dovrebbe
essere chiaro che, se nulla cambia circa le condizioni del sistema termodinamico alla fine delle
trasformazioni scelte, ciò non è altrettanto vero dal punto di vista delle sorgenti collegate al sistema.
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57
Figura 31 -
Applicazione della seconda Legge di Gay-Lussac alla trasformazione isocora A1 :
Il sistema termodinamico, nello stato iniziale di parametri 111
TVp , è collegato ad una
sorgente termica alla temperatura K16,273T0 alla quale inizia a cedere calore. Il
pistone è bloccato perciò la trasformazione è isocora e lo stato finale d’equilibrio sarà
caratterizzato dai nuovi parametri:
AStato 0
A
1
1
T
p
T
p
0A
1A
0
1
1A
TT
VV
TT
pp
Applicazione della Legge di Boyle alla trasformazione isoterma BA :
Il pistone è sbloccato e la sorgente alla temperatura 0
T continua ad essere collegata al
sistema. Si variano la pressione e il volume in modo lento e graduale in modo da realizzare
una trasformazione isoterma sino a raggiungere il nuovo stato d’equilibrio B caratterizzato
dai seguenti parametri:
BStato BBAA VpVp
0B
B
AAB
B
TT
P
VpV
pp
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58
Applicazione della prima Legge di Gay-Lussac alla trasformazione isobara 2B :
Con il pistone sbloccato e utilizzando il collegamento ad una sorgente alla temperatura 2
T
si realizza una trasformazione isobara sino a raggiungere il nuovo stato d’equilibrio finale.
Esso sarà caratterizzato dai parametri:
2Stato 0
B
2 T
V
T
V
TT
TT
VVV
ppp
2
2
0
B
2
B2
In conclusione:
Per il punto 2 situato sull’isoterma 2
T vale quindi:
2
0
BB
2
0
B
B22T
T
VpT
T
VpVpVp
D’altra parte essendo i due punti A e B sulla stessa isoterma 0
T , vale la Legge di Boyle, quindi:
0
00
0
AA
0
BB
T
Vpn
T
Vp
T
Vp
00AABBVpnVpVp
In cui lo stato d’equilibrio 0 è caratterizzato dal fatto che la pressione è equivalente alla pressione
esercitata normalmente alla temperatura di zero gradi centigradi da una quantità di gas pari ad una
mole (il peso del gas equivale al suo peso molecolare) e che il volume è equivalente al volume
normalmente occupato, alla temperatura di zero gradi centigradi e alla pressione normale, sempre
da una mole di gas:
Pa325.101m
N325.101p
20
32
0m022414,0litri414,22dm414,22V
Il prodotto BBAA
VpVp è quindi direttamente proporzionale alla quantità di gas contenuta
nel sistema cioè al numero di moli o chilomoli n con 00
Vp costante di proporzionalità.
In definitiva lo stato d’equilibrio finale relativo ad un punto qualsiasi di una qualsiasi isoterma alla
temperatura T è rappresentato dall’equazione generale di stato dei gas perfetti:
TT
VpnVp
0
00
EQUAZIONE DI STATO DEI GAS PERFETTI
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Dove il termine entro la parentesi è costante ed ha un valore pari a:
Se n è misurato in moli:
Kmole
J314,8
Kmole
mN314,8
K16,273
mole
m022414,0
m
N325.101
T
Vp
3
2
0
00
Se n è misurato in chilomoli:
Kchilomole
J314.8
Kchilomole
mN314.8
K16,273
chilomole
m414,22
m
N325.101
T
Vp
3
2
0
00
La costante è denominata “ COSTANTE DI STATO DEI GAS PERFETTI ” ed è indicata con R :
Kmole
J314,8
T
VpR
0
00
L’equazione generale di STATO DEI GAS PERFETTI assume quindi la forma:
TRnVp
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EQUAZIONE DI STATO DEI GAS PERFETTI ESERCIZI.
ESERCIZIO 1:
In un recipiente di volume 3m35V è riempito, alla temperatura C50t1 , con un gas
compresso sino al raggiungimento di una pressione atm20p . Determinare la temperatura alla
quale occorre riscaldare il gas, senza modificarne la quantità, per aumentarne la pressione del %25
pensando di aumentare, nel contempo, il volume del recipiente del %12 .
Soluzione:
Il gas compresso nel recipiente alla temperatura K16,323T1 assume la pressione iniziale data
se la quantità è: TRnVp
chimol39,26
K16,323Kchimol
J314.8
m35
m
N325.101atm20
TR
Vpn
3
2
La temperatura necessaria per aumentare la pressione del 25% quando il volume aumenta del 12%
è:
C42,179K57,452314.839,26
12,13525,1325.10120
Rn
VpT
ESERCIZIO 2:
Supponendo di scaldare un volume di gas pari a 3
1dm100V con pressione costante, da una
temperatura C25t1 ad una temperatura C100t 2 , determinare il volume finale occupato
dal gas.
Soluzione:
La pressione e la quantità di gas rimangono costanti durante la trasformazione isobara.
Si può applicare l’equazione di stato per il gas nelle due distinte condizioni:
111 TRnVp
22122 TRnVpVp
Dividendo membro a membro si ottiene:
2
1
21
11
TRn
TRn
Vp
Vp
Da cui:
2
1
2
1
T
T
V
V Cioè si è ottenuta la prima legge di Gay-Lussac per l’isobara
Quindi:
3
1
1
22 dm15,125100
16,298
16,373V
T
TV
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ESERCIZIO 3:
Un gas alla temperatura C0t e alla pressione di 1 atmosfera occupa un volume di 30 litri. Lo si
comprime a 3 atmosfere e durante la compressione lo si riscalda a 75° C. Determinare il volume
finale.
Soluzione:
Utilizzando l’equazione di stato dei gas perfetti ai due stati d’equilibrio, si ottiene:
111 TRnVp
222 TRnVp
Da cui:
2
22
1
11
T
Vp
T
VpRn
Cioè:
litri74,12
K16,273atm3
K16,348l30atm1
T
T
p
VpV
1
2
2
112
ESERCIZIO 4:
In una bombola di capacità 50 litri, contenente gas compresso a 25 atmosfere, è fatto fuoriuscire del
gas in modo da riempire un recipiente di 200 litri a pressione atmosferica. Determinare la pressione
finale del gas restante nella bombola.
Soluzione:
Lo stato d’equilibrio del gas in pressione contenuto nella bombola piena è:
1) TRnVp11
Lo stato d’equilibrio del gas in pressione nella bombola dopo il travaso, sarà:
2) TRnnVp112
Lo stato d’equilibrio del gas nel recipiente di 200 litri, sarà:
3) TRnVp133
Ricavando TR dalle tre equazioni si ottiene:
n
VpTR
11
1
12
nn
VpTR
1
33
n
VpTR
Ricavando 1
n dalla terza equazione:
TR
Vpn
33
1
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E sostituendo tale valore nella seconda:
33
33
12VpTRnTR
TR
VpnVp
Tenendo poi conto della prima:
331112VpVpVp
Si ricava il valore della pressione 2
p :
atm21
l50
l200atm1l50atm25
V
VpVpp
1
3311
2
La risoluzione dell’esercizio poteva essere svolta nel modo seguente:
Il gas compresso nel primo recipiente possiede un’energia data dal prodotto della pressione per il
volume:
J656.126mN656.126
m
dm000.1
1dm50
atm
m
N
325.101atm25VpE
3
3
32
111
Parte del gas compresso è travasato e fatto espandere, si ritiene a pressione iniziale nulla, in un altro
recipiente sino a raggiungere una pressione pari alla pressione atmosferica normale.
Il gas contenuto, alla fine, nel secondo recipiente possiede un’energia data da:
J265.20
m
dm000.1
1dm200
m
N325.101VpE
3
3
3
2333
Per cui, nel primo recipiente, il gas rimasto deve possedere un’energia pari alla differenza tra
l’energia iniziale e l’energia trasferita:
J360.106265.20656.126EEE 312
Tale energia, considerato che il volume non è cambiato, è ancora data dal prodotto della pressione
finale per il volume:
360.106Vp 12
Da cui:
atm21325.101
380.127.2
m
N380.127.2
dm
m
000.1
1dm50
m
N369.106
p2
3
33
2
2
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ESERCIZIO 5:
Si collegano tra loro due bombole: una di volume litri10V1 e contenente gas ad una pressione
atm20p 1 e l’altra di volume litri3,0V 2 con gas a pressione atm80p 2 . Determinare la
pressione finale del gas.
Soluzione:
Applicando l’equazione di stato alle due bombole:
1) TRnVp 111
2) TRnVp 222
E al recipiente che si ottiene con il collegamento delle due bombole:
3) TRnnVVp 21213
Per cui, sostituendo nelle 3) i valori della 1) e 2):
2211213 VpVpVVp
Da cui:
atm75,213,10
3,0801020p 3
ESERCIZIO 6:
Una bombola di volume l20V contiene 4,0 grammi di Idrogeno alla pressione
Pa105,2P5
. Determinare la temperatura del gas.
Soluzione:
Si utilizza l’equazione di stato:
TRnVp
Da cui si ricava la temperatura:
Rn
VpT
Tenendo conto che una mole di idrogeno biatomico ha un peso di 2 grammi, il numero di moli
contenute nella bombola è:
moli2
mole
g2
g4
molarePeso
Peson
Per cui:
C53,27K69,300
Kmole
J314,8moli2
m
N105,2
m
dm000.1
1dm20
T
2
5
3
3
3
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ESERCIZIO 7:
Calcolare il volume occupato da 7,2 moli di gas perfetto alla pressione di 75 kPa e alla temperatura
di -12° C.
Soluzione:
Il volume occupato dal gas si ricava dall’equazione di stato:
p
TRnV
In cui:
moli2,7n
Kmole
J314,8R
K16,2611216,273T
2m
N000.75Pa000.75kPa75p
Per cui:
litri208m208,0
m
N000.75
K16,261Kmole
J314,8moli2,7
V3
2
ESERCIZIO 8:
Determinare la pressione alla quale due moli di gas perfetto occupano un volume di 10 litri alla
temperatura di 25° C.
Soluzione:
Con l’equazione di stato:
V
TRnp
E sostituendo i valori dati:
kPa1095,4
m
N780.495
m
J780.495
m
dm000.1
1dm10
K16,298Kmol
J314,8mol2
p2
23
3
3
3
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ESERCIZIO 9:
Un recipiente contiene 26
104 molecole di gas perfetto alla pressione di Pa105 e alla
temperatura di 0° C. Determinare il volume del recipiente.
Soluzione:
Considerando il numero d’Avogadro e il numero di molecole presenti, si ottiene il numero di moli:
moli664
10022,6
104n
23
26
Applicando quindi l’equazione di stato:
3
2
5
m08,15
m
N10
K16,273Kmol
J314,8mol664
p
TRnV
ESERCIZIO 10:
In un recipiente di volume 3dm1V è stato creato quasi il vuoto con una pressione residua di
Pa109 . Determinare il numero di molecole di gas ancora presenti se la temperatura è di 0° C.
Soluzione:
Con l’equazione di stato si determina il numero di moli e poi, con il numero d’Avogadro, il numero
di molecole:
moli1040,4
K16,273Kmol
J314,8
m
dm000.1
1dm1
m
N10
TR
Vpn
16
3
3
3
2
9
Da cui:
molecole1065,210022,64,4NnN82316
A
ESERCIZIO 11:
Un recipiente della capacità di 3m5,0V contiene dell’ossigeno alla pressione kPa250p e
alla temperatura C9t . Determinare la massa del gas contenuta nel recipiente.
Soluzione:
Dall’equazione di stato:
moli28,53
K16,282Kmol
mN314,8
m5,0
m
N000.250
TR
Vpn
3
2
Per cui:
kg705,1gr705.1mol
gr32moli28,53PnM M
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ESERCIZIO 12:
Una certa quantità di gas perfetto si trova alla temperatura C30t e alla pressione
kPa100p . Determinare la densità molecolare (cioè il numero di molecole per unità di volume)
del gas.
Soluzione:
Dall’equazione di stato si ricava il rapporto V
n:
TRnVp
3
2
m
mol67,39
K16,303Kmol
mN314,8
m
N000.100
TR
p
V
n
Da cui, moltiplicando per il numero d’Avogadro:
3
25123
3
A
m
molecole1039,2mol10022,6
m
mol67,39
V
Nn
ESERCIZIO 13:
Un cilindro, lungo 92 cm e chiuso alle estremità, è diviso in due parti da un pistone termicamente
isolante. Una stessa quantità di gas perfetto, alla stessa temperatura di 330 K e alla stessa pressione
di Pa105 , si trova in ciascuna delle due parti. Il gas che si trova da una parte è riscaldato di 30 K.
Determinare di quanto si sposta il pistone e quanto vale la pressione del gas in ciascuna delle due
parti.
Soluzione:
Il pistone è inizialmente in equilibrio in quanto la pressione dalle due parti è uguale. Il
riscaldamento di una delle due parti di gas modifica il prodotto Vp . La variazione può essere
calcolata con l’equazione di stato:
111 TRnVp a 330 K
222 TRnVp a 360 K
Con:
Pa10p5
1
1V S46,0 Volume iniziale pari a metà del volume totale
VVV 12 Volume finale dopo il riscaldamento
Da cui si ottiene:
1
2
11
22
T
T
Vp
Vp
D’altra parte, il gas contenuto nella seconda zona, essendo il pistone termicamente isolante, subisce
una trasformazione isotermica regolata dalla Legge di Boyle-Mariotte. Per esso il prodotto Vp
deve rimanere costante ed uguale a quello iniziale:
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2
2
5
33 mSm46,0
m
N10pVp
2
2
5
1133 mSm46,0
m
N10VpVp
3344 VpVp
VV
Vp
V
Vpp
1
11
4
334
Ma, considerato che dopo il riscaldamento, il pistone è ancora in equilibrio, risulta che le pressioni
finali nelle due parti del cilindro devono ancora essere uguali.
Per cui:
42 pp
1
21
2
12
T
Tp
V
Vp
VV
S46,010
V
Vpp
1
5
4
114
Uguagliando le espressioni della pressione:
VV
S46,010
T
Tp
V
Vp
1
5
1
21
2
12
Da cui:
VV
S46,010
T
Tp
VV
V
1
5
1
21
1
1
VV
S46,0
T
T
VV
S46,0
11
2
1
VV
1
T
T
VV
1
11
2
1
1
VV
T
T
1
VV 1
2
11
2
11
2
1
T
T1V1
T
TV
1T
T
T
T1
V
V
2
1
2
1
1
04348,0
1360
330
360
3301
1T
T
T
T1
46,0
h
S46,0
hS
2
1
2
1
cm2m02,004348,046,0h
Si può ora determinare la pressione finale 2p utilizzando, ad esempio, la relazione:
1
21
2
12
T
Tp
V
Vp
In cui:
48,0
46,0
S02,046,0
S46,0
V
V
2
1
Così:
Pa10045,1330
36010
48,0
46,0p
55
2
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ESERCIZIO 14:
Due recipienti cilindrici collegati tra loro sono riempiti in parte con acqua. Il rapporto tra le sezioni
orizzontali dei cilindri è pari a 3/2. L’altezza della colonna d’aria nei due recipienti è,
rispettivamente, m00,1h 1 e m40,0h 2 e la pressione nel serbatoio di destra vale
Pa105,8p4
1 .
Il serbatoio di sinistra è chiuso all’estremità, mentre, quello di destra, è munito di rubinetto di sfiato.
In un secondo momento è aperto il rubinetto di sfiato e il recipiente di destra è messo in
comunicazione con l’atmosfera sino al raggiungimento delle condizioni d’equilibrio.
Determinare le altezze delle colonne d’aria nei due recipienti e la pressione nel recipiente di sinistra
dopo che si è raggiunto l’equilibrio.
Soluzione:
Figura 32
La pressione iniziale nel recipiente di destra è inferiore alla pressione atmosferica normale e, per
questo motivo, aprendo il rubinetto di sfiato, entra aria dall’esterno e la pressione finale pareggia,
alla fine, la pressione atmosferica.
Evidentemente, per effetto dell’aumento di pressione, l’altezza subisce un incremento.
Inizialmente l’aria contenuta nel recipiente di sinistra si troverà ad una pressione inferiore alla
pressione nel recipiente di destra.
La pressione iniziale nel recipiente di sinistra può essere calcolata utilizzando la Legge di Stevin:
2120H21 hhpp
Durante l’apertura del rubinetto l’aria contenuta nel recipiente di sinistra subisce una trasformazione
isoterma per cui deve valere la Legge di Boyle-Mariotte:
3322 VpVp
Alla fine la pressione 3p potrà ancora essere calcolata utilizzando la Legge di Stevin e tenendo
conto che, nel recipiente di destra il valore della pressione è pari alla pressione atmosferica normale.
1O2H3atm hpp
1O2Hatm3 hpp
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Calcolo di 2p iniziale:
Pa114.79m40,01
m
dm000.1
dm
N81,9Pa105,8hpp
3
3
3
4
O2H12
Applicazione della Legge di Boyle-Mariotte:
3322 VpVp
233222 ShpShp
3322 hphp
3
223
h
hpp
Determinazione della pressione incognita 3p caratteristica dello stato d’equilibrio finale con nuovo
utilizzo della Legge di Stevin:
34a3 hhpp
Per cui, uguagliando le relazioni relative alla pressione finale 3p , si ottiene:
34a
3
22hhp
h
hp
L’equazione, così com’è, non può essere risolta in quanto sono presenti due incognite - 3h e 4h -
che caratterizzano i livelli delle superfici di separazione aria-acqua nei due cilindri allo stato
d’equilibrio finale.
Si può però ovviare al problema considerando che, mentre l’aumento di pressione nel recipiente di
destra dovuto all’apertura del rubinetto verso l’ambiente a pressione atmosferica produce un
abbassamento del livello dal valore 1h al valore 4h , nel cilindro di sinistra il livello diminuisce dal
valore 2h al valore 3h .
Il processo coinvolge evidentemente una stessa quantità d’acqua che si trasferisce quindi dal
cilindro di destra a quello di sinistra.
Tale quantità può essere espressa da:
141 ShV
232 ShV
In cui si sono indicati con 1V e 2V rispettivamente l’abbassamento di volume d’acqua nel
cilindro di destra e l’aumento di volume d’acqua in quello di destra.
D’altra parte si ha:
21 VV
Da cui risulta:
2314 ShSh
1
2
3
4
S
S
h
h
dove:
2
3
S
S
2
1
4
2
13 h
S
Sh
43 h2
3h
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Utilizzando quest’ultima relazione è ora possibile modificare l’equazione a due incognite
riducendone il numero all’unità:
34a
3
22hhp
h
hp
Dove:
42323 h2
3hhhh
414 hhh
Per cui si ottiene:
4241a
42
22h
2
3hhhp
h2
3h
hp
E’ un’equazione di secondo grado contenente una sola incognita cioè l’abbassamento di quota
dell’acqua contenuta nel cilindro di destra oppure l’aumento di volume dell’aria per effetto
dell’incremento della pressione dal valore 1p al valore ap .
Dall’equazione si ottiene:
421a4222 h
2
5hhph
2
3hhp
4214a44212a222 h
2
5hhh
2
3ph
2
3h
2
5hhhphhp
2
4214a442212a222 h4
15hhh
2
3ph
2
3hh
2
5hhhphhp
Sostituendo i valori numerici in nostro possesso si ottiene:
22
m
N114.79p
m40,0h 2
m00,1h 1
33
3
3m
N810.9
m
dm000.1
dm
N81,9
2a
m
N325.101p
2
43
434243
322
h
m
N810.9
4
15
hm6,0
m
N810.9
2
3h
m
N325.101
2
3h
m
N810.9m4,0
2
5
m6,0
m
N810.9m40,0
m
N325.101m40,0m40,0
m
N114.79
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2
4342
4242
h
m
N787.36h
m
N829.8
h
m
N987.151h
m
N810.9
m
N354.2
m
N530.40
m
N645.31
Da cui:
0m
N531.6h
m
N968.152h
m
N787.36 42
2
43
Cioè:
017754,0h158,4h 4
2
4
E’ questa l’equazione di secondo grado la cui risoluzione è:
043,0;115,4
2
072,4158,4
2
17754,04158,4158,4h
2
4
I risultati sono espressi in metri.
La prima soluzione è fisicamente inaccettabile in quanto l’abbassamento è eccessivo e impossibile
per quanto riguarda il cilindro di sinistra.
Quindi la soluzione reale è:
cm3,4m043,0h 4
Con questo risultato è possibile calcolare il valore finale delle quote:
m043,1043,000,1h 4
m3355,0043,02
34,0h
2
3hhhh 42323
m7075,03355,0043,1h F
E il valore della pressione nel cilindro di sinistra:
2
2
3
223
m
N323.94
m3355,0
m40,0
m
N114.79
h
hpp
Verifica con la Legge di Stevin:
23234a3
m
N384.94m3355,0043,1
m
N810.9
m
N325.101hhpp
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72
ESERCIZIO 15:
Dopo aver gonfiato lentamente una ruota di bicicletta si è determinato che il numero di moli è
aumentato del 2%, la temperatura assoluta dell’1% e il volume della camera d’aria dello 0,2%.
Determinare l’aumento in percentuale della pressione.
Soluzione:
Con l’equazione di stato, definiti:
n Numero di moli iniziali
T Temperatura iniziale
V Volume iniziale
P Pressione iniziale
02,1n Numero di moli finali
01,1T Temperatura finale
002,1V Volume finale
xp Pressione finale
Si ottiene:
TRnVp Equilibrio iniziale
01,1TR02,1n002,1Vxp Equilibrio finale
Per cui:
01,1TR02,1n
TRn
002,1Vxp
Vp
01,102,1
1
002,1x
1
Da cui si ottiene x:
02814,1002,1
01,102,1x
L’aumento di pressione è del 2,814%.
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73
GAS PERFETTI E GAS REALI
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74
I GAS PERFETTI O IDEALI E I GAS REALI
Si è detto che un gas è considerato “perfetto” se è possibile immaginare nullo il volume occupato
dalle molecole e distanze infinitamente grandi tra le stesse in modo da rendere impossibile le
collisioni o urti molecolari.
In queste condizioni è possibile considerare pari a zero l’energia potenziale del gas in quanto risulta
nullo il lavoro che bisognerebbe eseguire per eliminare completamente le interazioni molecolari.
L’energia posseduta dal gas è solamente quella cinetica dovuta alla velocità media con la quale le
molecole si muovono entro il volume occupato.
Un gas con queste caratteristiche è definito “perfetto” o “ideale” ed è applicabile la Legge Generale
di stato o equazione di stato:
TRnVp
Si ricorda che l’equazione di stato riassume le due Leggi di Gay-Lussac (isobara ed isocora –
dilatazione del gas a pressione e/o volume costanti) e la Legge di Boyle-Mariotte (isoterma –
dilatazione del gas a temperatura costante).
In pratica l’equazione di stato è valida, quando la densità del gas è tale da consentire l’uso del
termine “rarefatto” per descriverne la caratteristica principale.
Se, al contrario, le molecole del gas non sono sufficientemente distanti, ovvero se la densità è
superiore a quella tipica di un gas ideale – per adesso non sono definiti termini di paragone – allora
non sarà difficile pensare che le molecole, adesso piuttosto vicine tra loro, possano scontrarsi o
comunque trovarsi le une nelle sfere d’azione delle altre.
In questo caso non sarà più possibile considerare nulle l’energia potenziale e le forze di coesione
molecolari.
Il gas sarà allora considerato “reale” ed il suo comportamento nei confronti delle trasformazioni e
degli stati d’equilibrio non potrà essere descritto dall’equazione di stato così come prevista per i gas
perfetti.
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TEORIA CINETICA DEI GAS
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76
LA TEORIA CINETICA DEI GAS PERFETTI
CALCOLO DELLA PRESSIONE ESERCITATA DA UN GAS PERFETTO CONTENUTO IN
UN RECIPIENTE.
Supponiamo di considerare una certa quantità di moli di un gas perfetto contenute in un recipiente
cubico di lato L .
Il numero complessivo N è direttamente proporzionale al numero di moli n e si può ottenere
tenendo conto che ogni mole di gas contiene un numero di molecole pari al Numero di Avogadro,
cosicché:
ANnN N = numero di molecole contenute nel recipiente.
n = numero di moli
AN = Numero d’Avogadro
12323
A mole100221,6mole
1100221,6N
Per il gas contenuto nel recipiente cubico di spigolo L , trattandosi di gas perfetto o comunque di
fluido aeriforme con temperatura superiore alla temperatura critica caratteristica C
T , sono
applicabili le relazioni seguenti:
la Legge Generale di Stato dei Gas Perfetti TRnVP
le due leggi di Gay-Lussac (trasformazione isocora a volume costante, isobara a pressione
costante)
la Legge di Boyle (trasformazione isotermica a temperatura costante) kVP :
Leggi di Gay.Lussac:
Trasformazione isobara
Pressione costante
t1VV 0 3m
TT
VV
0
0
2
1
1
2T
T
VV
Trasformazione isocora
Volume costante
t1PP0
Pascal
m
N
2
TT
PP
0
0
2
1
1
2T
T
PP
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Legge di Boyle:
Trasformazione isotermica o isoterma (temperatura costante)
kVPVP00 JmNm
m
N 3
2
kVPVP2211
2
1
1
2
V
V
P
P
2
11
2V
VPP
Legge generale di Stato dei gas perfetti:
TRnVP JmNm
m
N 3
2
In cui:
1K
16,273
1
Kmole
J10731451,8
T
VPR
5
0
00 Costante universale dei gas perfetti
Costante molare dei gas perfetti
K16,273tT Temperatura assoluta
C16,273Tt Temperatura in gradi Celsius
K16,273anormaleaatmosfericessionePrP0
mole
m0224141,0perfettigasmolareVolumeV
3
0
K16,273C0aeequivalentassolutaaTemperaturT 0
HgHg0 hP Legge di Stevin
33Hg
dm
dN59,13
dm
kg59,13
mm760h Hg
Pa1001325,1
m
N325.101
m
dm100
kg
N81,9
dm
kg59,13dm6,7atm1P
5
22
2
3Hg0
Kmole
J314,8
Kmole
mN314,8
K16,273
mole
m0224141,0
m
N1001325,1
T
VPR
3
2
5
0
00
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78
Tornando alle N molecole e immaginando di riuscire a visualizzarne una sola per un solo istante –
come si vedrà più avanti la velocità teorica media di una molecola di Idrogeno alla temperatura
C0tK273T è valutata
h
km660.6
s
m850.1v - e, nel contempo di poterne
misurare la massa m , ci accorgeremmo che è animata da una velocità i
v con direzione e verso
qualsiasi.
La molecola è quindi paragonabile ad un proiettile di massa infinitesima che, nel suo cammino,
continua a urtare necessariamente contro ogni ostacolo incontrato.
Considerando che il fluido nel recipiente si comporta da gas perfetto solo se le molecole sono
infinitamente distanti tra loro in modo tale da poter considerare nulla l’energia potenziale posseduta,
potemmo pensare come ipotesi molto improbabili gli eventi classificabili come urti molecolari ed
invece inevitabili gli urti delle molecole stesse contro le pareti del recipiente.
Dato che, come si vedrà più avanti, il modulo della velocità molecolare ha un valore molto elevato e
che il recipiente ha necessariamente dimensioni ridotte, seremo indotti a pensare che il numero di
urti, nell’unità di tempo, della molecola-proiettile contro una delle qualsiasi pareti sia elevatissimo
e, dato che anche il numero di molecole è enormemente grande, quella particolare parete sia
sottoposta ad un numero di urti infinitamente grande.
Il risultato macroscopico dei continui urti microscopici delle molecole contro le pareti sarà
assimilabile alla presenza di una forza applicata alla parete in modo oscillatorio con frequenza tipica
talmente elevata da farla risultare continua.
In virtù del Terzo Principio della Dinamica (Legge d’azione e reazione) potremo altresì immaginare
che le pareti del recipiente, sottoposte dalle molecole del gas a forze continue, reagiscano sulle
molecole stesse applicando loro forze uguali e contrarie.
Ipotizzando quindi di riuscire in qualche modo a determinare il valore delle forze applicate alle
pareti e dalla conoscenza delle superfici coinvolte, sarà poi semplice procedura il calcolo della forza
sull’unità di superficie cioè della PRESSIONE.
Ma torniamo a parlare della velocità molecolare incognita.
La velocità molecolare iv può quindi essere scomposta secondo le tre direzioni principali,
parallele, ognuna, ad uno degli spigoli del recipiente cubico.
Otteniamo:
iziyixivvvv
O anche:
iyixxyivvv
2
iy
2
ixxyivvv
izxyiivvv
2
iz
2
iy
2
ix
2
iz
2
xyiivvvvvv
Per cui, tralasciando il simbolo del modulo: 2
iz
2
iy
2
ix
2
ivvvv
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Supponendo di poter trattare una singola molecola allo stesso modo con cui si è trattato un corpo
rigido nei riguardi delle caratteristiche dinamiche proprie, come l’energia, la quantità di moto,
l’impulso e le regole di conservazione dell’energia e della quantità di moto, e di poter poi utilizzare
le semplici regole di somma algebrica alle N molecole di gas contenute nel recipiente, si ottiene
una semplificazione in grado di permetterci di descrivere le grandezze microscopiche caratteristiche
delle molecole per mezzo di grandezze macroscopiche facilmente rilevabili all’osservatore esterno.
A questo scopo è però necessario nuovamente ipotizzare che il fluido contenuto nel recipiente abbia
caratteristiche tali da poterci permettere di definirlo “gas perfetto”.
Forze di coesione molecolare nulle o comunque trascurabili
Energia potenziale molecolare nulla
Molecole estremamente distanti tra loro rispetto ai raggi d’azione delle forze di coesione e/o
repulsione molecolare
Assenza di urti tra le molecole
Temperatura superiore alla temperatura critica
Volume molecolare nullo
Urti perfettamente elastici delle molecole contro le pareti del recipiente in modo da poter
considerare validi il principio di conservazione dell’energia, di conservazione della quantità
di moto del sistema gas-parete e il teorema dell’impulso.
Figura 33 – RECIPIENTE CUBICO, ASSI PRINCIPALI E COMPONENTI DELLA VELOCITA’ MOLECOLARE.
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La quantità di moto i
Q posseduta dalla molecola i-esima dipende quindi dalla massa molecolare e
dalla velocità i
v secondo la relazione:
iivmQ
Oppure, scomponendo anche la quantità di moto secondo gli assi principali:
iziyixiziyixivmvmvmqqqQ
Considerando che, prima o poi, la molecola urta una delle facce del recipiente, che l’urto può essere
considerato perfettamente elastico e che la quantità di moto del sistema gas-pareti rimane costante
prima e dopo l’urto, si può ammettere che la velocità della molecola stessa, pur cambiando
direzione e verso, rimanga costante in modulo, cosicché l’energia cinetica, grandezza scalare, non
cambi nel tempo.
Allo stesso tempo si può immaginare che nell’urto contro una parete, la sola componente della
velocità i
v perpendicolare alla parete stessa cambi il proprio verso mantenendo costante il modulo.
Le direzioni e i moduli delle altre due componenti, essendo esse parallele alla parete considerata,
non subiscono variazioni e, di conseguenza, rimane costante anche il modulo della quantità di moto
dopo l’urto.
Dato che possiamo considerare un urto contro una qualsiasi delle pareti decidiamo di prendere in
esame in particolare l’urto contro la parete perpendicolare all’asse X (contenuta cioè nel piano
YZ ).
E’ evidente che i risultati potranno poi essere ripetuti allo stesso modo anche per le altre due
componenti della velocità non coinvolte nell’urto considerato ma coinvolte quando l’urto si
verifichi contro le pareti ad esse perpendicolari.
L’urto perfettamente elastico contro la parete perpendicolare a X produce l’inversione della
componente della velocità ix
v che, mantenendo quindi il suo valore in modulo, assume il segno
negativo dopo l’urto.
Supponendo di definire Iixv la componente prima dell’urto e
Fixv la stessa dopo l’urto e di
considerare positiva la prima essendo diretta verso la parte positiva dell’asse X , si potrà scrivere:
IixFix
vv
Ovviamente anche le quantità di moto, rispettivamente prima e dopo l’urto, dovranno essere
calcolate utilizzando la convenzione adottata per le velocità, ottenendo il seguente risultato:
ixIixIix vmvmq
ixIixFixFix vmvmvmq
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Figura 34 – COMPONENTE ORIZZONTALE DELLA VELOCITA’ MOLECOLARE PRIMA E DOPO L’URTO.
Durante l’urto - che deve necessariamente avvenire in un tempo infinitamente piccolo – la
molecola-proiettile e la parete-bersaglio si scambiano forze reciproche secondo una modalità che
potremmo pensare come il seguente schema modello:
L’energia cinetica CE posseduta dalla molecola in virtù della sua massa m e della velocità
ixv prima dell’urto, si annulla completamente nel momento in cui la velocità è ridotta a zero
dalla forza elastica di deformazione della parete nel punto in cui essa è colpita. In altre
parole potremo dire che la presenza della parete deformabile è un freno nei confronti del
proiettile.
Possiamo ammettere che, a causa di ciò, sia la parete sia la molecola si deformino in modo
perfettamente elastico senza disperdere energia di alcun tipo.
E quindi ammissibile dedurre che l’energia cinetica molecolare sia trasmessa integralmente,
sottoforma di energia potenziale elastica di deformazione 2
.EL xk2
1E , alla parete
colpita.
Il comportamento della parete è quindi assimilabile a quello di una molla ideale.
L’energia elastica è poi restituita dalla parete che riprende elasticamente la sua forma
originale applicando alla massa molecolare una forza di intensità variabile il cui risultato è la
comparsa di un’accelerazione altrettanto variabile e il ripristino della velocità ixv diretta
però nel verso opposto.
Tale modello è simile al modello di un oscillatore armonico elastico
Concentrando l’attenzione sulla forza F che la parete applica alla molecola e pensando ai
due tempi del modello di oscillatore armonico, potremo immaginare quanto segue:
La velocità molecolare iniziale diretta verso destra è necessariamente rallentata sino al
completo annullamento, da una forza xF variabile da zero al valore massimo ma
comunque sempre di verso contrario al verso della velocità.
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Tale forza, applicata alla massa costante della molecola, causa la comparsa di una
decelerazione altrettanto variabile xa che, alla fine del primo periodo di oscillazione,
raggiunge il valore massimo.
Al termine del primo periodo la deformazione della parete è massima e la velocità
molecolare è nulla.
Ora la parete-molla ideale riprende elasticamente la sua forma originale applicando ancora
alla molecola una forza elastica di intensità variabile dal valore massimo al valore nullo
xF con verso costantemente opposto al verso della velocità iniziale.
La massa molecolare è quindi sottoposta ad un’accelerazione variabile che provoca un
aumento di velocità nel verso opposto al precedente.
Al termine del secondo periodo, considerando la restituzione integrale dell’energia
potenziale elastica – quindi senza perdita d’energia -, la massa molecolare avrà acquistato la
stessa velocità caratteristica posseduta prima dell’urto ma di segno ovviamente contrario.
Durante l’urto deve necessariamente essere valido il Secondo Principio della Dinamica in quanto
sono coinvolte le grandezze tipiche caratteristiche anche se variabili nel tempo o:
xkamF
Ove si indica con xk la reazione elastica della parete assimilata a molla ideale.
Oppure, tendendo conto della definizione canonica dell’accelerazione:
t
vvmF
if
Da cui si ricava il Teorema dell’Impulso:
qqqvmvmtFiFif
La forza che compare nell’equazione deve essere interpretata come reazione vincolare media che la
parete applica alla massa molecolare durante l’intervallo di tempo che caratterizza il passaggio dalla
velocità iniziale massima (prima dell’urto) alla velocità finale massima (dopo l’urto).
Naturalmente, in virtù del Terzo Principio della Dinamica, essa è di pari valore ma opposta alla
forza esercitata dalla molecola alla parete.
La durata dell’urto – quindi t - è invece pari alla metà del periodo caratteristico dell’oscillatore
armonico modello ed è, evidentemente, di tipo infinitesimo.
Il prodotto tF è l’Impulso della forza mentre le grandezze F
vm e i
vm sono
rispettivamente la quantità di moto finale F
q e iniziale i
q .
Applicando il Teorema dell’impulso alla particella molecolare si ottiene quindi:
ixixixiixfixixix
vm2vmvmvmvmqtF
ixixixvm2qtF
Possiamo evitare di domandarci cosa succede alla componente ix
v qualora la molecola, essendo
dotata di altre due componenti parallele al piano YZ e rispettivamente l’una perpendicolare al
piano XY e l’altra perpendicolare al piano XZ , urti uno degli altri due piani, prima di urtare di
nuovo il piano parallelo e contrapposto alla parete precedente.
La componente ix
v , non essendo coinvolta negli urti contro i due (quattro) piani ad essa paralleli,
avrà sempre lo stesso valore e, di conseguenza, la molecola impiegherà sempre lo stesso tempo per
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83
percorrere la distanza L che separa le due pareti del recipiente perpendicolari alla sua direzione
anche se, nel frattempo, subisce un numero imprecisato di urti contro le altre quattro pareti.
In altre parole:
Non è di nessuna importanza il numero di urti molecolari contro pareti perpendicolari a
quella considerata, relativamente al tempo impiegato per percorrere la distanza L , a
condizione di considerare perfettamente elastici gli urti stessi.
Se tale ipotesi è soddisfatta la componente considerata mantiene inalterato il suo modulo e
lo spostamento della molecola nella direzione prefissata è assimilabile al moto rettilineo
uniforme in cui gli spazi percorsi sono proporzionali ai tempi impiegati.
Figura 35 – URTI IN DUE DIREZIONI CON MANTENIMENTO DEL MODULO DELLE COMPONENTI ix
v -
iyv
Consideriamo ora il fatto che la singola molecola è dotata, prima dell’urto contro la parete YZ , di
una velocità globale i
v di componenti iziyix
v,v,v e che, nell’urto, la sola componente
ixv mantiene inalterato il modulo cambiando però verso.
In questo modo possiamo immaginare che, dopo aver colpito la parete YZ di destra, rimbalzi verso
un’altra parete qualsiasi urtandola e invertendo il segno della velocità ad essa perpendicolare.
Tuttavia, in base a quanto descritto prima, il tempo impiegato dalla molecola per percorrere lo
spazio che separa le due pareti parallele YZ dipende esclusivamente dal modulo della velocità ix
v -
da ritenersi uniforme - e dalla misura dello spigolo L .
Se indichiamo con 1
t un tempo arbitrariamente piccolo, lo spazio percorso dalla molecola nella
direzione X sarà calcolato con:
1ixxtvS
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84
Mentre il numero di urti contro la stessa parete YZ sarà dato da:
xSL2n
Da cui:
L2
tv
L2
Sn
1ixx
x
E’ ovvio che tale risultato deve valere anche nei confronti del numero di collisioni che la stessa
molecola ha con le altre due pareti principali dove, però sono coinvolte le componenti iy
v e iz
v :
L2
tv
L2
Sn
1iyy
y
L2
tv
L2
Sn
1izz
z
Quindi, nel tempo 1
t la differenza di quantità di moto che, complessivamente, la molecola subisce
in x
n collisioni contro la parete YZ di destra, è data da:
L
tvm
L2
tvvm2nqq
12
ix
1ix
ixxixtiix
Da notare che la durata del tempo 1
t , pur essendo presa arbitrariamente piccola a piacere, non
coincidere con il tempo teorico d’impulso t durante il quale avviene lo scambio reale di forze tra
la parete e la molecola.
Essendo però talmente elevato il numero di molecole che, nello stesso istante colpisce la parete, si
può ritenere che le collisioni avvengano in continuazione.
Se ora consideriamo che nel recipiente sono contenute N molecole, ognuna animata da velocità i
v
qualsiasi e di relativa componente ix
v , e se applichiamo ad esse il risultato ottenuto per la molecola
singola considerata, otteniamo, relativamente alla differenza di quantità di moto e al tempo 1
t , il
seguente risultato:
Ni
1i
12
ixixL
tvmQ
In cui:
ixQ Componente in direzione X della differenza di quantità di moto relativa alle N
molecole.
1t Tempo medio impiegato dalla molecola per invertire due volte sulla stessa parete la
propria quantità di moto oppure tempo impiegato per percorrere uno spazio uguale al
doppio della distanza tra le pareti.
Considerando poi che la massa molecolare m , il tempo 1
t e il valore di L , sono costanti
all’interno della sommatoria, si ottiene:
Ni
1i
2
ix
1
ixv
L
tmQ
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85
D’altra parte, la differenza di quantità di moto complessiva è pari all’impulso nel tempo 1
t della
forza media ix
F che la parete destra YZ applica alle molecole per invertirne le loro componenti di
velocità:
ix1ixQtF
Si ricava dunque il valore medio della forza complessiva:
Ni
1i
2
ix
1
1ixv
L
tmtF
Ni
1i
2
ixixv
L
mF
Mentre, in virtù del Terzo Principio della Dinamica o legge d’azione e reazione, la forza che le
molecole applicano mediamente alla parete è di verso opposto:
Ni
1i
2
ix
'
ixv
L
mF
Ora, tenendo presente che, la media delle velocità caratteristiche di un numero di corpi pari a N è
definita velocità media (in questo caso la velocità media si identifica con la media delle velocità) e
che la media delle velocità al quadrato è pari alla velocità quadratica media:
N
v
N
v.............vvvv
Ni
1i
i
N321
m
Velocità media
N
v
N
v...........vvvv
ni
1i
2
i2
N
2
3
2
2
2
12
m
Velocità quadratica media
Si può interpretare e sviluppare la relazione precedente:
N
v
v
Ni
1i
2
ix
2
mx
Da cui:
2
mx
Ni
1i
2
ixvNv
Inserendo il risultato nella relazione precedente si ottiene:
2
mx
'
xvN
L
mF Forza media esercitata delle N molecole su YZ
E’ questa la relazione che permette di calcolare la forza media esercitata dalle molecole contenute
nel recipiente cubico sulla parete YZ .
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86
Estendendo il risultato alle altre pareti si avrà:
2
my
'
yvN
L
mF Forza media esercitata delle N molecole su XZ
2
mz
'
zvN
L
mF Forza media esercitata delle N molecole su XY
CALCOLO DELLA PRESSIONE
E’ ora possibile riferire la forza media esercita dal gas sulle pareti all’unità di superficie delle pareti
stesse ottenendo in questo modo la pressione media.
Per la parete YZ :
2
mx32
'
x
'
x
mxv
L
mN
L
F
S
Fp
Per le altre due pareti:
2
my32
'
y
'
y
myv
L
mN
L
F
S
Fp
2
mz32
'
z
'
z
mzv
L
mN
L
F
S
Fp
Ricordando poi la Legge di Pascal, applicabile e valida per i fluidi generici quali liquidi e gas, in cui
si dimostra che la pressione esercitata su una parete di un recipiente è uguale alla pressione sulle
altre pareti comunque orientate e che la stessa è sempre perpendicolare alle superfici interessate, si
ottiene:
mzmymxppp
Da cui:
3
pppp
mzmymx
m
2
mz
2
my
2
mx3mvvv
L3
mNp
E, ricordando che:
2
m
2
mz
2
my
2
mxvvvv
2
m3mv
L3
mNp
Tenendo conto che con 3
L s’identifica il volume del recipiente cubico e, allo stesso tempo, il
volume di gas e uguagliando la pressione media m
p all’effettiva pressione che il gas esercita sulle
pareti, si ottiene:
2
mv
V3
mNp
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87
L’equazione finale permette di mettere in relazione una grandezza microscopica come la velocità
media delle molecole con grandezze macroscopiche facilmente misurabili come la pressione e il
volume.
Inoltre è di fondamentale importanza la relazione che, ricavata dalla precedente e dalla legge di
stato dei gas perfetti, consente di determinare la grandezza fisica “ENERGIA INTERNA” e di
comprendere come quest’ultima sia dipendente solo dallo stato iniziale o finale di una
trasformazione e non da come avviene la trasformazione.
Infatti, partendo dall’equazione ricavata precedentemente, si ottiene:
2
mv
V3
mNp
2
mvm
3
NVp
2
mvm
2
1
3
N2Vp
N
Vp
2
3vm
2
1 2
m
Ricordando la Legge di Stato dei gas perfetti:
TRnVp
Kmole
J314,8
T
VpR
0
00
N
TRn
2
3vm
2
1 2
m
ANnN
A
2
mNn
TRn
2
3vm
2
1
TN
R
2
3vm
2
1
A
2
m
TK2
3vm
2
1
B
2
m
In cui il rapporto tra le due costanti R e A
N , indicato con B
k è la costante universale di
BOLTZMANN il cui valore è:
K
J103807,1
mole
1100221,6
Kmole
J314,8
N
RK
23
23A
B
La costante di Boltzmann rappresenta fisicamente l’incremento di energia cinetica (oppure di
energia interna) di una singola molecola per effetto della variazione di un grado Kelvin.
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Dalla relazione:
Si evince inoltre che la temperatura di un gas perfetto – variabile di stato – dipende dalla velocità
media di traslazione molecolare e, se si suppone nulla la temperatura (zero assoluto corrispondente
a – 273,16°C), che la velocità molecolare è nulla.
Inoltre la velocità molecolare dipende anche in modo inversamente proporzionale dalla massa
molecolare cosicché gas leggeri alla stessa temperatura si muovono più velocemente.
VELOCITA’ MOLECOLARI- COLLISIONI – ENERGIA CINETICA MOLECOLARE
Con la relazione fondamentale descritta è possibile il calcolo della velocità quadratica media o, più
semplicemente, della velocità media caratteristica molecolare partendo dal presupposto di
conoscere il tipo di gas e la variabile di stato “temperatura”:
molemole
BA
A
BABB2
mM
TR3
M
TKN3
mN
TKN3
m
TK3
m2
TK23v
mole
mM
TR3v
In cui:
AN Numero d’Avogadro – numero di molecole contenute in una mole di gas
m Massa molecolare gas
M Massa mole gas
T Temperatura assoluta
Prendendo ad esempio le caratteristiche dei principali gas assimilabili a gas perfetti e supponendo di
poter applicare la Legge di Stato integralmente tenendo conto del valore della costante R ideale:
Massa molecolare
Kmole/kg
Ossigeno 2O 32,00
Idrogeno 2H 2,016
Azoto 2N 28,016
Ossido di carbonio CO 28,00
Anidride carbonica 2CO 44,00
Ammoniaca 3NH 17,032
Acetilene 22 HC 26,016
Metano 4CH 16,032
Protossido d’azoto ON 2 44,016
Elio He 4
Anidride solforosa 2SO 64,07
TK2
3vm
2
1
B
2
m
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Per l’idrogeno alla temperatura K273T 0 :
h
km600.6
s
m837.1
Kmole
kg016,2
Kmole
mN10809,6
Kmole
kg016,2
K273KKmole
J314.83
M
TR3v
6
mole
m
Supponendo uguali le componenti di velocità secondo assi principali e il gas contenuto in un
recipiente di lato m1L , si potrà calcolare un numero di collisioni al secondo pari a:
2
x
2
z
2
y
2
xmv3vvvv
2
m
2
xvv3
s
m060.1
3
vv
2
m
x
s
urti530
m2
m060.1
L2
tvn
x
x
E, per una gmole di gas: 23
A10022,6NN
s
urti1019,3n
26
x
Mentre l’energia cinetica media molecolare:
J1065,5K273k
J103807,1
2
3TK
2
3vm
2
1E
2123
0B
2
mmolecolareC
Per l’azoto alla temperatura K273T 0
h
km771.1
s
m492
Kmole
kg016,28
Kmole
mN10809,6
Kmole
kg016,28
K273KKmole
J314.83
M
TR3v
6
mole
m
s
m284
3
vv
2
m
x
s
urti142
m2
m284
L2
tvn
x
x
E, per una gmole di gas: 23
A10022,6NN
s
urti1055,8n
25
x
J1064,5s
m492
gmole
1100221,6
gmole
kg028016,0
2
1vm
2
1E
21
2
2
2
23
2
mmolecolareC
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Per l’ossigeno alla temperatura K273T 0
h
km659.1
s
m461
Kmole
kg32
Kmole
mN10809,6
Kmole
kg32
K273KKmole
J314.83
M
TR3v
6
mole
m
s
m266
3
vv
2
m
x
s
urti133
m2
m266
L2
tvn
x
x
E, per una gmole di gas: 23
A10022,6NN
s
urti1000,8n
25
x
J1064,5E21
molecolareC
Per l’anidride carbonica alla temperatura K273T 0
h
km418.1
s
m394
Kmole
kg44
Kmole
mN10809,6
Kmole
kg44
K273KKmole
J314.83
M
TR3v
6
mole
m
s
m227
3
vv
2
m
x
s
urti114
m2
m227
L2
tvn
x
x
E, per una gmole di gas: 23
A10022,6NN
s
urti1086,6n
25
x
J1064,5E21
molecolareC
Per l’elio alla temperatura K273T 0
h
km696.4
s
m304.1
Kmole
kg4
Kmole
mN10809,6
Kmole
kg4
K273KKmole
J314.83
M
TR3v
6
mole
m
s
m752
3
vv
2
m
x
s
urti376
m2
m752
L2
tvn
x
x
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E, per una gmole di gas: 23
A10022,6NN
s
urti1026,2n
26
x
J1064,5E21
molecolareC
L’ENERGIA INTERNA DEL GAS PERFETTO
Estendendo il concetto di energia cinetica molecolare prima definito, a tutte le molecole contenute
in un certo volume di gas perfetto, ricordando che l’energia interna di un fluido gassoso molto
rarefatto è la somma dell’energia cinetica e dell’energia potenziale (il concetto di energia interna è
quindi molto simile al concetto di energia meccanica) e tenendo conto che l’energia potenziale è
nulla proprio nel caso di gas perfetti o comunque fluidi a temperature superiori alle proprie
temperature critiche C
T , si può concludere che l’energia interna di una massa gassosa è pari alla
somma algebrica dell’energia cinetica posseduta mediamente da ogni molecola.
Per una quantità di moli pari a n di un gas in equilibrio alla temperatura T e per un conseguente
numero di molecole N , si avrà dunque:
ANnN
Ni
1i
2
i
Ni
1i
2
i
Ni
1i
iCm.Cvm
2
1vm
2
1EEU
Ricordando che:
2
m
Ni
1i
2
i
vN
v
Definizione di velocità quadratica media
Si ottiene:
2
mA
2
m
Ni
1i
2
ivNnvNv
Per cui, sostituendo:
2
mA
2
mA
Ni
1i
2
ivm
2
1NnvNnm
2
1vm
2
1U
Tenendo poi presente il calcolo dell’energia cinetica media molecolare effettuato precedentemente:
2
mv
V3
mNp
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2
mvm
3
NVp
2
mvm
2
1
3
N2Vp
N
Vp
2
3vm
2
1 2
m
E la Legge di stato dei gas perfetti:
TRnVp
Sostituendo nella precedente si ottiene:
AA
2
mN
TR
2
3
Nn
TRn
2
3
N
TRn
2
3
N
Vp
2
3vm
2
1
Quindi l’energia interna U si ottiene:
A
A
2
mAN
TR
2
3Nnvm
2
1NnU
TRn2
3U ENERGIA INTERNA DI UN GAS PERFETTO
KTKmole
JRmolin
2
3U
Si può quindi concludere osservando che:
L’energia interna dipende dal numero di moli di gas contenuto nel sistema termodinamico.
L’energia interna, a parità di quantità di gas o numero di moli, dipende unicamente dalla
temperatura assoluta del gas.
L’energia interna di un gas alla temperatura corrispondente allo zero assoluto, qualunque sia
il numero di moli, è nulla.
CONSIDERAZIONI IMPORTANTI:
Trasformazioni isotermiche – ISOTERME
1. Per trasformazioni di tipo “QUASI-STATICHE” caratterizzate da temperatura
costante, regolate dalla Legge di Boyle-Mariotte e rappresentate sul diagramma
pressione-volume da iperboli equilatere, l’energia interna è costante per tutti i punti –
o stati d’equilibrio – caratteristici della stessa iperbole.
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93
Figura 36 – ENERGIA INTERNA COSTANTE SULLA STESSA ISOTERMA
2. Ciò è ovvio in quanto per essi la temperatura non varia.
3. Per una stessa isoterma alla temperatura T l’energia interna del gas è indipendente
dai valori assunti dalla pressione e dal volume.
4. La differenza di energia interna tra stati d’equilibrio su due isoterme a temperature
1T e
2T dipende qundi esclusivamente dalla differenza di temperatura:
11 TRn2
3U Energia interna caratteristica dell’iperbole 1T
22 TRn2
3U Energia interna caratteristica dell’iperbole 2T
12 TTRn
2
3U
Figura 37 -
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94
5. Fissati due stati d’equilibrio qualsiasi A e B - valori qualsiasi delle coppie di
parametri di stato pressione e volume - rispettivamente sull’isoterma 1
T e 2
T , si può
quindi concludere che la differenza di energia interna B.A
U è indipendente dai
punti scelti a condizione che si mantengano comunque sulle stesse isoterme:
F.ED.CB.AUUU
Figura 38 – DIFFERENZA COSTANTE DI ENERGIA INTERNA TRA PUNTI DI DUE ISOTERME
6. La variazione di energia interna U tra due isoterme alle temperature 1
T e 2
T è
quindi anche indipendente dal tipo di trasformazione che il gas contenuto nel sistema
effettua per passare da un’isoterma all’altra.
Quindi, ad esempio, un’isocora e un’isobara o qualsiasi altra trasformazione o
successioni di trasformazioni, il cui risultato sia il passaggio da un’isoterma all’altra,
producono la stessa differenza di energia interna, anche se i parametri di stato sono,
alla fine, diversi tra loro.
Figura 39 – DIFFERENZA DI ENERGIA INTERNA INDIPENDENTE DALLA TRASFORMAZIONE
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95
7. Una trasformazione isoterma non modifica l’energia interna.
8. Qualsiasi serie o successione di trasformazioni il cui risultato sia quello di
ripristinare, dopo averle modificate, le stesse condizioni di pressione, volume e
temperatura iniziali del gas, oltre a mantenere immutato il valore dell’energia interna
iniziale, mantiene anche immutate le condizioni delle sorgenti di calore ed energia
meccanica collegate al sistema termodinamico.
Un sistema che subisce una serie di trasformazioni di questo tipo percorre un
“CICLO CHIUSO”.
Figura 40 – SERIE DI TRASFORMAZIONI A CICLO CHIUSO – N.2 ISOCORE + N. 2 ISOTERME
9. Se il ciclo chiuso è formato da trasformazioni reversibili o quasi-statiche è anch’esso
reversibile e può essere percorso in un senso o nell’altro.
10. Durante una trasformazione reversibile o quasi-statica il gas contenuto nel sistema
termodinamico, agendo da tramite con le sorgenti esterne di calore ed energia
meccanica, preleva o cede una certa quantità di calore e, nel contempo, fornisce o
assorbe una certa quantità di lavoro.
Se la serie di trasformazioni costituisce un ciclo chiuso e se si utilizzano unità di
misura unificate per la grandezza lavoro e calore, allora l’energia interna finale è
uguale a quella iniziale e il bilancio energetico che tiene conto del calore assorbito e
ceduto e del lavoro meccanico prelevato e fornito alle sorgenti esterne è nullo.
Ad esempio, nel caso della trasformazione ciclica illustrata in fig. 40 – costituita da
due isocore e due isoterme – in cui si prevede di iniziare le trasformazioni partendo
dallo stato caratteristico del punto “A” e percorrendo il ciclo in senso orario, si potrà
dire quanto segue.
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96
CICLO “1” N.2 ISOCORE + N. 2 ISOTERME (ISODINAMICHE)
Dal punto “A” al punto “B”.
PRIMA Trasformazione isocora dalla temperatura 1
T alla temperatura 2
T
La trasformazione è isocora quindi senza variazione di volume. Il gas è confinato
all’interno del cilindro con il pistone bloccato.
Per innalzare la temperatura dal valore 1
T al valore 2
T occorre fornire calore al
sistema in quanto è esclusa la possibilità di incrementare la temperatura per
compressione e diminuzione di volume.
Il gas non può né fornire né prelevare lavoro meccanico dall’esterno perciò tutto il
calore è utilizzato per incrementere l’energia interna.
Il calore potrà essere ceduto al gas da una sorgente esterna a temperatura superiore a
quella iniziale del sistema.
Definiamo 1
Q il calore ceduto dalla sorgente al sistema.
Per la sorgente tale calore è negativo, per il sistema esso è positivo.
Dal punto B al punto C.
PRIMA Trasformazione isoterma alla temperatura 2
T .
La trasformazione è isoterma quindi deve avvenire senza che si possa modificare la
temperatura.
Il pistone è sbloccato e, considerato che il ciclo è percorso in senso orario verso il
punto C, si deduce che la pressione deve diminuire, mentre il volume aumenta.
Ciò può essere ottenuto, per esempio, riducendo i pesi poggiati al pistone.
Il gas, espandendosi, fornisce lavoro all’ambiente esterno e, nel contempo tende a
diminuire di temperatura.
La sorgente termica, tuttavia, continua a cedere calore al sistema mantenendo la
temperatura e l’energia interna al livello dell’isoterma 2
T .
Qundi, durante la prima trasformazione isoterma, il sistema fornisce lavoro meccanico
ed assorbe ancora calore.
Il lavoro fornito dal sistema termodinamico è rappresentato graficamente dall’area
della superficie posta sotto l’iperbole equilatera e delimitata a destra e sinistra dai
valori del volume iniziale e finale.
Definiamo 2
Q il calore fornito dalla sorgente al sistema e 1
L il lavoro meccanico
fornito all’ambiente dal sistema.
Per la sorgente 2
Q è negativo, per il sistema 2
Q è positivo.
Per il mondo esterno il lavoro 1
L è positivo, per il sistema esso è negativo.
Dal punto C al punto D.
SECONDA Trasformazione isocora dalla temperatura 2
T alla temperatura 1
T .
Il pistone è nuovamente bloccato e confina il gas all’interno del volume caratteristico
del punto C.
Per abbassare la temperatura occorre ora porre a contatto il sistema termodinamico con
una sorgente fredda ad una temperatura inferiore.
Non è possibile abbassare la temperatura espandendo il gas in quanto la
trasformazione è isocora.
Durante la trasformazione è il sistema a cedere calore alla sorgente fredda.
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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97
Definiamo 3
Q il calore ceduto dal sistema alla sorgente.
Per la sorgente 3
Q è positivo, per il sistema 3
Q è negativo.
Non si hanno scambi di energia meccanica quindi il lavoro è nullo.
Dal punto D al punto A.
SECONDA Trasformazione isoterma alla temperatura 1
T .
Il pistone è sloccato e la trasformazione avviene a temperatura costante.
La pressione è incrementata, ad esempio aumentando i pesi sul pistone, mentre, il
volume torna a ridursi e la temperatura tende ad aumentare per compressione.
Quindi, essendo ancora a contatto con la sorgente fredda, il sistema continua a cedere
calore, mentre, nel contempo, dall’esterno è fornito lavoro meccanico mediante
l’aggiunta dei pesi.
Il lavoro è nuovamente rappresentato dall’area della superficie delimitata
superiormente dall’iperbole equilatera dell’isoterma 1
T e, ai fianchi, dal volume
iniziale e finale.
Tale area ha un valore inferiore a quella precedente per cui il lavoro assorbito da
sistema durante la seconda trasformazione isoterma è minore di quello ceduto durante
la prima trasformazione isoterma.
4Q sarà il calore ceduto dal sistema alla sorgente fredda,
2L il lavoro che l’ambiente
esterno fornisce al sistema.
4Q positivo dal punto di vista della sorgente, negativo da quello del sistema.
2L positivo per il sistema, negativo per l’ambiente esterno.
La seconda trasformazione isoterma riporta qundi il sistema alle stesse condizioni
iniziali caratteristiche del punto A , la trasformazione è ciclica e, se avviene in tempi
sufficientemente lunghi, è anche reversibile.
Da notare che, per chiudere il ciclo, servono due sorgenti termiche a temperature
differenti tra loro.
Il bilancio energetico può essere riassunto con la seguente schematizzazione.
Figura 41 – FLUSSI ENERGETICI DI CALORE E LAVORO VISTI DAL SISTEMA.
APPUNTI DI FISICA
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98
Il lavoro meccanico che, complessivamente, è ceduto dal sistema termodinamico
all’ambiente esterno, è rappresentato dall’area racchiusa superiormente dall’isoterma 2
T ,
inferiormente dall’isoterma 1
T , a sinistra dalla linea verticale che caratterizza l’isocora 1
V e
a destra dalla linea verticale dell’isocora 2
V .
Esso è ottenuto dalla sottrazione tra il lavoro fatto dal sistema sull’ambiente e quello che
l’ambiente esterno applica al sistema.
Figura 42 – LAVORO MECCANICO COMPLESSIVO CEDUTO ALL’AMBIENTE.
Figura 43 - LAVORO POSITIVO E NEGATIVO
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CICLO “2” N.2 ISOBARE + N. 2 ISOTERME (ISODINAMICHE)
Qualora il ciclo sia formato da due trasformazioni isobare e due trasformazioni isoterme si
potrà ragionare come segue:
Figura 44 – CICLO DI TRASFORMAZIONI A CICLO CHIUSO – N. 2 ISOBARE + N. 2 ISOTERME
Dal punto “A” al punto “B”.
PRIMA trasformazione isobara dalla temperatura 1
T alla temperatura 2
T .
La trasformazione è isobara con aumento della temperatura e dell’energia interna
dall’isoterma 1
T all’isoterma 2
T .
I pesi sul pistone non sono modificati durante la trasformazione cosicché la
pressione rimane costante, mentre il pistone, causa la dilazione del gas, si solleva
fornendo lavoro meccanico all’ambiente esterno.
Occorre perciò che una sorgente termica a temperatura superiore 1
T fornisca il
calore necessario.
1Q sarà il calore fornito dalla sorgente termica mentre
1L sarà il lavoro
meccanico applicato all’ambiente esterno dal sistema.
Per il sistema 1
Q è positivo mentre 1
L è negativo.
Contrariamente ad una trasformazione isocora, ove il calore fornito era
completamente utilizzato dal sistema per incrementare la propria energia interna
da A
U ad B
U , durante la trasformazione isobara parte del calore è utilizzato per
l’espansione – quindi per generare lavoro meccanico – e parte per l’incremento
dell’energia interna.
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Il lavoro 1
L è rappresentato, sul diagramma pressione-volume, dall’area del
rettangolo che ha per base la differenza tra il volume finale e quello iniziale V
e per altezza il valore, costante, della pressione iniziale A
p .
Dal punto “B” al punto “C”.
PRIMA trasformazione isoterma alla temperatura 2
T .
La trasformazione è isotermica quindi deve avvenire senza modificazione della
temperatura che si mantiene perciò al valore 2
T .
Il pistone è ancora sbloccato e, considerato che il ciclo è percorso in senso orario
verso il punto C , si deduce che la pressione deve diminuire, mentre il volume
aumenta ancora.
Ciò può avvenire se si diminuisce il valore del peso poggiato sul pistone.
Mentre il gas si espande per effetto della decompressione il pistone fornisce
all’ambiente esterno altro lavoro meccanico, nel contempo, la temperatura tende
a diminuire.
La pressione diminuisce dal valore B
p al valore C
p
Per l’equilibrio termico con la sorgente a temperatura 2
T , ancora a contatto con
il sistema, il gas assorbe altro calore dalla sorgente.
L’energia interna è costante ed uguale a quella caratteristica dell’isoterma 2
T .
2Q sarà il calore assorbito dal sistema,
2L il lavoro fornito all’ambiente esterno.
Dal punto “C” al punto “D”.
SECONDA Trasformazione isobara alla pressione C
p .
Il pistone è ancora sbloccato, il sistema è posto a contatto con una sorgente a
temperatura minore di 2
T ed i pesi non sono modificati.
La pressione rimane costante, mentre il gas, raffreddandosi, diminuisce di
volume e passa nuovamente sull’isoterma 1
T .
Il sistema cede calore 3
Q alla sorgente e riceve lavoro meccanico 3
L dal pistone
che si abbassa.
L’energia interna passa dal valore caratteristico dell’isoterma 2
T a quello
caratteristico dell’isoterma 1
T .
Dal punto “D” al punto “A”.
SECONDA trasformazione isoterma alla temperatura 1
T .
La trasformazione è isotermica quindi deve avvenire senza modificazione della
temperatura che si mantiene perciò al valore 1
T .
Il pistone è ancora sbloccato e, considerato che il ciclo è percorso in senso orario
verso il punto A , si deduce che la pressione deve aumentare, mentre il volume
diminuisce ancora.
Ciò può avvenire se si aumenta il valore del peso poggiato sul pistone.
Mentre il gas è compresso per effetto dell’aumento dei pesi, il pistone fornisce al
sistema altro lavoro meccanico, nel contempo, la temperatura tende ad
aumentare.
La pressione aumenta dal valore D
p al valore A
p
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Per l’equilibrio termico con la sorgente a temperatura 2
T , ancora a contatto con
il sistema, il gas cede altro calore dalla sorgente.
L’energia interna è costante ed uguale a quella caratteristica dell’isoterma 2
T .
4Q sarà il calore ceduto dal sistema,
2L il lavoro prelevato all’ambiente
esterno.
La seconda trasformazione isoterma riporta qundi il sistema alle stesse condizioni
iniziali caratteristiche del punto A , la trasformazione è ciclica e, se avviene in tempi
sufficientemente lunghi, è anche reversibile.
Da notare che, per chiudere il ciclo, anche in questo caso, servono due sorgenti
termiche a temperature differenti tra loro.
Il bilancio energetico può essere riassunto con la seguente schematizzazione.
Figura 45 – FLUSSI ENERGETICI DI CALORE E LAVORO VISTI DAL SISTEMA
Il lavoro meccanico che, complessivamente, è ceduto dal sistema termodinamico
all’ambiente esterno, è rappresentato dall’area racchiusa superiormente dalla linea
orizzontale dell’isobara e dall’isoterma 2
T , inferiormente dalla linea orizzontale della
seconda isobara e dall’isoterma 1
T .
Dal raffronto con il lavoro ceduto all’ambiente durante il ciclo precedentemente descritto, si
può notare che si tratta di una quantità sicuramente minore.
Esso è ottenuto dalla sottrazione tra il lavoro fatto dal sistema sull’ambiente e quello che
l’ambiente esterno applica al sistema.
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Figura 46 – LAVORO MECCANICO COMPLESSIVO CEDUTO ALL’AMBIENTE.
Figura 47 – LAVORO POSITIVO E NEGATIVO.
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TRASFORMAZIONI ADIABATICHE – SENZA SCAMBI DI CALORE
Oltre alle trasformazioni isoterme (temperatura costante) regolate dalla Legge di Boyle-Mariotte,
alle trasformazioni isocore (volume costante) ed isobare (pressione costante) entrambe regolate
dalle due Leggi di Gay-Lussac e ai cicli chiusi od aperti costituiti da una serie in successione
possibile di tali trasformazioni, il gas contenuto nel sistema termodinamico può subire una
trasformazione senza avere la possibilità di scambi termici con le sorgenti esterne.
Si ricorda che:
Durante la trasformazione isotermica è necessario lo scambio termico con una sorgente più
calda o più fredda del gas (se il gas si espande aumentando di volume raffreddandosi è
necessaria una sorgente più calda – se il gas è compresso diminuendo di volume e
riscaldandosi è necessaria una sorgente più fredda)
Durante la trasformazione isocora e/o isobara è ancora necessario lo scambio termico con la
sorgente esterna (più calda se si vuole aumentare l’energia interna e la pressione o il volume,
più fredda se si vuole diminuire)
Per tali tipologie di trasformazioni è quindi indispensabile mantenere il collegamento termico tra il
sistema termodinamico e la sorgente.
Se il gas confinato all’interno del sistema termodinamico ideale è isolato termicamente
dall’ambiente esterno, gli scambi di calore non sono evidentemente possibili e, di conseguenza, le
trasformazioni considerate sino ad ora non possono avvenire.
Le Leggi di Boyle-Mariotte e le Leggi di Gay-Lussac non sono quindi applicabili ad un sistema
termicamente isolato.
E’ però possibile modificare i parametri di stato del gas (pressione, volume e temperatura) agendo
meccanicamente dall’esterno o permettendo al gas di agire sull’ambiente esterno in quanto al
sistema, pur isolato termicamente, sono permessi gli scambi di energia meccanica.
Il gas può quindi fornire e ricevere lavoro meccanico dall’ambiente esterno.
A un sistema termodinamico di questo tipo si possono variare i parametri di stato costringendolo ed
eseguire una trasformazione senza scambi di calore che è definita “ADIABATICA”.
In altre parole:
Il gas è contenuto in un cilindro dotato di pareti, pistone e fondo con caratteristiche tali da
rendere impossibile ogni scambio termico con l’esterno (termoisolanti). Al pistone sono
permessi tutti i movimenti che hanno come scopo la variazione dei parametri di stato.
La compressione è l’azione esterna del pistone che, fornendo al gas lavoro meccanico, causa
l’aumento di pressione, l’aumento di temperatura e la diminuzione di volume.
Di conseguenza, considerato che l’aumento di temperatura non può essere smaltito per
equilibrio termico con una sorgente esterna fredda causa l’isolamento, ogni compressione
produce l’incremento di energia interna del gas.
L’espansione del gas, causata dal pistone in movimento contrario a quello di compressione,
produce la diminuzione della pressione e della temperatura e l’aumento del volume.
Durante l’espansione il gas fornisce energia meccanica all’ambiente esterno e, nel
contempo, la sua energia interna diminuisce.
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Risulta quindi abbastanza evidente che ad ogni compressione adiabatica corrisponde un aumento
d’energia interna ed ad ogni espansione adiabatica un decremento d’energia interna.
Il gas contenuto nel sistema si comporta in modo analogo ad una molla ideale che incrementa la
propria energia elastica ogni qual volta riceve lavoro di compressione e la cede ritrasformandola in
energia meccanica tutte le volte che torna elasticamente alla forma originale.
In questo senso l’energia interna del gas è paragonabile all’energia elastica di una molla.
Figura 48 – VARIAZIONE DEI PARAMETRI DI STATO IN UNA TRASFORMAZIONE ADIABATICA.
EQUAZIONE DELLE TRASFORMAZIONI ADIABATICHE DEI GAS PERFETTI
LEGGE DI POISSON
Rispetto ad un’espansione isotermica, in cui la pressione diminuisce solo in funzione dell’aumento
di volume V in quanto la temperatura rimane costante per scambio termico con la sorgente calda,
durante l’espansione adiabatica la diminuzione di pressione è provocata, oltre che dall’aumento di
volume, anche dalla diminuzione di temperatura T e, di conseguenza, dell’energia interna U .
Per un’espansione adiabatica, a parità di decremento di volume V si ha quindi una diminuzione
di pressione p maggiore rispetto ad una trasformazione isoterma .
Al contrario la compressione adiabatica produce un incremento di pressione p maggiore
dell’incremento di pressione che subirebbe lo stesso gas per effetto della stessa diminuzione di
volume V durante una trasformazione isotermica.
Anche in questo caso il maggior incremento è dovuto al fatto che, durante la compressione
adiabatica, la temperatura del gas aumenta.
L’incremento di pressione è quindi funzione della variazione di volume e dell’aumento di
temperatura.
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Considerando che, anche per le trasformazioni adiabatiche continua a valere una legge di
proporzionalità inversa tra i parametri di stato pressione e volume e, tenendo conto dell’aumento di
temperatura per compressione e della diminuzione per espansione, si conclude che il diagramma
rappresentativo di tali trasformazioni deve essere simile a quello già utilizzato per le isoterme cioè
di tipo iperbolico.
Sul diagramma pressione-volume ogni trasformazione adiabatica sarà rappresentata da un’iperbole
che interseca necessariamente le iperboli equilatere tipiche delle trasformazioni isoterme.
L’iperbole dell’adiabatica, da sola e sul diagramma pressione-volume, non può essere
rappresentativa degli effettivi e completi stati d’equilibrio in quanto la linea che la contraddistingue
non è caratterizzata da temperatura costante.
Per cui, se si intende utilizzate il diagramma pressione-volume occorre corredare ogni
trasformazione adiabatica con il fuso delle iperboli equilatere rappresentative delle varie
temperature intersecate dall’adiabatica stessa.
Così, ad esempio, l’adiabatica rappresentata in figura sul diagramma Vp , interseca le sole
isoterme alla temperatura 1
T e 2
T mentre, in realtà, essa converge con un numero infinito
d’isoterme.
Figura 49 – DIAGRAMMA TRASFORMAZIONE ADIABATICA E RAFFRONTO CON ISOTERME
L’equazione che descrive le trasformazioni adiabatiche è sempre di tipo sperimentale e si può
ottenere con l’utilizzo del sistema termodinamico ideale eliminando i collegamenti con le sorgenti
termiche esterne ed inserendo una parete di fondo termoisolante.
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Tale equazione è nota come “EQUAZIONE DI POISSON” o Legge delle trasformazioni
adiabatiche:
1 tetancosVpVp2211
LEGGE DI POISSON PER LE ADIABATICHE
Dall’equazione di Poisson – tenendo conto del fatto che la curva adiabatica incrocia le isoterme e
che nei punti di convergenza deve essere valida anche l’equazione generale di stato per l’isoterma
considerata – si rivano le seguenti:
TEMPERATURA-VOLUME
2211
VpVp Stati d’equilibrio sull’adiabatica
111TRnVp Stato d’equilibrio comune all’adiabatica e all’isoterma
1T 1
222TRnVp Stato d’equilibrio comune all’adiabatica e all’isoterma
2T 2
Ricavando le pressioni dalle due equazioni di stato 1 2 e sostituendo nell’equazione di Poisson:
1
1
1V
TRnp
2
2
2V
TRnp
2
2
2
1
1
1V
V
TRnV
V
TRn
Da cui, eliminando i termini simili ed utilizzando le proprietà dalla divisione tra potenze con la
stessa base:
2 1
22
1
11VTVT
1
1
2
11
1
2
112
T
TV
T
TVV
TEMPERATURA-PRESSIONE
Ricavando i volumi dalle due equazioni di stato e sostituendo nell’equazione di Poisson:
1
11
p
TRnV
2
22
p
TRnV
2
22
1
11
p
TRnp
p
TRnp
2
22
1
11
p
TRnp
p
TRnp
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Da cui, eliminando i termini simili ed utilizzando le proprietà della divisione tra potenze con la
stessa base:
2
2
2
1
1
1
p
Tp
p
Tp
2
1
21
1
1TpTp
Ed infine, estraendo la riduce gamma-esima, si ottiene:
2
1
21
1
1TpTp
3
1
22
1
11pTpT
1
2
112
T
Tpp
In cui il termine è ottenuto dal rapporto tra il calore specifico del gas a pressione costante p
c - (o
capacità termica molare a pressione costante p
C ) - e il calore specifico a volume costante V
c - (o
capacità termica molare a volume costante V
C ).
Per cui:
V
p
C
C
Come si vedrà in seguito, le capacità termiche a volume costante e a pressione costante – oppure i
calori specifici a volume costante e a pressione costante, dipendono dalla costante di stato dei gas
perfetti R per mezzo della relazione di Mayer:
RCCVP
Volendo esprimere le capacità termiche molari in funzione del coefficiente :
Per la capacità VC :
RCC VP
VV
VP
C
R
C
CC
VC
R1
1
RC V
Per la capacità PC :
RCC VP
PP
VP
C
R
C
CC
PC
R11
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PC
R1
1
RC P
Utilizzando la Teoria cinetica dei gas perfetti si ottengono le seguenti espressioni per le capacità
molari a volume e pressione costante e, di conseguenza, i corrispondenti valori di :
Per i gas monoatomici (esempio Elio ed Argon):
R2
3C V
R2
5C P
67,13
5
Per i gas biatomici (esempio Idrogeno, Azoto, Ossigeno):
R2
5C V
R2
7C P
40,15
7
Per i gas triatomici (esempio 2
CO ):
R2
7C V
R2
9C P
30,17
9
L’equazione di Poisson per le adiabatiche può quindi essere scritta nelle seguenti forme:
Per i gas monoatomici:
tetancosVpVp67,1
11
67,1
22
67,0
22
67,0
11 VTVT
40,0
22
40,0
11 pTpT
Per i gas biatomici:
tetancosVpVp40,1
11
40,1
22
40,0
22
40,0
11 VTVT
28,0
22
28,0
11 pTpT
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Per i gas triatomici:
tetancosVpVp30,1
11
30,1
22
30,0
22
30,0
11 VTVT
23,0
22
23,0
11 pTpT
Quanto detto al punto 10, relativamente alle trasformazioni reversibili a ciclo chiuso, continua ad
essere valido anche nel caso in cui il ciclo chiuso sia formato da due trasformazioni adiabatiche e da
due trasformazioni isotermiche.
Tale esempio è di FONDAMENTALE IMPORTANZA in quanto descrive il ciclo di
funzionamento delle principali macchine termiche o motori termici.
Il ciclo chiuso che ora si descrive, prevede lo scambio termico con sole due sorgenti, ed è definito
“CICLO DI CARNOT”.
LE TRASFORMAZIONI POLITROPICHE
Tra le infinite trasformazioni reversibili che può subire una certa quantità o un certo numero di moli
di gas perfetto, contenuto in un sistema termodinamico, a partire dallo stato iniziale di parametri
TVp , si sono sino ad ora esaminate le quattro più caratteristiche e fondamentali:
ISOCORA Trasformazione a volume costante
ISOBARA Trasformazione a pressione costante
ISOTERMA - ISODINAMICA Trasformazione a temperatura costante
ADIABATICA – ISOENTROPICA Trasformazione senza scambi di calore
ISOCORA – VOLUME COSTANTE – CON VARIAZIONE D’ENERGIA INTERNA
1
2
1
2
T
T
p
p GAY-LUSSAC
Se un gas opera una trasformazione in assenza di variazioni di volume la quantità di calore assorbito
o ceduto dal sistema dipende dalla capacità termica molare a volume costante VC , dal numero di
moli e dalla differenza di temperatura tra lo stato iniziale e finale.
TCnQ VV
La capacità termica si mantiene costante durante tutta la trasformazione ed il suo valore è anche
calcolato con la formula inversa:
Tn
QC V
Il gas non scambia lavoro con l’ambiente esterno.
ISOBARA – PRESSIONE COSTANTE – CON VARIAZIONE D’ENERGIA INTERNA
1
2
1
2
T
T
V
V GAY-LUSSAC
Se la trasformazione è isobara, cioè a pressione costante, la quantità di calore assorbito o ceduto dal
sistema dipende dalla capacità termica molare a pressione costante PC , dal numero di moli o massa
di gas, dalla differenza di temperatura e dalla quantità di lavoro scambiato con l’esterno:
TCnQ PP
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VpTCnQ VP
Anche in questo caso, se si esamina la prima relazione, risulta che la capacità termica PC si
mantiene costante durante la trasformazione ed il suo valore è superiore al valore della capacità
termica a volume costante.
Utilizzando la relazione di Mayer è possibile affermare che la capacità termica molare a pressione
costante supera quella a volume costante di una quantità pari alla costante generale di stato:
RCC VP
Tn
QC
PP
Inoltre il rapporto tra le due capacità dipende esclusivamente dalla tipologia di gas impiegato:
67,1C
C
V
P.monoat
40,1C
C
V
P.biat
30,1C
C
V
P.triat
ISOTERMICA –ISODINAMICA – SENZA VARIAZIONE D’ENERGIA INTERNA.
2211 VPVP BOYLE-MARIOTTE
Nel caso di trasformazione isotermica tutto il calore assorbito o ceduto da o verso l’ambiente
esterno è completamente convertito in lavoro meccanico, mentre la temperatura rimane costante.
In tal caso siamo in presenza di un gas che si comporta come se fosse dotato di una capacità termica
molare infinitamente grande.
Supponendo, infatti, di poter riutilizzare la relazione fondamentale per il calcolo della capacità
termica:
Tn
QC
ISOT.ISOt
e, con l’ipotesi di considerare nulla la variazione di temperatura T (isotermica), risulterebbe
infinitamente grande, sia in senso positivo che negativo, il valore della capacità:
0n
QC
ISOT.ISOt
ADIABATICA – ISOENTROPICA – SENZA SCAMBI DI CALORE
2211 VPVP POISSON
La trasformazione adiabatica o isoentropica avviene senza scambi di calore con l’ambiente esterno.
La temperatura del gas aumenta nel caso in cui è fornito dall’esterno lavoro meccanico
(compressione adiabatica), diminuisce nel caso in cui è il gas a fornire lavoro all’esterno a spese
della sua energia interna (espansione adiabatica).
La capacità termica molare .adiabC è fittizia ed ha valore nullo.
Infatti:
0Tn
0
Tn
QC
.ADIAB.ADIAB
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Le quattro trasformazioni reversibili sono rappresentate sul diagramma di Clapeyron o pressione-
volume da linee diritte o curve nel modo seguente:
V
Is o b a ra
Is o te rm a
A d ia b a tic a
p
Is o c o ra
P R E S S IO N E -V O L U M E
D IA G R A M M A D I C L A P E Y R O N
C = C V
C = C P
C =is o t.
C =a d ia b .
0
p , V ,T
TRASFORMAZIONE POLITROPICA
Se la trasformazione avviene con variazione di pressione, di volume e di temperatura ed in presenza
di scambi di calore e di lavoro non nulli, mentre la capacità termica C si mantiene costante e
l’energia interna subisce variazioni, allora la il tipo di trasformazione sarà necessariamente diversa
dalle trasformazioni fondamentali studiate.
Si dirà che la trasformazione è POLITROPICA.
Per una trasformazione POLITROPICA reversibile da uno stato iniziale d’equilibrio A ad uno stato
d’equilibrio finale B dovrà essere valida la relazione che esprime il bilancio energetico e che, come
si vedrà, è anche l’espressione del Primo Principio della Termodinamica:
LdUQ
Con:
Q Calore scambiato
dU Variazione d’energia interna
L Lavoro scambiato
Con l’ipotesi che lo stato A e lo stato B siano prossimi tra loro e collocati, il primo sull’isoterma a
temperatura TT A ed il secondo sull’isoterma a temperatura TTT B , che la capacità
termica del gas durante la trasformazione sia costante ed uguale a C , la relazione di bilancio
energetico assume la forma:
LdUQ
VpTTCnTTCn ABVAB
VpTTTCnTTTCn V
VpTCnTCn V
VpTCCn V 1
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112
D’altra parte, applicando la legge generale di stato ai parametri del punto iniziale e finale, si ottiene
la seguente relazione:
TRnTRnVP AAA
Rn
VpT
AA
TTRnTRnVP BBB
Rn
VpTT
BB
Dato che i due stati d’equilibrio non sono, per ipotesi, troppo distanti tra loro, la
pressione ed il volume dello stato B saranno prossimi a quelli dello stato A, cioè:
Ppp AB
VVV AB
E, allo scopo di semplificare, definiti con:
pp A
VV A
Si ottiene:
Ppp B
VVV B
La differenza di temperatura tra i due stati d’equilibrio è quindi:
Rn
Vp
Rn
VpTTTTTT
AABBAB
AABB VpVp
Rn
1T
Sul diagramma pressione-volume tale differenza di temperatura è rappresentata dalla
differenza tra le aree dei rettangoli caratteristici delle due isoterme moltiplicata per il
coefficiente Rn
1
.
Sostituendo si ottiene:
VpVVPpRn
1T
VpVpVVVpVpRn
1T
VpVVVpRn
1T
Con l’ipotesi che p e V siano sufficientemente piccoli, si deduce che il loro
prodotto sia ancora più piccolo, quindi trascurabile, per cui:
pVVpRn
1T
Sostituendo nella 1 il risultato ottenuto:
VpTCCn V
VppVVpRn
1CCn V
VppVVpR
1CC V
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Ricordando poi la relazione di Mayer:
VppVVpCC
1CC
VP
V
vPV CCVppVVpCC
VpCVpCpVCVpCpVCVpC VPVV
VpCpVCpVCVpC PV
0pVCpVCVpCVpC VP
0pVCCVpCC VP
pVCCVpCC VP
pVVpCC
CC
V
p
0pVVpCC
CC
V
p
Ponendo:
CC
CC
CC
CC
V
P
V
P
Si ottiene l’equazione della trasformazione POLITROPICA:
KVpVp11
Il valore della capacità termica C , da ritenersi costante durante la politropica, può essere posto in
relazione sia alla capacità termica VC sia PC :
V
P
CC
CC
PV CCCC
PV CCCC
PV CCCC
PV CC1C
1
CCC
PV
VVV
V
PV
C1
C1
C11
C
CC
C
VC1
C
PP
C1
C
1C
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114
I punti caratteristici che rappresentano, sul digramma pressione-volume, gli stati d’equilibrio
appartenenti ad una trasformazione politropica d’equazione:
KVpVp 11
sono ottenenti, come per l’adiabatica, dalla intersezione con le isoterme e considerando l’equazione
di stato, nel modo seguente:
VOLUME-TEMPERATURA
2211 VpVp POLITROPICA
1
11
V
TRnp
2
22
V
TRnp
2
2
21
1
1V
V
TRnV
V
TRn
1
22
1
11 VTVT
1
1
2
112
T
TVV
PRESSIONE-TEMPERATURA
2211 VpVp POLITROPICA
1
11
p
TRnV
2
22
p
TRnV
2
22
1
11
p
TRnp
p
TRnp
2
22
1
11
p
Tp
p
Tp
2
1
21
1
1 TpTp
1
1
2
2
1
p
p
T
T
1
2
11
1
2
112
T
Tp
T
Tpp
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115
RAPPRESENTAZIONE DELLA POLITROPICA SUL DIAGRAMMA PRESSIONE-VOLUME
Le quattro trasformazioni fondamentali possono essere definite ora, in modo assolutamente
generale, delle trasformazioni politropiche con esponenti caratteristici:
ISOCORA:
1
1
2
112
T
TVV
Risulta con:
12 VV
1T
T
V
V 1
1
2
1
1
2
1T
T 1
1
2
1
01
1
VC1
C
VVV CC1C
1C
La politropica senza variazione di volume risulta evidentemente un’isocora per la quale l’esponente
deve essere infinitamente grande.
La capacità termica del gas sottoposto ad una simile politropica deve necessariamente essere uguale
alla capacità termica VC .
La curva della politropica risulta, sul diagramma pressione-volume, una retta verticale.
ISOBARA:
1
2
112
T
Tpp
Risulta con:
12 PP
1T
T
p
p 1
2
1
1
2
01
0
PV
V
PVV CC
C
CC
1C
1C
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116
La politropica senza variazione di pressione (pressione costante) risulta evidentemente un’isobara
per la quale l’esponente è nullo e, di conseguenza, la capacità termica è pari alla capacità termica
a pressione costante PC
La curva della politropica risulta, sul diagramma pressione-volume, una retta orizzontale.
ISOTERMA:
2211 VpVp POLITROPICA
2211 VpVp ISOTERMA
Da cui deve risultare:
1
VC1
C
VC
11
1C
La curva della politropica caratteristica, con esponente 1 e capacità termica infinitamente
grande, è dunque l’iperbole equilatera dell’isoterma.
ADIABATICA:
2211 VpVp POLITROPICA
2211 VpVp ADIABATICA
Da cui deve risultare:
0C1
C V
La politropica con esponente è dunque l’equazione di una semplice trasformazione adiabatica
ed è rappresentata da una curva di tipo iperbolico che interseca le isoterme.
CONCLUSIONI CIRCA IL VALORE DELLA CAPACITA’ TERMICA MOLARE
L’equazione di una trasformazione politropica può essere definita come espressione generalizzata di
una qualsiasi trasformazione reversibile.
Il valore dell’esponente ci permette poi di stabilire quale tipo di trasformazione fondamentale (tra
le quattro esaminate) sia effettivamente rappresentata dalla politropica e, nello stesso tempo, ci
permette di conoscere il valore della capacità termica reale o fittizia ad essa associata.
Così, per valori crescenti di a partire dal valore nullo ad un valore infinitamente grande, è
possibile individuare le quattro condizioni rappresentative delle trasformazioni fondamentali:
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117
CASO 1° - ISOBARA:
Ipotesi: 0
Conseguenze: 0CC
CC
V
P
0CC P PCC
La capacità termica è pari alla capacità termica molare a pressione costante.
L’equazione della politropica con esponente nullo rappresenta quindi una
trasformazione isobara:
2211 VpVp Politropica generalizzata
0
22
0
11 VpVp Kpp 21 ISOBARA
CASO 2° - ISOTERMA:
Ipotesi: 1
Conseguenze: 1CC
CC
V
P
VP CCCC C
La capacità termica è infinitamente grande sia con valore positivo che
negativo. L’equazione della politropica con esponente pari ad uno
rappresenta quindi una trasformazione isoterma:
2211 VpVp Politropica generalizzata
1
22
1
11 VpVp KVpVp 2211 ISOTERMA
CASO 3° - ADIABATICA:
Ipotesi:
Conseguenze:
V
P
CC
CC
vP CCCC
V
V
PP C
C
CC1C
01
0C
0C
La capacità termica è nulla. L’equazione della politropica con esponente pari
a rappresenta quindi una trasformazione adiabatica:
2211 VpVp Politropica generalizzata
2211 VpVp ADIABATICA
CASO 4° - ISOCORA:
Ipotesi:
Conseguenze:
V
P
CC
CC 0CC v vCC
La capacità termica è pari alla capacità termica molare a volume costante.
L’equazione della politropica con esponente pari a rappresenta quindi una
trasformazione isocora:
2211 VpVp Politropica generalizzata
2211 VpVp 21 VV ISOCORA
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118
V
Is o b a ra
Is o te rm a
A d ia b a tic a
p
Is o c o ra
P R E S S IO N E -V O L U M E
D IA G R A M M A D I C L A P E Y R O N
C = C V
C = C P
p , V ,T
C =
C=
0
vC = C
TRACCIAMENTO DELLA POLITROPICA ESEMPLIFICATIVA.
A titolo d’esempio si ricava ora il tracciato di una politropica esemplificativa da confrontarsi con il
tracciato dell’adiabatica che è esaminato più avanti (Termodinamica).
La politropica in esame parte da uno stato d’equilibrio collocato sull’isoterma n. 9 e caratterizzato,
come per l’adiabatica, dai seguenti parametri di stato:
3
9 m6V
2
5
9
m
N1065,16p
K202.1T 9
La politropica passante per il punto 9 dell’isoterma alla temperatura di 1.202 K è regolata
dall’equazione:
8899 VpVp
Si ipotizza di utilizzare un gas biatomico caratterizzato da un coefficiente:
40,1
E si utilizza un coefficiente lievemente inferiore a :
30.1
Per cui la politropica:
30,1
88
30,1
99 VpVp
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119
La politropica dovrà quindi intersecare l’isoterma sottostante - 8.n - nel punto 8 i cui parametri,
tranne la temperatura, sono incogniti.
D’altra parte, per il punto 9 e per il punto 8 , collocati sulle rispettive isoterme, devono valere
anche le equazione di stato:
9
99
V
TRnp
8
88
V
TRnp
Sostituendo le espressioni delle pressioni nell’equazione della politropica si ottiene:
8
8
89
9
9V
V
TRnV
V
TRn
Cioè: 1
88
1
99 VTVT
Da cui si ricava il valore incognito di 8V :
8
91
9
1
8T
TVV
1
1
8
9
91
8
91
98T
TV
T
TVV
Sostituendo i valori noti, si ottiene:
33
10
3
8 m57,8080.1
202.1m6V
Ricavando invece il volume dall’equazione generale di stato e sostituendo nell’equazione della
politropica, si ha:
9
99
p
TRnV
8
88
p
TRnV
8
8
8
9
9
9p
TRnp
p
TRnp
Da cui si ottiene ancora:
1
8
1
89
1
9 TpTp
Ed il valore della pressione 8p :
8
91
9
1
8T
Tpp
1
8
99
1
8
998
T
Tp
T
Tpp
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120
Sostituendo i valori dati:
2
53,0
3,1
2
5
8
m
N1047,10
080.1
202.1
m
N1065,16p
Reiterando il procedimento utilizzato per i punti 9 e 8 a tutti gli altri punti su ciascuna
isoterma si ottengono i seguenti risultati:
7) 31
1
1
1
7
8
81
7
81
87 m69.12960
080.157,8
T
TV
T
TVV
2
53,0
3,1
51
7
88
1
7
887
m
N1028,6
960
080.11047,10
T
Tp
T
Tpp
6) 31
1
1
1
6
7
71
6
71
76 m80,19840
96069,12
T
TV
T
TVV
2
53,0
3,1
51
6
77
1
6
776
m
N1052,3
840
9601028,6
T
Tp
T
Tpp
5) 31
1
5
6
61
5
61
65 m09,33T
TV
T
TVV
2
51
5
66
1
5
665
m
N1080,1
T
Tp
T
Tpp
V (m )3
2p ( )
N
m
5 1 0 1 5 2 0
5
1 0
1 5
2 0
x 1 05
V9
9p 9
9T
T8
7T1 .2 0 2 K
1 .0 8 0 K
9 6 0 K
8 4 0 K
7 2 0 K
6 0 0 K
4 8 0 K
3 6 0 K
2 4 0 K
T6
8
7
IS O T E R M A
A D IA B A T IC A
P O L IT R O P IC A
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121
CICLO DI CARNOT N.2 ADIABATICHE + N. 2 ISOTERME (ISODINAMICHE)
ESPANSIONE ISOTERMICA + ESPANSIONE ADIABATICA
COMPRESSIONE ISOTERMICA + COMPRESSIONE ADIABATICA
Anche in questo caso si immagina di percorrere il ciclo in senso orario partendo dal punto “A” i cui
parametri di stato sono comuni sia all’isoterma alla temperatura 1
T sia all’adiabatica che interseca
l’isoterma 1
T .
Dal punto “A” al punto “B”.
PRIMA Trasformazione ADIABATICA dalla temperatura 1
T alla temperatura 2
T .
La trasformazione è ADIABATICA ed avviene quindi senza scambi di calore con
l’ambiente esterno.
Il pistone è sbloccato e sul fondo del cilindro è posizionato il setto termoisolante. Le pareti e
lo stesso pistone sono già realizzati – per costruzione del sistema termodinamico – con
materiali perfettamente termoisolanti.
L’aumento di temperatura, per passare dal valore tipico dell’isoterma 1
T a quello tipico
dell’isoterma 2
T , non può che essere provocato da una compressione del gas per mezzo
dell’abbassamento del pistone.
La compressione provoca la diminuzione di volume V e l’aumento di pressione p .
Se, per esempio, nel cilindro è contenuto un gas biatomico come ossigeno o azoto, la
variazione dei parametri di stato pressione e volume segue la Legge di Poisson: 40,1
11
40,1VpVp
Ove con 1
p e 1
V s’intendono la pressione e il volume iniziali posizionati sull’isoterma 1
T .
Per cui se si considera come variabile indipendente il volume si potrà calcolare, di
conseguenza, la relativa pressione durante la trasformazione adiabatica:
40,1
40,1
11
V
Vpp
La compressione e la conseguente trasformazione adiabatica sono ultimate quanto la
temperatura del gas assume il valore tipico dell’isoterma 2
T e i parametri di stato sono
quelli caratteristici del punto “B”.
A livello energetico occorre fornire lavoro esterno di compressione e tutto il lavoro serve per
incrementare la sola energia interna del gas dal valore 1
U al valore 2
U .
Il lavoro è positivo per il sistema e negativo per l’ambiente esterno che lo fornisce al sistema
ed è inoltre rappresentato dall’area sottostante la curva dell’adiabatica e delimitata, a destra e
sinistra, rispettivamente dal valore del volume iniziale e finale.
Definiamo 1
L tale lavoro per noi negativo in quanto “noi” siamo “l’ambiente esterno”.
Dal punto “B” al punto “C”.
PRIMA Trasformazione isoterma alla temperatura 2
T .
La trasformazione è isoterma quindi deve avvenire senza che si possa modificare la
temperatura.
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122
Occorre quindi eliminare il fondo termoisolante del cilindro e permettere lo scambio termico
con una sorgente termica di capacità infinita alla temperatura 2
T .
Il pistone è sbloccato e, considerato che il ciclo è percorso in senso orario verso il punto C,
si deduce che la pressione deve diminuire, mentre il volume aumenta.
Ciò può essere ottenuto, per esempio, riducendo i pesi poggiati al pistone o diminuendo la
forza utilizzata per la compressione adiabatica.
Il gas, espandendosi, fornisce lavoro all’ambiente esterno e, nel contempo tende a diminuire
di temperatura.
La sorgente termica, tuttavia, cede calore al sistema mantenendo la temperatura e l’energia
interna al livello dell’isoterma 2
T .
Quindi, durante la prima trasformazione isoterma, il sistema fornisce lavoro meccanico ed
assorbe calore dalla sorgente.
Il lavoro fornito dal sistema termodinamico è rappresentato graficamente dall’area della
superficie posta sotto l’iperbole equilatera e delimitata a destra e sinistra dai valori del
volume iniziale e finale rispettivamente del punto “B” e del punto “C”.
Definiamo 1
Q il calore fornito dalla sorgente al sistema e 2
L il lavoro meccanico fornito
all’ambiente dal sistema.
Per la sorgente 1
Q è negativo, per il sistema 1
Q è positivo.
Per il mondo esterno, cioè per ”noi”, il lavoro 2
L è positivo, per il sistema è negativo.
Il lavoro 2
L è rappresentato dall’area della figura delimitata superiormente dall’isoterma
2T e, a sinistra e destra, rispettivamente dai valori di volume, iniziale e finale, corrispondenti
al punto “B” e al punto “C”.
Dal punto “C” al punto “D”.
SECONDA Trasformazione ADIABATICA dalla temperatura 2
T alla temperatura 1
T .
Il pistone è ancora sbloccato e confina il gas all’interno del volume caratteristico del punto
C.
Si dovrà scollegare il sistema dalla sorgente termica e ripristinare il fondo termoisolante al
cilindro allo scopo di impedire nuovamente gli scambi termici.
La temperatura diminuisce dal valore 2
T al valore 1
T solo a causa di un’espansione
adiabatica che si ottiene riducendo ancora la quantità di pesi sul pistone.
Il gas, espandendosi, fornisce altro lavoro all’ambiente esterno e diminuisce
contemporaneamente la propria energia interna.
Si può dire che il lavoro è eseguito dal gas a spese della propria energia interna.
Definiamo 3
L il lavoro fornito ancora positivo per l’ambiente esterno.
Anche in questo caso è possibile applicare la Legge di Poisson relativa alle trasformazioni
adiabatiche tenendo conto dei parametri caratteristici iniziali tipici del punto “C”.
Il lavoro 3
L è rappresentato dall’area della superficie delimitata superiormente dalla linea
dell’adiabatica e. a destra e sinistra, dai valori del volume iniziale e finale.
Dal punto “D” al punto “A”.
SECONDA Trasformazione isotermica alla temperatura 1
T .
E’ la trasformazione che conclude e chiude il ciclo reversibile.
Il pistone è sbloccato, il fondo termoisolante è rimosso ed il gas è collegato ad una sorgente
termica alla temperatura 1
T .
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123
Inizia una nuova compressione, con incremento del valore dei pesi sul pistone, il cui scopo è
riportare il gas ai valori di pressione e volume caratteristici del punto “A”.
Durante la trasformazione è il sistema a Durante la trasformazione è il sistema a cedere
calore alla sorgente termica, mentre, dall’esterno, è applicato lavoro di compressione al
sistema.
Definiamo 2
Q il calore ceduto alla sorgente e 4
L il lavoro fornito dall’esterno.
Per l’ambiente esterno il lavoro 4
L è negativo ed è rappresentato dall’area della superficie
delimitata dall’isoterma e dai valori di volume iniziale e finali caratteristici del punto “D” e
del punto “A”.
Figura 50 – FLUSSI ENERGETICI DI CALORE E LAVORO VISTI DAL SISTEMA.
Il lavoro meccanico che, complessivamente, è ceduto dal sistema termodinamico
all’ambiente esterno, è rappresentato dall’area racchiusa superiormente dall’isoterma 2
T ,
inferiormente dall’isoterma 1
T , a sinistra dalla linea curva che caratterizza la prima
adiabatica e a destra dalla linea curva della seconda adiabatica.
Esso è ottenuto dalla sottrazione tra il lavoro fatto dal sistema sull’ambiente e quello che
l’ambiente esterno applica al sistema.
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124
Figura 51 – LAVORO MECCANICO COMPLESSIVO CEDUTO ALL’AMBIENTE.
Figura 52 – LAVORO MECCANICO POSITIVO E NEGATIVO
Le due trasformazioni adiabatiche, unite alle due trasformazioni isotermiche, costituiscono il
“CICLO DI CARNOT”.
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125
CICLO “OTTO” N.2 ADIABATICHE + N. 2 ISOCORE
MOTORE A CARBURAZIONE
Figura 53 – CICLO “OTTO” – N. 2 ADIABATICHE + N. 2 ISOCORE
Il ciclo è percorso in senso orario partendo dal punto “A” i cui parametri di stato sono comuni
all’isoterma a temperatura minore 1T , all’adiabatica di compressione che interseca l’isoterma stessa
e all’isocora D-A nel punto terminale.
Dal punto “A” al punto “B”.
COMPRESSIONE ADIABATICA
PRIMA Trasformazione ADIABATICA dalla temperatura 1
T alla temperatura 2
T .
La trasformazione è ADIABATICA ed avviene quindi senza scambi di calore con
l’ambiente esterno.
Il ciclo ideale prevede che il pistone sia sbloccato e che sul fondo del cilindro sia
posizionato il setto termoisolante. Le pareti e lo stesso pistone sono già realizzati – per
costruzione del sistema termodinamico – con materiali perfettamente termoisolanti.
L’aumento di temperatura, per passare dal valore tipico dell’isoterma 1
T a quello tipico
dell’isoterma 2
T , non può che essere provocato da una compressione del gas per mezzo
dell’abbassamento del pistone.
La compressione provoca la diminuzione di volume V e l’aumento di pressione p .
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126
La variazione dei parametri di stato segue le Leggi di Poisson:
1 tetancosVpVpBBAA
2 1
BB
1
AA VTVT
2
1
BB
1
AA pTpT
Il valore della costante dipende, come al solito, dal tipo di gas contenuto nel sistema.
La compressione e la conseguente trasformazione adiabatica sono ultimate quanto la
temperatura del gas assume il valore tipico dell’isoterma 2
T e i parametri di stato sono
quelli caratteristici del punto “B”.
A livello energetico occorre fornire lavoro esterno di compressione e tutto il lavoro serve per
incrementare la sola energia interna del gas dal valore AU al valore BU .
AB1 UL
0Q 1
Considerando che la compressione adiabatica avviene senza scambi di calore è subito
evidente che il lavoro di compressione – per noi negativo – è uguale all’incremento
d’energia interna U .
Il lavoro è positivo per il sistema e negativo per l’ambiente esterno che lo fornisce al sistema
ed è inoltre rappresentato dall’area sottostante la curva dell’adiabatica e delimitata, a destra e
sinistra, rispettivamente dal valore del volume iniziale e finale.
Definiamo 1
L tale lavoro per noi negativo in quanto “noi” siamo “l’ambiente esterno”.
Dal punto “B” al punto “C”.
TRASFORMAZIONE ISOCORA – ACQUISIZIONE DI CALORE A VOLUME
COSTANTE
La trasformazione B-C prevede che il pistone sia bloccato in una posizione tale da
mantenere costante il volume al valore raggiunto al termine della compressione adiabatica
A-B.
Il fondo termoisolante non è presente ed il sistema è a contatto con una sorgente termica ad
alta temperatura che, cedendo calore al sistema, provoca l’aumento di temperatura sino al
valore dell’isoterma 4T e l’incremento di pressione p sino al valore caratteristico dello stato
“C”.
Nella realtà tecnologica tale trasformazione corrisponde all’incremento quasi istantaneo
della pressione causato dall’esplosione della miscela combustibile nello spazio compreso tra
la parte superiore del pistone e la parte inferiore della testata (camera di scoppio).
Data la rapidità dell’esplosione e il tempo tecnico occorrente per lo spostamento del pistone
verso il basso, è possibile ritenere nullo l’incremento di volume ed assumere quindi la
trasformazione come “isocora”.
La quantità di calore fornita dall’esplosione della miscela combustibile è totalmente
trasformata in energia interna BCU e la temperatura aumenta sino al valore caratteristico
dell’isoterma ad alta temperatura 4T .
BC2 UQ
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127
Dal punto “C” al punto “D”.
ESPANSIONE ADIABATICA
Il pistone è sloccato ed è riposizionato il fondo termoisolante per impedire lo scambio di
calore con l’esterno.
Il gas alla temperatura 4T e alla pressione Cp si espande adiabaticamente aumentando
rapidamente di volume, calando di pressione e di temperatura sino a raggiungere il nuovo
stato d’equilibrio caratteristico del punto “D” ove la temperatura 3T è minore di 4T ma
maggiore di 1T e 2T .
E’ questa la fase in cui il sistema fornisce lavoro all’ambiente esterno in quantità pari al
decremento d’energia interna CDU .
CD3 UL
0Q 3
Alla fine della trasformazione adiabatica i parametri caratteristici dello stato d’equilibrio
saranno quelli tipici del punto “D” cioè Cp , 3T e CV
Dal punto “D” al punto “A”.
TRASFORMAZIONE ISOCORA – CESSIONE DI CALORE A VOLUME COSTANTE -
RAFFREDDAMENTO
La trasformazione finale teorica avviene a volume costante e prevede che, con pistone
bloccato, sia ceduto all’ambiente esterno una quantità di calore tale da riportare la
temperatura del sistema a quella iniziale corrispondente all’inizio delle fase di compressione
adiabatica.
Tale operazione corrisponde, nel ciclo tecnologico reale, alla fase di scarico dei gas
combusti (fumi di scarico) e alla relativa perdita energetica.
La quantità di calore ceduto all’ambiente corrisponde alla variazione d’energia interna
DAU in quanto la trasformazione è isocora.
DA4 UQ
0L 4
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128
CICLO “DIESEL” N.2 ADIABATICHE + N. 1 ISOCORA + N. 1 ISOBARA
MOTORE DIESEL AD INIEZIONE
Figura 54 – CICLO “DIESEL” – N. 2 ADIABATICHE + N. 1 ISOCORA + N. I ISOBARA
Il ciclo è percorso in senso orario partendo dal punto “A” i cui parametri di stato sono comuni
all’isoterma a temperatura minore 1T , all’adiabatica di compressione che interseca l’isoterma stessa
e all’isocora D-A, nel suo punto terminale.
Dal punto “A” al punto “B”.
COMPRESSIONE ADIABATICA
PRIMA Trasformazione ADIABATICA dalla temperatura 1
T alla temperatura 2
T .
La trasformazione è ADIABATICA ed avviene quindi senza scambi di calore con
l’ambiente esterno.
Il ciclo ideale prevede che il pistone sia sbloccato e che sul fondo del cilindro sia
posizionato il setto termoisolante. Le pareti e lo stesso pistone sono già realizzati – per
costruzione del sistema termodinamico – con materiali perfettamente termoisolanti.
L’aumento di temperatura, per passare dal valore tipico dell’isoterma 1
T a quello tipico
dell’isoterma 2
T , non può che essere provocato da una compressione del gas per mezzo
dell’abbassamento del pistone.
La compressione provoca la diminuzione di volume V e l’aumento di pressione p e di
temperatura T .
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129
La variazione dei parametri di stato segue le Leggi di Poisson:
1 tetancosVpVpBBAA
2 1
BB
1
AA VTVT
2
1
BB
1
AA pTpT
Il valore della costante dipende, come al solito, dal tipo di gas contenuto nel sistema.
La compressione e la conseguente trasformazione adiabatica sono ultimate quanto la
temperatura del gas assume il valore tipico dell’isoterma 2
T e i parametri di stato sono
quelli caratteristici del punto “B”.
A livello energetico occorre fornire lavoro esterno di compressione e tutto il lavoro serve per
incrementare la sola energia interna del gas dal valore AU al valore BU .
AB1 UL
0Q 1
Considerando che la compressione adiabatica avviene senza scambi di calore è subito
evidente che il lavoro di compressione – per noi negativo – è uguale all’incremento
d’energia interna ABU .
Il lavoro è positivo per il sistema e negativo per l’ambiente esterno che lo fornisce al sistema
ed è inoltre rappresentato dall’area sottostante la curva dell’adiabatica e delimitata, a destra e
sinistra, rispettivamente dal valore del volume iniziale e finale.
Nel ciclo reale il punto terminale della compressione adiabatica corrisponde alla massima
compressione che il pistone provoca nella camera alla quale, inoltre, corrisponde la massima
temperatura.
A quel punto interviene la pompa d’inezione che, operando ad una pressione superiore,
inietta il combustibile liquido finemente polverizzato nella camera di combustione.
Il combustibile, venendosi a trovare in un ambiente a temperatura superiore alla temperatura
d’ignizione propria, brucia formando gas di combustione e si espande.
Dal punto “B” al punto “C”.
ESPANSIONE ISOBARA
È la fase in cui il combustibile cede calore al sistema provocando, nel contempo,
un’espansione che si ritiene isobara e un ulteriore aumento dell’energia interna.
La temperatura aumenta dal valore 2T - punto B – al valore 4T per il punto C.
L’energia interna aumenta di conseguenza, mentre il sistema fornisce lavoro all’esterno in
quantità pari all’area del rettangolo di altezza cB pp e di base BC VV .
La quantità di calore fornito durante l’espansione isobara è quindi data da:
BC24V24p2 VpTTnCTTnCQ
BCB2 VVpL
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130
Dal punto “C” al punto “D”.
ESPANSIONE ADIABATICA
Seconda Trasformazione ADIABATICA dalla temperatura 4T alla temperatura 3T .
E’ la fase in cui il sistema fornisce la maggior quantità di lavoro all’ambiente esterno
diminuendo l’energia interna dal valore CU al valore DU senza che possibilità di scambi
termici con l’esterno.
La temperatura passa da 4T a 3T .
Valgono ancora le equazioni di Poisson:
1 tetancosVpVpBBAA
2 1
BB
1
AA VTVT
2
1
BB
1
AA pTpT
Il lavoro è rappresentato dall’area della superficie sottostante la curva d’espansione
adiabatica.
CD3 UL
0Q 3
Dal punto “D” al punto “A”.
TRASFORMAZIONE ISOCORA
E’ la fase conclusiva del ciclo durante la quale sono scaricati i gas di combustione con
conseguente perdita del calore residuo in essi contenuti.
E’ assimilabile ad una trasformazione isocora con decremento della temperatura che passa
dal valore 3T al valore iniziale 1T .
L’energia interna torna al valore iniziale AU .
Il lavoro è nullo mentre la quantità di calore ceduto è pari ad decremento d’energia interna:
0L 4
13VDA4 TTCnUQ
In realtà ocoorrerà nenere conto del fatto che, nel ciclo reale, il gas contenuto nel sistema
deve essere continuamente rinnovato ad ogni ciclo per il fatto che la combustione provoca
dei mutamenti radicali alle sue caratteristiche.
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131
CICLO “JOULE” O “BRAYTON” N.2 ADIABATICHE + N. 2 ISOBARE
TURBINE A GAS
Figura 55 – CICLO “JOULE” O DI “BRAYTON” – CICLO TURBINE A GAS
Il ciclo di “Joule” o “Brayton” è costituito da una serie di trasformazioni teoriche ed ideali che sono
alla base del funzionamento reale delle turbine a gas.
Le turbine a gas, o turbo reattori, sono largamente utilizzate per la produzione di energia elettrica se
abbinate ad alternatori, per la propulsione aero-spaziale se installate su vettori di linea o militari.
Il funzionamento è assimilabile, almeno per quanto riguarda il continuo ricambio dei gas, ai
principali cicli reversibili teorici aperti e si distinguono le seguenti trasformazioni:
Dal punto “A” al punto “B”.
COMPRESSIONE ADIABATICA
Una certa portata d’aria, prelevata direttamente dall’atmosfera circostante, è immessa in un
apparecchio rotante ad alta velocità detto “compressore rotativo” o “turbo-compressore” – di
tipo centrifugo o a funzionamento assiale – che provvede ad incrementarne in modo
adiabatico sia la temperatura – dal valore AT al valore BT - che la pressione (da Ap a Bp ).
In questa fase il compressore cede energia al gas che si riscalda, diminuisce di volume ed
incrementa la temperatura e, di conseguenza, la propria energia interna.
AB1 UL
0Q 1
La trasformazione adiabatica segue teoricamente le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVpBBAA
2 1
BB
1
AA VTVT
2
1
BB
1
AA pTpT
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132
Il lavoro risulta negativo per l’ambiente esterno ed è rappresentato, come al solito, dall’area
della superficie sottostante l’adiabatica A_B.
Dal punto “B” al punto “C”.
ESPANSIONE ISOBARA
L’aria, già fortemente compressa e riscaldata dalla compressione adiabatica A_B, passa dal
turbo-compressore alla camera di combustione ove subisce l’iniezione di un combustibile
liquido polverizzato che fornisce il calore per un ulteriore aumento di temperatura che
s’innalza al valore 4T .
La cessione di calore alla miscela gassosa è assimilata ad una trasformazione isobara
regolata dalla seguente legge:
BCBBCVBCp2 VpTTCnTTCnQ
BCB2 VpL
Dal punto “C” al punto “D”.
ESPANSIONE ADIABATICA – PASSAGGIO NELLA TURBINA
La miscela gassosa composta da aria e prodotti di combustione – ad alta pressione e
temperatura – è immessa nella turbina ove segue una forte decompressione che si suppone
avvenire secondo un’adiabatica.
L’espansione adiabatica è causa di un repentino aumento di volume, di un decremento
notevole di pressione e un conseguente raffreddamento dalla temperatura 4T alla
temperatura 3T .
La perdita di energia interna CDU è trasformata, senza scambi di calore, intermente in
energia meccanica di rotazione dell’albero della turbina.
CD3 UL
0Q 3
Dal punto “D” al punto “A”.
COMPRESSIONE ISOBARA – SCARICO DEI GAS
E’ la fase terminale del ciclo durante la quale sono scaricati all’esterno i gas di combustione.
Tale fase è assimilata ad una trasformazione ideale isobara, anche se, in realtà, si tratta della
fase in cui è rinnovato in ciclo con aspirazione di altra aria.
La perdita energetica è regolata da:
DADADDAVDAp4 UVpTTCnTTCnQ
Il ciclo di “Joule” ideale seguito dai gas nel compressore, nella camera di combustione, nella
turbina e nello scarico in atmosfera è una notevole semplificazione di ciò che accade
realmente.
Di conseguenza lo studio della tecnologia delle turbine a gas è notevolmente complicato dal
fatto che le quantità in massa della fase gassosa è variabile durante le varie trasformazioni
come, d’altra parte, lo sono anche le capacità termiche ed altre variabili di stato.
Inoltre, come già anticipato, il ciclo è di tipo aperto con rinnovo continuo dei gas.
Si rimanda quindi alle nozioni di termodinamica dei reattori e delle turbine a gas contenuti
nei corsi di macchine e costruzioni meccaniche.
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133
CALCOLO DEL CALORE SCAMBIATO DAL SISTEMA TERMODINAMICO
Si sono presi sino ad ora in considerazione alcuni esempi di trasformazioni cicliche reversibili alle
quali può essere sottoposto un sistema termodinamico contenente gas perfetto.
Essenzialmente:
Ciclo 1: N. 2 trasformazioni isocore + N. 2 trasformazioni isoterme
Ciclo 2: N. 2 trasformazioni isobare + N. 2 trasformazioni isoterme
Ciclo 3: N. 2 trasformazioni adiabatiche + N. 2 trasformazioni isoterme
Di fondamentale importanza il “ciclo 3” – detto CICLO DI CARNOT – in base al quale può essere
descritto il funzionamento delle macchine termiche principali come, ad esempio, il motore a
scoppio.
Una macchina termica che utilizza il ciclo di Carnot, è in grado di fornire lavoro utile all’ambiente
esterno utilizzando il contatto con due sole sorgenti termiche a temperature tra loro differenti.
La caratteristica principale di una successione possibile di trasformazioni reversibili a ciclo chiuso è
quella di mantenere inalterato il valore dell’energia interna e dei parametri di stato posseduti dal
sistema termodinamico nel punto iniziale e terminale del ciclo.
Durante un ciclo chiuso qualsiasi, che riporta al valore iniziale l’energia interna, il sistema assorbe e
cede quantità di calore e lavoro meccanico i cui valori dipendono essenzialmente dalla tipologia di
trasformazioni eseguite.
L’energia interna, il calore e il lavoro meccanico sono però definizioni diverse della stessa
grandezza fisica – L’ENERGIA – ed è quindi possibile e consigliabile – allo scopo di esprimerne il
valore numerico – utilizzare l’unità di misura generale che, nel Sistema Internazionale, è il
"JOULE" o "mN" .
Anticipando i concetti e, soprattutto, i risultati dell’Esperienza di Joule, che costituisce
l’applicazione pratica del PRINCIPIO D’EQUIVALENZA tra le grandezze energetiche Calore e
Lavoro meccanico relativamente proprio ad un ciclo chiuso, si giunge alla seguente conclusione:
DEFINIZIONE DELL’UNITA’ DI MISURA DEL CALORE - (SISTEMA TECNICO):
La quantità di calore, o energia termica, necessaria ad incrementare di 1° Centigrado, da
14°C A 15°C, (o 1 Kelvin), la temperatura di una quantità d’acqua distillata pari a 1
chilogrammo-massa – o un volume di 1 dm3
– e alla pressione atmosferica normale, può
essere assunta come unità di misura del calore ed è definita comunemente GRANDE
CALORIA (Kcal).
E’ opportuno essere a conoscenza e ricordare tale definizione anche se la Kcal non è
compresa tra le unità di misura del Sistema Internazionale ma del Sistema Tecnico ormai in
disuso.
Solitamente il calore è indicato dalla lettera Q
Q Calore
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134
DEFINIZIONE DELL’UNITA’ DI MISURA DEL CALORE - (SISTEMA INTERNAZIONALE):
In base al Principio d’Equivalenza e all’Esperienza di Joule, la quantità di calore, essendo una
grandezza energetica, è quindi esprimibile con l’unità di misura generale dell’energia nel SISTEMA
INTERNAZIONALE.
La corrispondenza tra l’unità di misura del Sistema Tecnico e del Sistema Internazionale è stata
stabilita da Joule con la determinazione del valore della costante J data dal rapporto tra il lavoro
eseguito e il calore sviluppato durante un ciclo chiuso:
JQ
L con
Kcal
Joule186.4J
Quindi l’equivalenza tra unità di misura tecniche ed internazionali del calore è la seguente:
mN186.4Joule186.4Kcal1
QUANTITA’ DI CALORE SCAMBIATA DA UN CORPO SOLIDO O LIQUIDO
CALORE SPECIFICO E CAPACITA’ TERMICA
Il calore scambiato con l’esterno da un corpo solido o liquido, per diminuire o aumentare il proprio
livello termico o temperatura, dipende essenzialmente dai seguenti parametri:
12 TTT Differenza di temperatura K
m Massa del corpo kg
sc Calore specifico del materiale
Kkg
J
Kkg
Kcal
Il “Calore Specifico” è, per definizione, la quantità di calore – esprimibile il Kcal o Joule –
necessaria per incrementare di K1 la temperatura di kg1 della sostanza considerata.
Solitamente, salvo diverse indicazioni, il valore del calore specifico del materiale è da ritenersi
costante per intervalli di temperatura compresi tra 273° K e 373° K.
La quantità di calore scambiata da un corpo è quindi data dalla seguente relazione:
12s
TTmcQ TmcQs
J
E con le seguenti unità di misura:
KTTkgmKkg
JcQ 12s
Ovviamente il calore è misurato, in virtù del Principio d’Equivalenza, in “Joule” se si utilizza il
Sistema Internazionale oppure in “Kcal” se è utilizzato il Sistema Tecnico.
Considerando che la quantità di calore, per una certa sostanza di calore specifico s
c e per uno stesso
intervallo di temperatura, dipende esclusivamente dalla massa, risulta definita la “Capacità
Termica” come il calore necessario per incrementare di 1 (K) la temperatura di una certa quantità di
massa:
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135
K
JmcC
s
Con unità di misura:
K
Jkgm
Kkg
JcC
s
Il calore può quindi essere calcolato anche con la seguente:
12
TTCQ TCQ J
Alcuni valori del calore specifico s
c relativo a materiali di uso comune:
SOSTANZA Calore specifico
Kkg
J
Calore specifico
Kkg
Kcal
LIQUIDI
Acqua 4.186 1
Acetone 2.177 0,52
Acido acetico 2.135 0,51
Acido nitrico 2.763 0,66
Acido solforico 1.381 0,33
Alcool etilico a 20° 2.398 0,573
Alcol etilico a – 20° 2.114 0,505
Ammoniaca liquefatta 3.935 0,94
Anilina 2.051 0,49
Azoto liquido 1.800 0,43
Benzolo e benzina 1.758 0,42
Trementina 1.758 0,42
Etere etilico 2.260 0,54
Glicerina 2.428 0,58
Olio d’oliva 1.674/1.884 0,40/0,45
Olio minerale lubrificante 1.674 0,40
Ossigeno liquido 1.453 0,347
Petrolio 2.093 0,5
SOLIDI
Acciaio 502 0,12
Alluminio da 18° a 100° 908 0,217
Alluminio da 18° a 500° 992 0,237
Alluminio fuso 1.636 0,391
Amianto 816 0,195
Antimonio 209 0,050
Arenaria 753/837 0,18/0,2
Argentana 398 0,095
Argento da 18° a 100° 234 0,056
Argento da 18 a 500° 251 0,060
Argento fuso 314 0,075
Asfalto 933 0,223
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Bismuto 126 0,03
Bronzo e ottone 377 0,09
Calcestruzzo 879 0,21
Caolino 938 0,224
Carbone di legna; coke 837 0,20
Carbone fossile 1.298 0,31
Carta 1.339 0,32
Cemento Portland 741 0,177
Cenere 837 0,20
Costantana 410 0,098
Cotone e lana 1.339 0,32
Ebanite 1.423 0,34
Farina fossile 887 0,212
Ferro da 0° a 100° 494 0,118
Ferro da 0° a 500° 561 0,134
Ferro da 0° a 1000° 686 0,164
Gesso 837 0,20
Ghiaccio da -40° a 0° 1.925 0,46
Ghiaccio a 0° 2.114 0,505
Ghisa 544 0,13
Grafite 837 0,20
Legno rovere 2.386 0,57
Legno abete 2.720 0,65
Magnesio 1.046 0,25
Manganina 406 0,097
Mattoni 753/921 0,18/0,22
Mercurio 138 0,033
Nichel 452 0,108
Oro 130 0,031
Pietra 879 0,21
Piombo 130 0,031
Piombo fuso 142 0,034
Platino da 0° a 100° 134 0,032
Porcellana 1.072 0,256
Rame da 18° a 100° 389 0,093
Rame da 18° a 300° 402 0,096
Rame fuso 653 0,156
Sabbia 837 0,20
Seta 134 0,32
Stagno 231 0,057
Sughero 2.051 0,49
Terra 1.255/1.674 0,30/0,40
Tufo 138 0,33
Vetro 837 0,20
Zinco 393 0,094
Zinco fuso 506 0,121
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CALORE LATENTE DI FUSIONE O SOLIDIFICAZIONE:
La legge di variazione della temperatura in funzione del calore assorbito o ceduto:
mc
QTT
s
if
mc
QTT
s
if
derivata da quella generale per il calcolo del calore:
ifs TTmcQ
Può ritenersi valida ed utilizzabile ha condizione che lo scambio di calore Q si verifichi tra corpi
solidi o liquidi con temperature diverse dalle rispettive temperature di fusione o solidificazione.
Durante il passaggio di stato solido-liquido, il calore fornito non è causa di incremento di
temperatura, ma è utilizzato per la rottura dei legami molecolari che caratterizzano lo stato solido.
Durante il cambiamento di stato la temperatura si mantiene costantemente uguale alla temperatura
di fusione o solidificazione tipica del determinato materiale.
Il calore scambiato per la fusione o solidificazione completa di una certa massa di materiale,
dipende da una grandezza caratteristica definita “Calore Latente di fusione o solidificazione” FL :
mLQ FF
Il “Calore Latente di Fusione o Solidificazione” è una costante, tipica di ogni materiale, che
rappresenta la quantità di calore assorbita (fusione) o ceduta (solidificazione) da una quantità pari
ad kg1 di una determinata sostanza.
Le unità di misura del Calore Latente sono:
kg
JL F
Sistema Internazionale
kg
KcalL F
Sistema tecnico
Il passaggio dal Sistema Tecnico al Sistema Internazionale si avvale del coefficiente d’equivalenza:
J186.4Kcal1
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Tabella temperature di fusione o solidificazione e calore latente fusione alla pressione ordinaria:
SOSTANZA Temperatura fusione
C
Calore latente fusione o
solidificazione
kg
Kcal
kg
KJ
Acciaio 1300/1400
Acqua 0 79,6 333,2
Acqua di mare -2,5
Allumina 2050
Alluminio 658 90 376,7
Alcool etilico a 20° 2.398
Alcol etilico a – 20° 2.114
Anidride carbonica -56,5 45 188
Argento 960 25 105
Antimonio 630 40 167
Azoto -210
Benzina -150
Benzolo 5,7
Berillio 1280
Bismuto 271 12 50
Bronzo 900/960
Cadmio 321
Calcio 830
Carbonio 3600
Caucciù 125
Cera 64
Ceralacca 150
Cloro -101
Cloroformio -63
Cloruro di sodio 800
Cloruro di calcio 774
Cloruro di piombo 500
Cloruro di rame 425
Cloruro di ferro 300
Cloruro di bismuto 232
Cloruro di alluminio 190
Cobalto 1490
Etere etilico -118
Ferro puro 1530 55 230
Fluoruro di calcio 1378
Fluoruro di sodio 992
Fosforo 44
Ghisa bianca 1130 23/33 96/138
Ghisa grigia 1200 23/33 96/138
Glicerina 18
Iridio 2350
Magnesio 651
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Manganese 1245
Mercurio -38,9 2,8 12
Metano -184
Naftalina 80
Nichelio 1450 60 251
Nitrato potassico 308
Olio d’oliva 3
Olio di lino -20
Olio di colza 1
Oro 1063
Ossido di calcio 2570
Ossido di magnesio 2800
Ossigeno -219
Ottone 900/1000
Palladio 1557
Paraffina 54
Pentano -131
Piombo 327 6,3 26
Platino 1776 27 113
Porcellana 1600
Potassio 64
Quarzo 1470
Rame 1083 42 176
Silicio 1430
Smalto 960
Soda caustica 322
Stagno 232 14 59
Tungsteno 3370
Zinco 419 27 113
Zolfo rombico 112 9,4 39
Zolfo monoclino 119 11 46
Ghiaccio 79,6 333.2
Idrogeno -259 14,09 59
Alcool etilico -114 25 105
Dati ricavati dal Manuale G. Colombo
In mancanza di dati, si può valutare il calore latente di fusione mediante la seguente regola
approssimata:
42T
AL
.Fus
F
Con:
A Peso atomico
.FusT Temperatura assoluta di fusione
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140
CALORE LATENTE DI VAPORIZZAZIONE O CONDENSAZIONE:
La legge di variazione della temperatura in funzione del calore assorbito o ceduto:
mc
QTT
s
if
mc
QTT
s
if
derivata da quella generale per il calcolo del calore:
ifs TTmcQ
Può ritenersi valida ed utilizzabile ha condizione che lo scambio di calore Q si verifichi tra corpi
solidi o liquidi con temperature diverse dalle rispettive temperature di vaporizzazione o
condensazione.
Durante il passaggio di stato liquido-aeriforme il calore fornito non è causa di incremento di
temperatura, ma è utilizzato per la rottura dei legami molecolari che caratterizzano lo stato liquido.
Durante il cambiamento di stato la temperatura si mantiene costantemente uguale alla temperatura
di ebollizione-condensazione tipica del determinato materiale.
Il calore scambiato per la vaporizzazione o condensazione completa di una certa massa di materiale,
dipende da una grandezza caratteristica definita “Calore Latente di vaporizzazione o
condensazione” vL :
mLQ VV
Il “Calore Latente di vaporizzazione o condensazione” è una costante, tipica di ogni materiale, che
rappresenta la quantità di calore assorbita (vaporizzazione) o ceduta (condensazione) da una
quantità pari ad kg1 di una determinata sostanza.
Le unità di misura del Calore Latente sono:
kg
JL V
Sistema Internazionale
kg
KcalL V
Sistema tecnico
Il passaggio dal Sistema Tecnico al Sistema Internazionale si avvale del coefficiente d’equivalenza:
J186.4Kcal1
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Tabella temperature di ebollizione e calore latente vaporizzazione alla pressione ordinaria:
SOSTANZA Temperatura fusione
C
Calore latente fusione o
solidificazione
kg
Kcal
kg
KJ
Acetilene liquefatto -84
Acido nitrico 86
Acido solforico 332 122
Acqua 100 539 2.256
Alcool 78,3 220
Alluminio 1800
Ammoniaca liquefatta -33 326
Anidride solforosa liquida -10 96
Anilina 184 108
Argon liquefatto -186
Azoto liquefatto -196 48
Benzolo 84 95
Cloro liquefatto -34 62
Cloroformio 61 60
Cloruro di metile liquido -24
Elio liquefatto -269
Essenza di trementina 160 70
Etere etilico 35 89
Ferro 2450
Fosforo 285
Glicerina 290
Idrogeno liquefatto -253 111
Mercurio 357 69
Metano liquefatto -162
Naftalina 218 75
Nichel 3075
Olio di lino 316
Ossido di carbonio liquido -191
Ossigeno liquefatto -183 51
Paraffina 300
Rame 2340
Solfuro di carbonio 46 85
Toluolo 110 85
Zinco 912 55
Zolfo 444 362
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QUANTITA’ DI CALORE SCAMBIATA DA UNA SOSTANZA GASSOSA:
CALORE SPECIFICO A PRESSIONE COSTANTE
CALORE SPECIFICO A VOLUME COSTANTE
Per quanto riguarda il calore scambiato da un gas perfetto o un fluido con parametri caratteristici
superiori a quelli critici, occorrerà far riferimento alle due trasformazioni tipo:
Scambio termico per trasformazione a volume costante – ISOCORA
Scambio termico per trasformazione a pressione costante - ISOBARA
Il calore necessario per incrementare la temperatura del gas di un valore T - quindi per passare da
un’isoterma o isodinamica all’altra – è pari alla differenza di energia interna U e dipende dal tipo
di trasformazione e dalla quantità di gas.
Per una trasformazione ISOCORA – a volume costante – tutto il calore scambiato è utilizzato dal
gas per la sola variazione di energia interna (essendo nullo il lavoro scambiato con l’ambiente
esterno, mentre, per una trasformazione ISOBARA – pressione costante – è utilizzato in parte per la
variazione dell’energia interna ed in parte per prelevare o fornire lavoro meccanico.
CALORE - TRASFORMAZIONE ISOCORA
Per una trasformazione isocora dalla temperatura 1
T alla temperatura 2
T e per una quantità m di
gas perfetto, il calore Q scambiato dipende dal valore di un coefficiente V
c definito “CALORE
SPECIFICO A VOLUME COSTANTE” oppure, se si considera una certa quantità di moli, da un
coefficiente V
C definito “CAPACITA’ TERMICA MOLARE A VOLUME COSTANTE”.
Risultano le seguenti espressioni:
12v
TTmcQ J
Con:
Q Calore scambiato dal gas per trasformazione a volume costante J
Vc Calore specifico del gas a volume costante
Kkg
J
m Massa gas kg
12
TT Differenza di temperatura K
Oppure:
12v
TTnCQ J
Con:
VC Capacita termica molare a volume costante
Kmole
J
n Numero moli
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143
CALORE - TRASFORMAZIONE ISOBARA
Per una trasformazione isobara dalla temperatura 1
T alla temperatura 2
T e per una quantità m di
gas perfetto, il calore Q scambiato dipende dal valore di un coefficiente P
c definito “CALORE
SPECIFICO A PRESSIONE COSTANTE” oppure, se si considera una certa quantità di moli, da un
coefficiente P
C definito “CAPACITA’ TERMICA MOLARE A PRESSIONE COSTANTE”.
Risultano le seguenti espressioni:
12P
TTmcQ J
Con:
Q Calore scambiato dal gas per trasformazione a volume costante J
Pc Calore specifico del gas a pressione costante
Kkg
J
m Massa gas kg
12
TT Differenza di temperatura K
Oppure:
12P
TTnCQ J
Con:
PC Capacità termica molare a pressione costante
Kmole
J
n Numero moli
RELAZIONE TRA I CALORI MOLARI A VOLUME E PRESSIONE COSTANTE
E’ una relazione fondamentale tra i valori della capacità termica molare a volume costante e il suo
equivalente a pressione costante.
Per la dimostrazione della relazione – definita “relazione di Mayer” – conviene utilizzare il
diagramma pressione-volume con indicate le due isoterme o isodinamiche rappresentative della
temperatura iniziale e finale.
Supponendo di partire da uno stato d’equilibrio del gas sull’isoterma 1
T indicato con “A”, è
possibile raggiungere un punto "B" sull’isoterma 2
T facendo subire al gas una trasformazione.
E’ importante notare che la differenza di energia interna dipende esclusivamente dalla differenza tra
i valori delle temperature finale ed iniziale e non dalla posizione dei punti “A” e “B” sulle rispettive
isoterme.
La differenza di energia interna non è quindi dipendente dal tipo di trasformazione che esegue il
gas.
ABB_A
UUU
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144
Se immaginiamo una trasformazione isocora dallo stato “A” allo stato “B” essa sarà rappresentata
dal segmento verticale – parallelo all’asse delle pressioni – i cui punti terminali corrispondono
rispettivamente allo stato “A” e allo stato “B”.
Il calore scambiato dal gas con la sorgente termica – positivo o negativo secondo il senso di
percorrenza – è completamente utilizzato per la variazione di energia interna e si calcola utilizzando
il coefficiente V
C con la seguente formula:
1. 12V1
TTCnQ
D’altra parte, utilizzando la definizione di trasformazione isocora e le definizioni di energia interna
iniziale e finale, e ricordando inoltre che il tipo di trasformazione non permette scambi di energia
meccanica con l’esterno:
2. B1A
UQU
Combinando le due relazioni:
12V1
TTCnQ
1ABQUU
Si ottiene:
ABAB12V
UUUTTCn
Se invece immaginiamo una trasformazione isobara dallo stato “A” allo stato “B* ” essa sarà
rappresentata dal segmento orizzontale – parallelo all’asse dei volumi – i cui punti terminali
corrispondono rispettivamente allo stato “A” e allo stato “B* ”.
La posizione del nuovo stato “B* ” è naturalmente diversa da quella precedente, ma giace
comunque sull’isoterma 2
T .
Per questo motivo la differenza di energia interna tra gli stati “A” e “B” presi sull’isocora e
sull’isobara è comunque uguale.
ISOBARA_*ABISOCORA_ABUU
Il calore scambiato dal gas con la sorgente durante la trasformazione isobara è utilizzato sia per la
variazione di energia interna sia per scambio di energia meccanica (lavoro) e si calcola utilizzando
il coefficiente P
C con la seguente:
3. 12P2
TTCnQ
D’altra parte, utilizzando la definizione di trasformazione isobara e le definizioni di energia interna
iniziale e finale, ricordando inoltre che il tipo di trasformazione permette scambi di energia
meccanica con l’esterno e che la quantità di lavoro scambiato è rappresentato dall’area del
rettangolo avente come base la differenza tra il volume finale ed iniziale e, come altezza, il valore
costante della pressione, si ottiene:
4. *B2A
ULQU
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145
Dalla combinazione delle due relazioni:
12P2
TTCnQ
LQUU2A*B LUQ
*AB2
Si ottiene:
LUTTCn*AB12P
Però, per quanto espresso precedentemente, la variazione d’energia interna non è modificata dalla
posizione degli stati d’equilibrio e dal tipo di trasformazione, quindi:
AB*ABUU
Ed è quindi possibile, sostituendo, ottenere:
LUTTCnAB12P
Con AB
U variazione d’energia interna per effetto della trasformazione isocora:
Per cui:
LTTCnTTCn12V12P
Occorre quindi ricordare che il lavoro è uguale:
A*BA*B
VpVpVVpL
Dove, utilizzando l’equazione generale di stato dei gas perfetti:
2*BTRnVp
1ATRnVp
Sostituendo si ottiene dunque:
1212V12P
TRnTRnTTCnTTCn
1212V12P
TTRnTTCnTTCn
E, semplificando i termini uguali:
RCCVP
Da cui si ottiene la Relazione di Mayer tra la capacità termica molare a pressione costante e la
capacità termica molare a volume costante:
RCCVP
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146
Cioè:
La differenza tra la capacità termica molare a pressione costante e la capacità termica a
volume costante – relative entrambe ad un gas perfetto - è uguale alla costante di stato R.
A riguardo dei calori specifici a pressione costante e volume costante P
c e V
c , si può ricordare
che:
mcCPP
mcCVV
Per cui, sostituendo nella relazione di Mayer, si ottiene:
RccmsP
m
Rcc
VP
VALORI DI V
C E P
C
I valori numerici delle capacità termiche a pressione e volume costante possono essere calcolati
tenendo presente l’espressione dell’energia interna espressa con la “Teoria cinetica dei gas”.
Dal calcolo della pressione esercitata dal gas sulle pareti del recipiente in virtù della velocità
molecolare si giungeva al calcolo dell’energia cinetica molecolare media e alla definizione
dell’energia interna come sommatoria delle energie cinetiche elementari proprie delle N molecole di
gas.
L’espressione dell’energia interna calcolata con la Teoria Cinetica dei gas perfetti – metodo
probabilistico – conferma che essa è una funzione della sola temperatura e non dipende quindi dal
tipo di trasformazione subita dal gas.
La funzione energia interna è quindi un differenziale esatto della sola variabile “temperatura,
mentre le funzioni che esprimono le grandezze energetiche calore e lavoro sono dipendenti, oltre
che dalla temperatura, anche dai valori assunti dai parametri di stato.
Tale espressione è:
TRn2
3U Energia interna
Se ora si considera la trasformazione “isocora” dallo stato “A” allo stato “B” con la relativa
variazione dell’energia interna, della temperatura e la quantità di calore scambiata, si ottiene:
12V
TTCnQ
BA
UQU QUUAB
Con:
1ATRn
2
3U
2BTRn
2
3U
12AB
TTRn2
3UU
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Per cui, sostituendo:
12V12 TTCnTTRn
2
3
Da cui si ottiene il valore di V
C :
1) R2
3C V Gas monoatomico
2) R2
5C V Gas biatomico
3) R2
7C V Gas triatomico
Di conseguenza, dopo aver determinato il valore della capacità termica molare a volume
costante e utilizzando la Relazione di Mayer, si può calcolare il valore della capacità
termica molare a pressione costante.
Infatti:
RCC VP
RCC VP
1) R2
5RR
2
3C P Gas monoatomico
2) R2
7RR
2
5C P Gas biatomico
3) R2
9RR
2
7C P Gas triatomico
I valori, espressi in
Kmole
J, delle due capacità, sono i seguenti:
Kmole
J78,20
Kmole
J314,8
2
5R
2
5C P
Kmole
J47,12
Kmole
J314,8
2
3R
2
3C V
Gli stessi valori espressi con l’unità di misura del Sistema Tecnico:
Kmole
cal96,4
Kmole
Kcal00496,0
Kcal
J186.4
1
Kmole
J78,20C P
Kmole
cal98,2
Kmole
Kcal00298,0
Kcal
J186.4
1
Kmole
J47,12C V
Il rapporto tra PC e VC , da utilizzarsi come esponente nell’espressione della
trasformazione adiabatica per un gas monoatomico, ha quindi il seguente valore:
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1) 667,13
5
R2
3
R2
5
C
C
V
P
Gas monoatomico
2) 40,15
7
R2
5
R2
7
C
C
V
P
Gas biatomico
3) 28,17
9
R2
7
R2
9
C
C
V
P
Gas triatomico
POTENZA TERMICA
La quantità di calore scambiato nell’unità di tempo è definita Potenza termica in perfetta analogia
con la definizione di Potenza Meccanica.
t
QP t
tPQ t
Se si utilizza il Sistema Tecnico è abitudine misurare la potenza termica in h
Kcal prendendo quindi
come riferimento, la quantità d’energia termica scambiata in un tempo pari ad ora1
Se, come di norma, è utilizzato il Sistema Internazionale, la potenza termica è misurata in Watt o
Kw .
Passaggio dal Sistema Tecnico al Sistema Internazionale di Misura:
Energia termica o Quantità di calore: KcalQ
Potenza termica:
Watt163,1s
J
600.3
186.4
h
s600.3h1
Kcal
J186.4Kcal1
h
Kcal1
t
QP t
Passaggio dal Sistema Internazionale al Sistema Tecnico:
Energia termica o Quantità di calore: JouleQ
Potenza termica:
h
Kcal860,0
Kcal
J186.4
h
s600.3
s
J1
W1t
QP t
Da cui si ottiene immediatamente:
h
Kcal860Kw1P t
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ESERCIZI
ESERCIZIO 1:
Determinare – in Kcal e Joule - la quantità di calore ceduta all’esterno da un volume d’acqua pari a
3dm500.1V durante un processo di raffreddamento nel quale si ottiene, partendo da una
temperatura iniziale C87t i , una temperatura finale K293T f .
Si considera costante il calore specifico dell’acqua nell’intervallo di temperature considerate:
Soluzione:
La quantità di calore ceduta durante il raffreddamento – negativa per la massa d’acqua e positiva
per il sistema che la riceve – dipende dalla massa di liquido, dal calore specifico e dalla differenza
tra la temperatura finale ed iniziale:
iFs TTcmQ
Con:
K293T F
K16,36016,273tT iI
Kcal
J186.4c s
kg500.1
dm
kg1dm500.1Vdm
3
3
3dm
kg1d densità acqua
Per cui si ottiene:
J10217,4K16,360293Kkg
Joule186.4kg500.1Q
8
Il segno negativo è indice di calore ceduto.
La stessa quantità, misurata in Kcal – grandi calorie -, è:
Kcal740.100
Kcal
J186.4
1J10217,4Q
8
ESERCIZIO 2:
Determinare la quantità di calore necessaria per riscaldare 80 litri d’acqua da 30°C a 50°C.
Si considera costante il calore specifico dell’acqua.
Soluzione:
La quantità di calore è ora positiva.
iFsiFs ttcVdttcmQ
Con:
3dm80lt80V
Kcal600.1C3050Ckg
Kcal1dm80
dm
kg1Q
3
3
J10697,6Kcal
J186.4Kcal600.1Q
6
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ESERCIZIO 3:
Con un piccolo generatore di calore a gas avente la potenza termica Kw15P CALDAIAt si
intende riscaldare i locali di un edificio residenziale per il quale occorre, invece, una potenza
termica pari a
h
Kcal000.30P EDIFICIOt .
Si decide di utilizzare il seguente sistema:
Durante la notte, mentre l’edificio non ha bisogno di riscaldamento, la caldaia è utilizzata per
riscaldare una quantità d’acqua contenuta in un grosso recipiente cilindrico – fortemente isolato
termicamente – da una temperatura minima pari a 50°C ad una temperatura massima di 80°C.
Il recipiente ha un diametro di 120 cm, un’altezza da stabilire ed è completamente pieno
d’acqua.
Si determini l’altezza massima del serbatoio considerando che il funzionamento del generatore
inizia alle ore 22,00 e che l’acqua deve raggiungere la temperatura massima di 80°C alle ore
6,00 del giorno successivo.
Il calore contenuto nel serbatoio è poi utilizzato per riscaldare l’edificio attraverso la
circolazione di acqua calda nell’impianto a bassa temperatura.
Calcolare la durata massima del periodo di riscaldamento consentita dal solo utilizzo del calore
contenuto nel serbatoio supponendo un prelievo calorico pari all’80 % della potenza massima
necessaria a riscaldare l’edificio ed una temperatura minima raggiungibile dell’acqua nel serbatoio
di 40°C.
Soluzione:
La potenza massima della caldaia a gas è:
s
J000.15Watt000.15Kw15P CALDAIAT
Che equivalgono a:
h
J104,5
h
s600.3
s
J000.15P
7
CALDAIAT
Ricordando il coefficiente d’equivalenza tra energia meccanica e termica, si ottiene, nel Sistema
Tecnico:
h
Kcal900.12
Kcal
J186.4
h
J104,5
P
7
CALDAIAT
Il riscaldamento notturno dell’acqua nel serbatoio, per un tempo massimo di 8 ore (dalle 22,00 alle
06,00), con funzionamento continuo della caldaia, fornisce una quantità di calore massima pari a:
tempo
QP CALDAIAT
Da cui:
Kcal200.103h8h
Kcal900.12tempoPQ CALDAIAT
Utilizzando il Sistema Internazionale:
J1032,4Kcal
J186.4Kcal200.103Q
8
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La quantità d’acqua contenuta nel serbatoio dipende dall’altezza dello stesso, dalla quantità
massima di calore che la caldaia può erogare durante il funzionamento notturno e dalla differenza di
temperatura richiesta:
iFs ttcmQ 1
Dove:
J1032,4Q8
Ckg
J186.4c s
C305080tt iF
m Quantità d’acqua incognita in quanto no si conosce l’altezza del serbatoio
Si ricava quindi l’altezza del serbatoio utilizzando la relazione precedente invertita, la formula per il
calcolo del volume di un cilindro e la relazione che lega la densità, il volume e la massa:
Dalla 1 :
kg440.3
C30Ckg
J186.4
J1032,4
ttc
Qm
8
iFs
Dalle relazioni per il calcolo del volume e della massa:
Vdm
hrV2
Si ottiene:
hrdm2
Da cui:
2
rd
mh
Sostituendo il valore della massa ottenuto precedentemente e i valori del raggio e
della densità:
cm304dm43,30
dm6
dm
kg1
kg440.3h
22
3
L’acqua riscaldata durante la notte è poi utilizzata per l’alimentazione dell’impianto di
riscaldamento dell’edificio con un salto termico di 40°C (da 80 a 40°C).
Si suppone di prelevare, mediante scambiatore immerso nel serbatoio, una potenza media pari
all’80 % della potenza massima richiesta:
h
Kcal000.24
h
kcal000.308,0P8,0P EDIFICIOtMEDIA
Equivalenti a:
h
J000.464.100
Kcal
J186.4
h
Kcal000.24P MEDIA
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La quantità di calore prelevata, la potenza termica e il tempo di possibile funzionamento
dell’impianto sono legati dalla relazione:
tempoPQ MEDIA.PRELEV
La quantità di calore prelevata è maggiore di quella ceduta dalla caldaia in quanto risulta maggiore
la differenza di temperatura:
J1076,5C4080Ckg
J186.4kg440.3ttcmQ
8
iFs.PRELEV
Quindi il periodo massimo di funzionamento dell’impianto collegato al solo serbatoio d’accumulo
risulta:
ore73,5
h
J000.464.100
J1076,5
P
Qtempo
8
MEDIA
.PRELEV
Il tempo previsto per il completo utilizzo del calore accumulato nel serbatoio con un salto termico
di 40° C e senza ulteriore utilizzo della caldaia, è quindi dato da:
min43eore5ora
min60ore73,0ore5Tempo
ESERCIZIO 4:
Un boiler cilindrico, alto 80 cm e di raggio 20 cm, è pieno d’acqua. Determinare la quantità di
calore necessaria per riscaldare l’acqua da 15°C a 40°C.
Soluzione:
La quantità di calore necessaria è:
thrdtcVdtcmQ2
ss
Sostituendo i valori noti si ottiene:
J232.515.10C25Ckg
J186.4dm8dm2
dm
kg1tcVdtcmQ
22
3ss
Kcal512.2J232.515.10Q
ESERCIZIO 5:
Un compressore sviluppa, in 1 ora di normale funzionamento, una quantità di calore pari a
Kcal000.5Q e deve quindi essere raffreddato.
Per il raffreddamento si utilizza un impianto a circolazione d’acqua che entra alla temperatura di
25°C ed esce a 30°C.
Determinare la quantità oraria d’acqua in circolazione.
Soluzione:
La quantità di calore prodotto ogni ora dal compressore è assorbita dall’acqua di raffreddamento in
circolazione.
La potenza termica da dissipare è quindi:
h
Kcal000.5
h1
Kcal000.5
tempo
QPT
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D’altra parte il calore ceduto all’acqua è:
iFs ttmcQ
Con:
Ckg
Kcal1c s
Calore specifico acqua
Vdm Massa d’acqua
3dm
kg1d Densità acqua
C5tt if Differenza di temperatura acqua uscente-acqua entrante
V Volume d’acqua passante in un tempo di 1 ora
Quindi:
kg000.1
C5Ckg
Kcal1
Kcal000.5
ttc
Qm
ifs
Si ricava poi il volume passante in un’ora:
3
3
dm000.1
dm
kg1
kg000.1
d
mV
ESERCIZIO 6:
Una caldaia a gas avente potenza termica Kw35PT è utilizzata per produrre acqua calda
sanitaria da inviare ai servizi igienici di un edificio residenziale.
Tenendo conto che l’acqua deve essere riscaldata da una temperatura iniziale di 12°C ad una
temperatura finale d’utilizzo di 40°C, determinare la massima portata a cui la caldaia è in grado di
sopperire e il numero approssimativo di servizi igienici in servizio contemporaneo.
Si tenga conto che ogni servizio igienico utilizza mediamente una quantità d’acqua calda pari a 10
litri al minuto.
Soluzione:
La potenza termica della caldaia è:
s
J000.35W000.35Kw35N
T
La quantità di calore erogata in un determinato tempo T è quindi:
sT
JQN T TNQ T 1
Per non confondere la grandezza tempo e la grandezza temperatura si utilizza, per indicare il tempo,
il simbolo “T”, mentre, per la “Potenza termica” il simbolo “N”
D’altra parte tale quantità di calore è fornita all’acqua secondo la relazione:
1fs ttmcQ 2
Il rapporto tra la quantità d’acqua in transito nelle tubazioni ed il tempo, è definito “Portata in
massa”:
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s
kg
T
mQ m
Da cui si ottiene:
TQm m
Sostituendo nella 2 e confrontandola con la 1 :
ifmsT ttTQcTN
ifmsT ttQcN
Da cui si ricava il valore della portata in massa:
s
kg2986,0
C1240Ckg
J186.4
s
J000.35
tc
NQ
s
Tm
Equivalenti a:
s
dm2986,0Q
3
V Portata volumetrica per densità acqua uguale all’unità
Trasformando tale valore in decimetri cubi o litri al minuto si ottiene:
min
lt18
min
s60
s
lt2986,0Q V
Considerando poi che l’erogazione di acqua calda è pari a circa 10 litri al minuto per ogni servizio
igienico, si deduce che la caldaia è in grado di garantire il funzionamento corretto per quasi due
servizi igienici funzionanti contemporaneamente.
ESERCIZIO 7:
Si cede una quantità di calore pari a cal000.8Q ad una massa di alluminio pari a g800m
che si trova inizialmente ad una temperatura di 15°C.
Quale sarà la temperatura finale dell’alluminio.
Dalle tabelle si considera un calore specifico per l’alluminio:
Cg
cal217,0c ALLUMINIOs
Cg
Jl908,0c ALLUMINIOs
Soluzione:
Dalla relazione fondamentale del calore, si ottiene:
1fs ttmcQ
mc
Qtt
s
1f
C082,61
C800Cg
cal217,0
cal000.8C15
mc
Qtt
s
if
Si indicano con (cal) le “Piccole calorie” riferite ad un grammo del materiale.
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ESERCIZIO 8:
Si somministrano 80 Kcal ad 1 kg di acqua, di ferro e di vetro che si trovano tutti ad una
temperatura iniziale di 15°C. Quale sarà la temperatura finale di ciascun corpo?
Ckg
J186.4c O2Hs
Ckg
J494c Ferros
Ckg
J837c Vetros
Soluzione:
mc
Qtt
s
if
Formula generale
Da cui si ottiene:
C95
kg1Ckg
J186.4
Kcal
J186.4Kcal80
15t O2Hf
ACQUA
C693
kg1Ckg
J494
Kcal
J186.4Kcal80
15t Ferrof
FERRO
C415
kg1Ckg
J837
Kcal
J186.4Kcal80
15t Vetrof
VETRO
ESERCIZIO 9:
In un recipiente con pareti termicamente isolate dall’esterno è versato un volume d’acqua pari a 5
litri a una temperatura di 20°C.
Nell’acqua è poi immerso un cubo di acciaio di lato 10 cm e riscaldato ad una temperatura di 105
°C.
Determinare la temperatura finale d’equilibrio supponendo nulle le perdite di calore verso l’esterno
e verso le pareti del recipiente.
Soluzione:
Si tratta di risolvere un semplice problema di bilancio energetico termico tra il calore ceduto dal
cubo di acciaio che si raffredda e il calore acquistato dall’acqua che si riscalda.
Il calore ceduto dall’acciaio – più caldo – è uguale, in assenza di perdite, al calore acquistato
dall’acqua più fredda.
ACCiACCfAcciaios.ACC1 ttcmQ Calore ceduto dall’acciaio
O2HiO2HfO2HsO2H2 ttcmQ Calore acquistato dall’acqua
12 QQ
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Da cui si ottiene:
O2HiO2HfO2HsO2HACCfACCiAcciaios.ACC ttcmttcm
D’altra parte le temperature finali dell’acqua e dell’acciaio al termine dello scambio termico ed in
condizioni d’equilibrio sono uguali, quindi:
ttt O2HfACCf
O2HiO2HsO2HACCiAcciaios.ACC ttcmttcm
Da cui si ottiene:
O2HsO2HACCsACC
O2HiO2HsO2HACCiACCsACC
cmcm
tcmtcmt
In cui:
kg86,7dm1
dm
kg86,7Vdm
3
3ACC
Kkg
J502c ACCs
C48,33
Kkg
J186.4kg5
Ckg
J502kg86,7
C20Kkg
J186.4kg5C105
Kkg
J502kg86,7
t
ESERCIZIO 10:
Un recipiente di rame, isolato termicamente verso l’esterno, e avente massa di 200 grammi,
contiene 300 grammi d’acqua alla temperatura di 25°C.
La massa d’acqua e di rame sono inizialmente in equilibrio termico.
Si immerge quindi nell’acqua una massa di 100 grammi di un materiale riscaldato alla temperatura
di 250°C e si nota un incremento di temperatura di 3°C rispetto agli iniziali 25°C.
Determinare il calore specifico del materiale e, se possibile, la natura dello stesso.
Soluzione:
Anche in questo caso si tratta di risolvere l’equazione di bilancio energetico tra calore ceduto dalla
lega e calore acquistato dal sistema recipiente-acqua.
Rispetto all’esercizio precedente si ammette lo scambio termico tra l’acqua e il rame del recipiente.
ttcmQ 1111
3332222 ttcmttcmQ
Per tenere conto dei segni algebrici sono stati scambiati i valori della temperatura finale ed iniziale
del materiale che si raffredda.
Con:
kg1,0m 1 Massa lega
kg3,0m 2 Massa acqua
kg2,0m 3 Massa recipiente rame
Xc 1 Calore specifico incognito lega
Ckg
J186.4c 2
Calore specifico incognito acqua
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Ckg
J389c 3
Calore specifico incognito rame
Uguagliando le due relazioni relative al calore ceduto ad acquistato si ottiene:
25283892,02528186.43,028250c1,0 1
Da cui:
Ckg
J180
2221,0
000.4c 1
Nelle tabelle non compare un materiale con calore specifico uguale a quello calcolato. Si può quindi
trattare di una lega di materiali diversi.
ESERCIZIO 11:
In un serbatoio contenente 30 litri d’acqua a 20°C si versano 10 litri d’acqua a 95°C.
Determinare la temperatura del sistema, supponendolo isolato, quando è raggiunto l’equilibrio
termico.
Soluzione:
L’acqua versata, raffreddandosi, cede calore all’acqua già contenuta nel serbatoio.
Lo scambio di calore è ultimato quando si raggiunge la temperatura incognita d’equilibrio.
Vale quindi la relazione:
20tcmt95cm s2s1
Considerando che i calori specifici sono uguali:
C75,383010
20309510
mm
20m95mt
21
21
ESERCIZIO 12:
Immergendo 400 grammi di piombo in 1 litro d’acqua a 25°C, la temperatura dell’acqua sale a
28°C.
Calcolare la temperatura iniziale del piombo.
Soluzione:
kg4,0m 1
kg1m 2
Ckg
J186.4c 2s
Ckg
J130c 1s
C25t 2i
C28t 2f
Xt 1i
C28t 1f
Si ottiene:
2528cm28Xcm 2s21s1
C5,2691304,0
3186.41281304,0
cm
3cm28cmt
1s1
2s21s11i
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ESERCIZIO 13:
A seguito dell’assorbimento di 186 cal, un blocco di rame di massa g100m varia la sua
temperatura di 20°C. Determinare il calore specifico del rame.
Soluzione:
La quantità di calore assorbita da rame è espressa in “piccole calorie” e si riferisce quindi ad una
massa espressa in grammi.
Dalla relazione fondamentale si ottiene:
tmcQ s
Cg
cal093,0
C20g100
cal186
tm
Qc s
Ckg
Kcal093,0
Ckg
cal93
kg
g000.1
Cg
cal093,0c s
Ckg
J29,389
Kcal
J186.4
Ckg
Kcal093,0c s
Il calore specifico calcolato è praticamente uguale a quello indicato in tabella.
ESERCIZIO 14:
Un corpo di massa kg2m assorbe una quantità di calore cal60Q e varia la sua
temperatura di C10t .
Calcolare il calore specifico e la capacità termica del corpo.
Soluzione:
Dalla relazione fondamentale si ottiene:
Ckg
J55,12
Cg
cal003,0
C10g000.2
cal60
tm
Qc s
C
cal6
C10
cal60
t
QmcC st
Considerando il valore del calore specifico ottenuto e dal confronto con la tabella non risultano
materiali compatibili.
ESERCIZIO 15:
La capacità termica di un oggetto è
K
J104,8C
2. Determinare la variazione di temperatura se
assorbe una quantità d’energia termica pari a J102,1Q4
.
Determinare inoltre, se possibile, la massa del corpo.
Soluzione
La variazione di temperatura, in questo caso positiva, è data dalla seguente relazione:
C
Q
mc
Qt
s
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Con:
mcC s Capacità termica del corpo
Quindi:
K28,14
K
J104,8
J102,1
C
Qt
2
4
La massa del corpo non è determinabile in quanto non si conosce il valore del calore specifico.
ESERCIZIO 16:
Determinare la capacità termica di un corpo al quale si debba fornire una quantità di calore pari a
Kcal210Q per variare la sua temperatura da 20°C a 573 K.
Soluzione:
La capacità termica di un corpo è la quantità di calore che è richiesta per variare di 1 grado Celsius
o di 1 Kelvin la temperatura dello stesso.
Dalla relazione fondamentale:
ifsifs TTmcttmcQ
Si ottiene:
if
stt
QcmC
Con:
Kcal210Q
C20t i
C300273573t f
Per cui:
K
J5,139.3
Kcal
J186.4
C
Kcal75,0
C
Kcal75,0
C20300
Kcal210
tt
QC
if
Anche in questo caso il calore specifico e la massa del corpo non possono essere determinati.
ESERCIZIO 17:
Si calcoli la capacità termica C di un pezzo d’argento che ha massa g200m , sapendo che il
calore specifico dell’argento è
Kkg
J240c s
.
Soluzione:
La capacità termica è data da:
mcC s
Per cui:
K
cal4,11
K
J48kg2,0
Kkg
J240C
O anche:
K
cal47,11
cal
J186,4
K
J48
C
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160
ESERCIZIO 18:
La capacità termica C di 15 kg di rame è
K
J840.5C . Determinare il calore specifico del rame.
Soluzione:
mcC s
m
Cc s
Per cui:
Kkg
J33,389
kg15
K
J840.5
c s
Valore in accordo con quello in tabella.
ESERCIZIO 19:
Per scaldare una massa d’acqua pari a 10 g da 10°C a 15°C è possibile utilizzare un agitatore a
mulinello che, per attrito delle palette sull’acqua, trasforma il lavoro fornito dalla discesa di una
massa di 1 kg per una certa altezza.
Trascurando le perdite d’energia, determinare il dislivello di caduta della massa.
Soluzione:
Si utilizza il coefficiente d’equivalenza ricavato dall’esperienza di Joule tra il lavoro fornito e il
calore sviluppato.
Tale coefficiente è pari a:
J186.4Kcal1
Il calore occorrente per il riscaldamento dell’acqua è:
Kcal05,0K1015kg01,0Kkg
Kcal1tmcQ s
mN3,209J3,209Kcal
J186.4Kcal05,0Q
Tale energia deve essere fornita dalla massa in discesa che diminuisce quindi l’energia potenziale
iniziale di una quantità pari al calore:
Quindi:
hgmhhgmU 12
Da cui si ottiene:
m33,21
s
m81,9kg1
mN3,209
gm
Q
gm
Uh
2
APPUNTI DI FISICA
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161
ESERCIZIO 20:
Su un dolce è riportato un valore nutrizionale di 350 Kcal. Quanti kilowattora di energia saranno
ceduti al corpo quando sarà digerita?
Soluzione:
In base al principio d’equivalenza si trasforma il valore nutrizionale (espresso in unità termiche) in
Joule (unità meccaniche):
J10465,1J100.465.1Kcal
J186.4Kcal350Q
6
Dalla definizione generalizzata della grandezza “Potenza meccanica” risulta:
s
J1W1 sW1J1
Per cui si ottiene:
sKw465.1
Kw
W000.1
sW10465,1sW10465,1J10465,1Q
666
hKw407,0
h
s600.3
sKw465.1Q
Si può ragionare anche al contrario:
s
J000.1W000.1Kw1P
t
LP da cui: tPL
Quindi l’energia sviluppata in 1 ora da una potenza di 1 Kw risulta:
hKw1h
J106,3
h
s3600
s
J000.1L
6
ora1
Con una semplice proporzione:
J10465,1
KwhX
J106,3
Kwh1
66
Da cui:
Kwh407,06,3
465,1KwhX
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162
ESERCIZIO 21:
Calcolare l’energia termica che, complessivamente, è necessario fornire ad una massa
kg000.10m di ghiaccio alla temperatura iniziale C10t per farla passare allo stato
liquido ad una temperatura C15t .
Supponendo che tale calore sia fornito da un generatore termico avente potenzialità Kw20P
determinare il tempo impiegato per la trasformazione descritta.
Soluzione:
Occorre distinguere in tre periodi distinti la trasformazione che si intende eseguire sulla massa di
ghiaccio:
Fornitura del calore occorrente per innalzare la temperatura del ghiaccio sino al valore
critico C0t1
Fornitura del calore occorrente per la trasformazione di fase solido-liquido alla temperatura
costante C0t1
Fornitura del calore occorrente per innalzare la temperatura della fase liquida ottenuta sino
alla temperatura 2t finale desiderata.
)1 Per il primo periodo si utilizza il calore specifico del ghiaccio per temperature comprese tra
-40°C e 0° C:
J10925,1C100Ckg
J925.1kg000.10ttcmQ
8
1s1
Kcal106,4Q4
1
Con:
Ckg
J925.1c s
Calore specifico del ghiaccio
)2 Per il secondo periodo si utilizza il calore latente di fusione o solidificazione considerando
che la temperatura resta costantemente al valore 0°C sino alla completa fusione del ghiaccio:
J103,3kJ103,3kg000.10kg
kJ330mqQ
96
L2
Kcal1089,7Q6
2
Con:
kg
kJ330q L
Calore latente di fusione del ghiaccio
)1 Per il terzo periodo si utilizza il calore specifico dell’acqua:
J1028,6C015Ckg
J186.4kg000.101ttcmQ
8
2s3
Kcal105,1Q5
3
APPUNTI DI FISICA
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163
L’energia termica occorrente è pari alla somma delle tre quantità:
J1012,4102,4128,633925,110Q988
TOTALE
L’energia termica, espressa in Joule, che la caldaia deve fornire è quindi pari alla quantità di calore
totale.
Considerando che la potenza è 20 Kw, si determina il tempo di funzionamento:
tPE
s1006,2
s
J2
J1012,4
Kw
W000.1Kw20
J1012,4
P
Q
P
Et
559
TOTALE
ore22,57
h
s600.3
s1006,2t
5
ESERCIZIO 22:
Un termometro di massa g55m e di calore specifico
Kkg
kJ837,0c s
indica inizialmente
una temperatura C15t1 . Esso è immerso completamente in un recipiente contenente 300 g
d’acqua e raggiunge la stessa temperatura finale ft dell’acqua.
Se il termometro indica, alla fine, una temperatura di 44.4 °C, qual era la temperatura dell’acqua
prima dell’immersione del termometro ?
Soluzione:
Il termometro incrementa la propria temperatura assorbendo calore dall’acqua in cui è immerso.
Nello stesso tempo l’acqua, cedendo calore, diminuisce la propria temperatura sino al valore finale
letto dal termometro.
Per questo motivo la temperatura indicata alla fine dal termometro, non corrisponde alla vera
temperatura iniziale dell’acqua.
Calcolo del calore ceduto dall’acqua al termometro:
J4,353.1C154,44Kkg
J837kg055,0ttcmQ if)t(st
Calcolo della temperatura iniziale dell’acqua:
J4,353.1ttcmQ ifO2HsO2H
K078,1
Kkg
J186.4kg3,0
J4.353.1t
Quindi:
C48,45078,14,44t O2Hi
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164
ESERCIZIO 23:
Un thermos isolato contiene 3cm130 di caffè caldo, ad una temperatura di 80°C. Per raffreddare il
caffè si aggiunge un cubetto di ghiaccio pesante 12 g alla sua temperatura di fusione.
Di quanti gradi si raffredda il caffè dopo che il ghiaccio si è completamente fuso?
Il calore specifico del caffè è pari a quello dell’acqua.
Soluzione:
Per la completa fusione il cubetto di ghiaccio preleva al caffè una quantità di calore pari a:
kJ96,3kg012,0kg
kJ330mqQ ghLFUSIONE
Tale quantità di calore, sottratta alla massa di caffè, è causa della diminuzione di temperatura:
C28,7
Ckg
J186.4kg13,0
J960.3
cm
Qt
cfscf
FUSIONE
La temperatura finale del caffè raffreddato sarà:
C72,7228,780t cff
APPUNTI DI FISICA
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165
SCAMBI DI CALORE E LAVORO E BILANCI ENERGETICI
Dopo aver stabilito i coefficienti d’equivalenza tra il calore e il lavoro e detto che entrambe le
grandezze sono espressioni dell’energia si può tornare ai concetti iniziali, cioè al fatto che ogni
trasformazione ciclica assorbe e cede calore e lavoro mantenendo inalterato il valore dell’energia
interna.
In ogni caso, qualsiasi sia la tipologia delle trasformazioni che costituiscono il ciclo chiuso, la
sommatoria algebrica dell’energia assorbita (positiva per il sistema) e dell’energia ceduta (negativa
per il sistema), dovendo essere pari a zero la differenza d’energia interna tra il punto iniziale e finale
di una trasformazione ciclica, è pure pari a zero.
Quindi, facendo riferimento ai tre esempi di ciclo chiuso presi in esame, e alle quantità di lavoro e
calore scambiate, si avrà:
CICLO “1” N.2 ISOCORE + N. 2 ISOTERME (ISODINAMICHE)
Figura 53– CICLO 1
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166
Figura 54 – CICLO 2 – LAVORO UTILE
Bilancio energetico del ciclo chiuso ADCBA :
A243121A U)LQ()Q()LQ(QU
In cui:
AU Energia interna iniziale J
186.4Q 1 Calore entrante durante la prima isocora J BA
186.4Q 2 Calore entrante durante la prima isoterma J CB
1L Lavoro uscente durante la prima isoterma J CB
186.4Q 3 Calore uscente durante la seconda isocora J DC
186.4Q 4 Calore uscente durante la seconda isoterma J AD
2L Lavoro uscente durante la seconda isoterma J AD
Da cui:
0LLQQQQ 214321
Cioè:
0LQ
2i
1i
i
4i
1i
i
Oppure:
LQ
Cioè la somma delle quantità di energia termica e di energia meccanica scambiate
durante il ciclo chiuso è nulla, ovvero, la somma delle quantità di energia termica e la
somma delle quantità di energia meccanica sono uguali.
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167
Rappresentazione grafica con il diagramma pressione- volume:
Se si utilizza il diagramma pressione-volume, i lavori scambiati durante le
trasformazioni isoterme CB alla temperatura 2T e AD alla temperatura 1T
sono rappresentati dalle aree delle superfici sottostanti le rispettive iperboli equilatere
e racchiuse entrambe dalle linee verticali della prima BA e seconda DC
isocora.
Bilancio energetico della prima trasformazione isocora BA :
B1A UQU
Da cui:
12AB1 TTRn
2
3UUQ
2B TRn2
3U
1A TRn2
3U
La quantità di calore assorbita dal sistema termodinamico è pari alla differenza di
Energia Interna oppure, in altre parole, la quantità di calore è utilizzata interamente
per passare dall’energia caratteristica dell’isoterma 1T a quella dell’isoterma 2T .
Tale quantità di calore risulta proporzionale al numero di moli, alla differenza di
temperatura e dipende inoltre dal valore della capacità termica molare a volume
costante VC :
12V1 TTCnQ
Con:
1) R2
3C V Per gas monoatomico
2) R2
5C V Per gas biatomico
3) R2
7C V Per gas triatomico
Quindi:
121 TTRn
2
3Q Gas monoatomico
121 TTRn
2
5Q Gas biatomico
121 TTRn
2
7Q Gas triatomico
L’equivalente in energia meccanica di tale calore è già espresso in Joule a condizione
di utilizzare le unità di misura del S.I per il valore di R.
Bilancio energetico della prima trasformazione isoterma CB :
BC12B UULQU
Da cui:
0LQ 12
E, di conseguenza:
12 LQ 12 LQJ
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168
Durante la prima trasformazione isoterma alla temperatura 2T l’energia interna non
varia in quanto essa è funzione della sola temperatura e la temperatura si mantiene
costante.
L’isoterma è anche definita “isodinamica”.
L’energia interna del sistema allo stato “B” è uguale all’energia interna allo stato
“C”.
Il calore 2Q assorbito dal sistema dalla sorgente calda è quindi uguale, se si utilizza
il coefficiente d’equivalenza J, al lavoro fornito durante l’espansione del gas 1L .
D’altra parte il lavoro 1L è pari all’area della superficie sottostante l’isoterma 2T
delimitata a sinistra e destra rispettivamente dal valore del volume caratteristico dei
punti “A” o “B” e del volume caratteristico dei punti “C” o “D”.
Tale lavoro si calcola utilizzando la formula:
B
Ce2
V
V
2
V
V
V
V
21
V
VlogTRn
V
dVTRndV
V
TRndVpL
C
B
C
B
C
B
Quindi, considerando che l’energia interna è costante, il calore scambiato durante
l’isoterma è pari al lavoro.
Considerando che il volume del gas, al termine della trasformazione, è maggiore di
quello iniziale – per espansione isotermica – il termine B
C
V
V risulta superiore all’unità
e, di conseguenza, il valore del logaritmo è positivo.
Il lavoro è quindi da considerarsi positivo dal punto di vista dell’ambiente esterno,
mentre, in ogni caso, si può sempre far riferimento ai segni indicati nel bilancio
energetico del ciclo.
Se R è espresso in Joule, il calore:
B
Ce22
V
VlogTRnQ J
Se si intende misurare il calore il Kcal, mantenendo il valore di R in Joule:
Kcal
J186.4
JV
VlogTRn
QB
Ce2
2
Qualora si conosca la quantità di calore 2Q o il lavoro 1L scambiato durante
l’isoterma, è possibile, utilizzando la relazione precedente, determinare il valore del
rapporto
B
C
V
V, nel modo seguente:
2
2
B
Ce
TRn
Q
V
Vlog
2
2
TRn
Q
B
Ce
V
V
2
2
TRn
Q
BC eVV
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169
Oppure, tenendo conto della Legge di Boyle-Mariotte:
CCBB VpVp
C
B
B
C
p
p
V
V
Da cui si ottiene:
2
2
TRn
Q
C
Be
p
p
2
2
TRn
Q
BC epp
Dove con Cp e CV si intendono i valori della pressione e del volume al termine
dalla trasformazione isotermica.
Bilancio energetico della seconda trasformazione isocora DC :
D3C UQU
Da cui:
DC3 UUQ
La quantità di calore ceduta dal sistema alla sorgente fredda riporta l’energia interna
al valore caratteristico dell’isoterma 1T .
Tale trasformazione è completamente a carico del gas che, in questo modo, torna a
raffreddarsi.
La quantità di calore 3Q ceduta risulta uguale alla quantità di calore 1Q in quanto il
passaggio da stati d’equilibrio qualsiasi sulle due isoterme richiede sempre la stessa
energia termica.
Il lavoro scambiato è nullo in quanto la trasformazione è isocora.
Per cui:
21V3 TTCnQ
Oppure, usando la definizione di energia interna:
213 TTRn
2
3Q Gas monoatomico
Essendo la temperatura 1T minore della temperatura 2T si ottiene, di conseguenza,
un valore negativo del calore scambiato come d’altra parte era stato previsto dalla
formula di bilancio energetico.
Bilancio energetico della seconda trasformazione isoterma AD :
DA24D UULQU
Da cui:
0LQ 24
E, di conseguenza:
24 LQ
Il calore ceduto dal sistema alla sorgente alla temperatura 1T è quindi uguale al
lavoro di compressione isotermica 2L che occorre fornire al gas dall’ambiente
esterno che, a sua volta, risulta uguale all’area della superficie sottostante l’isoterma
1T delimitata nuovamente a destra dal valore del volume caratteristico dei punti “C”
o “D” e a sinistra dal valore del volume dei punti “A” o “B”
Tale lavoro si calcola utilizzando nuovamente la formula:
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170
D
Ae1
V
V
1
V
V
V
V
12
V
VlogTRn
V
dVTRndV
V
TRndVpL
A
D
A
D
A
D
Il segno algebrico è negativo
Quindi, considerando che l’energia interna è costante, il calore scambiato durante
l’isoterma è pari al lavoro.
Se misuriamo in Joule il calore:
D
Ae14
V
VlogTRnQ
Se si intende misurare il calore il Kcal:
186.4
V
VlogTRn
QD
Ae1
4
La relazione è, anche in questo caso, utilizzata per definire il valore del rapporto D
A
V
V
oppure A
D
p
p.
Bilancio energetico FINALE del ciclo chiuso ADCBA :
A243121A ULQQLQQU
In cui, per un gas monoatomico:
AU Energia interna iniziale J
121 TTRn
2
3Q Calore entrante durante la prima isocora J
B
Ce22
V
VlogTRnQ Calore entrante durante la prima isoterma
B
Ce21
V
VlogTRnL Lavoro uscente durante la prima isoterma
213 TTRn
2
3Q Calore uscente durante la seconda isocora
D
Ae14
V
VlogTRnQ Calore uscente durante la seconda isoterma
D
A
e12V
VlogTRnL Lavoro entrante durante la seconda isoterma
Da cui:
21UTILE LLLL
B
Ae1
B
Ce2UTILE
V
VlogT
V
VlogTRnL
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171
In cui il secondo termine è sicuramente negativo e minore, in valore assoluto del
primo termine.
Il bilancio di energia meccanica scambiata è quindi a favore dell’ambiente esterno al
quale il sistema termodinamico fornisce lavoro.
CONCLUSIONI:
Da quanto illustrato si deduce:
Il ciclo chiuso reversibile ha riportato il gas nel sistema termodinamico alle
stesse condizioni energetiche iniziali, ma ha mutato le condizioni energetiche
sia delle due sorgenti termiche sia dell’ambiente esterno, infatti:
Dalla sorgente calda alla temperatura 2T è stata prelevata una quantità di
calore pari alla somma 21 QQ (durante la prima isocora e la prima
isoterma).
Alla sorgente fredda alla temperatura 1T il sistema ha restituito una quantità
di calore pari alla somma 43 QQ .
Considerando che 2Q è maggiore di 4Q (per confronto delle aree
corrispondenti ai lavori) e che 1Q è uguale a 3Q (per passaggio tra due
isodinamiche), risulta quindi evidente che il calore restituito è minore di
quello assorbito.
Inoltre il calore è restituito ad una temperatura minore.
L’ambiente esterno ha ricevuto una quantità di lavoro meccanico 1L (durante
la prima isoterma) maggiore della quantità 2L (durante la seconda isoterma).
La differenza 21 LL è il lavoro utile che il sistema ha effettuato a nostro
vantaggio ed è uguale alla differenza tra il calore assorbito e ceduto
JQQ 42 .
Tale differenza risulta uguale all’area della figura compresa tre le due
isoterme.
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172
CICLO “2” N.2 ISOBARE + N. 2 ISOTERME (ISODINAMICHE)
Figura 55 – CICLO 2
Figura 56 – CICLO 2 – LAVORO UTILE
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173
Bilancio energetico del ciclo chiuso ADCBA :
A44332211A UQLQLLQLQU
In cui:
AU Energia interna iniziale J
186.4Q 1 Calore entrante durante la prima isobara J BA
2L Lavoro uscente durante la prima isobara J BA
186.4Q 2 Calore entrante durante la prima isoterma J CB
2L Lavoro uscente durante la prima isoterma J CB
3L Lavoro entrante durante la seconda isobara J DC
186.4Q 3 Calore uscente durante la seconda isobara J DC
4L Lavoro entrante durante la seconda isoterma J AD
186.4Q 4 Calore uscente durante la seconda isoterma J AD
Da cui:
0LLLLQQQQ 43214321
Cioè:
0LQ
4i
1i
i
4i
1i
i
Oppure:
LQ
Cioè la somma delle quantità di energia termica e di energia meccanica scambiate
durante il ciclo chiuso è nulla, ovvero, la somma delle quantità di energia termica e la
somma delle quantità di energia meccanica sono uguali.
Il lavoro utile UL è uguale alla sommatoria dell’energia meccanica scambiata
durante le quattro trasformazioni:
4321U LLLLL
Rappresentazione grafica con il diagramma pressione- volume:
Se si utilizza il diagramma pressione-volume, i lavori scambiati durante le
trasformazioni isobare BA - alla pressione 1p - e DC - alla pressione 2p -
sono rappresentati dalle aree dei rispettivi rettangoli, di altezze 1p e 2p , e base
rispettivamente AB VV e DC VV .
Bilancio energetico della prima trasformazione isobara BA :
B11A ULQU
Da cui:
1AB1 LUUQ
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174
La quantità di calore assorbita dal sistema termodinamico è pari alla somma
dell’incremento di Energia Interna e del lavoro che il sistema fornisce all’ambiente
esterno, oppure, in altre parole, la quantità di calore è utilizzata sia per aumentare
l’energia interna sia per fornire lavoro all’esterno.
Tale quantità di calore risulta proporzionale al numero di moli, alla differenza di
temperatura e dipende inoltre dal valore della capacità termica molare a pressione
costante pC :
112V12p1 LTTCnTTCnQ
D’altra parte la capacità termica a pressione costante, per un gas monoatomico e in
virtù della relazione Mayer, è dato da:
RCC VP
Con:
R2
3C V Per gas monoatomico
Quindi:
R2
5C P
Da cui:
121 TTRn
2
5Q
1121 LTTRn
2
3Q
L’equivalente in energia meccanica di tale calore è già espresso in Joule a condizione
di utilizzare le unità di misura del S.I per il valore di R.
Il lavoro 1L fornito all’esterno è invece rappresentato dall’area del rettangolo avente
altezza pari alla pressione iniziale nel punto “A” e, come base, la differenza tra il
volume dello stato “B” e dello stato “A”:
AABAABA1 VpVpVVpL
Con:
BA pp
1AA TRnVp
2BBBA TRnVpVp
Per cui:
121 TTRnL
Oppure, uguagliando le due relazioni di 1Q :
12112 TTRn
2
5LTTRn
2
3
12121 TTRnTTRn2
3
2
5L
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175
Bilancio energetico della prima trasformazione isoterma CB :
BC22B UULQU
Da cui:
0LQ 12
E, di conseguenza:
22 LQ 12 LQJ
Durante la prima trasformazione isoterma alla temperatura 2T l’energia interna non
varia in quanto essa è funzione della sola temperatura.
L’isoterma è anche isodinamica.
L’energia interna del sistema allo stato “B” è uguale all’energia interna allo stato
“C”.
Il calore 2Q assorbito dal sistema dalla sorgente calda è quindi uguale, se si utilizza
il coefficiente d’equivalenza J, al lavoro fornito durante l’espansione del gas 2L .
D’altra parte il lavoro 2L è pari all’area della superficie sottostante l’isoterma 2T
delimitata a sinistra e destra rispettivamente dal valore del volume caratteristico del
punto “B” e del volume caratteristico del punto “C”.
Tale lavoro si calcola utilizzando la formula:
B
Ce2
V
V
2
V
V
V
V
22
V
VlogTRn
V
dVTRndV
V
TRndVpL
C
B
C
B
C
B
Quindi, dato che l’energia interna è costante, il calore scambiato durante l’isoterma è
pari al lavoro.
Considerando che il volume del gas, al termine della trasformazione, è maggiore di
quello iniziale – per espansione isotermica – il termine B
C
V
V risulta superiore all’unità
e, di conseguenza, il valore del logaritmo è positivo.
Il lavoro è quindi da considerarsi positivo dal punto di vista dell’ambiente esterno,
mentre, in ogni caso, si può sempre far riferimento ai segni indicati nel bilancio
energetico del ciclo.
Se R è espresso in Joule, il calore:
B
Ce22
V
VlogTRnQ J
Se si intende misurare il calore il Kcal, mantenendo il valore di R in Joule:
186.4
V
VlogTRn
QB
Ce2
2
Bilancio energetico della seconda trasformazione isobara DC :
D33C ULQU
Da cui:
1DC3 LUUQ
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176
La quantità di calore ceduta risulta proporzionale al numero di moli, alla differenza
di temperatura e dipende inoltre dal valore della capacità termica molare a pressione
costante pC :
21p3 TTCnQ
Dato che la temperatura 2T è maggiore di 1T il calore risulta negativo.
D’altra parte la capacità termica a pressione costante, per un gas monoatomico e in
virtù della relazione Mayer, è dato da:
RCC Vp
Con:
R2
3C V Per gas monoatomico
Quindi:
R2
5C p
Da cui:
213 TTRn
2
5Q
L’equivalente in energia meccanica di tale calore è già espresso in Joule a condizione
di utilizzare le unità di misura del S.I per il valore di R.
Il lavoro 3L fornito all’esterno è invece rappresentato dall’area del rettangolo avente
altezza pari alla pressione iniziale nel punto “C” e, come base, la differenza tra il
volume dello stato “C” e dello stato “D”:
DCCCDCC1 VpVpVVpL
Con:
DC pp
2CC TRnVp
1DC TRnVp
Per cui:
123 TTRnL
Bilancio energetico della seconda trasformazione isoterma AD :
DA44D UULQU
Da cui:
0LQ 44
E, di conseguenza:
44 LQ
Il calore ceduto dal sistema alla sorgente alla temperatura 1T è quindi uguale al
lavoro di compressione isotermica 4L che occorre fornire al gas dall’ambiente
esterno e che, a sua volta, risulta uguale all’area della superficie sottostante
l’isoterma 1T delimitata nuovamente a destra dal valore del volume caratteristico del
punto “D” e a sinistra dal valore del volume del punto “A” .
Tale lavoro si calcola utilizzando la formula:
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177
D
Ae1
V
V
1
V
V
V
V
14
V
VlogTRn
V
dVTRndV
V
TRndVpL
A
D
A
D
A
D
Il segno algebrico è negativo
Quindi, considerando che l’energia interna è costante, il calore scambiato durante
l’isoterma è pari al lavoro.
Se misuriamo in Joule il calore:
D
Ae14
V
VlogTRnQ
Se si intende misurare il calore il Kcal:
186.4
V
VlogTRn
QD
Ae1
4
Bilancio energetico FINALE del ciclo chiuso ADCBA :
A44332211A UQLQLLQLQU
In cui:
AU Energia interna iniziale J
121 TTRn
2
5Q Calore entrante durante la prima isobara
121 TTRnL Lavoro uscente durante la prima isobara
B
Ce22
V
VlogTRnQ Calore entrante durante la prima isoterma
B
Ce22
V
VlogTRnL Lavoro uscente durante la prima isoterma
213 TTRn
2
5Q Calore uscente durante la seconda isobara
123 TTRnL Lavoro entrante durante la seconda isobara
D
Ae14
V
VlogTRnQ Calore uscente durante la seconda isoterma
D
Ae14
V
VlogTRnL Lavoro entrante durante la seconda isoterma
Da cui:
4321UTILE LLLLLL
D
Ae112
B
Ce212UTILE
V
VlogTRnTTRn
V
VlogTRnTTRnL
D
Ae1
B
Ce2UTILE
V
VlogTRn
V
VlogTRnL
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
Prof. Grasso Germano – Istituto Calamandrei – Crescentino
178
D
Ae1
B
Ce2UTILE
V
VlogT
V
VlogTRnL
Il lavoro utile, rappresentato dall’area racchiusa tra le due isobare e le due isoterme, è
pari alla differenza algebrica tra l’area sottostante l’isoterma alla temperatura 2T -
compresa tra i volumi estremi dell’isoterma BV e CV - e l’area sottostante
l’isoterma alla temperatura 1T - compresa tra i volumi estremi dell’isoterma AV e
DV .
Ciò è spiegabile anche con il seguente ragionamento:
La quantità totale di lavoro 21 LL fornita dal sistema all’ambiente esterno
(durante la prima isobara e la prima isoterma) è data dalla somma dell’area
del rettangolo con altezza pari alla pressione Ap e base pari alla differenza
AB VV e dell’area (circa quella di un trapezio) avente come base maggiore
il valore della pressione Ap , come base minore il valore della pressione CP
e, come altezza, la differenza tra il volume CV e il volume BV .
La quantità totale di lavoro 43 LL che l’ambiente esterno fornisce al
sistema (durante la seconda isobara e la seconda isoterma) è pari alla somma
dell’area del rettangolo che ha come altezza la pressione Cp e come base la
differenza DC VV e dell’area (circa quella di un trapezio) avente come base
maggiore la pressione Ap , base minore la pressione Dp e, come altezza, la
differenza tra il volume DV e il volume AV .
Il lavoro utile complessivo è dato dalla differenza tra il lavoro fornito dal
sistema e quello acquisito dall’ambiente esterno.
Dato che i due rettangoli rappresentativi dei lavori 1L e 3L - rispettivamente
ceduto ed acquisito, hanno area uguale (come si potrà anche verificare
misurandole sul diagramma pressione-volume e come confermato dalle loro
espressioni analitiche), la loro differenza è nulla.
Quindi il lavoro utile risulta dalla sola differenza 32 LL tra le aree della
due figura simili a trapezi come, d’altra parte, era comprensibile dalla lettura
dei risultati analitici.
L’area risultante dalla differenza è sensibilmente uguale all’area misurata
della superficie racchiusa tra le due isoterme e le due isobare.
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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179
Figura 57 – LAVORO POSITIVO PRIMA ISOBARA – PRIMA ISOTERMA
Figura 58 – LAVORO NEGATIVO SECONDA ISOCORA – SECONDA ISOTERMA.
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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180
Figura 59 – LAVORO UTILE
D
Ae1
B
Ce2UTILE
V
VlogTRn
V
VlogTRnL
B
Ce2
V
VlogTRn AREA TRAPEZOIDALE
2L
D
Ae1
V
VlogTRn AREA TRAPEZOIDALE
4L
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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181
CICLO DI CARNOT N.2 ADIABATICHE + N. 2 ISOTERME (ISODINAMICHE)
ESPANSIONE ISOTERMICA + ESPANSIONE ADIABATICA
COMPRESSIONE ISOTERMICA + COMPRESSIONE ADIABATICA
Figura 60 – CICLO DI CARNOT – N.2 ADIABATICHE + N.2 ISOTERME
Bilancio energetico del ciclo chiuso di CARNOT ADCBA
A243211A UQLLLQLU
In cui:
AU Energia interna iniziale punto “A”
1L Lavoro entrante durante la compressione adiabatica 21 TT BA
1Q Calore entrante durante l’espansione isotermica 2T CB
2L Lavoro uscente durante l’espansione isotermica 2T CB
3L Lavoro uscente durante l’espansione adiabatica 12 TT DC
2Q Calore uscente durante la compressione isotermica 1T AD
4L Lavoro entrante durante la compressione isotermica 1T AD
E’ ovvio che tutti i valori delle grandezze saranno misurati in Joule facendo uso, se
richiesto, del coefficiente d’equivalenza J .
Dalla relazione precedente, considerata per il ciclo chiuso, si ricava la seguente:
0QQLLLL 214321
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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182
E, immaginando di descrivere il bilancio energetico dal punto di vista dell’ambiente
esterno che trae vantaggio dal funzionamento della macchina termica di Carnot:
214132UTILE QQLLLLL
21UTILE QQL
42UTILE LLL
Cioè:
Il lavoro utile che la macchina termica, funzionante secondo un ciclo chiuso
di Carnot costituito da due trasformazioni adiabatiche e due trasformazioni
isoterme rispettivamente alle temperature 1T e 2T , riesce a fornire
all’ambiente esterno, è pari alla differenza tra il calore assorbito durante
l’espansione isotermica alla temperatura 2T e il calore ceduto durante la
compressione isotermica alla temperatura 1T .
CONSIDERAZIONE:
Dato che durante le trasformazioni isotermiche non varia l’energia interna, le
quantità di calore assorbite o cedute 1Q e 2Q - misurate in Joule – sono
rispettivamente uguali ai lavori forniti o prelevati 2L e 4L .
Per questo motivo è ovvio giungere alla conclusione – già anticipata - che il
lavoro utile UL effettuato dalla macchina termica per ogni ciclo di
funzionamento è pari a:
21UTILE QQL
Da cui:
42UTILE LLL
Rappresentazione grafica con il diagramma pressione- volume:
Se si utilizza il diagramma pressione-volume, i lavori scambiati durante le
trasformazioni isoterme CB - alla temperatura 2T - e AD - alla temperatura
1T - sono rappresentati dalle aree sottostanti le relative isoterme e delimitati, a sinistra
e destra, dai valori del volume iniziale e finale.
Tali aree sono altresì rappresentative rispettivamente del calore assorbito 1Q e
ceduto 2Q .
Le quantità di calore scambiate con le sorgenti esterne durante le due trasformazioni
adiabatiche sono ovviamente nulle per stessa definizione di adiabatica.
Il lavoro scambiato con l’esterno durante la compressione e l’espansione adiabatica è
completamente a carico della variazione d’energia interna del gas contenuto nel
sistema o macchina termica.
APPUNTI DI FISICA
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183
Bilancio energetico della prima trasformazione adiabatica BA :
COMPRESSIONE ADIABATICA
B1A ULU
Da cui:
ABAB1 UUUL
Il lavoro fornito dall’esterno per la compressione adiabatica è completamente
utilizzato, dal sistema termodinamico, per incrementare l’energia interna dal valore
AU iniziale al valore BU finale.
La compressione adiabatica corrisponde, nella tecnologia meccanica applicata al
motore a scoppio, alla parte finale del movimento del pistone nel cilindro, durante la
quale è provocato un brusco aumento di pressione ed un corrispondente aumento di
temperatura prima dell’immissione forzata del combustibile nello spazio ristretto
compreso tra la parte superiore del pistone e la parte inferiore della testata.
Dato che la variazione d’energia interna U non dipende dal tipo di trasformazione,
ma dalla sola differenza di temperatura, è possibile applicare la seguente formula:
1A TRn2
3U
2B TRn2
3U
Da cui:
12AB TTRn
2
3U Per gas monoatomico
12AB TTRn
2
5U Per gas biatomico
Il lavoro fornito è quindi pari a tale variazione:
121 TTRn
2
3L
Sul diagramma pressione-volume esso è anche rappresentato dall’area della
superficie sottostante la curva dell’adiabatica che congiunge lo stato “A” con lo stato
“B” e delimitata, a sinistra e destra, rispettivamente dal volume BV e AV .
Anche in questo caso tale superficie è assimilabile ad un trapezio rettangolo di base
maggiore Bp , base minore Ap ed altezza BA VV mentre è uguale all’integrale
definito - tra i valori AV e BV - della funzione pressione derivata dalla Legge di
Poisson:
KVp
V
Kp
B
A
V
V
1 dV
V
KL
Durante la compressione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVp2211
2 1
22
1
11VTVT
3
1
22
1
11pTpT
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184
Bilancio energetico della prima trasformazione isoterma CB :
ESPANSIONE ISOTERMICA
BC21B UULQU
Da cui:
0LQ 21
E, di conseguenza:
21 LQ 21 LQJ
Durante la prima trasformazione isoterma alla temperatura 2T l’energia interna non
varia in quanto essa è funzione della sola temperatura.
L’isoterma è anche isodinamica.
L’energia interna del sistema allo stato “B” è uguale all’energia interna allo stato
“C”.
Il calore 1Q assorbito dal sistema dalla sorgente calda è quindi uguale, se si utilizza
il coefficiente d’equivalenza J, al lavoro fornito durante l’espansione del gas 2L .
D’altra parte il lavoro 2L è pari all’area della superficie sottostante l’isoterma 2T
delimitata a sinistra e destra rispettivamente dal valore del volume caratteristico del
punto “B” e del volume caratteristico del punto “C”.
Tale lavoro si calcola utilizzando la formula:
B
Ce2
V
V
2
V
V
V
V
22
V
VlogTRn
V
dVTRndV
V
TRndVpL
C
B
C
B
C
B
Quindi, dato che l’energia interna è costante, il calore scambiato durante l’isoterma è
pari al lavoro.
Considerando che il volume del gas, al termine della trasformazione, è maggiore di
quello iniziale – per espansione isotermica – il termine B
C
V
V risulta superiore all’unità
e, di conseguenza, il valore del logaritmo è positivo.
Il lavoro è quindi da considerarsi positivo dal punto di vista dell’ambiente esterno,
mentre, in ogni caso, si può sempre far riferimento ai segni indicati nel bilancio
energetico del ciclo.
Se R è espresso in Joule, il calore:
B
Ce21
V
VlogTRnQ J
Se si intende misurare il calore il Kcal, mantenendo il valore di R in Joule:
186.4
V
VlogTRn
QB
Ce2
1
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185
Bilancio energetico della seconda trasformazione adiabatica DC :
ESPANSIONE ADIABATICA
D3C ULU
Da cui:
DCCD3 UUUL
Il lavoro, ora negativo per il sistema è invece positivo per l’ambiente esterno.
Il sistema termodinamico utilizza l’energia interna propria e la trasferisce, sottoforma
di lavoro meccanico, all’esterno durante l’espansione adiabatica.
Il calore scambiato è nullo per definizione di adiabatica.
Dato che la variazione d’energia interna U non dipende dal tipo di trasformazione,
ma dalla sola differenza di temperatura, è possibile applicare la seguente formula:
2C TRn2
3U
1D TRn2
3U
Da cui:
21DC TTRn
2
3U per gas monoatomico
Il lavoro fornito è quindi pari a tale variazione:
123 TTRn
2
3L
Sul diagramma pressione-volume esso è anche rappresentato dall’area della
superficie sottostante la curva dell’adiabatica che congiunge lo stato “C” con lo stato
“D” e delimitata, a sinistra e destra, rispettivamente dal volume CV e DV .
Anche in questo caso tale superficie è assimilabile ad un trapezio rettangolo di base
maggiore Cp , base minore Dp ed altezza CD VV mentre è uguale all’integrale
definito - tra i valori CV e DV - della funzione pressione derivata dalla Legge di
Poisson:
KVp
V
Kp
D
C
V
V
1 dV
V
KL
Bilancio energetico della seconda trasformazione isoterma AD :
COMPRESSIONE ISOTERMICA
DA42D UULQU
Da cui:
0LQ 44
E, di conseguenza:
42 LQ
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186
Il calore ceduto dal sistema alla sorgente alla temperatura 1T è quindi uguale al
lavoro di compressione isotermica 4L che occorre fornire al gas dall’ambiente
esterno e che, a sua volta, risulta uguale all’area della superficie sottostante
l’isoterma 1T delimitata nuovamente a destra dal valore del volume caratteristico del
punto “D” e a sinistra dal valore del volume del punto “A”.
Tale lavoro si calcola utilizzando la formula:
D
Ae1
V
V
1
V
V
V
V
14
V
VlogTRn
V
dVTRndV
V
TRndVpL
A
D
A
D
A
D
Il segno algebrico è negativo
Quindi, considerando che l’energia interna è costante, il calore scambiato durante
l’isoterma è pari al lavoro.
Se misuriamo in Joule il calore:
D
Ae12
V
VlogTRnQ
Se si intende misurare il calore il Kcal:
186.4
V
VlogTRn
QB
Ce1
2
Bilancio energetico del ciclo chiuso ADCBA :
A243211A UQLLLQLU
In cui:
AU Energia interna iniziale punto “A”
121 TTRn
2
3L Compressione adiabatica 21 TT BA
B
Ce21
V
VlogTRnQ Espansione isotermica 2T CB
B
Ce22
V
VlogTRnL Espansione isotermica 2T CB
123 TTRn
2
3L Espansione adiabatica 12 TT DC
D
Ae14
V
VlogTRnL Compressione isotermica 1T AD
D
Ae12
V
VlogTRnQ Compressione isotermica 1T AD
E’ ovvio che tutti i valori delle grandezze saranno misurati in Joule facendo uso, se
richiesto, del coefficiente d’equivalenza J .
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187
Il lavoro utile è:
D
Ae1
B
Ce22142UTILE
V
VlogT
V
VlogTRnQQLLL
Figura 61 – LAVORO UTILE
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188
CICLO “OTTO” N.2 ADIABATICHE + N. 2 ISOCORE
MOTORE A CARBURAZIONE
Figura 62 – CICLO “OTTO” – N. 2 ADIABATICHE + N. 2 ISOCORE
Bilancio energetico del ciclo chiuso “OTTO” ADCBA
A2211A UQLQLU
In cui:
AU Energia interna iniziale punto “A”
1L Lavoro entrante durante la compressione adiabatica 21 TT BA
1Q Calore entrante durante l’isocora 42 TT CB
2L Lavoro uscente durante l’espansione adiabatica 34 TT DC
2Q Calore uscente durante l’isocora 13 TT AD
E’ ovvio che tutti i valori delle grandezze saranno misurati in Joule facendo uso, se
richiesto, del coefficiente d’equivalenza J .
Dalla relazione precedente, considerata per il ciclo chiuso, si ricava la seguente:
0QQLL 2121
E, immaginando di descrivere il bilancio energetico dal punto di vista dell’ambiente
esterno che trae vantaggio dal funzionamento della macchina termica utilizzante il
ciclo “OTTO”:
2112UTILE QQLLL
21UTILE QQL
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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189
Bilancio energetico della prima trasformazione adiabatica BA :
COMPRESSIONE ADIABATICA
B1A ULU
Da cui:
ABAB1 UUUL
Il lavoro fornito dall’esterno per la compressione adiabatica è completamente
utilizzato, dal sistema termodinamico, per incrementare l’energia interna dal valore
AU iniziale al valore BU finale.
La temperatura passa da 1T a 2T .
Dato che la variazione d’energia interna U non dipende dal tipo di trasformazione,
ma dalla sola differenza di temperatura, è possibile applicare la seguente formula:
1A TRn2
3U
2B TRn2
3U
Da cui:
12AB TTRn
2
3U Per gas monoatomico
12AB TTRn
2
5U Per gas biatomico
Il lavoro fornito è quindi pari a tale variazione:
121 TTRn
2
3L Gas monoatomico
Sul diagramma pressione-volume esso è anche rappresentato dall’area della
superficie sottostante la curva dell’adiabatica che congiunge lo stato “A” con lo stato
“B” e delimitata, a sinistra e destra, rispettivamente dal volume BV e AV .
Anche in questo caso tale superficie è assimilabile ad un trapezio rettangolo di base
maggiore Bp , base minore Ap ed altezza BA VV mentre è uguale all’integrale
definito - tra i valori AV e BV - della funzione pressione derivata dalla Legge di
Poisson:
KVp
V
Kp
B
A
V
V
1 dV
V
KL
Durante la compressione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVpBBAA
Da cui:
B
A
A
B
V
V
p
p
1
A
B
A
B
B
A
P
p
p
p
V
V
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
Prof. Grasso Germano – Istituto Calamandrei – Crescentino
190
2 1
B2
1
A1 VTVT
Da cui:
1
B
A
1
2
V
V
T
T
1
A
B
11
A
B
1
2
p
p
p
p
T
T
3
1
B2
1
A1 pTpT
Da cui:
1
B
A
1
2
p
p
T
T
Bilancio energetico della prima trasformazione isocora CB :
ACQUISIZIONE DI CALORE A VOLUME COSTANTE
C1B UQU
Da cui:
BCBC1 UUUQ
0L
Il gas del sistema acquisisce il calore fornito dalla detonazione della miscela
combustibile – trasformazione assimilata ad isocora – ed aumenta di temperatura e di
pressione passando dall’isoterma 2T all’isoterma 4T .
Il tipo di trasformazione non permette l’espansione del sistema che non è quindi in
grado di fornire lavoro all’esterno, ma ha solo la possibilità di incrementare la
propria energia interna da BU ad CU .
4C TRn2
3U
2B TRn2
3U
241 TTRn
2
3Q
Oppure, con la capacità termica a volume costante:
24V1 TTCnQ
Bilancio energetico della seconda trasformazione adiabatica DC :
ESPANSIONE ADIABATICA – FASE UTILE
D2C ULU
Da cui:
CDDC2 UUUL
Il gas si espande in modo adiabatico utilizzando parte dell’energia interna acquisita
in precedenza per fornire lavoro all’esterno.
La temperatura passa da 4T a 3T .
Dato che la variazione d’energia interna U non dipende dal tipo di trasformazione,
ma dalla sola differenza di temperatura, è possibile applicare la seguente formula:
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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191
4C TRn2
3U
3D TRn2
3U
Da cui:
34CD TTRn
2
3U Per gas monoatomico
34CD TTRn
2
5U Per gas biatomico
Il lavoro fornito è quindi pari a tale variazione:
342 TTRn
2
3L Gas monoatomico
Sul diagramma pressione-volume esso è anche rappresentato dall’area della
superficie sottostante la curva dell’adiabatica che congiunge lo stato “C” con lo stato
“D” e delimitata, a sinistra e destra, rispettivamente dal volume BC VV e
AD VV .
Anche in questo caso tale superficie è assimilabile ad un trapezio rettangolo di base
maggiore Bp , base minore Ap ed altezza BA VV mentre è uguale all’integrale
definito - tra i valori AV e BV - della funzione pressione derivata dalla Legge di
Poisson:
KVp
V
Kp
AD
BC
VV
VV
1 dV
V
KL
Durante la compressione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVpDDCC
Da cui:
D
C
C
D
V
V
p
p
1
C
D
C
D
D
C
P
p
p
p
V
V
1
D
C
C
D
p
p
V
V
2 1
D3
1
C4 VTVT
Da cui:
1
C
D
3
4
V
V
T
T
1
D
C
11
D
C
3
4
p
p
p
p
T
T
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
Prof. Grasso Germano – Istituto Calamandrei – Crescentino
192
3
1
D3
1
C4 pTpT
Da cui:
1
D
C
4
3
p
p
T
T
Bilancio energetico della seconda trasformazione isocora AD :
CESSIONE DI CALORE A VOLUME COSTANTE
A2D UQU
Da cui:
DAAD2 UUUQ
0L DA
Il gas del sistema cede calore – trasformazione assimilata ad isocora – e diminuisce
di temperatura e di pressione passando dall’isoterma 3T all’isoterma 1T .
Il tipo di trasformazione non permette l’espansione del sistema che non è quindi in
grado di fornire lavoro all’esterno, ma solo di abbassare la propria energia interna da
DU ad AU .
3D TRn2
3U
1A TRn2
3U
132 TTRn
2
3Q
Oppure, con la capacità termica a volume costante:
13V2 TTCnQ
Bilancio energetico del ciclo chiuso ADCBA :
A2211A UQLQLU
In cui:
AU Energia interna iniziale punto “A”
121 TTRn
2
3L Compressione adiabatica 21 TT BA
241 TTRn
2
3Q Isocora 42 TT CB
342 TTRn
2
3L Espansione adiabatica 34 TT DC
132 TTRn
2
3Q Isocora 13 TT AD
Il lavoro utile è:
132412342112UTILE TTTTRn2
3TTTTRn
2
3QQLLL
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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193
Il rendimento:
1
2
24
13
24
1324
1
U
Q
Q1
TT
TT1
TT
TTTT
Q
L
Considerando che la quantità di calore 2Q non può essere nulla, si conclude che il
rendimento è comunque sempre minore dell’unità.
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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194
CICLO “DIESEL” N.2 ADIABATICHE + N. 1 ISOCORA + N. 1 ISOBARA
MOTORE DIESEL AD INIEZIONE
Figura 63 – CICLO “DIESEL” – N. 2 ADIABATICHE + N. 1 ISOBARA + N. 1 ISOCORA
Bilancio energetico del ciclo chiuso “DIESEL” ADCBA
A23211A UQLLQLU
In cui:
AU Energia interna iniziale punto “A”
1L Lavoro entrante durante la compressione adiabatica 21 TT BA
1Q Calore entrante durante l’isobara 42 TT CB
2L Lavoro uscente durante l’isobara 42 TT CB
3L Lavoro uscente durante l’espansione adiabatica 34 TT DC
2Q Calore uscente durante l’isocora 13 TT AD
E’ ovvio che tutti i valori delle grandezze saranno misurati in Joule facendo uso, se
richiesto, del coefficiente d’equivalenza J .
Dalla relazione precedente, considerata per il ciclo chiuso, si ricava la seguente:
0QQLLL 21321
E, immaginando di descrivere il bilancio energetico dal punto di vista dell’ambiente
esterno che trae vantaggio dal funzionamento della macchina termica utilizzante il
ciclo “OTTO”:
21132UTILE QQLLLL
21UTILE QQL
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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195
Bilancio energetico della prima trasformazione adiabatica BA :
COMPRESSIONE ADIABATICA
B1A ULU
Da cui:
ABAB1 UUUL
Il lavoro fornito dall’esterno per la compressione adiabatica è completamente
utilizzato, dal sistema termodinamico, per incrementare l’energia interna dal valore
AU iniziale al valore BU finale.
La temperatura passa da 1T a 2T .
Dato che la variazione d’energia interna U non dipende dal tipo di trasformazione,
ma dalla sola differenza di temperatura, è possibile applicare la seguente formula:
1A TRn2
3U Monoatomico 1A TRn
2
5U Biatomico
2B TRn2
3U Monoatomico 2B TRn
2
3U Biatomico
Da cui:
12AB TTRn
2
3U Per gas monoatomico
12AB TTRn
2
5U Per gas biatomico
Il lavoro fornito è quindi pari a tale variazione:
121 TTRn
2
3L Gas monoatomico
Sul diagramma pressione-volume esso è anche rappresentato dall’area della
superficie sottostante la curva dell’adiabatica che congiunge lo stato “A” con lo stato
“B” e delimitata, a sinistra e destra, rispettivamente dal volume BV e AV .
Anche in questo caso tale superficie è assimilabile ad un trapezio rettangolo di base
maggiore Bp , base minore Ap ed altezza BA VV mentre è uguale all’integrale
definito - tra i valori AV e BV - della funzione pressione derivata dalla Legge di
Poisson:
KVp
V
Kp
B
A
V
V
1 dV
V
KL
Durante la compressione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVpBBAA
Da cui:
B
A
A
B
V
V
p
p
1
A
B
A
B
B
A
P
p
p
p
V
V
2 1
B2
1
A1 VTVT
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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196
Da cui, tenendo conto della equazione 1 :
1
B
A
1
2
V
V
T
T
1
A
B
11
A
B
1
2
p
p
p
p
T
T
3
1
B2
1
A1 pTpT
Da cui:
1
B
A
1
2
p
p
T
T
Bilancio energetico della trasformazione isobara CB :
C21B ULQU
Da cui:
2BC1 LUUQ
La quantità di calore assorbita dal sistema termodinamico è pari alla somma
dell’incremento di Energia Interna e del lavoro che il sistema fornisce all’ambiente
esterno, oppure, in altre parole, la quantità di calore è utilizzata sia per aumentare
l’energia interna sia per fornire lavoro all’esterno.
Tale quantità di calore risulta proporzionale al numero di moli, alla differenza di
temperatura e dipende inoltre dal valore della capacità termica molare a pressione
costante pC :
224V24p1 LTTCnTTCnQ
D’altra parte la capacità termica a pressione costante, per un gas monoatomico e in
virtù della relazione Mayer, è dato da:
RCC VP RCC VP
Con:
R2
3C V Per gas monoatomico
R2
5C V Per gas biatomico
Quindi:
R2
5C P
Da cui:
241 TTRn
2
5Q
2241 LTTRn
2
3Q
L’equivalente in energia meccanica di tale calore è già espresso in Joule a condizione
di utilizzare le unità di misura del S.I per il valore di R.
Il lavoro 2L fornito all’esterno è invece rappresentato dall’area del rettangolo avente
altezza pari alla pressione iniziale nel punto “B” – oppure "C" - e, come base, la
differenza tra il volume dello stato “C” e dello stato “B”:
BBCBBCB2 VpVpVVpL
APPUNTI DI FISICA
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197
Con:
BC pp
4CC TRnVp
2BB TRnVp
Per cui:
242 TTRnL
Oppure, uguagliando le due relazioni di 1Q :
24224 TTRn
2
5LTTRn
2
3
24242 TTRnTTRn2
3
2
5L
Bilancio energetico della seconda trasformazione adiabatica DC :
ESPANSIONE ADIABATICA – FASE UTILE
D3C ULU
Da cui:
CDDC3 UUUL
Il sistema termodinamico utilizza parte della sua energia interna per eseguire lavoro
verso l’ambiente esterno che lo riceve.
L’energia interna decresce dal valore CU iniziale al valore DU finale.
La temperatura passa da 4T a 3T .
Dato che la variazione d’energia interna U non dipende dal tipo di trasformazione,
ma dalla sola differenza di temperatura, è possibile applicare la seguente formula:
4C TRn2
3U Monoatomico 4C TRn
2
5U Biatomico
3D TRn2
3U Monoatomico 3D TRn
2
3U Biatomico
Da cui:
34CD TTRn
2
3U Per gas monoatomico
34CD TTRn
2
5U Per gas biatomico
Il lavoro fornito è quindi pari a tale variazione:
343 TTRn
2
3L Gas monoatomico
Sul diagramma pressione-volume esso è anche rappresentato dall’area della
superficie sottostante la curva dell’adiabatica che congiunge lo stato “C” con lo stato
“D” e delimitata, a sinistra e destra, rispettivamente dal volume CV e DV .
Anche in questo caso tale superficie è assimilabile ad un trapezio rettangolo di base
maggiore Cp , base minore Dp ed altezza CD VV mentre è esattamente uguale
APPUNTI DI FISICA
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198
all’integrale definito - tra i valori CV e DV - della funzione pressione derivata dalla
Legge di Poisson:
KVp
V
Kp
D
C
V
V
3 dV
V
KL
Durante l’espansione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVpDDCC
Da cui:
D
C
C
D
V
V
p
p
1
C
D
C
D
D
C
P
p
p
p
V
V
2 1
D3
1
C4 VTVT
Da cui, tenendo conto della equazione 1 :
1
D
C
4
3
V
V
T
T
1
C
D
11
C
D
4
3
p
p
p
p
T
T
3
1
D3
1
C4 pTpT
Da cui:
1
C
D
3
4
p
p
T
T
Bilancio energetico della trasformazione isocora AD :
A2D UQU
Da cui si ottiene:
AD2 UUQ
Dove:
3D TRn2
3U
1A TRn2
3U
Il gas cede alla sorgente refrigerante una quantità di calore pari al decremento di
energia interna in quanto la trasformazione isocora avviene senza scambio di lavoro
meccanico.
La quantità di calore ceduta è anche uguale a:
13V2 TTCnQ
Con:
R2
3C V Gas monoatomico
APPUNTI DI FISICA
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199
Per cui:
132 TTRn
2
3Q
Bilancio energetico del ciclo chiuso ADCBA :
A23211A UQLLQLU
In cui:
AU Energia interna iniziale punto “A”
121 TTRn
2
3L Compressione adiabatica 21 TT BA
241 TTRn
2
5Q Isobara 42 TT CB
242 TTRnL Isobara 42 TT CB
343 TTRn
2
3L Espansione adiabatica 34 TT DC
132 TTRn
2
3Q Isocora 13 TT AD
Il lavoro utile è:
21132UTILE QQLLLL
123424132UTILE TTRn2
3TTRn
2
3TTRnLLLL
241234UTILE TT
3
2TTTTRn
2
3L
241234UTILE T
3
2T
3
2TTTTRn
2
3L
1324UTILE TTT
3
5T
3
5Rn
2
3L
1324UTILE TTRn2
3TTRn
2
5L
Il rendimento:
1
2
24
1324
1
U
Q
Q1
TTRn2
5
TTRn2
3TTRn
2
5
Q
L
Considerando che la quantità di calore 2Q non può essere nulla, si conclude che il
rendimento è comunque sempre minore dell’unità.
APPUNTI DI FISICA
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200
CICLO “JOULE” O “BRAYTON” N.2 ADIABATICHE + N. 2 ISOBARE
TURBINE A GAS
Figura 64 – CICLO “JOULE” – N. 2 ADIABATICHE + N. 2 ISOBARE
Bilancio energetico del ciclo chiuso “DIESEL” ADCBA
A243211A UQLLLQLU
In cui:
AU Energia interna iniziale punto “A”
1L Lavoro entrante durante la compressione adiabatica 21 TT BA
1Q Calore entrante durante l’isobara 42 TT CB
2L Lavoro uscente durante l’isobara 42 TT CB
3L Lavoro uscente durante l’espansione adiabatica 34 TT DC
2Q Calore uscente durante l’isobara 13 TT AD
4L Lavoro entrante durante l’isobara 13 TT AD
E’ ovvio che tutti i valori delle grandezze saranno misurati in Joule facendo uso, se
richiesto, del coefficiente d’equivalenza J .
Dalla relazione precedente, considerata per il ciclo chiuso, si ricava la seguente:
0QQLLLL 214321
E, immaginando di descrivere il bilancio energetico dal punto di vista dell’ambiente
esterno che trae vantaggio dal funzionamento della macchina termica utilizzante il
ciclo “JOULE”:
214132UTILE QQLLLLL
21UTILE QQL
APPUNTI DI FISICA
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201
Bilancio energetico della prima trasformazione adiabatica BA :
COMPRESSIONE ADIABATICA
B1A ULU
Da cui:
ABAB1 UUUL
Il lavoro fornito dall’esterno per la compressione adiabatica è completamente
utilizzato, dal sistema termodinamico, per incrementare l’energia interna dal valore
AU iniziale al valore BU finale.
La temperatura passa da 1T a 2T .
Dato che la variazione d’energia interna U non dipende dal tipo di trasformazione,
ma dalla sola differenza di temperatura, è possibile applicare la seguente formula:
1A TRn2
3U Monoatomico
1A TRn2
5U Biatomico
2B TRn2
3U Monoatomico 2B TRn
2
3U Biatomico
Da cui:
12AB TTRn
2
3U Per gas monoatomico
12AB TTRn
2
5U Per gas biatomico
Il lavoro fornito è quindi pari a tale variazione:
121 TTRn
2
3L Gas monoatomico
Sul diagramma pressione-volume esso è anche rappresentato dall’area della
superficie sottostante la curva dell’adiabatica che congiunge lo stato “A” con lo stato
“B” e delimitata, a sinistra e destra, rispettivamente dal volume BV e AV .
Anche in questo caso tale superficie è assimilabile ad un trapezio rettangolo di base
maggiore Bp , base minore Ap ed altezza BA VV mentre è uguale all’integrale
definito - tra i valori AV e BV - della funzione pressione derivata dalla Legge di
Poisson:
KVp
V
Kp
B
A
V
V
1 dV
V
KL
Durante la compressione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVpBBAA
Da cui:
B
A
A
B
V
V
p
p
1
A
B
A
B
B
A
P
p
p
p
V
V
APPUNTI DI FISICA
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202
2 1
B2
1
A1 VTVT
Da cui, tenendo conto della equazione 1 :
1
B
A
1
2
V
V
T
T
1
A
B
11
A
B
1
2
p
p
p
p
T
T
3
1
B2
1
A1 pTpT
Da cui:
1
B
A
1
2
p
p
T
T
Bilancio energetico della trasformazione isobara CB :
C21B ULQU
Da cui:
2BC1 LUUQ
La quantità di calore assorbita dal sistema termodinamico è pari alla somma
dell’incremento di Energia Interna e del lavoro che il sistema fornisce all’ambiente
esterno, oppure, in altre parole, la quantità di calore è utilizzata sia per aumentare
l’energia interna sia per fornire lavoro all’esterno.
Tale quantità di calore risulta proporzionale al numero di moli, alla differenza di
temperatura e dipende inoltre dal valore della capacità termica molare a pressione
costante pC :
224V24p1 LTTCnTTCnQ
D’altra parte la capacità termica a pressione costante, per un gas monoatomico e in
virtù della relazione Mayer, è dato da:
RCC VP RCC VP
Con:
R2
3C V Per gas monoatomico
R2
5C V Per gas biatomico
Quindi:
R2
5C P Gas monoatomico
Da cui:
241 TTRn
2
5Q
2241 LTTRn
2
3Q
L’equivalente in energia meccanica di tale calore è già espresso in Joule a condizione
di utilizzare le unità di misura del S.I per il valore di R.
APPUNTI DI FISICA
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203
Il lavoro 2L fornito all’esterno è invece rappresentato dall’area del rettangolo avente
altezza pari alla pressione iniziale nel punto “B” – oppure "C" - e, come base, la
differenza tra il volume dello stato “C” e dello stato “B”:
BBCBBCB2 VpVpVVpL
Con:
BC pp
4CC TRnVp
2BB TRnVp
Per cui:
242 TTRnL
Oppure, uguagliando le due relazioni di 1Q :
24224 TTRn
2
5LTTRn
2
3
24242 TTRnTTRn2
3
2
5L
Bilancio energetico della seconda trasformazione adiabatica DC :
ESPANSIONE ADIABATICA – FASE UTILE
D3C ULU
Da cui:
CDDC3 UUUL
Il sistema termodinamico utilizza parte della sua energia interna per eseguire lavoro
verso l’ambiente esterno che lo riceve.
L’energia interna decresce dal valore CU iniziale al valore DU finale.
La temperatura passa da 4T a 3T .
Dato che la variazione d’energia interna U non dipende dal tipo di trasformazione,
ma dalla sola differenza di temperatura, è possibile applicare la seguente formula:
4C TRn2
3U Monoatomico 4C TRn
2
5U Biatomico
3D TRn2
3U Monoatomico 3D TRn
2
3U Biatomico
Da cui:
34CD TTRn
2
3U Per gas monoatomico
34CD TTRn
2
5U Per gas biatomico
Il lavoro fornito è quindi pari a tale variazione:
343 TTRn
2
3L Gas monoatomico
Sul diagramma pressione-volume esso è anche rappresentato dall’area della
superficie sottostante la curva dell’adiabatica che congiunge lo stato “C” con lo stato
“D” e delimitata, a sinistra e destra, rispettivamente dal volume CV e DV .
Anche in questo caso tale superficie è assimilabile ad un trapezio rettangolo di base
maggiore Cp , base minore Dp ed altezza CD VV mentre è esattamente uguale
APPUNTI DI FISICA
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204
all’integrale definito - tra i valori CV e DV - della funzione pressione derivata dalla
Legge di Poisson:
KVp
V
Kp
D
C
V
V
3 dV
V
KL
Durante l’espansione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVpDDCC
Da cui:
D
C
C
D
V
V
p
p
1
C
D
C
D
D
C
P
p
p
p
V
V
2 1
D3
1
C4 VTVT
Da cui, tenendo conto della equazione 1 :
1
D
C
4
3
V
V
T
T
1
C
D
11
C
D
4
3
p
p
p
p
T
T
3
1
D3
1
C4 pTpT
Da cui:
1
C
D
3
4
p
p
T
T
Bilancio energetico della seconda trasformazione isobara AD :
A42D ULQU
Da cui:
4AD2 LUUQ
Tale quantità di calore risulta proporzionale al numero di moli, alla differenza di
temperatura e dipende inoltre dal valore della capacità termica molare a pressione
costante pC :
413V13p2 LTTCnTTCnQ
D’altra parte la capacità termica a pressione costante, per un gas monoatomico e in
virtù della relazione Mayer, è dato da:
RCC VP RCC VP
APPUNTI DI FISICA
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205
Con:
R2
3C V Per gas monoatomico
R2
5C V Per gas biatomico
Quindi:
R2
5C P Gas monoatomico
Da cui:
132 TTRn
2
5Q
2242 LTTRn
2
3Q
Il lavoro 4L è invece rappresentato dall’area del rettangolo avente altezza pari alla
pressione iniziale nel punto “D” – oppure "A" e, come base, la differenza tra il
volume dello stato “D” e dello stato “A”:
ADDDADD4 VpVpVVpL
Con:
AD pp
3DD TRnVp
1AA TRnVp
Per cui:
134 TTRnL
Oppure, uguagliando le due relazioni di 2Q :
13413 TTRn
2
5LTTRn
2
3
13134 TTRnTTRn2
3
2
5L
Bilancio energetico del ciclo chiuso ADCBA :
A243211A UQLLLQLU
In cui:
AU Energia interna iniziale punto “A”
121 TTRn
2
3L Compressione adiabatica 21 TT BA
241 TTRn
2
5Q Isobara 42 TT CB
242 TTRnL Isobara 42 TT CB
343 TTRn
2
3L Espansione adiabatica 34 TT DC
132 TTRn
2
5Q Isobara 13 TT AD
134 TTRnL Isobara 13 TT AD
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206
Il lavoro utile è:
214132UTILE QQLLLLL
13123424UTILE TTRnTTRn
2
3TTRn
2
3TTRnL
13241234UTILE TTTT
3
2TTTTRn
2
3L
241234UTILE T
3
2T
3
2TTTTRn
2
3L
1324UTILE TTT
3
5T
3
5Rn
2
3L
1324UTILE TTRn2
3TTRn
2
5L
Il rendimento:
1
2
24
1324
1
U
Q
Q1
TTRn2
5
TTRn2
3TTRn
2
5
Q
L
Considerando che la quantità di calore 2Q non può essere nulla, si conclude che il
rendimento è comunque sempre minore dell’unità.
APPUNTI DI FISICA
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207
ESERCIZIO N. 1
CICLO DI CARNOT – N. 2 adiabatiche+N. 2 isoterme
Un ciclo di Carnot che utilizza “aria standard” assimilabile a gas perfetto, si svolge tra le
temperature estreme di 7°C e 847°C e con un valore minimo di pressione pari a 1 atmosfera (1 bar).
Il calore fornito alla temperatura massima è
kg
kJ120Q .
Nell’ipotesi che il calore specifico possa essere ritenuto costante, si determini il valore della
pressione in corrispondenza dei vertici ed il rendimento termico del ciclo.
Si assume pari a
Kmole
kg97,28 il valore della massa di una kilomole di aria standard.
Il valore della costante per l’aria standard, assimilata a gas perfetto biatomico, è assunto pari a
1,40.
Soluzione:
Il ciclo di Carnot è la base teorica del principio di funzionamento dei motori a combustione interna
come, ad esempio, il motore a scoppio.
La base teorica e la tecnologia reale della macchina termica si discostano tra loro per alcune
fondamentali differenze.
Il ciclo di Carnot teorico utilizza un ciclo chiuso in cui il gas, confinato nel sistema termodinamico,
mantiene costanti le proprie caratteristiche durante le varie fasi del ciclo.
Per questo motivo il ciclo teorico non prevede alcuna sostituzione o integrazione della quantità di
gas.
Inoltre l’assorbimento di calore durante le due espansioni – isoterma CD e adiabatica DA – e la
cessione di calore durante le due compressioni – isoterma AB e adiabatica BC – sono possibili
grazie alla presenza di due sorgenti termiche rispettivamente alla temperatura 2T e alla temperatura
1T .
Il ciclo reale funziona, invece, utilizzando sostanze che mutano di continuo le proprie caratteristiche
fisiche.
Inizialmente è immessa nel cilindro una miscela vaporizzata di aria e combustibile che, esplodendo
violentemente a causa di una scintilla d’innesco, fornisce calore e, nel contempo, provoca un brusco
aumento di volume del gas e la conseguente spinta meccanica.
Il calore fornito dall’esplosione reale della miscela compressa aria-combustibile può essere
sostituito da quello fornito da una sorgente virtuale al livello termico 2T .
Lo scarico dei prodotti della combustione – fumi di scarico – avviene in concomitanza con la
seconda trasformazione isoterma ed è sostituita, nel ciclo teorico, dalla cessione di calore ad una
sorgente di livello termico 1T .
Il ciclo teorico costituisce quindi una notevole semplificazione del ciclo reale e permette, allo stesso
tempo, di ottenere risultati non troppo diversi dalla realtà meccanica applicativa.
I dati del problema consentono di individuare alcuni parametri di stato caratteristici dei punti iniziali
e terminali delle quattro trasformazioni che formano il ciclo di Carnot:
Vertice A – (INIZIO CICLO DI CARNOT)
Inizio della COMPRESSIONE ISOTERMA BA alla temperatura minore 1T
corrispondente al termine dell’ESPANSIONE ADIABATICA AD :
Pascal10bar1p5
A
K2802737TT 1A
AV Incognito
APPUNTI DI FISICA
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208
Vertice B
Termine della COMPRESSIONE ISOTERMA BA alla temperatura costante minore 1T
ed inizio della COMPRESSIONE ADIABATICA CB che innalzerà la temperatura al
valore massimo 2T :
Bp Incognito
K2802737TT 1B
BV Incognito
Vertice C
Termine della COMPRESSIONE ADIABATICA CB che innalza la temperatura dal
valore 1T al valore 2T ed inizio dell’ESPANSIONE ISOTERMA DC alla temperatura
2T :
Cp Incognito
K120.1273847TT 2C
BV Incognito
Vertice D
Termine dell’ESPANSIONE ISOTERMA DC alla temperatura 2T ed inizio
dell’ESPANSIONE ADIABATICA AD che abbasserà la temperatura da 2T a 1T :
Dp Incognito
K120.1273847TT 2D
DV Incognito
Vertice A – (TERMINE CICLO)
Termine dell’ESPANSIONE ADIABATICA AD :
Pascal10bar1p5
A
K2802737TT 1A
AV Incognito
ESPANSIONE ADIABATICA AD - TRATTO “4”
Iniziamo ad analizzare la curva relativa alla “espansione adiabatica ” AD ” ove sono applicabili
le formule relative alla Legge di Poisson per le trasformazioni senza scambio di calore:
1 tetancosVpVp2211
Pressione-volume
2 1
22
1
11VTVT
Temperatura-volume
3
1
22
1
11pTpT Temperatura-pressione
La curva inizia nel punto D e termina nel punto A.
APPUNTI DI FISICA
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209
La temperatura caratteristica dello stato d’equilibrio iniziale dell’espansione adiabatica corrisponde
alla temperatura del punto D, in quanto lo stato d’equilibrio è ancora posizionato sull’isoterma 2T .
Quindi:
K120.1TT 2D
La temperatura caratteristica dello stato d’equilibrio finale dell’espansione adiabatica corrisponde
alla temperatura 1T :
Quindi:
K280TT 1A
Applicando la 3 , si ottiene:
1
AA
1
DD pTpT
4
K280
K120.1
T
T
P
p
T
T
1
2
1
D
1
A
A
D
Da cui si ricava:
4p
p
1
D
A
11 1
D
A4
p
p
1
D
A4
p
p
1
A
1
A
1
AD 4p4p
4
pp
Trattandosi di un ciclo funzionante, per ipotesi, con gas perfetto, pensando di utilizzare un gas bi-
atomico con valore di 40.15
7
C
C
V
P , ed utilizzando la relazione trovata sfruttando l’equazione
e i dati relativi all’espansione adiabatica, si può quindi determinare la pressione caratteristica del
punto D – terminale dell’espansione adiabatica :
bar128128bar14bar14bar14bar14pp50,34,0
4,1
14,1
4,1
1
AD
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210
ESPANSIONE ISOTERMICA DC - TRATTO “3”
Durante l’espansione isotermica C-D l’energia interna del sistema si mantiene costante quindi la
quantità di calore fornito dalla sorgente alla temperatura 2T è uguale al lavoro d’espansione che il
sistema fornisce all’ambiente esterno.
Nella realtà tecnologica tale fase corrisponde alla detonazione della miscela combustibile e alla
conseguente espansione dei prodotti gassosi generati.
Il pistone, al termine della compressione adiabatica, si trova nel punto più alto – quasi a contatto
con la testata di chiusura e delle valvole automatiche -
Vale la relazione:
11 LQ
D’altra parte il lavoro 1L è rappresentato dall’area della superficie sottostante l’isoterma 2T
delimitata a sinistra e destra rispettivamente dal volume caratteristico dei due stati d’equilibrio
iniziale e finale dell’isoterma CV e DV .
Tale lavoro risulta determinato dall’equazione:
C
De2
V
V
2
V
V
V
V
21
V
VlogTRn
V
dVTRndV
V
TRndVpL
D
C
D
C
D
C
C
De21
V
VlogTRnL
Per cui:
C
De21
V
VlogTRnQ
Sfruttando poi l’equazione generale di stato:
CCDD VpVp
D
C
C
D
P
p
V
V
Sostituendo si ottiene:
D
Ce21
p
plogTRnQ
2
1
D
Ce
TRn
Q
p
plog
1
In cui 1Q esprime la quantità di calore, espressa in Joule, ceduta dalla sorgente alla temperatura
maggiore ad una quantità di gas, contenuto nel sistema, di massa pari a 1 kg.
Considerando che il gas è assimilato ad “aria standard” e che la quantità in massa “d’aria standard”
occorrente per costituire una Kmole risulta essere pari a circa 28,97 kg:
kg97,28Kmole1STANDARDARIA
Possiamo determinare il numero di moli d’aria a cui si riferisce il calore ceduto:
kg1
KmoliX
kg97,28
Kmole1
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211
Da cui si ricava il valore di n :
0345,097,28
1Xn Kmoli
Per cui, sostituendo i valori dati e/o calcolati nell’equazione 1 :
2
1
D
Ce
TRn
Q
p
plog
3735,0
K120.1KKmole
kJ314,8
kg
Kmol0345,0
kg
kJ120
p
plog
D
Ce
45,1ep
P 3735,0
D
C
45,1pp DC
Utilizzando ora la pressione caratteristica del termine dell’isoterma – inizio dell’espansione
adiabatica - determinata precedentemente:
bar6,18545,1bar128p C
Si ottiene così il valore di pressione tipico della fase terminale della compressione adiabatica e della
fase iniziale dell’espansione isoterma.
COMPRESSIONE ADIABATICA CB - TRATTO “2”
Si analizza ora la curva relativa alla “compressione adiabatica ” CB ” ove sono applicabili le
formule relative alla Legge di Poisson per le trasformazioni senza scambio di calore:
1 tetancosVpVp2211
Pressione-volume
2 1
22
1
11VTVT
Temperatura-volume
3
1
22
1
11pTpT Temperatura-pressione
La compressione adiabatica inizia nel punto B e termina nel punto C.
APPUNTI DI FISICA
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212
La temperatura caratteristica dello stato d’equilibrio iniziale della compressione adiabatica
corrisponde alla temperatura del punto B, in quanto lo stato d’equilibrio è posizionato sull’isoterma
1T .
Quindi:
K280TT 1B
La temperatura caratteristica dello stato d’equilibrio finale della compressione adiabatica
corrisponde alla temperatura 2T (il pistone ha raggiunto la massima altezza nel cilindro cui
corrisponde il minor volume disponibile e la massima pressione):
Quindi:
K120.1TT 2C
Applicando la 3 , si ottiene:
1
BB
1
CC pTpT
4
K280
K120.1
T
T
P
p
T
T
1
2
1
C
1
B
B
C
Da cui si ricava:
4p
p
1
C
B
11 1
C
B4
p
p
1
C
B4
p
p
bar45,10078,06,1854bar6,1854bar6,1854p4pp 4
14
4,0
4.1
1
C
1
CB
CALORE CEDUTO AL REFRIGERANTE DURANTE LA COMPRESSIONE ISOTERMA
Il calore ceduto dal sistema alla sorgente refrigerante alla temperatura 1T durante la compressione
isoterma A-B è uguale al lavoro meccanico che il sistema deve ricevere dall’esterno.
Questo per il fatto che la compressione avviene senza modificare l’energia interna del gas.
Quindi, definito 2L in lavoro meccanico, si ha:
22 LQ
Con:
A
Be1
V
V
1
V
V
V
V
12
V
VlogTRn
V
dVTRndV
V
TRndVpL
B
A
B
A
B
A
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213
A
Be12
V
VlogTRnL
Per cui:
A
Be12
V
VlogTRnQ
Sfruttando poi l’equazione generale di stato o la legge di Boyle:
AABB VpVp
B
A
A
B
P
p
V
V
Sostituendo si ottiene:
B
Ae12
p
plogTRnQ
Considerando che il gas è assimilato ad “aria standard” e che la quantità in massa “d’aria standard”
occorrente per costituire una Kmole risulta essere pari a circa 28,97 kg:
kg97,28Kmole1STANDARDARIA
Possiamo determinare il numero di moli d’aria a cui si riferisce il calore ceduto:
kg1
KmoliX
kg97,28
Kmole1
Da cui si ricava il valore di n :
0345,097,28
1Xn Kmoli
Quindi il calore:
kJ84,29bar45,1
bar1logK280
KKmole
kJ314,8Kmoli0345,0
p
plogTRnQ e
B
Ae12
CALCOLO DEL LAVORO UTILE
Per ogni ciclo di funzionamento il sistema termodinamico è quindi in grado di fornire all’ambiente
esterno una quantità di lavoro utile pari a:
kg
kJ16,9084,29120QQLLL 2121U
RENDIMENTO
Il rendimento della macchina di Carnot operante tra le temperature indicate è quindi:
%1,75751,0120
16,90
Q
L
1
U
E anche:
%7575,0120.1
280120.1
T
TT
T
T1
2
12
2
1
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214
Figura 62 – CICLO DI CARNOT AD “ARIA STANDARD”
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215
ESERCIZIO N. 2
CICLO “OTTO” – MOTORE A CARBURAZIONE – N. 2 adiabatiche+N. 2 isocore.
Un ciclo “OTTO” ad “aria standard”, con un rapporto volumetrico di compressione uguale a 8,
inizia la fase di compressione compressione con un valore di temperatura pari a 16°C ed un valore
di pressione pari a 1 bar.
La quantità di calore fornita al sistema ad ogni ciclo vale
kg
kJ800.1Q .
Determinare i valori della pressione e della temperatura in corrispondenza dei vertici ed il
rendimento del ciclo.
Si assume pari a
Kmole
kg97,28 il valore della massa di una kilomole di aria standard.
Il valore della costante per l’aria standard, assimilata a gas perfetto biatomico, è assunto pari a
1,40.
Figura 56 – CICLO “OTTO” – N. 2 ADIABATICHE + N. 2 ISOCORE
Soluzione:
Dati del problema:
2
5
A
m
N10bar1p
K28927316T A
8V
V
B
A Rapporto di compressione
kg
kJ800.1Q
Kmole
kg97,28M
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216
L’equazione generale di stato dei gas perfetti ci permette di calcolare il volume di gas relativamente
allo stato d’equilibrio “A” ed ad una massa di gas pari ad 1 kg:
AAA TRnVp
Ove:
Kmoli03452,0
Kmole
kg97,28
kg1n
Risulta quindi:
N
mmN829,0
N
mJ829,0
m
N10
K289Kkmole
J314.8kmoli03452,0
p
TRnV
22
2
5A
AA
kg
m829,0V
3
A
FASE N. 1 – COMPRESSIONE ADIABATICA A-B
Per la fase di compressione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVp2211
2 1
22
1
11VTVT
3
1
22
1
11pTpT
In particolare, dalla 2 , tenendo conto del rapporto di compressione dato, si ottiene:
1
BB
1
AA VTVT
B
A
1
A
1
B
T
T
V
V
B
A
1
A
B
T
T
V
V
435,08
1
8
1
8
1
T
T4,014,11
B
A
Da cui si ricava la temperatura dello stato d’equilibrio B:
K664
435,0
K289
435,0
TT
AB
Mentre il volume di una massa di gas pari ad 1 kg si ricava tenendo conto del rapporto di
compressione:
8V
V
B
A
kg
m103,0
8
kg
m829,0
8
VV
3
3
AB
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217
La pressione finale caratteristica dello stato finale della compressione adiabatica può essere rivata
indifferentemente utilizzando l’equazione generale di stato o la legge di Poisson:
Con la legge di Poisson:
BBAA VpVp
bar4,18Pa1084,138,18
m
N10810
V
Vp
V
Vpp
6
2
54,15
B
AA
B
AAB
Con l’equazione di stato:
BBB TRnVp
bar5,18
m
mN170.850.1
kg
m103,0
K664KKmole
J314.8
kg
Kmoli03452,0
p33
B
FASE N. 2 – CESSIONE DI CALORE A VOLUME COSTANTE – ISOCORA B-C
Il gas è poi riscaldato a volume costante per mezzo della cessione di calore.
Si utilizza la seguente relativamente sempre alla quantità di gas pari a 1 kg:
CBBCV UTTCnQ
KKmole
JR
2
5
kg
Kmoli03452,0
kg
J000.800.1
KKmole
kJC
kg
Kmolin
kg
kJQ
TT
V
BC
K508.2
KKmole
J314.85
kg
Kmoli03452,0
kg
J000.800.12
TT BC
Da cui si ricava la temperatura del punto C:
K172.3508.2664508.2TT BC
Utilizzando poi l’equazione dell’isocora:
B
B
C
C
T
p
T
P
Si ottiene la pressione del punto C:
bar37,88
K664
K172.3bar5,18
T
Tpp
B
CBC
Il volume dello stato C deve essere uguale a quello dello stato B (isocora).
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218
FASE N. 3 – ESPANSIONE ADIABATICA C-D
Sono ancora applicate le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVp2211
2 1
22
1
11VTVT
3
1
22
1
11pTpT
Considerando che il rapporto di compressione è pari ad 8, si ottiene, applicando la 2 :
1
DD
1
CC VTVT
D
C
1
C
D
T
T
V
V
29,2888T
T 4,014,11
D
C
K385.1
29,2
K172.3
29,2
TT
CD
E, con l’equazione generale di stato:
DDD TRnVp
AD VV
bar79,4
m
N486.479
kg
m829,0
K385.1KKmole
J314.8
kg
Kmoli03452,0
p23
D
Il lavoro utile può essere determinato tenendo conto del fatto che esso corrisponde alla somma
algebrica del lavoro fornito durante l’espansione adiabatica (positivo) e del lavoro applicato
dall’esterno durante la compressione adiabatica (negativo).
Considerando che, sia l’espansione che la compressione avvengono senza scambi di calore, risulta
evidente che le quantità di lavoro sono uguali rispettivamente all’aumento e alla diminuzione di
energia interna:
ABCDU LLL
kg
J1028,1K385.1172.3
KKmole
J314.8
kg
Kmoli03452,0
2
5
TTRn2
5TRn
2
3TRn
2
5UUL
6
DCDCDCCD
kg
J1069,2K289664
KKmole
J314.8
kg
Kmoli03452,0
2
5
TTRn2
5TRn
2
5TRn
2
5UUL
5
ABABABAB
kg
J1001,1LLL
6
ABCDU
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219
RENDIMENTO
Il rendimento del ciclo è il rapporto tra il lavoro utile effettivamente ceduto all’ambiente esterno e la
quantità d’energia che è stata spesa per ottenere tale lavoro.
Tenendo conto del fatto che l’energia spesa corrisponde, in questo caso, alla quantità di calore data
al sistema durante la trasformazione isocora:
kg
J000.800.1Q
Si ottiene:
%11,56100
kg
J108,1
kg
J1001,1
Q
L
6
6
U
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220
ESERCIZIO N. 3
CICLO “DIESEL” – MOTORE A INIEZIONE – N. 2 adiabatiche + N. 1 isobara + N. 1 isocora.
Un ciclo “DIESEL” ad “aria standard”, con rapporto volumetrico di compressione uguale a 15,
inizia la fase di compressione con un valore di temperatura pari a 16°C ed un valore di pressione
pari a 1 bar.
La quantità di calore fornita ad ogni ciclo vale 1.800 kJ/kg.
Determinare i valori della pressione e temperatura in corrispondenza dei vertici ed il rendimento del
ciclo.
Figura 57 – CICLO DIESEL
Soluzione:
Dati del problema:
2
5
A
m
N10bar1p
K28927316T A
15V
V
B
A Rapporto di compressione
kg
kJ800.1Q
Kmole
kg97,28M
L’equazione generale di stato dei gas perfetti ci permette di calcolare il volume di gas relativamente
allo stato d’equilibrio “A” ed ad una massa di gas pari ad 1 kg:
AAA TRnVp
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221
Ove:
Kmoli03452,0
Kmole
kg97,28
kg1n
Risulta quindi:
N
mmN829,0
N
mJ829,0
m
N10
K289Kkmole
J314.8kmoli03452,0
p
TRnV
22
2
5A
AA
kg
m829,0V
3
A
FASE N. 1 – COMPRESSIONE ADIABATICA A-B
Per la fase di compressione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVp2211
2 1
22
1
11VTVT
3
1
22
1
11pTpT
In particolare, dalla 2 , tenendo conto del rapporto di compressione dato, si ottiene:
1
BB
1
AA VTVT
B
A
1
A
1
B
T
T
V
V
B
A
1
A
B
T
T
V
V
3385.015
1
15
1
15
1
T
T4,014,11
B
A
Da cui si ricava la temperatura dello stato d’equilibrio B:
K8,853
3385,0
K289
3385,0
TT
AB
Mentre il volume di una massa di gas pari ad 1 kg si ricava tenendo conto del rapporto di
compressione:
15V
V
B
A
kg
m05527,0
15
kg
m829,0
15
VV
3
3
AB
La pressione finale caratteristica dello stato finale della compressione adiabatica può essere ricavata
indifferentemente utilizzando l’equazione generale di stato o la legge di Poisson:
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222
Con la legge di Poisson:
BBAA VpVp
bar3,44Pa1043,431,44
m
N101510
V
Vp
V
Vpp
6
2
54,15
B
AA
B
AAB
Con l’equazione di stato:
BBB TRnVp
bar3,44
m
mN508.433.4
kg
m05527,0
K8,853KKmole
J314.8
kg
Kmoli03452,0
p33
B
Il lavoro fornito al sistema durante la fase di compressione adiabatica è dato da:
ABABAB UUUL
BB TRn2
5U
AA TRn2
5U
K2898,853KKmol
J314.8
kg
Kmol03452,0
2
5TTRn
2
5LL AB3AB
kg
J242.405LL 3AB
FASE N. 2 – CESSIONE DI CALORE A PRESSIONE COSTANTE – ISOBARA B-C
Il gas compresso ad una pressione pari a 44,3 bar ed ad una temperatura di 853,4 K è riscaldato con
una quantità di calore pari a Q seguendo una trasformazione a pressione costante.
La pressione al termine dell’isobara è dunque pari a quella iniziale.
La legge di riferimento è, in questo caso, quella di Gay-Lussac ed il bilancio energetico il seguente:
BCBBCVBCP VVpTTCnTTCnQ
Da cui si ottiene, utilizzando la prima parte:
BCP TTCnQ
P
BCCn
QTT
Sostituendo i termini noti e tenendo conto che, nel caso di gas biatomico – aria standard – il valore
di pC è dato da:
R2
7C P
K8,645.2K792.1K8,853
KKmole
J314.8
2
7
kg
Kmoli03452,0
kg
J000.800.1
K8,853T C
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223
Utilizzando la seconda parte si ottiene:
BCBBCV VVpTTCnQ
BCVBCB TTCnQVVp
Da cui si ottiene:
B
BCVBC
p
TTCnQVV
Sostituendo i valori noti e tenendo conto che la capacità termica a volume costante è, per un gas
biatomico, pari a:
R2
5C V
Si ha:
2
6
3
C
m
N1043,4
K8,8538,645.2KKmol
J314.8
2
5
kg
Kmol03452,0
kg
J000.800.1
kg
m05527,0V
kg
m1714,0V
3
C
Il lavoro che è fornito dal sistema durante l’espansione isobara vale:
ciclokg
J1015,5
kg
m05527,01714,0
m
N1043,4VVpL
53
2
6
BCB1
FASE N. 3 – ESPANSIONE ADIABATICA C-D
Per la fase di espansione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVp2211
2 1
22
1
11VTVT
3
1
22
1
11pTpT
In particolare, dalla 2 , si ottiene la temperatura DT :
1
DD
1
CC VTVT
Tenendo conto che:
K8,645.2T C
kg
m1714,0V
3
C
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224
kg
m829,0VV
3
AD
K3,408.12067,08,645.2829,0
1714,0K8,645.2
V
VTT
4,0
14,11
D
C
CD
Dalla 1 si ottiene la pressione al termine dell’espansione adiabatica:
DDCC VpVp
bar88,4
m
N1088,4
829,0
1714,0
m
N1043,4
V
Vpp
2
5
4,1
2
6
D
C
CD
Il lavoro meccanico ceduto all’esterno durante l’espansione adiabatica può essere determinato
tenendo conto che, non essendoci scambi di calore, deve essere:
DCCDCD UUUL
CC TRn2
5U
DD TRn2
5U
K3,408.18,645.2KKmol
J314.8
kg
Kmol03452,0
2
5TTRn
2
5LL DC2CD
kg
J904.887LL 2CD
RENDIMENTO:
Il rendimento del ciclo si ottiene tenendo conto che il lavoro utile si calcola sommando i lavori
positivi ceduti all’esterno durante la trasformazione isobara e l’espansione adiabatica e sottraendo il
lavoro negativo fornito dall’ambiente durante la compressione adiabatica:
kg
J1098,91005,41088,81015,5LLLL
5555
321U
Tenendo conto che, per ottenere tale lavoro utile, è stata utilizzata una quantità d’energia pari a:
kg
J108,1Q
6
Il rendimento vale:
%44,55100
108,1
1098,9100
Q
L
6
5
U
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225
ESERCIZIO N. 4
CICLO “JOULE” – TURBINA A GAS – N. 2 adiabatiche + N. 2 isobare.
In un ciclo “JOULE” o “BRAYTON” ad aria standard l’aria entra nel compressore ad una pressione
di 1 bar ed a una temperatura di 16°C e ne esce ad una pressione di 5 bar; la temperatura massima
raggiunta nel ciclo è di 870 °C.
Determinare i valori della pressione e della temperatura in corrispondenza dei vertici, il lavoro
richiesto dal compressore, quello sviluppato dalla turbina ed il rendimento del ciclo.
Figura 58 – CICLO “JOULE o BRAYTON” – TURBINA A GAS
Soluzione:
Dati del problema:
2
5
A
m
N10bar1p
K28927316T A
K143.1273870TT CMAX
2
5
B
m
N105bar5P
Kmole
kg97,28M
kg
Kmoli03452,0n
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226
FASE N. 1 – COMPRESSIONE ADIABATICA A-B
Per la fase di compressione adiabatica sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVp2211
2 1
22
1
11VTVT
3
1
22
1
11pTpT
In particolare, dalla 3 , tenendo conto della pressione iniziale e finale, si ottiene:
1
BB
1
AA pTpT
K7,457583,1K2892,0K2895
1K289
P
pTT
4,1
4,0
4,1
4,111
B
AAB
Con il valore della temperatura iniziale e finale, tenendo conto del fatto che l’aria standard è
assimilabile ad un gas biatomico, si possono determinare l’energia interna iniziale e finale e, di
conseguenza, dato che la trasformazione è adiabatica, la quantità di lavoro richiesto all’asse del
compressore:
ABABECOMPRESSOR1 UUULL
kg
J399.328K7,457
KKmol
J314.8
kg
Kmoli03452,0
2
5TRn
2
5U BB
kg
J357.207K289
KKmol
J314.8
kg
Kmoli03452,0
2
5TRn
2
5U AA
kg
J042.121357.207399.328L 1
FASE N. 2 – ESPANSIONE ISOBARA B-C – CAMERA DI COMBUSTIONE
Durante il passaggio in camera di combustione il gas assorbe calore e si espande mantenendo
costante la pressione – pari al valore Bp - e raggiungendo la temperatura massima K143.1T C .
E’ valida la legge per l’isobara:
BCBBCBCP1 VVpUTTCnQ
Si ricava quindi, date le temperature BT e CT nonché il valore della capacità termica molare per un
gas biatomico, il valore della quantità di calore fornito durante l’isobara:
kg
J382.688K7,457143.1
KKmol
J314.8
2
7
kg
Kmoli03452,0Q 1
E, di conseguenza anche il valore del lavoro fornito dal sistema durante l’isobara:
BCBCB2 UQVpL
kg
J399.328K7,457
KKmol
J314.8
kg
Kmoli03452,0
2
5TRn
2
5U BB
kg
J100.820K143.1
KKmol
J314.8
kg
Kmoli03452,0
2
5TRn
2
5U CC
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227
kg
J701.491399.328100.820U BC
kg
J681.196701.491382.688UQVpL BCBCB2
FASE N. 3 – ESPANSIONE ADIABATICA C-D – FASE UTILE ALLA TURBINA
Per la fase d’espansione adiabatica – fase utile in turbina - sono applicabili le leggi di Poisson:
1 tetancosVpVp2211
2 1
22
1
11VTVT
3
1
22
1
11pTpT
In particolare, dalla 3 , tenendo conto che la pressione finale dell’espansione adiabatica
corrisponde alla pressione caratteristica del punto iniziale Ap (per il fatto che la trasformazione
finale D-A è da considerarsi isobara), si ottiene:
1
DD
1
CC pTpT
K37,722632,0K143.15K143.11
5K143.1
P
pTT
4,1
4,0
4,1
4,111
D
C
CD
Con il valore della temperatura iniziale e finale, tenendo conto del fatto che l’aria standard è
assimilabile ad un gas biatomico, si possono determinare l’energia interna iniziale e finale e, di
conseguenza, dato che la trasformazione è adiabatica, la quantità di lavoro fornito all’asse della
turbina:
DCCDTURBINA3 UUULL
kg
J100.820K143.1
KKmol
J314.8
kg
Kmoli03452,0
2
5TRn
2
5U CC
kg
J299.518K37,722
KKmol
J314.8
kg
Kmoli03452,0
2
5TRn
2
5U DD
kg
J801.301299.518100.820ULL CDTURBINA3
FASE N. 4 – COMPRESSIONE ISOBARA D-A
Durante la trasformazione isobara (in realtà la miscela di gas è espulso all’esterno ed altra miscela è
immessa nel compressore) il gas cede calore mentre viene fornito lavoro, mantenendo costante la
pressione – pari al valore AD pp - e raggiungendo la temperatura ambiente K289T A .
E’ valida la legge per l’isobara:
ADBDAADP2 VVpUTTCnQ
Si ricava quindi, date le temperature DT e AT nonché il valore della capacità termica molare per un
gas biatomico, il valore della quantità di calore fornito durante l’isobara:
kg
J319.435K28937,722
KKmol
J314.8
2
7
kg
Kmoli03452,0Q 2
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228
E, di conseguenza anche il valore del lavoro fornito al sistema durante l’isobara:
DADAD4 UQVpL
kg
J299.518K37,722
KKmol
J314.8
kg
Kmoli03452,0
2
5TRn
2
5U DD
kg
J357.207K289
KKmol
J314.8
kg
Kmoli03452,0
2
5TRn
2
5U AA
kg
J942.310357.207299.518U DA
kg
J357.207942.310299.518UQVpL DADAD4
Riepilogando i risultati:
kg
J042.121L 1
Lavoro richiesto all’asse del compressore
kg
J382.688Q 1
Calore fornito nella camera di combustione
kg
J681.196L 2
Lavoro fornito durante l’espansione isobara
kg
J801.301L 3
Lavoro fornito durante l’espansione adiabatica
kg
J319.435Q 2
Calore ceduto allo scarico
kg
J357.207L 4
Lavoro assorbito
Da cui si ottiene:
kg
J083.170357.207042.121801.301681.196LLLLL 2132UTILE
%71,24100382.688
083.170
Q
L
1
U
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229
INTRODUZIONE AL
PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Dallo studio della cinematica e della dinamica provengono le informazioni che permettono di
stabilire relazioni fisiche tra grandezze tipiche della dinamica - quali la massa, la forza, il momento
d’inerzia e la coppia - e le grandezze tipiche della cinematica quali la posizione, la velocità,
l’accelerazione e l’accelerazione angolare.
LEGGI DELLA DINAMICA
Si ricordano, in particolare:
1. Legge d’inerzia o 1° Principio della dinamica
2. Legge del moto o 2° Principio della dinamica
3. Legge d’azione e reazione o 3° Principio della dinamica
4. Il teorema dell’impulso
5. Il teorema di conservazione della quantità di moto
6. Il teorema di conservazione del momento angolare.
LAVORO, POTENZA ED ENERGIA
La Meccanica ci permette poi di introdurre i concetti di lavoro, potenza ed energia definendo anche
quest’ultima come la capacità di un corpo a compiere lavoro in virtù della massa e della velocità di
cui è dotato (Energia cinetica) oltre che alla posizione che occupa nello spazio (Energia Potenziale).
La somma algebrica dell’energia cinetica e potenziale costituisce appunto la quantità di lavoro
meccanico che il corpo potrebbe complessivamente compiere, se messo in condizione di farlo, ed è
comunemente definita Energia Meccanica.
PCM EEE
hgmvm2
1E
2
M
LEGGE DI CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA MECCANICA
Di importanza fondamentale e punto d’inizio dello studio della termodinamica è poi la Legge di
Conservazione dell’Energia Meccanica che stabilisce l’invariabilità della quantità di energia
meccanica posseduta da un corpo sul quale agiscono solo forze conservative.
Essa stabilisce, infatti, che:
In un campo di forze conservative la somma dell’energia cinetica e dell’energia
potenziale (cioè l’energia meccanica) di un corpo in movimento, resta costante
nel tempo. Si intende campo di forze conservative una regione dello spazio in cui agiscono forze per le quali il
lavoro effettuato non dipende dal tipo di percorso o traiettoria del corpo cui sono applicate ma
unicamente dalla posizione iniziale e finale (ad esempio sono campi conservativi il campo
gravitazionale, elettrico e magnetico).
Non è conservativo il campo in cui si generano le forze d’attrito in quanto per tali forze il lavoro
dissipato dipende essenzialmente dal tipo di percorso.
La validità della Legge di Conservazione dell’Energia Meccanica è poi generalizzata anche per
campi di forze non conservative tenendo conto della trasformazione dell’energia meccanica in altre
forme quali, ad esempio, l’energia dovuta ai fenomeni di propagazione del calore, del suono e della
luce, l’energia elastica di deformazione ecc. ecc.
E’ questa estensione del concetto di Conservazione dell’energia a costituire la base della
Termodinamica.
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230
LEGGE DI CONSERVAZIONE ENERGIA MECCANICA - FORZE CONSERVATIVE
E’ possibile citare un solo caso che soddisfa integralmente le condizioni di applicabilità della Legge
di Conservazione, senza estensioni all’energia dispersa, e precisamente al moto di un corpo rigido
in una regione dello spazio nella quale è generato il vuoto assoluto.
Supponendo che il corpo, di massa m , sia fermo e posizionato ad un’altezza 0h ad un istante
iniziale 0t 0 , in un campo di forze gravitazionali da cui risulta un valore di accelerazione
2s
m81,9g (quindi il campo gravitazionale terrestre), si conclude immediatamente che il valore
dell’energia meccanica è pari alla quantità di lavoro esterno che è stato necessario applicare al
corpo per sollevarlo dalla quota nulla di riferimento sino alla quota 0h , perciò:
00tM hgmE
L’energia cinetica 0tCE è evidentemente nulla in quanto nulla la velocità iniziale.
Ad un istante 1t , successivo all’istante iniziale, dopo aver abbandonato il corpo all’attrazione
gravitazionale, il valore della velocità di caduta e la nuova posizione assunta, saranno calcolati:
1011 tgttgv
2
10
2
0101 tg2
1httg
2
1hh
Di conseguenza il valore dell’energia meccanica:
2
111ttM vm2
1hgmE
Sostituendo si ha:
2
1
2
101ttM tgm2
1tg
2
1hgmE
0
2
1
2
101ttM hgmtgm2
1tgm
2
1hgmE
Cioè:
KEE 0tM1ttM
O anche:
0EE 1ttM0tM
Si può quindi concludere che, essendo preso arbitrariamente il tempo per il calcolo dell’energia
meccanica, le relazioni considerate dovranno essere valide indipendentemente dai tempi che
intercorrono tra l’istante iniziale e l’istante precedente al contatto con la superficie di riferimento di
altezza nulla.
L’energia meccanica è quindi costante se il campo di forze è conservativo.
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231
LEGGE DI CONSERVAZIONE ENERGIA MECCANICA - FORZE NON CONSERVATIVE
La legge di conservazione può essere valida anche nel caso in cui il corpo sia soggetto ad una forza
o sistema di forze non conservative, quali, ad esempio, l’attrito dell’aria sulla superficie del corpo
stesso.
Tale forza, contraria alla forza motrice gravitazionale, è definita “Resistenza del mezzo” e risulta
direttamente proporzionale al quadrato della velocità assunta dal corpo nei vari istanti del moto.
Tenere conto della resistenza del mezzo equivale a studiare il fenomeno di caduta dei gravi come
risulta nella quasi totalità dei casi reali.
In questo caso si osserva che la quantità di energia meccanica è, ad ogni istante, inferiore al valore
caratteristico dell’istante iniziale.
Vale quindi la regola:
0EE 1ttM0tM
D1ttM0tM EEE
Ove con il termine DE si indica il valore d’energia dispersa per attrito.
La legge di conservazione in un campo di forze non conservativo, pur diversa nella formulazione,
ha quindi una validità più generale sia per il fatto di tenere conto dell’energia dispersa sia per la
ovvia conclusione che, in ogni caso, l’energia dissipata non può che essere misurata con le stesse
unità di misura utilizzate per misurare l’energia meccanica.
Considerando poi il fatto che, nella maggior parte dei casi, il decremento di energia meccanica
coincide con la comparsa di un’uguale quantità di energia termica (calore), si può concludere che il
calore e l’energia meccanica sono i classici “due volti per una stessa medaglia” cioè due grandezze
omogenee.
CONVERSIONE DELL’ENERGIA MECCANICA IN ENERGIA TERMICA
Dalla Legge di Conservazione dell’Energia Meccanica e dalla sua naturale estensione ai fenomeni
dissipativi dovuti alle forze non conservative appare abbastanza evidente il fatto che, l’aumento di
energia dispersa provoca una diminuzione di energia meccanica rispetto a quella iniziale.
Talvolta si osserva sperimentalmente che l’energia dispersa è pari all’energia meccanica posseduta
inizialmente dal corpo il che, in altre parole, significa che è possibile convertire integralmente in
calore o in altra forma d’energia utilizzabile tutta l’energia meccanica.
Purtroppo il nostro problema essenziale non è la conversione di energia meccanica in energia
termica ma piuttosto il contrario.
E’ pur vero che è anche possibile convertire energia termica in energia meccanica, ma, come si
vedrà più avanti, il Secondo Principio della Termodinamica, impone delle precise limitazioni.
Al contrario l’obiettivo della Termodinamica e, in special modo del 1° Principio, è proprio lo studio
delle svariate possibilità con le quali si ottiene energia meccanica convertendo l’energia termica
ampiamente disponibile.
TEOREMA DELL’ENERGIA CINETICA
Anche il Teorema dell’Energia Cinetica applicato ai corpi solidi e la sua estensione alle masse
liquide e gassose nella forma conosciuta come “Legge di Bernoulli”, prevede l’intervento di forze
dissipative d’attrito la cui presenza comporta la diminuzione d’energia meccanica e la comparsa di
altre forme d’energia, tra le quali quella termica riveste il ruolo più rilevante.
E’ importante osservare che ad ogni decremento d’energia meccanica – per la legge di
conservazione – e ad ogni decremento d’energia cinetica – per il Teorema dell’energia cinetica –
compare un ugual incremento di energia, in special modo, energia termica.
Per adesso ci basta tenere presente che alcune forme d’energia, quali ad esempio, quella termica,
sono, per così dire, meno nobili che quella meccanica in quanto più difficilmente utilizzabili.
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232
PRINCIPIO D’EQUIVALENZA
Dopo aver stabilito che, nei processi o trasformazioni reali, non è possibile la completa
conservazione dell’energia meccanica e dopo aver rilevato sperimentalmente la comparsa di
quantità più o meno abbondanti d’energia in altre forme, specialmente calore, nel momento in cui
quella meccanica diminuisce, si è concluso che la Legge di Conservazione può essere ancora
ritenuta valida a patto di considerare e misurare la nuova forma d’energia – di qualsiasi tipo essa sia
– con il medesimo criterio che si utilizza per l’energia meccanica o il lavoro.
Ovviamente un tale ragionamento sarebbe altrettanto valido, a condizione di introdurre precise
limitazioni al concetto di conversione, se il punto di partenza fosse un’ipotetica e per niente virtuale
Legge di Conservazione dell’energia termica.
Dato che la maggior parte di trasformazioni reali coinvolgono soprattutto lavoro e calore, e
considerando il fatto che l’energia del primo tipo è solitamente misurata in Joule per il
coinvolgimento di grandezze tipiche della meccanica, mentre, quella di secondo tipo in Calorie - per
il coinvolgimento di grandezze tipiche della termologia come la temperatura -, occorre quindi
definire le modalità da utilizzare per uniformare le unità di misura secondo le nostre esigenze di
calcolo.
Le modalità cui si fa riferimento sono quelle indicate nel “Principio d’Equivalenza” dovuto ai
risultati della sperimentazione condotta da Joule tra il 1843 e il 1848.
Il Principio d’equivalenza, oltre a dare precise indicazioni circa il fattore di conversione tra lavoro
meccanico e calore, è, allo stesso tempo, una generalizzazione ai sistemi che seguono
trasformazioni cicliche del PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA.
In altre parole, si può dire che il Primo Principio della Termodinamica costituirà un caso particolare
di una legge generale quale il Principio d’Equivalenza, anche se quest’ultimo non pretende di
entrare nel dettaglio dell’analisi quantitativa.
Viceversa il Principio d’equivalenza costituisce il caso particolare, esteso alle sole trasformazioni
cicliche, dell’importante Primo Principio della Termodinamica.
L’ipotesi di partenza per l’analisi del Principio d’Equivalenza è la seguente considerazione:
Un sistema termodinamico ideale o un sistema materiale che esegue una trasformazione
ciclica tra uno stato iniziale e uno finale, caratterizzati da uguali parametri identificativi, non
può variare il proprio livello energetico immagazzinando o cedendo quote d’energia da o
verso l’esterno.
Il sistema termodinamico o il sistema materiale sono però in grado di scambiare con
l’esterno sia lavoro che calore.
Se il sistema termodinamico fosse assimilato ad un recipiente potremmo pensare all’altezza
di liquido contenuto come alla quantità d’energia iniziale.
Il ciclo potrebbe essere paragonato all’aggiunta d’acqua che innalza il livello e ad un
successivo svuotamento sino a riportarlo alla quota iniziale.
E’ evidente che, terminato il ciclo di riempimento e svuotamento, nessuno è in grado di dire,
dalla sola osservazione del livello finale, se si sono svolte trasformazioni intermedie e, ancor
meno, di descrivere le modalità di svolgimento delle stesse se eventualmente si sono
verificate.
Non esistono prove di ciò che è accaduto in quanto né il recipiente né il liquido contenuto
hanno subito modificazioni.
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233
L’enunciato del Principio d’Equivalenza è il seguente:
Se un sistema materiale o un sistema termodinamico eseguono una trasformazione ciclica
durante la quale il sistema scambia con l’esterno una quantità di lavoro L e una quantità di
calore Q (senza scambio di altre forme d’energia), esiste un rapporto costante tra i valori L
e Q.
Questo rapporto ha un valore universale indipendente dal particolare sistema e dal tipo di
trasformazione.
Il valore del rapporto dipende unicamente dalle unità di misura adottate per l’energia
meccanica e l’energia termica.
Occorre dunque pensare ad una trasformazione ciclica e, a questo scopo, si può ricorrere allo
schema riportato su un diagramma pressione-volume ove un sistema generico parte da uno stato
d’equilibrio 1, subisce una prima trasformazione qualsiasi che conduce allo stato 2 e una seconda
trasformazione qualsiasi che lo riporta esattamente allo stato 1:
Figura 59 – TRASFORMAZIONE CICLICA
Se si interpreta il diagramma secondo lo schema già adottato, relativamente alle equazioni di
bilancio energetico, e introducendo nuovamente il concetto di energia interna posseduta dal sistema,
che è comunque ininfluente, si avrà:
1212112121 ULQLQU
Da cui:
21122112 LLQQ
Oppure:
LQ
Con:
1U Energia posseduta dal sistema allo stato 1
12Q Calore scambiato con l’esterno durante la trasformazione qualsiasi 1-2
21Q Calore scambiato con l’esterno durante la trasformazione qualsiasi 2-1
12L Lavoro meccanico scambiato durante la trasformazione qualsiasi 1-2
21L Lavoro meccanico scambiato durante la trasformazione qualsiasi 2-1
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234
Se il sistema percorre un ciclo le quantità nette di calore e lavoro scambiate complessivamente con
l’esterno sono uguali.
Per cui, se si decide di misurare le quantità di lavoro utilizzando come unità di misura il Joule e le
quantità di calore le Calorie o Kcal, si dovranno ottenere, indipendentemente dal tipo o tipi di
trasformazione eseguiti, valori tali da mantenere costante il rapporto tra le quantità nette di lavoro e
calore, cioè:
JQ
L
QJL
J
1
L
Q
J
LQ
La costante J è definita “EQUIVALENTE MECCANICO DELLA CALORIA” e consente di
misurare in modo omogeneo l’energia meccanica e l’energia termica.
Il valore di J è stato misurato sperimentalmente dallo stesso Joule utilizzando il dispositivo definito
“Mulinello di Joule”:
Kcal
J186.4J
Ciò significa che una quantità di lavoro meccanico pari a 4.186 J equivale ad una quantità di energia
termica o calore pari ad 1 Kcal oppure che una quantità di calore pari a Kcal186.4
1 equivale ad
una quantità d’energia meccanica pari a 1 Joule.
Volendo quindi determinare la quantità di Joule equivalenti ad una determinata quantità di Kcal o
viceversa, occorre:
KcalQKcal
J186.4JL
Viceversa:
Kcal
J186.4
JLKcalQ
Si ricorda che la Kcal è, per definizione, la quantità di calore necessaria ad incrementare di 1 K o
1°C la temperatura (da 14,5° a 15,5°) di una quantità d’acqua distillata pari ad 1 kg e che il Joule è
il lavoro effettuato da una forza pari ad 1 Newton per uno spostamento di 1 metro.
ESPERIENZA DI JOULE PER LA DETERMINAZIONE DI J – MULINELLO DI JOULE
Una determinata quantità d’acqua è collocata all’interno di un recipiente dotato di forte isolamento
termico verso l’ambiente esterno.
Il recipiente contiene un’apparecchiatura ad elica azionata dall’esterno da un sistema di carrucole e
rinvii collegate a due pesi di massa nota posizionate ad una certa altezza da terra.
La quantità d’acqua immessa nel recipiente è bastevole a sommergere completamente
l’apparecchiatura ad elica.
La temperatura iniziale dell’acqua è misurata da un termometro permanentemente inserito nel
recipiente.
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235
Abbandonando i pesi all’azione gravitazionale terrestre, si aziona il mulinello che ruotando fornisce
per attrito una certa quantità di lavoro meccanico all’acqua facendone in questo modo aumentare la
temperatura.
È possibile così determinare la quantità di calore ceduta per attrito all’acqua mentre, misurando
l’abbassamento dei pesi e le relative velocità di moto uniforme si determina il lavoro meccanico
ceduto.
Dal rapporto tra il lavoro ceduto e la quantità di calore acquistata si determina il valore di J.
PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
ED ENERGIA INTERNA
PRINCIPIO DELLO STATO INIZIALE E DELLO STATO FINALE
Come detto precedentemente a proposito del Principio d’Equivalenza, per una trasformazione
ciclica di un qualsiasi sistema termodinamico e per un numero e natura qualsiasi di trasformazioni
che compongono il ciclo, le quantità di calore e lavoro scambiate sono uguali:
LQ Per trasformazioni cicliche
0LQ
Tenendo conto del fatto che ogni trasformazione, per essere rappresentata da una sola linea sul
diagramma pressione-volume, deve essere immaginata come una serie infinita di stati d’equilibrio
successivi (definizione di trasformazione quasi-statica reversibile), si conclude che le quantità di
calore e lavoro scambiate complessivamente con l’ambiente esterno non potranno che essere
costituite dalla sommatoria algebrica di tutte le quantità elementari di calore e lavoro coinvolte negli
infiniti passaggi da uno stato d’equilibrio a quello successivo.
La relazione fondamentale del Principio d’Equivalenza dovrà quindi assumere la forma:
Ni
1i
i
Ni
1i
i LQ N21N21 L.....LLQ.....QQ
In cui i termini iQ e iL rappresentano le quantità elementari di energia termica e meccanica
scambiate durante N stati d’equilibrio che, complessivamente, costituiscono il ciclo.
Il passaggio dalla simbologia della sommatoria a quella con uso degli integrali permette di
riscrivere la relazione nel modo seguente:
dLdQ
Si utilizza dunque il simbolo di integrale esteso ad una linea chiusa ove le funzioni da integrare
sono però da immaginare dipendenti dal tipo di linea e non dal valore dei punti estremi.
Tanto per fare un esempio del significato dell’affermazione, basti pensare che, per passare da uno
stato A ad uno stato B, caratterizzati dallo stesso valore di volume, esistono infinite possibili
trasformazioni tra cui, ad esempio, una trasformazione isocora diretta o la successione di un’isobara
e un’isoterma.
Entrambe conducono allo stesso risultato ma, le quantità di calore e lavoro coinvolte sono
completamente diverse.
Per la trasformazione isocora che, in modo diretto, permette il passaggio dallo stato A allo stato B,
risulta evidentemente nullo il lavoro meccanico scambiato in quanto il sistema non subisce
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236
variazioni di volume, mentre, per le due trasformazioni – isobara e isoterma – si ha un trasferimento
di calore a pressione costante (isobara) e a temperatura costante (isoterma) e scambi di lavoro
meccanico sia durante la trasformazione isobara che quella isoterma.
Figura 60
Sebbene i risultati che si vogliono ricavare siano validi per qualsiasi sistema termodinamico, si
preferisce utilizzare un sistema contenente gas ideale per il quale gli stati d’equilibrio sono
completamente definiti dalla conoscenza dei valori assunti rispettivamente dalla pressione, dal
volume e dalla temperatura assoluta.
Volendo poi utilizzare il diagramma pressione-volume per la rappresentazione delle trasformazioni
subite dal sistema, si ricorda che la temperatura è espressa in funzione della pressione, del volume e
della quantità di moli per mezzo dell’equazione generale di stato.
Supponiamo quindi di individuare due dei possibili stati d’equilibrio del sistema definendo con
"A" il primo e "B" il secondo.
Essi saranno rappresentati sul diagramma pressione-volume da due punti distinti.
Il passaggio dallo stato "A" allo stato "B" può avvenire in modi diversi, reversibili o irreversibili,
ad esempio seguendo le due trasformazioni indicate con e sul diagramma sotto riportato.
Dato che si tratterà di studiare una trasformazione ciclica è necessario indicare, sullo stesso
diagramma, una terza trasformazione - detta di “ritorno” – in grado di riportare il sistema allo stato
"A" iniziale partendo dallo stato "B" .
Indichiamo con r la trasformazione di ritorno.
E’ ovvio, per quanto detto precedentemente, che le tre trasformazioni potranno avere un andamento
qualsiasi alle seguenti condizioni:
, , e r dovranno congiungere ognuna i due stati considerati
e saranno percorse da "A" verso "B"
r sarà percorsa da "B" verso "A"
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237
Figura 61 – TRASFORMAZIONI CICLICHE
Indicando genericamente ed astraendo dai segni algebrici caratteristici, con:
B
A
Calore scambiato durante la trasformazione da “A” verso “B”
LL
B
A
Lavoro scambiato durante la trasformazione da “A” verso “B”
r
rA
rB
r QQ Calore scambiato durante la trasformazione r da “B” verso “A”
r
rA
rB
r LL Lavoro scambiato durante la trasformazione r da “B” verso “A”
E applicando quanto contenuto nel Principio di Equivalenza al ciclo chiuso r , si ottiene:
B
A
Q +
rA
rB
rQ =
B
A
L +
rA
rB
rL rr LLQQ
Cioè:
B
A
Q -
B
A
L =
rA
rB
rL -
rA
rB
rQ 1
rr QLLQ 1
D’altra parte, allo stesso modo di r , anche per il ciclo chiuso r deve valere il Principio
d’Equivalenza, perciò, indicando con:
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238
B
A
Calore scambiato durante la trasformazione da “A” verso “B”
LL
B
A
Lavoro scambiato durante la trasformazione da “A” verso “B”
r
rA
rB
r QQ Calore scambiato durante la trasformazione r da “B” verso “A”
r
rA
rB
r LL Lavoro scambiato durante la trasformazione r da “B” verso “A”
E applicando nuovamente il Principio d’Equivalenza al ciclo chiuso r :
B
A
Q +
rA
rB
rQ =
B
A
L +
rA
rB
rL rr LLQQ
Cioè:
B
A
Q -
B
A
L =
rA
rB
rL -
rA
rB
rQ 2
rr QLLQ
Da cui risulta, confrontando la 1 e la 2 :
B
A
Q -
B
A
L =
B
A
Q -
B
A
L 3
Rinunciando per semplicità alla simbologia integrale, si ottiene:
ABABABAB LQLQ 3
LQLQ
Per cui, considerando che le trasformazioni e prese in esame sono solo due delle infinite che
si possono scegliere e che la regola deve valere per tutte le trasformazioni possibili, si ottiene:
KLQLQ ABABABAB
Il risultato ottenuto costituisce la prima e importante base del PRIMO PRINCIPIO DELLA
TERMODINAMICA.
Quando un sistema termodinamico passa da uno stato "A" d’equilibrio ad uno stato "B"
d’equilibrio, la quantità LQ è indipendente dalla particolare trasformazione seguita,
ma dipende solo dai parametri caratteristici dei due stati.
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239
ENERGIA INTERNA
Come dimostrato prima, quando un sistema termodinamico passa da uno stato "A" ad uno stato
"B" , la quantità di calore Q e la quantità di lavoro L dipendono entrambi dal tipo di
trasformazione eseguita (funzione di linea), mentre, la loro differenza non dipende dal tipo di
trasformazione, ma solo dai parametri che caratterizzano lo stato iniziale e finale.
La differenza tra le quantità di calore e lavoro – entrambe da computare con le stesse unità di
misura in base al principio d’equivalenza – è quindi una costante il cui valore dipende solo dagli
estremi della trasformazione.
Se lo stato "A" è univocamente determinato dalla conoscenza di Ap , AV e se lo stato "B" da Bp ,
BV , allora si potrà tener conto della relazione seguente:
B;AfV,p;V,pfLQ BBAABA
Indicando con B;Af una funzione delle estremità della trasformazione (funzione di punto).
Oppure, considerando che con la Legge generale di stato la conoscenza della pressione e del volume
equivale a conoscere automaticamente la temperatura:
B;AfT;TfLQ BABA
D’altra parte anche la quantità AB
LQ
deve dipendere unicamente dallo stato iniziale e finale
della trasformazione r , quindi:
A;BfLQAB
Ma, dato che le due quantità BA
LQ
e AB
LQ
sono uguali per il Principio d’Equivalenza,
si ottiene:
ABBAABBA LLQQ
0LLQQ ABBAABBA
0LQLQ ABABBABA
Da cui:
0A;BfB;AfLQLQABBA
A1
Da cui si ottiene che il valore della funzione B;Af deve essere uguale e di segno opposto al
valore della funzione A;Bf :
A;BfB;Af
Si immagini ora di considerare un qualsiasi stato intermedio di una qualsiasi trasformazione da "A"
a "B" e di indicare con "O" tale punto caratteristico.
Potendo scegliere un punto qualsiasi su una qualsiasi trasformazione si decide posizionare lo stato
intermedio "O" sulla linea della trasformazione .
Nessun motivo reale giustifica una modifica del ragionamento che seguirà se si decide di scegliere
il punto "O" in un punto qualsiasi della trasformazione o di qualsiasi altra trasformazione il cui
effetto sia di congiungere gli estremi "A" e "B" .
APPUNTI DI FISICA
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240
Allora, visto che la trasformazione da "A" a "B" è, nel complesso, ottenuta dal tratto di
trasformazione da "A" a "O" e dal tratto da "O" a "B" , la relazione di cui al punto A1 può
anche essere ottenuta da:
B;AfLQBA
BOOABA
LQLQLQ
O;AfLQOA
B;OfLQBO
B;OfO;AfLQLQBOOA
Ma, per quanto detto prima:
O;BfB;Of
Quindi:
O;BfO;AfLQLQBOOA
Figura 62 – STATO INTERMEDIO SULLA TRASFORMAZIONE
Considerando che il punto O intermedio è scelto in una posizione qualsiasi della trasformazione ed
è quindi ininfluente ai fini della trasformazione stessa, è possibile concludere che il risultato
LQ deve dipendere solo dai punti estremi presi in esame, cioè:
BfAfLQLQLQBABOOA
I valori delle funzioni Af e Bf sono definiti scambiando il segno algebrico nel modo seguente:
AfAU
BfBU
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241
E la relazione finale costituisce il PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA:
AUBULQ
Per una trasformazione che collega due punti molto ravvicinati:
dUUULQ12
dULQ
Il valore che assume la funzione di punto U è definito “ENERGIA INTERNA” ed ha un valore
determinato per ogni coppia di valori dei parametri che individuano lo stato termodinamico del
sistema.
Il PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA può quindi essere riassunto:
In una qualsiasi trasformazione (reversibile o irreversibile) di un sistema
termodinamico, la quantità di calore scambiata con l’esterno dal sistema è uguale
alla somma della variazione d’energia interna del sistema col lavoro da esso
compiuto.
LdUQ PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
211221 LUUQ
Il PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA costituisce appunto l’estensione del Principio
di Conservazione dell’Energia Meccanica ai processi in cui sono coinvolti scambi di calore e lavoro
cosicché, ad esempio, il calore assorbito dal sistema può essere speso in parte per compiere lavoro
ed in parte essere immagazzinato sotto forma di energia interna.
L’energia interna posseduta dal sistema può essere poi utilizzata sia per riscaldare altri corpi sia per
effettuare lavoro sull’ambiente esterno.
Se un corpo solido ad una certa temperatura è posto a contatto con un altro corpo a temperatura
inferiore si osserva una cessione di calore, mentre il volume rimane costante.
La trasformazione è isocora senza scambi di lavoro e il corpo cede calore diminuendo appunto la
propria energia interna.
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242
ESPERIENZA DI JOULE PER DIMOSTRARE CHE L’ENERGIA INTERNA DIPENDE SOLO
DALLA TEMPERATURA
In particolare, per i gas ideali, Joule dimostrò che l’Energia Interna è una funzione della sola
temperatura (come dimostrato in seguito dalla Teoria Cinetica dei gas) .
TfU
L’apparecchiatura che utilizzò Joule per la dimostrazione è composta da un calorimetro ad acqua
con pareti perfettamente isolate termicamente in cui sono immersi due recipienti collegati tra loro
da un condotto munito di valvola.
Le pareti dei due recipienti e del condotto d’unione sono buoni conduttori termici.
Uno dei due recipienti contiene aria ad alta pressione, mentre nell’altro è praticato il vuoto, mentre
la valvola che li collega è chiusa.
Il calorimetro, i due recipienti, il condotto che li collega e l’aria a pressione contenuta sono allo
stesso livello termico.
I parametri di stato caratteristici dello stato d’equilibrio iniziale cui si trova l’aria in uno dei due
recipienti sono quindi:
1p Pressione iniziale aria
1V Volume iniziale aria
1T Temperatura iniziale aria, recipienti e calorimetro.
Figura 63 – APPARECCHIATURA DI JOULE
L’aria subisce una trasformazione allorché, aprendo velocemente la valvola, si permette una rapida
espansione nel recipiente adiacente.
La pressione e il volume variano in modo quasi istantaneo riducendosi la prima ed aumentando il
secondo mentre, la temperatura dell’aria, dei recipienti e dell’acqua contenuta nel calorimetro non
subisce alcuna variazione.
La trasformazione avviene quindi senza scambi di calore.
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243
D’altra parte anche il lavoro scambiato è nullo in quanto l’espansione non provoca variazioni di
volume né dei recipienti né del calorimetro, inoltre la pressione non ha alcun contrasto in quanto nel
secondo recipiente c’è il vuoto assoluto.
Si conclude che, essendo nullo il calore e il lavoro scambiato, per il Primo Principio della
Termodinamica si ha:
LUUQ12
0Q
0L
Da cui:
0UU12
12UU
E, di conseguenza, l’energia interna caratteristica dello stato iniziale e finale non si è modificata.
La trasformazione subita dall’aria è adiabatica e, nello stesso tempo, isoterma dato che la
temperatura dei sistemi coinvolti non è variata.
Il valore dell’energia interna non dipende quindi né dalla variazione di pressione né dalla variazione
del volume e quindi può essere solo funzione della temperatura.
Un’altra importante conclusione è che le trasformazioni isoterme dei gas perfetti avvengono senza
modificare il valore della funzione Energia Interna mentre le quantità di calore e lavoro scambiate
dal sistema con l’esterno, se misurate entrambe con la stessa unità di misura, si mantengono
costantemente uguali.
Infatti, per un’isoterma si ha:
12UU
0UUdU12
Da cui:
LdUQ
LQ
DIFFERENZA D’ENERGIA INTERNA PER TRASFORMAZIONI ISOCORE – USO DI vC
Considerate poi due isoterme a temperature differenti 1T e 2T i cui punti sono caratterizzati
rispettivamente dalle energie interne 1U e 2U , è indifferente, per quanto riguarda la differenza
12 UU , la posizione dei punti sulle rispettive iperboli.
In particolare i punti possono essere scelti sulla linea verticale che interseca le due isoterme e che
rappresenta, come già detto, una trasformazione isocora.
In questo caso, considerando che la trasformazione isocora non permette scambi di lavoro
d’espansione con l’esterno, il lavoro è nullo ed il Primo Principio della Termodinamica assume la
forma:
0L
dULdUQ
QUUdU 12
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244
Ove, la quantità di calore scambiata durante una trasformazione a volume costante può essere
espressa utilizzando la definizione di capacità termica a volume costante VC :
TCnTTCnQ V12V
Quindi la differenza d’energia interna è anche esprimibile con:
TCndU V
D’altra parte, ricordando la legge di Gay-Lussac relativa alle trasformazioni isocore, l’equazione di
stato e considerando costante il volume:
2
1
12 T
T
pp Legge di Gay-Lussac
Rn
Vp
Rn
VpT
12222
Rn
Vp
Rn
VpT
11111
12
112 pp
Rn
VTTT
Risulta che il calore scambiato e la variazione d’energia interna possono essere anche calcolati:
12
1V12
1V pp
R
VCpp
Rn
VCnQdU
Con:
RCC VP
VV
P
C
R1
C
C
1C
R
V
1
RC V
12
112
1Vpp
1
Vpp
R
VCdU
DIFFERENZA D’ENERGIA INTERNA - TRASFORMAZIONI QUALSIASI – USO DI vC E pC
Se la trasformazione avviene tra due punti qualsiasi appartenenti rispettivamente all’isoterma 1T e
all’isoterma 2T potremo applicare il Primo Principio utilizzando il risultato precedente visto che,
comunque, la differenza d’energia interna non cambia, perciò:
LdUQ
TCndU V
LTCnQ V
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245
Poi, tenendo conto che il lavoro d’espansione L è sempre esprimibile come prodotto della
pressione per la variazione di volume ed è rappresentato dall’area della superficie sottostante la
linea della trasformazione compresa tra i valori del volume iniziale e finale:
VpL
Si ottiene, alla fine:
VpTCnLTCnQ VV
Il calore scambiato per effetto di una trasformazione qualsiasi è pari alla somma del calore
occorrente per una trasformazione isocora tra le temperature caratteristiche delle due isoterme
considerate e del lavoro d’espansione che, invece, dipende dal tipo di trasformazione.
Solitamente, salvo il caso di trasformazione isobara, la pressione è variabile in funzione del volume
e può essere espressa genericamente da:
Vpp
Per cui:
VVpTCnVpTCnQ VV
E il prodotto VVp deve essere calcolato con le regole d’integrazione anche di tipo numerico:
i1i
Ni
1i
ii
V
V
VVVpdVVpVVp
2
1
TRASFORMAZIONI ISOBARE – RELAZIONE DI MAYER TRA CAPACITA’ TERMICHE
Per trasformazioni a pressione costante il prodotto VVp è facilmente determinato da:
1121121 VpVpVVpVVp
Utilizzando l’equazione generale di stato per i gas perfetti e tenendo conto che la pressione è
costante:
12 pp
Si ottiene:
11221121121 VpVpVpVpVVpVVp
TRnTRnTRnVpVpVVp 121122
E quindi il Primo Principio assume la forma:
RCTnTRnTCnVVpTCnQ VVV
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246
D’altra parte, se la trasformazione è isobara, il calore scambiato dipende dalla capacità termica
molare a pressione costante pC :
TCnQ pp
Sostituendo si ottiene nuovamente l’importante relazione Mayer tra le capacità termiche a pressione
e volume costante:
RCTnTCnQ Vpp
Da cui:
RCCVp RELAZIONE DI MAYER
RCCVp
Le capacità termiche molari possono essere anche espresse:
Per quanto riguarda VC :
1
RC
V
Kmole
J Si veda quanto esposto precedentemente
Per quanto riguarda PC :
RCC Vp
pP
V
P
P
C
R
C
C
C
C
PC
R11
11
C
R
P
1
C
R
P
1R
C P
1RC
P
Kmole
J
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247
CONVENZIONI DI SEGNO PER IL CALORE, IL LAVORO E L’ENERGIA INTERNA
Per quanto riguarda i segni algebrici da assegnare rispettivamente al calore e al lavoro scambiati
durante una trasformazione qualsiasi di un sistema termodinamico contenente gas, e all’energia
interna immagazzinata o ceduta dallo stesso gas, si potrà far riferimento al seguente schema:
C A L O R E L A V O R O
L A V O R OC A L O R E
L A V O R OC A L O R E
C A L O R E L A V O R O
T E R M O D IN A M IC O
S IS T E M A
C E D U T O = N E G A T IV O
A S S O R B IT O = P O S IT IV O
A S S O R B IT O = P O S IT IV O A S S O R B IT O = N E G A T IV O
C E D U T O = P O S IT IV OC E D U T O = N E G A T IV O
A S S O R B IT O = N E G A T IV O
C E D U T O = P O S IT IV O
S IS T E M A
T E R M O D IN A M IC O
T E R M O D IN A M IC O
S IS T E M A
S IS T E M A
T E R M O D IN A M IC O
C A L O R E L A V O R O d U 0
L A V O R OC A L O R E d U 0
C A L O R E L A V O R O 0d U= =
L A V O R OC A L O R E
= L A V O R OC A L O R E
C A L O R E L A V O R O
0d U
=d U 0
0d U
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248
ESERCIZI – PRIMO PRINCIPIO TERMODINAMICA
ESERCIZIO N.1
Un pistone scorre a perfetta tenuta in un cilindro verticale contenente un gas perfetto.
Il cilindro e lo stantuffo hanno una sezione trasversale 2cm250S .
Il pistone ha una massa kg50m e si trova inizialmente in equilibrio per l’azione combinata del
peso proprio, della pressione atmosferica e della pressione del gas all’interno del cilindro.
Se si appende una massa M al pistone e si attende che la temperatura del sistema riacquisti il valore
iniziale assorbendo calore da una sorgente termica disponibile e a contatto con le pareti conduttrici
del cilindro, si ottiene un abbassamento del pistone stesso di cm20h .
Determinare il valore della massa M incognita con l’ipotesi che il sistema occupi inizialmente un
volume iniziale 3
A dm15V .
Soluzione:
S O R G E N T E T E R M IC AS O R G E N T E T E R M IC A
S = 2 5 0 c m q
S = 2 5 0 c m q
m = 5 0 k g
M
h = 2 0 c m
Dalla condizione d’equilibrio iniziale e assumendo la pressione atmosferica pari a
2atm
m
N300.101p , si può determinare la pressione interna del gas nel cilindro:
SpgmSp atmA
S
gmp
S
gmSpp atm
atmA
atm806,0
m
N680.81
m025,0
s
m81,9kg50
m
N300.101p
22
2
2A
L’applicazione di una massa M sul pistone provoca l’improvviso abbassamento dello stesso e un
conseguente movimento oscillatorio smorzato sino al raggiungimento di una nuova configurazione
d’equilibrio corrispondente all’abbassamento cm20h , ad un aumento del volume occupato
dal gas e ad una variazione della pressione interna sino al valore Bp .
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249
La nuova configurazione d’equilibrio – da ritenersi ottenuta dopo un certo numero di oscillazioni
smorzate – prevede la seguente situazione:
SpgMmSp atmB
S
gMmpp atmB
La trasformazione subita dal gas nel passare dalla posizione d’equilibrio iniziale al nuovo equilibrio
finale è chiaramente di tipo irreversibile in quanto non è certamente “quasi-statica” ma, pur non
potendo definire in modo determinato le quantità di calore e lavoro scambiate, è certamente
possibile affermare che i parametri di stato iniziali e finali sono gli stessi che si avrebbero nel caso
di una trasformazione isotermica reversibile.
Cioè, in altri termini:
La configurazione d’equilibrio finale, ottenuta mediante l’applicazione improvvisa di tutta la
massa aggiuntiva M , è la stessa che si avrebbe nel caso di aggiunte discrete di piccole
masse sino al raggiungimento della massa complessiva.
D’altra parte, considerando che, alla fine, la temperatura del sistema rimane inalterata, risulta
possibile applicare la legge di Boyle-Mariotte:
BBAA VpVp
E ricavare la pressione finale:
B
AAB
V
Vpp
Con:
hSVV AB
hSV
Vpp
A
AAB
Confrontando le due equazioni della pressione finale, si ottiene:
hSV
Vpp
A
AAB
S
gMmpp atmB
S
gMmp
hSV
Vp atm
A
AA
hSV
VPp
S
gMm
A
AAatm
hSV
VSpSpgMm
A
AAatm
gmhSV
VSpSpgM
A
AAatm
mhSV
V
g
Sp
g
SpM
A
AAatm
kg5250
2,0102501015
1015
81,9
1025081680
81,9
10250300.101M
43
344
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250
ESERCIZIO N. 2
Un corpo di massa kg5,10M , partendo dalla quiete, scende strisciando lungo un piano
inclinato, che forma un angolo 15 con l’orizzontale.
Dopo aver percorso una distanza m5,1L la sua velocità è
s
m9,0v .
Supponendo trascurabile la resistenza dell’aria, si calcoli il calore sviluppato per attrito.
Soluzione:
E’ valida la legge di conservazione dell’energia meccanica estesa ai fenomeni dissipativi per
intervento di forze non conservative.
In questo caso si suppone che l’energia dispersa sia quella termica dovuta all’attrito radente tra le
superfici a contatto e al movimento del corpo.
Supponendo che il corpo sia posto ad un’altezza h dalla superficie di riferimento e che, all’istante
iniziale la sua velocità sia nulla, l’energia meccanica posseduta – pari al lavoro che è stato
necessario per sollevarlo in quota – si calcola con:
hgmE1M
Dopo aver percorso la distanza m5,1L sul piano inclinato, il corpo si troverà ad un’altezza pari
alla differenza tra l’altezza iniziale e il dislivello h :
388,0hhhh 112
Con:
m388,015senm5,1senLh
Considerando che in tale punto la velocità è
s
m9,0v 2 , si calcola l’energia meccanica
posseduta:
2
21
2
222C2P2M vm2
1hhgmvm
2
1hgmEEE
In virtù della Legge di Conservazione dell’energia meccanica:
D2M1M EEE
2
2112M1MD vm2
1hhgmhgmEEE
2
2D vm2
1hgmE
mN71,35
s
m9,0kg5,105,0m388,0
s
m81,9kg5,10E
2
22
2D
L’energia termica dispersa per attrito è quindi un tipo d’energia degradata rispetto all’originale
energia meccanica in quanto contribuisce al riscaldamento del corpo in movimento, al
riscaldamento del piano d’appoggio e al riscaldamento dell’aria circostante.
Volendo calcolare il calore totale generato dall’attrito si deve tenere conto del coefficiente
d’equivalenza J :
cal53,8
cal
J186,4
J71,35
cal
J186,4
JEQ
D
Si perviene allo stesso risultato partendo dal presupposto che tutto il lavoro meccanico resistente
delle forze d’attrito sia disperso sottoforma d’energia termica.
Il lavoro resistente eseguito dalle forze d’attrito si può calcolare con il teorema dell’energia cinetica:
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251
CEL
AP LLL
ACPCC EEE
PL Lavoro positivo della componente della forza peso
AL Lavoro negativo delle forze d’attrito
PCE Energia cinetica dovuta alla sola componente della forza peso in assenza attrito.
Calcoliamo dunque l’energia cinetica che dovrebbe avere il corpo, dopo aver percorso lo spazio sul
piano inclinato, con l’ipotesi di assenza delle forze d’attrito.
2
FPC vm2
1E
tav F
2
P
s
m54,2seng
m
Fa
N66,2615sen
s
m81,9kg5,10sengmF
2P
2ta
2
1S
a
S2t
seng
S2sengv F
Ssengmseng
S2sengm
2
1vm
2
1E
222
FPC
mN17,40m5,126,0
s
m81,9kg5,10E
2PC
Calcoliamo ora l’energia cinetica che il corpo possiede realmente, cioè con presenza delle forze
d’attrito:
mN25,4
s
m9,0kg5,10
2
1vm
2
1E
2
222
FREALEC
La differenza tra l’energia cinetica che avrebbe posseduto il corpo in assenza delle forze d’attrito e
l’energia cinetica reale, corrisponde dunque all’energia dissipata e trasformata in energia termica:
J92,3525,417,40EEE RCPCD
E’ anche possibile determinare il valore della forza d’attrito e il coefficiente d’attrito dinamico:
SFE AD
N95,23
m5,1
mN92,35
S
EF
DA
AdNPA KcosgmKFF
24,0
966,0
s
m81,9kg5,10
N950,23
cosgm
FK
2
AAd
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252
ESERCIZIO N. 3
Un cilindro orizzontale, isolato termicamente dall’ambiente esterno, contiene del gas fortemente
compresso e chiuso da un pistone mantenuto bloccato da un fermo removibile applicato al cilindro
stesso.
Con l’ipotesi di conoscere i parametri caratteristici sia del gas contenuto nel cilindro sia del pistone
a tenuta stagna, si determini la temperatura del gas, quando, eliminato il blocco del pistone, esso
raggiunge la velocità fv .
Pa1020p5
i Pressione iniziale
3
i dm10V Volume iniziale
gr20m gas Quantità di gas espressa in grammi
gr1000M .Pist Massa del pistone espressa in grammi
mole
gr1P .molec Peso molecolare gas
s
m30v .f
Soluzione:
m = 1 k g
v = 3 0 m /s
v = 0 m /s
m = 1 k gV = 1 0 d m c
p = 2 b a r
Con l’equazione generale di stato determiniamo la temperatura iniziale del sistema termodinamico:
Rm
PVp
RP
m
Vp
Rn
VpT
gas
.molecii
.molec
gas
iiiii
Lo sblocco del pistone provoca la brusca espansione del gas con calo della pressione, veloce
aumento di volume e abbassamento della temperatura.
Tali considerazioni sono derivate dal fatto che il cilindro è isolato termicamente e il sistema non
può quindi scambiare calore con l’ambiente esterno.
La trasformazione del gas sarà quindi adiabatica e dovrà essere quindi valido il Primo Principio
della Termodinamica espresso nel modo seguente:
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253
LdUQ
0Q
0LdU
LUU if
LUU fi
D’altra parte, il pistone, spinto dall’espansione del gas, si muoverà di moto accelerato non uniforme
sino a raggiungere la velocità fv alla quale corrisponde un valore d’energia cinetica pari a:
2
ffC vM2
1E
Dal teorema dell’energia cinetica, considerando nulla la velocità iniziale, si ricava immediatamente
la quantità di lavoro applicata dal gas al pistone:
2
fiCfC vM2
1EEL
Quindi la differenza d’energia interna:
2
ffi vM2
1UU
La differenza d’energia interna tra lo stato iniziale e finale della trasformazione si può anche
esprimere utilizzando l’equazione del Primo Principio applicata ad una trasformazione isocora
senza scambio di lavoro:
ififVif TTR
2
3nTTCnQUU
Per cui, sostituendo, si ha:
if
2
f TTR2
3nvM
2
1
if
2
f TTRn3vM
Rm3
vMPTT
gas
2
f.molec
if
Rm3
vMPTT
gas
2
f.molec
if
Ricordando l’espressione della temperatura iniziale:
3
vMVp
Rn
1
Rm3
vMP
Rm
PVpT
2
fii
gas
2
f.molec
gas
.moleciif
3
s
m30kg1
m10
m
N1020
Kmole
mN314,8
mole
gr1
gr20
1T
2
22
32
2
5
f
mN300mN1020
Kmole
mN314,8mole20
1T
3
f
K0,118mN700.19mN
K106mN700.19
K
mN28,166
1T
3
f
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254
K28,120314,820
1101020
Rm
PVp
RP
m
Vp
Rn
VpT
25
gas
.molecii
.molec
gas
iiiii
E i parametri di stato finali:
iii TRnVp
fff TRnVp
ffii VpVp
Da cui si ottiene: 1
ff
1
ii VTVT
34.0
1
31
1
f
ii
1
f
iif dm5,10
00,118
28,120dm10
T
TV
T
TVV
Pa1068,18V
TRnp
5
f
ff
ESERCIZIO N. 4
Un cilindro, al cui interno può scorrere senza attrito un pistone, è posto in comunicazione,
attraverso un condotto chiuso da una valvola ad apertura automatica, con un serbatoio in pressione.
Lo spazio libero del cilindro, avente una lunghezza cm20L , contiene del gas ad una pressione
bar1p 1 , mentre, nel serbatoio è contenuto gas ad una pressione bar4p 2 .
Sapendo che la valvola si apre automaticamente, quando la pressione del gas nel cilindro è uguale
alla pressione del gas nel serbatoio, determinare lo spostamento minimo del pistone necessario
all’apertura della valvola nei seguenti casi specifici:
1. Il pistone è mosso molto lentamente verso il fondo del cilindro
2. Il pistone è mosso in modo molto veloce verso il fondo del cilindro
Soluzione:
F
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255
Nel primo caso è possibile far riferimento ad una trasformazione isotermica con variazione
continua della pressione e del volume mentre la temperatura si mantiene inalterata per
assorbimento o cessione di calore dall’ambiente esterno.
Durante la trasformazione isoterma deve essere valida la legge di Boyle-Mariotte ed è quindi
possibile determinare lo spostamento minimo del pistone sapendo che, alla fine della
trasformazione, la pressione nel cilindro dovrà uguagliare quella del gas nel serbatoio:
2211 VpVp
2
112
p
pVV
Con:
LSV1
xLSV 2
x Spostamento minimo del pistone
L Lunghezza iniziale cilindro
S Superficie pistone e cilindro
Si ricava quindi il valore dello spostamento incognito:
2
1
p
pLSxLS
2
1
p
pLxL
cm15
bar4
bar11cm20
p
p1Lx
2
1
Nel secondo caso è possibile far riferimento ad una trasformazione adiabatica con variazione
della pressione, del volume e della temperatura.
La trasformazione adiabatica segue la legge di Poisson:
2211 VpVp
1
2
11
2
112
p
pV
p
pVV
1
2
1
p
pLSxLS
1
2
1
p
pLxL
1
2
1
p
p1Lx
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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256
Supponendo di utilizzare aria standard il coefficiente 4,1 :
cm57,124
1120x
4,1
1
ESERCIZIO N. 5
Un cilindro contenente una quantità di idrogeno pari a g1m H è collegato mediante supporti
rigidi ad un sistema di sollevamento a fune e carrucole.
L’espansione del gas provoca il movimento del pistone e il conseguente azionamento del sistema di
sollevamento.
Il sistema di sollevamento è collegato ad un corpo di massa kg7,115M , posizionato su di un
piano inclinato con angolo di 30° rispetto all’orizzontale ove può scorrere senza attriti.
L’espansione del gas avviene secondo un’isoterma reversibile e trascina il corpo per un tratto di
lunghezza m2L misurato lungo il piano inclinato sollevandolo quindi ad un dislivello h .
Lo stato d’equilibrio finale è determinato dai parametri seguenti:
bar013,1p f
dm2,11V f
Si vuole determinare:
1. Le condizioni iniziali del gas
2. La quantità di calore assorbita dal gas durante l’espansione.
3. La quantità di calore che sarebbe necessario fornire al gas, a volume costante, per riportarlo
alla pressione iniziale.
Soluzione:
S O R G E N T E T E R M IC A
1. Si determina subito la quantità di calore assorbita dal gas durante la trasformazione
isotermica.
Considerando che l’energia interna rimane costante, l’espressione del Primo Principio è
semplificata:
LdUQ
0dU
LQ
APPUNTI DI FISICA
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257
L’energia termica assorbita è uguale al lavoro complessivamente svolto.
Il lavoro che deve essere applicato al corpo, dal pistone spinto dal gas in espansione, è pari
all’incremento d’energia potenziale tra la fase iniziale e finale del sollevamento.
Tale lavoro si calcola quindi:
1P2P EEL
E, supponendo nulla l’energia potenziale all’inizio del sollevamento:
J135.1EL 2P
mN135.130senm2
s
m81,9kg7,115senLgmhgmE
22P
Il calore assorbito deve quindi essere:
Kcal27,0
Kcal
J186.4
J135.1J135.1Q
2. La temperatura finale del gas è pari alla temperatura iniziale in quanto la trasformazione è
isotermica. Per determinare la temperatura si utilizza l’equazione di stato:
Rn
VpTT
ffif
Con:
moli5,0
mole
g016,2
g1
P
mn
M
H
C0K93,272
Kmoli
mN314,8moli5,0
m102,11
m
N10013,1
TT
33
2
5
if
Per la determinazione del volume iniziale o della pressione iniziale si utilizza ancora il
Primo Principio partendo dalla considerazione che le quantità di calore e lavoro scambiate
sono uguali e dal fatto che il lavoro scambiato durante una trasformazione isoterma è
calcolato con:
i
f
i
f
p
plogTRn
V
VlogTRnQL
D’altra parte il lavoro scambiato è già stato calcolato in termini di differenza d’energia
potenziale, quindi:
mN135.1p
plogTRn
V
VlogTRnL
i
f
i
f
Si ottiene quindi:
mN135.1V
VlogTRn
i
f
APPUNTI DI FISICA
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258
00038,1
K93,272Kmole
mN314,8moli5,0
mN135.1
V
Vlog
i
f
00038,1VlogVlog if
00038,1VlogVlog fi
412,100038,12,11logVlog i
3412,1
i dm10,4eV
Per la pressione iniziale si può ora utilizzare l’equazione di stato:
23
i
i
m
N724.276
101,4
K93,272Kmoli
mN314,8moli5,0
V
TRnp
Al termine della trasformazione il pistone del sistema termodinamico e il corpo collegato al
sistema devono aver raggiunto una configurazione d’equilibrio stabile in cui il sistema di
forze applicato ha risultante nulla.
La configurazione d’equilibrio stabile è espressa dalla seguente relazione:
sengmSpSp atmf
30sengmppS if
2
5if
m44,0
10013,0
5,081,97,115
pp
30sengmS
3. La quantità di calore che sarebbe necessario fornire al gas per riportarlo, a volume costante,
alla pressione iniziale si calcola utilizzando l’equazione del Primo Principio e la Legge di
Gay-Lussac per una trasformazione isocora:
LdUQ
0L
TCndUQ V
f
2
f
2
T
T
P
P
K50,745
bar013,1
bar767,2K93,272
p
pTT
f
2f2
Una volta calcolata la temperatura finale dell’isocora si determina il calore assorbito:
TCnQ V
RCC VP
VV
P
C
R1
C
C
VC
R1
1C
R
V
1
1
R
C V
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259
1
RC V
mN911.493,2725,74514,1
Kmoli
mN314,8
moli5,0T1
RnQ
Kcal17,1
Kcal
J186.4
J911.4Q
ESERCIZIO N. 6
La figura seguente illustra due processi reversibili a cui viene sottoposta la stessa quantità di gas
perfetto.
Le curve AT e BT sono isoterme, le trasformazioni 32 e 65 sono isobare, mentre le 13
e 46 sono isocore.
Dimostrare che i lavori e le quantità di calore messe in gioco nei due processi 1321 e
4654 sono uguali.
Soluzione:
V
p
1
2
3 4
5
5
Per quanto riguarda il primo ciclo chiuso 1321 la quantità di lavoro è data dalla
differenza tra il lavoro positivo relativo all’espansione isotermica 21 e il lavoro negativo
relativo alla trasformazione isobara 32 .
Il lavoro relativo alla trasformazione 13 è nullo in quanto isocora.
Quindi:
32211321 LLL
Con:
1
2A21
V
VlogTRnL
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260
BABA332232232 TTRnTRnTRnVpVpVVpL
BA
1
2A1321 TT
V
VlogTRnL
Allo stesso modo la quantità di lavoro per il ciclo chiuso 4654 è data da:
BA
4
5A4654 TT
V
VlogTRnL
Sottraendo le quantità di lavoro relative ai due cicli si ottiene:
LLL 46541321
BA
4
5ABA
1
2A TT
V
VlogTRnTT
V
VlogTRn
4
5
1
2A
V
Vlog
V
VlogTRn
6
5
3
2A
V
Vlog
V
VlogTRn
Con:
2
B
3
B3
p
TRn
p
TRnV
5
B
6
B6
p
TRn
p
TRnV
Per cui:
5
B
5
2
B
2A
p
TRn
Vlog
p
TRn
VlogTRn
0T
Tlog
T
TlogTRn
p
TRn
5p
TRn
log
p
TRn
p
TRn
logTRn
B
A
B
AA
5
B
A
2
B
2
A
A
Si è quindi dimostrato che il lavoro scambiato nei due cicli è identico in quanto la loro differenza è
nulla.
Per quanto riguarda il calore e tornando sul ciclo chiuso 1321 , si deduce:
1332211321 QQQQ
Con:
1
2A21
V
VlogTRnQ
BAP32 TTCnQ
BAP32 TTCnQ
BAVBAP
1
2A1321 TTCnTTCn
V
VlogTRnQ
VPBA
1
2A1321 CCTTn
V
VlogTRnQ
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261
RTTnV
VlogTRnQ BA
1
2A1321
BA
1
2A1321 TT
V
VlogTRnQ
Allo stesso modo per il ciclo chiuso 4654 :
BA
4
5A4654 TT
V
VlogTRnQ
Facendo la differenza tra le due quantità di calore ed utilizzando quanto ottenuto precedentemente si
ottiene ancora un risultato nullo a dimostrazione che anche le quantità di calore scambiate sono
identiche per i due cicli:
1321Q 4654Q
BA
1
2A TT
V
VlogTRn 0TT
V
VlogTRn BA
4
5A
Con:
B
A
4
5
1
2
T
Tlog
V
Vlog
V
Vlog
ESERCIZIO N. 7
Un pneumatico d’automobile è gonfiato ad un valore di pressione differenziale (relativamente alla
pressione atmosferica) atm8,1p i .
Dopo un certo tempo di guida la pressione differenziale sale ad un valore atm2p f .
Nell’ipotesi che l’aria si comporti come un gas perfetto e che il volume interno del pneumatico
rimanga invariato al valore 3dm50V , si vuole determinare la variazione d’energia interna
dell’aria del pneumatico corrispondente alla variazione di pressione riscontrata.
Soluzione:
La trasformazione del gas all’interno del pneumatico è chiaramente isocora.
Il Primo Principio è applicato tenendo conto che il lavoro d’espansione è nullo, perciò:
LdUQ
0L
if UUdUQ
D’altra parte, per una trasformazione isocora:
ifV TTCnQ
1
T
TTCnQ
i
fiV
Utilizzando l’equazione di stato o la legge di Gay-Lussac si ottiene:
Rn
VpT
fff
Rn
VpT
iii
i
f
i
f
p
p
T
T
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262
Per cui:
1
p
pTCnQ
i
fiV
Utilizzando ancora l’equazione di stato:
iii TRnVp
R
VpTn
iii
1
p
p
R
CVpQ
i
fVii
RCC VP
VV
P
C
R1
C
C
1C
R
V
1
RC V
U1
p
p
1
VpQ
i
fii
J500.21
18.1
12
4,0
m05,0
m
N1018,1
U
3
2
5
ESERCIZIO N. 8
Un sistema termodinamico costituito da cilindro e pistone contiene aria. Il pistone ha una superficie
2dm1S ed è contrastato sulla faccia esterna da una molla vincolata in modo fisso all’estremità
opposta a quella applicata al pistone.
La costante elastica della molla è
m
N10k
4
e .
Nelle condizioni iniziali l’aria occupa nel cilindro un volume 3
i dm4V , alla pressione
bar1p ì e alla temperatura C27t i . La pressione atmosferica sulla faccia superiore del
pistone, ove è applicata un’estremità della molla, ha un valore bar1p atm e la molla è in
posizione neutra.
Supponendo che si verifichi una trasformazione reversibile, determinare la quantità di calore Q
necessaria a provocare un’espansione del gas e un conseguente innalzamento del pistone per un
valore cm10h .
Da notare che la trasformazione sarà un’espansione accompagnata da un aumento di volume quindi
non può trattarsi di una trasformazione semplice.
APPUNTI DI FISICA
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263
Soluzione:
S O R G E N T E T E R M IC A
Il gas contenuto nel cilindro dovrà necessariamente espandersi, mentre, allo stesso tempo, si
incrementa la pressione per compensare l’effetto di compressione provocato dalla forza elastica,
variabile con lo spostamento, della molla esterna.
Allo stato iniziale la molla è in posizione di riposo quindi il pistone deve essere in equilibrio per
effetto della pressione interna del gas e della pressione atmosferica esterna.
Si ritiene il pistone privo di peso.
Considerando che la trasformazione è reversibile – ottenuta cioè mediante una successione
infinitamente lunga di stati d’equilibrio successivi – si deduce che, per ognuno di essi, deve
comunque essere soddisfatto il Primo Principio della Dinamica o Legge d’Inerzia, nel senso che
deve essere nulla la risultate delle forze esterne ed interne applicate al pistone.
La pressione del gas all’interno del cilindro al termine della trasformazione e, con la molla al
massimo della compressione, si calcola dunque:
hkSpSp elatmf
bar2
m
N102
m10
m10m
N10
m
N10
S
hkpp
2
5
22
14
2
5maxelatmf
Dall’equazione di stato e dalla conoscenza della pressione iniziale e finale e del volume iniziale e
finale, è possibile determinare l’incremento di temperatura del gas:
fff TRnVp
iii TRnVp
ii
ff
ì
f
Vp
Vp
T
T
K750
m104bar1
m105bar2K27273
Vp
VpTT
33
33
ii
ffif
33123
maxif m10510101104hSVV
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264
Utilizzando poi il Primo Principio della termodinamica:
LdUQ
Con:
ifVif TT
1
RnTCnUUdU
moli16,0
K300Kmole
mN314,8
m104
m
N10
TR
Vpn
33
2
5
i
ii
J1496K30075014,1
Kmoli
mN314,8
moli16,0dU
Mentre il lavoro eseguito è pari all’area della superficie sottostante alla linea della trasformazione
reversibile compresa tra il valore del volume iniziale e finale.
La variazione di pressione è lineare, quindi l’area è quella di un trapezio:
J150m10m102
m
N)10210(
V2
ppL
1222
55
fi
La quantità di calore necessaria per la trasformazione è quindi:
Kcal393,0J646.1150496.1Q
ESERCIZIO N. 9
Un sistema gassoso chiuso compie una trasformazione quasi statica e reversibile, durante la quale è
ceduta all’esterno una quantità di calore Q pari a 25 kJ, mentre il volume passa da 3
1 m5V a
3
2 m2V , e la pressione resta costante al valore bar5p 0 .
Determinare la variazione di energia interna del gas.
Soluzione:
Si applica il Primo Principio della Termodinamica:
LdUQ
La trasformazione è isobara e la quantità di calore è ceduta all’esterno con conseguente
raffreddamento del gas.
Dato che la variazione di volume è negativa ne consegue che il sistema gassoso riceve una quantità
di lavoro da considerarsi positivo.
Per cui, dall’equazione di bilancio energetico:
21 ULQU
LQUUdU 12
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265
3
2
5
1212 m52
m
N105mN000.25VVpJ000.25UU
kJ525.1mN1015mN000.25UU5
12
ESERCIZIO N. 10
Un sistema termodinamico, al quale è fornito calore, compie un lavoro di 250 J. Sapendo che, alla
fine del processo, l’energia interna è aumentata di 25 J, determinare la quantità di calore assorbito.
Supponendo che il gas contenuto nel sistema sia ossigeno – biatomico - e che la sua quantità sia pari
a 150 kg, determinare la differenza di temperatura tra lo stato finale e lo stato iniziale.
Soluzione:
Indipendentemente dal tipo di trasformazione subita e in base al Primo Principio della
Termodinamica, la differenza d’energia interna tra lo stato finale e lo stato iniziale è data da:
LUULdUQ if
Di conseguenza il calore assorbito:
J275J250J25Q
kcal1057,6
kcal
J186.4
1J275Q
2
Per quanto riguarda la seconda parte dell’esercizio:
Si tratta di un gas biatomico per il quale il rapporto tra capacità termica molare a pressione costante
e volume costante può essere assunto:
40,1
La differenza d’energia interna dU dipende esclusivamente dalla quantità di gas e dalla differenza
di temperatura tra i due stati d’equilibrio per il tramite della capacità termica molare a volume
costante:
ifV TTCndU
La differenza di temperatura è quindi:
V
ifCn
dUTT
Occorre calcolare il numero di moli:
moli5,687.4
mole
g32
kg
g000.1kg150
P
mn
.mol
Il valore della capacità termica molare a volume costante, che è possibile ricavare dalla relazione di
Mayer con l’ipotesi di trattare il gas biatomico come gas ideale, è data da:
RCC VP
VV
P
C
R1
C
C
VC
R1
1
RC V
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266
Per cui, sostituendo si ottiene:
K106,2K00026,0
140,1
Kmole
J314,8
moli5,687.4
J25TT
4
if
La temperatura finale è lievemente superiore a quella iniziale. Ciò è comprensibile per il fatto che le
quantità di energia accumulata sottoforma d’energia interna è piccola ed è invece notevolmente
grande la quantità di gas coinvolta nel processo.
ESERCIZIO N. 11
Un gas si espande compiendo un lavoro di 5 J. La sua energia interna diminuisce di 15 J.
Determinare il valore del calore scambiato e discuterne il segno algebrico.
Se la quantità di gas è pari 0,35 moli e se la temperatura iniziale del sistema è di 100 °C,
determinare il calo di temperatura dovuta alla sola fornitura di lavoro e il calo di temperatura
complessivo.
Soluzione:
Il lavoro è compiuto dal sistema sull’ambiente esterno e deve essere quindi considerato uscente dal
sistema. Se il gas non potesse scambiare calore con l’esterno la quantità di lavoro compiuto
abbasserebbe l’energia interna di una pari quantità.
Siccome però l’energia interna diminuisce di 15 J – una diminuzione maggiore della quantità di
lavoro – occorre immaginare che il sistema ceda all’esterno una quantità di calore pari alla
differenza.
Con il Primo Principio:
LUULdUQ if
J10J5J15Q
In questo caso si considera positivo il lavoro fornito dal sistema all’ambiente.
L’abbassamento di temperatura dovuta alla sola fornitura di lavoro senza scambio di calore, può
essere determinato immaginando una prima trasformazione adiabatica per la quale la quantità di
lavoro è pari alla diminuzione d’energia interna:
LTCndU V
VCn
LT
Sempre con gas biatomico, si ottiene:
K68,0
314,835,0
140,15
1
Rmoli35,0
J5T
L’abbassamento di temperatura dovuto al raffreddamento è invece determinato immaginando una
trasformazione isocora senza scambio di lavoro con calore ceduto uguale a decremento dell’energia
interna, per cui:
K37,1
Kmoli
J
1
Rmoli35,0
J10
Cn
dU
Cn
QT
VV
1
La temperatura finale sarà quindi:
C95,9768,037,1C100T F
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267
ESERCIZIO N. 12
Il calore sviluppato dalla combustione di 400 grammi di benzina è fornito a un sistema che subisce
una trasformazione cui compete una variazione di energia interna dU pari a 1,245 MJ.
Sapendo che il potere calorifico della benzina è
gr
cal10
4 e che il 20% del calore sviluppato è
perso, si determini il lavoro compiuto dal sistema durante la trasformazione.
Soluzione:
Dalla combustione di 400 grammi di benzina si ottiene una quantità di calore pari a:
J1067,1kcal
J186.4kcal000.4cal104
g
cal10g400Q
764
La percentuale di calore assorbito dal sistema è pari all’80% del calore sviluppato:
J1034,180,01067,1Q77
Parte del calore assorbito è trattenuto dal sistema sottoforma d’incremento d’energia interna,
mentre, la parte restante è convertita in lavoro meccanico.
Il lavoro meccanico è dato dalla differenza tra il calore assorbito e la variazione d’energia interna:
MJ15,12J1015,12245,14,1310J10245,11034,1L6667
ESERCIZIO N. 13
Un gas è contenuto in un recipiente cilindrico, avente raggio cm10R , chiuso da un pistone
scorrevole. Il pistone esercita su gas una forza di 60 N. Il gas assorbe una certa quantità di calore e
la sua energia interna aumenta di 40 J, mentre il volume occupato aumenta di 3dm5 . Determinare
la quantità di calore assorbito.
Determinare inoltre le temperature iniziali e finali della trasformazione supponendo che nel
recipiente cilindrico sia contenuta una quantità di idrogeno pari a 0,01 grammo e che il volume
iniziale sia pari a 15 litri.
Soluzione:
Vale il Primo Principio e la trasformazione è chiaramente isobara.
La quantità di calore assorbita è data da:
LdUQ
La quantità di lavoro uscente dal sistema, da considerarsi quindi positiva per l’ambiente, si
determina tenendo conto del fatto che la trasformazione avviene a pressione costante, quindi:
VpL
Con il valore della pressione:
Per cui:
J55,9m105
m
N910.1L
33
2
Quindi il calore:
kcal1018,1J55,49J55,9J40Q2
222
m
N910.1
m1,0
N60
A
Fp
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268
Con la legge di stato si determina il volume iniziale del gas:
K19,689
Kmole
mN314,8
mole
g2
g10
m1015
m
N910.1
Rn
VpT
2
33
2i
i
La temperatura finale si può determinate con:
TCnQ P
PCn
QT
Utilizzando la relazione di Mayer:
RCC VP
PP
V
P
P
C
R
C
C
C
C
PC
R11
PC
R1
1RC P
Si ricava:
K56,340
40,1Kmole
J314,8
mole
g2
g10
140,1J55,49
Rn
1QT
2
Per cui la temperatura finale è:
K75,029.156,34019,689TTT if
ESERCIZIO N. 14
Un cilindro chiuso da un pistone a tenuta e scorrevole, contiene 5 moli di gas perfetto
monoatomico. Sul pistone è posta una massa di 1,2 kg. Il sistema è inizialmente in equilibrio con
l’ambiente alla temperatura di 300 K. Determinare il lavoro compiuto dal gas, il calore da esso
assorbito e la variazione di energia interna quando il gas raddoppia il proprio volume per effetto di
un aumento di temperatura.
Soluzione:
Dall’equazione di stato applicata ai due stati d’equilibrio, si ottiene:
111 TRnVp
222 TRnVp
Dal rapporto e dalla considerazione che la pressione rimane costante, mentre il volume raddoppia:
1
2
11
22
T
T
Vp
Vp
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269
1
2
1
1
T
T
V
V2
K600T2T 12
La quantità di calore assorbita è data dalla relazione:
TCnQ P
Con:
1
RC P
Con:
67,1 per gas monoatomico
Per cui:
kJ31J084.31K30067,0
67,1Kmole
J314,8
moli5T1
RnQ
La variazione d’energia interna può essere calcolata tenendo presente che sarebbe la stessa se la
variazione di temperatura avvenisse a volume costante:
kJ63,18J613,18K3001
Kmole
JR
moli5TCndU V
La quantità di lavoro si può ottenere, per differenza, dall’applicazione del Primo Principio:
LdUQ
kJ45,12kJ63,18kJ08,31dUQL
ESERCIZIO N. 15
Un gas perfetto monoatomico, che si trova nelle condizioni iniziali 11 V,p , subisce una
trasformazione termodinamica caratterizzata, nel piano pressione-volume, da una relazione lineare.
Nello stato finale la pressione e il volume del gas sono aumentati e valgono 22 V,p .
Determinare la quantità di calore assorbita, il lavoro compiuto e la variazione d’energia interna del
gas.
Soluzione:
In questo caso, dato che non compaiono valori numerici definiti, le quantità richieste dall’esercizio
saranno determinate in modo del tutto generale.
Considerando che la trasformazione è di tipo lineare e che sia la pressione che il volume subiscono
incrementi nel passaggio dallo stato uno allo stato due, si potrà scrivere:
V
ppVkpp 11
Con:
V
p
VV
ppk
12
12
La quantità di lavoro compiuto dal sistema è data dall’area della superficie sottostante la linea della
trasformazione e compresa tra il volume iniziale e il volume finale.
Tale superficie è un trapezio rettangolo, per cui si ha:
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270
12
12VV
2
ppL
La variazione d’energia interna vale, per un gas monoatomico:
112212V VpVp
2
3TTRn
2
3TCndU
Con:
R2
3R49,1R
7,6
10
67,0
R
167,1
R
1
RC V
La quantità di calore è determinata con il Primo Principio tenendo conto che sia la variazione
d’energia interna che il lavoro compiuto sono da considerarsi positivi:
12121122 VVpp
2
1VpVp
2
3Q
ESERCIZIO N. 16
In una trasformazione isocora un fluido assorbe una quantità di calore pari a cal5Q .
Determinare il lavoro compiuto e la variazione d’energia interna.
Soluzione:
La trasformazione è isocora per cui il lavoro meccanico d’espansione è nullo.
Di conseguenza la variazione d’energia interna è pari al calore assorbito.
Esprimendo la variazione d’energia in Joule:
J93,20cal
J186,4cal5cal5dU
ESERCIZIO N. 17
Un gas perfetto alla temperatura di 30 °C subisce una trasformazione isoterma e successivamente
una trasformazione isobara. Sapendo che, alla fine del processo, il volume è triplicato e la pressione
è dimezzata, determinare, in funzione del volume iniziale 0V , il volume del gas alla fine della
trasformazione isoterma e la temperatura del gas.
Soluzione:
Durante la trasformazione isoterma la temperatura è costantemente pari al valore iniziale, mentre, il
volume aumenta progressivamente al diminuire della pressione.
E’ valida la legge di Boyle-Mariotte:
1100 VpVp
Il volume, alla fine della trasformazione isoterma, è quindi dato da:
0
1
01 V
p
pV
Ma, al termine della trasformazione isoterma, la pressione è dimezzata rispetto a quella iniziale e si
manterrà poi costante sino al termine della trasformazione isobara successiva, quindi:
2
ppp
0f1
Per cui:
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271
00
0
00
1
01 V2V
p
2pV
p
pV
Durante la trasformazione isobara finale si mantiene costante la pressione, pari al valore 2
p 0 ,
mentre, il volume subisce un ulteriore incremento pari al valore del volume iniziale 0V per essere
alla fine pari a 02 V3V .
La temperatura finale della trasformazione isobara si determina con la legge di Gay-Lussac:
1
2
1
2
T
T
V
V
C34,181K5,445273305,1T2
3
V2
V3T
V
VTT 0
0
00
1
202
ESERCIZIO N. 18
Una quantità di gas perfetto monoatomico pari a moli75,0n , inizialmente a temperatura
ambiente, subisce una compressione isotermica che aumenta la pressione del %5 , quindi una
trasformazione isobara che aumenta il volume del %7 . Determinare il lavoro eseguito dal sistema
sull’ambiente e la variazione d’energia interna nel corso dell’intera trasformazione.
Soluzione:
Per quanto riguarda la prima trasformazione isoterma si considera nullo il lavoro eseguito dal
sistema sull’ambiente in quanto la compressione isotermica richiede lavoro dall’esterno; è anche
nulla la variazione d’energia interna in quanto la temperatura non subisce variazione (per
definizione d’isoterma).
Per la prima trasformazione risulta indifferente applicare l’equazione di stato o la legge di Boyle-
Mariotte:
111 TRnVp
122 TRnVp
2211 VpVp
1
1
11
2
112 V95,0
p05,1
pV
p
pVV
Con:
12 p05,1p
Durante la successiva trasformazione isobara si ha un incremento di volume, rispetto a quello
terminale della trasformazione isoterma, del 7%, per cui:
1123 V0165,1V95,007,1V07,1V
La quantità di lavoro eseguito dal sistema sull’ambiente è data da:
11111232 TRn0698,0Vp0698,095,00165,1Vp05,1VVpL
J129TRn0698,0L 1
La quantità di lavoro eseguito dall’ambiente sul sistema è:
J95v
V95,0logK298
Kmole
J314,8moli75,0
V
VlogTRnL
1
1
1
21
La quantità di lavoro complessivamente ceduto all’ambiente è quindi:
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272
J3495129L
La variazione d’energia interna è data tenendo conto della sola trasformazione isobara:
TCndU V
11111212 V95,0p05,1V0165,1p05,1
7,6
10nRTnRT
1
1TT
1
RndU
J193TRn7,6
698,00698,0
7,6
Vp10dU 1
11
ESERCIZIO N. 19
Una miscela di diversi gas perfetti si trova nelle condizioni iniziali 00 V,p .
Determinare il rapporto tra le capacità termiche a pressione e volume costante della miscela,
sapendo che, se una quantità di calore Q viene assorbita dalla miscela in una isocora, la pressione
finale vale 1p , mentre, se la stessa quantità Q viene assorbita in un’isobara il volume finale vale
1V .
Soluzione:
Dall’isocora e dall’isobara, uguagliando le quantità di calore:
01
00001V pp
1
VVpVp
1
1T
1
RnTCnQ
isocora
0010P VpVp
1TCnQ
isobara
01
001
0pp
1
VVV
1
p
010010 ppVVVp
010
010
VVp
ppV
ESERCIZIO N. 20
Una certa quantità di calore Q è fornita ad un gas monoatomico contenuto in un recipiente chiuso
di volume costante. La stessa quantità di calore è fornita ad un’uguale massa dello stesso gas che,
però, è contenuta in un recipiente chiuso da un pistone scorrevole senza attrito e tenuto in equilibrio
dal suo peso e dall’effetto della pressione atmosferica.
In entrambi i casi si rileva una variazione della temperatura.
Se nel primo caso la variazione di temperatura è T , quanto sarà quella relativa al secondo caso?
Soluzione:
Dall’isocora:
TCnQ V
Dall’isobara (secondo caso):
1P TCnQ
Per cui:
1PV TCTC
T5
3T5988,0
67,1
TTT
C
CT
P
V
1
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ESERCIZIO N. 21
Un gas perfetto subisce una trasformazione adiabatica in cui compie un lavoro di 20 J. Determinare
la variazione d’energia interna.
Determinare inoltre la differenza di temperatura al termine della trasformazione, supponendo il gas
biatomico e in quantità pari a 0,005 moli.
Soluzione:
La trasformazione adiabatica non consente scambi di calore.
Tutto il lavoro è fornito a spese dell’energia interna.
In questo caso il sistema compie lavoro verso l’esterno a spese della propria energia interna, quindi,
in base al Primo Principio si ha:
LdUQ
J20LUUdU if
LUU if
L’energia interna finale è quindi ridotta, rispetto all’iniziale, di una quantità pari a 20 J.
Se il gas perfetto è biatomico si ottiene la seguente riduzione di temperatura:
TCndU V
K4,192
Kmole
J314,8moli005,0
140,1J20
1
Rn
dU
Cn
dUT
V
ESERCIZIO N. 22
Un gas ideale occupa inizialmente un volume di 32m103
quando è sottoposto ad una pressione
pari a Pa105 . Il gas subisce la seguente trasformazione ciclica:
1. Mantenendo costante la pressione esso si espande occupando un volume di 32m105
2. Successivamente, mantenendo costante il volume, il gas è sottoposto a pressioni crescenti
sino al valore di Pa1035
3. Subisce poi una trasformazione ancora a pressione costante sino ad occupare un volume pari
a 32m103
4. Infine ancora una trasformazione isocora sino al valore di pressione iniziale di Pa105
Determinare il lavoro totale compiuto dal sistema.
Soluzione:
Il lavoro complessivo compiuto dal sistema è pari all’area della superficie racchiusa tra le due
isobare (una superiore, l’altra inferiore) e le due isocore.
La rappresentazione sul diagramma di Clapeyron (pressione volume) è quella della figura
sottostante.
Il lavoro complessivamente svolto dal sistema è negativo in quanto il ciclo chiuso è percorso in
senso antiorario.
D’altra parte, qualora non si prendesse in esame il senso di percorrenza, basterebbe ragionare nel
modo seguente:
Durante la trasformazione isobara da 1 a 2 il gas si espande fornendo all’esterno un lavoro che
risulta positivo in quanto uscente dal sistema (in questo caso si ragiona in modo opposto a quanto
previsto con le formule di bilancio energetico).
Tale lavoro è pari all’area del rettangolo compreso tra l’isobara e l’asse orizzontale di riferimento.
Durante la seconda trasformazione isobara il gas viene compresso da un’azione esterna.
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274
Il lavoro è quindi da considerarsi negativo ed entrante nel sistema (uscente dall’esterno).
Tale lavoro è raffigurato dall’area del rettangolo maggiore ed è quindi superiore al lavoro positivo.
Durante le due trasformazioni isocore non viene scambiato lavoro d’espansione; quindi il lavoro
complessivo è dato dalla differenza tra le aree dei due rettangoli oppure all’area del rettangolo
rappresentativo del ciclo.
2143 LLL
J106m102
m
N103VVpL
332
2
5
12443
J102m102
m
N101VVpL
332
2
5
12121
kJ4J104L3
L
ESERCIZIO N. 23
Un recipiente, chiuso da un pistone a tenuta e scorrevole senza attrito, contiene un gas perfetto
monoatomico. Con una trasformazione quasistatica reversibile è dimezzato il volume iniziale.
Durante il processo la variazione di temperatura è la metà di quella che si avrebbe se il processo
fosse adiabatico.
Determinare di quanto è variata percentualmente la temperatura assoluta alla fine del processo.
Soluzione:
Se la trasformazione avvenisse in modo adiabatico la differenza d’energia interna sarebbe uguale al
lavoro scambiato dal sistema.
Dato che il volume è dimezzato rispetto allo stato iniziale, si tratterebbe dunque di una
compressione adiabatica accompagnata da un aumento della temperatura.
La variazione d’energia interna sarebbe comunque uguale all’ipotetica quantità di calore che
occorrerebbe fornire al sistema, a volume costante, cioè:
TCndU V
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275
Con:
R2
3
167,1
R
1
RC V
Quindi:
1211122 p2pV
4
3VpVp
2
3TRn
2
3TR
2
3ndU
121 p2pV4
3dU
Rn
dU
3
2T
La variazione di temperatura durante il processo reale reversibile è quindi data da:
Rn3
dUT aleRe
ESERCIZIO N. 24
Una data massa di gas subisce la trasformazione rappresentata in figura in cui variano pressione e
volume. Se il gas passa dallo stato P allo stato R seguendo le trasformazioni PQ e QR, assorbe 8 J
di calore e compie un lavoro di 3 J.
Se invece il passaggio di stato avviene secondo le trasformazioni PS e SR, il gas compie un lavoro
di 1 J. Determinare il calore scambiato in questo secondo caso.
Soluzione:
La differenza d’energia interna tra lo stato R e lo stato P è indipendente dal tipo e numero di
trasformazioni ed è quindi uguale sia nel primo che nel secondo caso.
Applicando il Primo Principio alla prima serie di trasformazioni si ottiene:
LdUQ
J538LQdU
E alla seconda serie di trasformazioni:
J615LdUQ
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ESERCIZIO N. 25
Una bombola, contenente 1,5 moli di elio alla temperatura ambiente di 20 °C e alla pressione
atm10p 0 , è collegata mediante una valvola e un sottile capillare ad un recipiente vuoto, chiuso
da un pistone mobile a tenuta e di massa trascurabile.
Quando la valvola viene aperta il gas fluisce abbastanza lentamente, in modo da poter considerare
costante la temperatura.
Sul pistone mobile agisce la pressione atmosferica normale.
Determinare il lavoro fatto dal gas e il calore scambiato con l’ambiente durante la trasformazione
descritta.
Soluzione:
La trasformazione si suppone isoterma in quanto reversibile e senza variazioni di temperatura e di
energia interna.
Ciò significa che, durante l’espansione del gas nel secondo recipiente vuoto, occorre fornire
dall’esterno la quantità di calore necessaria a mantenere costante la temperatura che, in caso
contrario, si abbasserebbe sfruttando l’energia interna.
Il Primo Principio è quindi applicato all’isoterma nel modo seguente:
LQ
Con l’equazione di stato è possibile determinare il volume iniziale del gas:
33
2
0
0 m1061,3
m
N300.10110
K293Kmole
mN314,8moli5,1
p
TRnV
La variazione di volume si determina tenendo conto della legge di Boyle-Mariotte e del fatto che,
alla fine della trasformazione, la pressione del gas deve essere uguale alla pressione atmosferica.
1100 VpVp
323
1
00
1 m1061,3300.101
1061,3300.10110
p
VpV
Il lavoro d’espansione è quindi dato da:
J314.8
1061,3
1061,3logK293
Kmole
J314,8moli5,1
V
VlogTRnL
3
2
0
1
Il calore occorrente per l’espansione isotermica è assorbito dal gas dall’ambiente esterno e la sua
quantità è pari al lavoro d’espansione:
J314.8Q
Qualora l’espansione si verificasse senza scambi di calore con l’esterno, quindi secondo
un’adiabatica, occorrerebbe utilizzare l’equazione di Poisson nel modo seguente:
1100 VpVp
3267,1
1
33
1
1
0
01 m10433,11
10m1061,3
p
pVV
La temperatura al termine dell’espansione adiabatica si calcolerebbe con:
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K116
Kmoli
mN314,85,1
m10433,1
m
N300.101
Rn
VpT
32
211
1
La variazione d’energia interna (si tratta di un decremento) si calcola con:
J294.3177167,1
314,85,1293116
1
RnTTCndU 01V
In questo caso il sistema non scambia calore con l’ambiente esterno.
ESERCIZIO N. 26
Un cilindro di volume 100 litri è realizzato con un materiale termicamente isolante e contiene una
parete mobile, pure isolante, a tenuta e in grado di scorrere senza attrito posizionata, all’inizio della
trasformazione, a metà del cilindro. Ciascuna delle due parti del cilindro contiene gas perfetto
monoatomico alla stessa temperatura di 0°C e alla stessa pressione di 1 atmosfera.
Una resistenza elettrica scalda lentamente il gas della parte sinistra fino a quando la parete non ha
compresso il gas della parte destra a 2,5 atmosfere.
Determinare:
1. La temperatura finale dei due gas
2. Il lavoro compiuto sul gas di destra
3. La quantità di calore fornita dalla resistenza al gas di sinistra
Soluzione:
In ognuna delle due parti il volume occupato dal gas, allo stato iniziale, è pari alla metà del volume
complessivo del cilindro, per cui è possibile determinare con l’equazione di stato il numero di moli:
moli23,2
K273Kmole
mN314,8
m1050
m
N300.101
TR
Vpn
33
2
La dilatazione del gas della parte di sinistra, provocata dall’apporto di calore della resistenza, spinge
la parete mobile verso destra riducendo il volume ed incrementando la pressione del gas nella parte
di destra sino al valore di 2,5 atmosfere.
Dato che il cilindro e la parete mobile sono isolati termicamente, la trasformazione subita dal gas
contenuto nella parte destra deve essere adiabatica e regolata dalla legge di Poisson:
2211 VpVp
E’ quindi possibile calcolare il volume finale del gas nella parte destra:
3267,1
1
33
1
2
112 m1089,2
5,2
1m1050
p
pVV
Con l’equazione di stato si determina la temperatura finale del gas nella parte destra:
C7,121K394
Kmoli
mN314,8moli23,2
m1089,2
m
N300.1015,2
Rn
VpT
32
222
2
Il gas contenuto nella parte sinistra, riscaldato dalla resistenza elettrica, aumenta il proprio volume
al valore:
323233m1011,7m1089,2m10100V
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278
La temperatura del gas nella parte sinistra è ancora ricavato con l’equazione di stato tenendo conto
che la pressione deve essere pari a quella del gas della parte di destra, cioè 2,5 atmosfere:
C698K971
Kmoli
mN314,8moli23,2
m1011,7
m
N300.1015,2
Rn
VpT
32
22
Il lavoro eseguito sul gas contenuto nella parte di destra, sottoposto alla trasformazione adiabatica, è
pari all’incremento d’energia interna in quanto senza scambio di calore, vale il Primo Principio:
LdUQ
0Q
LdU
Con:
J348.3273394167,1
Kmole
J314,8
moli23,2TT1
RnTCndU 1fV
Per quanto riguarda il calore assorbito dal gas contenuto nella parte di sinistra, esso si può ricavare
tenendo conto dell’aumento d’energia interna causata dall’incremento di temperatura e del lavoro,
positivo, fornito dal gas di sinistra al gas di destra, uguale evidentemente a quello prima calcolato:
LdUQ
J663.22J348.3K273971167,1
Kmole
J314,8
moli23,2LTT1
RnQ if
ESERCIZIO N. 27
Una massa di 2 grammi d’elio alla temperatura di 0 °C è racchiusa in un cilindro di volume iniziale
pari a 2 litri. Il gas è riscaldato in modo da mantenere costante il rapporto V
p fino a quando volume
e pressione sono raddoppiati. Quindi il riscaldamento continua con un’isobara fino a raggiungere un
volume di 5 litri.
Successivamente, con un’isocora, la pressione è ridotta al valore iniziale.
Infine il gas è riportato nelle condizioni iniziali con un’altra trasformazione isobara.
Disegnare nel piano di Clapeyron il diagramma del ciclo e determinare i valori dei parametri di
stato ai vertici del ciclo.
Calcolare poi il calore ed il lavoro scambiati in ogni trasformazione ed il segno algebrico
dell’energia scambiata.
Soluzione:
Dal peso molecolare dell’elio e dalla quantità di gas contenuta nel cilindro, si ricava il numero di
moli:
moli5,0
mole
g4
g2
P
mn
M
Con il numero di moli e gli altri dati si ricava il valore della pressione iniziale:
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kPa567
m
N430.567
102
K273Kmole
mN314,8moli5,0
V
TRnp
231
i
Il primo vertice del ciclo è quindi caratterizzato dai seguenti parametri di stato:
K273T1
33
1 m102V
21
m
N430.567p
Il secondo vertice è caratterizzato dai parametri:
33
2 m104V
222
m
N860.134.1
m
N430.5672p
K091.1
Kmole
mN314,8moli5,0
m104
m
N860.134.1
Rn
VpT
33
222
2
Il terzo vertice dai parametri:
23
m
N860.134.1p
33
3 m105V
K365.1
Kmole
mN314,8moli5,0
m105
m
N860.134.1
Rn
VpT
33
233
3
Il quarto vertice dai parametri:
24
m
N430.567p
33
4 m105V
K682
Kmole
mN314,8moli5,0
m105
m
N430.567
Rn
VpT
33
244
4
Infine il quinto vertice, coincidente con il primo:
K273TT 15
33
15 m102VV
215
m
N430.567pp
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Per la prima trasformazione, dal vertice 1 al vertice 2:
J777.6702.1075.5LdUQ 21 Positivo quindi assorbito dal gas
J075.5K273091.1167,1
Kmole
J314,8
moli5,0TCndU V21
positivo
J702.1m102
m
N
2
860.134.1430.567V
2
ppL
33
21221
21
positivo
Per la seconda trasformazione isobara, dal vertice 2 al vertice 3:
J834.2134.1700.1LdUQ 323232 Positivo quindi assorbito dal gas
J700.1K091.1365.1167,1
Kmole
J314,8
moli5,0TCndU 32V32
positivo
J134.1m101
m
N860.134.1VpL
33
232232
positivo
Per la terza trasformazione isocora, dal vertice 3 al vertice 4:
J237.4LdUQ 434343 Negativo quindi ceduto dal gas
0L 43
J237.4365.1682167,1
314,85,0TTCndU 34V43
negativo
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Per la quarta trasformazione isobara, dal vertice 4 al vertice 1:
J806.4269.2J537.2LdUQ 141414 Negativo quindi ceduto
dal gas
J537.2K682273167,1
Kmole
J314,8
moli5,0TCndU 14V14
J269.2m104
m
N430.567VpL
33
214114
La prova con utilizzo del Principio d’equivalenza:
0LQ
6.777+2834-4.237-4.806=1.702+1.134-2.269
568=567
ESERCIZIO N. 28
Un cilindro, chiuso nella parte superiore da un pistone mobile, contiene una certa quantità di elio.
Con una trasformazione molto lenta, rappresentata nel piano di Clapeyron da una retta, l’elio è
portato dallo stato A, caratterizzato da kPa40p A , 3
A dm3V e K300T A , allo stato B,
caratterizzato da kPa150p B , 3
B dm1V .
Determinare la temperatura del gas nello stato B.
Determinare il massimo valore della temperatura raggiunto dal gas durante la trasformazione ed il
valore della pressione corrispondente a tale stato.
Determinare il calore scambiato dal gas con l’ambiente esterno durante la trasformazione.
Successivamente il gas viene riportato dallo stato B allo stato iniziale A mediante una
trasformazione isocora seguita da una trasformazione isobara.
Determinare il lavoro utile compiuto nel ciclo.
Soluzione:
Con l’equazione di stato e sapendo che il peso molecolare dell’elio è
mole
g4 , si ricava il numero
di moli e la massa di elio contenuto nel cilindro:
moli048,0
K300Kmoli
mN314,8
m103
m
N000.40
TR
Vpn
33
2
A
AA
Ancora con l’equazione di stato si calcola la temperatura del gas nello stato B:
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K375
Kmole
mN314,8moli048,0
101
m
N000.150
Rn
VpT
3
2BB
B
Durante la trasformazione si raggiunge il massimo valore di temperatura, quando il prodotto Vp è
massimo tra tutti quelli possibili.
Utilizzando il diagramma della trasformazione:
2
xx X55X55X150150X1X13
40150150Vp
Il prodotto è massimo quando la derivata della funzione è orizzontale e quindi nulla.
La derivata della funzione è:
0X11055150
86,0110
95X
Quindi il massimo prodotto è: 3
1086,1V
7,10286,055150p
K478
Kmole
mN314,8moli048,0
1086,1
m
N700.102
Rn
VpT
3
2XX
max
Il calore scambiato durante la trasformazione si ricava dall’equazione del Primo Principio:
J14519067,44LdUQ Calore negativo quindi ceduto all’esterno.
Con:
J67,44300375167,1
Kmole
J314,8
048,0TCndU V
J19010132
ppL
3BA
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283
ESERCIZIO N. 29
Una quantità di 0,2 moli di gas perfetto sono contenuti in un recipiente cilindrico dotato di pistone
mobile a tenuta e di massa trascurabile. Il sistema è in equilibrio con l’ambiente esterno ad una
temperatura di 20 °C ed alla pressione normale di 1 atmosfera.
In questa condizione il pistone si trova a 50 cm d’altezza rispetto al fondo del cilindro.
Determinare il raggio del cilindro.
Soluzione:
La pressione del gas all’interno del cilindro è ovviamente uguale alla pressione atmosferica perché,
se non lo fosse, il pistone, di massa trascurabile non potrebbe essere in equilibrio.
Con l’equazione di stato è quindi possibile determinare il volume del gas:
3
2
m00481,0
m
N300.101
K293Kmole
mN314,8moli2,0
p
TRnV
Con il volume calcolato e utilizzando l’altezza del pistone dal fondo è possibile calcolare il raggio
del cilindro:
Vhr2
cm53,5m0553,0m50,014,3
m1081,4
h
Vr
33
ESERCIZIO N. 30
Due moli di gas biatomico subiscono una trasformazione a pressione costante. Il volume occupato
dal gas alla temperatura K300T è 33m1020V
.
Successivamente il gas occupa i volumi 33
1 m1040V
, 33
2 m1050V
e
33
3 m1060V
.
Determinare la temperatura del gas in questi tre stati, la quantità di lavoro e calore scambiato con
l’esterno e la variazione d’energia interna considerando lo stato finale cui corrisponde il volume
massimo.
Determinare inoltre la quantità di calore che bisogna fornire per ogni secondo al gas se si desidera
che la trasformazione avvenga in un tempo di 3 ore.
Se fosse possibile sfruttare tutta l’energia interna posseduta dal gas mediante un’espansione
adiabatica, quanto lavoro fornirebbe il gas all’ambiente esterno?
Soluzione:
Si utilizza la legge di Gay-Lussac relativamente alle trasformazioni isobare:
00 T
T
V
V
Da cui si ottiene:
0
0V
VTT
Quindi:
K600
1020
1040K300
V
V300T
3
3
0
11
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284
K750
1020
1050K300
V
V300T
3
3
0
22
K900
1020
1060K300
V
V300T
3
3
0
3
3
Considerando che la trasformazione è isobara e utilizzando il Primo Principio della termodinamica
si ottiene:
kJ918,34976,9942,24LdUQ
Con:
kJ942,24K300900140,1
Kmole
J314,8
moli2TT1
RnTCndU 03V
J976.9m10201060
m
N420.249VpL
333
2
233
0
0
m
N420.249
m1020
K300Kmole
mN314,8moli2
V
TRnp
La quantità di calore, riferita all’unità di tempo, che occorre fornire al gas per far avvenire la
trasformazione in un tempo di 3 ore, è data da:
Watt22,3s
cal77,0
s
Kcal107,7
ora
s3600ore3
Kcal
J186.4
J918.34
t
4
La quantità di lavoro che sarebbe possibile estrarre dal gas pensando di utilizzare tutta l’energia
interna è pari alla variazione d’energia interna se si considera nulla l’energia interna alla
temperatura K0T - cioè lo “zero assoluto”:
J413.37K900140,1
Kmole
J314,8
moli209001
RndUL
ESERCIZIO N. 31
Una quantità d’azoto 2N pari a 1,12 grammi è riscaldata da -10 °C a 70 °C. Determinare la
variazione d’energia interna.
Soluzione:
Dato che l’azoto biatomico ha un peso molare di
mole
g28 si ottiene il numero di moli:
moli04,0
mole
g28
g12,1n
La variazione d’energia interna è quindi data da:
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285
J51,66263343140,1
Kmole
J314,8
moli04,0T1
RnTCndU V
ESERCIZIO N. 32
Una mole di gas perfetto è contenuta in un recipiente chiuso, munito di un pistone che esercita una
pressione costante sul gas. Il gas si trova inizialmente alla temperatura di 0 °C.
Determinare il lavoro compiuto dal gas quando è riscaldato alla temperatura di 100 °C.
Soluzione:
Si tratta di una trasformazione isobara in cui il lavoro è determinato dalla formula:
ifi VVpL
D’altra parte la variazione di volume è regolata dalla legge di Gay-Lussac:
1
f
i
f
T
T
V
V
i
fif
T
TVV
Considerando che si tratta di una mole di gas alla temperatura normale di 0 °C, è risaputo che il
prodotto pressione per volume, nelle condizioni iniziali, è uguale al prodotto della pressione per il
volume specifici per quella determinata temperatura 00 Vp con:
20
m
N300.101p
3
0 dm41,22V
J54,270.2m10414,22
m
N300.101Vp
33
200
Quindi la pressione iniziale reale del gas contenuto nel recipiente è data da:
J54,270.2VpVp 00ii
i
iV
J54,270.2p
Elaborando quindi la formula del lavoro:
i
if
3
i
3
ii
i
fi
3
i
ifiT
TT
mV
mVJ54,270.2V
T
TV
mV
J54,270.2VVpL
J69,831
273
273373
1
J54,270.2L
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286
ENTALPIA
Si è detto che un qualsiasi stato d’equilibrio del gas, contenuto in un sistema termodinamico, è
definito in modo univoco dai valori assunti dalle tre variabili di stato:
T Temperatura
p Pressione
V Volume
C’è inoltre da dire che la temperatura, la pressione ed il volume, pur essendo variabili di stato, non
possono assumere valori completamente indipendenti uno dall’altro.
La legge che regola le possibili variazioni e l’interdipendenza delle tre variabili di stato è
“L’equazione generale di stato dei gas perfetti”:
TRnVp Equazione generale di stato
Proprio utilizzando l’equazione generale e le conseguenti relazioni inverse ci si rende conto che
ogni parametro di stato, preso singolarmente, dipende comunque sempre dagli altri due.
Infatti:
1) V
Tk
V
TRnp
V,Tfp
2) p
Tk
p
TRnV
p,TgV
3) Vpk
1
Rn
VpT
V,phT
L’interpretazione delle relazioni inverse è semplice:
1) Supponendo di fissare un determinato valore della temperatura d’equilibrio T ed un
determinato valore del volume occupato dal gas V, esiste un solo valore della pressione p
che soddisfa le condizioni d’equilibrio relativamente ad una quantità di moli n .
Sul diagramma Vp ciò significa aver determinato in modo univoco l’iperbole
caratteristica della temperatura T e risolvere il sistema formato dall’equazione
dell’iperbole stessa e da tutte le equazioni caratterizzate dal volume costante. Ogni
sistema permette una sola soluzione rappresentativa del valore di pressione tipico del
punto d’incrocio dell’iperbole con la retta a volume costante.
2) Supponendo di fissare un determinato valore della temperatura d’equilibrio T ed un
determinato valore della pressione dal gas p , esiste un solo valore del volume V che
soddisfa le condizioni d’equilibrio relativamente ad una determinata quantità di moli n .
Sul diagramma Vp ciò significa aver determinato in modo univoco l’iperbole
caratteristica della temperatura T e risolvere il sistema formato dall’equazione
dell’iperbole stessa e da tutte le equazioni caratterizzate da pressione costante. Ogni
sistema permette una sola soluzione rappresentativa del valore del volume tipico del
punto d’incrocio dell’iperbole con la retta a pressione costante.
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287
3) Supponendo di fissare un determinato valore della pressione d’equilibrio p ed un
determinato valore del volume occupato dal gas V , esiste un solo valore di temperatura T
che soddisfa le condizioni d’equilibrio relativamente ad una determinata quantità di moli n .
Sul diagramma Vp ciò significa risolvere il sistema formato dalle equazioni delle
rette rappresentative di pressione e volume costante. Ogni sistema permette una sola
soluzione rappresentativa del valore di temperatura T tipico del punto d’incrocio delle
due rette.
D’altra parte anche l’energia interna U può essere considerata come parametro di stato in quanto
dipende unicamente dal valore della temperatura T cui si trova il gas.
E’ però chiaro che ad ogni determinato valore dell’energia interna U corrispondono infinite coppie
dei parametri pressione e volume in grado di soddisfare le condizioni d’equilibrio del gas.
Ogni valore di energia interna è, infatti, rappresentato da una singola isoterma, perciò ogni punto
appartenente all’isoterma determina i valori dei parametri pressione e volume tipici dell’equilibrio.
Per un gas monoatomico l’energia interna, da quanto emerso dalla Teoria Cinetica dei gas, è:
AA TRn2
3U
Da cui si può determinare univocamente il valore di temperatura:
A
AA U
3
2
k
1
Rn3
U2T
Ed i rispettivi valori delle coppie p,V:
1
A
1
A
1
A1
V
U
3
2
V
U3
2
k
1
kV
TRnp
1
A
1
A
1
A1
p
U
3
2
p
U3
2
k
1
kp
TRnV
Anche il prodotto Vp , essendo costituito da due variabili di stato principali, può essere utilizzato
come una funzione di stato e lo stesso discorso è valido per ogni altra grandezza ottenuta dalla
combinazione di parametri di stato principali.
Una funzione di particolare importanza è quella ottenuta sommando l’energia interna U (funzione
della sola temperatura assoluta) al prodotto Vp caratteristico di ogni stato d’equilibrio.
Se l’energia interna U è costante significa che tutti gli stati d’equilibrio sono posizionati sulla stessa
isoterma caratterizzata anche dal prodotto Vp costante.
Si conclude allora che, per ogni isoterma e per ogni stato d’equilibrio appartenente alla stessa, la
somma VpU è costante.
La nuova grandezza fisica che così si ottiene ha quindi un valore costante se la trasformazione è
isotermica.
Considerando che l’energia interna U ed il prodotto Vp rappresentano ognuno una grandezza
energetica omogenea da misurarsi in Joule, risulta possibile la somma algebrica.
La nuova grandezza:
JVpUH
è quindi una funzione di stato a cui viene dato il nome di “ENTALPIA”.
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288
Per quanto detto in precedenza, il valore di ENTALPIA è costante per tutti gli stati d’equilibrio
appartenenti ad una stessa isoterma.
Cioè:
Ipotesi: T = costante
Tesi: H = costante
Considerando che l’energia interna del gas è direttamente proporzionale alla temperatura assoluta
secondo la relazione:
TRnCU
Ove con C è definita una costante di valore diverso in funzione del tipo di gas – per tenere conto
della sola energia di velocità, quando il gas è monoatomico oppure anche dell’energia cinetica di
rotazione per molecole poliatomiche, e, in particolare:
2
3C Gas monoatomico
2
5C Gas biatomico
2
7C Gas triatomico
E che il prodotto Vp è anche espresso, in base all’equazione generale di stato, da:
TRnVp
Si ottiene, per l’entalpia, la seguente relazione:
TRn1CTRnTRnCVpUH
Quindi:
TRn2
5H Gas monoatomico
TRn2
7H Gas biatomico
TRn2
9H Gas triatomico
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289
VARIAZIONE DI ENTALPIA
Si vuole ora valutare il valore della variazione della grandezza “ENTALPIA”, quando il gas passa
da uno stato d’equilibrio ad un altro sufficientemente prossimo al precedente.
Pensiamo ad esempio ad una trasformazione, semplice o composta, il cui effetto finale sia un
piccolo aumento di temperatura, di pressione e di volume rispetto ai valori dello stato d’equilibrio
iniziale.
Ciò può essere rappresentato sul seguente diagramma pressione-volume.
Figura 64
Si tratta di un’espansione (visto l’aumento di volume) che avviene contemporaneamente ad un
aumento di temperatura e di pressione.
Occorre quindi considerare una cessione di energia meccanica e la contemporanea acquisizione di
una certa quantità di calore.
Senza entrare nel dettaglio della trasformazione si potrà indicare il seguente bilancio energetico:
21 ULQU
LQUU 12
LQdU
Oppure:
LdUQ PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Ciò a significare che, mentre il calore fornito Q e il lavoro prodotto L dipendono dal tipo di
trasformazione che il gas subisce, la loro differenza o differenza d’energia interna dU è invece
indipendente dal tipo di trasformazione essendo solo influenzata dalla differenza tra la temperatura
finale ed iniziale.
L’energia interna è quindi una variabile di stato.
La quantità di lavoro ceduto all’esterno durante la trasformazione è quantificabile calcolando l’area
sottostante la curva che rappresenta la trasformazione stessa e delimitata a sinistra e destra
rispettivamente dai valori del volume 1V e 2V .
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290
dVvpL
Ove con vp si indica la pressione, variabile in funzione del volume, che è definita in modo
univoco dalla conoscenza del tipo di trasformazione.
La quantità di lavoro dipende quindi dal tipo di trasformazione che può essere immaginata sia di
tipo semplice che composto.
Ad esempio si potrebbe pensare ad una prima trasformazione isobara alla pressione 1p dal valore
1V a 2V ed ad una seconda trasformazione isocora a volume costante 2V con aumento della
pressione dal valore 1p al valore 2p .
E’ chiaro che nessuna delle due trasformazioni, presa singolarmente, permette il passaggio diretto
da 1U a 2U .
Tale possibilità è naturalmente solo una tra le infinite che potrebbero essere scelte.
Per quanto riguarda l’energia interna potremo invece considerare il fatto che il valore iniziale 1U e
finale 2U non dipendono dal tipo di trasformazione ma solo dalle rispettive temperature.
Tornando all’Entalpia, si avrà:
1111 VpUH
2222 VpUH
D’altra parte, qualora il punto 2 possa essere considerato molto vicino al punto 1, il volume 2V , la
pressione 2p e l’energia interna 2U differiranno dal volume, pressione ed energia interna del punto
1 solo per piccoli incrementi V , p e dU perciò:
ppp 12
VVV 12
dUUU 12
Quindi il valore dell’entalpia 2H :
VVppdUUH 1112
VppVVpVpdUUH 111112
Allora la differenza d’entalpia sarà:
1111111112 VpHVppVVpVpdUUHH
VppVVpdUHH 1112
Considerando poi che gli incrementi p e V sono piccoli, risulta possibile trascurare il loro
prodotto, quindi:
pVVpdUHHH 1112
E ancora:
pVVpdUH 11
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291
O anche:
VpdUpVH 11
VppVdHdU 11
LdUQ
dVVpVppVdHQ 11
Dove il termine Vp 1 rappresenta il lavoro fornito all’esterno dal gas come se si verificasse una
espansione isobara, il termine dU l’incremento d’energia interna ed il termine pV1 l’energia che
sarebbe necessaria per aumentare la pressione dal valore 1p al valore 2p mantenendo costante il
volume del gas al valore iniziale.
Rimane da considerare il fatto che, sia l’espansione isobara che la trasformazione isocora ideale,
conducono il gas a temperature minori di quella che caratterizza l’energia interna 2U .
L’ultimo tipo di trasformazione è assimilabile ad una trasformazione isocora alla quale dovrà
necessariamente corrispondere un aumento di temperatura 1T , un lavoro esterno nullo sia per
compressione che per espansione, un’eventuale acquisizione di calore da una sorgente esterna
oppure l’apporto, dall’interno del sistema e direttamente inserito nel gas del cilindro, di lavoro
meccanico fornito ad esempio da un compressore centrifugo.
Non si tratta, in questo caso, del classico lavoro d’espansione rappresentato dall’area sottostante la
curva di trasformazione che, essendo un’isocora, è evidentemente nulla ma, piuttosto, d’energia
meccanica che è trasformata direttamente nell’equivalente energia termica alla stessa stregua di
quello che succede all’acqua contenuta nel calorimetro di Joule, quando è messo in funzione
l’agitatore interno oppure all’aria quando entra dalla bocca aspirante ed esce da quella premente di
un ventilatore.
D’altra parte, per un incremento di temperatura T e per una trasformazione a volume costante, la
variazione d’energia interna dU è pari al calore fornito:
dUTCnQ V
Mentre il lavoro d’espansione Vp 1 si ottiene, evidentemente per una trasformazione isobara, da:
1111221211 TRnTTRnVpVpVVpVp
TRnVp 1
Quindi:
RCTnTRnTCnVpdUpVH VV11
E ancora, per la relazione di Mayer:
RCC VP
Si ottiene:
TCnpVH p1
pVTCnH1P
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292
PER UNA TRASFORMAZIONE ISOBARA:
Se la variazione di entalpia H è provocata da una trasformazione isobara si deduce
immediatamente che, non essendoci variazioni di pressione tra i due stati d’equilibrio, il valore p
risulta evidentemente nullo, ed è quindi nullo il prodotto pV1 .
Allora la variazione d’entalpia rappresenta il calore complessivamente scambiato dal sistema
termodinamico con l’ambiente esterno.
Infatti:
0p 0pV1
PP QTCnH
Si perviene alla stessa conclusione dall’applicazione del bilancio energetico o del primo principio
della termodinamica, infatti, per una trasformazione isobara:
21 ULQU
1212 VVpQLQUU
1212 VpVpQUU
Con:
21 ppp
1122p12 VpVpQUU
p111222 QVpUVpU
12111222p HHVpUVpUQ
Da cui, tenendo conto della capacità termica a pressione costante:
12pp TTCnQ
12pp TTCnQH
PER UNA TRASFORMAZIONE ADIABATICA:
Durante la trasformazione adiabatica risulta nullo il calore scambiato dal sistema con l’esterno e, di
conseguenza, la variazione di energia interna dU è pari al lavoro L :
0Q
0VpdUQ
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293
IL SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
I fenomeni in cui sono coinvolti scambi di energia termica e meccanica tra sistemi, che siano essi
considerati termodinamici o no, possono essere opportunamente studiati utilizzando il Primo
Principio della Termodinamica che, come detto, costituisce l’estensione della Legge di
Conservazione dell’Energia Meccanica.
Il Primo Principio non è, però in grado di dare alcuna spiegazione circa l’evolversi di fenomeni che,
in natura, avvengono spontaneamente in una sola direzione.
Ad esempio:
L’aria ad alta pressione contenuta in un recipiente dell’apparecchiatura utilizzata da Joule
per la dimostrazione dell’energia interna, si espande in modo spontaneo diminuendo la
pressione ed aumentando il volume, quando è aperta la valvola sul condotto che la separa
dal recipiente vuoto.
Il fenomeno avviene spontaneamente nella sola direzione descritta, si tratta di una
trasformazione naturalmente irreversibile ed è impossibile che, spontaneamente e senza
intervento di fattori esterni, l’aria decida di ritornare alla pressione iniziale in un solo
recipiente.
Il Primo Principio della Termodinamica ci permette di comprendere che le quantità di
lavoro, calore ed energia interna coinvolte sono nulle, ma non dà informazioni circa il verso
della trasformazione.
Se due corpi a temperature diverse sono posti a contatto risulta inevitabile la cessione di
calore da parte del corpo più caldo a quello più freddo.
Anche in questo caso il Primo Principio non ci permette di intuire che il trasferimento di
calore è possibile solo in quel verso.
Non risulta naturalmente possibile, senza intervento di lavoro esterno o trasformazioni
interne, che il corpo freddo ceda calore al corpo caldo.
Un pendolo in movimento, frenato dai vari attriti, rallenta costantemente il proprio
movimento sino a fermarsi completamente. Durante il fenomeno l’energia meccanica è
continuamente dissipata e provoca un leggero riscaldamento dell’aria circostante. La
dissipazione di energia meccanica e la conseguente comparsa di energia termica è prevista
dal Primo Principio che, allo stesso tempo, non prende in considerazione il fenomeno
opposto.
Non si è mai verificato che un pendolo in quiete e libero di muoversi, si sia messo in
movimento assorbendo calore dall’ambiente circostante provocandone un raffreddamento.
Il fatto che, in natura, esistono innumerevoli esempi di trasformazioni irreversibili che avvengono
sempre e solo in un verso stabilito, costituisce la base del SECONDO PRINCIPIO DELLA
TERMODINAMICA.
Inoltre il SECONDO PRINCIPIO stabilisce precise limitazioni o restrizioni all’utilizzo dell’energia
termica allo scopo di produzione di energia meccanica.
Infatti, né il Principio d’Equivalenza né il Primo Principio della Termodinamica escludono la
possibilità di convertire integralmente in lavoro il calore a nostra disposizione.
Il SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA esprime l’impossibilità di convertire una
quantità di energia termica in una pari quantità d’energia meccanica cioè di trasformare
integralmente il calore in lavoro.
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294
L’esistenza del SECONDO PRINCIPIO è la conseguenza di svariate sperimentazioni che, nel
tempo, sono confluite in alcuni importanti ENUNCIATI o postulati:
Enunciato o postulato di LORD KELVIN
Enunciato o postulato di CLAUSIUS
Enunciato o postulato della variazione entropica crescente
Rendimento di una macchina termica
L’ENUNCIATO O POSTULATO DI LORD KELVIN
Il postulato di Lord Kelvin è la conclusione della fase sperimentale durante la quale si tentò di
ricavare lavoro meccanico dalla conversione del calore prelevato da un’unica sorgente termica
senza altri scambi con l’ambiente esterno.
Il postulato di Lord Kelvin afferma:
E’ impossibile realizzare una trasformazione il cui “UNICO risultato” sia
quello di assorbire una determinata quantità di calore da “un’UNICA
sorgente termica” e trasformarla “INTEGRALMENTE” nell’equivalente
lavoro meccanico.
Per la comprensione del postulato è necessario ed essenziale interpretare in senso stretto il
significato di “UNICO risultato”, “un’UNICA sorgente termica” e “INTEGRALMENTE”.
Si prenda ad esempio quello che succede ad un sistema termodinamico contenente gas perfetto nel
caso di una trasformazione isotermica (isodinamica) reversibile o quasi-statica da uno stato “A” ad
uno stato “B” entrambi d’equilibrio.
La trasformazione isoterma è regolata dalla Legge di Boyle-Mariotte e, per essere reversibile o
quasi-statica, deve avvenire per mezzo di una successione infinita di stati d’equilibrio infinitamente
prossimi uno all’altro.
La variazione dei parametri di stato pressione e volume deve essere ottenuta per mezzo di una
variazione continua delle quantità di massa poggianti sul pistone e del contatto del sistema con una
sorgente termica di capacità infinita.
Solo in questo caso limite – che nella realtà pratica è irrealizzabile – la trasformazione è
rappresentata da una successione di punti tutti posizionati su una stessa iperbole equilatera.
Dato che la trasformazione così descritta è reversibile è del tutto ininfluente se essa è percorsa in un
senso o nell’altro.
Decidiamo quindi di considerare il caso in cui il gas si espande.
Occorre quindi diminuire gradatamente la quantità dei pesi sul pistone cui corrisponderà una
diminuzione di pressione p , un aumento di volume V e un prelievo di calore Q dalla sorgente
termica.
Si ricorda che l’espansione provoca una diminuzione della temperatura e il conseguente innesco
dello scambio calorico con la sorgente termica che riporta il livello termico al valore iniziale.
Dato che la trasformazione è isoterma, la temperatura rimane costante e l’energia interna non
subisce variazioni.
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295
Di conseguenza, applicando quanto stabilito dal Primo Principio della termodinamica, si potrà
sicuramente affermare che:
LdUQ
Ma, essendo costante la temperatura, l’energia interna U non cambia e risulta quindi evidentemente
nulla la quantità dU , di conseguenza:
BA UU
0dU
LQ
Cioè:
Durante una trasformazione isoterma ad una qualsiasi temperatura, la
quantità di calore Q prelevata dall’unica sorgente termica è integralmente
trasformata in energia meccanica.
Questa conclusione potrebbe indurci a considerare errato il Postulato di Lord Kelvin in virtù del
fatto che il risultato di questa particolare trasformazione è la completa conversione in lavoro
dell’energia termica assorbita LQ e la stessa energia termica è stata prelevata da un’unica
sorgente.
Quindi i termini "NTEINTEGRALME" e UNICA'un" sorgente”, interpretati in senso stretto alla
luce del risultato ottenuto, farebbero pensare alla falsità del postulato di Lord Kelvin.
Rimane un dubbio sul termine “UNICO RISULTATO” contenuto nel postulato.
Cioè:
Durante la trasformazione isotermica descritta, si ottiene come UNICO RISULTATO la
conversione integrale del calore in lavoro oppure no?
Se la risposta è positiva il postulato di Lord Kelvin è da considerarsi “FALSO”.
Per rispondere proviamo a porci un’altra domanda:
Sarebbe possibile, utilizzando la trasformazione isoterma, convertire integralmente ed in modo
continuativo, senza ricorrere ad altri intermediari, il calore assorbito nell’equivalente quantità
d’energia meccanica?
Per mantenere in modo continuativo tale trasformazione sarebbe necessario assorbire
continuamente calore, ma ciò è possibile solo alla condizione che il gas contenuto nel sistema
continui ad espandersi all’infinito.
Pur supponendo di poter sfruttare le basse pressioni provocate dall’espansione (gli stati d’equilibrio
sono posizionati su un’iperbole equilatera che interseca l’asse orizzontale del volume solo
all’infinito), occorrerebbe tenere conto del fatto che il volume aumenta a dismisura, quando la
pressione tende ad assumere valori prossimi a zero.
Saremmo quindi costretti a realizzare un sistema termodinamico dotato di un cilindro di proporzioni
infinite atto a contenere l’infinita variazione di volume.
Dato che ciò è praticamente impossibile da realizzare risulta evidente che non siamo in grado di
mantenere all’infinito la trasformazione isoterma e, di conseguenza, è anche impossibile la
conversione integrale e continuativa di calore in lavoro.
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296
Qualcuno potrebbe pensare di costruire infiniti sistemi termodinamici ognuno dei quali termina di
essere utilizzato solo nel momento in cui l’espansione del gas ha raggiunto volumi umanamente
realizzabili.
L’idea si dimostrerebbe assurda al solo pensiero del dispendio d’energia e di materiali per ottenere
una quantità d’energia forse minore di quella spesa.
L’idea giusta sarebbe quella di realizzare un solo sistema termodinamico in grado di operare in
modo ciclico, ma, per far ciò, sarebbe necessario dopo un’espansione ammissibile del gas, riportare
il pistone ad un livello più basso e riprendere una nuova trasformazione isoterma.
Tale operazione è evidentemente in contrasto con il postulato di Kelvin in quanto saremmo costretti
a ridurre il volume o raffreddando il gas con una sorgente termica a temperatura più bassa oppure
fornendo al pistone lavoro meccanico di compressione.
In un modo o nell’altro saremmo quindi costretti ad operare ulteriori scambi energetici tra il sistema
e l’ambiente esterno violando il postulato di Lord Kelvin.
Concludendo:
La trasformazione isoterma descritta non ha prodotto come “UNICO
RISULTATO” la conversione integrale di una quantità di calore prelevata da
un’unica sorgente nell’equivalente quantità di lavoro ma anche l’innalzamento
del pistone.
Tale “SECONDO RISULTATO” impedisce l’utilizzo continuativo del sistema
ed è annullato alla sola condizione di ammettere altri scambi energetici.
Ma, se si ammette la possibilità di altri scambi energetici, automaticamente
compare almeno una seconda sorgente termica ed è cosi violato il postulato di
Kelvin.
Di conseguenza dobbiamo concludere che il postulato di Lord Kelvin afferma la verità.
Figura 65 – SCHEMI VIETATI O CONSENTITI IN BASE AL POSTULATO DI LORD KELVIN
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297
CONSEGUENZE DEL POSTULATO DI LORD KELVIN
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA – MACCHINA TERMICA IDEALE
Una volta dimostrata l’esattezza del postulato di LORD KELVIN, risulta evidente la possibilità di
realizzare un sistema termodinamico che, operando ciclicamente, effettui la conversione di calore in
lavoro, a condizione di ammettere la presenza, non di una ma di due sorgenti termiche a
temperature differenti e di accettare che la conversione di energia termica in energia meccanica non
sia integrale.
Sottoposto a queste condizioni il postulato di Lord Kelvin costituisce il SECONDO PRINCIPIO
DELLA TERMODINAMICA.
Le limitazioni alla conversione di energia termica in energia meccanica sono dunque l’obbligatoria
presenza di una sorgente termica calda (dalla quale è prelevata una quantità di calore) e di una
sorgente fredda o ricevitore (entro la quale è riversata un’altra quantità di calore).
Deve inoltre essere accettato il fatto che, fatto salvo il coefficiente d’equivalenza J , il lavoro
prodotto durante il funzionamento del sistema o macchina termica sia minore dalla quantità di
calore assorbito dalla sorgente calda.
La macchina che converte l’energia termica deve operare in modo ciclico prelevando una quantità
di calore dalla una sorgente termica a temperatura superiore 2T , convertendone una parte in lavoro
meccanico L e restituendo la parte restante ad una sorgente termica (ricevitore) a temperatura
inferiore 1T .
A questa macchina termica ideale non saranno permessi ulteriori scambi termici ed è perciò esclusa
la presenza di altre sorgenti termiche intermedie.
Ciò equivale a dire che il ciclo di funzionamento non potrà che essere composto da due
trasformazioni a temperatura costante (n. 2 isoterme) a da altre due trasformazioni senza scambio di
calore cioè adiabatiche (n. 2 adiabatiche).
La MACCHINA TERMICA IDEALE dovrà quindi operare utilizzando un CICLO DI
CARNOT.
Figura 66 – CICLO DI CARNOT (N. 2 ISOTERME + N. 2 ADIABATICHE
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298
RENDIMENTO DI CONVERSIONE DELLA MACCHINA IDEALE
Visto e considerato che lo studio della termodinamica è mirato alla produzione di lavoro meccanico
dalla conversione dell’energia termica, che il Primo Principio regola le modalità con le quali il
calore, il lavoro e l’energia interna interagiscono ed amplia il concetto di Conservazione
dell’energia meccanica anche ai fenomeni in cui è interessata l’energia termica, che dal Principio
d’Equivalenza si estrae il fattore generale di conversione tra i due tipi di energia in base ai sistemi di
misura adottati, che i postulati di Lord Kelvin e Clausius conducono direttamente alla formulazione
del Secondo Principio in cui sono poste precise limitazioni alla conversione di energia termica,
siamo giunti alla conclusione che la macchina termica ideale deve funzionare in modo ciclico
secondo il ciclo teorico di Carnot e che la conversione integrale dell’energia termica non è
realizzabile.
Rimane da stabilire quanto lavoro meccanico è in grado di produrre una macchina termica ideale
rispetto alla quantità di calore assorbito visto che risulta impossibile una conversione integrale.
E’ ovvio l’interesse per quella macchina che, a parità di energia termica assorbita, produce una
maggiore quantità di lavoro meccanico.
Si definisce quindi “efficienza” o “RENDIMENTO” della macchina termica il rapporto tra il lavoro
utile prodotto (per lavoro utile intendiamo quello effettivamente sfruttabile) e il calore assorbito:
Ass
Utile
Q
L RENDIMENTO
100Q
L
Ass
Utile RENDIMENTO IN PERCENTUALE
E’ già evidente, visto che il postulato di Kelvin e il Secondo Principio escludono la conversione
integrale, che il rendimento della macchina termica ideale sarà sicuramente inferiore all’unità o al
100%.
Ora, senza entrare ancora nel dettaglio degli scambi energetici del ciclo ideale di Carnot, è tuttavia
possibile anticipare lo schema funzionale mediante cui si procede al calcolo del rendimento.
Figura 67 – SCHEMA FUNZIONALE CONVERSIONE CALORE LAVORO
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299
Per il Principio di conservazione dell’energia, il Principio d’Equivalenza ed il Primo Principio della
Termodinamica applicato alle trasformazioni cicliche, deve valere la regola:
LQJQJ21
Da cui:
21
QQJL
Il “RENDIMENTO” o efficienza della macchina termica, secondo lo schema funzionale sintetico,
sarà calcolato quindi con la seguente:
1
2
1
21
1
21
AssQ
Q1
Q
QJ
QQJ
Q
L
100Q
Q1
1
2
RENDIMENTO PERCENTUALE
Dato che è impossibile, secondo Kelvin e al conseguente Secondo Principio, realizzare un sistema
termodinamico che, effettuando un processo ciclico, riceva una quantità di calore 1
Q dall’ambiente
esterno e fornisca un lavoro L equivalente a 1
Q , è ovvio che la quantità 2
Q non può essere nulla.
Di conseguenza il Rendimento dovrà sempre essere minore dell’unità ed il rendimento
percentuale minore del 100%.
Per quanto riguarda gli effettivi scambi di calore e lavoro del ciclo di Carnot, si ricorda quanto
segue:
1. Il calore 1Q è assorbito dal sistema durante la fase d’espansione isotermica alla temperatura
maggiore 1T . Esso è convertito integralmente in un’uguale quantità di lavoro 1
L in quanto
durante l’isoterma l’energia interna del gas non subisce variazioni ed il Primo Principio
stabilisce:
11LdUQ
0dU
11LQ
2. Il calore 2Q deve essere ceduto dal sistema durante la fase di compressione isotermica alla
temperatura 2T . In questa fase parte del lavoro ottenuto dalle precedenti trasformazioni,
espansione isotermica ed espansione adiabatica, è riconvertito integralmente in calore e
restituito alla sorgente a bassa temperatura. Ancora il Primo Principio stabilisce:
32LdUQ
0dU
32
LQ
3. Le due trasformazioni che completano il ciclo sono, rispettivamente, un’espansione ed una
compressione, entrambe adiabatiche senza scambio di calore, per le quali il Primo Principio,
afferma:
0LdU21
0LdU42
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300
Ma, trattandosi di due trasformazioni che collegano le stesse isoterme, si deduce che la variazione
d’energia interna è la stessa in valore assoluto e, di conseguenza i lavori scambiati sono uguali e
contrari:
21dUdU
42LL
Dunque, alla fine, il lavoro 2L , ottenuto dall’espansione adiabatica alle spese dell’energia interna
del gas, è restituito integralmente al gas durante la compressione adiabatica.
La conclusione è che entrambe le quantità di lavoro non sono da considerare agli effetti del calcolo
del rendimento della macchina termica.
Alla fine, non conteggiando i lavori 2L ed 4L per le ragioni sopra esposte, la macchina termica di
Carnot fornisce una quantità di lavoro netto pari alla differenza 31 LL , ma, d’altra parte, fatto
salvo il coefficiente d’equivalenza, tale differenza è anche uguale alla differenza tra il calore
assorbito e restituito, per cui:
2131 QQLLL
Da cui si ottiene il rendimento:
1
2
1
21
1
31
1 Q
Q1
Q
Q
LL
Q
L
CICLO INVERSO DI CARNOT – FUNZIONAMENTO A POMPA DI CALORE
Se un sistema termodinamico attua un ciclo di Carnot percorrendolo in senso orario – come
illustrato sul diagramma pressione-volume - esso fornisce all’ambiente esterno una quantità di
lavoro ed il sistema funziona come “MACCHINA TERMICA”.
La “Macchina Termica di Carnot” modifica le due sorgenti termiche asportando da quella a
temperatura maggiore una quantità di calore superiore di quella ceduta alla sorgente a temperatura
minore.
Nel contempo anche l’ambiente esterno è modificato dalla quantità di lavoro che proviene dalla
macchina termica.
Se, al contrario, il sistema attua il ciclo di Carnot percorrendolo in senso antiorario, esso è in grado
di trasferire calore prelevandolo dalla sorgente fredda ed inviandolo a quella più calda.
Il sistema funziona come “Pompa di Calore” o “Macchina Frigorifera” senza violare il postulato di
Clausius in quanto il trasferimento da una sorgente fredda ad una calda – mai spontaneo in natura –
è forzato da lavoro meccanico che, dall’esterno, deve essere fornito alla “Macchina Frigorifera”.
Il termine “Pompa di calore” deriva proprio dal fatto che il calore – come succede per analogia
all’acqua da trasferire dal basso verso l’alto – deve essere “Spinto” o “Pompato” da un livello
termico basso (temperatura minore) ad uno più elevato (temperatura maggiore) e la pompa fornisce
la “spinta” occorrente.
Anche la “Pompa di calore” modifica le due sorgenti termiche con l’apporto alla sorgente calda di
una quantità di calore superiore alla quantità asportata alla sorgente fredda di una quantità pari alla
quantità di lavoro fornito.
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301
Il rendimento della Pompa di Calore è uguale a quello della Macchina Termica se entrambe operano
tra le stesse temperature.
Se una “Macchina Termica” e una “Pompa di Calore” attuano ognuna un ciclo di Carnot tra le
stesse sorgenti termiche e se la macchina termica fornisce alla pompa di calore tutto il lavoro
ottenuto dalla conversione dal calore prelevato, alla fine, le due sorgenti e l’ambiente esterno non
subiscono modificazioni.
Figura 68 – FUNZIONAMENTO A “POMPA DI CALORE” E “MACCHINA TERMICA”
Anticipando il concetto di rendimento della macchina di Carnot in funzione delle temperature delle
sorgenti e tenendo conto che le quantità di calore e lavoro scambiate dalla macchina termica di
Carnot sono esattamente scambiate tra loro, quando la macchina inverte il ciclo di funzionamento
comportandosi da frigorifero o da pompa di calore, si ottengono i seguenti risultati:
11
21
Q
L
Q
LQ
L
Q
21
21
LLQ 2
LLQ 2
LLQ 2
1LQ 2
1LQ 2 Calore assorbito dal ciclo frigorifero
111
L
Q 2
Coefficiente di efficienza del ciclo frigorifero.
1QL 2 Lavoro assorbito dal ciclo frigorifero
LLQQ 21 Calore ceduto dal ciclo frigorifero
1
L
Q 1 Coefficiente di efficienza per pompa di calore
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302
IL RENDIMENTO IN FUNZIONE DELLE TEMPERATURE DELLE DUE SORGENTI
Si vuole dimostrare che il Rendimento di una macchina termica ideale, funzionante secondo il ciclo
di Carnot tra le sole due temperature 1
T e 2
T , dipende in modo esclusivo dal rapporto tra la
temperatura minima e massima.
Cioè:
1
2
T
T1
Si ricorda che, in base alle definizioni precedenti, l’efficienza o rendimento di una macchina
termica di Carnot – l’unica tra tutte le macchine cicliche che può operare tra solo due livelli di
temperatura in quanto composta da due trasformazioni adiabatiche mentre per ogni altra
trasformazione non adiabatica occorrerebbero in realtà infinite sorgenti intermedie per rendere la
trasformazione reversibile – è il rapporto tra il lavoro prodotto e il calore assorbito.
Il rendimento serve dunque a misurare anche il fattore di conversione nel passaggio dall’energia
termica a quella meccanica ed è, per quanto stabilito dal postulato di Kelvin e dal Secondo
Principio, necessariamente sempre minore dell’unità.
Vale quindi la formula generale:
1
2
1
21
1 Q
Q1
Q
Q
L
Per dimostrare che le due formulazioni del rendimento sono equivalenti occorre ripartire con
l’analisi delle quantità di calore e lavoro scambiate durante le varie fasi del ciclo di Carnot.
1
2
1
2
T
T1
Q
Q1
1L L 3
Figura 69 – LAVORO FORNITO ED ASSORBITO DURANTE LE ISOTERME
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303
L 3 L 1
Figura 70 – LAVORO EQUIVALENTE RICAVATO CON LA FORMULA DELL’ADIABATICA
Come già detto le quantità di calore 1
Q e 2
Q sono scambiate durante le due trasformazioni
isoterme mentre la temperatura e l’energia interna si mantengono costanti.
Dal Primo Principio si deduce che la quantità 1
Q è convertita integralmente in lavoro, mentre, la
quantità 2
Q - restituita dal sistema alla sorgente fredda – deriva dalla conversione integrale di
lavoro esterno.
Ciò può essere espresso da:
11 LQ Trasformazione A-B
23 QL Trasformazione C-D
Con:
1L Lavoro ricavato dall’espansione isotermica alla temperatura 1
T .
3L Lavoro assorbito durante la compressione isotermica alla temperatura 2
T
D’altra parte le quantità di lavoro 1
L ed 3
L sono determinate dall’area delle superfici sottostanti le
rispettive isoterme e delimitate, a sinistra e destra, dai valori del volume in corrispondenza dei punti
interessati.
Dal calcolo delle due aree possiamo determinare le quantità di lavoro e, di conseguenza, le quantità
di calore scambiate.
Fissiamo l’attenzione sul calcolo della superficie sottostante l’isoterma alla temperatura maggiore.
Durante la trasformazione da “A” a “B” si ha l’espansione del gas con diminuzione della pressione
e aumento di volume.
La variazione della pressione e del volume sono regolati dalla Legge di Boyle-Mariotte e anche
dall’equazione generale di stato:
1TRnVp
Essendo costante la temperatura, il valore della pressione in un punto dipende unicamente dal
valore del volume in quel punto.
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304
La temperatura 1
T è assimilabile ad un coefficiente moltiplicativo da applicare al risultato:
11 KV
RnT
V
RnVp
ISOTERMA BA
Oppure, considerando che anche il numero di moli e la costante di stato non cambiano durante la
trasformazione, si può scrivere:
111 KRn
V
1TRn
V
1T
V
RnVp
Il lavoro 1L è quindi calcolato integrando il valore della funzione Vp tra i limiti rispettivamente
corrispondenti al volume iniziale AV e il volume finale BV , ottenendo il seguente risultato:
A
B1
V
V
V
V
V
V
11
1V
VlogTRn
V
dVTRndV
V
TRndVVpL
B
A
B
A
B
A
La quantità di calore che il sistema ha assorbito durante la trasformazione, è quindi:
A
B111
V
Vlog
J
TRn
J
LQ
Possiamo fare lo stesso ragionamento per il calcolo del lavoro scambiato durante l’isoterma a
temperatura minore 2T :
22 KV
RnT
V
RnVp
ISOTERMA DC
D
C2
V
V
V
V
V
V
22
3V
VlogTRn
V
dVTRndV
V
TRndVVpL
C
D
C
D
C
D
D
C232
V
Vlog
J
TRn
J
LQ
D’altra parte il punto “A” ed il punto “D”, pur essendo collocati su due isoterme diverse, sono però
comuni alla stessa adiabatica di compressione che congiunge i punti e chiude il ciclo, devono quindi
valere contemporaneamente sia la Legge di Poisson che l’Equazione generale di stato:
DDAA
VpVp Legge di Poisson per l’adiabatica di compressione
1AATRnVp
2DDTRnVp
Da cui:
A
1
AV
TRnp
D
2
DV
TRnp
Sostituendo nell’equazione di Poisson, si ottiene:
D
D
2
A
A
1V
V
TRnV
V
TRn
1
D2
1
A1VTVT
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Ricavando poi il valore di D
V :
1
A
2
11
DV
T
TV
1
A
2
11
DV
T
TlogVlog
A
2
11
A
2
1D Vlog1
T
TlogVlog
T
TlogVlog1
A
2
1D Vlog
T
Tlog
1
1Vlog
Lo stesso procedimento è adottato per quanto riguarda i punti “B” e “C”, collocati sulle due
isoterme diverse ma sulla stessa linea che rappresenta l’espansione adiabatica CB :
CCBB VpVp Legge di Poisson per l’adiabatica d’espansione
1BB TRnVp
2CC TRnVp
Da cui:
B
1B
V
TRnp
C
2C
V
TRnp
Sostituendo nell’equazione di Poisson, si ottiene:
C
C
2
B
B
1V
V
TRnV
V
TRn
1
C2
1
B1 VTVT
Ricavando poi il valore di CV :
1
B
2
11
CV
T
TV
1
B
2
11
CV
T
TlogVlog
B
2
11
B
2
1C Vlog1
T
TlogVlog
T
TlogVlog1
B
2
1C Vlog
T
Tlog
1
1Vlog
Ritornando poi alla relazione che esprime la quantità di calore 2Q ed utilizzando le relazioni
trovate, si avrà:
D
C232
V
Vlog
J
TRn
J
LQ
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DC
22 VlogVlog
J
TRnQ
Sostituendo:
A
2
1B
2
122 Vlog
T
Tlog
1
1Vlog
T
Tlog
1
1
J
TRnQ
AB
22 VlogVlog
J
TRnQ
A
B22
V
Vlog
J
TRnQ
Possiamo adesso ricalcolare il rendimento utilizzando i risultati ottenuti:
1
2
1
21
Q
Q1
Q
Sostituendo:
1
2
A
B1
A
B2
T
T1
V
Vlog
J
TRn
V
Vlog
J
TRn
1
Alla fine:
1
2
T
T1 RENDIMENTO DEL CICLO DI CARNOT
Dalla relazione finale si può comprendere che, per migliore il rendimento di una macchina termica,
dobbiamo necessariamente utilizzare sorgenti termiche ad una differenza di temperatura più elevata
possibile.
Se, ad esempio, la sorgente che cede calore si trova alla temperatura di 1.000 °C e la sorgente che lo
riceve ad una temperatura di 100°C, si otterrà un rendimento massimo di:
%6,70100706,0k273.1
K3731
273000.1
2731001
T
T1
1
2
Ciò significa che per una quantità di calore assorbito pari a 1 Kcal alla temperatura di 1.000 °C, sarà
restituita alla temperatura di 100 °C una quantità di calore pari a 0,294 Kcal mentre sarà fornito un
lavoro utile esterno pari a J955.2Kcal
J186.4Kcal706,0L U
.
Per concludere si tenga presente che i calcoli effettuati non tengono conto dei lavori 2L ed 4L
scambiati durante le fasi d’espansione e compressione adiabatica in quanto, avendo lo stesso valore
e segno contrario, sono ininfluenti.
Si realizza un rendimento tanto maggiore quanto più è alta la temperatura 1
T della sorgente calda o
quanto più è bassa quella 2
T della sorgente fredda, in sostanza quanto più è piccolo il rapporto
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307
1
2
T
T. E’ evidente che non è possibile con una macchina ciclica trasformare in lavoro tutto il calore
estratto dalla sorgente calda perché si dovrebbe disporre di una macchina reversibile e di una
sorgente termica alla temperatura dello zero assoluto.
Le varie specie di energia non si trasformano con uguale facilità l’una nell’altra; un lavoro
meccanico può trasformarsi completamente in calore, ma una quantità di calore estratta da una
sorgente può essere trasformata in lavoro con una macchina termica solo in parte, mentre la parte
restante finisce a corpi meno caldi.
Questi ultimi, usati come sorgenti calde per altre macchine termiche, risultano sempre meno
convenienti (si ricordi che il rendimento è tanto più grande quanto maggiore è 1
T ).
Le continue trasformazioni che avvengono in natura fanno diminuire costantemente le differenze tra
le temperature dei vari corpi e, come conseguenza, l’energia assume forme sfruttabili sempre più
difficilmente, cioè L’ENERGIA SI DEGRADA IN CONTINUAZIONE.
Allorché, in ogni parte di spazio, si avrà la stessa temperatura saranno impossibili tutti i tipi di
trasformazione d’energia.
Combinando le due relazioni che esprimono il rendimento di una macchina termica reversibile,
l’una partendo dagli scambi di calore tra le due sorgenti, l’altra dalla differenza di temperatura tra le
stesse sorgenti, si perviene alla seguente espressione:
1
2
RT
T1
1
2
RQ
Q1 A
1
2
1
2
Q
Q1
T
T1
Da cui si ottiene:
1
2
1
2
Q
Q
T
T
Cioè:
2
2
1
1
T
Q
T
Q
0T
Q
T
Q
2
2
1
1 Valida per un ciclo reversibile
Nota A :
Il passaggio dalla formula del rendimento più utilizzata:
1
2
RQ
Q1 1
all’altra, meno famigliare:
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308
1
2
R
Q
Q1 2
che, alla fine, serve per stabilire una relazione tra il calore scambiato durante il ciclo reversibile e i
rispettivi limiti di temperatura delle sorgenti cedenti e riceventi, è dovuta alla sola interpretazione
dell’effettivo segno algebrico delle quantità di calore in gioco.
Per quanto riguarda la formula 1 :
Essa non tiene conto del fatto che il calore scambiato dal sistema con l’ambiente esterno
deve essere considerato positivo se entrante e negativo se uscente.
Dato che il rendimento deve comunque essere sempre minore del 100%, il valore algebrico
del rapporto
1
2
Q
Q deve comunque essere sempre considerato positivo.
In realtà, considerando che il calore ceduto 2
Q è in effetti negativo in quanto ceduto e il
calore 1
Q positivo in quanto assorbito, il rapporto dovrebbe essere considerato negativo.
Il modo più formalmente corretto esprimere il rendimento sarebbe quello di utilizzare i soli
valori assoluti delle quantità di calore:
1
2
RQ
Q1
1
2
RQ
Q1
Per quanto riguarda la formula 2 :
Se si utilizza tale formula per il calcolo del rendimento occorre tenere conto degli effettivi
segni algebrici che, fisicamente, rappresentano il flusso di calore entrante e quello uscente.
In ogni caso prevale il segno negativo per il fatto che il rapporto tra il calore ceduto e quello
assorbito è sicuramente negativo.
0Q1
In quanto calore assorbito
0Q1
In quanto calore ceduto
0Q
Q
1
2 In quanto rapporto tra un numero negativo ed uno positivo
1
2
1
2
RQ
Q1
Q
Q1
Di tale considerazione occorre dunque tenere conto anche nella formula finale:
0T
Q
T
Q
2
2
1
1
0
T
Q
T
Q
2
2
1
1
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309
L’ENUNCIATO O POSTULATO DI CLAUSIUS
Anche il postulato di CLAUSIS deriva dalla sperimentazione e dalla constatazione che alcuni
fenomeni legati alle grandezze calore e temperatura avvengono spontaneamente in natura solo in un
verso.
Il postulato di CLASIUS afferma:
E’ impossibile che avvenga spontaneamente una trasformazione il cui
“SOLO” risultato finale sia quello di trasferire calore da un sistema ad una
temperatura minore ad un sistema a temperatura maggiore.
E’ impossibile realizzare una macchina termica o una trasformazione il cui
“UNICO” risultato sia quello di prelevare calore da una sorgente fredda e
trasferirlo ad una sorgente calda.
In altre parole il postulato afferma che il calore non passa mai spontaneamente da un corpo freddo
ad un corpo caldo.
Il flusso di calore è tale da produrre sempre un livellamento dei livelli termici e mai ad accentuarne
la differenza.
Esistono sistemi in grado di trasferire calore da corpi freddi a corpi caldi, ad esempio i frigoriferi, a
condizione che sia ad essi fornita una certa quantità di lavoro meccanico.
Ciò non vietato dal Postulato di CLAUSIUS che, infatti, non prevede l’intervento di scambi
energetici con un altro sistema.
Anche il postulato di Clausius, come quello di Lord Kelvin, è, in pratica, una formulazione del
Secondo Principio della Termodinamica.
EQUIVALENZA DEI POSTULATI DI LORD KELVIN E DI CLAUSIS
Si vuole dimostrare ora che i due postulati su cui si basa il Secondo Principio della Termodinamica
sono perfettamente equivalenti nella loro formalità.
Per fare ciò basterebbe dimostrare che, se uno dei due non affermasse la verità – fosse cioè falso –
lo sarebbe di conseguenza anche l’altro.
SUPPONIAMO CHE SIA FALSO IL POSTULATO DI CLAUSIS.
Se fosse falso il postulato di Clausius saremmo in grado di realizzare una macchina termica in grado
di trasferire calore da un corpo freddo ad uno caldo senza che avvengano altri scambi di calore o
lavoro con il mondo esterno.
Supponiamo di aver costruito una simile macchina termica – che definiamo “macchina di Clausius”
– ed immaginiamo di poterla affiancare ad una macchina termica reversibile che, prelevando una
certa quantità di calore ad una sorgente alla temperatura 1T , sia in grado di convertirne una parte in
lavoro e restituire l’altra parte, ancora sottoforma di calore ma ad una temperatura 2T minore di 1T ,
alla stessa e ipotetica “macchina di Clausius”.
Definiamo “macchina di Kelvin” un sistema in grado di prelevare una certa quantità di calore dalla
sorgente calda e convertirne una parte in lavoro.
Potremmo pensare che, regolando opportunamente il funzionamento della “macchina di Clausius”,
essa sia in grado, per come è stata definita, di trasferire tutto il calore che riceve dalla “macchina di
Kelvin” come “scarto di lavorazione”, nuovamente alla sorgente a livello termico più elevato.
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310
Se esistesse veramente un tale dispositivo potremmo concludere nel modo seguente:
La “macchina di Kelvin” avrebbe assorbito una quantità di calore 1Q dalla sorgente calda,
producendo un lavoro L e cedendo una quantità di calore 2Q , pari alla differenza tra il
calore 1Q ed il lavoro L , alla “macchina di Clausius”.
La sorgente calda avrebbe perso quindi una quantità d’energia pari a 1Q mentre l’ambiente
esterno avrebbe ricevuto una quantità di lavoro pari alla differenza tra l’energia assorbita e
quella ceduta alla “macchina di Clausius”.
La “macchina di Clausius” sarebbe poi in grado di restituire la quantità di calore 2Q alla
sorgente calda.
Il bilancio energetico finale della sorgente calda sarebbe quindi il seguente:
J
LQQ 21 Calore assorbito dalla “macchina di Kelvin”
J
LQQ 12 Calore restituito dalla “macchina di Clausius”
J
L
J
LQQQQ 1121
Cioè l’energia termica finale della sorgente calda sarebbe diminuita di una quantità di calore
pari al lavoro prodotto dalla “macchina di Kelvin” opportunamente trasformato con utilizzo
del coefficiente d’equivalenza.
Esaminando il bilancio energetico della sorgente calda ci accorgeremmo che, alla fine delle
operazioni, la quantità d’energia è calata esattamente della quantità di lavoro ceduto
all’ambiente esterno.
In altre parole la “macchina di Kelvin” avrebbe convertito integralmente il calore prelevato
dalla sorgente calda in lavoro meccanico violando il postulato di Kelvin.
Si conclude che se fosse falso il postulato di Clausius risulterebbe possibile costruire una
macchina di Kelvin con rendimento pari al 100% e, di conseguenza, sarebbe falso anche il
postulato di Lord Kelvin.
Figura 71 – DISPOSITIVO IPOTETICO CHE VIOLA IL POSTULATO DI LORD KELVIN
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311
SUPPONIAMO CHE SIA FALSO IL POSTULATO DI LORD KELVIN.
Se fosse falso il postulato di Lord Kelvin sarebbe automaticamente possibile costruire un sistema
termodinamico in grado di prelevare calore da un’unica sorgente e convertirlo integralmente in una
quantità equivalente di lavoro meccanico.
Si verificherebbe cioè la seguente condizione:
IIPOTESI: 0Q 2
TESI: LQJ 1 Conversione integrale
Prelievo da unica sorgente
%1001
Con il lavoro prodotto dalla conversione del calore 1Q sarebbe quindi possibile alimentare una
nuova macchina il cui unico scopo sarebbe quello di riconvertire il lavoro fornito facendo
aumentare, ad esempio, la temperatura di una sorgente ad un livello superiore a quello della
sorgente da cui è stato prelevato il calore 1Q .
Se fosse possibile realizzare un’ipotetica macchina a cui è permesso violare il postulato di Lord
Kelvin, sarebbe quindi altrettanto possibile realizzare un dispositivo che, nel complesso, viola il
postulato di Clausius trasferendo calore da una sorgente fredda ad una calda senza ulteriori scambi
intermedi.
Figura 72 – IPOTETICA MACCHINA DI LORD KELVIN E DISPOSITIVO CHE VIOLA IL
POSTULATO DI CLAUSIUS.
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312
MACCHINE TERMICHE REVERSIBILI E IRREVERSIBILI.
TEOREMA DI CARNOT Si è detto che, visto il postulato di Lord Kelvin, è possibile la formulazione del secondo Principio
della Termodinamica in base al quale è accettata la possibilità di convertire calore in lavoro
meccanico a condizione di operare tra solo due livelli di temperatura ed accettare il fatto che non
tutto il calore può essere trasformato in lavoro.
La sola macchina termica che può operare, in modo reversibile, tra i limiti di temperatura prefissati
risulta quindi la Macchina di Carnot in quanto funzionante secondo due trasformazioni adiabatiche.
Qualsiasi altra macchina che funzioni utilizzando un ciclo diverso da quello di Carnot può essere
considerata reversibile alla sola condizione di ammettere la presenza di infinite altre sorgenti
termiche il cui livello varia in modo continuo tra la temperatura massima e quella minima delle
relative isoterme di assorbimento e cessione calore.
Ogni macchina reversibile, diversa da quella operante con il ciclo di Carnot, funziona quindi tra
infiniti livelli di temperatura e non possiede quindi i requisiti richiesti dal Secondo Principio della
Termodinamica.
In altre parole:
Una macchina termica che opera ciclicamente in modo reversibile tra due sole capacità
termiche deve essere una macchina di Carnot.
Infatti un qualsiasi altro ciclo tra le due stesse temperature estreme comporterebbe scambi
di calore con differenze di temperature finite e pertanto non sarebbe reversibile.
In sostanza se due macchine termiche operano tra due livelli di temperatura, o
sono macchine di Carnot o sono macchine irreversibili.
Il Teorema di Carnot serve a dimostrare che nessuna macchina termica operante tra due sole
sorgenti termiche può avere un rendimento superiore al rendimento di una “macchina di Carnot”,
che tutti i cicli di Carnot tra le stesse temperature hanno lo stesso rendimento e che se una macchina
termica ha un rendimento pari al rendimento del ciclo di Carnot non può essere altro che essa stessa
una macchina di Carnot reversibile.
TEOREMA DI CARNOT
Il teorema di Carnot stabilisce che, considerata una “macchina termica reversibile R ”di rendimento
R e una “macchina qualsiasi Z ” con rendimento Z , entrambi operanti tra le stesse temperature
1T e 2T , deve sempre valere la seguente condizione:
Ipotesi: Macchina "R" Reversibile (quindi necessariamente di Carnot)
Macchina "Z" Qualsiasi (quindi necessariamente irreversibile)
Macchine R" e "Z Operanti entrambi tra 1T e 2T
TESI: ZR
Dove il segno “uguale” è valido solo se la macchina "Z" è anch’essa reversibile quindi
anch’essa necessariamente una “macchina di Carnot”.
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313
La dimostrazione del Teorema di Carnot si basa sulla definizione di rendimento di una macchina
termica che, come visto in precedenza, è definito genericamente da:
1
2
Q
Q1
La macchina "R" funziona con il ciclo di Carnot e il suo rendimento è quindi:
R
1
R
2
R
Q
Q1
La macchina "Z" è una macchina qualsiasi ed il suo rendimento è:
Z
1
Z
2
Z
Q
Q1
Il lavoro meccanico che le due macchine forniscono all’ambiente esterno, convertendo parte del
calore assorbito, è: R
2
R
1
RQQL
Z
2
Z
1
ZQQL
Per dimostrare il Teorema di Carnot, cioè che il rendimento di una macchina di Carnot è sempre
superiore a quello di una macchina qualsiasi operante tra le stesse temperature, si immagini che ciò
non sia vero supponendo perciò che esista una macchina qualsiasi il cui rendimento sia superiore a
quello della macchina di Carnot:
Per ipotesi assurda: ZR
Utilizzando le formule del rendimento, si ottiene:
Z
1
Z
2
R
1
R
2
Q
Q1
Q
Q1
Da cui:
Z
1
Z
2
R
1
R
2
Q
Q
Q
Q 1
Pensiamo ora di regolare opportunamente il funzionamento della macchina reversibile "R" in
modo tale che la quantità di calore assorbita R
1Q sia perfettamente uguale alla quantità di calore
Z
1Q assorbita dalla macchina qualsiasi "Z" , perciò:
Z
1
R
1QQ
In base a questa considerazione otteniamo che la 1 deve essere:
Z
2
R
2QQ 2
ZR
LL
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314
Cioè:
La quantità di calore ceduta alla sorgente fredda dalla macchina reversibile, a parità di calore
assorbito, deve risultare maggiore di quella ceduta dalla macchina qualsiasi.
Di conseguenza, se fosse vera l’ipotesi di partenza, il lavoro svolto dalla macchina
reversibile "R" sarebbe minore di quello prodotto dalla macchina "Z" qualsiasi.
Dopo la regolazione si procede con l’inversione del ciclo della macchina "R" che, essendo
reversibile, può funzionare anche come “pompa di calore”.
La nuova macchina reversibile *"R" è ora in grado di assorbire calore dalla sorgente fredda 2
T e
trasferirlo a quella calda 1
T .
Se, per il funzionamento di *"R" come pompa di calore, si utilizza il lavoro Z
L prodotto dalla
macchina "Z" , che, dopo la regolazione di "R" , è maggiore di R
L e si pensa di mantenere
inalterata la quantità di calore *R
2Q prelevata dalla sorgente fredda, si avrà, di conseguenza un
aumento della quantità di calore *R
1Q ceduta alla sorgente calda rispetto alla quantità
Z
1Q assorbita
dalla macchina "Z" .
Alla fine delle operazioni ipotizzate, il bilancio energetico delle due sorgenti termiche sarà il
seguente:
Dalla sorgente fredda la pompa di calore *"R" , alimentata dal lavoro prodotto dalla
macchina "Z" , sottrae una quantità di calore *R
2Q maggiore della quantità di calore
Z
2Q
che la macchina "Z" fornisce alla stessa sorgente.
L’energia termica della sorgente fredda diminuisce quindi della quantità: Z
2
*R
22TQQQ
La sorgente calda riceve dalla pompa di calore *"R" una quantità di calore *R
1Q maggiore
della quantità Z
1Q assorbita dalla macchina "Z" .
L’ambiente esterno non è modificato in quanto tutto il lavoro prodotto dalla macchina "Z"
è stato utilizzato per il funzionamento della pompa di calore *"R" .
Conclusione:
Dall’ipotesi di partenza, ove si riteneva falso il teorema di Carnot, si giunge alla conclusione che
sarebbe così possibile realizzare un dispositivo in grado di trasferire calore da una sorgente fredda
ad una calda senza l’intervento di ulteriori scambi di lavoro o calore con l’ambiente esterno.
Avremmo in pratica realizzato un dispositivo che, senza consumare energia, raffredda ancor di più
la sorgente fredda e riscalda ancor di più la sorgente calda aumentando così il dislivello termico tra
le due sorgenti.
Ma un tale dispositivo sarebbe in netto contrasto con quanto espresso dal postulato di Clausius ed è
quindi evidente che è impossibile da realizzare.
L’ipotesi di partenza in cui si ammetteva il maggior rendimento della macchina qualsiasi rispetto
alla macchina di Carnot deve quindi essere falsa.
Di conseguenza deve essere vera l’ipotesi contenuta nel teorema di Carnot:
ZR
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315
In conclusione:
Il rendimento di una macchina termica che funziona utilizzando un ciclo diverso da
quello di Carnot è sempre minore del rendimento di una macchina termica che
utilizza il ciclo di Carnot.
Ciò è vero se le due macchine operano tra gli stessi livelli termici estremi 1
T e 2
T .
Il rendimento di una macchina di Carnot reversibile, composta da trasformazioni
reversibili, è comunque sempre superiore ad una macchina irreversibile.
Figura 73 – PER ASSURDO: RENDIMENTO DI "R" MINORE DEL RENDIMENTO DI "z"
Figura 74 – PER ASSURDO: IL DISPOSITIVO TRASFERISCE CALORE DALLA SORGENTE FREDDA
A QUELLA CALDA SENZA SCAMBI DI ENERGIA CON L’AMBIENTE ESTERNO
VIOLANDO IN QUESTO MODO IL POSTULATO DI CLAUSIUS.
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316
Dalla dimostrazione per assurdo del Teorema di Carnot e ricordando la definizione di rendimento in
funzione delle temperature estreme del ciclo reversibile si ottiene le seguenti relazioni:
ZR
Teorema di Carnot
1
2
1
2
1
2
RT
T1
Q
Q1
Q
Q1 Macchina reversibile
0T
Q
T
Q
2
2
1
1
1
2
1
2
ZT
T1
Q
Q1 Macchina irreversibile
1
2
1
2
T
T
Q
Q
1
1
2
2
T
Q
T
Q
0T
Q
T
Q
2
2
1
1
Per un ciclo utilizzato da una macchina non reversibile, dunque diversa dalla macchina di Carnot, la
sommatoria algebrica dei rapporti tra i calori scambiati e le rispettive temperature è sempre minore
di zero.
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317
ESERCIZI – SECONDO PRINCIPIO TERMODINAMICA
ESERCIZIO N. 1
In una macchina termica, il cui rendimento è 24,0 , la caldaia fornisce una quantità di calore
pari a Kcal4400Q in un dato intervallo di tempo.
Determinare il lavoro prodotto dalla macchina in questo intervallo di tempo, la quantità di calore
necessariamente dispersa per raffreddamento e la potenza termica della caldaia se si tiene conto che
il calore è fornito in un tempo pari s10t .
Soluzione:
Il rendimento di una macchina termica è dato dalla relazione:
.Ass
Utile
1
21
Q
L
Q
La quantità di lavoro utile è quindi data da:
J1042,4Kcal
J186.4Kcal400.424,0QL
6
AssU
La quantità di calore dispersa per raffreddamento è pari alla differenza tra il calore fornito e il
lavoro prodotto:
J10399,1J1042,4Kcal
J186.4Kcal400.4Q
76
2
La potenza termica totale è data:
kW842.1
s
J10842,1
s10
Kcal
J186.4Kcal400.4
P6
T
h
Kcal000.264
s
Kcal440
s10
Kcal400.4PT
ESERCIZIO N. 2
Una macchina termica sviluppa una potenza kW6,11P assorbendo tutto il calore emesso dalla
combustione di 5,0 kg di benzina in un’ora.
Considerando il potere calorifico della benzina pari a
kg
J102,4p
7
C, determinare il
rendimento della macchina termica.
Soluzione:
Con il dato della potenza ed il riferimento ad un tempo di funzionamento di un’ora, si determina il
lavoro complessivamente svolto in detto periodo di tempo:
t
LP
h
J10176,4
h
s3600
s
J600.11tPL
7
Il lavoro eseguito dalla macchina in un’ora deriva dall’assorbimento del calore prodotto dalla
combustione della benzina e dalla conseguente conversione di parte di esso in lavoro.
La quantità di calore assorbito è:
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318
h
J101,2
kg
J102,4
ora
kg0,5Q
87
1
Perciò il rendimento della macchina termica è:
%9,19100199,0
h
J101,2
h
J10176,4
100Q
L
8
7
1
ESERCIZIO N. 3
Un motore termico sviluppa una potenza di 15 kW con un rendimento del 10 %. Determinare le
quantità di calore 1Q e 2Q scambiate ogni secondo, rispettivamente con la caldaia e il refrigerante.
Soluzione:
Dal dato della potenza e con riferimento al tempo di 1 secondo:
s
J000.15
t
LP
J000.15s1s
J000.15tPL
Utilizzando il valore del rendimento si ottiene quindi il calore scambiato con la caldaia:
10,0Q
L
1
s
cal834.35
Kcal
J186.4
s
J000.150
s
J000.150
1,0
s
J000.15
1,0
LQ 1
E con il refrigerante:
1
2
1
21
Q
Q1
Q
1Q
Q
1
2
s
cal250.32
s
J000.1359,0
s
J000.1501QQ 12
ESERCIZIO N. 4
Un motore termico sviluppa una potenza di 13 kW con un rendimento del 18 % prelevando calore
da una caldaia alimentata a carbon coke il cui potere calorifico è
kg
J1034,3P
7
C.
Determinare la quantità di carbone consumato dal motore in un’ora di funzionamento.
Soluzione:
Dalla potenza, dal rendimento e dal periodo di funzionamento del motore si ottiene:
s
J000.13
t
LP
h
J1068,4
h
s3600
s
J000.13tPL
7
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319
1Q
L
h
J106,2
18,0
h
J1068,4
LQ
8
7
1
Dalla quantità di calore fornita, in un’ora, alla caldaia dalla combustione del carbone e dal potere
calorifico, si ottiene quindi la quantità di combustibile necessario:
CCoke1 PMQ
h
kg78,7
kg
J1034,3
h
J106,2
P
QM
7
8
C
1Coke
ESERCIZIO N. 5
Una centrale utilizza vapore per azionare le turbine e generare energia elettrica. La potenza generata
dalla centrale è di MW105,13
, ma il rendimento del processo di conversione in energia elettrica
è del 30%.
Trascurando l’energia utilizzata dalla centrale per funzionare, si supponga che tutto il calore in
eccesso sia eliminato trasferendolo ad un fiume la cui portata è pari a
s
m75
3
.
Determinare quanto calore è smaltito nel fiume ogni secondo.
Determinare l’aumento di temperatura dell’acqua del fiume ossia il grado di inquinamento termico.
Soluzione:
Dal valore della potenza e del rendimento di conversione, si ricava il valore del calore necessario
alla centrale:
s
J105,1W105,1
t
LP
99
J105,1s1s
J105,1tPL
99
3,0Q
L
1
J105
3,0
J105,1LQ
99
1
per ogni secondo
Si determina poi la quantità di calore da smaltire:
1
2
1
21
Q
Q1
Q
J105,370,0J1051QQ99
12 per ogni secondo
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320
Infine l’incremento di temperatura dell’acqua del fiume:
tcmQ s2
K15,11
Kkg
J186.4
s
kg000.75
s
J105,3
cm
QT
9
s
2
ESERCIZIO N. 6
Una valvola termoionica sviluppa una potenza pari a W102P4
con un rendimento pari al
%65 . Il sistema di raffreddamento per mantenere l’efficienza è ad acqua.
Determinare la portata d’acqua in s
m3
, se si vuole che l’acqua del sistema di raffreddamento non
abbia incrementi di temperatura superiori a 10° C.
Soluzione:
s
J102
t
LP
4
J102s1s
J102tPL
44
LQ
L
Q
L
21
LLQ 2
1LQ 2
s
J769.10
65,0
35,0
s
J102
1LQ
4
2
La portata minima d’acqua di raffreddamento è calcolata imponendo che il salto termico non sia
superiore a 10 °C:
TCmQ s2
s
m106,2
s
dm26,0
s
kg26,0
K10Kkg
J186.4
s
J769.10
TC
Qm
34
3
s
2
ESERCIZIO N. 7
Una mole di gas perfetto biatomico è contenuta in un recipiente termicamente isolato. Un pistone,
termicamente isolante, chiude il recipiente e può scorrere senza attrito. La pressione del gas è di 200
kPa, mentre le sua temperatura è di 450 K. La pressione esterna è di 100 kPa.
Il pistone, inizialmente bloccato, è liberato dai blocchi ed il gas si espande in modo irreversibile.
Trascorso un tempo sufficientemente lungo, il gas raggiunge uno stato d’equilibrio.
Il lavoro compiuto dal gas durante la trasformazione è di J102,13
.
Determinare la temperatura d’equilibrio del gas.
Determinare quale sarebbe la temperatura d’equilibrio se l’espansione fosse stata reversibile.
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321
Soluzione:
Con l’equazione di stato è possibile determinare il volume occupato dal gas nello stato d’equilibrio
iniziale con pistone bloccato:
32
2
1
1 m1087,1
m
N000.200
K450Kmole
mN314,8mole1
p
TRnV
La trasformazione irreversibile è di tipo adiabatico in quanto, per via delle pareti isolanti, non sono
permessi scambi di calore con l’ambiente esterno.
La quantità di lavoro eseguita dal sistema durante l’espansione adiabatica (si tratterà di una
espansione in quanto la pressione iniziale del gas con pistone bloccato è superiore alla pressione
esterna) è prodotta a spese dell’energia interna iniziale che, alla fine della trasformazione sarà
sicuramente inferiore.
Utilizzando il primo principio:
LdU
J102,1T1
Rmole1TCndU
3
V
K7,57
mole1Kmole
J314,8
1J102,1T
3
Per cui la temperatura finale al termine della trasformazione irreversibile sarà:
K3,3927,57450TTT 12
A questa temperatura e alla pressione finale, necessariamente uguale alla pressione esterna, dovrà
corrispondere un volume finale:
32
2
2
22 m1026,3
m
N000.100
K3,392Kmole
mN314,8mole1
p
TRnV
D’altra parte la pressione finale del gas nel cilindro, al termine della trasformazione, deve essere
necessariamente pari alla pressione esterna e quindi, se la trasformazione fosse adiabatica
reversibile, si utilizzerebbe la legge di Poisson:
2211 VpVp
Il volume finale sarebbe quindi il seguente:
324,1
1
32
1
2
112 m1006,3
000.100
000.200m1087,1
p
pVV
La temperatura finale dell’ipotetica trasformazione adiabatica reversibile si potrebbe calcolare sia
utilizzando l’equazione di Poisson sia direttamente con l’equazione di stato.
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322
Con l’equazione di stato:
K368
Kmole
mN314,8mole1
m1006,3
m
N000.100
Rn
VpT
32
222
2
Con l’equazione di Poisson combinata con l’equazione di stato:
111 TRnVp
222 TRnVp
Da cui:
1
11
p
TRnV
2
22
p
TRnV
2
22
1
11
p
TRnp
p
TRnp
2
1
21
1
1TpTp
K3691
2K450
p
pTT
40,1
40,01
2
112
Se la trasformazione fosse stata adiabatica reversibile la variazione d’energia interna e, di
conseguenza, il lavoro fornito all’esterno, sarebbe stata:
J5,683.13694501
Rmole1TCnLdU V
ESERCIZIO N. 8
Determinare il rendimento delle macchine termiche reversibili che funzionano tra le seguenti coppie
di temperature:
K600T1 K340T 2
K600T1 K300T 2
K600T1 K200T 2
K300T1 K10T 2
K300T1 K1T 2
Soluzione:
Per una macchina reversibile il rendimento si calcola con:
1
2
T
T1
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323
Per cui:
%3,43600
3401
T
T1
1
21
%50600
3001
T
T1
1
22
%7,66600
2001
T
T1
1
23
%7,96300
101
T
T1
1
24
%7,99300
11
T
T1
1
25
ESERCIZIO N. 9
Una macchina di Carnot esegue cicli scambiando calore con due sorgenti ideali, una a temperatura
K350T1 , l’altra a temperatura K273T 2 .
La macchina, inoltre, cede al termostato più freddo una quantità di calore pari a Kcal60Q 2 .
Calcolare il calore assorbito dalla macchina dalla sorgente calda e il lavoro effettuato in 15 cicli
completi.
Soluzione:
Si calcola il rendimento della macchina di Carnot:
22,0350
2731
T
T1
1
2
Il rendimento è anche dato dalla relazione:
22,0Q
Q
Q1
1
21
1
2
Da cui si ottiene il calore assorbito dalla sorgente calda:
121 Q22,0QQ
J322.322
Kcal
J186.4Kcal77Kcal77
78,0
Kcal60
22,01
21
Se sono effettuati 15 cicli completi il calore assorbito e il lavoro effettuato sono rispettivamente:
MJ83,4322.32215Q cicli151
MJ07,1Kcal
J186.4Kcal607715QQ15L 21cicli15
ESERCIZIO N. 10
Una macchina termica opera cicli irreversibili scambiando calore con due sorgenti termiche a
temperatura C10T1 e C150T 2 . Per sollevare un corpo di 10 kg ad un’altezza di 3 m la
sorgente a temperatura maggiore trasmette alla macchina termica una quantità di calore pari a
cal000.1Q 1 .
Determinare il rendimento della macchina e confrontarlo con quello di una macchina di Carnot che
opera tra le due stesse temperature.
Soluzione:
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324
Per il sollevamento di un corpo di massa m ad una quota h , occorre fornire un lavoro pari
all’incremento di energia potenziale:
J3,294m3
s
m81,9kg10hgmL
2
Tale è il lavoro prodotto dalla macchina irreversibile che è anche uguale alla differenza tra il calore
assorbito e quello ceduto alla sorgente fredda.
Il rendimento della macchina irreversibile si calcola quindi:
%707,0
cal
J186,4cal000.1
J3,294
Q
L
Q
11
21IRREV
Se si trattasse di una macchina di Carnot, avrebbe un rendimento pari a:
%3333,0273150
273101
T
T1
1
2
Essa assorbirebbe dalla sorgente ad alta temperatura una quantità nettamente inferiore da quella, in
effetti, prelevata dalla macchina irreversibile:
cal213J8,891
33,0
J3,294LQ 1
ESERCIZIO N. 11
Una macchina termica opera cicli di Carnot. La sorgente a temperatura più alta si trova alla
temperatura K535T1 , mentre, l’altra è alla temperatura del ghiaccio fondente.
Durante il ciclo sono fusi 10 kg di ghiaccio (calore latente di fusione pari a
kg
J1035,3
5 .
Determinare il calore ceduto alla macchina dalla sorgente calda.
Soluzione:
Con la quantità di ghiaccio fuso e il valore del calore latente di fusione è possibile determinare la
quantità di calore ceduto dalla macchina termica alla sorgente fredda:
J1035,3kg10kg
J1035,3mCQ
4
L2
Con le temperature di scambio termico si determina poi il rendimento della macchina di Carnot:
49,0535
2731
T
T1
1
2
Con il valore del rendimento e del calore ceduto si determina poi il calore assorbito dalla macchina:
1
21
Q
J1057,6
49,01
J1035,3
1
66
21
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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325
ESERCIZIO N. 12
Una macchina termica ideale opera tra le temperature 1T e 2T con 21 TT . Per ottenere dalla
macchina un rendimento maggiore, si pensa di aumentare di T la differenza di temperatura tra le
sorgenti. Questo può essere fatto aumentando la temperatura maggiore mantenendo costante la
temperatura minore, oppure diminuendo la temperatura minore mantenendo costante la temperatura
maggiore.
Determinare se l’aumento del rendimento è lo stesso.
Soluzione:
Il rendimento della macchina ideale è dato da:
1
2
T
T1
Se si pensa di aumentare il rendimento operando una riduzione della temperatura del refrigerante, si
otterrà, per una riduzione pari ad un T qualsiasi, il seguente rendimento:
11
2
1
21
T
T
T
T1
T
TT1
Si ha così un aumento di rendimento, rispetto a quello originale, pari alla differenza:
11
2
11
211
T
T
T
T1
T
T
T
T1
Allo stesso modo, se si pensa di aumentare il rendimento aumentando la temperatura della sorgente
dalla quale la macchina assorbe calore, si avrà:
TT
T1
1
22
In questo caso l’aumento di rendimento sarà:
TTT
TTTT
TT
T
T
T
T
T1
TT
T1
11
112
1
2
1
2
1
2
1
222
TT
T
T
T
TTT
TT
11
2
11
22
Ora è possibile confrontare i due aumenti di rendimento facendo il rapporto tra il primo e il
secondo:
2
1
Il valore del rapporto sarà quindi indicativo dei valori al numeratore e al denominatore che
rappresentano rispettivamente l’aumento di rendimento dovuto alla diminuzione della temperatura
del refrigerante e l’aumento di rendimento per effetto di un incremento della temperatura della
sorgente che cede calore.
Entrambi sono ottenuti con la stessa variazione di temperatura:
1
T
TT
TTT
TTTT
TT
T
T
T
T
T
2
1
21
11
11
2
1
2
1
21
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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326
Il valore del rapporto è sicuramente maggiore dell’unità per ovvi motivi e, di conseguenza,
l’aumento di rendimento dovuto alla riduzione di 2T risulta maggiore.
E’ quindi più conveniente, per aumentare il rendimento di una macchina termica ideale, operare una
riduzione della temperatura 2T piuttosto che aumentare dello stesso valore la temperatura 1T .
L’incremento di rendimento rispetto a quello originale è dato da:
21211
1
1
2
11
2
1
TT
T1
TTT
TT1
T
T1
T
T
T
T1
21
1TT
T1
Esempio:
K100T1
K50T 2
K10T
Da cui si ottiene:
50,0T
T1
1
2
60,0T
TT1
1
21
545,0TT
T1
1
22
2,2T
TT
2
1
2
1
10,050,060,01
045,050,0545,02
1,0045.02,21
6,05,050100
1011
ESERCIZIO N. 13
Un gas perfetto monoatomico compie cicli Stirling scambiando calore con due sorgenti termiche
aventi temperatura una doppia dell’altra. Le trasformazioni isocore del ciclo avvengono a volumi
costanti uno quadruplo dell’altro. Una quantità uguale di gas compie cicli di Carnot tra le stesse
sorgenti e i volumi massimi e minimi raggiunti dal fluido nell’eseguire il ciclo sono gli stessi.
Determinare il rapporto tra i lavori netti compiuti nei due casi.
Soluzione:
Il ciclo Stirling è composto da due isocore e da due isoterme mentre, il ciclo di Carnot da due
adiabatiche e due isoterme.
Il ciclo di Carnot è reversibile in quanto opera tra solo due temperature mentre, il ciclo Stirling per
essere considerato reversibile necessita di infinite capacità termiche a livelli differenti per lo
svolgimento delle trasformazioni isocore.
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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327
Calcolo del lavoro utile netto per il ciclo Stirling:
Il lavoro utile netto L effettuato dalla macchina di Stirling è pari alla differenza tra il lavoro
fornito 1L e quello assorbito 2L , rispettivamente durante l’isoterma ad alta temperatura e l’isoterma
a bassa temperatura.
Le due trasformazioni isocore non permettono scambi di lavoro con l’esterno.
Per cui:
1
11
1
21
1
2V
1V
2V
1V
1V
V4logTRn
V
VlogTRndV
V
TRndVvpL
111 TRn39,1
1
14logTRnL
1
11
2
12
2
2V
1V
1V
2V
2V4
VlogTRn
V
VlogTRndV
V
TRndVvpL
222 TRn39,141
1logTRnL
Da cui si ottiene:
22221.Stirl TRn39,1TT2Rn39,1TTRn39,1L
Calcolo del lavoro utile netto per il ciclo di Carnot:
5,0T2
T1
T
T1
2
2
1
2C
5,0Q
L
Q
11
21C
1
3111C
V
VlogTRn5,0L5,0QL
Per il calcolo di 3V si usa la legge di Poisson per l’adiabatica d’espansione:
2433 VpVp
133 TRnVp
224 TRnVp
2
2
2
3
3
1V
V
TRnV
V
TRn
1
22
1
31 VTVT
2
167,1
1
2
22
1
1
1
223 V36,0
T2
TV
T
TVV
1
11
1
21
1
31
V
V436,0logTR5,0
V
V36,0logTRn5,0
V
VlogTRn5,0L
11Carnot TRn18,01
436,0logTR5,0L
Quindi il rapporto tra i lavori forniti dai due cicli è:
86,3T218,0
T39,1
TRn18,0
TRn39,1
L
L
2
2
1
2
Carn
ST
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328
ESERCIZIO N. 14
Un gas perfetto biatomico esegue un ciclo Diesel: dallo stato iniziale A di parametri:
Pa10p5
A
34
A m100,5V
K293T A
viene compresso adiabaticamente allo stato B; segue un’espansione isobara fino allo stato C ed una
adiabatica fino allo stato D ove la pressione risulta:
Pa105p5
D
Il ciclo si chiude con un’isocora.
Il rapporto di compressione, ovvero il rapporto tra il volume massimo e quello minimo raggiunti nel
ciclo è 22.
Determinare i valori di pressione, volume e temperatura ai vertici del ciclo.
Determinare inoltre il rendimento del ciclo.
Soluzione:
La prima trasformazione subita dal gas è una compressione adiabatica con aumento un aumento
della temperatura e della pressione e una diminuzione del volume.
L’ultima trasformazione, che chiude il ciclo e riporta il gas ai parametri iniziali, è un’isocora.
Considerando che il rapporto di compressione è 22 e che il volume massimo è quello appartenente
allo stato iniziale A, è possibile determinare il valore del volume minimo – caratteristico dello
spigolo B:
Quindi, riepilogando:
22V
VR
B
AC
3534
AB m103,2
22
m100,5
22
VV
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329
La compressione adiabatica è regolata dalla legge di Poisson, per cui:
BBAA VpVp
Da cui si ottiene il valore della pressione Bp :
Pa1075,7522Pa10V
Vpp
540,15
B
AAB
E, con l’equazione di stato, il valore della temperatura BT :
BBB TRnVp
AAA TRnVp
K020.1
m105
m
N10
m103,2
m
N1075,75
K293Vp
VpTT
34
2
5
35
2
5
AA
BBAB
Conoscendo il valore della pressione caratteristico del vertice D – dato del problema – e il valore
del volume (volume massimo pari a quello dello stato A) ed utilizzando l’equazione di stato con i
parametri del vertice A, si determina:
DDD TRnVp
AAA TRnVp
AA
DD
A
D
Vp
Vp
T
T
K465.1
m105
m
N10
m105
m
N105
K293Vp
VpTT
34
2
5
34
2
5
AA
DDAD
Gli altri parametri di stato, caratteristici del vertice D sono dati del problema:
Pa105P5
D
34
AD m105VV
Per ultimo si determinano i valori dei parametri di stato del vertice C – punto iniziale
dell’espansione adiabatica sino al punto D:
Vale ancora la legge di Poisson:
DDCC VpVp
Dalla quale si ricava il valore del volume nel vertice C:
354,1
1
5
534
D
1
C
DC m17,7
1075,75
105m105V
P
pV
E ancora con l’equazione di stato, la temperatura è:
CCC TRnVp
DDD TRnVp
DD
CC
D
C
Vp
Vp
T
T
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330
K182.3
105105
1017,71075,75K465.1
Vp
VpTT
54
55
DD
CC
DC
Riepilogando i risultati:
Vertice A:
K293T A
34
A m105V
021,0
Kmole
mN314,8K293
m105
m
N10
RT
Vpn
34
2
5
Pa10p5
A
Vertice B:
K020.1T B
35
B m103,2V
Pa1075,75p5
B
Vertice C:
K182.3T C
35
C m1017,7V
Pa1075,75p5
C
Vertice D:
K465.1T D
34
D m105V
Pa105p5
D
Con il numero di moli determinato con una qualsiasi delle combinazioni di parametri di stato (ad
esempio per il vertice A), si può determinare il calore e il lavoro scambiato in un ciclo completo:
Per la prima compressione adiabatica A-B:
0Q
K293020.11
Rmoli021,0TTCnUL ABVBABA
J317K293020.1140,1
Kmole
J314,8
moli021,0L BA
RCC VP
VV
P
C
R1
C
C
1
RC V
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331
Per l’isobara B-C:
J311.1368943LdUQ CBCBCB
K020.1182.314,1
Kmole
J314,8
moli021,0TT1
RndU BCCB
J943dU CB
J368103,21017,7
m
N1075,75VVpL
55
2
5
BCBCB
Per l’adiabatica C-D:
0Q
K182.3465.11
Rmoli021,0TTCnUL CDVDCDC
J749K182.3465.1140,1
Kmole
J314,8
moli021,0L BA
RCC VP
VV
P
C
R1
C
C
1
RC V
Per l’isocora D-A:
0L
DAVADAD TTCndUQ
J511465.1293140,1
Kmole
J314,8
moli021,0Q AD
In conclusione, il lavoro utile netto è dato da:
J800749368317L U
Mentre il calore assorbito da:
J311.1Q
E, il rendimento:
61,0
J311.1
J800
Q
L
Q
1
U
1
21
ESERCIZIO N. 15
Una macchina di Carnot è utilizzata come frigorifero, cioè assorbe una quantità di calore 1Q da una
sorgente “fredda” a temperatura C18t1 , e cede una quantità di calore 2Q ad una sorgente
“calda” a temperatura C25t 2 .
Determinare il lavoro necessario per trasferire una quantità di calore pari a 680 cal da una sorgente
all’altra.
Soluzione:
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332
Il rendimento di una macchina di Carnot che opera un ciclo diretto – quindi come macchina termica
– è dato da:
1
2
1
2
1
2
11
21
T
T1
Q
Q1
Q
Q1
Q
L
Q
Nel caso di ciclo diretto s’intende con 1Q la quantità di calore assorbita dalla sorgente calda, con
2Q la quantità di calore restituita alla sorgente fredda e con L il lavoro prodotto.
Nel caso di un ciclo inverso utilizzato come macchina frigorifera – quindi allo scopo di sottrarre una
certa quantità di calore da una sorgente che si trova già a bassa temperatura con l’intenzione di
mantenere basso il livello termico (ad esempio per la conservazione dei cibi) – la quantità di calore
2Q è assorbita dalla sorgente fredda e trasferita alla sorgente calda con l’intervento di una certa
quantità di lavoro proveniente dall’esterno (si ricorda che il processo non avviene spontaneamente
in natura come appurato anche dal postulato di Clausius).
Il rapporto tra la quantità di calore assorbita e il lavoro necessario per il suo trasferimento alla
sorgente calda è definito efficienza del ciclo e dipende evidentemente dal rendimento del ciclo di
Carnot diretto (considerando che nel ciclo inverso sono coinvolte le stesse quantità energetiche) :
21
2
1
21
1
2
1
2
1
2
1
21
1
2
21
22
TT
T
T
TT
T
T
T
T1
T
T11
1
Q
Q
Q
Q
L
Q
93,5255298
255
TT
T
21
2
93,5L
Q 2
J48093,5
cal
J186,4cal680
93,5
QL
2
Per cui, in conclusione, la macchina frigorifera assorbe una quantità di calore pari a 680 (J), una
quantità di lavoro pari a 480 (J) e cede, alla sorgente calda, una quantità di calore pari a 1.160 (J).
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333
ESERCIZIO N. 16
Una macchina termica contiene un gas biatomico ed esegue un ciclo frigorifero composto da
un’espansione adiabatica dal volume 1V al volume 2V , da un’isocora in cui la temperatura aumenta
da 2T a 1T (con 21 T2T ) e da una compressione isoterma in cui il gas torna alle condizioni
iniziali.
Disegnare il ciclo e calcolare il coefficiente di efficienza definito come:
compiutolavoro
freddasorgenteallasottrattocalore
Soluzione:
Il calore è sottratto alla sorgente fredda durante la trasformazione isocora allorché, a volume
costante, il gas assorbe calore dall’esterno ed aumenta la propria temperatura ed energia interna.
La fase successiva è una compressione isoterma alla temperatura costante durante la quale la
macchina riceve una quantità di lavoro e cede la stessa quantità sottoforma di calore.
Il calore sottratto dalla sorgente fredda utilizzando direttamente l’equazione del calore oppure con
l’uso del primo principio:
1
TRnTT2
1
RnTTCnQ
22221V2
Il lavoro utile netto è dato dalla differenza tra l’energia meccanica ricevuta durante la fase di
compressione isotermica (da considerarsi negativo) e quella fornita all’esterno durante la fase di
espansione adiabatica:
12log21
TRn
1
TRn2log
1
TRn2LLL
22221
11
TRn12log2
1
TRnL
22
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334
2
12
2
111
V
VlogTRn2
V
VlogTRnL
212V2 T
1
RnTTCndUL
D’altra parte, per l’espansione adiabatica, dovendo valere la legge di Poisson e l’equazione di stato
si ottiene:
2211 VpVp
111 TRnVp
222 TRnVp
2
2
2
1
1
1V
V
TV
V
T
1
1
2
21
1
2
1
1
2
T
T2
T
T
V
V
1
1
1
22
V
V
Per cui l’espressione del lavoro:
1
1
2
2
121 2logTRn2
V
VlogTRn2L
2log1
1TRn2L 21
Quindi l’efficienza:
50,2140,1
1
1
1
11
TRn
1
TRn
L
Q
2
2
2
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335
ESERCIZIO N. 17
Una macchina termica compie cicli irreversibili operando tra due sorgenti di calore, una alla
temperatura K273T1 e l’altra alla temperatura K473T 2 .
Ad ogni ciclo la macchina assorbe una quantità di calore J1034,3Q3
2 e produce un lavoro
J670L .
Determinare il rendimento della macchina termica.
Determinare il lavoro prodotto da una macchina di Carnot che compie cicli termici nelle stesse
condizioni.
In un secondo momento, la macchina di Carnot è utilizzata come frigorifero per trasferire calore
dalla sorgente 1T alla sorgente 2T utilizzando il lavoro prodotto dall’altra macchina.
Se C è il rendimento della macchina di Carnot, dimostrare che il coefficiente di prestazione è
dato da:
11
C
Calcolare inoltre il calore che la macchina così composta scambia con le due sorgenti.
Il coefficiente di prestazione o efficienza è dato nell’esercizio precedente.
Soluzione:
Il rendimento della macchina irreversibile è il seguente:
201,0
J1034,3
J670
Q
L
31
.IRR
Mentre il rendimento della macchina di Carnot che opera tra le stesse due sorgenti è:
423,0
J473
K2731
T
T1
1
2C
Il lavoro prodotto dalla macchina di Carnot è dato da:
1
CQ
L423,0
J413.1Q423,0L 1
Il coefficiente di prestazione o efficienza è dato dal rapporto tra il calore assorbito dalla macchina
frigorifera di Carnot dalla sorgente a bassa temperatura e il lavoro compiuto:
L
Q 2
Dalla formula del rendimento di una macchina termica di Carnot:
1
21
Q
Tenendo presente che le quantità di calore scambiate dalla macchina di Carnot quando funziona da
frigorifero rimangono le stesse in valore assoluto ma con senso contrario:
1Q Calore assorbito dalla sorgente a temperatura superiore 1T dalla macchina termica.
1Q Calore ceduto alla sorgente a temperatura superiore 1T dalla macchina frigorifera
2Q Calore ceduto alla sorgente a temperatura inferiore 2T dalla macchina termica
2Q Calore assorbito dalla sorgente a temperatura inferiore 2T dalla macchina frigorifera
APPUNTI DI FISICA
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336
Inoltre la differenza 21 QQ rappresenta, sia per il ciclo termico diretto che per il ciclo inverso
frigorifero, la quantità di lavoro utile netto L che è fornito dalla macchina termica e che è
assorbito dalla macchina frigorifera.
Per cui si ottiene da l rendimento:
1
21
Q
LQ
L
2
LLQ 2
LLQ 2
LLQ 2
1LQ 2
111
L
Q 2
Il sistema termodinamico composto dalla macchina irreversibile che assorbe calore dalla sorgente
1T , cede calore alla sorgente 2T e fornisce lavoro alla macchina frigorifera reversibile di Carnot la
quale, a sua volta, assorbe calore dalla sorgente 2T e cede alla sorgente 1T , opera i seguenti scambi
termici:
Calore prelevato dalla macchina frigorifera alla sorgente a bassa temperatura:
J913J6701423,0
1L1
1LQ 2
Calore ceduto dalla macchina frigorifera alla sorgente ad alta temperatura:
J583.1670913LQQ 21
ESERCIZIO N. 18
Una macchina di Carnot compie cicli reversibili operando tra due sorgenti, una a temperatura
C10t1 , l’altra a temperatura C0t 2 .
Una macchina identica può compiere cicli operando tra C190t1 e C200t 2 .
Nell’ipotesi che le due macchine producano la stessa quantità di lavoro, determinare quale delle due
assorbe la maggior quantità di calore dalla sorgente a temperatura più alta.
Nell’ipotesi che le due macchine assorbano la stessa quantità di calore dalla sorgente a temperatura
più alta, determinare quale delle due produce più lavoro
Soluzione:
Il rendimento della prima macchina è dato da:
035,0283
2731
T
T1
1
21
Il rendimento della seconda macchina è dato da:
12,083
731
T
T1
1
22
Supponendo che entrambe le macchine producano la stessa quantità di lavoro L :
APPUNTI DI FISICA
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337
11
211
Q
L
Q
QQ035,0
L57,28035,0
LLQ
1
1
*
1
*
1
212
Q
L
Q
QQ12,0
L33,812,0
LLQ
2
*
1
Quindi, a parità di lavoro effettuato, la prima macchina assorbe una quantità di calore pari a circa
3,43 volte quella assorbita dalla seconda macchina.
Nell’ipotesi che le due macchine assorbano la stessa quantità di calore, si ottiene:
11
211
Q
L
Q
QQ035,0
1Q035,0L
1
*
*
1
212
Q
L
Q
QQ12,0
1
*Q12,0L
Quindi, a parità di calore assorbito, la seconda macchina produce una quantità di lavoro pari a circa
3,43 volte quello prodotto dalla prima.
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338
L’EQUAZIONE DI CLAUSIS – DISEGUAGLIANZA DI CLAUSIUS
ESPRESSIONE ANALITICA DEL SECONDO PRINCIPIO
L’equazione, o disuguaglianza, di Clausius si riferisce, ancora una volta, ad un sistema
termodinamico di tipo reversibile che esegue una serie di trasformazioni, tali da percorrere un ciclo
chiuso.
In particolare, se si tratta di un ciclo semplice di Carnot reversibile, si è giunti alla conclusione che
la somma algebrica dei rapporti tra le quantità di calore e le rispettive temperature di assorbimento o
cessione isotermica deve essere nulla.
0T
Q
T
Q
2
2
1
1
Intendendo con 1Q e 2Q , rispettivamente il calore assorbito alla temperatura 1T ed il calore
ceduto alla temperatura 2T . Ovviamente, nel caso semplice del ciclo di Carnot il calore
assorbito ha segno positivo, mentre, è negativo il calore ceduto.
Si giunge a tale importante conclusione tenendo conto:
Della definizione generale di rendimento o efficienza della macchina termica:
1
2
1
2
Q
Q1
Q
Q1
Del Teorema di Carnot per mezzo del quale si dimostra che il rendimento della macchina
termica operante un ciclo di Carnot è maggiore di quello di una qualsiasi macchina che operi
secondo un ciclo diverso da quello di Carnot.
ZR
Dalla dimostrazione che, per un ciclo di Carnot, il rendimento dipende in modo esclusivo
dalle temperature tipiche della sorgente cedente e ricevente.
1
2
RT
T1
IL CICLO REVERSIBILE QUALSIASI
Si consideri ora un qualsiasi ciclo reversibile come, ad esempio, quello rappresentato, con il
diagramma pressione-volume, nella seguente figura n. 18.
Il ciclo è composto da due trasformazioni reversibili qualsiasi che, unitamente, riportano il sistema
termodinamico ai parametri iniziali.
La prima trasformazione modifica lo stato iniziale, rappresentato dal punto Y , mediante variazione
continua di stati d’equilibrio sino a raggiungere il punto Z .
Tale trasformazione è indicata con la lettera .
La seconda trasformazione, indicata con e anch’essa reversibile e qualsiasi, riporta il sistema allo
stato iniziale a partire dal punto Z .
Entrambe le trasformazioni attraversano il fascio, discreto ma in realtà continuo, di iperboli
equilatere rappresentative delle trasformazioni isotermiche possibili.
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339
Ogni isoterma è quindi caratterizzata dalla propria temperatura assoluta.
Ciò significa che, durante le trasformazioni e , la temperatura deve variare in modo continuo e
sono quindi necessarie, per rendere reversibile il ciclo, un numero infinito di sorgenti termiche
ognuna a temperatura diversa.
Per ragioni di semplicità grafica sono state indicate le sole isoterme caratterizzate da temperature da
1T a
9T , ma, è da intendersi che l’intero ciclo è completamente attraversato dal fascio di isoterme
comprese tra la temperatura minima e massima raggiunta in due punti rispettivamente prossimi,
come da disegno, al punto iniziale Y e al punto intermedio Z .
Tale condizione è solo evidentemente una casualità provocata dalla scelta arbitraria del punto
iniziale e terminale delle rispettive trasformazioni.
Occorre inoltre tenere presente che il fascio di isoterme di cui si è parlato è completamente
attraversato da un fascio di adiabatiche, regolate ognuna dalla legge di Poisson, e caratterizzate
globalmente dal valore del coefficiente tipico del gas impiegato.
Di conseguenza ogni coppia di isoterme è intersecata da almeno un’adiabatica individuando così
due diversi stati d’equilibrio.
Per la costruzione del grafico contenuto nel diagramma di Clapeyron – pressione/volume – con
relativo tracciamento del fascio discreto d’isoterme e dell’andamento di una curva adiabatica
esemplificativa, si è seguito il seguente procedimento:
2 4 0 K
3 6 0 K
4 8 0 K
6 0 0 K7 2 0 K
8 4 0 K
9 6 0 K
1 .0 8 0 K
1 .2 0 2 K
V (m )3
2p ( )
N
m
5 1 0 2 0
5
1 0
1 5
2 0
x 1 05
V9
9p 9
8V
p8
7p
V7 6
V
1 5
p6 5
A D IA B A T IC A
IS O T E R M E
5p
T1
2T
3T
4T
5T
6T
7T
8T
T9
8
7
6
Figura 75 – DIAGRAMMA PRESSIONE-VOLUME CON FASCIO D’ISOTERME ED ADIABATICA D’ESEMPIO
Tracciamento degli assi pressione e volume, scelta delle unità di misura e individuazione dei
parametri necessari alla costruzione delle isoterme.
Sull’asse orizzontale, rappresentativo del volume, sono stati riportati valori crescenti e con
incrementi pari all’unità sino al massimo valore 3
Max m20V .
Sull’asse verticale, rappresentativo della pressione, sono stati riportati valori crescenti con
incremento pari all’unità, sino al valore massimo di
atm20p
2Max
m
N000.10020p .
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340
La prima iperbole in basso rappresenta la trasformazione isoterma alla temperatura assoluta
minore e per il suo tracciamento si è utilizzata la legge di Boyle-Mariotte con i seguenti
parametri iniziali:
J102m20
m
N000.100VpVp
63
2ii
2mini
m
N000.100pp
3
maxi m20VV
L’ultima iperbole in alto rappresenta la trasformazione isoterma alla temperatura assoluta
maggiore e, per il suo tracciamento, si è utilizzata ancora la legge di Boyle con i seguenti
parametri iniziali:
J10m5
m
N000.10020VpVp
73
2ii
2maxi
m
N000.10020pp
3
mini m5VV
Ogni iperbole del fascio rappresenta poi una trasformazione isoterma con incremento
d’energia pari a:
J10Vp6
Quindi, riepilogando:
J102Vp6
1 J103Vp
6
2 J104Vp
6
3
J105Vp6
4 J106Vp
6
5 J107Vp
6
6
J108Vp6
7 J109Vp
6
8 J10Vp
7
9
Determinazione della temperatura assoluta caratteristica di ogni isoterma.
Per la determinazione delle temperature caratteristiche di ogni isoterma appartenente al
fascio si è utilizzata l’equazione generale di stato con l’ipotesi di utilizzare sistemi
termodinamici operanti con una quantità di gas pari a 1 Kmole e, di conseguenza, con un
valore della costante R pari a:
Kmole1n
KKmole
J314.8R
Si sono quindi ricavate le seguenti temperature assolute:
C33K240
KKmole
J314.8Kmole1
J102
Rn
VpT
6
11
C87K360
KKmole
J314.8Kmole1
J103
Rn
VpT
6
2
2
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341
C207K480
KKmole
J314.8Kmole1
J104
Rn
VpT
6
3
3
C327K600
KKmole
J314.8Kmole1
J105
Rn
VpT
6
4
4
C447K720
KKmole
J314.8Kmole1
J106
Rn
VpT
6
5
5
C567K840
KKmole
J314.8Kmole1
J107
Rn
VpT
6
6
6
C687K960
KKmole
J314.8Kmole1
J108
Rn
VpT
6
7
7
C807K080.1
KKmole
J314.8Kmole1
J109
Rn
VpT
6
8
8
C929K202.1
KKmole
J314.8Kmole1
J10
Rn
VpT
7
9
9
TRACCIAMENTO DELL’ADIABATICA ESEMPLIFICATIVA.
Il tracciamento dell’adiabatica esemplificativa per tutto il fascio di adiabatiche che, in realtà,
attraversano il fascio d’isoterme parte da un punto collocato sull’isoterma n. 9, in una
posizione alta della stessa, che rappresenta uno stato d’equilibrio caratterizzato da un
volume ipotetico di 3m6 .
Per tale punto, utilizzando l’equazione generale di stato, si ottengono i seguenti parametri:
3
9 m6V
K202.1T 9
2
5
39
99
m
N1065,16
m6
K202.1KKmole
J314.8Kmole1
V
TRnp
L’adiabatica passante per il punto 9 dell’isoterma alla temperatura di 1.202 K è regolata
dall’equazione di POISSON e si ipotizza di utilizzare un gas biatomico caratterizzato da un
coefficiente:
40,1
8899
VpVp EQUAZIONE DI POISSON PER L’ADIABATICA
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342
L’adiabatica dovrà quindi intersecare l’isoterma sottostante - 8.n - nel punto 8 i cui
parametri, tranne la temperatura, sono incogniti.
D’altra parte, per il punto 9 e per il punto 8 , collocati sulle rispettive isoterme, devono
valere anche le equazione di stato:
9
99
V
TRnp
8
88
V
TRnp
Sostituendo le espressioni delle pressioni nell’equazione dell’adiabatica si ottiene:
8
8
8
9
9
9V
V
TRnV
V
TRn
Cioè: 1
88
1
99 VTVT
Da cui si ricava il valore incognito di 8V :
8
91
9
1
8T
TVV
1
1
8
9
91
8
91
98T
TV
T
TVV
Sostituendo i valori noti, si ottiene:
34
10
3
8 m84,7080.1
202.1m6V
Ricavando invece il volume dall’equazione generale di stato e sostituendo nell’equazione
dell’adiabatica, si ha:
9
99
p
TRnV
8
88
p
TRnV
8
8
8
9
9
9p
TRnp
p
TRnp
Da cui si ottiene ancora:
1
8
1
89
1
9TpTp
Ed il valore della pressione 8p :
8
91
9
1
8T
Tpp
1
8
99
1
8
998
T
Tp
T
Tpp
Sostituendo i valori dati:
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343
2
54,0
4,1
2
5
8
m
N1045,11
080.1
202.1
m
N1065,16p
Reiterando il procedimento utilizzato per i punti 9 e 8 a tutti gli altri punti su ciascuna
isoterma si ottengono i seguenti risultati:
7) 31
1
1
1
7
8
81
7
81
87 m52,10960
080.184,7
T
TV
T
TVV
2
54,0
4,1
51
7
88
1
7
887
m
N1058,7
960
080.11045,11
T
Tp
T
Tpp
6) 31
1
1
1
6
7
71
6
71
76 m69,14840
96052,10
T
TV
T
TVV
2
54,0
4,1
51
6
77
1
6
776
m
N1075,4
840
9601058,7
T
Tp
T
Tpp
5) 31
1
5
6
61
5
61
65 m59,21T
TV
T
TVV
2
51
5
66
1
5
665
m
N1076,2
T
Tp
T
Tpp
Tornando al problema iniziale, si riportano, sul diagramma pressione-volume costruito in
precedenza, le due trasformazioni reversibili e che, unitamente, costituiscono il ciclo chiuso
reversibile e reale.
Sul diagramma sono indicati con Y e Z rispettivamente il punto iniziale e finale del ciclo e delle
relative trasformazioni di andata e ritorno. Il ciclo si immagina percorso in senso orario.
Tutta la figura geometrica delimitata dalle linee delle trasformazioni è attraversata sia dal fascio
d’isoterme che dal fascio delle adiabatiche.
Si immagini ora di visualizzare due adiabatiche qualsiasi molto ravvicinate tra loro e i tratti di due
isoterme che, collegando nella parte sinistra e destra le due adiabatiche scelte, suddividono in parti
uguali il tratto sinistro (trasformazione ) e destro (trasformazione ) delle parti di
trasformazione reale tagliati dalle due adiabatiche.
I due tratti d’adiabatica – che attraversano tutta la figura – unitamente ai due tratti d’isoterma –
molto brevi e localizzati solo in prossimità dei bordi – costituiscono un ciclo di Carnot infinitesimo
percorso in senso orario da una macchina termica fittizia che opera tra le due temperature delle
isoterme individuate.
I tratti delle adiabatiche, i tratti delle isoterme e i tratti delle trasformazioni reali dovranno
costituire, sia nella parte sinistra che nella parte a destra, due figure geometriche simili a triangoli,
poste una all’esterno della figura l’altra all’interno della stessa, di uguale superficie.
Sia 1
T la temperatura caratteristica del tratto d’isoterma sinistra e 2
T la temperatura caratteristica
del tratto d’isoterma a destra.
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344
Se le due adiabatiche sono molto ravvicinate tra loro anche i due tratti d’isoterma saranno molto
brevi ed è quindi logico immaginare tutta la figura attraversata da una fitta rete d’adiabatiche, unite
a coppie, dalle rispettive isoterme.
Le coppie d’adiabatiche unite dai rispettivi tratti d’isoterma rappresenteranno quindi una fitta rete di
cicli di Carnot fittizi percorsi in senso orario e operanti ciascuno tra limiti di temperatura
infinitamente prossimi – sia in senso positivo che negativo - alle temperature del ciclo indicato ad
esempio.
Le linee rappresentative delle due trasformazioni reali e potranno essere così sostituite da una
serie continua di trasformazioni isotermiche collegate tra loro da una serie continua di
trasformazioni adiabatiche.
La successione di trasformazioni semplici costituisce una sorta di linea spezzata a pettine (o zig-
zag) che è tanto più simile alle curve reali quanto più si immagina fitto in fascio d’adiabatiche ed
isoterme.
Ciò vuol dire che è necessario avere a disposizione un numero infinitamente grande di sorgenti
caloriche i cui livelli termici sono infinitamente prossimi.
2 4 0 K
3 6 0 K
4 8 0 K
6 0 0 K7 2 0 K
8 4 0 K
9 6 0 K
1 .0 8 0 K
1 .2 0 2 K
V (m )3
2p ( )
N
m
5 1 0 2 0
5
1 0
1 5
2 0
x 1 05
9
1 5
A D IA B A T IC H E
IS O T E R M E
T1
T2
T3
T4
T5
T6
T7
T8
T9
Z
Y
C IC L O R E A L E
C IC L O C A R N O T IN F .
F IG U R A 1 9
Figura 76 – CICLO REVERSIBILE REALE – FASCIO D’ISOTERME ED ADIABATICHE.
CICLI DI CARNOT INFINITESIMI
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345
Z
Y
Figura 77 -
Ogni ciclo di Carnot infinitesimo operante tra i propri estremi di temperatura, essendo composto da
trasformazioni reversibili, è reversibile e, di conseguenza, si possono applicare sia la definizione di
rendimento che la definizione di rendimento massimo r
:
1
2
1
21
Q
Q1
Q
1
1
2
1
21
Q
Q1
Q
2
1
2r
T
T1 3
r 1
2
1
2
T
T1
Q
Q1
1
2
1
2
T
T
Q
Q
0T
Q
T
Q
2
2
1
1 4
Con:
1Q Calore assorbito durante il tratto infinitesimo 21 d’isoterma alla temperatura
1T
2Q Calore ceduto durante il tratto infinitesimo *2*1 d’isoterma alla temperatura
2T
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346
Si tenga conto che utilizzando la 1 il calore ceduto è comunque sempre considerato positivo
mentre con la 2 è necessario tenere conto dell’effettivo segno algebrico, evidentemente
negativo, dello stesso calore ceduto.
Sostanzialmente le definizioni di rendimento e rendimento massimo della macchina ideale di Carnot
conducono all’importante relazione in cui si afferma che, a parte il segno algebrico, è costante il
rapporto tra la quantità di calore scambiato e il valore della temperatura relativa.
Si consideri inoltre che, per il ciclo di Carnot infinitesimo preso ad esempio, l’area racchiusa tra le
due adiabatiche e i due tratti d’isoterma – se si utilizza il diagramma pressione-volume –
rappresenta il lavoro utile pari alla differenza la tra il calore assorbito 1Q e quello ceduto 2Q .
Ciò è vero in quanto il lavoro positivo scambiato durante la fase d’espansione adiabatica *12 è
pari al lavoro negativo di compressione adiabatica 1*2 in virtù del fatto che risulta evidentemente
uguale la differenza d’energia interna tra le due isoterme:
1*2*12 UU
1*2*12 LL
0LL 1*2*12
Se l’area dei triangoli (lavoro in eccesso) esterni alle linee delle trasformazioni reali è pari a quella
dei triangoli interni (lavoro mancante), si può concludere che la somma delle aree racchiuse in tutti i
cicli di Carnot infinitesimi contenuti nella figura formata dalle due trasformazioni reali rappresenta
il lavoro utile svolto dal sistema termodinamico che opera secondo il ciclo chiuso reale
YZY .
T1
a
b
1
2
IS O T E R M A 1T
A D IA B A T IC A 1
A D IA B A T IC A 2
T2IS O T E R M A T
a*1*
2 **b
C IC L O R E A L E
C IC L O R E A L E
c
c*
L 'a re a d e i tr ia n g o li a -1 -c /c -2 -b è u g u a le
- 2 - *11-*2
C IC L O D I C A R N O T IN F IN IT E S IM O
L 'a re a d e i tr ia n g o li a * -1 * -c * /c * -2 * -b * è u g u a le
F IG U R A N . 2 0
2
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347
Figura 78 – PARTICOLARE CICLO DI CARNOT INFINITESIMO
a
b
1
2
cT ra s f.
A d ia b . 2A d ia b . 1
Is o te rm a T1
C ic lo C a rn o t
T - T1 2
21T ' - T '
C ic lo C a rn o t
1T '
Figura 79 – PARTICOLARE DEL TRATTO TERMINALE DEL CICLO DI CARNOT INFINITESIMO
SIGNIFICATO FISICO DELL’UGUAGLIANZA DELLE AREE “a-1-c” E “c-2-b”
Le aree dei triangoli "c1a" e "b2c" rappresentano – sul diagramma pressione-
volume - rispettivamente:
"c1a" : Quantità di lavoro in eccesso (esterno) alla linea della trasformazione
reale "ba" . Tale quantità è contenuta all’interno del ciclo di Carnot
infinitesimo *2*121" tra il tratto terminale dell’adiabatica 1, il tratto
"c1" dell’isoterma 1
T e il tratto "ac" di trasformazione reale.
"b2c" : Quantità di lavoro in difetto (interno) alla linea della trasformazione reale
"ba" . Tale quantità non è contenuta all’interno del ciclo di Carnot
infinitesimo *2*121" ma compresa tra il tratto "2c" dell’isoterma
1T , il tratto "b2" terminale dell’adiabatica 2 – appartenente sia al ciclo
infinitesimo considerato che al ciclo infinitesimo successivo e il tratto
"cb" di trasformazione reale.
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348
Lo stesso ragionamento è valido per i triangoli *"c*1*a" e *"b*2*c" collocati sul
tratto di trasformazione reale in prossimità dell’isoterma 2
T .
Se si riesce dunque a dimostrare che tali aree sono uguali si conclude immediatamente che l’area
contenuta nel ciclo di Carnot (2 adiabatiche + 2 isoterme) è uguale all’area compresa tra le stesse
adiabatiche e i tratti "ba" e *"b*a" delle relative trasformazioni reali e .
Di conseguenza la somma di tutte le aree contenute nei cicli di Carnot compresi nella figura formata
dalle due trasformazioni reali, cioè il ciclo reale reversibile, deve essere uguale all’area contenuta
nella figura del ciclo.
Considerando che le aree dei cicli di Carnot rappresentano il lavoro utile infinitesimo è allora
evidente che la loro somma rappresenta il lavoro utile dell’intero ciclo reale reversibile.
La dimostrazione dell’uguaglianza delle aree conduce anche alla seguente e importante
conclusione:
La quantità di calore 1
Q assorbita durante la trasformazione isoterma "21" , appartenente
al ciclo di Carnot fittizio, alla temperatura 1
T , è uguale alla quantità di calore
1Q che il
sistema termodinamico assorbirebbe se seguisse il tratto di trasformazione reale "ba"
appartenente ad .
Lo stesso vale per la quantità di calore ceduta durante la trasformazione isoterma *"2*1" ,
alla temperatura 2
T , uguale alla quantità di calore
2Q ceduta durante il tratto *"b*a"
appartenente alla trasformazione .
Per cui, se le quantità di calore fittizie sono uguali alle quantità di calore reali, si potrà
concludere che l’ipotesi dei cicli di Carnot infinitesimi non modifica né i parametri iniziali e
finali del gas né l’ambiente esterno rispetto a quanto succede con le trasformazioni reali.
L’ipotesi dei cicli infinitesimi è quindi accettabile.
Per eseguire materialmente la dimostrazione si procede nel modo seguente:
Si immagini un sistema termodinamico che esegue un ciclo chiuso partendo dallo stato
d’equilibrio indicato con la lettera "a" operando una prima trasformazione adiabatica sino
raggiungere lo stato d’equilibrio "1" , una seconda trasformazione isoterma alla temperatura
1T sino al punto "2" , una terza trasformazione adiabatica sino al punto "b" e una
conclusiva trasformazione qualsiasi sino a raggiungere nuovamente lo stato di partenza
"a" .
Il ciclo chiuso "ab21a" è dunque costituito da due trasformazioni, di cui una
adiabatica e l’altra isoterma, integrate nel ciclo di Carnot infinitesimo operante tra le
temperature 1
T e 2
T , da una trasformazione adiabatica integrata nel ciclo di Carnot
infinitesimo successivo a quello principale considerato e operante tra le temperature
TT1
e TT2
, oltre che da una trasformazione che ha il compito di riportare il
sistema allo stato iniziale.
L’ultima trasformazione è, in realtà, esattamente inversa al tratto di trasformazione reale tra
il punto a e il punto b .
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349
Studiare il ciclo chiuso "ab21a" e il suo corrispettivo *"a*b*2*1*a"
equivale a prendere in esame il ciclo di Carnot infinitesimo operante tra 1
T e 2
T , un ciclo di
Carnot infinitesimo precedente operante tra TT1
e TT2
ed un ciclo di Carnot
infinitesimo operante tra TT1
e TT2
.
Durante la prima trasformazione adiabatica "1a" è nullo, per definizione, il calore
scambiato.
Di conseguenza, visto che si tratta di una compressione con aumento di temperatura sino al
valore 1
T , il lavoro fornito dall’esterno è convertito integralmente nell’incremento d’energia
interna.
In base al Primo Principio della Termodinamica:
0Q1a
1a1a1aLdUQ
a11a
UUdU
1a1a
UL
Per il sistema, il lavoro di compressione adiabatica è positivo.
Durante la seconda trasformazione "21" , isoterma alla temperatura costante 1
T , si ha
un’espansione del gas con relativo aumento di volume e diminuzione della pressione. Il
sistema deve quindi assorbire calore senza modifiche all’energia interna che, dunque,
rimane costante ed uguale a quella di partenza, cioè 1
U .
Il Primo Principio prevede, in questo caso, che tutto il calore assorbito sia convertito in una
equivalente quantità di lavoro.
21UU
0UUdU1221
2121LdUQ
21121
LQQ
Con 1
Q è indicato il calore assorbito alla temperatura dell’isoterma 1
T .
Durante la terza trasformazione "b2" , adiabatica n. 2, (già compresa nel ciclo di Carnot
successivo) si ha un nuovo aumento di temperatura senza che il sistema scambi calore con
l’esterno.
E’ nuovamente una compressione adiabatica che produce un secondo aumento d’energia
interna dal valore 12
UU sino al valore b
U .
Ancora con il Primo Principio:
0Qb2
0LdUQb2b2b2
2bb2
UUdU
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350
b2b2
UL
Per il sistema il lavoro di compressione adiabatica è ancora positivo.
Infine la quarta trasformazione "ab" .
E’ una trasformazione qualsiasi e può quindi essere perfettamente corrispondente al tratto di
trasformazione reale, appartenente alla trasformazione , salvo per il fatto che è percorsa in
senso opposto a quello che succede in realtà.
In effetti il tratto di trasformazione reale "ba" dovrà essere caratterizzata dagli stessi
parametri e scambi di calore e lavoro della trasformazione "ab" ma con segno algebrico
opposto.
La trasformazione "ab" riporta il sistema termodinamico al punto di partenza
provocando un decremento d’energia interna pari all’incremento subito dal gas durante le
due compressioni adiabatiche.
Essendo una trasformazione qualsiasi la quantità di calore e lavoro scambiati variano
proprio in funzione delle modalità con cui si svolge.
Per essa il Primo Principio è scritto genericamente:
abababLdUQ
Con:
baab
UUdU
D’altra parte la differenza d’energia interna tra lo stato iniziale e lo stato finale è anche
uguale ma di segno contrario alla somma dei due incrementi d’energia interna subiti dal gas
durante le due trasformazioni adiabatiche "1a" e "b2" :
b21ab21abaLLdUdUdU
b21aab
LLdU
Quindi:
abb21aab
LLLQ
Per finire occorre tornare all’ipotesi di partenza cioè “l’uguaglianza delle aree dei triangoli
interni ed esterni al ciclo di Carnot infinitesimo”.
Se tale ipotesi fosse confermata risulterebbe immediatamente nullo il lavoro utile eseguito
dal sistema che opera il ciclo chiuso indicato, per il fatto che i lati dei triangoli in esame
sarebbero sono percorsi rispettivamente in senso orario per il triangolo esterno ed in senso
antiorario per quello interno.
Per cui:
0L)ab21a(U
Tenendo conto delle quantità di lavoro interessate nelle quattro trasformazioni, si ha:
0LLLLabb2211a
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Da cui risulta:
b21a21ab
LLLL
Ciò significa che:
Il lavoro scambiato durante il tratto di trasformazione reale "ba" deve essere
uguale al lavoro che, complessivamente, è scambiato nei due tratti d’adiabatica e nel
tratto d’isoterma.
Tale lavoro è rappresentato dall’area della superficie sottostante alla linea di
trasformazione reale compresa tra i volumi rispettivamente dello stato a e dello stato
b . Il ciclo di Carnot non modifica quindi l’energia meccanica scambiata rispetto al
tratto di trasformazione reale.
T1
a
b
1
2
c
L a - 1
2 b-L
a
2
T
c
1
b
1
21L -
p p
V V
Figura 80 – LAVORO SCAMBIATO DURANTE LA TRASFORMAZIONE “a-b”
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352
T1
a
b
1
2
c
-L 1 2 -L a 1-
c
2
1
b
a
1T T
1
a
b
1
2
c
- aL -21L - 1 - b-L 2 2- aL -21L - 1 - -L b
V VV
p p p
Figura 81 – SOMMA ALGEBRICA DEI LAVORI SCAMBIATI
T1
a
b
1
2
c
=- ba -1 2 bL --1L -L a- 2L
Figura 82 – RISULTATO FINALE – LAVORO SCAMBIATO TRASFORM. REALE
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353
Mentre dall’equazione di bilancio energetico per il ciclo chiuso, si ottiene:
aababb221211aaULQLQLLU
Da cui:
0LLLLQQabb21a21ab21
Risulta quindi:
0QQab21
21abQQ
Cioè:
Se le aree dei due triangoli formati dal ciclo chiuso "ab21a" sono uguali,
allora, di conseguenza, il calore 121
assorbito dal sistema durante il tratto di
trasformazione isoterma alla temperatura 1
T del ciclo di Carnot fittizio risulterebbe
uguale al calore assorbito dal sistema se seguisse il tratto di trasformazione
reale "ba" appartenente ad .
In questo senso risulta quindi indifferente, sia nei confronti del sistema sia
dell’ambiente esterno, operare il tratto di trasformazione reale "ba" oppure il
ciclo di Carnot fittizio *"121*2" .
Lo stesso ragionamento è valido per il ciclo chiuso che si dovrebbe svolgere a
cavallo dell’isoterma 2
T .
Anche in quel caso il calore scambiato durante il tratto di trasformazione reale
*"b*a" risulta uguale al calore scambiato durante il tratto di trasformazione
isotermica alla temperatura 2
T .
Per quanto riguarda la restante parte del ciclo di Carnot infinitesimo e di tutti gli altri cicli
contenuti nella figura si può dire quanto segue:
Oltre ai tratti di trasformazione presi in esame precedentemente e costituenti il
percorso a zig-zag che approssima le linee delle trasformazioni reali, essi sono
composti anche dai due tratti principali "a*2" e *"a2" che attraversano
praticamente tutta la figura.
Tali tratti rappresentano trasformazioni adiabatiche tra le due isoterme 1
T e 2
T .
Il tratto "a*2" rappresenta una compressione adiabatica mentre il tratto *"a2"
un’espansione adiabatica.
Considerando che il lavoro di compressione e d’espansione non sono accompagnati
da scambi di calore – per definizione d’adiabatica – si può dedurre che il primo è
causa di incremento d’energia interna ed il secondo di decremento.
L’aumento e la diminuzione d’energia interna hanno evidentemente lo stesso valore
assoluto in quanto le adiabatiche collegano punti sulle stesse isoterme.
Di conseguenza il lavoro di compressione e d’espansione sono uguali e contrari, si
annullano a vicenda e non devono quindi essere compresi nel calcolo del lavoro
utile.
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354
Di conseguenza, per quanto riguarda gli effettivi scambi di calore e lavoro, il ciclo di
Carnot infinitesimo, unitamente al ciclo precedente e quello successivo, produce gli
stessi effetti della serie di trasformazioni a zig-zag aderenti alle linee delle
trasformazioni reali.
CONCLUSIONI FINALI – L’EQUAZIONE DI CLAUSIUS
Si è dunque dimostrato che per ciclo reversibile qualsiasi è possibile – nei confronti del lavoro e del
calore scambiato – sostituire i tratti di trasformazione reale con una serie di cicli di Carnot
infinitesimi oppure con una serie continua di trasformazioni adiabatiche ed isoterme che
approssimano le line delle trasformazioni reali.
Per ogni ciclo di Carnot il lavoro utile infinitesimo assume seguente valore:
1
2
121UQ
Q1QQQL
Tenendo presente che il rendimento del ciclo reversibile di Carnot dipende dai due soli valori di
temperatura di scambio isotermico dalla già dimostrata relazione:
1
2
1
2
RT
T1
Q
Q1
1
2
1
2
T
T
Q
Q
0T
Q
T
Q
2
2
1
1 Valida solo per il ciclo reversibile
0T
Q
T
Q
2
2
1
1 Valida per un ciclo irreversibile
E considerando che, per ogni ciclo infinitesimo inserito nella figura del ciclo reversibile
"YZY" , le temperature 1
T e 2
T - definite in modo generico – sono diverse tra loro
e diverse da quelle caratteristiche del ciclo precedente o successivo, risulta logico riscrivere la
formulazione del rendimento di ogni ciclo di Carnot in base ad una formulazione più particolare:
0T
Q
T
Q
i2
i2
i1
i1 Per il ciclo di Carnot i-esimo
Con il seguente significato dei simboli:
i1Q Calore assorbito (positivo) dal i-esimo ciclo di Carnot alla temperatura maggiore i1
T
i2Q Calore ceduto (negativo) dal i-esimo ciclo di Carnot alla temperatura minore i2
T
i1T Temperatura maggiore dell’ i-esimo ciclo di Carnot
i2T Temperatura minore dell’i-esimo ciclo di Carnot
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355
Supponendo che tutto il ciclo reversibile "YZY" sia suddiviso in un numero di
cicli infinitesimi pari a N, si potrà cosi scrivere:
Per il ciclo n. 1:
0T
Q
T
Q
12
12
11
11
Per il ciclo n. 2:
0T
Q
T
Q
22
22
21
21
Per il ciclo n. N:
0T
Q
T
Q
N2
N2
N1
N1
Ma, se è per ogni ciclo di Carnot reversibile è nulla la somma dei rapporti tra il calore scambiato e
la rispettiva temperatura di scambio, deve essere nulla, per il ciclo reversibile complessivo, anche la
somma di tutte le relazioni.
Si ottiene dunque:
0T
Q
T
Q........................
T
Q
T
Q
T
Q
T
Q
N2
N2
N1
N1
22
22
21
21
12
12
11
11
Cioè, in termini di sommatoria:
0T
Q
T
Q Ni
1i i2
i2Ni
1i i1
i1
E, in termini d’integrale esteso a tutto il ciclo chiuso reversibile:
0T
Q
.REV
EQUAZIONE DI CLAUSIUS
L’equazione di CLAUSIS relativa ad un ciclo chiuso reversibile è anche l’espressione analitica del
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA.
Cioè:
Per un ciclo chiuso reversibile, ove con il termine reversibile si intende la
presenza di un numero infinitamente grande di sorgenti termiche a livelli
termici infinitamente prossimi uno all’altro, è nullo il valore dell’integrale –
esteso a tutto il ciclo – dei rapporti tra le quantità di calore assorbite e cedute
e le rispettive temperature di scambio.
Se il ciclo chiuso non è reversibile, ovvero se il numero di sorgenti termiche è limitato e quindi
discreto, il rendimento è minore del rendimento del ciclo di Carnot e le relazioni assumono le
seguenti forme:
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R
1
2
1
2
T
T1
Q
Q1
1
2
1
2
T
T
Q
Q
1
1
2
2
T
Q
T
Q 0
T
Q
T
Q
2
2
1
1
La relazione, applicata ad un ciclo irreversibile qualsiasi, assume quindi la forma:
0T
Q
T
Q
i2
i2
i1
i1 0
T
Q
.IRREV
L’ENTROPIA
Le stesse modalità con le quali si dimostrava il Principio d’Equivalenza relativamente ai cicli chiusi
e il Primo Principio della Termodinamica relativamente ad una trasformazione reversibile qualsiasi
– non ciclica – durante la quale lo stato d’equilibrio di un sistema termodinamico variava da una
situazione iniziale A ad una finale B , possono ora essere applicate per la definizione di un’altra
grandezza fondamentale della Termodinamica e per un’ulteriore formulazione analitica del Secondo
Principio della Termodinamica.
Si ricordano sinteticamente i ragionamenti che hanno condotto alla formulazione del Primo
Principio e alla definizione della grandezza ENERGIA INTERNA:
1. CICLI CHIUSI – PRINCIPIO D’EQUIVALENZA – COEFFICIENTE J
D’EQUIVALENZA – CALORE E LAVORO INTESE COME FUNZIONI DI LINEA.
Punto di partenza è stato l’esame o bilancio energetico delle quantità di calore e lavoro
scambiate da un sistema termodinamico verso l’ambiente esterno durante una serie qualsiasi
di trasformazioni costituenti, nell’insieme, un ciclo chiuso reversibile.
A seguito di semplici constatazioni circa la coincidenza dello stato iniziale con quello finale
e tenuto conto degli scambi di calore e lavoro meccanico operati durante le varie fasi del
ciclo, si è giunti alla definizione del Principio d’Equivalenza e del coefficiente J .
La fase di studio si è conclusa con la scoperta del Principio d’Equivalenza:
Se un sistema termodinamico opera un ciclo chiuso costituito da un qualsiasi numero
e tipo di trasformazioni anche di tipo elementare, la somma algebrica delle quantità
di calore scambiate con l’ambiente esterno – considerate positive se si tratta di calore
assorbito e negative se si tratta di calore ceduto – deve essere uguale alla sommatoria
algebrica delle quantità di lavoro meccanico – negativo se ceduto e positivo se
assorbito dal sistema - scambiato con l’ambiente esterno.
0LQ
In funzione delle unità di misura che sono utilizzate per il calore e di quelle utilizzate
per il lavoro meccanico risulta quindi definito in modo completamente univoco il
coefficiente d’equivalenza tra energia termica ed energia meccanica.
JQ
L QJL
Inoltre le quantità di calore e lavoro scambiate con l’esterno durante le svariate fasi
del ciclo dipendono dal tipo di trasformazione e non dagli stati iniziali e terminali
della trasformazione stessa: il calore e il lavoro sono dunque funzioni di linea.
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357
2. TRASFORMAZIONI APERTE – PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA –
ENERGIA INTERNA INTESA COME GRANDEZZA TERMODINAMICA FUNZIONE
DI PUNTO.
Prendendo poi in esame una qualsiasi delle trasformazioni costituenti il ciclo chiuso o anche
solo un tratto qualsiasi della stessa (cioè una trasformazione aperta con estremi non
coincidenti), si perveniva alla formulazione del Primo Principio della Termodinamica:
La somma algebrica delle quantità di calore e lavoro scambiate dal sistema con
l’ambiente esterno durante una trasformazione aperta qualsiasi e rese omogenee
l’una all’altra con l’utilizzo del coefficiente d’equivalenza J, non dipende dal tipo di
trasformazione ma unicamente dai parametri di stato caratteristici dello stato iniziale
e terminale della trasformazione stessa.
Cioè, in altre parole, mentre le quantità di calore e lavoro scambiate dipendono dal
tipo di trasformazione, la loro differenza dipende unicamente dal punto iniziale e
terminale della stessa.
In altre parole: se sul diagramma pressione-volume si fissano due punti qualsiasi
aventi parametri AAA T;V;p e
BBB T;V;p , esistono infinite trasformazioni di
collegamento per ognuna delle quali ha lo stesso valore la differenza
B
A
LQ .
aB
B
A
UULQ
LdUQ PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Rimane così stabilito che ogni stato d’equilibrio deve essere contraddistinto da un
valore particolare della grandezza definita ENERGIA INTERNA.
Come è poi dimostrato dalla Teoria Cinetica dei gas tali valori dipendono
unicamente dalla temperatura assoluta del sistema.
L’Energia Interna è quindi una funzione di “punto”.
ENTROPIA Le conclusioni cui si è pervenuti dalla dimostrazione rigorosa dell’equazione di CLAUSIUS circa i
rapporti tra le quantità di calore e le relative temperature di scambio termico per un sistema
termodinamico operante un ciclo chiuso reversibile qualsiasi, conducono ad un ragionamento simile
a quello già affrontato per il Primo Principio utilizzando il Principio d’Equivalenza:
Se per un ciclo chiuso reversibile deve essere nulla la somma algebrica dei rapporti
i
i
T
Q, ovvero deve essere nullo l’integrale esteso a tutto il ciclo
T
Q, allora, per
una trasformazione aperta qualsiasi appartenente al ciclo o per un tratto qualsiasi
della stessa caratterizzato da stati d’equilibrio iniziale A e finale B non coincidenti,
lo stesso integrale esteso tra i limiti dello stato iniziale e finale non può essere nullo:
0T
Q
B
A
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358
Il valore dell’integrale o, più semplicemente, della sommatoria tra i due limiti
indicati, è l’incremento di una particolare funzione, dipendente dai soli parametri di
stato del punto iniziale e terminale della trasformazione, che è definita ENTROPIA.
In altre parole:
Fissati due punti, rappresentativi ognuno di uno stato d’equilibrio diverso, e alla
condizione di prendere in esame le sole trasformazioni reversibili, esistono infinite
trasformazioni per le quali il valore dell’integrale
B
A
T
Q assume lo stesso valore.
Deve quindi esistere una particolare funzione di stato, che è definita ENTROPIA,
indipendente dal tipo di trasformazione, la cui variazione è stabilita, a meno di una
costante arbitraria, dal valore dell’integrale di cui sopra.
Indicando con S l’entropia, si avrà, in modo analogo a quanto già visto per l’energia
interna:
dSSST
Q
AB
B
A
Essendo essenzialmente un rapporto tra energia termica e livello termico, l’ENTROPIA sarà
misurata in
K
J o
K
Kcal.
L’ENTROPIA - VARIABILE DI STATO INDIPENDENTE DALLA TRASFORMAZIONE.
Si immagini di prendere in esame due trasformazioni qualsiasi, ma entrambe reversibili, costituenti,
nell’insieme, un ciclo chiuso che inizia e termina in un punto A .
Sia B uno stato d’equilibrio intermedio del ciclo.
Sia la prima trasformazione dallo stato A allo stato B , sia la seconda – di ritorno – dallo
stato B nuovamente allo stato A .
Supponiamo inoltre che esista una terza trasformazione , anch’essa reversibile, con inizio nel
punto A e termine nel punto B .
Il sistema può quindi percorrere un ciclo formato dalla trasformazione sino al punto B e tornare
al punto A utilizzando la trasformazione , oppure, utilizzare sino a B e ritornare ancora con
al punto A di partenza.
Entrambe le possibilità costituiscono cicli chiusi reversibili e, per entrambi, deve essere valida
l’equazione di CLAUSIUS:
Per il ciclo n. 1 - ABA
0T
Q
T
Q
T
Q
ABBA1.n
AB i
i
BA i
i
1.n i
i0
T
Q
T
Q
T
Q
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359
Per il ciclo n. 2 - ABA
0T
Q
T
Q
T
Q
ABBA2.n
AB i
i
BA i
i
2.n i
i0
T
Q
T
Q
T
Q
Eguagliando le espressioni relative ai due cicli si ottiene:
ABBA
T
Q
T
Q
ABBAT
Q
T
Q
BA
T
Q
BAT
Q
Cioè il valore dell’integrale relativo alla trasformazione è uguale a quello relativo alla
trasformazione e a quello di qualsiasi altra trasformazione reversibile tra il punto A ed il punto B.
In altri termini il valore dell’integrale dipende unicamente dai parametri dei due punti.
In particolare se con A
S ed B
S si indicano i valori della grandezza entropia relativamente ai due
punti interessati – valutati a meno di una costante arbitraria – per tutte le sole trasformazioni
reversibili qualsiasi, l’integrale indicato deve avere lo stesso valore:
AB
AB
ABAB
SST
Q
T
Q
T
Q
A
B
S B
S A(R e v .)
(R e v .)
(R e v .)
p
V Figura 83 – CICLO CHIUSO REVERSIBILE – ENTROPIA
Risulta anche possibile un diverso ragionamento i cui risultati sono identici a quelli già ottenuti.
Si prenda in esame il ciclo chiuso reversibile formato da due trasformazioni reversibili qualsiasi, ad
esempio la trasformazione dal punto A al punto B e la trasformazione dal punto B al
punto A .
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360
E’ chiaro che e costituiscono solo una delle infinite coppie di trasformazioni reversibili
possibili e che quanto si dimostrerà deve necessariamente essere valido per tutte le infinite coppie
che si potranno prendere in esame.
V
p
A
B
S B
AS(R e v .)
(R e v .)
Figura 84 – CICLO REVERSIBILE – ENTROPIA
Per il ciclo chiuso reversibile "ABA" deve necessariamente essere nullo l’integrale
o sommatoria:
0T
Q
Cioè, deve essere nulla la somma degli integrali estesi alle due trasformazioni:
0T
Q
T
Q
T
Q
ABBA
Da cui risulta:
ABBAT
Q
T
Q
D’altra parte, considerando che si tratta di trasformazioni reversibili e quindi percorribili anche in
senso opposto, se una delle due, ad esempio , è percorsa in senso contrario, la quantità di calore
scambiata in una parte infinitesima della trasformazione deve necessariamente essere di segno
contrario alla quantità di calore scambiata nel medesimo tratto quando è percorso nel senso opposto.
Per cui:
BAABT
Q
T
Q
A questo punto basta sostituire il risultato nella relazione precedente per giungere ancora alla
conclusione che gli integrali estesi ad una qualsiasi trasformazione reversibile operante tra gli
estremi A e B devono dare luogo a risultati uguali:
BAABBA
T
Q
T
Q
T
Q
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361
BABAT
Q
T
Q
Cioè che il valore dell’integrale è indipendente dal tipo di trasformazione reversibile eseguita e
dipende unicamente dai parametri dello stato iniziale e finale della trasformazione.
AB
B
A
SST
Q
L’ENTROPIA PER UNA TRASFORMAZIONE IRREVERSIBILE
Si immagini ora un sistema termodinamico che opera una trasformazione ciclica irreversibile tra
uno stato d’equilibrio A e un altro stato d’equilibrio B .
Sfruttando il concetto che il ciclo, per essere reversibile, deve essere composto da una serie
qualsiasi di trasformazioni, anche elementari, tutte reversibili, possiamo prendere in esame, ad
esempio, il ciclo chiuso formato da una trasformazione ,irreversibile, dal punto A al punto B e
da una trasformazione , reversibile, di ritorno dal punto B al punto A .
Pensato in questo modo il ciclo "ABA" , essendo formato da una trasformazione
irreversibile, è sicuramente esso stesso irreversibile.
Si potrebbe pensare, ad esempio, che, operando la trasformazione , il numero di sorgenti termiche
con le quali è scambiato calore sia in numero non sufficiente a garantire l’uniformità delle
temperature in qualsiasi istante della trasformazione e a tutta la massa di gas contemporaneamente.
La temperatura e gli altri parametri di stato non sarebbero quindi uniformi in tutto il sistema e, di
conseguenza, la trasformazione dovrebbe essere rappresentata da un susseguirsi, più o meno
continuo, di fusi all’interno dei quali sono contenuti i valori massimi e minimi dei parametri di
stato.
La trasformazione , reversibile per definizione, è invece rappresentata dalla solita linea continua a
significare l’uniformità e la variazione continua dei parametri di stato.
V
p
A
B
S B
AS
(R e v .)
( Ir re v e rs ib ile .)
Figura 85 – CICLO IRREVERSIBILE CON TRASFORMAZIONE IRREVERSIBILE.
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362
Per il ciclo chiuso irreversibile occorre dunque applicare la disuguaglianza di CLAUSIUS che,
come si ricorda, è derivata direttamente dal Teorema di Carnot in cui si dimostra come nessun
sistema termodinamico operante un ciclo irreversibile può avere un rendimento uguale o superiore
ad un ciclo di Carnot reversibile tra le stesse temperature.
Per cui, facendo riferimento al ciclo "ABA" , si dovrà scrivere:
0T
Q
T
Q
T
Q
)(AB
.REV
)(BA
.IRR
.IRR
1
D’altra parte, considerando il fatto che almeno la trasformazione è reversibile, tra gli estremi B
e A può essere applicata l’equazione di CLAUSIUS al calcolo della variazione d’entropia:
BA
A
B
.REVSS
T
Q
2
Dunque la relazione 1 relativa al ciclo irreversibile, integrata con la relazione 2
relativa alla sola trasformazione , diventa la seguente:
0SST
Q
BA
)(BA
.IRR
Da cui si ricava:
)(BA
.IRR
ABT
QSS
AB
)(BA
.IRRSS
T
Q
3
dST
Q
T
Q
.REV.IRREV
L’equazione 3 rappresenta un’altra espressione, ancora più generale delle precedenti, del
SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA.
Occorre in questo caso rinunciare alla pretesa di pensare all’entropia come ad una variabile di stato
dipendente dai soli parametri rappresentativi dello stato iniziale e finale della trasformazione
(funzione di punto) e tornare a pensare, solo nel caso di trasformazioni irreversibili, alla dipendenza
dell’integrale dal particolare tipo di percorso seguito durante la trasformazione.
In questo senso la relazione 3 si differenzia in modo sostanziale dal ragionamento che ha
condotto alla definizione dell’energia interna e del Primo Principio della Termodinamica.
In realtà, considerato il fatto che non esistono praticamente trasformazioni completamente
reversibili, la relazione 3 è più aderente ai fenomeni termici e meccanici che avvengono
spontaneamente in natura o a quelli avviati e condotti in modo artificiale dall’uomo per proprie
necessità.
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363
La relazione 3 è anche conosciuta come “PRINCIPIO DI ACCRESCIMENTO ENTROPICO”
ed è in grado di determinare quasi in modo analitico se un particolare processo può verificarsi
spontaneamente oppure no.
ENTROPIA IN UNA TRASFORMAZIONE ISOTERMICA REVERSIBILE
Si consideri una certa quantità di gas perfetto contenuto nel cilindro di un sistema termodinamico.
Il gas occupa un volume iniziale V ad una temperatura iniziale 0
T ed a una pressione
V
TRnp
.
La posizione dello stato iniziale, sul diagramma pressione-volume, è indicata con A e in questo
modo s’intende dire che in tutti i punti fisici del sistema sono caratterizzati dallo stesso valore dei
parametri di stato.
Cioè tutta la massa di gas, che occupa il volume V , ha una temperatura uniforme pari a 0T e una
pressione uniforme pari a p , inoltre, si suppone che il sistema termodinamico sia comunicante con
una sorgente termica di capacità infinita anch’essa alla temperatura 0T .
In queste condizioni d’equilibrio termico, meccanico e chimico, la pressione interna applica alla
superficie del pistone una forza i
F che, complessivamente, deve controbilanciare il peso del
pistone, della massa appoggiata sullo stesso e della pressione atmosferica esterna.
Possiamo anche immaginare che la massa sia costituita dall’insieme di piccole sferette di piombo
contenute in un recipiente privo di peso.
La risultante delle forze applicate sul pistone dall’esterno e della reazione vincolare applicata dalla
pressione del gas dall’interno, deve evidentemente essere nulla:
0FFF .AtmEI
Con:
IF Reazione vincolare dovuta alla pressione del gas. Contraria alla forza peso.
EF Forza peso pistone più sferette.
AtmF Forza dovuta alla pressione atmosferica esterna
Cioè:
0Spg)MM(Sp aSfere.PIST
Con:
Ni
1i
SfereSfere mM
Si intende ora modificare lo stato d’equilibrio iniziale in modo tale da produrre, mentre la
temperatura del gas si mantiene costantemente uguale a 0
T , una variazione di volume V .
Supponiamo che la variazione di volume sia positiva, cioè che il volume aumenti rispetto al valore
iniziale ed, inoltre, che sia infinitesima, cioè estremamente piccola rispetto al valore del volume
iniziale.
L’espansione del gas sarà provocata togliendo un certo numero di sferette di piombo con la
conseguente riduzione della forza esterna applicata e la modifica dello stato d’equilibrio iniziale.
Il pistone sarà quindi sottoposto all’azione di due forze contrapposte non più bilanciate e, per il
Secondo Principio della Dinamica, dovrà necessariamente muoversi con una certa accelerazione a
di verso uguale alla risultante delle forze applicate.
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364
Nel nostro caso l’eliminazione di alcune sferette riduce la forza-peso, mentre la pressione interna
iniziale del gas si mantiene inalterata al valore iniziale p per un tempo estremamente breve.
Ciò significa che il gas, espandendosi, spinge il pistone verso l’alto fornendo quindi all’ambiente
esterno una certa quantità di lavoro meccanico L .
m
T1
T2
T3T4
T56T
7T8T
9T
2 4 0 K
3 6 0 K
4 8 0 K
6 0 0 K
7 2 0 K
8 4 0 K
9 6 0 K
1 .0 8 0 K
1 .2 0 2 K
V (m )3
2p ( )
Nx 1 0
5
A
B
Figura 86 – TRASFORMAZIONE ISOTERMA REVERSIBILE – LAVORO MECCANICO
Il movimento del pistone sarà del tutto simile al movimento di un oscillatore armonico sottoposto
all’azione di una forza elastica variabile e, se il numero di sferette eliminate non è troppo elevato,
sarà destinato ad esaurirsi in breve tempo per effetto della contemporanea riduzione della pressione.
Per il teorema di conservazione dell’energia e in virtù del Primo Principio della Termodinamica
sarà logico pensare che il lavoro fornito dal gas all’ambiente esterno tramite il movimento del
pistone sia derivato dalla conversione di parte dell’energia interna.
Non sarebbe logico pensare ad un assorbimento di calore dall’esterno in quanto, come detto in
precedenza, la temperatura della sorgente è pari alla temperatura iniziale del gas.
Dovremo quindi pensare che il gas subisca un’istantanea trasformazione adiabatica con relativo
aumento di volume, riduzione della pressione e abbassamento della temperatura e della propria
energia interna.
Ma l’abbassamento di temperatura, provocata dall’iniziale espansione adiabatica, innesca
immediatamente lo scambio termico con la sorgente a temperatura costante 0T .
Il gas assorbe quindi dalla sorgente una quantità di calore 1Q bastevole a riportare la temperatura e
l’energia interna ai valori iniziali.
Dato che, alla fine della trasformazione, la temperatura si è riportata al valore 0T iniziale e, di
conseguenza, non si è modificata l’energia interna, potremo affermare che il calore assorbito è stato
completamente convertito in lavoro meccanico.
La trasformazione operata sul gas è chiaramente isotermica e la temperatura alla quale avviene
l’assorbimento di calore 1Q è 0T , cioè la temperatura iniziale del gas che coincide con la
temperatura della sorgente a contatto con il sistema.
In prima approssimazione la quantità di lavoro fornito dal gas del sistema si può calcolare
utilizzando il diagramma pressione-volume:
V
2
pphS
2
ppL
11
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365
Naturalmente il procedimento adottato può essere ripetuto più volte sino a raggiungere uno stato
d’equilibrio finale B caratterizzato dai parametri 0BB T,V,p .
Se la variazione di volume finale è ottenuto mediante la somma delle variazioni infinitesimali dello
stesso, allora la trasformazione è da considerarsi REVERSIBILE.
Durante la trasformazione REVERSIBILE, dal punto A al punto B il sistema ha dunque assorbito
dalla sorgente una quantità di calore 1
Q e fornito all’ambiente una quantità di lavoro 1
L .
E’ sempre possibile, dopo aver raggiunto lo stato d’equilibrio finale, ripetere le stesse operazioni
fatte in precedenza ma in senso opposto cioè incrementando nuovamente le masse sul pistone
aggiungendo di volta in volta lo stesso numero di sfere tolte.
Il gas, compresso inizialmente in modo adiabatico, tenderà ad incrementare la temperatura, ma
tornerà presto in equilibrio cedendo alla sorgente, che mantiene costante la propria temperatura, una
certa quantità di calore.
Alla fine della trasformazione inversa il gas ritorna ai parametri caratteristici dello stato A iniziale.
Se la trasformazione è REVERSIBILE la quantità di calore complessivamente ceduto alla sorgente,
pari alla somma delle quantità infinitesime cedute nei vari tratti componenti, è pari alla quantità
assorbita 1
Q nella trasformazione inversa ed inoltre, il lavoro di compressione è pari al lavoro
d’espansione 1
L .
In altre parole:
Se le trasformazioni sono state entrambe reversibili non c’è possibilità di verificare se si
siano effettivamente svolte.
Le trasformazioni non hanno modificato né il sistema, né la sorgente termica, né l’ambiente
esterno cosicché l’eventuale osservatore non ha elementi per esprime giudizi o opinioni.
Il diagramma finale sarà l’iperbole equilatera caratteristica della temperatura 0T e del numero di
moli di gas contenute nel sistema.
Per una trasformazione isotermica REVERSIBILE da uno stato A 0T,V,p ad uno stato B
0B,B T,Vp il calore assorbito ed il lavoro ceduto all’esterno hanno – a parte il coefficiente
d’equivalenza – lo stesso valore :
LdUQ 1
0UUdU AB
J
LQ
A
B0AB
V
VlogTRnL
Quindi la differenza d’ENTROPIA tra lo stato A e B, è data da:
AB
0
AB
0
1
BV
AV0
1SS
TJ
L
T
Q
T
Q
A
B
A
B
0
0AB
V
Vlog
J
Rn
V
Vlog
TJ
TRnSS
0AB1 TSSQ
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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366
Sempre in virtù del Primo Principio della Termodinamica applicato ad una trasformazione
REVERSIBILE isoterma BA , si ha:
ABABAB LdUQ
ABABAB dUQL
ABABABABAB UUSSTUUdSTL
BFAFSTUSTUUUSTSTL BBAAABABAB
Dove si indica con F una funzione di stato definita “ENERGIA LIBERA” del sistema:
STUF J
Nel caso della trasformazione isoterma, dato che l’energia interna non cambia, si ha:
BA UU
AA STUAF
BB STUBF
ABAB SSTL
ENTROPIA IN UNA TRASFORMAZIONE “ISOTERMICA” IRREVERSIBILE
Diverso è il caso in cui il gas
APPUNTI DI FISICA
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367
CALCOLO DELL’ENTROPIA DI UN GAS PERFETTO
Per un gas perfetto e per una trasformazione REVERSIBILE qualsiasi è sempre possibile
l’applicazione del Primo Principio della Termodinamica con lo scopo del calcolo della differenza
d’entropia tra due stati d’equilibrio A e B, infatti:
dVVpdTCnLdUQ V
Con:
dTCnTTCndU VABV Per definizione d’isocora
dVVpL Per definizione di lavoro d’espansione
con pressione variabile
Per cui:
B
A
REVAB
T
QSS
B
A
B
A
V
B
A
VAB
T
dVVp
T
dTCn
T
dVVpdTCnSS
D’altra parte l’equazione generale di stato ci permette di calcolare la pressione in funzione
del volume:
V
TRnVp
Quindi:
V
Rn
T
Vp
Di conseguenza la differenza d’entropia diventa:
BV
AV
BT
AT
V
B
A
BT
AT
VAB dVV
Rn
T
dTCndV
T
Vp
T
dTCnSS
A
B
A
BV
BV
AV
BT
AT
VABV
VlogRn
T
TlogCn
V
dVRn
T
dTCnSS
A
B
A
BVAB
V
VlogRn
T
TlogCnSS 1
A
B
A
BVAB
V
VlogR
T
TlogCnSS 1
Con:
RCC VP
VP CCR
Quindi:
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368
A
BVp
A
BVAB
V
VlogCCn
T
TlogCnSS
A
B
V
p
V
A
BVAB
V
Vlog1
C
CCn
T
TlogCnSS
Ma:
V
P
C
C
Quindi:
A
B
A
BVAB
V
Vlog1
T
TlogCnSS
1
A
B
A
BVAB
V
Vlog
T
TlogCnSS
1
A
B
A
BVAB
V
V
T
TlogCnSS
1
AA
1
BB
VAB
VT
VTlogCnSS
1
AA
1
BBVAB VTlogVTlogCnSS
2
APPLICAZIONE ALLE TRASFORMAZIONI DEI GAS PERFETTI
TRASFORMAZIONE ISOTERMA REVERSIBILE
Dall’esame dell’equazione 1 e considerando il fatto che, per durante la trasformazione
isoterma reversibile, la temperatura si mantiene costante, si può concludere che, per una
trasformazione isotermica REVERSIBILE, la differenza d’entropia dS è coincidente con il
valore calcolato in precedenza.
Infatti, tenuto conto che durante una trasformazione isotermica la temperatura del gas non
subisce variazioni, si ha immediatamente:
AB TT
01logT
Tlog
A
B
Da cui:
0T
TlogCn
A
BV
E, di conseguenza, la differenza d’entropia:
A
B
A
BVAB
V
VlogRn
T
TlogCnSS 1
A
BAB
V
VlogRnSS PER TRASFORMAZIONE ISOTERMICA REVERSIBILE
APPUNTI DI FISICA
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369
S ( )
T ( K )
J
K
T2
Is o te rm a . 1
1T 1T
T2
Is o te rm a . 2
T
Q 1
SA B
S
A B
B 11A
Figura 28 – DIAGRAMMA DI GIBBS – TEMPERATURA/ENTROPIA – TRASF. ISOTERMA
Considerando che la variazione entropica è data da:
T
QdS
e, per la trasformazione isoterma è costante la temperatura, si ottiene la quantità di calore
scambiato con la relazione inversa:
AB SSTdSTQ
Sul diagramma di Gibbs la quantità di calore Q è quindi rappresentata dall’area sottesa
dalla linea orizzontale raffigurante la temperatura costante e dai due segmenti verticali
indicanti i valori d’entropia del punto A (sinistra) e del punto B (destra).
TRASFORMAZIONE ADIABATICA REVERSIBILE
Dall’esame della stessa equazione principale 1 , modificata nell’equivalente equazione
2 , si riconosce immediatamente che, per una trasformazione adiabatica reversibile di
collegamento tra gli stati d’equilibrio A e B , devono essere uguali i prodotti:
1
BB
1
AA VTVT
La differenza d’entropia per stati d’equilibrio qualsiasi appartenenti ad una trasformazione
adiabatica reversibile risulta evidentemente nulla, infatti:
1
AA
1
BBVAB VTlogVTlogCnSS
2
APPUNTI DI FISICA
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370
1
BB
1
AA VTVT
0VTlogVTlog1
AA
1
BB
0VTlogVTlogCnSS1
AA
1
BBVAB
0SS AB
AB SS
Si conclude che le trasformazioni adiabatiche REVERSIBILI sono anche trasformazioni ad
ENTROPIA costante cioè “ISOENTROPICHE”.
Esse sono rappresentate, in un diagramma Entropia-Temperatura o diagramma di “GIBBS”,
da una retta parallela all’asse indicatore delle temperature assolute.
S ( )
T ( K )
J
K
T1
2T 2T
T1
S 2S 1
S
A d ia b . 2A d ia b . 1
Q = 0
1A
B 1B
A
Figura 29 – DIAGRAMMA DI GIBBS – TEMPERATURA/ENTROPIA – TRASF. ADIABATICA
Il calore scambiato è evidentemente nullo in quanto l’entropia è costante durante la
trasformazione adiabatica (isoentropica).
Sul diagramma non è presente area in quanto la linea è verticale.
TRASFORMAZIONE ISOCORA REVERSIBILE
Esaminando l’equazione principale 1 e tenendo conto che, durante una trasformazione
isocora, il volume del gas si mantiene costante ed è quindi nullo il lavoro d’espansione,
risulta:
A
B
A
BVAB
V
VlogRn
T
TlogCnSS
KVV BA
APPUNTI DI FISICA
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371
1logRnT
TlogCnSS
A
BVAB
A
BVAB
T
TlogCnSS
La variazione d’entropia tra due stati d’equilibrio, caratterizzati dallo stesso volume e da
temperature differenti, è quindi una funzione dipendente dal logaritmo del rapporto tra la
temperatura finale ed iniziale.
Sul diagramma di GIBBS – temperatura-entropia – è quindi rappresentata da una curva con
concavità diretta verso l’alto:
S ( )
T ( K )
J
K
T1
T2
S S 21
Q
Figura 30 – DIAGRAMMA DI GIBBS – TEMPERATURA/ENTROPIA – TRASF. ISOCORA
TRASFORMAZIONE ISOBARA REVERSIBILE
Esaminando l’equazione principale 1 e tenendo conto che, durante una trasformazione
isobara, la pressione del gas si mantiene costante, risulta, applicando l’equazione generale di
stato:
A
B
A
BVAB
V
VlogRn
T
TlogCnSS
BBB TRnVp
AAA TRnVp
A
B
A
B
T
T
V
V
A
B
A
BVAB
T
TlogRn
T
TlogCnSS
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372
A
BPV
A
BAB
T
TlogCnRC
T
TlognSS
A
BPAB
T
TlogCnSS
Anche nel caso di trasformazione isobara, la variazione entropica dipende dal logaritmo del
rapporto tra la temperatura finale ed iniziale – come per la trasformazione isocora – ed è
quindi rappresentata da una curva con la concavità rivolta verso l’alto.
Considerando che la capacità termica a pressione costante PC è maggiore della capacità
termica a volume costante VC e confrontando le relazioni:
A
BPAB
T
TlogCnSS Differ. d’entropia per trasf. a Pressione costante
A
BVAB
T
TlogCnSS Differ. d’entropia per trasf. a Volume costante
risulta evidente che, a parità del rapporto A
B
T
T, la differenza d’entropia deve essere maggiore
nel caso di trasformazione a pressione costante, per cui si ottiene il diagramma seguente:
T ( K )
T1
T2
1SK
JS ( )
2S
Q
2T
Is o c o ra
Is o b a ra
Figura 31 – DIAGRAMMA DI GIBBS – TRASFORMAZIONE ISOBARA
APPUNTI DI FISICA
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373
I CICLI REVERSIBILI DI IMPORTANZA PRIMARIA
DIAGRAMMI DI CLAPEYRON E DI GIBBS A CONFRONTO
S ( )
T ( K )
J
K
Is o c o ra
A d ia b a tic a
Is o b a ra
Is o te rm a
T E M P E R A T U R A -E N T R O P IA
D IA G R A M M A D I G IB B S
Is o te rm a
Is o b a ra
D IA G R A M M A D I C L A P E Y R O N
P R E S S IO N E -V O L U M E
V
Is o c o ra
p
A d ia b a tic a
Figura 32 – DIAGRAMMI DI GIBBS E CLAPEYRON – RAFFRONTO TIPOLOGIA TRASFORMAZIONI
V
p
A
A D IA B A T IC H E
IS O T E R M E
T1
T2
T3
T4
T5
T6
T7
T8
T9
S
T
5T
T4
AS
B
C
D
BS
A B
CD
Q
L
C IC L O D I C A R N O T
D IA G R A M M A D I C L A P E Y R O N
C IC L O D I C A R N O T
D IA G R A M M A D I G IB B S
Figura 33 – CICLO DI CARNOT - DIAGRAMMI DI GIBBS E CLAPEYRON
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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374
V
p
A
A D IA B A T IC H E
IS O T E R M E
T1
T2
T3
T4
T5
T6
T7
T8
T9
S
T
5T
T1
AS
B
D
BS
Q
L
C
IS O C O R E
CSDS
A
D
B
C
N . 2 IS O C O R E + N . 2 IS O T E R M E
D IA G R A M M A D I G IB B S
N . 2 IS O C O R E + N . 2 IS O T E R M E
D IA G R A M M A D I C L A P E Y R O N
Figura 34 – N. 2 ISOCORE + N. 2 ISOTERME REVERS. - DIAGRAMMI DI GIBBS E CLAPEYRON
V
p
A
A D IA B A T IC H E
IS O T E R M E
T1
T2
T3
T4
T5
T6
T7
T8
T9
S
T
6T
T1
AS
B
D
BS
A B
CD
Q
N . 2 IS O B A R E + N . 2 IS O T E R M E
D IA G R A M M A D I C L A P E Y R O ND IA G R A M M A D I G IB B S
LIS O C O R E
CSDS
N . 2 IS O B A R E + N . 2 IS O T E R M E
C
Figura 35 – N. 2 ISOBARE + N. 2 ISOTERME REVERS. - DIAGRAMMI DI GIBBS E CLAPEYRON
APPUNTI DI FISICA
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375
V
p
A D IA B A T IC H E
IS O T E R M E
T1
T2
T3
T4
T5
T6
T7
T8
T9
S
T
L
C IC L O "O T T O " - N . 2 A D IA B A T IC H E + N . 2 IS O C O R E
D IA G R A M M A D I C L A P E Y R O N
IS O C O R E
B
A
C
D
AT1
T2
C
DB
Q
T8
T6
C IC L O "O T T O " - N . 2 A D IA B A T IC H E + N . 2 IS O C O R E
D IA G R A M M A D I G IB B S Figura 36 – N. 2 ISOCORE + N. 2 ADIABATICHE REVERS. - DIAGRAMMI DI GIBBS E CLAPEYRON
CICLO “OTTO”
V
p
C
A D IA B A T IC H E
IS O T E R M E
T1
T2
T3
T4
T5
T6
T7
T8
T9
S
T
1T
T2
C
QL D
A
B
IS O C O R A
A
DB
8T
T6
D IA G R A M M A D I G IB B S
IS O B A R A
A D IA B A T IC H E
C IC L O "D IE S E L " - N . 2 A D IA B A T IC H E + N . 1 + 1 IS O B A R A /IS O C O R A
D IA G R A M M A D I C L A P E Y R O N
C IC L O "D IE S E L " - N . 2 A D IA B A T IC H E + N . 1 + 1 IS O B A R A /IS O C O R A
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376
ESERCIZI – ENTROPIA E SECONDO PRINCIPIO
ESERCIZIO N. 1
L’argento, a pressione atmosferica normale, fonde ad una temperatura di 1.233 K.
Determinare la variazione d’entropia di una massa di 20 grammi di argento a seguito della sua
fusione e temperatura indicate.
Il calore latente di fusione dell’argento è
kg
MJ105,0c l
.
Soluzione:
La variazione d’entropia è pari al rapporto tra il calore assorbito e la temperatura di fusione che si
mantiene costante durante tutto il processo di passaggio dallo stato solido alla stato liquido.
fT
QdS
Il calore assorbito è dato da:
J1021kg1020kg
J1005,1mcQ
235
l
La variazione d’entropia:
K
J703,1
K233.1
J1021
T
QSSdS
2
f
12
ESERCIZIO N. 2
Riscaldando lo stagno, è possibile modificarne la struttura cristallina passando dalla struttura
reticolare detta “stagno grigio”, stabile sotto i 19°C, a quella detta “stagno bianco”, stabile a
temperature superiori.
Operando tale modificazione, a pressione atmosferica e alla temperatura di 19°C, si misura una
variazione molare di entropia pari a
moleK
J83,7SSdS 12 .
Determinare il calore latente associato al cambiamento di forma reticolare dello stagno, riferito
all’unità di massa in grammi.
La massa atomica dello stagno è 118,69.
Soluzione:
Dalla conoscenza del valore della variazione di entropia risulta possibile determinare la quantità di
calore necessaria al cambiamento di forma reticolare, anche tenendo conto che la temperatura
rimane costante durante il processo.
Il valore della quantità di calore assorbito è dato da:
T
QdS
mole
J36,286.2
moleK
J83,7K27319dSTQ
La quantità di calore assorbita dipende dal valore del calore latente e dalla massa:
lcmQ
Perciò:
APPUNTI DI FISICA
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377
g
J36,19
mole
g69,118
mole
J36,286.2
m
Qc l
ESERCIZIO N. 3
Durante una delle trasformazioni isoterme, l’entropia di una macchina di Carnot aumenta di
K
J102,4dS
3 .
Determinare la quantità di lavoro che è prodotta ad ogni ciclo di quella macchina se la differenza di
temperatura tra le due isoterme è 150 K.
Soluzione:
La differenza d’entropia tra lo stato iniziale e finale di un’isoterma appartenente ad un ciclo di
Carnot è definita dalla relazione:
T
QSSdS 12
Dalle due formule che permettono di calcolare il rendimento di una macchina funzionante secondo
un ciclo reversibile di Carnot, si ottiene:
11
21
1
2
T
T
T
TT
T
T1
1
1
U
1
21
Q
L
Q
2
Uguagliando le due espressioni del rendimento:
11 Q
L
T
T
3
E tenendo conto che, per un ciclo di Carnot reversibile valgono le relazioni:
0T
Q
T
Q
2
2
1
1
12
2
2
1
1SS
T
Q
T
Q
Dalla numero 3 si ottiene:
12
1
1SS
T
L
T
Q
TSSL 12
J103,6K150K
J102,4L
53
ESERCIZIO N. 4
Una certa quantità di elio è sottoposto ad un ciclo di Carnot tra le temperature di 200 K e 300 K.
Il gas assorbe dalla sorgente termica più calda una quantità di calore J50Q 1 .
Rappresentare il ciclo in un diagramma della temperatura in funzione dell’entropia (diagramma di
Gibbs) sapendo che il valore assoluto dell’entropia del gas durante la compressione adiabatica è
K
J75,1S .
APPUNTI DI FISICA
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378
Soluzione:
Durante la compressione adiabatica e l’espansione adiabatica i valori dell’entropia si mantengono
costanti in quanto non c’è scambio di calore:
0T
0
T
QSSdS 12.Ad.Comp
Compressione adiabatica
K
J75,1tetancosSS 12
0T
0
T
QSSdS 12Ad.Esp
Espansione adiabatica
tetancosSS 12
Durante la fase d’espansione isotermica alla temperatura maggiore il gas assorbe la quantità di
calore indicata dal problema e, di conseguenza, incrementa la propria entropia di un valore:
K
J167,0
K300
J50
T
QSSdS
1
112
Di conseguenza l’entropia caratteristica della fase successiva d’espansione adiabatica è quella
massima del ciclo ed ha un valore pari a:
K
J917,1167,075,1dSSS .Ad.CompMax
S
T
A B
CD
Q
C IC L O D I C A R N O T
D IA G R A M M A D I G IB B S
3 0 0
2 0 0
1 ,7 5 1 ,9 1 7
(J /K )
(K )
C o m p re s s io n e is o te rm ic a
E s p a n s io n e is o te rm ic a
Es
p.
ad
iab
ati
ca
Co
mp
. a
dia
ba
tic
a
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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379
ESERCIZIO N. 5
In un processo termodinamico a temperatura costante, un sistema sviluppa un lavoro J80L e
la sua entropia aumenta di un valore pari a
K
J25,0dS .
Determinare di quanto è variata l’energia interna del sistema se la temperatura si è mantenuta a 350
(K).
Soluzione:
Si risolve il problema (esercizio n. 7 – Ugo Amaldi – La fisica per licei scientifici) anche se si nota
l’incongruenza dell’affermazione che il processo avviene a temperatura costante (isoterma) mentre
l’energia interna subisce variazioni.
Se la temperatura si mantiene costante durante il processo, l’energia interna non dovrebbe subire
modificazioni, mentre tutto il calore assorbito dovrebbe essere convertito in lavoro.
Se, al contrario, la quantità di lavoro fornito non fosse uguale alla quantità di calore assorbita, la
temperatura non potrebbe rimanere costante.
Si ritiene dunque che l’esercizio sia carente nella parte espositiva.
Tenendo conto dell’aumento d’entropia dato, si ha:
T
QdS
J5,87K350K
J25,0TdSQ
Per il primo principio della termodinamica:
LdUQ
Da cui si dovrebbe ricavare l’incremento d’energia interna:
J5,7805,87LQdU
Il risultato corrisponde a quello esposto sul testo dell’Amaldi.
La variazione d’energia interna dovrebbe far concludere che si sia verificato un aumento di
temperatura di:
TCndU V
0Cn
dUT
V
Ma questo risultato sarebbe in contrasto con quanto esposto nel testo dell’esercizio.
ESERCIZIO N. 6
La temperatura di un frigorifero è di 4 °C e quella dell’ambiente in cui si trova è 20 °C. La potenza
effettiva impegnata dal motore è di 700 W.
Si tratti il frigorifero come una macchina di Carnot a ciclo inverso per determinare l’incremento di
entropia subita dall’ambiente in un’ora di funzionamento del frigorifero.
Soluzione:
L’incremento entropico dell’ambiente a 20 °C è dato dal rapporto tra il calore ceduto dal
condensatore del frigorifero e la temperatura – costante – dell’ambiente esterno:
APPUNTI DI FISICA
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380
.Amb
12T
QSSdS
Il calore ceduto all’ambiente esterno è pari al calore che assorbirebbe una macchina di Carnot a
ciclo diretto dalla stessa sorgente di calore esterna.
Per il calcolo del calore si può utilizzare la formula del rendimento:
0546,0
20273
42731
T
T1
1
2
11
21
Q
L
Q
h
J1062,4
0546,0
h
s600.3
s
J700
tPLQ
7
1
Per cui l’accrescimento entropico dell’ambiente è:
hK
J1058,1
K293
h
J1062,4
T
QSSdS
5
7
.Amb
12
ESERCIZIO N. 7
Un sistema isolato consiste di due serbatoi di calore, mantenuti rispettivamente alle temperature
costanti di 27 °C e 150 °C.
I due serbatoi vengono, per breve tempo, messi in contatto tra loro.
Determinare di quanto è variata l’entropia del sistema se il calore scambiato è stato di J100,23
.
Soluzione:
La sorgente termica alla temperatura minore subisce un accrescimento d’entropia pari a:
K
J67,6
K300
J100,2
T
QSSdS
3
.Amb
12
La sorgente termica ad alta temperatura subisce un decremento entropico:
K
J72,4
K423
J100,2
T
QSSdS
3
.Amb
12
Complessivamente il sistema aumenta la propria entropia di un valore pari alla differenza:
K
J95,172,467,6dS T
ESERCIZIO N. 8
Un sistema isolato è costituito da una sorgente di calore mantenuta a temperatura costante di 27 °C
e da una massa di 100 grammi di ghiaccio alla temperatura di 0 °C.
Il calore latente di fusione del ghiaccio è
g
J334 .
Determinare la variazione d’entropia del ghiaccio dovuta alla sua fusione e la conseguente
variazione d’entropia di tutto il sistema.
Cosa si può dire delle trasformazioni termodinamiche che sono avvenute nel sistema?
Soluzione:
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381
Il calore assorbito dal ghiaccio per il cambiamento di stato è pari a:
J1034,3g
J334g100mcQ
4
L
La variazione entropica del ghiaccio è dunque pari a:
K
J34,122
K273
J1034,3
T
QSSdS
4
12
La variazione entropica della sorgente di calore, dalla quale è stata assorbita l’energia termica
necessaria per la fusione del ghiaccio, è data da:
K
J34,111
K300
J1034,3
T
QSSdS
4
121
La variazione entropica del sistema è pari alla differenza d’entropia:
K
J1134,11134,122
T
QSSdS
S.1S.2Sis
ESERCIZIO N. 9
In un esperimento, un secchio pieno di sabbia è sospeso avvolgendo un filo di nailon ad un perno e
legandone l’estremità al secchio; il secchio è poi fatto cadere a velocità costante regolando l’attrito
tra il filo e il perno su cui è avvolto.
A causa dell’attrito il perno si riscalda; dopo un certo tempo dalla fine della caduta del secchio, il
perno torna a temperatura ambiente causando l’aumento d’entropia di quest’ultimo.
Determinare l’aumento d’entropia dell’ambiente nel caso in cui il secchio abbia una massa di 2,0 kg
e percorra un tratto di 0,70 m in un laboratorio mantenuto ad una temperatura ambiente di 20 °C.
Soluzione:
Supponendo che la diminuzione d’energia potenziale si trasformi completamente in energia termica
a causa dell’attrito ed utilizzando i dati del problema:
J73,13m7,0
s
m81,9kg2hgmEQ
2P
L’incremento d’entropia dell’ambiente è quindi:
K
J107,4
K293
J73,13
T
QdS
2
ESERCIZIO N. 10
Il pistone di una siringa è spinto in modo da comprimere l’aria contenuta evitandone la fuoriuscita.
Se si agisce molto lentamente la temperatura dell’aria durante la compressione resta
sostanzialmente quella dell’ambiente esterno.
Sapendo che questa è di 300 K e l’entropia del gas nel processo è variata di
K
J1011
4,
determinare il lavoro fatto per spingere il pistone.
Soluzione:
Dal valore della variazione d’entropia si ricava:
J1033K300K
J1011TdSQ
64
Considerando il fatto che la compressione del gas avviene lentamente con mantenimento della
temperatura ad un valore costante, si conclude che la trasformazione deve essere isotermica.
APPUNTI DI FISICA
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382
Il calore ceduto dal gas all’ambiente esterno è dunque pari al lavoro applicato al pistone, per cui:
J1033QL6
ESERCIZIO N. 11
Calcolare il rendimento di una macchina di Carnot che opera tra la temperatura di ebollizione
dell’acqua alla pressione atmosferica e quella di fusione del ghiaccio.
Determinare inoltre la quantità di lavoro meccanico scambiato durante le fasi d’espansione
adiabatica e di compressione adiabatica supponendo di utilizzare un sistema termodinamico
contenente una quantità di ossigeno biatomico pari a 56 kg.
Soluzione:
Il rendimento del ciclo è indipendente dal tipo e dalla quantità di gas e si determina con:
%2727,0373
273373
T
TT
T
T1
1
21
1
2C
Il lavoro meccanico scambiato durante la fase d’espansione adiabatica dalla temperatura maggiore a
quella minore è positivo e si può determinare tenendo conto del fatto che, essendo nulla la quantità
di calore scambiato, il lavoro è uguale al decremento d’energia interna:
LdUQ
0Q
21V2112 TTCnUUUUdUL
Con:
RCC VP
VV
P
C
R1
C
C
VC
R1
1
RC V
MP
mn
kmoli75,1
Kmole
kg32
kg56n
Da cui si ottiene:
J1064,3K273373140,1
Kkmole
J314.8
kmoli75,1TTCnL6
21V.Esp
Il lavoro per la compressione adiabatica è negativo in quanto applicato al sistema dall’ambiente
esterno e il suo valore è pari a quello scambiato durante l’espansione adiabatica per il fatto che le
due trasformazioni comportano la stessa differenza d’energia interna.
J1064,3L6
.Comp
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383
Il rapporto tra il calore assorbito durante l’espansione isotermica alla temperatura K373T1 e
quello caduto durante la compressione isotermica alla temperatura K273T 2 , si ricava tenendo
conto del valore del rendimento determinato in precedenza:
1Q
Q
Q
2
1
2
21
1Q
Q
2
1
27,1127,0Q
Q
2
1
21 Q27,1Q
ESERCIZIO N. 12
Il rendimento di un ciclo di Carnot è pari al 10 %.
Sapendo che la temperatura della sorgente a livello termico minore è 300 K, determinate la
temperatura della sorgente a temperatura maggiore.
Soluzione:
1
2
T
T1
1T
T
1
2
K3339,0
K300
1
TT
21
ESERCIZIO N. 13
Calcolare il rendimento di una macchina di Carnot operante fra le temperature estreme di 127 °C e
19 °C.
Soluzione:
1
2
T
T1
%2727,0127273
192731
ESERCIZIO N. 14
Una macchina termica assorbe in un’ora una quantità di calore pari a Kcal1024Q3
fornendo
una potenza pari a kW6P .
Calcolare il rendimento della macchina.
Soluzione:
11
21
1
2
1
2
Q
L
Q
Q
Q1
T
T1
APPUNTI DI FISICA
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384
215,0
Kcal
J186.4
h
Kcal1024
h
s3600
s
J000.6
Q
tP
Q
L
311
ESERCIZIO N. 15
Calcolare il rendimento relativo al processo durante il quale una mole di gas perfetto si espande in
modo isotermico reversibile dallo stato 11 V,p allo stato
22 V,p .
Soluzione:
Durante l’espansione isotermica reversibile, la quantità di calore assorbita è completamente
trasformata in un’equivalente quantità di lavoro.
Per questo motivo il rendimento, pur non potendo essere espresso secondo la formula generale, non
può che essere uguale all’unità.
Per cui:
1
ESERCIZIO N. 16
Calcolare il rendimento relativo al processo durante il quale una mole di gas perfetto passa dallo
stato 11 V,p allo stato
12 V,p
Soluzione:
Il processo, come definito dallo stato iniziale e finale, avviene senza che il volume subisca
variazioni ed è quindi di tipo isocoro.
Dato che il lavoro effettuato è nullo risulta nullo anche il rendimento relativo alla trasformazione.
Per cui:
0
ESERCIZIO N. 17
In un ciclo di Carnot il rapporto tra il calore prelevato dalla sorgente a temperatura maggiore e il
calore ceduto al refrigerante è pari a 7
10.
Sapendo che la temperatura della sorgente termica è 127 °C, determinare la temperatura del
refrigerante ed il rendimento del ciclo.
Soluzione:
K400T1
%303,010
71
Q
Q1
T
T1
1
2
1
2
1
2
1
2
Q
Q
T
T
C7K28010
7K127273
Q
QTT
1
212
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385
ESERCIZIO N. 18
Nei riguardi dell’esercizio precedente si sa che la quantità di calore assorbita supera di 200 J la
quantità di calore ceduta al refrigerante.
Calcolare il lavoro ottenuto dal ciclo e le quantità di calore scambiate nel processo esprimendole in
calorie.
Soluzione:
Dalle relazioni:
7
10
Q
Q
2
1
J200QQ 21
Si ottiene:
200Q7
10Q 22
2007
101Q 2
2007
107Q 2
cal112J4673
7200
7
107Q 2
cal159J667Q 1
Il lavoro ottenuto è quindi dato da:
1Q
L
J200J6673,0QL 1
ESERCIZIO N. 19
Il rendimento di una macchina termica irreversibile è espresso dalla relazione:
21
21
21TT
TT2
TT
Lavorando tra le due temperature estreme K600T1 e K300T 2 , la macchina compie, per
ogni ciclo, il lavoro J140L .
Determinare il calore assorbito e ceduto dalla macchina per ogni ciclo.
Soluzione:
Dai valori delle temperature estreme e dalla formula del rendimento si ottiene:
354,0300600
6003002
300600
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386
Utilizzando poi il valore del rendimento:
J396
354,0
J140LQ 1
J256140396LQQ 12
ESERCIZIO N. 20
Una macchina termica funziona secondo un ciclo di Carnot tra le temperature di 127 °C e 27 °C.
Calcolare il calore assorbito ad ogni ciclo sapendo che il lavoro compiuto dalla macchina è pari a
4.180 J.
Soluzione:
25,0400
3001
11
21
Q
L
Q
Kcal994,3J720.1625,0
J180.4LQ 1
ESERCIZIO N. 21
Una macchina di Carnot lavora tra le temperature di ebollizione dell’acqua alla pressione
atmosferica normale e quella di fusione del ghiaccio, assorbendo ad ogni ciclo una quantità di
calore pari a 1.000 cal e trasformando in lavoro 268 cal.
Sapendo che la differenza di temperatura tra la sorgente termica ed il refrigerante è 100,
determinare il rendimento della macchina, la temperatura di ebollizione dell’acqua e quella di
fusione del ghiaccio.
Soluzione:
Il rendimento della macchina è dato da:
268,0
cal000.1
cal268
Q
L
Q
11
21
Le temperature della sorgente termica e del refrigerante:
1
21
1
2
T
TT
T
T1
K14,373268,0
100T1
K14,273100TT 12
ESERCIZIO N. 22
Con un rendimento del 25% un uomo compie un lavoro dissipando 20 Kcal. Determinare, in unità
meccaniche, il lavoro compiuto.
Soluzione:
1
21
1
2
Q
Q
Q1
211 QQQ
21 Q1Q
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387
Kcal67,26
25,01
Kcal20
1
21
J920.27Kcal67,6QQL 21
ESERCIZIO N. 23
Con un rendimento pari al 24 %, una macchina termica sviluppa un lavoro di 360 J in un’ora.
Determinare, in calorie, la quantità di calore che bisogna fornire alla macchina per ogni minuto.
Soluzione:
1Q
L
h
J500.1
24,0
h
J360
LQ 1
min
cal97,5
cal
J186,4
h
min60
1
h
J500.1Q 1
ESERCIZIO N. 24
Un gas ideale compie un’espansione isoterma reversibile a 132 °C. Il valore dell’entropia subisce
un incremento pari a
K
J46dS .
Determinare la quantità di calore assorbito.
Soluzione:
T
QdS
J10863,1K
J46K132273dSTQ
4
ESERCIZIO N. 25
2,5 moli di un gas ideale si espandono in modo reversibile ed isotermico a 360 K fino ad un volume
doppio rispetto a quello iniziale.
Determinare l’incremento d’entropia.
Soluzione:
La quantità di calore assorbita durante una trasformazione isotermica reversibile è pari al lavoro
ceduto all’esterno.
Il lavoro e, di conseguenza, il calore da utilizzare per il calcolo della variazione d’entropia è
determinato da:
J5,186.5V
V2logK360
Kmole
J314,8moli5,2
V
VlogTRnQL
Iniz
Iniz
Iniz
FIn
Conseguentemente la variazione d’entropia è data da:
K
J41,14
K360
J5,186.5
T
QdS
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388
ESERCIZIO N. 26
Un gas ideale compie un’espansione isoterma reversibile a 77 °C, aumentando il suo volume da 1,3
litri a 3,4 litri. La variazione d’entropia del gas è
K
J22 .
Determinare il numero di moli di gas.
Soluzione:
Utilizzando la variazione d’entropia e la temperatura della trasformazione, si determina la quantità
di calore scambiata durante la trasformazione che, essendo isotermica, fornisce una pari quantità di
lavoro:
T
QdS
J700.7K350K
J22TdSLQ
Dall’espressione del lavoro si ottiene poi il numero di moli:
Iniz
Fin
V
VlogTRnL
moli752,2
3,1
4.3logK350
Kmole
J314,8
J700.7
V
VlogTR
Ln
Iniz
Fin
ESERCIZIO N. 27
Quattro moli di un gas ideale si espandono dal volume 1V al volume 12 V2V . Se l’espansione è
isotermica ad una temperatura di 400 K, determinare il lavoro compiuto dal gas che si espande e la
variazione d’entropia. Se l’espansione anziché isoterma fosse adiabatica reversibile, quale sarebbe
la variazione d’entropia.
Soluzione:
Il lavoro compiuto dal gas si determina con:
J5,220.92logK400Kmole
J314,8moli4
V
V2logTRnL
1
1
La variazione d’entropia:
K
J05,23
K400
J5,220.9
T
L
T
QdS
Se la trasformazione fosse adiabatica – quindi senza scambio di calore – la variazione d’entropia
sarebbe nulla.
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389
ESERCIZIO N. 28
Determinare il calore assorbito e la variazione d’entropia di un blocco di rame di 2.000 kg la cui
temperatura è aumentata reversibilmente da 25 °C a 100 °C. Il calore specifico del rame è
Kkg
J386c s
.
Soluzione:
La quantità di calore necessaria per riscaldare la massa di rame dalla temperatura di partenza a
quella finale è:
J1079,5K75Kkg
J386kg000.2TcmQ
7
s
La variazione d’entropia:
K
J1073,1224,0
Kkg
J386kg000.2
298
373logcm
T
dTcm
T
dTcmdS
5
s
373
298
ss
ESERCIZIO N. 29
La temperatura di una mole di un gas ideale monoatomico è elevata, a volume costante ed in modo
reversibile, da 300 K a 400 K.
Determinare la variazione d’entropia.
Soluzione:
La quantità di calore assorbita dal gas durante la trasformazione è data da:
TCnQ V
RCC VP
VV
P
C
R1
C
C
VC
R1
1
RC V
J9,240.1K100167,1
Kmole
J314,8
mole1T1
RnQ
Per un gas monoatomico: 67,1
La variazione d’entropia:
K
J57,3288,0
67,0
Kmole
J314,8
mol1300
400logCn
T
dTCn
T
dTCndS V
400
300
V
V
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390
ESERCIZIO N. 30
Una barra di ottone è a contatto termico con una sorgente di calore a 130 °C ad un’estremità e con
una sorgente a 24 °C all’altra estremità.
Determinare la variazione totale di entropia prodotta dalla conduzione di 5.030 J di calore attraverso
la sbarra.
L’entropia della barra varia durante il processo?
Soluzione:
La variazione d’entropia della sorgente ad alta temperatura è data da:
K
J48,12
K403
J030.5
T
QdS
La variazione d’entropia della sorgente a bassa temperatura è:
K
J94,16
K297
J030.5
T
QdS
La variazione d’entropia complessiva del sistema è:
K
J46,448,1294,16dS T
L’entropia della barra d’ottone non varia.
ESERCIZIO N. 31
A bassissima temperatura il calore specifico molare di molti solidi è approssimativamente pari a 3
V TAC essendo A una costante caratteristica della sostanza.
Per l’alluminio si ha
4
5
Kmole
J1015,3A .
Determinare il salto entropico relativo a 4 moli di alluminio quando la temperatura cresce da 5 K a
10 K.
Soluzione:
La variazione d’entropia è dato da:
dTTAnT
dTTAn
T
TCn
T
dQdS
23
V
dTT
Kmole
J1015,3moli4dTTAnS
10
5
2
4
52
10
5
3
4
5T
3
1
Kmole
J1015,3moli4S
k
J107,3
3
1510
Kmole
J1015,3moli4S
233
4
5
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391
ESERCIZIO N. 32
Un campione di 2 moli di gas monoatomico ideale percorre un processo reversibile in cui l’entropia
subisce un incremento lineare passando dal valore
K
J5S 1 al valore finale
K
J20S 2 ,
mentre, la temperatura si abbassa linearmente dal valore di 400 K al valore di 200 K.
Determinare il calore assorbito dal gas, la variazione d’energia interna e il lavoro compiuto dal gas.
Soluzione:
La variazione d’energia interna è data dalla relazione:
T1
RnTTCnUUdU IFV12
J963.420067,0
Kmole
J314,8
moli2dU
La quantità di calore scambiata durante la trasformazione – con riferimento al diagramma di Gibbs -
è data dall’area della superficie sottostante la linea caratteristica della trasformazione e compresa tra
i valori minimo e massimo dell’entropia:
5 1 0 1 5 2 0
S (J /K )
T (K )
1 0 0
2 0 0
3 0 0
4 0 0
Q
Per cui si determina il calore scambiato:
J500.4K
J1520
2
K600SS
2
TTQ 12
21
Per il calcolo del lavoro scambiato si utilizza il Primo Principio della termodinamica:
LdUQ
J463.9963.4500.4dUQL
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392
ESERCIZIO N. 33
Una macchina termica ideale assorbe 52 kJ di calore e ne scarica 36 kJ ad ogni ciclo. Calcolare il
rendimento e il lavoro compiuto per ogni ciclo.
Soluzione:
Il lavoro compiuto è pari alla differenza tra il calore assorbito e quello scaricato:
kJ163652QQL 21
Il rendimento:
308,0
kJ52
kJ16
Q
L
1
ESERCIZIO N. 34
Calcolare il rendimento di un impianto di potenza a combustibile fossile che ogni ora consuma 380
tonnellate di carbone per produrre lavoro utile alla potenza di 750 MW.
Il calore di combustione del carbone è
kg
MJ28 .
Soluzione:
Il calore prodotto, per ogni ora di funzionamento, dalla combustione del carbone è pari a:
h
J1006,1
h
kg108,3
kg
J108,2mPQ
1357
C
Il calore prodotto, riferito ad un tempo di un secondo, è:
W1094,2s
J1094,2
h
s3600
h
J1006,1
Q99
13
Il rendimento della centrale di produzione è quindi data da:
%5,25255,0
s
J1094,2
s
J105,7
Q
L
9
8
ESERCIZIO N. 35
Un inventore afferma di aver ideato quattro macchine termiche, ognuna delle quali funziona tra
sorgenti di calore a 400 K e 300 K. I dati di ogni macchina termica, per ogni ciclo di
funzionamento, sono i seguenti:
Macchina 1:
J40L
J175Q
J200Q
2
1
Macchina 2:
J400L
J200Q
J500Q
2
1
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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393
Macchina 3:
J400L
J200Q
J600Q
2
1
Macchina 4:
J10L
J90Q
J100Q
2
1
Quale tra le macchine ideate viola la prima o la seconda legge della termodinamica?
Soluzione:
Determiniamo il rendimento delle macchine:
Macchina 1:
125,0200
1751
Q
Q1
1
2
Macchina 2:
60,0500
2001
Q
Q1
1
2
Macchina 3:
667,0600
2001
Q
Q1
1
2
Macchina 4:
10,0100
901
Q
Q1
1
2
Determiniamo ora il rendimento di una macchina ideale di Carnot operante tra le temperature
indicate dall’inventore:
25,0400
3001
T
T1
1
2C
Risulta quindi chiaro che le macchine n. 2 e n. 3, il cui rendimento è superiore al rendimento della
macchina di Carnot tra le due temperature indicate, violano la seconda legge della termodinamica e
non è quindi possibile la loro realizzazione.
Dal punto di vista del Primo principio della termodinamica risulta altrettanto chiaro che le macchine
n. 1 e n. 1 sono irrealizzabili in quanto è violato, per entrambe, il bilancio energetico ed il principio
d’equivalenza per i cicli chiusi:
0LQ
Macchina 1:
040175200LQQ 21
Macchina 2:
0400200500LQQ 21
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394
Macchina 3:
0400200600LQQ 21
Macchina 4:
01090100LQQ 21
In conclusione:
La macchina n. 1 viola la prima legge della termodinamica ed è irrealizzabile.
La macchina n. 2 viola la prima e la seconda legge ed è irrealizzabile.
La macchina n. 3 viola la seconda legge ed è irrealizzabile.
La macchina n. 4 non viola né il primo né il secondo principio ed è quindi realizzabile.
ESERCIZIO N. 36
Un motore d’automobile libera 8,2 kJ di lavoro ad ogni ciclo di funzionamento.
Prima di una messa a punto, il rendimento è del 25 %. Determinare, per ogni ciclo, il calore
assorbito dalla combustione del carburante ed il calore scaricato nell’atmosfera.
Dopo una messa a punto, il rendimento è del 31 %.
Quali saranno i nuovi valori delle quantità calcolate in precedenza se il lavoro svolto rimane
immutato?
Soluzione:
Prima della messa a punto:
1Q
L25,0
J800.3225,0
J200.8
25,0
LQ 1
Calore assorbito
J600.24200.8800.32Q 2 Calore immesso nell’atmosfera
Dopo la messa a punto:
1Q
L31,0
J451.2631,0
J200.8
31,0
LQ 1
Calore assorbito
J251.18200.8451.26Q 2 Calore immesso nell’atmosfera
ESERCIZIO N. 37
In un ipotetico reattore a fusione nucleare, il combustibile è un gas di deuterio ad una temperatura
1T di circa K1078
.
Se questo gas potesse essere utilizzato per far funzionare una macchina termica ideale con una
temperatura del refrigerante pari a 100 °C, quale sarebbe il suo rendimento?
Soluzione:
999999467,0
K107
K3731
8
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395
ESERCIZIO N. 38
Ad una mole di gas ideale monoatomico viene fatto percorrere il ciclo mostrato nella figura
successiva.
Il processo BC è un’espansione adiabatica con i seguenti parametri:
bar10p B
33
B m101V
BC V8V
Determinare il calore fornito al gas, il calore restituito dal gas, il lavoro totale compiuto dal gas ed il
rendimento del ciclo.
Soluzione:
V (m )3
2
m
CA
B
p ( )N
Con i dati dello stato B e l’equazione dei gas perfetti:
BBB TRnVp
K120
Kmole
mN314,8mole1
m10
m
N101
Rn
VpT
33
2
6
BBB
Con l’equazione di Poisson per l’adiabatica:
CCBB VpVp
2
4
67,1
3
3
2
6
C
BBC
m
N101,3
108
10
m
N10
V
Vpp
Ancora con l’equazione di stato:
CCC TRnVp
BBB TRnVp
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
Prof. Grasso Germano – Istituto Calamandrei – Crescentino
396
K30
V
m
N10
V8
m
N101,3
K120Vp
VPTT
B2
6
B2
4
BB
CCBC
Ancora con l’equazione di stato si determina la temperatura dello stato A:
K72,3
Kmole
J314,8mole1
m10
m
N101,3
Rn
VpT
33
2
4
BCA
Il calore fornito al durante la trasformazione a volume costante è dato da:
J443.1K3,11667,0
Kmole
J314,8
mole1T1
RnTTCnQ ABV
Il lavoro compiuto dal gas sull’ambiente esterno durante l’espansione adiabatica si ricave dal primo
principio tenendo conto che il calore scambiato è nullo:
LdUQ
J116.1K9067,0
Kmole
J314,8
mole1T1
RnTTCndUL CBV
Il lavoro effettuato dall’ambiente sul gas durante l’isobara è dato da:
J217m10108
m
N101,3VpL
333
2
4
C
Il rendimento del ciclo è quindi:
623,0443.1
217116.1
Q
L T
ESERCIZIO N. 39
Una mole di gas ideale monoatomico inizialmente ad un volume di 10 litri e a una temperatura di
300 K, è riscaldato a volume costante fino ad una temperatura di 600 K, è poi fatto espandere
isotermicamente fino alla pressione iniziale, e, alla fine è compresso isobaricamente fino al volume,
alla pressione e alla temperatura iniziale.
Determinare il calore fornito durante il ciclo, il lavoro totale e il rendimento del ciclo.
Soluzione:
Con l’equazione di stato si determina la temperatura iniziale:
2
5
33A
AA
m
N1049,2
m1010
K300Kmole
mN314,8mole1
V
TRnp
Il calore fornito per la trasformazione a volume costante si determina con:
J7,722.3K3006001
Rmole1TTCnQ ABV.Isoc
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
Prof. Grasso Germano – Istituto Calamandrei – Crescentino
397
Si determina poi il volume finale della trasformazione isotermica con l’equazione di stato:
32
2
5A
BC m102
m
N1049,2
K600Kmole
mN314,8mole1
p
TRnV
Si determina poi il calore fornito durante l’espansione isotermica il cui valore, per la prima legge
della termodinamica applicata all’isoterma, corrisponde al lavoro effettuato dal gas:
2
2
B
C
B.Isot.Isot
101
102logK600
Kmole
J314,8mole1
V
VlogTRnLQ
J7,457.3LQ .Isot.Isot
Per cui è possibile determinare il calore fornito complessivamente al gas:
J4,180.77,457.37,722.3QQQ .Isot.Isoc1
L’ultima trasformazione – un’isobara – richiede fornitura di lavoro dall’esterno che si determina
con:
J490.2m10102
m
N1049,2VpL
322
2
5
ACA.Isob
Il lavoro complessivamente eseguito dal gas è quindi dato da:
J7,967490.27,457.3LLL .Isob.IsotT
Il rendimento:
134,0
J4,180.7
J7,967
Q
L
1
T
ESERCIZIO N. 40
Una macchina termica ideale ha una potenza di 500 W. Essa lavora tra sorgenti di calore a 100 °C e
60 °C. Determinare la quantità di calore di alimentazione per unità di tempo e la quantità di calore
liberato in uscita.
Soluzione:
Il rendimento della macchina ideale è:
107,0373
3331
T
T1
1
2
La quantità di calore assorbita è data da:
111
21
Q
tP
Q
L
Q
J673.4107,0
s1s
J500
tPQ 1
La quantità di calore ceduta:
LQQ 21
J4173500673.4LQQ 12
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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398
LA SCALA TERMODINAMICA DELLE TEMPERATURE In base alle leggi della termodinamica e con riferimento al teorema di Carnot relativamente alla
definizione di rendimento di una macchina termica ideale esteso successivamente a quanto
affermato dal Secondo Principio, risulta possibile una nuova definizione operativa della grandezza
temperatura o livello termico.
Supponiamo di avere disponibili due sorgenti termiche di capacità infinita rispettivamente alle
temperature 1T e 1NT ed un numero di macchine termiche ideali reversibili pari a N interposte tra
le due sorgenti.
Sia 1T la temperatura più elevata.
Supponiamo che ognuna delle macchine, tranne la prima e l’ultima, operi un ciclo di Carnot
prelevando il calore ceduto dalla macchina precedente e cedendo calore alla macchina successiva.
La prima macchina 1N della serie sia collegata e in grado di prelevare calore dalla sorgente a
temperatura 1T mentre l’ultima N collegata alla sorgente a temperatura 1NT che funziona così
da refrigerante.
Supponiamo inoltre che ognuna delle N macchine ideali produca la stessa quantità di lavoro L .
T1
N + 1T
m
m
m
m
L
L
L
L
1Q
Q 2
3Q
Q N
N + 1Q
2T( )
T 1( )
T 3( )
N)( T
N + 1T( )
1
2
3
N
Figura 38 – SCALA TERMODINAMICA DELLE TEMPERATURE
La prima macchina 1
m riceve la quantità di calore 1
Q alla temperatura 1
T , produce la quantità di
lavoro L e cede alla macchina 2
m la quantità di calore 2
Q alla temperatura 2
T .
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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399
La quantità di lavoro L prodotto dalla prima macchina è dunque determinato, in base al secondo
principio, dalla seguente relazione:
1
21211
Q
Q1QQQL
La quantità racchiusa tra le parentesi, altro non è che il rendimento della macchina ideale di Carnot
che, a sua volta, è anche esprimibile in funzione delle temperature estreme del ciclo relativamente
alla prima macchina:
1
2C
1
2
T
T1
Q
Q1
Per cui la relazione precedente assume la forma:
21
1
1
1
211
1
21211 TT
T
Q
T
TTQ
T
T1QQQL
In modo perfettamente analogo si può esprimere il lavoro prodotto dalla seconda macchina e di tutte
le macchine successive:
32
2
2
2
322
2
32322 TT
T
Q
T
TTQ
T
T1QQQL
…..
…..
1NN
N
N
N
1NNN
N
1NN1NNN TT
T
Q
T
TTQ
T
T1QQQL
Tenendo poi in considerazione l’ipotesi di partenza, ammettendo cioè che tutte le N macchine
producano la stessa quantità di lavoro, si deduce:
N321 L........LLL
1NN
N
N43
3
332
2
221
1
1TT
T
Q.......TT
T
QTT
T
QTT
T
Q
1
Tornando poi alla definizione di rendimento della macchina ideale di Carnot in base al secondo
principio e in funzione delle temperature estreme del ciclo reversibile, si ottiene, relativamente alla
prima macchina, la relazione già utilizzata da Clausius:
1
2
1
21.C
T
T1
Q
Q1
1
2
1
2
T
T
Q
Q
2
2
1
1
T
Q
T
Q
APPUNTI DI FISICA
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400
Lo stesso vale per la seconda macchina e per tutte le successive:
2
3
2
32.C
T
T1
Q
Q1
2
3
2
3
T
T
Q
Q
3
3
2
2
T
Q
T
Q
N
1N
N
1NN.C
T
T1
Q
Q1
N
1N
N
1N
T
T
Q
Q
1N
1N
N
N
T
Q
T
Q
Da cui risulta immediatamente:
N
N
3
3
2
2
1
1
T
Q.............
T
Q
T
Q
T
Q 2
Quindi la relazione 1 , tenendo conto della relazione 2 , diventa la seguente:
1NN433221
TT.......TTTTTT
3
In altre parole si può dire quanto segue:
Sulla scala termodinamica dei livelli termici, gli intervalli di temperatura sono
uguali, quando le macchine ideali reversibili che operano ognuna in detti
intervalli e riceventi ciascuna il calore ceduto da quella operante
nell’intervallo di temperatura superiore, producono lo stesso lavoro
meccanico.
DEFINIZIONE DELLA TEMPERATURA CORRISPONDENTE ALLO ZERO ASSOLUTO
In base ai risultati ottenuti dalla dimostrazione precedente è possibile una definizione
termodinamica della temperatura minima raggiungibile teoricamente cioè lo ZERO ASSOLUTO
della scala Kelvin:
Se il numero di macchine ideali reversibili è aumentato e se la temperatura
della sorgente fredda è abbassata sino a raggiungere la condizione limite per
cui l’ultima macchina non è più in grado di cedere calore, allora la
temperatura della sorgente fredda rappresenta il valore “ZERO” nella scala
termodinamica assoluta.
APPUNTI DI FISICA
TERMODINAMICA
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401
LA SCALA TERMODINAMICA DELLA TEMPERATURA.
La nuova definizione di scala di temperature, basata sui concetti specifici della termodinamica, è
completamente svincolata dalle leggi di dilatazione dei liquidi, dei solidi e dei gas già utilizzate in
modo analogico e con varie modalità per definire i livelli e gli intervalli termici.
Se la sorgente calda alla temperatura 1T è vapor d’acqua alla pressione atmosferica normale e la
sorgente fredda alla temperatura 2T è ghiaccio fondente e se si immagina di collegare in serie 100
macchine termiche ideali reversibili tra queste due capacità termiche opportunamente regolate in
modo da produrre, ognuna, la stessa quantità di lavoro, allora ognuna delle macchine opera entro un
intervallo di temperatura che è l’unità di misura della scala termodinamica Kelvin.
T
m 2
m 1
m 3
L
L
L
L
1Q
Q 2
3Q
Q N
N + 1Q
2T( )
1( )
T 3( )
N)( T
N + 1T( )
(V A P O R D 'A C Q U A 1 B A R )1
1 0 1
1 0 0m
(G H IA C C IO F O N D E N T E 1 B A R )
T
T
T = 1 (K )
T = 1 (K )
T = 1 (K )
T = 1 (K )
T = 1 (K )
Figura 39 – DEFINIZIONE DELL’UNITA’ DI MISURA TEMPERATURA
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TERMODINAMICA
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402
ESPERIENZE
DI LABORATORIO
LEGGI DEI GAS
TERMOMETRIA
CALORIMETRIA
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TERMODINAMICA
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403
1 Legge di Gay-Lussac per l’isobara
Determinazione del coefficiente di dilatazione dei gas a pressione costante 1
2 Legge di Gay-Lussac per l’isocora
Determinazione del coefficiente di dilatazione dei gas a volume costante 6
3 Esperienza di Clement e Desormes
Determinazione del coefficiente
V
P
C
C
Rapporto tra capacità termica molare a pressione costante e capacità
Termica molare a volume costante per i gas 11
4 Dilatazione dei liquidi
Temperatura e variazione del volume di un liquido
Coefficiente di dilatazione volumica 24
5 Dilatazione dei liquidi
Esperienza di Dulong e Petit
Temperatura e variazione del volume di un liquido 31
6 Compressioni ed espansioni adiabatiche
Variazione di temperatura nel gas per effetto di trasformazione
Adiabatica 36
7 Relazione tra quantità di calore, massa e temperatura 39
8 Unità di misura della quantità di calore
Calore specifico e capacità termica 43
9 Calorimetro delle mescolanze o calorimetro di Regnault
Equivalente in acqua del calorimetro 48
10 Calorimetro delle mescolanze o calorimetro di Regnault
Misura calorimetrica delle temperature 54
11 Equivalente meccanico della caloria
Tubo di Whiting 56
12 Equivalente elettrico della caloria
Misura amperometrica della potenza elettrica 60
13 Rendimento termico di una fiamma a gas 63
14 Rendimento termico di un bollitore ad immersione 66
15 Punto di fusione – Calore di fusione 69
16 Calore di fusione del ghiaccio
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TERMODINAMICA
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404
Calorimetro delle mescolanze 73
17 Evaporazione
Tempi d’evaporazione 76
18 Tensione di vapore di un liquido 78
19 Misura della sovrapressione generata dall’evaporazione 81
20 Misura della tensione di vapore non saturo e vapore saturo dell’acqua 83
21 Misura della tensione di vapore saturo dell’acqua a diverse temperature 88
22 Il calorimetro di BUNSEN – (calorimetro a ghiaccio) 92
23 Bomba di MAHLER – Determinazione del potere calorico dei
combustibili solidi – La bomba calorimetrica di Mahler abbinata ad un
calorimetro delle mescolanze 96
24 Calorimetro JUNKERS
Determinazione del potere calorifico dei combustibili gassosi 100
25 Temperatura e densità dei liquidi 103
26 Coefficiente di dilatazione volumica
Temperatura e volume dei liquidi
Temperatura e volume dei solidi 108
27 Coefficiente di dilatazione lineare
Temperatura e lunghezza dei solidi filiformi 112
28 Legge di Boyle-Mariotte
Trasformazione isoterma 116
29 Liquefazione dei gas – Effetto Joule-Thomson
Macchina di Linde – Macchina di Claude
Ciclo di Linde-Hampson
Ciclo di Claude 121
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405
ESPERIENZE
DI LABORATORIO
LEGGI DEI GAS
TERMOMETRIA
CALORIMETRIA
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406
1 Legge di Gay-Lussac per l’isobara
Determinazione del coefficiente di dilatazione dei gas a pressione costante 1
2 Legge di Gay-Lussac per l’isocora
Determinazione del coefficiente di dilatazione dei gas a volume costante 6
3 Esperienza di Clement e Desormes
Determinazione del coefficiente
V
P
C
C
Rapporto tra capacità termica molare a pressione costante e capacità
Termica molare a volume costante per i gas 11
4 Dilatazione dei liquidi
Temperatura e variazione del volume di un liquido
Coefficiente di dilatazione volumica 24
5 Dilatazione dei liquidi
Esperienza di Dulong e Petit
Temperatura e variazione del volume di un liquido 31
6 Compressioni ed espansioni adiabatiche
Variazione di temperatura nel gas per effetto di trasformazione
Adiabatica 36
7 Relazione tra quantità di calore, massa e temperatura 39
8 Unità di misura della quantità di calore
Calore specifico e capacità termica 43
9 Calorimetro delle mescolanze o calorimetro di Regnault
Equivalente in acqua del calorimetro 48
10 Calorimetro delle mescolanze o calorimetro di Regnault
Misura calorimetrica delle temperature 54
11 Equivalente meccanico della caloria
Tubo di Whiting 56
12 Equivalente elettrico della caloria
Misura amperometrica della potenza elettrica 60
13 Rendimento termico di una fiamma a gas 63
14 Rendimento termico di un bollitore ad immersione 66
15 Punto di fusione – Calore di fusione 69
16 Calore di fusione del ghiaccio
Calorimetro delle mescolanze 73
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407
17 Evaporazione
Tempi d’evaporazione 76
18 Tensione di vapore di un liquido 78
19 Misura della sovrapressione generata dall’evaporazione 81
20 Misura della tensione di vapore non saturo e vapore saturo dell’acqua 83
21 Misura della tensione di vapore saturo dell’acqua a diverse temperature 88
22 Il calorimetro di BUNSEN – (calorimetro a ghiaccio) 92
23 Bomba di MAHLER – Determinazione del potere calorico dei
combustibili solidi – La bomba calorimetrica di Mahler abbinata ad un
calorimetro delle mescolanze 96
24 Calorimetro JUNKERS
Determinazione del potere calorifico dei combustibili gassosi 100
25 Temperatura e densità dei liquidi 103
26 Coefficiente di dilatazione volumica
Temperatura e volume dei liquidi
Temperatura e volume dei solidi 108
27 Coefficiente di dilatazione lineare
Temperatura e lunghezza dei solidi filiformi 112
28 Legge di Boyle-Mariotte
Trasformazione isoterma 116
29 Liquefazione dei gas – Effetto Joule-Thomson
Macchina di Linde – Macchina di Claude
Ciclo di Linde-Hampson
Ciclo di Claude 121
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408
ESPERIENZA N. 1 – LEGGI DEI GAS
LEGGE DI GAY-LUSSAC PER L’ISOBARA
DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI DILATAZIONE
DEI GAS A PRESSIONE COSTANTE
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è la determinazione sperimentale del coefficiente di dilatazione del gas
contenuto in un sistema termodinamico, mentre la pressione si mantiene costante durante una
trasformazione ISOBARA.
Nei limiti della sperimentazione a scopi didattici è utilizzata l’aria come gas ideale assimilandola a
gas biatomico.
La determinazione sperimentale del coefficiente ci permetterà poi di confrontarne il valore con
quello teorico contenuto all’interno della prima Legge di Gay-Lussac.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
La trasformazione isobara – a pressione costante – segue la prima legge di Gay-Lussac espressa sia
in funzione della temperatura in gradi Celsius che della temperatura assoluta in Kelvin.
Il coefficiente di dilatazione compare in modo esplicito nella formulazione della legge di Gay-
Lussac espressa in gradi Celsius:
101 t1VV
Con:
1V Volume alla temperatura 1t
0
V Volume alla temperatura C0t 0
131
K106608,3K0036608,0K16,273
1 Coefficiente di dilatazione
Nella formulazione con la temperatura assoluta in Kelvin – più semplice e consigliabile il suo
utilizzo rispetto alla precedente – il coefficiente non compare in modo esplicito:
10
0
1
0
01 TV
T
1T
T
VV
Con:
0
V Volume alla temperatura K16,273T 0 corrispondente a 0 °C
1V Volume alla temperatura KT1
K16,273
1
T
1
0
Stesso valore precedente
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409
MATERIALI OCCORRENTI:
Matraccio a collo lungo
Provetta 180x80
Tappo di gomma forato con inserto per chiusura foro
Porta provette in legno
Treppiede con reticella amianto e bruciatore gas con alimentazione
Pinza
Matita per scrittura su vetro
Struttura di sostegno per provetta
Termometro
Cilindro graduato
Pesa elettronica
Recipiente cilindrico in vetro a larga base
Acqua distillata o acqua normale
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Fase 1:
Nel matraccio è inserita una certa quantità d’acqua che, con utilizzo del treppiede e del fornello a
gas, si riscalda sino all’ebollizione.
La provetta, vuota e perfettamente asciutta, è chiusa con il tappo di gomma forato e, utilizzando la
pinza di legno, inserita all’interno del matraccio con l’acqua in ebollizione.
L’estremità con il tappo di gomma è rivolta verso l’alto, mentre l’estremità chiusa e tutta la provetta
deve essere mantenuta, senza immergerla nell’acqua bollente, a contatto con il vapore per un tempo
di almeno un minuto.
Alla fine, l’aria contenuta nella provetta sarà verosimilmente ad una temperatura pari a quella del
vapore d’acqua, cioè 100 °C.
La pressione finale dell’aria nella provetta risulterà pari alla pressione atmosferica normale in
quanto il foro nel tappo di gomma non impedisce la comunicazione con l’ambiente esterno.
Il volume d’aria alla temperatura di 100 °C sarà pari al volume interno della provetta depurato dal
volume occupato dal tappo di gomma.
Alla fine della prima fase il sistema termodinamico costituito dal gas interno alla provetta (aria
calda) sarà caratterizzato dai seguenti parametri di stato:
Pa300.101atm1p 1
1V Volume interno provetta depurato dal volume occupato dal tappo di gomma
K373C100t1
Per la misura del volume occupato dall’aria si può utilizzare un metodo diretto oppure un metodo
indiretto.
Con il metodo indiretto si può procedere utilizzando la pesa elettronica:
La provetta vuota già dotata di tappo di gomma e relativa chiusura è pesata annotandone la
misura (peso netto)
La stessa provetta è poi riempita d’acqua distillata sino a colmare il volume sino al tappo di
gomma, il foro nel tappo è poi richiuso come in precedenza.
La provetta piena è poi pesata con la stessa pesa elettronica ottenendo il peso lordo
La differenza tra il peso lordo e il peso netto è pari al peso di acqua contenuto nella provetta.
APPUNTI DI FISICA
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410
Il volume d’acqua – pari evidentemente al volume della provetta e al volume d’aria – si
ricava poi tenendo conto del peso specifico dell’acqua distillata pari a
3O2H
cm
g1
Quindi:
1O2H1 VP
3
3O2H
11 cm
cm
g
gPV
Lo stesso volume 1V misurato in 3m per uniformare le unità di misura ai calcoli successivi
avrà un valore pari a:
36
1
3
36
3
13
1 m10V
m
cm10
cmVmV
Il metodo diretto prevede la misura del volume d’aria utilizzando un cilindro graduato.
L’acqua contenuta nella provetta è versato nel cilindro graduato che ci permetterà di visualizzare
immediatamente il valore del volume.
Fase 2:
Mentre la provetta è ancora immersa nel vapor d’acqua che si sprigiona dall’acqua in ebollizione
nel matraccio, si provvede a richiudere il foro nel tappo di gomma.
La provetta è poi estratta dal matraccio, capovolta, immersa velocemente nell’acqua contenuta in un
largo recipiente cilindrico e collegata all’apposito sostegno rigido.
In questo modo il tappo di gomma con relativa chiusura sono immersi nell’acqua del recipiente.
Si provvede immediatamente ad eliminare il dispositivo di chiusura del tappo di gomma cosicché
l’aria calda della provetta risulta comunicante con l’acqua del recipiente.
Mano a mano che l’aria ritorna alla temperatura dell’ambiente circostante raffreddandosi, l’acqua
affluisce dal foro del tappo andando ad occupare parzialmente il volume disponibile della provetta.
APPUNTI DI FISICA
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411
Muovendo verticalmente la provetta si provvede a mantenere uguali i livelli dell’acqua contenuta
nel recipiente e di quella che entra nella stessa.
In questo modo si è prodotta sicuramente una trasformazione isobara:
Il volume dell’aria si è ridotto a causa del raffreddamento, mentre la pressione
interna si è mantenuta costantemente pari alla pressione atmosferica originale.
Se così non fosse i livelli d’acqua all’esterno e all’interno della provetta sarebbero tra
loro diversi.
Alla fine della 2° fase l’aria contenuta nella provetta sarà caratterizzata dai seguenti parametri di
stato:
Pa300.101atm1p 2
2V Volume occupato dall’aria al termine del raffreddamento
C20ambienteatemperaturt1 (temperatura da misurarsi con termometro)
Al termine della seconda fase e prima di estrarre la provetta dal recipiente è necessario segnare con
una matita o altri metodi il livello raggiunto dall’acqua all’interno della provetta per la successiva
misurazione del volume occupato dall’aria raffreddata.
Il volume 2V può essere misurato con gli stessi procedimenti illustrati relativamente alla prima fase
riempiendo d’acqua la provetta sino al tratto segnato.
2O2H2 VP
3
3O2H
22 cm
cm
g
gPV
Lo stesso volume 2V misurato in 3
m per uniformare le unità di misura ai calcoli successivi
avrà un valore pari a:
36
2
3
36
3
23
2 m10V
m
cm10
cmVmV
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412
CALCOLI E RISULTATI FINALI:
Con i risultati ottenuti dalla 1° e 2° fase applicati mediante la legge di Gay-Lussac, si determina
infine il valore della costante di dilatazione .
Dalle due equazioni dell’isobara relative, rispettivamente alle temperature come descritte:
101 t1VV
202 t1VV
Si ricava (dividendo la prima per la seconda e semplificando il fattore comune 0
V ):
2
1
2
1
t1
t1
V
V
1221 t1Vt1V
122211 tVVtVV
212112 VVtVtV
212112 VVtVtV
2112
21
.SpertVtV
VV
Si tenga presente che:
C100t1
C24/19t2
Temperatura ambiente da misurare
Il valore di ricavato dall’esperienza dovrebbe essere approssimativamente uguale al valore
teorico:
teorico
131
K106608,3K0036608,0K16,273
1
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413
ESPERIENZA N. 2 – LEGGI DEI GAS
LEGGE DI GAY-LUSSAC PER L’ISOCORA
DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE DI DILATAZIONE
DEI GAS A VOLUME COSTANTE
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è la determinazione sperimentale del coefficiente di dilatazione del gas
contenuto in un sistema termodinamico, mentre il volume si mantiene costante durante una
trasformazione ISOCORA.
Nei limiti della sperimentazione a scopi didattici è utilizzata l’aria come gas ideale assimilandola a
gas biatomico.
La determinazione sperimentale del coefficiente ci permetterà poi di confrontarne il valore con
quello teorico contenuto all’interno della prima Legge di Gay-Lussac.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
La trasformazione isocora – a volume costante – segue la seconda legge di Gay-Lussac espressa sia
in funzione della temperatura in gradi Celsius che della temperatura assoluta in Kelvin.
Il coefficiente di dilatazione compare in modo esplicito nella formulazione della legge di Gay-
Lussac espressa in gradi Celsius:
101
t1pp
Con:
1
p Pressione alla temperatura 1t
2m
N
0p Pressione alla temperatura C0t 0
2m
N
131
K106608,3K0036608,0K16,273
1 Coefficiente di dilatazione
Nella formulazione con la temperatura assoluta in Kelvin – più semplice e consigliabile il suo
utilizzo rispetto alla precedente – il coefficiente non compare in modo esplicito:
10
0
1
0
01 TP
T
1T
T
PP
Con:
0P Pressione alla temperatura K16,273T 0 corrispondente a 0 °C
1P Pressione alla temperatura KT1
K16,273
1
T
1
0
Stesso valore precedente
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414
MATERIALI OCCORRENTI:
Recipiente in vetro a larga base
Palloncino di vetro con tubo capillare e rubinetto di chiusura
Tuba plastica trasparente mm6
Imbuto di vetro
Mercurio
Listello graduato su asta (in alternativa metro a nastro)
Termometro
Struttura sostegno palloncino e capillare
Struttura sostegno e movimento tubo plastica
Treppiede con reticella amianto e bruciatore gas con alimentazione
Matita per scrittura su vetro
Acqua
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Fase 1:
Fase preparatoria a temperatura ambiente.
Il palloncino vuoto e ben asciutto con relativo tubo capillare orizzontale e rubinetto è immerso
completamente nell’acqua contenuta nel recipiente in vetro a larga base.
Per mantenerlo immerso e in posizione occorre fissare il palloncino ad una struttura di sostegno in
grado di sopportare la spinta idrostatica archimedea che tenderebbe altrimenti a riportare il
palloncino in superficie.
Inizialmente la pressione dell’aria – assimilato a gas ideale biatomico – contenuta nel palloncino e
nel capillare è pari alla pressione atmosferica normale, cioè circa 101.300 (Pa).
Dopo un tempo ragionevolmente lungo, il palloncino e l’aria in esso contenuta assumono la stessa
temperatura dell’acqua in è immerso.
La temperatura dell’acqua è misurata mediante un termometro di buona sensibilità.
Il tubo di plastica flessibile e trasparente è poi collegato al capillare per mezzo dell’attacco libero
del rubinetto in vetro posto all’estremità del capillare stesso.
Anche il tubo in plastica deve essere sostenuto da una struttura tale da consentire il movimento in
verticale.
Successivamente, in modo lento e graduale, per mezzo del piccolo imbuto in vetro inserito
all’estremità libera del tubo in plastica, deve essere versata una quantità di mercurio tale da riempire
il tubo in plastica sino ad un livello appena sottostante il rubinetto.
Tale livello deve essere marcato in modo tale da permetterne il controllo durante le fasi successive
dell’esperienza.
COSA AVVIENE DURANTE IL RIEMPIMENTO DEL TUBO CON MERCURIO:
Come già detto, la pressione iniziale del gas (aria) contenuta nel palloncino, in piccola percentuale
nel capillare e nel tubo in plastica, è pari alla pressione atmosferica normale.
Durante il riempimento graduale l’aria è compressa dal menisco di mercurio (che agisce come un
pistone) e dal peso del mercurio stesso.
La pressione dell’aria nel palloncino e nel capillare risulta, in questo modo, maggiore della
pressione atmosferica iniziale e il tubo in plastica svolge la funzione di manometro per la misura
della pressione.
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415
I due menischi di mercurio, alle due estremità del tubo in plastica, sono sottoposti a differenti
pressioni:
Sul menisco rivolto verso l’interno del capillare e del palloncino agisce la pressione del gas
(aria) contenuta nel palloncino stesso, sul menisco libero verso l’atmosfera agisce
naturalmente la pressione atmosferica.
Il valore della pressione che ci interessa per lo svolgimento dell’esperienza è evidentemente
relativo al gas contenuto nel palloncino e è determinato misurando il dislivello tra i due
menischi di mercurio nel tubo monometrico in plastica.
Il valore di pressione alla temperatura pari a quella dell’acqua in cui è immerso il palloncino
di vetro è dato da:
1HgAtm1 hPp
Con:
2.Atm
m
N300.101p
3
5
3
3
3
3
Hg
m
N10333,1
kg
N81,9
m
kg1059,13
m
kg1059,13
1h Dislivello di mercurio (da esprimere in metri) da misurarsi al termine della
prima fase sperimentale.
Al termine della 1° fase l’aria contenuta nel palloncino sarà caratterizzata dai seguenti parametri di
stato:
1p Pressione iniziale – Determinata come al passo precedente
1t Temperatura dell’acqua nel largo recipiente cilindrico.
1V Volume aria corrispondente al volume del palloncino in vetro e del capillare
sino al rubinetto d’arresto
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416
Fase 2:
Dopo l’ultimazione della fase preparatoria con la rilevazione del dislivello monometrico ed il
calcolo della pressione iniziale dell’aria nel palloncino e della temperatura iniziale dell’acqua, si
inizia con il riscaldamento dell’acqua contenuta nel recipiente cilindrico.
Mano a mano che cresce la temperatura dell’acqua e, di conseguenza dell’aria nel palloncino, la
pressione interna nel palloncino tende ad incrementarsi e a spingere verso il basso il menisco di
mercurio.
Occorre a questo punto versare, tramite l’imbuto e molto lentamente, altro mercurio nel tubo
monometrico in modo da mantenere costante il livello del menisco rivolto verso l’interno del
palloncino al tratto segnato alla fine della 1° fase.
In alternativa si può muovere il tubo monometrico in verticale.
Si procede in questo modo sino al raggiungimento dell’ebollizione dell’acqua cui corrisponde una
temperatura dell’aria pari a C100t 2 .
Se il livello del menisco è mantenuto costante si può concludere che il volume di aria non ha subito
variazioni e che, di conseguenza, la trasformazione è ISOCORA.
Segue la misurazione del nuovo dislivello monometrico e il calcolo della nuova pressione dell’aria
all’interno del palloncino.
Si ottiene:
2HgAtm2 hPp
Con le unità di misura come descritte in precedenza
Al termine della seconda fase l’aria sarà caratterizzata dai seguenti parametri di stato:
2p Pressione finale – Determinata come al passo precedente
C100t 2 Temperatura finale dell’acqua nel largo recipiente cilindrico.
12 VV Volume aria corrispondente al volume del palloncino in vetro e del
capillare sino al rubinetto d’arresto
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417
CALCOLI E RISULTATI FINALI:
Con i risultati ottenuti dalla 1° e 2° fase applicati mediante la legge di Gay-Lussac, si determina
infine il valore della costante di dilatazione .
Dalle due equazioni dell’isocora relative, rispettivamente alle temperature come descritte:
101 t1pp
202 t1pp
Si ricava (dividendo la prima per la seconda e semplificando il fattore comune 0
V ):
2
1
2
1
t1
t1
p
p
1221 t1pt1p
122211 tpptpp
212112 pptptp
212112 pptptp
2112
21.Sper
tptp
pp
Si tenga presente che:
1t Temperatura iniziale dell’acqua (da misurare)
C100t 2 Temperatura dell’acqua in ebollizione
Il valore di ricavato dall’esperienza dovrebbe essere approssimativamente uguale al valore
teorico:
teorico
131
K106608,3K0036608,0K16,273
1
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ESPERIENZA N. 3 – LEGGI DEI GAS
ESPERIENZA DI CLEMENT E DESORMES
DETERMINAZIONE DEL COEFFICIENTE
V
p
C
C
RAPPORTO TRA CALORE SPECIFICO A PRESSIONE COSTANTE E
CALORE SPECIFICO A VOLUME COSTANTE
SCOPO:
L’esperienza è mirata alla determinazione sperimentale didattica del rapporto tra la capacità
termica molare a pressione costante PC e la capacità termica molare a volume costante VC di un
gas.
Nei limiti della sperimentazione a scopi didattici è utilizzata l’aria come gas ideale assimilandola a
gas biatomico.
Il valore del rapporto V
P.Sper
C
C è poi confrontato con i valori di Teorico che compaiono su testi
e tabelle il cui valore è riconosciuto come: 40,1Teorico .
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Le leggi cui l’esperienza si riferisce sono quelle relative alle trasformazioni dei gas perfetti e, in
particolare:
La Legge di Poisson che regola le trasformazioni adiabatiche:
11 VpVp
p
p
V
V 1
1
La Legge di Boyle che regola le trasformazioni isoterme:
11 VpVp
p
p
V
V 1
1
La Legge generale di stato dei gas perfetti con la relativa equazione di stato:
TRnVp
La Relazione di Mayer:
RCC VP
La Legge di Gay-Lussac:
2
1
12 T
T
pp
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419
MATERIALI OCCORRENTI:
Grossa bottiglia in vetro con volume di almeno 5 litri
Tappo di gomma forato
Pompa per vuoto (in alternativa: grossa siringa oppure tubo Venturi da collegare alla rete
idrica)
Tubo in vetro con rubinetto per collegamento alla pompa per vuoto
Tubo vetro manometrico
Recipiente cilindrico vetro
Liquido manometrico (acqua colorata)
Tubo plastica per collegamenti alla pompa vuoto
Listello graduato su asta (in alternativa: metro a nastro)
Termometro
Struttura sostegno tubo manometrico
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Fase 1:
Preparazione:
La grossa bottiglia di vetro – perfettamente asciutta all’interno - è collegata, tramite tubo vetro con
rubinetto inserito in un foro del tappo di gomma e tubo in plastica, alla presa d’aspirazione della
pompa per vuoto.
Nell’altro foro del tappo di gomma è inserito il tubo di vetro di piccolo diametro (non capillare) cui
si farà riferimento per la misurazione della pressione (tubo manometrico).
Il tratto verticale del tubo manometrico dovrà essere inserito nel recipiente cilindrico contenente
acqua colorata (liquido manometrico).
In queste condizioni iniziali, l’aria contenuta nella bottiglia occuperà un volume 1
V pari al volume
della bottiglia più il volume interno del tubo manometrico.
Se il diametro del tubo è piccolo, risulta ininfluente il volume d’aria contenuto nello stesso.
La temperatura iniziale dell’aria 1
T sarà uguale alla temperatura dell’aria ambiente che è misurata
con un termometro.
La pressione dell’aria nella bottiglia è evidentemente uguale alla pressione atmosferica ed il livello
del liquido nel tubo manometrico coincide con il livello del liquido nel recipiente che lo contiene.
L’aria – intesa come miscuglio – sarà assimilata a gas ideale biatomico e la quantità contenuta
inizialmente nella bottiglia potrà essere determinata – anche se il dato non è indispensabile per lo
svolgimento dell’esperienza – con l’equazione di stato:
1
1Atm
TR
Vpn
Il volume occupato dall’aria coincide con il volume interno della bottiglia che può essere misurato
con il metodo diretto o con metodo indiretto misurando il peso netto e il peso lordo della bottiglia
piena d’acqua come per l’esperienza n. 1.
I parametri caratteristici dello stato iniziale dell’aria sono dunque i seguenti:
2.Atm1
m
N300.101pp
1V Volume interno della bottiglia
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420
1T Temperatura ambiente esterno
1
1Atm
TR
Vpn
Numero moli
0h Dislivello liquido manometrico
Fase 2:
Estrazione aria:
Aprendo il rubinetto ed azionando la pompa per il vuoto, una certa quantità d’aria è aspirata dalla
bottiglia.
Di conseguenza si nota un calo immediato della pressione all’interno della bottiglia, segnalato
dall’innalzamento della colonna d’acqua nel tubo manometrico.
La diminuzione della pressione all’interno della bottiglia – rispetto alla pressione atmosferica -
coinvolge (in virtù della legge di Pascal) anche la superficie del menisco d’acqua contenuto nel tubo
manometrico.
La pressione atmosferica esterna che è esercitata sulla superficie del liquido manometrico contenuto
nel recipiente costringe quindi il liquido a salire di una certa quota all’interno del tubo.
La legge di Stevin ci permette quindi la determinazione della pressione interna:
.Atm2O2H2 php
2O2H.Atm2 hpp
Con:
2.Atm
m
N300.101p
33O2H
m
N810.9
kg
N81,9
m
kg000.1
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421
2h Dislivello manometrico (in metri)
Tenendo presente che, per generare una pressione idrostatica pari alla pressione atmosferica occorre
una colonna d’acqua di altezza pari a circa 10,33 metri, ogni metro di dislivello indica una
diminuzione di circa il 10 % rispetto alla pressione precedente.
Se, ad esempio, il breve azionamento della pompa per vuoto generasse l’innalzamento di 40 cm
della colonna manometrica, la pressione dell’aria contenuta nella bottiglia risulterebbe:
2322
m
N376.97m40,0
m
N810.9
m
N300.101p
Con una diminuzione percentuale del:
%9,3100300.101
376.97300.101100
P
pp
Atm
2.Atm
In alternativa, se non è disponibile la pompa per generare il vuoto o se si ritiene che il suo utilizzo
sia difficilmente controllabile agli effetti della regolazione della pressione finale 2p , è possibile
utilizzare una grossa siringa attraverso cui, chiudendo ed aprendo alternativamente il rubinetto, è
aspirata più lentamente l’aria dalla bottiglia.
Nel caso di utilizzo della siringa l’innalzamento della colonna d’acqua nel tubo manometrico è più
graduale e controllabile.
Se, invece, si decide di utilizzare la pompa per vuoto, è meglio utilizzare del mercurio come liquido
manometrico in quanto la pressione finale può essere abbastanza prossima al valore nullo.
Nel caso si utilizzi mercurio (Hg), la pressione è data da:
2Hg.Atm2 hpp
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422
Con:
2.Atm
m
N300.101p
33O2H
m
N900.135
kg
N81,9
m
kg590.13
2h Dislivello manometrico (in metri di mercurio m76,0 )
Dopo un certo tempo dall’aspirazione dell’aria e dalla chiusura definitiva del rubinetto (controllare
la tenuta stagna dei collegamenti alla bottiglia, alla siringa o pompa e al tubo manometrico),
l’altezza della colonna d’aria si stabilizza al livello finale 2h .
A questo punto i parametri di stato caratteristici del nuovo stato d’equilibrio cui è stata portata
l’aria, sono i seguenti:
2O2H.Atm2 hpp
12 VV Volume bottiglia
12 TT Temperatura aria ambiente
Fase 3:
Compressione adiabatica:
Prima di descrivere la procedura relativa alla fase 3, occorre immaginare che l’aria contenuta nella
bottiglia – alla pressione 2p e al volume 2V (pari a tutto il volume interno della bottiglia) – sia
separata dall’aria esterna da un pistone virtuale di diametro pari al collo della bottiglia disposto
appena al di sotto del tappo in gomma.
Tale pistone – che evidentemente in realtà non è presente – può scorrere senza attrito per tutta la
lunghezza del collo, non permette all’aria esterna di miscelarsi con quella interna, mentre permette
lo scambio di calore tra l’aria esterna e quella interna.
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423
Il pistone virtuale ci permetterà di comprendere meglio il meccanismo di compressione adiabatica
che si andrà a descrivere evitandoci il problema della quantità d’aria in ingresso e del volume finale
del gas.
La fase n. 3 si realizza essenzialmente staccando dal rubinetto i dispositivi utilizzati per generare la
depressione (siringa o pompa vuoto) e procedendo con un rapido movimento di apertura e chiusura
del rubinetto stesso.
La manovra di rapida apertura e chiusura produce l’effetto che può così di seguito essere
virtualmente descritto:
Il rubinetto aperto mette in comunicazione per un breve istante l’ambiente esterno – a
pressione atmosferica – con l’aria contenuta nella bottiglia la cui pressione è inferiore a
quella atmosferica.
La differenza di pressione costringe l’aria esterna ad entrare violentemente nel collo -
virtuale – della bottiglia, spingendo il pistone – anch’esso virtuale – verso il basso.
L’aria contenuta nella bottiglia è violentemente compressa dal pistone in rapido
abbassamento ed è quindi costretta ad occupare un volume minore di quello occupato in
precedenza. Definiamo con 3V il nuovo volume incognito dato dalla differenza tra il
volume iniziale di tutta la bottiglia e il volume sovrastante il pistone virtuale.
E’ chiaro che una simile descrizione – non corrispondente alla realtà – è una notevole
semplificazione di ciò che accade in pratica: una certa quantità d’aria esterna entra nella
bottiglia e si mescola immediatamente con quella già presente. Il numero di moli
complessivo è pari alla somma delle moli dell’aria entrante e di quella presente.
La compressione dell’aria per effetto del pistone virtuale avviene in modo così rapido da
poter essere considerata una “compressione adiabatica” cioè senza scambio di calore con il
sistema esterno.
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424
Il risultato finale di una simile trasformazione sarà il seguente:
La pressione dell’aria subirà un incremento che, al termine della trasformazione,
potrà essere valutato misurando il nuovo dislivello 3h del liquido manometrico.
Il volume ideale 3V , dell’aria sottostante il pistone virtuale, subirà un decremento
rispetto al volume iniziale 2V
La temperatura finale 3T dell’aria, dovrà essere maggiore di quella iniziale –
temperatura ambiente – a causa dell’effetto di compressione adiabatica.
Infatti, durante la rapida trasformazione, l’ambiente esterno – tramite la propria
pressione – fornisce lavoro meccanico al sistema spingendo il pistone virtuale verso
il basso, mentre lo scambio di calore è impedito dalla rapidità della trasformazione.
Il Primo Principio della termodinamica ci permette di formulare il bilancio
energetico della trasformazione nel modo seguente:
0Q
LdUQ
LdU
2323V TT
1
RnTTCndU
Con:
RCC VP
VV
P
C
R1
C
C
1R
C V
1
RC V
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La compressione adiabatica sarà regolata dalla legge di Poisson e dall’equazione
generale di stato che, opportunamente combinate, danno luogo a:
3322 VpVp
2
22
p
TRnV
3
33
p
TRnV
1 3
2
2
3
p
p
V
V
2
3
3
3
2
22
p
TRnp
p
TRnp
3
3
3
2
22
p
Tp
p
Tp
3
1
32
1
2TpTp
2
3
1
3
2
T
T
p
p
2
3
1
3
2
T
Tlog
p
plog
2
3
3
2
T
Tlog
p
plog1
La fase n. 3 è ultimata dopo un tempo brevissimo dall’apertura e chiusura del rubinetto nel
momento in cui la lettura del livello manometrico raggiunge il valore minimo 3h .
Si ritiene allora conclusa la fase di compressione adiabatica che ha quindi determinato il minimo
valore di decompressione ed il valore massimo della temperatura all’interno della bottiglia.
I parametri di stato dell’aria contenuta inizialmente nella bottiglia possono essere quindi riassunti
dal passaggio dallo stato precedente a quello successivo, per cui:
Da:
2O2H.Atm2 hpp
2V Volume della bottiglia
2T Temperatura ambiente
A:
3O2H.Atm3 hpp
23 VV
23 TT
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426
Sul diagramma di Clapeyron (pressione-volume) la compressione adiabatica rappresentativa della
fase n. 2 è rappresentata dalla linea curva che collega i due stati d’equilibrio indicati (la pressione
aumenta oppure, in altri termini, la depressione diminuisce; il volume occupato dall’aria diminuisce
per effetto della discesa del pistone virtuale; la temperatura aumenta):
V
p
C O M P R E S S IO N E A D IA B A T IC A
IS O T E R M E
T2
3T
2T 2p
2V; ;
(A p e r tu ra . e c h iu s u ra ru b in e tto )
V 3;3p;T3
3p
3V
2p
V 2
Fase 4:
Raffreddamento a volume costante (raffreddamento isocoro):
Dopo la fase molto rapida di compressione adiabatica provocata dall’apertura e chiusura del
rubinetto, l’aria contenuta nella bottiglia (si parla sempre della quantità d’aria iniziale) si trova
compressa dal pistone virtuale occupando il volume incognito 3V ed a una temperatura 3T
superiore alla temperatura ambiente.
A questo punto risulta abbastanza ragionevole immaginare che, non agendo più sul rubinetto, la
pressione agente sulla superficie superiore del pistone virtuale non cambi mentre, l’aria contenuta
nella bottiglia e compresa tra la superficie inferiore del pistone, le pareti del recipiente e del tubo
manometrico e la superficie superiore del menisco della colonna manometrica, trovandosi ad una
temperatura superiore a quella esterna cominci a raffreddarsi cedendo calore all’esterno tramite le
pareti conduttrici della bottiglia.
E’ anche ragionevole immaginare che il volume d’aria 3V non subisca apprezzabili variazioni di
volume a condizione che il tubo manometrico sia di piccolo diametro.
Con queste ipotesi si può concludere che la fase n. 4 sia costituita da un raffreddamento isocoro –
cioè a volume costante – accompagnato da un abbassamento di pressione e da una diminuzione di
temperatura sino a ritornare alla temperatura iniziale 2T .
L’abbassamento della pressione interna sarà indicato da un lento risalire del livello manometrico
che si concluderà, quando la temperatura avrà valore pari alla temperatura ambiente: a questo punto
il dislivello manometrico sarà 4h .
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427
Tale trasformazione potrà essere rappresentata sul diagramma di Clapeyron tenendo presente
l’abbassamento di temperatura sino al valore iniziale della temperatura ambiente 2T e il
mantenimento del volume al valore 3V , nel modo seguente:
V
p
C O M P R E S S IO N E A D IA B A T IC A
IS O T E R M E
T2
3T
2T 2p
2V; ;
(A p e r tu ra . e c h iu s u ra ru b in e tto )
V 3;3p;T3
3p
3V
2p
V 2
R A F F R E D D A M E N T O IS O C O R O
(ru b in e tto c h iu s o )
p4
T2 ; p4 ; 3V
F A S E 4
F A S E 3
h 2
h 3
4h
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428
Il raffreddamento isocoro caratteristico della fase n. 4 è regolato ancora dal Primo Principio anche
considerando nullo il lavoro d’espansione per mancata variazione di volume:
0L
LdUQ
23V TTCndUQ
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
In conclusione: il risultato delle varie fasi della sperimentazione è che l’aria inizialmente presente
nella bottiglia al termine della fase n. 1 ha subito una serie di trasformazioni il cui risultato finale ha
mantenuto invariato il valore della temperatura ed ha aumentato il valore della pressione interna.
Quest’ultima è comunque sempre inferiore alla pressione atmosferica iniziale.
I dati annotati al termine delle fasi si riducono essenzialmente alla rilevazione della pressione
iniziale 2p , intermedia 3p e finale 4p oppure, più semplicemente, alla rilevazione del dislivello
manometrico iniziale 2h , intermedio 3h e finale 4h .
Calcoli:
Per quanto riguarda il raffreddamento isocoro si applica la legge di Gay-Lussac nella forma:
3
3
2
4
T
p
T
p
Da cui si ottiene la seguente:
3
3
24 p
T
Tp
Per quanto riguarda la compressione adiabatica si applica la legge di Poisson nella forma
vista in precedenza:
3
3
3
2
22
p
Tp
p
Tp
3
1
32
1
2TpTp
1
2
3
3
2
p
p
T
T
1
2
3
3
2
p
p
T
T
1
2
3
3
2
p
p
T
T
Sostituendo nella prima il risultato della seconda si ottiene:
3
3
24 p
T
Tp
1
2
3
34p
ppp
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429
Passando ai logaritmi:
1
2
334
p
pplogplog
1
2
3
34p
plogplogplog
2
334
p
plog
1plogplog
2
334
p
plog
1plogplog
2334 plogplog
1plogplog
23
34
plogplo
plogplog1
23
34
plogplog
plogplog1
1
23
3423
plogplog
plogplogplogplog1
23
24
plogplog
plogplog1
24
23
plogplog
plogplog
Dato che solitamente le variazioni delle pressioni sono relativamente piccole se rapportate al valore
della pressione atmosferica (si è visto in precedenza che per una variazione di livello manometrico
di 40 cm d’acqua si ha una riduzione del 3,9% della pressione atmosferica), la relazione precedente
si può anche scrivere:
2
23
2
223
2
323
p
pp1log
p
ppplog
p
plogplogplog
20
2030
hH
hHhH1log
20
2030
hH
hHhH1log
20
32
hH
hh1log
Ricordando che la pressione atmosferica normale equivale ad una colonna d’acqua avente
altezza 0H di circa 1.033 cm mentre i dislivelli manometrici sono dell’ordine di pochi
centimetri di colonna d’acqua, si può concludere che:
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430
20
32
20
32
hH
hh
hH
hh1log
Infatti per valori esemplificativi non ricavati dall’esperienza, si ottiene:
cm033.1H 0
cm40h 2
cm10h 3
cm20h 4
029764,0
40033.1
10401log
hH
hh1log
20
32
030211,040033.1
1040
hH
hh
20
32
La differenza percentuale tra i due risultati è:
%48,1100030211,0
029764,0030211,0
La minima differenza percentuale ci permette di semplificare i calcoli ponendo, alla
fine:
20
32
20
32
hH
hh
hH
hh1log
D’altra parte anche la quantità:
2
24
2
223
2
424
p
pp1log
p
ppplog
p
plogplogplog
Seguendo il medesimo procedimento di prima, può essere scritta come:
20
42
20
42
hH
hh
hH
hh1log
Per cui, alla fine e come risultato finale dell’esperienza, il valore della costante V
P
C
C sarà dato
dalla seguente relazione:
42
32
20
42
20
32
24
23
Sperimhh
hh
hH
hh
hH
hh
plogplog
plogplog
42
32
Sperimhh
hh
Il valore di .Sperim determinato dovrà poi essere confrontato con il Teorico che, per l’aria
considerata come gas biatomico, è assunto pari a 1,40.
La stessa esperienza può essere ripetuta utilizzando aria umida inserendo una certa quantità d’acqua
all’interno della bottiglia che è vaporizzata con l’agitazione meccanica della bottiglia stessa.
Si dovrebbe ricavare un valore di .Sperim più basso rispetto a quello determinato con aria secca.
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431
ESPERIENZA N. 4 – DILATAZIONE DEI LIQUIDI
TEMPERATURA E VARIAZIONE
DEL VOLUME DI UN LIQUIDO
COEFFICIENTE DI DILATAZIONE VOLUMICA
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è la determinazione sperimentale della variazione di volume di un liquido
in funzione della variazione di temperatura e la relativa determinazione del coefficiente di
dilatazione volumico caratteristico.
Nei limiti della sperimentazione a scopi didattici sono utilizzati i liquidi più comunemente reperibili
come l’acqua, l’alcool, ecc. ecc.
La determinazione sperimentale del coefficiente ci permetterà poi di confrontarne il valore con
quello teorico relativo al liquido in esame che facilmente è reperibile su tabelle unificate.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
La dilatazione termica volumica isobara di un liquido è regolata dalla legge:
t1VV 0t
C
C
11mm
33
Con il seguente significato fisico dei simboli:
tV Volume del liquido alla temperatura t 3m
0V Volume del liquido alla temperatura di 0 °C 3m
Coefficiente di dilatazione volumica
C
1 1
C
t Temperatura del liquido C
Il fenomeno della dilatazione termica volumica è unito al fenomeno di variazione della densità e del
peso specifico che, a sua volta, è regolato dalla legge:
t1
0
t
CC
1
m
kg
m
kg 3
m
3
m
Con il seguente significato fisico dei simboli:
t Densità del liquido alla temperatura t
3
m
m
kg
0 Densità del liquido alla temperatura di 0 °C
3
m
m
kg
Coefficiente di dilatazione volumica
C
1 1
C
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432
t Temperatura del liquido C
t1t1
g 00t
CC
1
s
m
m
kg
m
N 23
m
3
Con il seguente significato fisico dei simboli:
t Peso specifico del liquido alla temperatura t
3m
N
0 Densità del liquido alla temperatura di 0 °C
3
m
m
kg
Coefficiente di dilatazione volumica
C
1 1
C
t Temperatura del liquido C
Il coefficiente di dilatazione è variabile in funzione del tipo di liquido e anche della temperatura.
Per escursioni di temperatura non troppo elevate all’intorno di quella caratteristica per il liquido in
esame ove è conosciuto il coefficiente, esso si può ritenere costante.
Da notare il comportamento anomalo dell’acqua la quale assume il massimo valore di densità e il
minimo valore del volume specifico ad una temperatura di 4 °C.
Per valori crescenti oltre i 4 °C si ha un aumento di volume specifico e una diminuzione della
densità, per valori di temperatura crescenti a partire da 0 °C sino a 4 °C il volume specifico
diminuisce, mentre si nota l’aumento della densità:
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433
MATERIALI OCCORRENTI:
Matraccio a collo lungo
Tappo di gomma con due fori
Termometro ad asta con gambo lungo
Tubo vetro diametro 7 mm – lunghezza circa 50 cm
Bicchiere di vetro di capacità 1 litro
Bollitore ad immersione del tipo a resistenza elettrica
Cilindro graduato piccolo
Cilindro graduato grande
Listello graduato su asta completo di cursori di misurazione
Treppiede per listello
Pesa elettronica
Alcool metilico
Siringa graduata
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
FASE 1:
TARATURA DEL TUBO MISURATORE
Si tratta di correlare una variazione della grandezza “altezza di liquido contenuto nel tubo di vetro”
con la relativa variazione di volume del liquido stesso.
Si può procedere, ad esempio, nel modo seguente:
E’ misurata la lunghezza del tubo di vetro (conviene utilizzare come unità di misura il
centimetro)
Tappando con un dito una delle estremità del tubo e mantenendolo inclinato verso l’alto, si
utilizza la piccola siringa graduata per riempire d’acqua fino all’estremità opposta il tubo
stesso.
Il volume d’acqua - espresso in 3cm - utilizzato per il completo riempimento del tubo è
misurato direttamente dalla lettura delle tacche sulla siringa ed, eventualmente, dal numero
di volte cui si è utilizzata la siringa completamente piena.
Dividendo il volume per la lunghezza totale del tubo si ottiene la variazione di volume di
liquido relativamente alla variazione di un’unità di misura della lunghezza.
Alla fine la variazione del volume di liquido relativamente ad un certo incremento di
colonna h , sarà dato da:
hL
VV
Tubo
.Tot
cm
cm
cmcm
33
Con:
V Incremento di volume relativo all’aumento di colonna h 3cm
.TotV Volume complessivo contenuto nel tubo completamente pieno 3cm
TuboL Lunghezza totale del tubo di vetro cm
h Variazione in altezza della colonna di liquido nel tubo cm
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434
FASE 2:
PREPARAZIONE DEL MATRACCIO MISURATORE:
Il termometro misuratore ad asta lunga è inserito, per una lunghezza opportuna in modo che il bulbo
sia immerso in profondità, in uno dei due fori del tappo di gomma che si utilizzerà per chiudere il
matraccio.
Si provvederà poi a riempire il matraccio con il liquido da esaminare (ad esempio alcool metilico)
in modo tale che, una volta richiuso con il tappo di gomma ed il termometro in esso inserito, il
liquido risulti ad un livello leggermente al di sopra dell’estremità inferiore dell’altro foro nel tappo.
Il volume di liquido utilizzato per il riempimento del matraccio deve essere determinato con
precisione.
Si può utilizzare nuovamente la siringa graduata oppure il cilindro graduato piccolo e/o grande.
E’ poi inserito nel secondo foro del tappo di gomma, spingendolo quasi al fondo del matraccio già
pieno di liquido, il tubo misuratore, in modo tale che il liquido risalga nel tubo per alcuni centimetri
dall’estremità superiore del tappo.
A parte si prepara il listello graduato disposto verticalmente sull’apposito supporto e si regola il
cursore inferiore al medesimo livello del menisco di liquido nel tubo misuratore.
Il livello del liquido nel tubo misuratore è poi contrassegnato con nastro o matita per vetro.
FASE 3:
IMMERSIONE DEL MATRACCIO IN ACQUA A TEMPERATURA AMBIENTE
Il matraccio è poi posto nel grosso bicchiere di vetro nel quale si versa acqua a temperatura
ambiente o superiore, sino a sommergere completamente il matraccio pieno del liquido in esame.
Con il liquido inizialmente ad una temperatura inferiore a quella dell’acqua versata si noterà un
lento innalzamento del termometro immerso nel matraccio accompagnato da un graduale
abbassamento della temperatura dell’acqua nel bicchiere e dall’incremento dell’altezza della
colonna di liquido nel tubo misuratore.
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435
La fase n. 2 sarà conclusa nel momento in cui si noterà l’uguaglianza delle temperature segnalate
dai due termometri e la colonna di liquido nel tubo non subisce più cambiamenti.
Riassumendo i dati relativamente alla prima e alla seconda fase:
Il volume di liquido che occupa il matraccio e parte del tubo manometrico inizialmente, è stato
misurato con uso della siringa graduata.
Definiamo V il volume iniziale.
Il volume del liquido, con matraccio immerso in acqua alla temperatura d’equilibrio 1T , si ottiene
sommando al volume iniziale V la quantità contenuta, per effetto della dilatazione termica, nel
tratto di tubo compreso tra il livello iniziale e il livello finale:
1
Tubo
.Tot11 h
L
VVVVV
Con:
1V Volume occupato dal liquido in esame alla temperatura 1t 3cm
V Volume iniziale di liquido in esame (misurato con la siringa graduata) 3cm
V Incremento di volume per effetto della variazione della temperatura
.TotV Vedere fase n. 1 (taratura del tubo indicatore)
TuboL Vedere fase n. 1 (lunghezza tubo indicatore) cm
1h Variazione in altezza della colonna di liquido nel tubo alla temp. 1t cm
1t Temperatura d’equilibrio del liquido in esame e dell’acqua nel bicchiere C
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436
FASE 4:
IMMERSIONE DEL MATRACCIO IN ACQUA CALDA
Il matraccio è poi inserito nello stesso bicchiere riempito però d’acqua calda ad una temperatura
iniziale di 40 °C riscaldata con un fornello a gas, elettrico o con apposito bollitore dotato di
termostato.
All’interno del tubo misuratore si noterà un incremento del livello rispetto a quello precedente sino
a quando la temperatura interna del liquido nel matraccio e la temperatura dell’acqua calda non
raggiungono l’equilibrio termico e il livello nel tubo non subisce altre modificazioni.
E’, a questo punto misurato il dislivello 2h (sempre a partire dal livello iniziale) del liquido nel
tubo.
E’ annotata la temperatura 2t d’equilibrio e il dislivello 2h .
In queste condizioni è ricavato il volume occupato dal liquido alla temperatura 2t come già fatto in
precedenza.
Si otterrà:
2
Tubo
.Tot22 h
L
VVVVV
Con:
2V Volume occupato dal liquido in esame alla temperatura 2t 3cm
V Volume iniziale di liquido in esame (misurato con la siringa graduata) 3cm
V Incremento di volume per effetto della variazione della temperatura
.TotV Vedere fase n. 1 (taratura del tubo indicatore)
TuboL Vedere fase n. 1 (lunghezza tubo indicatore) cm
2h Variazione in altezza della colonna di liquido nel tubo alla temp. 1t cm
2t Temperatura d’equilibrio del liquido in esame e dell’acqua nel bicchiere C
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437
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
In conclusione:
Il risultato delle varie fasi della sperimentazione è che il liquido in esame contenuto all’interno del
matraccio e del tubo misuratore subisce delle variazioni di volume in funzione della temperatura
assunta.
Le variazioni sono rilevabili e determinate misurando la variazione di livello nel tubo indicatore.
Calcoli:
Applicando la legge relativa alla dilatazione volumica dei liquidi, si avranno a disposizione le
seguenti relazioni:
101 t1VV
202 t1VV
Dividendo membro a membro la prima per la seconda si ottiene la semplificazione del valore del
volume alla temperatura di 0°C:
2
1
2
1
t1
t1
V
V
Da cui si ottiene la relazione che permetterà di determinare il valore del coefficiente di dilatazione
volumica relativamente al liquido in esame e per l’intervallo di temperatura considerato:
1221 t1Vt1V
122211 tVVtVV
121221 VVtVtV
121221 VVtVtV
1221
12
tVtV
VV
Il valore del coefficiente di dilatazione termica volumica del liquido in esame è poi paragonato, per
verificare la correttezza e la precisione dell’esperienza, con il valore tabellato relativo allo stesso
liquido e per lo stesso intervallo di temperatura.
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438
ESPERIENZA N. 5 – DILATAZIONE DEI LIQUIDI
ESPERIENZA DI DULONG E PETIT
TEMPERATURA E VARIAZIONE
DEL VOLUME DI UN LIQUIDO
COEFFICIENTE DI DILATAZIONE VOLUMICA
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza, denominata “METODO di Dulong e Petit”, è ancora la determinazione
sperimentale del coefficiente di dilatazione termica volumica di un liquido entro un certo
intervallo di temperatura.
Contrariamente alla precedente non si prevede la misurazione dei volumi occupati dal liquido ma
esclusivamente delle altezze piezometriche (di colonna verticale).
Si potranno poi confrontare i risultati dell’esperienza con quelli ottenuti con l’esperienza
precedente.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Si utilizzeranno le basi teoriche relative alla Legge di Stevin per la determinazione della pressione
idrostatica di una colonna liquida, il principio dei vasi comunicanti, il concetto di pressione
atmosferica, sfruttando la variazione di densità e peso specifico di un liquido sottoposto a diverse
temperature.
In particolare la legge di Stevin formula la relazione che permette di determinare la pressione
idrostatica i
p :
Colonnat.LiqColonnatLiqi hghp
Con:
ip Pressione idrostatica di una colonna di liquido di altezza h
2m
N Pa
t.Liq Peso specifico liquido alla temperatura t
3m
N
t.Liq Densità liquido alla temperatura t
3
m
m
kg
Ch Altezza della colonna di liquido m
Si ricorda che la pressione atmosferica normale corrisponde alla pressione idrostatica esercitata a
livello del mare e a temperatura di 0°C da una colonna di mercurio avente altezza pari a 760 mm.
Da cui si ricava:
22
2
f3
fHgi.Atm
m
N300.101
m
dm100dm6,7
kg
N81,9
dm
kg59,13PP
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439
MATERIALI OCCORRENTI:
Recipienti cilindrici di vetro, di alta capacità e di elevata altezza, muniti ognuno di un foro
all’estremità inferiore.
N. 2 tappi di gomma forati
N. 2 matracci con tappo di gomma forato
N. 2 tubi di vetro diametro 7 mm per misurazione altezze
N. 4 termometri ad asta lunga
Bollitore ad immersione del tipo a resistenza elettrica
Cilindro graduato piccolo
Cilindro graduato grande
Listello graduato su asta completo di cursori di misurazione
Treppiede per listello
Alcool metilico
Siringa graduata
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Fase 1:
PREPARAZIONE
I matracci sono inseriti nei due recipienti in vetro e collegati tra loro per mezzo del tubo capillare
che ha la funzione di permettere la comunicazione del liquido contenuto in ognuno.
Il tubo capillare dovrà essere collegato all’estremità inferiore di ogni matraccio per mezzo del tappo
di gomma forato laterale ed attraversare le pareti laterali dei cilindri anch’esse dotate di foro e tappo
di gomma posto all’estremità inferiore di ogni recipiente.
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440
L’estremità superiore di ogni matraccio sarà dotata di tappo di gomma con due fori attraverso cui
saranno inseriti il termometro ad asta ed il tubo misuratore di livello.
I matracci saranno riempiti del liquido in esame (ad esempio alcool metilico) in modo tale che i
livelli nei due tubi misuratori siano abbondantemente al di sopra dei relativi tappi.
Per il principio dei vasi comunicanti, unitamente al fatto che le due quantità di liquido si trovano
alla stessa temperatura, i livelli h , misurati dal centro del capillare di collegamento, saranno
inizialmente uguali.
Anche i due recipienti saranno dotati di termometro ad asta lunga.
Fase 2:
Si provvederà poi al riempimento dei due recipienti in modo tale da sommergere completamente i
matracci e tutta lunghezza dei tubi misuratori.
Il recipiente di sinistra sarà riempito con acqua alla temperatura normale di spillamento
dall’acquedotto mentre, quello di destra con acqua riscaldata alla temperatura di 50-60 °C.
La differenza di temperatura tra i due liquidi causa la variazione della densità del liquido in esame e
la conseguente variazione di livello nei due tubi misuratori.
Quello di destra si innalza, mentre, il livello di sinistra varierà in funzione del valore della
temperatura iniziale del liquido da raffrontare con la temperatura dell’acqua utilizzata per riempire
il recipiente.
Alla fine, quando saranno raggiunte le temperature d’equilibrio nei due recipienti con i relativi
matracci immersi, i livelli saranno stabili.
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In conclusione i dati forniti dall’esperienza saranno i seguenti:
Nel matraccio di destra:
CT .Equil.2
cmh 2
Nel matraccio di sinistra:
CT .Equil.1
cmh 1
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
In conclusione:
Il risultato delle varie fasi della sperimentazione è che il liquido in esame contenuto all’interno dei
matracci e dei relativi tubi di misurazione, sottoposto a temperature differenti tra loro, subisce una
variazione della densità.
Le quote iniziali del liquido contenuto nei vasi comunicanti sono modificate e non appartengono più
al piano orizzontale.
La pressione idrostatica delle due colonne di liquido è però uguale nei punti appartenenti al
capillare di collegamento.
La temperatura del capillare di collegamento non subisce modificazioni e può quindi essere
assimilato ad una zona neutra di separazione.
Calcoli:
La pressione idrostatica a livello del centro del tubo capillare è data da:
Per il matraccio e tubo di destra:
22DX.i hgp m
s
m
m
kg
m
N
23
m
2
Per il matraccio e tubo di sinistra:
11SX.i hgp m
s
m
m
kg
m
N
23
m
2
Uguagliando quindi le pressioni:
SX.iDX.i pp
2211 hghg
2211 hh
1
2
2
1
h
h
D’altra parte, in termini di contenuto in massa dei matracci e dei tubi ad essi collegati, si può dire
che nulla è cambiato rispetto alla situazione iniziale.
In altre parole, pur essendo variata la densità del liquido e, di conseguenza, il volume occupato, la
massa è sempre la stessa, cioè:
2211 VVm
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442
Da cui:
1
2
2
1
V
V
Ma, ammettendo l’esattezza della relazione tra il volume ad una certa temperatura, il volume alla
temperatura nulla e il coefficiente volumico di dilatazione termica , si può scrivere:
101 t1VV
202 t1VV
Da cui si ottiene:
1
2
1
2
t1
t1
V
V
Quindi, utilizzando le relazioni precedenti:
1
2
2
1
1
2
1
2
h
h
t1
t1
V
V
Da cui:
1
2
1
2
h
h
t1
t1
1221 t1ht1h
122211 thhthh
122112 ththhh
122112 ththhh
Infine il risultato finale:
1221
12
thth
hh
L’esperienza di DULONG e PETIT, condotta secondo canoni più classici, senza utilizzo del
matraccio, con solo la presenza di tubi di lunghezza circa 1 metro collegati da capillare, danno i
seguenti risultati:
Per il mercurio, tra la temperatura di 0 °C (ramo sinistro) e la temperatura di 100 °C (ramo destro),
la differenza tra i due livelli risulta approssimativamente di 1,826 cm per un coefficiente di
dilatazione volumico pari a:
14
1000Hg C10826,1
Per l’olio minerale lubrificante tra le stesse temperature la differenza di livello supera i 3 cm.
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443
ESPERIENZA N. 6
COMPRESSIONI ED ESPANSIONI ADIABATICHE
VARIAZIONI DI TEMPERATURA NEL GAS PER EFFETTO
DI TRASFORMAZIONI ADIABATICHE
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è verificare qualitativamente – cioè senza effettuare vere e proprie
misurazioni – le variazioni di temperatura subite dal gas contenuto in un sistema termodinamico,
mentre è effettuata una rapida trasformazione adiabatica.
Si ricorda che durante una trasformazione adiabatica si deve ritenere nullo lo scambio di calore tra il
gas del sistema e l’ambiente circostante.
La compressione adiabatica dovrebbe provocare un aumento di temperatura mentre, l’espansione
una diminuzione.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Le trasformazioni adiabatiche sono regolate dalla legge di Poisson e da un caso particolare del
Primo Principio della termodinamica.
Proprio esaminando il Primo Principio si comprende che ogni trasformazione adiabatica deve essere
caratterizzata da una variazione, positiva o negativa, della temperatura del gas.
La compressione provoca l’aumento di temperatura accompagnato dalla diminuzione di volume e
dall’aumento della pressione, risultati opposti si ottengono dall’espansione adiabatica.
Le trasformazioni adiabatiche sono rappresentate, sul diagramma di Clapeyron (pressione-volume),
da linee curve iperboliche che intersecano il fascio di isoterme.
Il Primo Principio per l’adiabatica:
LdUQ
Con:
0Q
LdU
Il lavoro meccanico scambiato dal sistema con l’ambiente esterno è pari alla variazione
dell’energia interna del sistema stesso.
T1
RnTCndU V
Rn
1LT
Risulta quindi evidente che il lavoro scambiato è causa della variazione di temperatura.
La legge di Poisson, unitamente all’equazione generale di stato:
2211 VpVp
2
2
2
1
1
1V
V
TRnV
V
TRn
1
22
1
11 VTVT
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444
1
2
112
V
VTT
1
2
1
2
1
11
1
2
11
V
VVT1
V
VTT
Con: V
P
C
C
67,1 Gas monoatomico
40,1 Gas biatomico
30,1 Gas triatomico
2
22
1
11
p
TRnp
p
TRnp
2
1
21
1
1TpTp
1
2
112
p
pTT
MATERIALI OCCORRENTI:
Grossa siringa di vetro
Termocoppia
Galvanometro
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
La termocoppia con tappo è collegata al foro d’uscita della siringa e collegata elettricamente con il
galvanometro con scala da 0-2 mA.
L’aria che si trova nella siringa è quindi compressa con un forte e breve impulso sul pistone
provocando in questo modo una compressione adiabatica.
Durante la compressione rapida è nullo lo scambio di calore con l’esterno e la temperatura del gas
aumenta secondo quanto stabilito dalla legge di Poisson.
La termocoppia rileva l’aumento di temperatura attraverso la brusca deviazione dell’indicatore
galvanometrico (multimetro con scala amperometrica da 0 a 3 milliampere) segnalando il passaggio
di corrente elettrica causata dal riscaldamento del punto di contatto tra i due conduttori costituenti la
termocoppia stessa.
La termocoppia è realizzata mediante unione termosaldata di un tratto di filo di costantana con due
terminali in rame.
Per effetto SEEBEK, il riscaldamento di una delle due saldature ed il mantenimento a temperatura
ambiente dell’altra, provoca la comparsa di una tensione elettrica di intensità variabile in funzione
della differenza di temperatura.
La tensione generata è di tipo “termoelettrico” e dà luogo alla comparsa di una “corrente
termoelettrica” di valore moderato da misurarsi appunto con il multimetro dotato di scala in
milliampere.
La termocoppia da utilizzarsi è adatta per il collegamento sul terminale d’uscita della siringa.
Se la termocoppia è tarata si potrà ricavare direttamente la variazione di temperatura in funzione
della variazione della corrente termoelettrica.
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445
Considerando che l’esperienza è di tipo qualitativo, non occorreranno calcoli, ma sarà bastevole
l’osservazione dell’incremento di temperatura causato dalla compressione adiabatica.
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446
ESPERIENZA N. 7
RELAZIONE TRA QUANTITA’ DI CALORE,
MASSA, TEMPERATURA
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è la determinazione di una relazione sperimentale tra le grandezze tipiche
della termologia e calorimetria, la temperatura ed il calore, e la grandezza che caratterizza la
quantità di materia contenuta in un qualsiasi corpo solido, liquido o gassoso.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Trattandosi di una ricerca sperimentale didattica relativa alla legge di interconnessione tra le
grandezze citate, occorrerebbe evitare ogni anticipazione relativa a quanto già visto e studiato.
Considerando però i riferimenti particolari relativi alle grandezze da studiare, l’esperienza in
oggetto diventa soprattutto una verifica.
Ci si riferirà dunque alla legge che ci permette di determinare il calore assorbito o ceduto da un
corpo caratterizzato da una certa massa che subisce una variazione del livello termico.
In particolar modo si farà riferimento a corpi generalmente allo stato liquido.
La legge di riferimento è:
TmKTTmKQ if
Con:
Q Calore scambiato dal corpo J cal
ScK Costante tipica della sostanza (calore specifico)
Kkg
cal
Kkg
J
m Massa del corpo kg
fT Temperatura finale K
iT Temperatura iniziale K
Le relazioni inverse derivanti dalla legge generale sono le seguenti:
Tm
QK
TK
Qm
mK
QT
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447
MATERIALI OCCORRENTI:
Recipienti cilindrici vetro
Riscaldatori ad immersione a resistenza elettrica – Potenza 1.000 W
Sostegni per riscaldatori (asta con treppiede e mensile isolate)
Cilindro graduato
Pesa elettronica
Termometri ad asta
Sostegno per termometri
Cronometro
Siringa graduata
Acqua
Altri liquidi (olio, alcool, ecc. ecc)
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Nei due recipienti cilindrici è versata differente quantità di liquido in esame (ad esempio acqua). Le
quantità in massa possono essere determinate con metodo diretto o indiretto. Si potrà, ad esempio,
utilizzare il metodo della tara e del peso lordo per mezzo della pesa elettronica, oppure direttamente
utilizzando la siringa o altri recipienti graduati.
A titolo puramente indicativo potremo utilizzare una massa kg75,0g750m 1 nel primo
recipiente e una massa kg5,0g500m 2 nel secondo.
Per tutti e due i recipienti il liquido in esame sarà caratterizzato dalla stessa temperatura – ad
esempio la temperatura della fonte di spillamento.
Nei due recipienti saranno inseriti, completamente immersi nei volumi di liquido senza toccare il
fondo di vetro, due riscaldatori a resistenza elettrica aventi entrambi la stessa potenza (ad esempio
1.000 W) e le stesse caratteristiche, oltre a due termometri ad asta.
Sia i riscaldatori che i termometri saranno sostenuti da appositi sostegni.
Con i riscaldatori collegati alla rete elettrica e dopo aver rilevato la stessa temperatura del liquido
nei due recipienti (oppure due temperature diverse da annotare) è chiuso il circuito elettrico di
alimentazione.
I riscaldatori iniziano contemporaneamente a fornire calore alle masse di liquido nei recipienti e la
temperatura delle stesse inizia ad aumentare, più velocemente nel recipiente con massa di liquido
minore, più lentamente in quello contenente la massa maggiore.
I riscaldatori saranno disattivati dopo un certo periodo di tempo, mentre saranno rilevate ed
annotate le due temperature finali caratteristiche dei liquidi nei due recipienti.
Riepilogando i dati iniziali e finali ricavati dall’esperienza:
1.iT Temperatura iniziale del liquido 1 K
2.iT Temperatura iniziale del liquido 2 K
1m Massa di liquido 1 kg
2m Massa di liquido 2 kg
t Durata periodo di riscaldamento s
RP Potenza nominale riscaldatori W
1.fT Temperatura finale del liquido 1 K
2.fT Temperatura finale del liquido 2 K
1T Salto termico del liquido 1 K
2T Salto termico del liquido 2 K
APPUNTI DI FISICA
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448
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
In conclusione:
I liquidi, della stessa natura ma con masse diverse, pur assorbendo lo stesso calore assumono
temperature diverse.
I queste condizioni è costante il prodotto della massa per il rispettivo salto termico.
Calcoli:
Considerando il fatto che i riscaldatori sono uguali, hanno la stessa potenza e sono stati avviati e
spenti contemporaneamente, è ragionevole pensare che la quantità di calore ceduta alle due masse
di liquido sia uguale.
Cioè:
21 QQ
Se si ammette che la potenza nominale sia completamente trasferita al liquido, si potrà scrivere la
seguente relazione:
tPQQ N21 ss
JJ
D’altra parte potremo ammettere che tali quantità di calore siano state completamente assorbite
dalle due masse di liquido che, infatti, hanno aumentato il proprio livello termico.
E’ quindi ragionevole pensare che le quantità di calore siano proporzionali alle quantità in massa e
alle rispettive differenze di temperature tramite un coefficiente caratteristici del liquido in esame.
Ma se ciò è vero allora, considerando che i due liquidi hanno le stesse caratteristiche, si dovrebbe
concludere che tali coefficienti devono necessariamente avere lo stesso valore:
O2H21 KKK
APPUNTI DI FISICA
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449
Quindi:
11O2H1111 TmKTmKQ
22O2H2222 TmKTmKQ
Da cui:
22O2H11O2H TmKTmK
2211 TmTm
In conclusione si può affermare che la quantità di calore è proporzionale al prodotto della massa del
liquido per la differenza di temperatura tra lo stato iniziale e finale:
TmQ
Inoltre è anche possibile affermare che la costante K , che come si vedrà è caratteristica di ogni
sostanza, deve sicuramente essere misurata con le seguenti unità di misura:
TmKQ
KTkgm
JQK
Kkg
JK
La costante K sarà definita “CALORE SPECIFICO” della sostanza.
Supponendo che il calore fornito al liquido possa essere calcolato utilizzando la potenza nominale
del riscaldatore ed il tempo di funzionamento, si può determinare, in prima approssimazione il
valore della costante O2HK :
2
ntoFunzioname
22
N
22
O2HTkg75,0
sts
J000.1
KTkgm
sts
JP
KTkgm
JQK
1
ntoFunzioname
11
N
11
O2HTkg5,0
sts
J000.1
KTkgm
sts
JP
KTkgm
JQK
Oppure, anticipando l’effettivo valore del calore specifico dell’acqua e ricordando il Principio
d’Equivalenza, è possibile determinare il valore della potenza effettivamente utilizzata per
riscaldare l’acqua:
Kkg
J186.4
Kkg
kcal1cK O2HSO2H
Da cui si ricava:
N
111O2H
UtileN Pst
KTkg5,0Kkg
J186.4
t
TmKP
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450
ESPERIENZA N. 8
UNITA’ DI MISURA DELLA QUANTITA’ DI CALORE
CALORE SPECIFICO E
CAPACITA’ TERMICA
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è la dimostrazione sperimentale che la quantità di calore Q necessaria per
far aumentare di 1 K la temperatura di una quantità di massa pari a 1 kg di una determinata
sostanza (si prendono in esame sostanze liquide), dipende dal coefficiente s
c caratteristico di quella
sostanza.
Il coefficiente sarà definito “CALORE SPECIFICO”.
Se invece si vuol far riferimento ad una certa quantità in massa di sostanza, è allora possibile e
consigliabile far riferimento al prodotto del calore specifico caratteristico per la quantità in massa
della sostanza stessa.
Tale prodotto è definito “CAPACITA’ TERMICA” e rappresenta la quantità di calore necessaria ad
aumentare di 1 K la temperatura di una massa m della sostanza.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Si farà riferimento alla legge generale per la determinazione della quantità di calore assorbito o
ceduto da certa sostanza (liquida, solida o aeriforme) avente massa m .
La legge generale, valida per sostanze liquide e solide, presenta poi alcuni casi particolari se è
applicata alle sostanze caratterizzate dallo stato gassoso.
TCTmcTTmcQSiFS
Con:
Q Calore assorbito o ceduto. Sarà da considerarsi assorbito, dunque
positivo, il calore necessario a produrre un incremento di temperatura
(riscaldamento), negativo se necessario per produrre un decremento di
temperatura (raffreddamento). E’ chiaro che il valore della temperatura finale
rispetto a quella iniziale, determina il segno algebrico della quantità iF TT
e, di conseguenza, è bastevole a stabilire se si tratta di calore assorbito o
ceduto.
SC Coefficiente caratteristico della sostanza in esame. E’ definito “CALORE
SPECIFICO” e rappresenta fisicamente la quantità di calore necessaria per
incrementare (decrementare) la temperatura di una massa di sostanza pari a 1
kg di un valore pari a 1 Kelvin.
Corrisponde al coefficiente K dell’esperienza precedente.
Il calore specifico delle sostanze di più comune utilizzo è facilmente
reperibile su apposite tabelle.
m Quantità in massa della sostanza in esame. kg
FT Temperatura finale della sostanza K
IT Temperatura iniziale della sostanza K
T Salto di temperatura K
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451
C Capacità termica
Per la determinazione delle unità di misura da utilizzare per il valore del calore specifico Sc e della
capacità termica C, occorre prima di tutto stabilire l’unità di misura del calore Q .
L’unità di misura del calore è, per definizione, la quantità di energia termica necessaria per produrre
un incremento di temperatura di 1 Kelvin (da 287,5 a 288,5 K) in una massa di 1 g d’acqua
distillata.
Tale quantità di calore è definita “caloria”.
Molto utilizzato è il multiplo della caloria definito Caloria o Kilocaloria; la Kcal è la quantità di
energia termica necessaria per incrementare di 1 Kelvin la temperatura di 1 kg di acqua distillata.
Tenendo poi presente il Principio d’Equivalenza (applicato in particolare ai cicli chiusi) e
ricordando il Principio di Conservazione dell’energia meccanica, risulta semplice concludere che, in
quanto grandezze dello stesso tipo, l’energia termica e quella meccanica devono poter essere
misurate con la stessa unità di misura.
Dato che è previsto dal S.I. l’utilizzo del Joule mN per l’energia meccanica, si può concludere
che anche l’energia termica, cioè il calore, potrà essere misurato in Joule.
Da Principio d’Equivalenza si trae il fattore di conversione tra energia termica misurata in Kcal ed
energia meccanica misurata in Joule.
Per cui:
Joule186.4Kcal1
Dalla definizione dell’unità di misura del calore ed utilizzando la formula inversa, si trae anche
l’unità di misura del calore specifico:
KTkgm
KcalQc S
Kkg
Kcalc S
KTkgm
JQc S
Kkg
Jc S
In particolare, il calore specifico dell’acqua, visto che è stata utilizzata per definire la Kcal, assume
il valore di riferimento:
Kkg
Kcal1c S
Calore specifico dell’acqua espresso come energia termica
Kkg
J186.4c S
Calore specifico dell’acqua espresso come energia meccanica
MATERIALI OCCORRENTI:
Recipienti cilindrici vetro
Riscaldatori ad immersione a resistenza elettrica – Potenza 1.000 W
Sostegni per riscaldatori (asta con treppiede e mensile isolate)
Cilindro graduato
Pesa elettronica
Termometri ad asta
Sostegno per termometri
Cronometro
Siringa graduata
Acqua
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452
Altri liquidi (olio, alcool, ecc. ecc)
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Nei due recipienti cilindri è versata un’uguale quantità in massa di due sostanze liquide di diversa
natura (ad esempio: acqua e alcool metilico).
Le due quantità saranno misurate con precisione utilizzando, ad esempio il metodo della tara e del
peso lordo con l’impiego della bilancia o pesa elettronica.
Siano:
mmm 21 Masse uguali dei due liquidi
Si seguirà poi l’identica procedura dell’esperienza precedente.
I riscaldatori sono immersi nei due recipienti contenenti i due liquidi in modo tale da non toccare le
pareti e il fondo, accesi contemporaneamente e spenti nello stesso istante dopo un certo periodo di
tempo t .
Prima dell’accensione dei riscaldatori occorre misurare le temperature iniziali dei liquidi ed
annotarne i valori.
Siano:
.in.1T Temperatura iniziale liquido 1 (K)
.in.2T Temperatura iniziale liquido 2 (K)
Si provvederà, appena dopo lo spegnimento, ad estrarre i riscaldatori e uniformare la temperatura
dei liquidi con un breve ed energico rimescolamento.
Le temperature finali assunte dai due liquidi saranno quindi misurate e annotate.
Siano:
.Fin.1T Temperatura finale liquido 1 (K)
.Fin.2T Temperatura finale liquido 2 (K)
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453
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
In conclusione:
Masse uguali di sostanze liquide diverse, pur assorbendo la stessa quantità di calore, sono soggette a
variazioni termiche diverse tra loro.
Si deduce che, a parità di massa e di calore assorbito, essendo diversa la variazione termica, i due
liquidi devono essere necessariamente caratterizzati da calori specifici diversi.
Calcoli:
Considerando il fatto che i riscaldatori sono uguali, hanno la stessa potenza e sono stati avviati e
spenti contemporaneamente, è ragionevole pensare che la quantità di calore ceduta alle due masse
di liquido sia uguale.
Cioè:
21 QQ
Se si ammette che la potenza nominale sia completamente trasferita al liquido, si potrà scrivere la
seguente relazione:
tPQQ N21 ss
JJ
D’altra parte potremo ammettere che tali quantità di calore siano state completamente assorbite
dalle due masse di liquido che, infatti, hanno aumentato il proprio livello termico.
E’ quindi ragionevole pensare che le quantità di calore siano proporzionali alle quantità in massa e
alle rispettive differenze di temperature tramite un coefficiente caratteristici del liquido in esame.
Ma se ciò è vero allora, considerando che i due liquidi sono diversi tra loro, ma caratterizzati dalla
stessa massa, si dovrebbe concludere che tali coefficienti devono necessariamente essere diversi,
qualora risultino dall’esperienza delle variazioni termiche diverse:
Cioè:
Se per ipotesi:
21 QQ
21 mm
21 TT
Allora e necessariamente risulta che:
21 KK
Quindi:
O2HO2HO2HO2HO2H11 TmKTmKQ
AlcoolAlcoolAlcoolAlcoolAlcool22 TmKTmKQ
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454
Da cui:
AlcoolAlcoolO2HO2H TKTK
Alcool
02H
O2H
Alcool
T
T
K
K
Alcool
02H
O2HAlcoolT
TKK
Dall’esperienza si ricaverà sicuramente che il salto termico subito dalla massa di alcool è maggiore
di quello relativo alla massa d’acqua.
Si conclude quindi facilmente che il coefficiente relativo all’alcool è minore di quello relativo
all’acqua.
02HAlcoolKK
E, infine, sostituendo i coefficienti con gli equivalenti effettivi – i calori specifici – e ricordando
che, per definizione il calore specifico dell’acqua è stabilito dalla stessa definizione di caloria, si
avrà:
O2H.SAlcool.Scc
Quindi, passando ai valori:
Kkg
Kcal1c
Alcool.S
Oppure:
Kkg
Kcal186.4c
Alcool.S
Dalla formula precedente è poi semplice, se l’esperienza è stata svolta con una certa accuratezza,
determinare il valore del calore specifico dell’alcool.
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455
ESPERIENZA N. 9
CALORIMETRO DELLE MESCOLANZE
O CALORIMETRO DI REGNAULT
EQUIVALENTE IN ACQUA DEL CALORIMETRO
DETERMINAZIONE DI CALORE SPECIFICO INCOGNITO
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è illustrare il funzionamento di una delle apparecchiature più utilizzate per
la determinazione delle quantità di calore scambiate dai corpi che si raffreddano o si riscaldano e
dei relativi valori dei calori specifici o delle capacità termiche.
Il dispositivo è denominato “CALORIMETRO DELLE MESCOLANZE” o “ CALORIMETRO DI
REGNAULT”, dal nome del suo ideatore.
Allo stesso tempo si provvederà, in modo sperimentale didattico, alla determinazione del parametro
caratteristico costruttivo del “calorimetro delle mescolanze” definito “EQUIVALENTE IN
ACQUA DEL CALORIMETRO” la cui conoscenza è determinate per svolgere misurazioni corrette
del calore.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Si farà riferimento alla legge generale per la determinazione della quantità di calore assorbito o
ceduto da certa sostanza, liquida o solida, avente massa m .
La legge generale, valida per sostanze liquide e solide, presenta poi alcuni casi particolari se è
applicata alle sostanze caratterizzate dallo stato gassoso.
TCTmcTTmcQSiFS
Dalla legge generale risulta semplice la determinazione delle variabili in essa contenute:
IF
STTm
Qc
IFS TTc
Qm
mc
QTT
S
IF
mc
QTT
S
IF
Il funzionamento del calorimetro delle mescolanze è inoltre basato su una legge fondamentale della
termodinamica in cui, partendo dalla osservazione dei fenomeni naturali, si afferma che l’energia
termica è trasferita in modo spontaneo da un corpo caldo verso un corpo freddo.
La quantità di calore ceduta dal corpo caldo è uguale, supponendo di ritenere nulle le perdite verso
altri corpi, alla quantità di calore assorbita dal corpo freddo.
Il processo spontaneo di trasferimento del calore si arresta quando le temperature del corpo
inizialmente caldo e di quello inizialmente freddo raggiungono lo stesso valore.
Tale valore sarà definito “temperatura d’equilibrio termico”.
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456
La quantità di calore scambiata dai due corpi, da ritenersi positiva per quello che l’assorbe e
negativa per quello che la cede, dipende dalle masse dei corpi, dalle relative temperature iniziali e
dai calori specifici caratteristici.
L’equazione che regola il processo di scambio è derivata dalla legge generale e dalle osservazioni
descritte:
CA QQ
2F22.S1F11.S TTmcTTmc
2E22.S1E11.S TTmcTTmc
Con:
AQ Calore assorbito dal corpo che si riscalda J
CQ Calore ceduto dal corpo che si raffredda J
2.S1.S cc Calori specifici dei due corpi
Kkg
J
1T Temperatura iniziale corpo 1 K
2T Temperatura iniziale corpo 2 K
ET Temperatura finale d’equilibrio K
21 mm Masse dei due corpi kg
Dall’accurata misura delle temperature iniziali, della temperatura d’equilibrio, delle masse dei due
corpi e tenendo conto che, nel caso del calorimetro delle mescolanze, uno dei due corpi è acqua, si
può ricavare il valore del calore specifico di una qualsiasi sostanza rapportando a quello noto
dell’acqua:
TTm
TTmcc
E
O2HEO2HO2H
S
Con:
Sc Calore specifico incognito
O2Hc Calore specifico acqua
Kkg
kcal1
Kkg
J186.4
O2Hm Massa d’acqua nel calorimetro kg
O2HT Temperatura iniziale acqua nel calorimetro
T Temperatura iniziale corpo immerso
ET Temperatura d’equilibrio (uguale per i due corpi)
Caso 1:
L’acqua contenuta nel calorimetro è più fredda del corpo che è immerso (l’acqua si riscalda ed il
corpo si raffredda):
O2HTT
TT E
O2HE TT
0TT O2HE
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457
0TT E 0c S
Caso 2:
L’acqua contenuta nel calorimetro è più calda del corpo che è immerso (l’acqua si raffredda ed il
corpo si riscalda):
O2HTT
TT E
OHE TT
0TT O2HE
0TT E 0c S
IL CALORIMETRO DI REGNAULT O CALORIMETRO DELLE MESCOLANZE
Il calorimetro delle mescolanze è essenzialmente costituito da un recipiente, solitamente realizzato
con una sottile lastra di ottone argentato (per diminuire l’energia termica dispersa
dall’irraggiamento) contenuto, su appoggi in sughero, all’interno di recipienti via via più grandi.
Il recipiente è poi inserito in un “vaso Dewar” (thermos) che ha il compito di annullare gli scambi di
calore con l’ambiente esterno.
Il vaso Dewar è essenzialmente costituito da un recipiente a doppia parete, di vetro argentato, entro
cui è generato un vuoto spinto allo scopo di impedire la trasmissione di calore per convezione.
Il calorimetro ed il vaso Dewar che lo contiene, costituiscono, nell’insieme, un recipiente che
possiamo definire “quasi adiabatico”.
Nel recipiente calorimetrico è contenuto un agitatore meccanico manuale (per uniformare la
temperatura del liquido in esso contenuto) e un termometro di precisione per la misurazione della
temperatura iniziale del liquido calorimetrico (di solito acqua) e della temperatura finale
d’equilibrio.
Sia l’agitatore che il termometro sono inseriti nel calorimetro per mezzo di fori isolati realizzati nel
coperchio superiore costruito in materiale isolante.
Sul coperchio sono altresì realizzati fori per l’eventuale inserimento di riscaldatore a resistenza
elettrica.
Solitamente si utilizza acqua alla temperatura ambiente come liquido calorimetrico il cui calore
specifico è noto e ben conosciuto.
APPUNTI DI FISICA
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458
FUNZIONAMENTO – DETERMINAZIONE CALORE SPECIFICO INCOGNITO
Una massa di sostanza, liquida o solida, alla temperatura iniziale T (misurata con precisione) è
inserita con una rapida manovra, all’interno del recipiente calorimetrico contenente una quantità
nota d’acqua la cui temperatura iniziale è simile alla temperatura ambiente.
La quantità d’acqua nel calorimetro e la massa della sostanza sono misurate con precisione prima
dell’inizio dell’esperienza.
La massa della sostanza, di calore specifico incognito, e l’acqua del calorimetro si scambiano la
stessa quantità di calore sino al raggiungimento di una temperatura intermedia d’equilibrio alla
quale il processo di scambio termico si arresta.
Durante la fase di scambio termico (solitamente di breve durata) si utilizza l’agitatore meccanico
per uniformare la temperatura del liquido e, alla fine, si misura, annotandolo, il valore della
temperatura d’equilibrio.
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459
DETERMINAZIONE DELLA QUANTITA’ D’ACQUA EQUIVALENTE:
La determinazione del calore specifico caratteristico della sostanza in esame non può
avvenire senza tenere conto del calore scambiato con i materiali costituenti il calorimetro
stesso (pareti, distanziatori, termometro, agitatore meccanico, ecc. ecc.).
Tale quantità di calore è determinata mediante l’artificio del “contenuto d’acqua
equivalente”.
Si tratta, in pratica, di determinare, per mezzo di un’ulteriore esperienza, una quantità
d’acqua “virtuale”, aggiunta alla quantità d’acqua realmente contenuta nel calorimetro, in
grado di scambiare con la sostanza di calore specifico incognito la stessa quantità di calore
assorbita o ceduta dai materiali costituenti il calorimetro stesso alla stessa temperatura
iniziale e d’equilibrio.
Supponendo di aver già determinato la quantità in massa “d’acqua equivalente”, occorre
rivedere la relazione fondamentale del calorimetro nel modo seguente:
2EO2HO2HO2H1ES TTMmcTTmc
Con:
O2HM Massa d’acqua equivalente (equivalente in acqua del calorimetro) kg
L’equivalente in acqua del calorimetro è solitamente fornito, in forma di tabella in funzione
della massa acqua iniziale, dal costruttore dell’apparecchiatura stessa.
In mancanza di tali dati si ricorre al seguente metodo:
Nel calorimetro è versata una quantità d’acqua nota e pari a quella precedentemente
fissata per l’esperienza.
La temperatura iniziale dell’acqua non dovrà essere troppo dissimile dalla
temperatura ambiente e dalla temperatura dello stesso calorimetro.
Occorrerà attendere il tempo necessario a livellare il livello termico dell’acqua e del
calorimetro.
Sarà quindi misurata con precisione la temperatura dell’acqua contenuta
nell’apparecchiatura.
E’ poi versata una quantità d’acqua pari alla massa d’acqua che sarebbe spostata
dall’inserimento della sostanza (solida o liquida) di calore specifico incognito.
La temperatura dell’acqua aggiunta a quella già presente sarà superiore alla
temperatura iniziale già misurata.
Dopo aver brevemente rimescolato con l’agitatore le masse d’acqua, si procede con
una precisa determinazione della temperatura finale d’equilibrio termico e al calcolo
della “massa d’acqua equivalente” o “equivalente in acqua del calorimetro”
applicando la relazione seguente:
1E.EQUIV1O2H2E2O2H
TTMmcTTmc
1E.EQUIV12E2 TTMmTTm
1E.EQUIV1E12E2 TTMTTmTTm
1E
1E12E2.EQUIV
TT
TTmTTmM
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460
Con:
EQM Equivalente in acqua del calorimetro kg
ET Temperatura d’equilibrio termico K
1T Temperatura iniziale acqua calorimetro K
2T Temperatura iniziale acqua aggiunta K
1m Massa iniziale acqua calorimetro kg
2m Massa acqua aggiunta kg
Solitamente si ricava un valore della massa d’acqua equivalente abbastanza
contenuto, tanto più piccolo quanto più da ritenersi buona la realizzazione
dell’apparecchiatura.
Ritornando poi all’esperienza principale, cioè la misurazione del calore specifico di una sostanza
per la quale esso è sconosciuto, ed inserendo nella relazione del calorimetro il valore determinato
dell’equivalente in acqua, si ricava la seguente:
2EEQO2HO2H1E1S TTMmcTTmc
Da cui il calore specifico incognito:
1E1
2EEQO2HO2H
STTm
TTMmcc
Con:
Sc Calore specifico incognito della sostanza
Kkg
kcal
Kkg
J
O2Hc Calore specifico acqua
Kkg
kcal1
Kkg
J186.4
O2Hm Massa d’acqua reale nel calorimetro kg
EQM Equivalente in acqua del calorimetro kg
1m Massa sostanza inserita nel calorimetro kg
1T Temperatura iniziale sostanza K
2T Temperatura iniziale acqua K
ET Temperatura d’equilibrio K
CONCLUSIONI:
Le quantità d’acqua equivalenti calcolate (si ricorda che si tratta di quantità virtuali in quanto non
presenti effettivamente) dovrebbero risultare sufficientemente piccole se rapportate alle effettive
quantità d’acqua che realmente sono contenute nel calorimetro.
I calori specifici delle sostanze incognite dovranno risultare molto minori del calore specifico
dell’acqua se si tratta di materiali solidi, minori di quello dell’acqua se si tratta di sostanze liquide.
Comparando, alla fine, il calore specifico risultante unitamente al valore della densità o peso
specifico della sostanza ai valori contenuti nelle tabelle riguardanti le caratteristiche fisiche dei
materiali più comuni, sarà relativamente semplice rendersi conto del tipo di sostanza esaminata.
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461
ESPERIENZA N. 10
CALORIMETRO DELLE MESCOLANZE
O CALORIMETRO DI REGNAULT
MISURA CALORIMETRICA DELLE TEMPERATURE
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è la misurazione approssimativa, mediante l’utilizzo del calorimetro delle
mescolanze, della temperatura iniziale di una sostanza solida o liquida.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Sono le stesse dell’esperienza precedente.
PREMESSA:
Lo svolgimento dell’esperienza richiede lo svolgimento della precedente esperienza nei riguardi del
calcolo dell’equivalente in acqua del calorimetro e della determinazione del calore specifico della
sostanza per la quale è richiesta la determinazione calorimetrica della temperatura.
Per cui:
EQM Ricavato dall’esperienza precedente
Sc Ricavato dall’esperienza precedente
MATERIALI OCCORRENTI:
Recipienti cilindrici vetro
Calorimetro delle mescolanze o di Regnault
Acqua
Termometri di precisione
Sostanza solida (rame, alluminio, ferro, ecc. ecc.)
Fornello a gas
Bilancia elettronica
Recipienti graduati
Sostegni
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
E’ misurata con precisione la temperatura 1T di una nota quantità d’acqua 1m inserita in un
calorimetro. Per detto calorimetro si è già provveduto al calcolo dell’equivalente in acqua
caratteristico EQM .
Una sostanza, per la quale è già stato determinato il calore specifico Sc , è pesata allo scopo di
determinare il valore in massa 2m , riscaldata, con utilizzo della fiamma di un fornello a gas, ed
immediatamente inserita nel calorimetro già predisposto.
Dopo un breve periodo, previo rimescolamento dell’acqua, è misurata la temperatura d’equilibrio
ET .
APPUNTI DI FISICA
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462
Dalla misura di E121 T;T;m;m e con l’applicazione della formula generale del calorimetro si
ricava il valore della temperatura 2T .
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Dalla relazione:
1EEQ1O2H2E2S TTMmcTTmc
Si ricava il valore 2T :
1EEQ1O2H22SE2S TTMmcTmcTmc
2S
1EEQ1O2HE2S
2mc
TTMmcTmcT
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463
ESPERIENZA N. 11
EQUIVALENTE MECCANICO DELLA CALORIA
(TUBO DI WHITING)
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è la determinazione approssimativa dell’equivalente meccanico della
caloria senza utilizzare l’apparecchiatura complessa e di difficile interpretazione didattica costituita
dal calorimetro e dal mulinello di Joule.
Si utilizza invece una variante dell’esperienza di Hirn secondo cui è possibile determinare
l’incremento di energia termica di un materiale metallico semi-plastico come il piombo causato
dall’azione esterna di lavoro meccanico operato sullo stesso.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Si utilizza il concetto e la relazione che permette la definizione ed il calcolo del lavoro meccanico
unitamente alla definizione di energia potenziale gravitazionale posseduta da una massa in base alla
sua posizione all’interno di un campo conservativo gravitazionale (quello terrestre).
La legge di conservazione dell’energia meccanica generalizzata ed estesa all’energia dissipata
durante urto tra corpi anelatici, permette di determinare in via approssimata il legame esistente tra le
due unità di misura di solito adottate per le grandezze omogenee: Lavoro meccanico ed energia
termica.
CosSFL Definizione di lavoro meccanico J
hgmhFE P Energia potenziale J
KE M Conservazione energia meccanica
T1M2M EEE Energia termica dissipata kcalJ
Occorrerà tenere presente che l’energia potenziale dissipata durante una caduta a livello, produce
l’incremento di energia termica valutabile con l’incremento d’energia interna e il conseguente
innalzamento della temperatura.
Si utilizzerà la legge fondamentale della calorimetria:
IFS TTmcQ
Inoltre occorrerà immaginare una trasformazione senza ulteriori scambi di calore con l’esterno
MATERIALI OCCORRENTI:
Tubo di Whiting (tubo di cartone spesso)
Tappo forato per inserzione termometro di precisione
Tappo di feltro o cartone non forato per chiusura tubo
Pallini piombo
Asta graduata o misuratore a nastro
Sostegno verticale e sostegno girevole orizzontale con pinza per tubo
Recipiente vetro
Pesa elettronica
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464
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Il tubo di Whiting è montato su un sostegno ad asse orizzontale girevole che, a sua volta è sostenuto
da un sostegno verticale fisso. Il tubo è chiuso ad un’estremità da un robusto tappo, mentre, l’altra
estremità sarà chiusa, alternativamente, da un tappo di gomma forato dotato di termometro di
precisione e da un altro tappo senza fori.
Nel tappo con foro è inserito un termometro di precisione in modo tale che il bulbo dello stesso sia
sporgente circa 5-6 cm dalla parte interna del tubo.
Si procede quindi all’inserimento, dall’estremità ancora aperta del tubo, di una quantità di 1 kg di
pallini di piombo di piccolo diametro e alla chiusura dell’estremità con il tappo di gomma e il
termometro inserito.
Si capovolge quindi lentamente il tubo provocando così la discesa dei pallini di piombo sino a che il
bulbo del termometro sia completamente ricoperto e avvolto dagli stessi.
Si misura quindi la temperatura della massa di pallini annotandone il valore, si capovolge
nuovamente il tubo portando i pallini all’altra estremità, si toglie il tappo con il termometro e si
inserisce il tappo senza foro.
Precedentemente, dopo l’inserimento di pallini, si è provveduto a misurare, con il metro a nastro, lo
spazio compreso tra l’estremità inferiore del tappo di gomma e il baricentro della massa di pallini.
Tale distanza, da annotare, sarà definita h e costituisce l’altezza di caduta.
Riepilogando i dati:
m Massa dei pallini di piombo kg1
h Altezza di caduta m
1T Temperatura iniziale dei pallini K
Sc Calore specifico piombo (da tabella)
Kkg
kcal031,0
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465
Partendo con il tubo verticale ed i pallini all’estremità inferiore si ruota velocemente
l’apparecchiatura di 180 ° provocando così la caduta dei pallini verso il basso.
Occorre evitare che l’impatto causi la fuoriuscita del tappo mantenendolo bloccato con la pressione
delle mani.
Il ribaltamento e la caduta dei pallini, con l’operazione precedentemente descritta, deve essere
ripetuta per 50 volte.
Infine, con i pallini in basso, è tolto il tappo di gomma e reinserito il tappo con il termometro, i
pallini sono riportati lentamente in basso ed è misurata la temperatura finale 2T della massa di
piombo.
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
La caduta della massa di pallini di piombo dall’altezza h ed il conseguente urto ed arresto della
massa stessa trasforma l’energia meccanica in energia termica provocando un piccolo incremento di
temperatura e di energia interna.
L’aumento di energia interna è quantificabile utilizzando la legge generale della calorimetria:
kcal.............KTTkg1Kkg
kcal031,0TTmcQ 1212S
Con:
Q Calore trasferito al piombo dalla conversione dell’energia potenziale.
Da intendersi misurato in kcal secondo il classico sistema di misura della
calorimetria.
Sc Calore specifico del piombo (valore di tabella)
Kkg
kcal031,0
m Massa dei pallini di piombo kg1
1T Temperatura iniziale piombo K
2T Temperatura finale piombo K
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466
La quantità di energia potenziale convertita in energia termica interna risulta pari alla somma
dell’energia potenziale trasformata per ogni evento di caduta:
J............mh
s
m81,9kg1hgmE
2mM
J...........mh
s
m81,9kg150E50E
2MTM
Con:
ME Energia meccanica convertita per ogni evento J
TME Energia meccanica totale convertita J
50 Numero totale eventi di caduta
M Massa pallini mkg
G Accelerazione gravitazionale terrestre 9,81
2s
m
h Altezza di caduta m
Il rapporto tra la quantità totale di energia potenziale TME convertita in energia termica, da
misurarsi i Joule, e la quantità di calore trasferita alla massa di piombo Q , rappresenta, nei limiti
di una semplice sperimentazione didattica, il valore del coefficiente di equivalenza calore/lavoro
meccanico cioè, in altre parole, l’EQUIVALENTE MECCANICO DELLA CALORIA:
kcalQ
JEJ
TM
Le misurazioni della temperatura iniziale e finale e i successivi calcoli dovrebbero condurre
ad un risultato non troppo dissimile da quello classico della letteratura scientifica:
kcal
J186.4
kcalQ
JEJ
TM
Si raccomanda di eseguire l’esperienza nei tempi più brevi possibili allo scopo di limitare al
massimo gli scambi di calore con l’ambiente esterno e con l’aria contenuta nel tubo di
Whiting.
E’ altresì consigliabile provocare, prima dell’inserimento dei pallini nel tubo, un lieve
abbassamento della temperatura della massa di piombo.
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ESPERIENZA N. 12
EQUIVALENTE ELETTRICO DELLA CALORIA
MISURA AMPEROMETRICA DELLA POTENZA ELETTRICA
SCOPO:
Con la presente esperienza s’intende dimostrare l’equivalente elettrico della caloria cioè, in altre
parole, il valore del coefficiente di conversione dell’energia elettrica in energia termica.
Dato per scontato che la quantità d’energia elettrica sia misurato con l’unità di misura
convenzionale del Sistema Internazionale – il Joule – , che sia conosciuta la relazione intercorrente
tra il tempo, l’intensità e la differenza di potenziale della corrente elettrica da una parte e l’energia
dall’altra, e misurando l’incremento di energia interna con l’unità di misura convenzionale della
calorimetria (ancora in uso nonostante l’adozione del Sistema Internazionale anche per la
calorimetria), si condurrà l’esperienza allo scopo di verificare la quantità d’energia elettrica
occorrente per produrre un incremento d’energia termica pari ad una chilocaloria.
L’esperienza è analoga alla precedente per cui il risultato dovrà potersi confrontare con quello già
ricavato.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Ancora il riferimento all’equazione generale della calorimetria ed ancora sono utilizzate le unità di
misura del Sistema Tecnico proprio per porre in risalto il fattore di conversione energia elettrica in
energia termica:
KTkgmKkg
kcalcTTmcQ SIFS
kcal
Saranno utilizzate le relazioni intercorrenti tra le grandezze tipiche dell’elettrodinamica e quelle
caratteristiche della meccanica:
Elettrodinamica e meccanica
:
t
WP
s
J Watt
tPW J sWatt
t
qi Ampere A
q
FE
E
i
VR Ohm
A
V
ti
W
q
WV
Volt
sA
J
tiVW J sAV
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MATERIALI OCCORRENTI:
Resistenza per riscaldamento con accessori
Bicchiere di vetro
Termometro
Cronometro
Trasformatore con regolazione di tensione
Interruttori
Amperometro
Voltmetro
Cavi di collegamento
Pesa elettronica
Sostegno verticale con aste a snodo orizzontali
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Nel bicchiere di vetro è versata una massa d’acqua di valore noto m . Per determinare la massa
d’acqua si può utilizzare la pesa elettronica o i recipienti graduati.
Nel bicchiere è poi posizionato, senza toccare il fondo o le pareti del recipiente, il riscaldatore a
resistenza elettrica sostenuto dall’apparecchiatura rigida.
Il riscaldatore è quindi collegato all’alimentatore elettrico mediante un circuito formato dai cavetti
in dotazione in cui è inserito, in serie, il misuratore amperometrico e l’interruttore di accensione e
spegnimento.
Sui morsetti esterni al riscaldatore è quindi collegato, in parallelo, il misuratore volumetrico che
permetterà la lettura della tensione ai capi della resistenza.
La prima parte dell’esperienza è la fase preparatoria che consiste nel chiudere brevemente
l’interruttore e regolare l’alimentatore in modo tale da misurare una corrente elettrica in transito con
valore A3i .
L’interruttore è quindi aperto, l’acqua rimescolata ed è misurata la temperatura iniziale 1T
dell’acqua contenuta nel bicchiere.
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469
La fase sperimentale successiva consiste nella chiusura dell’interruttore con conseguente
circolazione di corrente elettrica nel circuito e nel riscaldatore.
Continuando il rimescolamento dell’acqua, si annotano le letture precise sia dell’intensità di
corrente i che della tensione V ai capi del riscaldatore.
Esse potranno variare leggermente in funzione dell’aumento di temperatura dell’acqua e della
resistenza ma, in questo caso, agendo sul regolatore si riportano i valori iniziali.
La corrente è mantenuta per un tempo di circa 3 minuti dopodiché si interrompe il circuito e si
misura la nuova temperatura 2T dell’acqua.
Riepilogando i dati:
m Massa d’acqua kg60,0
1T Temperatura iniziale
2T Temperatura finale
Sc Calore specifico acqua
Kkg
kcal1
V Differenza di potenziale ai capi della resistenza V
i Intensità di corrente A3
t Tempo di funzionamento impianto min3
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
Il passaggio di corrente elettrica nella resistenza del riscaldatore è causa dell’aumento di
temperatura dell’acqua.
L’aumento di temperatura è direttamente proporzionale all’intensità di corrente e alla durata di
alimentazione, inversamente proporzionale alla massa d’acqua.
Qualora si utilizzi liquidi diversi dall’acqua è inversamente proporzionale al valore del calore
specifico caratteristico.
Calcoli:
La quantità di calore ceduta dalla resistenza all’acqua si determina immediatamente con la legge
fondamentale della calorimetria:
KTkgmKkg
kcal1TTmcQ 12S
kcal
La quantità di energia elettrica erogata dal riscaldatore è invece determinata dalla relazione:
stAisA
JVstAiVoltVtiVW
J
Il valore del coefficiente di conversione o equivalente elettrico della caloria è determinato da.
kcal
J
Tmc
tiV
Q
WJ
S
kcal
sW
Il risultato non dovrebbe essere molto dissimile da:
kcal
J186.4J
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470
ESPERIENZA N. 13
RENDIMENTO TERMICO DI UNA FIAMMA A GAS
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è la determinazione del rendimento termico di una fiamma a gas. In altre
parole si tratta di un’esperienza mirata a determinare la quantità di calore ceduta ad una certa
quantità d’acqua per ogni istante cioè, in pratica, la potenza termica ceduta ad una massa d’acqua
dalla fiamma alimentata da gas combustibile.
In questo senso risulta accettabile definire il rendimento, anche se, in teoria si dovrebbe considerare
come rendimento la quantità di calore ceduta all’acqua rapportandola all’effettiva cessione di calore
complessiva.
Non è in pratica possibile determinare il rendimento reale per effettive difficoltà nella misurazione
della percentuale di calore dispersa e non utilizzata allo scopo.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Ancora il riferimento all’equazione generale della calorimetria ed ancora sono utilizzate le unità di
misura del Sistema Tecnico convertendole poi in unità di misura internazionali:
KTkgmKkg
kcalcTTmcQ SIFS
kcal
Il rapporto tra la quantità di calore caduta ed il tempo necessario per la cessione, rappresenta
quantitativamente la potenza termica:
t
QPT
s
kcal W
s
J
MATERIALI OCCORRENTI:
Bicchiere di vetro
Termometro
Cronometro
Pesa elettronica
Sostegno verticale con aste a snodo orizzontali
Treppiede con accessori
Fornello a gas
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Si riscalda, utilizzando il fornello a gas e l’apposito treppiede, una nota quantità d’acqua posta in un
bicchiere di vetro annotando, in funzione del tempo, l’incremento di temperatura dell’acqua.
E’ necessario iniziare le misurazioni della temperatura e dei tempi trascorsi non prima che l’acqua
raggiunga una temperatura di circa 30 °C in modo tale che le apparecchiature di contorno
(treppiede, reticella rompifiamma) abbiano raggiunto una temperatura stazionaria.
Durante il riscaldamento conviene rimescolare in modo continuo la massa d’acqua evitando così
l’errata misurazione delle temperature causata dai moti convettivi interni.
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471
Occorre, in pratica, annotare i tempi necessari ad incrementare la temperatura della massa d’acqua
nota m di un intervallo stabilito, ad esempio, K5T , determinare poi la quantità di calore
ceduta in detti intervalli di tempo e rapportare tale quantità al tempo stesso.
Si otterranno, per ogni intervallo di tempo, le relative potenze termiche la cui media rappresenterà
la potenza ceduta all’acqua cioè, nel senso indicato precedentemente, il rendimento della fiamma in
esame.
Riepilogando i risultati su apposita tabella:
Temperatura
(°C) KT st kgm
Kkg
kcalc S
kcalQ
s
kcal
t
QPT
s
J
t
QPT
30-35 5 1
35-40 5 1
40-45 5 1
45-50 5 1
50-55 5 1
55-60 5 1
60-65 5 1
65-70 5 1
70-75 5 1
75-80 5 1
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472
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
Il rendimento di una fiamma alimentata a gas – ovvero la potenza termica trasmessa alla quantità
d’acqua in esame – dovrebbe essere indipendente dall’intervallo di temperatura entro cui si opera.
E’ anche possibile rapportare la potenza termica ad una massa unitaria d’acqua dividendo le potenze
ottenute dai calcoli per la massa d’acqua complessiva.
Calcoli:
La quantità di calore ceduta dalla fiamma all’acqua, entro un determinato intervallo, si determina
immediatamente con la legge fondamentale della calorimetria:
KTkgmKkg
kcal1TTmcQ 12S
kcal
KTkgmKkg
J186.4TTmcQ 12S
J
La potenza termica trasmessa all’acqua dalla fiamma risulta evidentemente:
t
QPT
W
s
J
s
kcal
La potenza termica media si ottiene dalla media aritmetica delle potenze determinate:
n
PP
T
MT
La potenza media riferita ad una quantità unitaria di acqua contenuta nel bicchiere è determinata da:
kgs
kcal
kg
W
m
PP
MT
M
L’esperienza può essere ripetuta utilizzando un altro liquido al posto dell’acqua.
La potenza media non dovrebbe modificarsi in quanto per una variazione della temperatura (rispetto
alle variazioni determinate per l’acqua) entro gli stessi intervalli di tempo considerati occorre
considerare la variazione del calore specifico caratteristico del liquido in esame.
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473
ESPERIENZA N. 14
RENDIMENTO TERMICO DI UN BOLLITORE AD
IMMERSIONE
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è la determinazione del rendimento termico di bollitore ad immersione. In
altre parole si tratta di un’esperienza mirata a determinare la quantità di calore ceduta ad una certa
quantità d’acqua per ogni istante cioè, in pratica, la potenza termica ceduta ad una massa d’acqua
dalla resistenza elettrica del bollitore quando percorsa da una certa corrente.
E’ possibile, in questo caso e contrariamente a quanto visto nell’esperienza precedente, definire il
rendimento reale del bollitore se si determina la potenza, ad esempio con l’indagine e misura volt-
amperometrica, erogata complessivamente dalla resistenza.
Infatti, si ritiene ragionevole supporre che parte della potenza erogata sia assorbita dall’acqua,
mentre, un’altra parte possa disperdersi nell’atmosfera e utilizzata per riscaldare le apparecchiature
utilizzate per l’esperienza (bicchiere, treppiede, ecc. ecc.)
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Ancora il riferimento all’equazione generale della calorimetria ed ancora sono utilizzate le unità di
misura del Sistema Tecnico convertendole poi in unità di misura internazionali:
KTkgmKkg
kcalcTTmcQ SIFS
kcal
Il rapporto tra la quantità di calore caduta ed il tempo necessario per la cessione, rappresenta
quantitativamente la potenza termica assorbita dall’acqua:
t
QPT
s
kcal W
s
J
La potenza reale del bollitore a resistenza può invece essere determinata misurando la tensione e
l’intensità di corrente cui è sottoposta la resistenza elettrica:
WAsA
JAViVP R
MATERIALI OCCORRENTI:
Bicchiere di vetro
Termometro
Cronometro
Pesa elettronica
Sostegno verticale con aste a snodo orizzontali
Treppiede con accessori
Bollitore ad immersione
Cavi e morsetti di collegamento
Alimentatore con regolatore
Amperometro
Voltmetro
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DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Si riscalda, utilizzando il bollitore a resistenza elettrica, una nota quantità d’acqua posta in un
bicchiere di vetro annotando, in funzione del tempo, l’incremento di temperatura dell’acqua.
Allo scopo di confrontare i risultati con l’esperienza precedente, è consigliabile ma non
obbligatorio, cominciare le rilevazioni della temperatura e dei tempi a partire da una temperatura
minima di 30 °C.
Durante il riscaldamento conviene rimescolare in modo continuo la massa d’acqua evitando così
l’errata misurazione delle temperature causata dai moti convettivi interni.
Occorre, in pratica, annotare i tempi necessari ad incrementare la temperatura della massa d’acqua
nota m di un intervallo stabilito, ad esempio, K5T , determinare poi la quantità di calore
ceduta in detti intervalli di tempo e rapportare tale quantità al tempo stesso.
Si otterranno, per ogni intervallo di tempo, le relative potenze termiche la cui media rappresenterà
la potenza ceduta all’acqua cioè, nel senso indicato precedentemente, il rendimento della fiamma in
esame.
Riepilogando i risultati su apposita tabella:
Temp. (°C) KT st kgm
Kkg
kcal
Sc kcalQ
s
kcal
t
Q
TP
s
J
t
Q
TP V i RP
30-35 5 1
35-40 5 1
40-45 5 1
45-50 5 1
50-55 5 1
55-60 5 1
60-65 5 1
65-70 5 1
70-75 5 1
75-80 5 1
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475
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
Il rendimento di un bollitore a resistenza elettrica – ovvero la potenza termica trasmessa alla
quantità d’acqua in esame – dovrebbe essere indipendente dall’intervallo di temperatura entro cui si
opera.
E’ anche possibile rapportare la potenza termica ad una massa unitaria d’acqua dividendo le potenze
ottenute dai calcoli per la massa d’acqua complessiva.
Calcoli:
La quantità di calore ceduta dalla fiamma all’acqua, entro un determinato intervallo, si determina
immediatamente con la legge fondamentale della calorimetria:
KTkgmKkg
kcal1TTmcQ 12S
kcal
KTkgmKkg
J186.4TTmcQ 12S
J
La potenza termica trasmessa all’acqua dalla resistenza risulta evidentemente:
t
QPT
W
s
J
s
kcal
La potenza termica media si ottiene dalla media aritmetica delle potenze determinate:
n
PP
T
MT
La potenza media riferita ad una quantità unitaria di acqua contenuta nel bicchiere è determinata da:
kgs
kcal
kg
W
m
PP
MT
M
La potenza elettrica realmente erogata dalla resistenza dovrebbe risultare costante ed è determinata
dal prodotto:
WAisA
JVP R
Il rendimento di del bollitore, riferito al riscaldamento dell’acqua e alla potenza reale, è dato da
100P
P
R
M
L’esperienza può essere ripetuta utilizzando un altro liquido al posto dell’acqua.
La potenza media non dovrebbe modificarsi in quanto per una variazione della temperatura (rispetto
alle variazioni determinate per l’acqua) entro gli stessi intervalli di tempo considerati occorre
considerare la variazione del calore specifico caratteristico del liquido in esame.
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ESPERIENZA N. 15
PUNTO DI FUSIONE – CALORE DI FUSIONE
SCOPO:
Ci si propone, con la presente esperienza, di verificare sperimentalmente che il passaggio dallo stato
solido allo stato liquido (fusione) avviene senza che la temperatura, caratteristica della sostanza in
esame e detta “temperatura di fusione”, subisca variazioni.
Il calore necessario per il cambiamento di stato di una certa massa di sostanza è definito “calore di
fusione o solidificazione”, mentre, la quantità di calore necessaria al cambiamento di stato
dell’unità di massa della sostanza è definito “calore latente di fusione o solidificazione”
Si cercherà quindi di misurare sperimentalmente il calore di fusione e il calore latente.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Ancora il riferimento all’equazione generale della calorimetria ed ancora sono utilizzate le unità di
misura del Sistema Tecnico convertendole poi in unità di misura internazionali.
L’equazione generale è applicabile ad un qualsiasi corpo solido o liquido, mentre, per sostanze allo
stato gassoso deve essere modificata in relazione al tipo di trasformazione.
KTkgmKkg
kcalcTTmcQ SIFS
kcal
Con ovvio significato della simbologia.
E’ utilizzata anche la legge della calorimetria riguardante, in special modo, gli scambi di calore
relativi al cambiamento di stato e, in particolare, alla fusione o solidificazione.
In questo caso:
kgmkg
kcalcmcQ LL
Con:
Lc Calore latente di fusione-solidificazione
kg
J
kg
kcal
MATERIALI OCCORRENTI:
Bicchiere di vetro
Provetta
Tappo di gomma forato
Termometri
Cronometro
Pesa elettronica
Sostegno verticale con aste a snodo orizzontali
Treppiede con accessori
Bollitore ad immersione
Cavi e morsetti di collegamento
Alimentatore con regolatore
Acqua
Sodio tiosolfato (iposolfito)
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DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Nel bicchiere di vetro è versata una quantità d’acqua pari a circa 1 litro, il bollitore ad immersione
collegato elettricamente all’alimentatore e un termometro.
L’acqua è riscaldata quindi sino ad una temperatura di circa 55 °C raggiunta la quale si estrae il
bollitore provvedendo altresì ad aprire il circuito di alimentazione.
In una provetta è introdotta una quantità di tiosolfato sodico (iposolfito), triturato in modo
grossolano in un mortaio, e, immerso circa a metà del tiosolfato, il bulbo di un termometro di
precisione passante nel foro di un tappo di gomma di chiusura.
La provetta contenente il tiosolfato, chiusa con il tappo e dotata di termometro, è quindi immersa
completamente nell’acqua preventivamente riscaldata.
La temperatura iniziale del tiosolfato, segnalata dal termometro e approssimativamente uguale a
quella dell’ambiente esterno, comincerà a salire per effetto dell’assorbimento di calore, dall’acqua a
temperatura più elevata.
Sino a quando la temperatura del tiosolfato continua ad incrementarsi è possibile determinare la
quantità di calore assorbito con la relazione generale della calorimetria:
TiosolfatoTiosolfatoTiosolfatoS1 TmcQ
Tale quantità di calore corrisponde a quella ceduta dall’acqua che, nel contempo, ovviamente si
raffredda:
O2HO2HO2HS1 TmcQ
Mentre la quantità di calore assorbita dal tiosolfato è facilmente determinata conoscendo la massa
della sostanza, l’equivalente in acqua della provetta, il calore specifico del tiosolfato e la differenza
di temperatura tra l’istante iniziale ed un istante intermedio; la quantità ceduta dall’acqua alla
provetta è difficilmente determinata in quanto la misurazione della temperatura iniziale ed
intermedia dell’acqua in raffreddamento ed il calcolo del calore ci restituisce una quantità
comprensiva anche di quello ceduto all’ambiente esterno.
Per questo motivo il calcolo del calore assorbito dalla provetta contenente tiosolfato deve essere
eseguito con il solo utilizzo dei dati relativi alle misurazioni effettuate sul tiosolfato stesso oppure,
in alternativa, l’esperienza deve essere condotta inserendo la provetta in un calorimetro delle
mescolanze eliminando cioè le dispersioni di calore verso l’esterno.
La temperatura interna della provetta continuerà ad aumentare in modo piuttosto rapido sino al
raggiungimento di una temperatura approssimativa di 48 °C alla quale corrisponde l’inizio della
fusione del tiosolfato sodico.
La temperatura del tiosolfato non subirà ulteriori variazioni sino alla fusione di tutta la massa di
sostanza, anche se l’acqua, nel frattempo, continua a cedere calore.
La quantità di calore occorrente per la completa fusione del tiosolfato è determinata da:
mcQ LF
In questo caso il valore FQ si calcola solo conoscendo il valore del calore latente in quanto la
variazione di temperatura dell’acqua non è da ritenersi attendibile a causa delle dispersioni.
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478
Qualora si intenda misurare in modo approssimativo il calore specifico e il calore latente del
tiosolfato, si può procedere nel modo seguente:
Determinare la massa d’acqua 1m nel recipiente
Determinare la massa di tiosolfato 2m nella provetta
Riscaldare l’acqua nel recipiente sino ad una temperatura C55t1
Determinare, utilizzando il cronometro ed il termometro inserito nell’acqua, la variazione
della temperatura 1t (in fase di diminuzione) per effetto dello scambio di calore con
l’ambiente esterno. A questo scopo occorre rilevare la temperatura dell’acqua ad intervalli di
tempo prefissati. Si potrà così ricavare un grafico tempo-temperatura rappresentato
approssimativamente da una retta inclinata verso il basso.
APPUNTI DI FISICA
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479
Dalla rilevazione delle temperature e dal grafico conseguente si potrà ricavare, tenendo
presente la massa d’acqua e il suo calore specifico, la quantità di calore ceduta all’ambiente
esterno in un dato intervallo di tempo, nel caso in cui l’acqua si raffreddi in modo naturale
senza scambiare altro calore.
Riportare la temperatura al valore iniziale C55t1 inserendo ancora il bollitore
Inserire la provetta con la sostanza in esame, quindi, con i due termometri ed il cronometro,
ripetere la misurazione della variazione della temperatura dell’acqua in funzione del tempo
oltre che la variazione della temperatura del tiosolfato per il tempo necessario al
raggiungimento della temperatura di fusione e per l’intervallo di tempo occorrente alla
completa fusione della sostanza.
Dai dati rilevati risulteranno i grafici tempo-temperatura e le relative quantità di calore
cedute dall’acqua o assorbite dalla sostanza nella provetta.
Comparando i risultati con quelli ottenuti dal raffreddamento naturale dell’acqua, risulterà
possibile, in modo del tutto approssimato, determinare sia il calore specifico che il calore
latente del tiosolfato.
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
La temperatura di fusione della sostanza in esame (tiosolfato sodico) risulta approssimativamente di
48°C.
Tale temperatura si mantiene costante durante il completo cambiamento di stato
Calcoli:
Le variazioni di temperatura, da rilevarsi in base a quanto esposto nella seconda parte
dell’esperienza, daranno luogo a grafici paragonabili ai seguenti:
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ESPERIENZA N. 16
CALORIMETRO DELLE MESCOLANZE
CALORE DI FUSIONE DEL GHIACCIO
SCOPO:
Determinazione, con l’uso del calorimetro delle mescolanze, del calore latente di fusione del
ghiaccio.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Ancora il riferimento all’equazione generale della calorimetria ed ancora sono utilizzate le unità di
misura del Sistema Tecnico convertendole poi in unità di misura internazionali.
L’equazione generale è applicabile ad un qualsiasi corpo solido o liquido, mentre, per sostanze allo
stato gassoso deve essere modificata in relazione al tipo di trasformazione.
KTkgmKkg
kcalcTTmcQ SIFS
kcal
Con ovvio significato della simbologia.
E’ utilizzata anche la legge della calorimetria riguardante, in special modo, gli scambi di calore
relativi al cambiamento di stato e, in particolare, alla fusione o solidificazione.
In questo caso:
kgmkg
kcalcmcQ LL
Con:
Lc Calore latente di fusione-solidificazione
kg
J
kg
kcal
Il calore latente di fusione-solidificazione da determinare è quello caratteristico del ghiaccio
fondente o dell’acqua in solidificazione.
Sono inoltre da considerare le relazioni caratteristiche relative agli scambi di calore tra la quantità
in massa dell’acqua contenuta nel calorimetro e la quantità in massa della sostanza immessa nel
calorimetro in un secondo tempo.
Le relazioni caratteristiche, nel presente caso, sono da considerarsi modificate per tenere conto del
calore latente di fusione e dell’equivalente in acqua del calorimetro – già determinato in una delle
precedenti esperienze:
ACQIFEQACQS.GHIFGHSGHL TTMmcTTmcmc
Con:
Lc Calore latente di fusione del ghiaccio
kg
J
kg
kcal
Sc Calore specifico acqua
Kkg
J
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481
GHm Massa ghiaccio kg
ACQm Massa acqua nel calorimetro kg
EQM Equivalente in acqua del calorimetro kg
ACQIT Temperatura iniziale acqua K
FT Temperatura finale acqua e contenuto K
273T GHI Temperatura iniziale ghiaccio K
La parte sinistra della relazione rappresenta la quantità di calore assorbita dalla massa di ghiaccio
per la completa fusione e per aumentare la temperatura dell’acqua derivante dalla fusione dal valore
nullo al valore della temperatura finale dell’acqua nel calorimetro.
La parte destra rappresenta la quantità di calore ceduto dall’acqua contenuta nel calorimetro e dalla
massa d’acqua equivalente dapprima per fondere il ghiaccio poi per farne aumentare la temperatura
al valore finale.
Dalla relazione si può determinare il calore latente del ghiaccio:
ACQIFEQACQS.GHIFGHSGHL TTMmcTTmcmc
GH
GHIFGHACQIFEQACQS
Lm
TTmTTMmcc
MATERIALI OCCORRENTI:
Calorimetro delle mescolanze o di Regnault
Termometri
Pesa elettronica
Acqua
Ghiaccio
Recipiente graduato
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Una quantità d’acqua pari a ACQm (approssimativamente circa 300 grammi – comunque
determinata per mezzo di pesa elettronica) è inserita nel calorimetro di Regnault dotato di
termometro e agitatore meccanico.
Per lo stesso calorimetro è già stata determinata (esp. 9) la massa d’acqua equivalente EQM .
E’ misurata ed annotata la temperatura iniziale ACQIT dell’acqua nel calorimetro.
In un secondo tempo sono inseriti alcuni pezzi di ghiaccio provenienti da un congelatore regolato
per un funzionamento ad una temperatura prossima a 0 °C.
Il ghiaccio in cubetti sarà caratterizzato verosimilmente dalla stessa temperatura GHIT segnalata
dal display del congelatore.
Tale temperatura sarà da ritenersi uguale (in Kelvin) a 273 (K).
Agendo in modo continuo con l’agitatore meccanico e verificando l’abbassamento di temperatura
dell’acqua nel calorimetro, si attende che il ghiaccio sia completamente fuso e che l’acqua di
fusione, miscelata con quella iniziale del calorimetro, raggiunga il valore di temperatura finale.
In una prima fase si noterà una forte diminuzione di temperatura seguita da una seconda fase in cui
la variazione di temperatura sarà meno accentuata sino al completo annullamento.
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482
Il valore stazionario di temperatura è la temperatura finale FT , da misurare ed annotare.
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
La temperatura di fusione della sostanza in esame (ghiaccio) risulta approssimativamente di 0 °C.
Tale temperatura si mantiene costante durante il completo cambiamento di stato.
L’acqua derivante dalla fusione del ghiaccio è riscaldata dallo scambio termico sino al valore finale.
Calcoli:
La determinazione del calore latente di fusione sarà effettuata con la formula:
GH
GHIFGHACQIFEQACQS
Lm
TTmTTMmcc
Con il significato dei simboli visto precedentemente e sostituendo i valore misurati.
Approssimativamente, nei limiti delle sperimentazioni didattiche, il valore del calore latente
specifico del ghiaccio ad una temperatura di 0 °C, dovrebbe essere paragonabile con il valore
contenuto nelle tabelle dei testi scientifici:
kg
kJ2,333
kcal
J186.4
kg
kcal6,79
kg
kcal6,79c L
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483
ESPERIENZA N. 17
EVAPORAZIONE
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è dimostrare che il fenomeno d’evaporazione di un liquido dipende dalla
temperatura, dalla superficie esposta, dalla pressione esterna e dalla temperatura d’ebollizione.
Si ricorda che un liquido subisce il fenomeno dell’evaporazione per temperature inferiori a quella
caratteristica d’ebollizione.
L’esperienza è solo dimostrativa della variazione dei tempi d’avaporazione.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
In particolare la quantità di liquido evaporato dipende da:
Temperatura d’esercizio:
La quantità di liquido evaporato è direttamente proporzionalmente al valore della
temperatura del liquido stesso.
A parità di superficie esposta, di pressione e di temperatura d’ebollizione, il tempo
impiegato per l’evaporazione di una certa quantità di liquido è minore se la sua temperatura
è maggiore.
Superficie esposta:
La quantità di liquido evaporato aumenta, quando una stessa quantità di liquido è esposto
all’atmosfera su di una superficie maggiore.
A parità di pressione, di temperatura e di temperatura d’ebollizione, il tempo impiegato per
l’evaporazione di una certa quantità di liquido è minore se la superficie esposta all’atmosfera
è maggiore.
Pressione esterna:
Una minor pressione esterna causa una maggior evaporazione del liquido. Dunque la
quantità di liquido evaporato è inversamente proporzionale al valore della pressione.
Ad una minor pressione corrisponde un tempo d’evaporazione più breve.
Temperatura d’ebollizione:
Due sostanze liquide alla stessa temperatura producono una quantità di vapore che dipende,
a parità delle altre condizioni, dalla temperatura d’ebollizione caratteristica.
Il liquido con temperatura d’ebollizione minore produce, nello stesso tempo, una quantità di
vapore maggiore.
MATERIALI OCCORRENTI:
Bilancia di precisione idrostatica
Vetrino concavo
Masse tarate
Pipetta graduata
Cronometro
Resistenza elettrica
Etere etilico
Alcool etilico
Pompa per vuoto
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484
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE E CORRELAZIONI ALLE BASI TEORICHE:
Sui due piatti della bilancia sono disposti i vetrini concavi e la bilancia è eventualmente riportata in
equilibrio utilizzando pallini di piombo o alcuni pesetti tarati.
In uno dei due vetrini si versa, utilizzando la pipetta graduata, una quantità paria a 3cm5,0 di
etere etilico. Si noterà l’immediato squilibrio dell’indice della bilancia.
Con il cronometro è valutato il tempo 1t necessario a far sì che, per evaporazione dell’etere
etilico, sia raggiunto nuovamente l’equilibrio.
Sui vetrini sono collocati due filtri. Il primo sarà utilizzato come assorbente per l’etere
etilico, mentre, il secondo, serve unicamente come contrappeso. Anche in questo caso si
riporta eventualmente in equilibrio la bilancia con i pesetti.
Su uno dei due è versata la stessa quantità di etere etilico utilizzata in precedenza 3cm5,0 ,
quindi è misurato il tempo 2t impiegato dalla bilancia per ritornare in equilibrio.
Confrontando i tempi si noterà che il tempo 2t è minore del tempo 1t misurato in
precedenza.
Si conclude quindi che, se le quantità di liquido sono uguali, l’evaporazione avviene più
velocemente nel caso in cui il liquido sia esposto all’atmosfera su una superficie maggiore.
Il filtro assorbente ha proprio la funzione di estendere zona di contatto liquido-atmosfera.
Il tempo si riduce ulteriormente se il filtro è pieghettato.
Uno dei vetrini è riscaldato leggermente prima di versare la quantità prefissata di etere
etilico.
Il tempo 3t necessario per il ripristino dell’equilibrio è nettamente inferiore al tempo 1t .
Si conclude che una maggiore temperatura incrementa la quantità di liquido evaporato,
ovvero riduce i tempi d’evaporazione.
Uno dei vetrini è disposto, con la stessa quantità di etere etilico, all’interno di una campana
collegata alla pompa per vuoto.
Con la pompa in funzione è misurato il tempo 4t impiegato per la completa evaporazione
dell’etere.
L’esperienza dovrà svolgersi molto rapidamente.
Si noterà che il tempo 4t si riduce ulteriormente se confrontato con 1t .
L’abbassamento di pressione diminuisce i tempi d’evaporazione, ovvero aumenta la quantità
di liquido evaporato.
Ripetendo le stesse esperienze con l’alcool etilico saranno misurati tempi più elevati.
Si potrà concludere che la temperatura d’ebollizione caratteristica del liquido in esame
influisce in modo inversamente proporzionale sulla durata del fenomeno d’evaporazione.
La temperatura d’ebollizione dell’alcool etilico è di circa 78, 3 ° C, mentre, l’etere etilico
bolle a circa 35 °C.
Le temperature tipiche dell’esperienza sono quindi molto più prossime alla temperatura
d’ebollizione dell’etere etilico
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485
ESPERIENZA N. 18
TENSIONE DI VAPORE DI UN LIQUIDO
SCOPO:
Ogni liquido, come visto nella precedente esperienza, passa allo stato aeriforme, anche se la sua
temperatura è inferiore alla temperatura d’ebollizione.
Il fenomeno è definito “evaporazione” ed è tanto più evidente quanto più la temperatura
caratteristica d’ebollizione è bassa.
Lo scopo dell’esperienza è la constatazione che il fenomeno d’evaporazione a temperatura ambiente
provoca, in un recipiente chiuso, un incremento di pressione.
Tale incremento di pressione è definito “tensione di vapore” del liquido ed ha un valore
caratteristico della temperatura entro cui si opera.
La pressione caratteristica, ad una determinata temperatura e di un determinato liquido, alla quale si
blocca il processo d’evaporazione è definita “tensione di vapore saturo”.
MATERIALI OCCORRENTI:
Matraccio a collo lungo
Tappo gomma a due fori
Bicchiere vetro
Asta di sostegno con piede d’appoggio
Supporti orizzontali
Tubetto vetro
N. 3 rubinetto vetro
Tubi di collegamento in plastica
Imbuto piccolo
Tubetto vetro piegato ad angolo retto
Siringa graduata o pipetta graduata
Etere etilico
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE:
S’introduce nel matraccio, parzialmente riempito d’acqua, utilizzando uno dei fori, un tubetto di
vetro piegato ad angolo retto che, da un lato è immerso nell’acqua del matraccio e, dall’altro è
chiuso da un rubinetto di vetro.
Sull’altra estremità del rubinetto è inserito un corto tubetto di plastica sfociante nel recipiente di
vetro posto nelle vicinanze del matraccio.
Nell’altro foro del tappo di gomma è inserito un tubetto di vetro mantenuto verticale.
Su detto tubetto sono collegati, uno dopo l’altro e separati da un corto tubetto di plastica, altri due
rubinetti di vetri.
Sul rubinetto posto all’estremità superiore dell’apparecchiatura, mantenuta verticale e fissa
dall’apposito sostegno metallico, è inserito un corto tubo di plastica recante il piccolo imbuto di
vetro.
Terminato il montaggio dell’apparecchiatura, così come descritto, mantenendo chiuso il rubinetto
superiore (quello sotto l’imbuto) si apre e si richiude il rubinetto sul tubo piegato ad angolo retto.
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486
Una quantità di etere etilico (temperatura d’ebollizione circa 35 °C) pari a 3cm43 , prelevata dal
proprio contenitore con una pipetta graduata, è versata nel piccolo imbuto superiore e, con gli altri
due rubinetti completamente chiusi, è fatta passare, aprendo il rubinetto superiore, all’interno del
tubicino verticale.
L’etere è così contenuto nel tratto di tubo compreso tra il rubinetto 2 e 3.
Quindi, con il rubinetto 3 chiuso, è aperto il rubinetto 2 in modo tale da far passare tutto l’etere
all’interno del matraccio.
L’etere giunto così nel matraccio, evapora rapidamente, cosicché il volume occupato dal liquido
risulta uguale a quello occupato in precedenza.
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487
I vapori di etere, trattenuti dai rubinetti 1 e 2 chiusi, provocano un piccolo aumento di pressione
all’interno del matraccio (prima dell’evaporazione dell’etere la pressione era pari alla pressione
atmosferica) e, per la legge di Pascal, anche sulla superficie libera dell’acqua.
Aprendo il rubinetto 1, la differenza di pressione tra l’interno del matraccio e l’atmosfera esterna,
spinge il liquido verso l’alto sino a farlo fuoriuscire dal tratto di tubo orizzontale sino al bicchiere.
La variazione di pressione, rispetto alla pressione atmosferica, è la “tensione del vapore” di etere
etilico caratteristico della temperatura alla quale si è svolta l’esperienza, cioè, in pratica, la
temperatura ambiente a condizione di aver utilizzato acqua alla stessa temperatura.
LA TENSIONE DI VAPORE SATURO ALLA PRESIONE ATMOSFERICA:
Se si continua ad inserire all’interno del matraccio altro etere etilico, quest’ultimo continua ad
evaporare passando completamente dalla fase liquida a quella aeriforme e producendo aumenti di
pressione sempre superiori.
Le ulteriori quantità di etere potranno essere inserite nel matraccio utilizzando anche un sistema
diverso dal precedente: con una siringa graduata munito di sottile ago, è aspirata la quantità
necessaria a riempire completamente l’ago e il volume di siringa sino all’estremità del pistone,
quindi, approfittando del fatto che il tappo è di gomma, l’etere è inoculato direttamente nel
matraccio.
Nel momento in cui un ulteriore aggiunta di etere continua a rimanere in fase liquida, la
sovrapressione raggiunta è definita “tensione di vapore a quella determinata temperatura, alla
pressione atmosferica e per il dato volume”.
CONCLUSIONI:
L’esperienza dimostra l’aumento di pressione per effetto dell’evaporazione di un liquido il cui
punto d’ebollizione è sufficiente basso.
Possono essere utilizzati altri liquidi e può essere variata la temperatura.
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488
ESPERIENZA N. 19
MISURA DELLA SOVRAPRESSIONE GENERATA
DALL’EVAPORAZIONE DI UN LIQUIDO
SCOPO:
L’esperienza precedente è stata condotta allo scopo di verificare la sovrapressione prodotta
dall’evaporazione di un liquido ad una certa temperatura.
La conclusione non ha prodotto dati numerici, ma la sola constatazione che, effettivamente,
l’evaporazione genera una sovrapressione.
Ci si prefigge ora di determinare il valore numerico di tale sovrapressione rispetto alla pressione
atmosferica normale esistente nel luogo in cui si opera.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
La legge di Stevin permetterà di determinare la sovrapressione attraverso il calcolo della variazione
della pressione idrostatica di una colonna di liquido di altezza variabile.
mh
m
Np
3i
Pa
m
N
2
Se utilizzata con le unità di misura indicate, le variazioni di pressione saranno espresse
direttamente in Pascal.
MATERIALI OCCORRENTI:
Matraccio a collo lungo
Tappo gomma a un foro
Asta di sostegno con piede d’appoggio
Supporti orizzontali
Tubo vetro lunghezza circa 1 metro
Asta metrica graduata, metro a nastro o riga da disegno
Siringa graduata o pipetta graduata
Etere etilico
Altri liquidi con bassa temperatura d’ebollizione (cloroformio)
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE:
Nel matraccio a collo lungo è inserito il tappo di gomma recante il lungo tubo di vetro. L’estremità
inferiore del tubo, mantenuto fermo e verticale da appositi sostegni, è immersa nell’acqua contenuta
nel matraccio.
La temperatura dell’acqua sia misurata da un termometro di inserito nel secondo foro del tappo.
Il tappo, il tubo e il termometro chiuderanno ermeticamente il collo del matraccio.
Con una siringa dotata di ago sottile si provvederà ad immettere una quantità d’aria bastevole ad
incrementare la pressione in modo tale da provocare l’innalzamento della colonna d’acqua nel tubo
verticale sino a farla sporgere oltre al limite superiore del tappo.
La variazione d’altezza della colonna d’acqua provocata dall’immissione dell’aria ci permetterà di
calcolare il valore della sovrapressione all’interno del matraccio.
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489
23O2H
m
N..............mh
kg
N81,9
m
kg000.1hp
Se, ad esempio, il livello raggiunto dalla colonna d’acqua, fosse pari 10 cm, la sovrapressione
all’interno del matraccio corrisponderebbe a circa all’uno per cento della pressione atmosferica
normale:
23O2H
m
N981m1,0
kg
N81,9
m
kg000.1hp
%97,0100300.101
981
p
p
Atm
Si può ora procedere cominciando ad immettere, per mezzo della siringa graduata con ago sottile,
piccoli quantitativi di etere etilico.
L’etere immesso nel matraccio evapora in breve tempo passando completamente allo stato
aeriforme.
Di conseguenza ad ogni quantitativo di etere immesso, dovrebbe risultare un aumento della
sovrapressione, segnalato dall’incremento in altezza della colonna d’acqua.
Se .ecc.ecc,h,h,h 321 sono gli incrementi rilevati (rispetto all’incremento iniziale )h ,
allora le relative sovrapressioni del vapore d’etere saranno:
2131O2H1
m
N..............mh
kg
N81,9
m
kg000.1hp
Continuando ad immettere etere sino al momento in cui cessa il fenomeno d’evaporazione e
misurando l’ultimo dislivello di colonna d’acqua, è possibile determinare la pressione di vapore
saturo alla temperatura data e alla pressione atmosferica.
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490
ESPERIENZA N. 20
MISURA DELLA TENSIONE DI VAPORE NON SATURO
E VAPORE SATURO DELL’ACQUA
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è quello di misurare le tensioni di vapore non saturo e di vapore saturo
caratteristiche dell’acqua ad una determinata temperatura.
Si cercherà inoltre di dimostrare che la pressione o tensione del vapore saturo è indipendente dal
volume occupato dal vapore stesso nel recipiente che lo contiene.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
La legge di Stevin permetterà di determinare le tensioni di vapore attraverso il calcolo della
variazione della pressione idrostatica di una colonna di liquido di altezza variabile.
mh
m
Np
3i
Pa
m
N
2
Se utilizzata con le unità di misura indicate, le variazioni di pressione saranno espresse
direttamente in Pascal.
MATERIALI OCCORRENTI:
Tubo piezometrico per l’esperienza di Torricelli relativa alla determinazione della pressione
atmosferica
Imbuto piccolo vetro
Largo recipiente ceramico
Mercurio
Asta di sostegno con piede d’appoggio
Supporti orizzontali
Asta metrica graduata, metro a nastro o riga da disegno
Siringa graduata con ago flessibile
Acqua
Altri liquidi a discrezione
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE:
Gli operatori dovranno togliere tutti gli oggetti d’oro per evitare inconvenienti per eventuale
contatto con il mercurio.
Il tubo piezometrico di Torricelli è gradualmente riempito sino all’estremità aperta superiore
mantenendolo leggermente inclinato allo scopo di favorire l’eliminazione dell’aria.
Sarà utilizzato l’imbuto di vetro piccolo.
Ultimata l’operazione si procede eliminando le eventuali bolle d’aria residue con leggeri colpi al
fondo del tubo su un supporto non rigido (ad esempio un libro).
Tenendo chiusa con un dito l’estremità aperta, il tubo di Torricelli, pieno di mercurio, è capovolto e
immerso verticalmente nel mercurio contenuto nel recipiente ceramico.
Si provvede quindi a fissare il tubo in verticale ad un apposito sostegno rigido.
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491
Il dislivello di mercurio nel tubo, misurato dalla superficie del mercurio nel recipiente, scenderà
stabilizzandosi quasi subito ad un’altezza di circa 760 mm (corrispondente alla pressione di 1
atmosfera).
Operando in questo modo si genera automaticamente il vuoto assoluto nella zona interna del tubo
compresa tra il menisco superiore del mercurio e l’estremità superiore chiusa del tubo stesso.
Dovrà essere annotato il livello massimo raggiunto dal mercurio nel tubo.
Quindi, con la siringa munita di ago flessibile o ricurvo, è aspirata una certa quantità d’acqua a
temperatura nota prelevandola da un recipiente più grande.
Occorre che la siringa non contenga altro che acqua per cui, se occorre, mantenendo la siringa
verticale, si espelle l’aria agendo sul pistone sino alla fuoriuscita di una goccia d’acqua.
L’ago ricurvo è inserito nel foro aperto del tubo immerso nel mercurio e si immette lentamente
l’acqua della siringa nel tubo.
L’acqua, più leggera del mercurio, è costretta dalla spinta Archimedea a salire nel tubo sino a
giungere nello spazio in cui è generato il vuoto ove evapora immediatamente.
L’evaporazione produce vapore e genera una pressione che costringe il menisco di mercurio a
scendere verso il basso.
La pressione generata è la tensione di vapor d’acqua non saturo ed è determinato dalla legge di
Stevin, per questo motivo occorre misurare ed annotare l’abbassamento del menisco.
Si procedo poi in questo modo sino a quando l’acqua immessa continua ad evaporare
completamente scoprendo del tutto il menisco di mercurio e arrestando il procedimento appena si
nota che l’acqua non evapora più e si deposita sul menisco.
Le misure dei dislivelli intermedi ci permetterà di determinare le tensioni di vapor d’acqua non
saturo intermedie caratteristiche della temperatura in esame, mentre, l’ultima lettura determina la
tensione di vapor saturo.
Il dislivello finale, operando ad una temperatura di 20 °C , non dovrà essere troppo dissimile dal
valore tabellato di 17,39 mm cui corrisponde la tensione massima del vapore d’acqua saturo a
quella temperatura.
L’esperienza può essere eseguita con lo stesso procedimento sia modificando la temperatura
dell’acqua che utilizzando un altro liquido.
123
t= 2 0 ° C t= 2 0 ° C t= 2 0 ° C
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492
Allo scopo di verificare che la pressione del vapore saturo aumenta con l’aumentare della
temperatura si può modificare la temperatura dell’acqua depositata sulla superficie del menisco di
mercurio, quando è stata raggiunta la massima pressione di saturazione alla temperatura ordinaria
dell’esperienza.
Per far ciò basta avvicinare per breve tempo una fiamma all’acqua sul menisco di mercurio per
notare l’ulteriore evaporazione e un conseguente aumento della pressione interna segnalata da un
nuovo abbassamento della colonna di mercurio.
In conclusione:
La pressione o tensione del vapore saturo aumenta con l’aumentare della temperatura.
t= 2 0 ° C
1 2
t > 2 0 ° C
Si può inoltre dimostrare che la pressione di saturazione ad una determinata temperatura è
indipendente dal volume occupato dallo stato aeriforme del vapore ed, in questo senso, il vapore
non segue la legge di Boyle-Mariotte.
Basta, a questo scopo, ripetere l’esperienza utilizzando un recipiente del mercurio più alto e stretto,
procedere immettendo acqua sino a giungere alla saturazione, annotare il dislivello di mercurio e
quindi muovere in verticale verso il basso il tubo di Torricelli affondandolo ancor di più nel
mercurio del recipiente.
Si noterà che il dislivello di mercurio nel tubo non cambia, mentre il volume occupato dal vapore
diminuisce (ciò è chiaramente in contrasto con la legge di Boyle che richiederebbe un aumento di
pressione).
Però, contrariamente a quanto succede per un gas, si noterà che, per il vapore saturo, la diminuzione
di volume è immediatamente seguita dalla condensazione e dal ritorno allo stato liquido.
In questo senso si può dire che la quantità di molecole di vapore saturo, contrariamente ad un gas,
diminuisce se è diminuito il volume, mentre la pressione di saturazione a quella temperatura si
mantiene costante.
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493
t= 2 0 ° C
1 2
t= 2 0 ° C
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
La pressione generata dal vapor d’acqua all’interno dello spazio vuoto nel tubo di Torricelli dipende
dalla temperatura cui si opera.
Detta pressione è detta Tensione di vapore non saturo sino a quando l’acqua immessa continua ad
evaporare mentre è detta Tensione di vapore saturo al cessare dell’evaporazione.
Calcoli:
Le varie tensioni di vapore non saturo e saturo si determinano con la legge di Stevin e i dislivelli
rilevati, con la formula:
mhkg
N81,9
m
kg590.13hp
3Hg
Se si usano le unità di misura indicate il valore delle tensioni di vapore acqueo sono espresse
direttamente in Pascal.
Dalle tabelle è possibile ricavare, a titolo esemplificativo, le tensioni di vapor d’acqua saturo
corrispondenti a diverse temperature.
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494
Le tensioni sono espresse direttamente in mmHg (millimetri di mercurio):
C0t mmHg6,4p .SAT
C10t mmHg185,9p .SAT
C20t mmHg39,17p .SAT
C30t mmHg55,30p .SAT
C40t mmHg91,54p .SAT
C50t mmHg98,91p .SAT
C60t mmHg79,148p .SAT
C70t mmHg00,233p .SAT
C80t mmHg64,344p .SAT
C100t mmHg760p .SAT
C120t mmHg491.1p .SAT
C140t mmHg63,716.2p .SAT
C180t mmHg39,546.7p .SAT
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495
ESPERIENZA N. 21
MISURA DELLA TENSIONE DI VAPORE SATURO
DELL’ACQUA SCOPO:
L’esperienza, simile alla precedente, è realizzata con diversa modalità ed è mirata alla misurazione
delle tensioni di vapore saturo dell’acqua in funzione della temperatura.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Anche in questo caso si farà ricorso alla legge di Stevin per il calcolo della pressione idrostatica:
mh
m
Np
3i
Pa
m
N
2
Inoltre vale la legge di Dalton per ciò che riguarda il miscuglio dell’aria con la fase aeriforme
dell’acqua (vapore):
La pressione esercitata da un miscuglio di gas e vapore è uguale alla somma delle pressioni
che ciascun componente eserciterebbe se occupasse da solo tutto il volume del recipiente:
i.Tot pp
Nel caso in esame, la pressione del miscuglio, composto da aria e vapore d’acqua saturo e
contenuto in un recipiente, è la somma della pressione atmosferica e della tensione di vapore
saturo caratteristico di quella temperatura.
Se, ad esempio, una certa quantità d’acqua contenuta in un recipiente nel quale è fatto il
vuoto e dotato di un coperchio a tenuta stagna scorrevole verso il basso o verso l’alto, fosse
riscaldato alla temperatura di 100 °C senza far subire movimenti al coperchio, la pressione
del vapore risulterebbe pari alla pressione atmosferica normale cioè spingerebbe verso il
basso di un dislivello pari a circa 760 mm una colonna di mercurio con l’altra estremità
libera all’atmosfera (come illustrato al n. 4 della figura).
1 2 3
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496
4 5 6
(R A F F R E D D .)
Se poi, sempre alla temperatura di 100°C, si riduce lo spazio disponibile per il vapore saturo
abbassando il coperchio mobile a tenuta, si noterà che la pressione interna si mantiene
uguale alla pressione atmosferica esterna, mentre, una certa quantità di vapore passa
immediatamente alla fase liquida.
Ciò dimostra che il vapore saturo non si comporta come un gas perfetto – seguendo la legge
di Boyle – ma riduce il numero di molecole allo stato gassoso per mantenere la pressione
uguale alla tensione di vapore a quella temperatura.
Lo stesso fenomeno avviene se, mantenendo bloccato il coperchio, si attende
l’abbassamento della temperatura sino al valore dell’aria ambiente.
Per mantenere la pressione di saturazione al valore corrispondente ad una certa temperatura
senza variare il volume, occorre che una certa quantità di vapore passi allo stato liquido.
Quindi, mano a mano che la temperatura si abbassa, il ramo di mercurio collegato al
recipiente ricomincia a salire sino a riportarsi alla condizione n. 3 quando la temperatura del
liquido è pari alla temperatura ambiente di partenza.
MATERIALI OCCORRENTI:
Tubo di vetro piegato ad U
Matraccio con collo lungo
Tappo di gomma con due fori
Termometro
Asta di sostegno con supporti
Fornello a gas
Recipiente vetro
Mercurio
Acqua
Altri liquidi a discrezione
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497
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE:
In un matraccio a collo lungo è versata una certa quantità d’acqua ed è poi chiusa l’imboccatura con
il tappo di gomma recante il termometro (con bulbo immerso nel matraccio) e il lato corto di un
tubo di vetro piegato ad U.
Il lato lungo del tubo avrà una lunghezza di circa 1 metro.
L’acqua sarà quindi riscaldata ad una temperatura di 100 °C e mantenuta per circa 2 minuti in
ebollizione in modo da notare la fuoriuscita di vapore dall’estremità aperta del tubo ad U.
Mantenendo ancora l’ebollizione e con il matraccio sul proprio sostegno, l’estremità del tubo è
inserita nel mercurio contenuto in apposito recipiente in modo da notare ancora la fuoriuscita del
vapore dalla superficie del mercurio accompagnata da gocce d’acqua.
Con il tubo inserito nel mercurio è il bruciatore a gas.
Inizialmente si osserva che il livello di mercurio nel tubo è uguale al livello della superficie libera
esterna (quindi la pressione interna al matraccio è uguale a quella atmosferica) ma, con il lento
raffreddamento che segue, il mercurio comincia a risalire nel tubo segnalando il calo di pressione
nel matraccio.
Misurando con il termometro la temperatura del vapore e la relativa altezza raggiunta dal mercurio
nel tubo (rispetto al livello esterno nel recipiente) ed applicando la legge di Stevin alla colonna di
mercurio, si riesce a determinare le pressioni o tensioni del vapore alle diverse temperature.
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Conclusioni:
La pressione generata dal vapor d’acqua saturo alle diverse temperature decresce dal valore
massimo misurato alla temperatura a quello nullo misurato alla temperatura ambiente.
Le pressioni determinate corrispondono alle tensioni del vapor d’acqua saturo a quella determinata
temperatura.
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498
Calcoli:
Le varie tensioni di vapore saturo si determinano con la legge di Stevin e i dislivelli rilevati, con la
formula:
mhkg
N81,9
m
kg590.13hp
3Hg
Se si usano le unità di misura indicate il valore delle tensioni di vapore acqueo sono espresse
direttamente in Pascal.
Altrimenti le pressioni sono misurate in mmHg dallo stesso dislivello misurato
sperimentalmente.
Si dovrebbe ancora rilevare valori approssimativamente uguali a quelli elencati in
precedenza nell’esperienza n. 20
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499
ESPERIENZA N. 22
IL CALORIMETRO BUNSEN
(CALORIMETRO A GHIACCIO)
SCOPO:
Illustrare i dettagli costruttivi ed i principi teorici sui quali è basato il funzionamento del calorimetro
“a ghiaccio” o “calorimetro di BUNSEN”.
L’apparecchiatura, utilizzata per la determinazione del calore scambiato da corpi che sono
raffreddati ad una temperatura di 0°C, risulta più complessa rispetto al classico “calorimetro delle
mescolanze o di Regnault”.
SCHEMA FUNZIONALE:
C o p e rc h io is o la n te
Im b u to
R u b in e tto
C a p il la re g ra d u a to
V a s o D e w a r
R e c ip ie n te is o la to
G H IA C C IO
V u o to
D is ta n z ia to r i
P R O V E T T A
T a p p o p ro v e tta
G H IA C C IO R A F F R E D D A M E N T O
A c q u a
M E R C U R IO
G H IA C C IO
R e c ip ie n te a c q u a -g h ia c c io
S c a r ic o a c q u a d i fu s io n e
R
C
P
S
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500
FUNZIONAMENTO ED UTILIZZO:
FASE DI PREPARAZIONE E TARATURA DEL CALORIMETRO
Nel vaso Dewar contenuto nel recipiente isolato esterno è inserito del ghiaccio triturato alla
temperatura di fusione C0t che ha la funzione mantenere costante la temperatura di
tutte le sostanze contenute nel calorimetro.
Il valore di temperatura di 0°C è assicurato dal fatto che, dallo scarico posto sul fondo del
recipiente, fuoriesce di continuo una piccola quantità d’acqua.
E’ poi riempito d’acqua distillata il recipiente S , entro cui è inserita una provetta P di vetro
sottile, e, attraverso l’imbuto superiore è versato mercurio privo di impurità in modo tale da
riempire il tubo verticale all’interno del calorimetro, il tratto orizzontale, il tratto di
collegamento al recipiente S , una piccola parte del fondo del recipiente S e un tratto del
tubo capillare graduato C .
Il tubo capillare ha una sezione sensibilmente costante.
Il calorimetro è preparato per le misurazioni facendo in modo di produrre un leggero strato
di ghiaccio sulla parete della provetta P interna al recipiente S .
Parte dell’acqua distillata, inizialmente liquida, contenuta in S , si trasforma in
ghiaccio aumentando di volume.
Come è risaputo il volume del ghiaccio è maggiore di quello dell’acqua.
L’aumento di volume causato dalla formazione dello strato di ghiaccio costringe il mercurio
contenuto nella tubazione sino all’imboccatura del recipiente S a scendere verso il basso.
Il mercurio è così costretto ad occupare un po’ di spazio libero all’interno del tubo capillare
graduato.
La formazione di ghiaccio sulle pareti della provetta P è quindi segnalato dall’avanzamento
del mercurio nel tubo capillare.
Occorre che la formazione di ghiaccio continui sino a portare lentamente il mercurio quasi al
fondo della scala graduata.
P
S S
P
H O2H O2
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501
Dopo aver portato al valore massimo della scala graduata il mercurio nel capillare, si
introduce velocemente nella provetta una quantità 1
m d’acqua alla temperatura 1
T .
La massa e la temperatura dell’acqua inserita devono essere determinate con assoluta
precisione (ad esempio utilizzando la pesa elettronica al centesimo di grammo ed un
termometro tipo Beckmann con precisione di 1/100 di grado).
L’acqua così inserita, separata dal ghiaccio esterno dalla sottile parete della provetta, si
raffredda sino alla temperatura di fusione del ghiaccio apportando una certa quantità calore
al ghiaccio che, a questo punto, si ritrasforma parzialmente in acqua, riducendosi il volume.
Il mercurio si ritrae nel capillare scoprendo un certo numero 0
n di linee graduate e
permettendo così la taratura del calorimetro da utilizzare per le successive misurazioni.
La taratura del calorimetro si ottiene utilizzando la quantità di calore Q ceduta al ghiaccio,
sulla parete interna della provetta, dal campione di acqua inserita e il numero di graduazioni
0n :
0
1
0
011S1
0n
TmKkg
J186.4
n
TTmcm
n
Qk
tacca
J
0
11
n
tmKkg
J186.4
k
tacca
J
Con:
1
m Massa dell’acqua campione kg
S
c Calore specifico acqua
Kkg
J186.4
1
T Temperatura iniziale acqua campione K
0
T Temperatura finale acqua campione K16,273
T Salto termico acqua campione K
1
t Temperatura iniziale acqua campione C
Dopo tali operazioni preparatorie si è ottenuta la taratura del calorimetro.
FASE DI UTILIZZO
Si riporta l’indice di mercurio sul fondo scala del capillare graduato mediante formazione
dello strato di ghiaccio sulla superficie della parete della provetta a contatto con l’acqua
distillata del recipiente S .
E’ annotata la posizione iniziale del mercurio sulla scala.
E’ poi inserito, all’interno della provetta, la massa m di sostanza alla temperatura T per la
quale si vuole determinare il calore specifico incognito S
c .
I valori della massa e della temperatura devono essere misurati con precisione.
Il raffreddamento della sostanza scioglie un po’ di ghiaccio e causa l’arretramento
dell’indice di mercurio.
Sono quindi contate le tacche e ne è annotato il numero n .
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502
La quantità di calore ceduta al ghiaccio risulta dall’equazione generale della calorimetria:
tmcQS
Ma, nello stesso tempo, è anche determinata utilizzando il coefficiente di taratura del
calorimetro calcolato in precedenza:
nkQ
tacchentacca
JkQ
J
Si determina quindi il calore specifico incognito uguagliando le due relazioni:
nktmcS
Da cui si ottiene:
tm
nkc
S
Kkg
tacchetacca
J
Con:
k Coefficiente di taratura del calorimetro
tacca
J
n Numero lettura tacche tacche
m Massa sostanza kg
t Temperatura iniziale o salto termico KC
Uso del calorimetro di BUNSEN per la determinazione dell’equivalente meccanico della caloria
Inserendo nella provetta del calorimetro un leggero mulinello rotativo a palette, azionato dalla
diminuzione di energia potenziale di masse note applicate ad un meccanismo esterno per
trasformare il moto rettilineo uniforme di caduta in moto circolare uniforme dell’albero del
mulinello, è possibile determinare, sempre contando il numero di tacche dell’indice di mercurio,
l’EQUIVALENTE MECCANICO DELLA CALORIA.
Tale esperienza, inventata e portata a termine da Joule, è detta appunto Esperienza di JOULE ed il
meccanismo utilizzato è il Mulinello di Joule.
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503
ESPERIENZA N. 23
BOMBA DI MAHLER
DETERMINAZIONE DEL POTERE CALORIFICO DI
COMBUSTIBILI SOLIDI
LA BOMBA CALORIMETRICA DI MAHLER ABBINATA
AL CALORIMETRO DELLE MESCOLANZE
SCOPO:
La determinazione del potere calorifico dei combustibili solidi e l’illustrazione dell’apparecchiatura
di Mahler (bomba calorimetrica di Mahler) abbinata ad un calorimetro delle mescolanze di
Regnault.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Le relazioni fondamentali del calorimetro ad acqua basate sulla legge generale della calorimetria e
la relazione che permette di terminare le quantità di calore cedute dalla combustione completa di
una certa quantità di combustibile solido qualsiasi.
Le proprietà dei combustibili e la fisica della combustione.
Le relazioni fondamentali del calorimetro ad acqua.
Per la determinazione della massa d’acqua equivalente o equivalente in acqua:
1E.EQUIV1O2H2E2O2H
TTMmcTTmc
1E.EQUIV12E2 TTMmTTm
1E.EQUIV1E12E2 TTMTTmTTm
1E
1E12E2.EQUIV
TT
TTmTTmM
Con:
EQM Equivalente in acqua del calorimetro kg
ET Temperatura d’equilibrio termico K
1T Temperatura iniziale acqua calorimetro K
2T Temperatura iniziale acqua aggiunta K
1m Massa iniziale acqua calorimetro kg
2m Massa acqua aggiunta kg
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504
Per la determinazione del calore specifico incognito:
2EEQO2HO2H1E1S TTMmcTTmc
Da cui il calore specifico incognito:
1E1
2EEQO2HO2H
STTm
TTMmcc
Con:
Sc Calore specifico incognito della sostanza
Kkg
kcal
Kkg
J
O2Hc Calore specifico acqua
Kkg
kcal1
Kkg
J186.4
O2Hm Massa d’acqua reale nel calorimetro kg
EQM Equivalente in acqua del calorimetro kg
1m Massa sostanza inserita nel calorimetro kg
1T Temperatura iniziale sostanza K
2T Temperatura iniziale acqua K
ET Temperatura d’equilibrio K
Per la determinazione calorimetrica della temperatura:
1EEQ1O2H2E2S TTMmcTTmc
Si ricava il valore 2T :
1EEQ1O2H22SE2S TTMmcTmcTmc
2S
1EEQ1O2HE2S
2mc
TTMmcTmcT
Le relazioni relative al calore sviluppato dal combustibile:
mpQ C
Con:
Cp Potere calorifico del combustibile
kg
J
m Massa del combustibile kg
Il potere calorifico è poi classificato in base allo stato dei prodotti della combustione:
CSp Potere calorifico superiore. Se i prodotti della combustione sono allo
stato liquido.
CIp Potere calorifico inferiore. Se i prodotti della combustione sono allo
stato gassoso.
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505
Il potere calorifico superiore è maggiore di quello inferiore in quanto è recuperato calore di
combustione dalla liquefazione dei fumi che, altrimenti, sarebbero espulsi ad una
temperatura compresa tra i 150/180 °C disperdendo una certa quantità di calore utile.
In genere si utilizza, per i calcoli, il calore specifico inferiore in quanto, la liquefazione dei
fumi con conseguente recupero di calore comporta la formazione di prodotti liquidi acidi
corrosivi per i materiali che costituiscono i generatori di calore.
Con l’adozione di tecniche nuove e nuovi materiali è possibile espellere residui liquidi a
bassa temperatura (generatori a condensazione) con conseguente notevole aumento dei
rendimenti.
La differenza tra i due valori è data dalla relazione:
2500Mpp O2HCICS
kg
kJ
Mentre per la determinazione del potere calorifico superiore si può adottare il valore
ricavato dalla seguente relazione sperimentale:
S4,108
OH144C8,33p CS
kg
kJ
Con:
C Quantità di carbonio
H Quantità d’idrogeno
O Quantità di ossigeno
S Quantità di zolfo
SCHEMA FUNZIONALE DELLA “BOMBA DI MAHLER”:
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506
La “bomba calorimetrica di Mahler” è essenzialmente costituita da un robusto contenitore a tenuta
di acciaio inox nel quale è inserito il provino di combustibile solido.
L’accensione del combustibile è provocata da una resistenza elettrica alimentata dall’esterno,
mentre la combustione è assicurata dall’afflusso di una quantità di ossigeno strettamente necessaria
attraverso la valvola dosatrice.
La bomba calorimetrica è inserita in calorimetro ad acqua, completo di agitatore meccanico e
termometro, attraverso cui è possibile determinare la quantità di calore sviluppata dalla
combustione completa del provino.
IFEQO2HO2HCC TTMmcmp
C
IFEQO2H
Cm
TTMmKkg
J186.4
P
ALCUNI VALORI DEL POTERE CALORIFICO DI COMBUSTIBILI SOLIDI COMUNI
In base alle tabelle di uso comune, di seguito alcuni valori del potere calorifico di combustibili
solidi di uso comune:
Combustibile Composizione ponderale Densità POTERE CALORIFICO ARIA
TEORICA
kg/kg C
2H S 2NO Superiore
kg/kJ
Inferiore
kg/kJ
petrolio 85 13 1,5 0-3 0,8 44.000 40.000 14,5
Benzina 85,5 14,4 0,1 0,74 47.200 43.950 14,81
Cherosene 86,3 13,6 0,1 0,79 46.500 43.500 14,8
Gasolio 86,3 12,7 0,3 0,5 0,88 45.800 42.800 14,3
Olio comb. 86,2 12,3 1 0,5 0,89 44.700 41.850 14,2
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507
ESPERIENZA N. 24
CALORIMETRO JUNKERS
DETERMINAZIONE DEL POTERE CALORIFICO DI
COMBUSTIBILI GASSOSI
SCOPO:
Illustrare lo schema e i principi di funzionamento del calorimetro di JUNKERS per la
determinazione del potere calorifico dei combustibili gassosi.
Tabella delle caratteristiche caloriche di alcuni gas di uso comune.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Le stesse dell’esperienza precedente.
In questo caso la quantità d’acqua nel calorimetro è variabile ma, con la misurazione del volume
finale, è riconducibile ad una quantità fissa.
SCHEMA FUNZIONALE:
C Contatore gas combustibile Ss Serbatoio scarico acqua
S Stabilizzatore di pressione Sc Serbatoio di carico acqua
B Bruciatore gas F Fascio tubiero
V Recipiente graduato raccolta Uf Uscita fumi
Ti Termometro ingresso circuito acqua F Fascio tubiero
Tu Termometro uscita circuito acqua R Camera combustione
Tf Termometro fumi scarico
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508
FUNZIONAMENTO:
Il gas combustibile affluisce al bruciatore B passando dal contatore volumetrico C e dallo
stabilizzatore di pressione S.
Al bruciatore B è immessa anche la quantità d’aria necessaria alla combustione del gas.
Nella camera R avviene la combustione controllata del gas ed il riscaldamento dell’acqua passante
nel fascio tubiero F dotato di collettori in ingresso ed uscita.
I prodotti della combustione – gas di scarico – fuoriescono dall’uscita fumi Us ove è collocato un
termometro Tf che ne rileva la temperatura.
L’acqua di raffreddamento, proveniente dal serbatoio Sc dotato di controllo di livello, affluisce nel
collettore in ingresso ove è rilevata la temperatura Ti, passa nel fascio tubiero F, esce dal collettore
superiore ove è misurata la temperatura Tu ed è quindi inviata al serbatoio di scarico Ss.
Lo scolmatore, interno al serbatoio, provvede a mantenere costante il livello dell’acqua e a
scaricarla nel serbatoio graduato V ove è misurata la quantità d’acqua passata nel fascio tubiero in
un intervallo di tempo t.
CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Sfruttando le misure rilevate del volume d’acqua complessivo e delle temperature d’ingresso e
d’uscita dell’acqua di raffreddamento nonché il volume di gas combustibile, si determina il potere
calorifico del gas:
IUO2HO2HO2HGASC TTdVcVp
3
GAS
IU3O2H
3
O2HO2H
C
mV
KTT
m
kgdmV
Kkg
Jc
p
3m
J
Oppure, conoscendo la densità volumica del gas:
IUO2HO2HO2HGASC TTdVcmp
3GAS
3
GAS
IU3O2H
3
O2HO2H
C
m
kgdmV
KTT
m
kgdmV
Kkg
Jc
p
kg
J
ALCUNI VALORI DEL POTERE CALORIFICO DI COMBUSTIBILI GASSOSI COMUNI
In base alle tabelle di uso comune, di seguito alcuni valori del potere calorifico di combustibili
GASSOSI di uso comune:
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509
Combustibile Composizione ponderale Densità
3m
kg
POTERE
CALORIFICO
POTERE
CALORIFICO
ARIA
TEORICA
kg/kg 2H CO
2CO 2N 4CH OH 2 2O ALTRI Superiore
kg/kJ
Inferiore
kg/kJ
Superiore
3m/kJ
Inferiore
3m/kJ
Idrogeno 100 0,090 144.000 121.500 12.770 10.760 34.34
Ossido carb. 100 1,25 10.100 10.100 12.640 12.640 2,47
Metano 100 0,717 51.350 50.050 39.850 35.780 17,27
Acetilene 100 1,171 50.200 48.500 58.200 56.800
Propano 100 2,019 50.400 46.350 101.800 93.500 15,7
Butano 100 2,7 49.600 45.800 133.900 123.450 15,49
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510
ESPERIENZA N. 25
TEMPERATURA E DENSITA’ DEI LIQUIDI
SCOPO:
Lo scopo dell’esperienza è quello di verificare sperimentalmente che la densità di un liquido è
variabile in funzione della temperatura.
Tralasciando il caso dell’acqua tra i valori di temperatura compresi tra 0 °C e 4 °C, per i liquidi
l’aumento di temperatura è causa della diminuzione di densità specifica.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Si utilizzerà la legge di Archimede e la definizione di spinta Archimedea applicata, nel caso
particolare, ai corpi galleggianti.
Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta diretta dal basso verso l’alto di intensità pari al
peso del fluido spostato.
Si intende, per fluido, sia la componente liquida che gassosa della materia.
In altre parole, la spinta archimedea è ricevuta da un corpo immerso sia in un liquido che in un gas.
Dalla definizione di spinta archimedea si ricava poi la condizione particolare cui sono sottoposti i
corpi che galleggiano:
La spinta di Archimede deve essere uguale al peso del corpo o, in altri termini, il peso specifico del
corpo deve essere minore del peso specifico caratteristico del fluido in cui sono immersi.
.Spost.FlFluido.Spost.FlFluidoA VgdVS
Con:
AS Spinta archimedea N
Fluido Peso specifico fluido
3m
N
.Spost.FlV Volume di fluido spostato 3m
Fluidod Densità specifica fluido
3
m
m
kg
g Accelerazione gravitazionale
2s
m
La condizione generale per il galleggiamento di un corpo di volume CV e peso specifico
C immerso in un fluido di peso specifico F :
PS A CONDIZIONE GENERALE DI GALLEGGIAMENTO
Con:
AS Spinta archimedea N
P Peso del corpo N
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In base alla condizione generale per il galleggiamento si riconoscono poi i casi particolari in cui il
peso specifico del corpo è minore o maggiore del peso specifico del fluido nel quale è immerso:
1. Peso specifico C del corpo minore del peso specifico F del fluido.
Il corpo galleggia sicuramente ed è, per una parte sommerso, per l’altra emerso.
(caso del galleggiamento del ghiaccio nell’acqua, di alcuni metalli nel mercurio, delle
essenze legnose o materiali leggeri nell’acqua)
FC
CCIm.CF VV
F
C
C
Im.C
V
V
F
CCIm.C VV
C
Im.CFC
V
V
Im.C
CCF
V
V
2. Peso specifico C del corpo maggiore del peso specifico F del fluido.
In questo caso il galleggiamento si ottiene in virtù della forma del corpo. Conviene fare
affidamento al volume di fluido spostato per far posto alla quota immersa del volume
complessivo, vuoto per pieno, del corpo di peso P.
In generale sono presi in esame corpi galleggianti cavi internamente per i quali occorre
introdurre il concetto di peso specifico apparente come rapporto tra il peso complessivo ed
il volume occupato dalle superfici esterne:
*
C
iCC
*
C
*
C
V
NV
V
P
Con: *
C Peso specifico apparente N
P Peso complessivo corpo N
C Peso specifico reale del corpo (nel caso di unico materiale)
3m
N
*
CV Volume esterno del corpo cavo
CV Volume effettivamente occupato dalla materia costituente il corpo
iN Somma dei pesi contenuti nel volume interno del corpo cavo
Anche in questo caso si ottiene galleggiamento se il peso specifico apparente risulta
minore del peso specifico del fluido spostato (galleggiamento delle navi).
C
*
C VV
F
*
C
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La parte immersa del volume esterno del corpo cavo è così determinata dalla relazione:
iCC
*
C
*
C
*
IMM.CF NVVV
FF
iCC
F
*
C
*
C*
IMM.C
PNVVV
Il peso specifico del liquido risulta determinato dalla relazione inversa:
*
IMM.C
F
V
P
E la densità:
3*
IMM.C
FF
mV
NPgd
3
m
3*
IM.C2
F
m
kg
mV
s
mg
NPd
MATERIALI OCCORRENTI:
Bicchiere di vetro (grande a base stretta)
Acqua distillata
Acqua
Altri liquidi a discrezione
Pallini piombo
Provette
Pallone di vetro a collo lungo
Pesa elettronica
Fornello gas
Treppiede
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE:
Un bicchiere di vetro è inserito in un bicchiere graduato più grande ed è riempito d’acqua normale
sino all’orlo.
Nel bicchiere è poi gradualmente inserito il pallone a collo lungo in modo tale da immergere
completamente il recipiente sferico e una parte di alcuni centimetri del collo sino al livello
precedentemente contrassegnato con un pennarello o una striscia di nastro adesivo.
L’acqua spostata dall’immersione del pallone e del collo del recipiente fuoriesce dal bicchiere
piccolo e si raccoglie nel bicchiere più grande.
E’ quindi misurato con accuratezza il volume 1V di acqua spostata (utilizzando la stessa
graduazione del bicchiere oppure aspirandola completamente con una siringa graduata).
La stessa operazione è poi ripetuta immergendo il pallone sino all’estremità superiore del collo ed
effettuando una nuova ed accurata misurazione del volume 2V di acqua spostata.
La differenza 12 VV ci permetterà di tarare con una graduazione di riferimento il tratto di collo
compreso tra la prima e la seconda graduazione.
La sensibilità delle misurazioni successive dipende evidentemente dal numero di tratti segnati sulla
scala graduata.
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513
Nel pallone di vetro così preparato e dotato della scala graduata è poi inserita una quantità di pallini
di piombo tale da produrre un affondamento, nell’acqua del bicchiere, sino alla prima tacca della
graduazione.
L’acqua versata del bicchiere è acqua normale prelevata dal rubinetto del laboratorio.
Nel contempo è misurata la temperatura T dell’acqua.
Il peso complessivo del pallone e dei pallini di piombo in esso contenuti è poi determinato con
accuratezza utilizzando la pesa elettronica.
Sia P il peso complessivo espresso in grammi.
Ora, mantenendo il pallone immerso senza variare la quantità di pallini, è riscaldata, con il fornello
a gas ed il treppiede consueto, l’acqua del bicchiere.
Misurando le temperature ad intervalli regolari di 5-10 °C (dopo opportuna agitazione meccanica) e
rilevando il relativo affondamento dal numero di tacche sulla graduazione è quindi possibile
determinare una tabella e un relativo grafico del valore di volume immerso in funzione della
temperatura.
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514
L’esperienza può quindi essere ripetuta utilizzando acqua distillata ed altri liquidi a discrezione
rilevando via via le temperature, le percentuali e i volumi d’affondamento e costruendo, per ogni
liquido utilizzato le tabelle e i grafici.
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
L’aumento di temperatura causa la diminuzione della densità del liquido. Essendo costante il peso
complessivo del corpo galleggiante e valida la legge di Archimede, ad ogni diminuzione di densità e
del peso specifico relativo occorre, per mantenere il galleggiamento, un aumento del volume
immerso.
Per questo motivo l’aumento della temperatura produce un progressivo aumento del volume
immerso.
Naturalmente, utilizzando liquidi con densità minore e a parità di temperatura, il volume immerso è
maggiore.
Calcoli:
La densità ed il peso specifico dell’acqua alle varie temperature iT si ottiene dalla relazione:
PVgd ii
3
i2
i
cmV
s
mg
NPd
3
m
cm
kg
3
i
i
cmV
NP
Se il peso è espresso in grammi ed il volume in centimetri cubi, il valore della densità e del peso
specifico coincidono, mentre, le unità di misura sono da interpretare come grammi-massa per la
densità e grammi-peso per il peso specifico.
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ESPERIENZA N. 26
COEFFICIENTE DI DILATAZIONE VOLUMICA
TEMPERATURA E VOLUME DEI LIQUIDI
TEMPERATURA E VOLUME DEI SOLIDI
SCOPO:
La verifica sperimentale della legge di dilatazione volumica per variazione di temperatura delle
sostanze solide e liquide.
Il coefficiente di dilatazione volumica caratteristico delle sostanze solide è minore di quello
caratteristico delle sostanze liquide.
Inoltre il coefficiente di dilatazione volumica per un solido è pari a circa tre volte il coefficiente di
dilatazione lineare per lo stesso solido.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
La legge di dilatazione lineare, relativa a materiali solidi caratterizzati da una piccola sezione
raffrontata alla lunghezza (sbarra, tubo, ecc. ecce), costituisce un importante riferimento per lo
studio della dilatazione volumica:
101 t1LL
Con:
1L Lunghezza sbarra alla temperatura 1t m
0L Lunghezza sbarra alla temperatura C0t 0 m
Coefficiente di dilatazione lineare
C
1
1t Temperatura finale o variazione di temperatura
rispetto alla temperatura iniziale di riferimento di 0 °C C
Il coefficiente di dilatazione lineare rappresenta il valore, solitamente espresso in metri, della
variazione di lunghezza relativamente ad una sbarra, di lunghezza unitaria e di un determinato
materiale, per una variazione di temperatura pari a 1 grado centigrado o 1 Kelvin.
Alcuni valori del coefficiente relativi ai materiali più comuni:
Alluminio 6
1023
1C
Diamante 6
103,1
1C
Ferro 6
1012
1C
Piombo 6
1029
1C
Rame 6
1017
1C
Vetro 6
109
1C
Zinco 6
1030
1C
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Per quanto riguarda la variazione volumica risulta possibile fare riferimento ad una legge
sperimentale approssimata nella quale si utilizza il coefficiente di dilatazione lineare nel modo
seguente:
Prendendo in esame un parallelepipedo di spigoli aventi lunghezza rispettivamente
o00 c,b,a alla temperatura C0t 0 e supponendo di incrementare la temperatura sino
ad un valore 1t , si può immaginare una variazione della lunghezza di ogni spigolo, legata al
coefficiente di dilatazione lineare :
101 t1aa
101 t1bb
101 t1cc
Il volume iniziale 0000 cbaV s’incrementa al volume finale:
3
10000
3
11 t1Vcbat1V
3
1
32
1
2
101 tt3t31VV
Considerando poi che il quadrato e il cubo del coefficiente lineare sono valori estremamente
piccoli, la formula è approssimata dalla seguente:
101 t31VV
101 t1VV
Con definito coefficiente di dilatazione volumica di valore pari a tre volte il
coefficiente di dilatazione lineare:
3
Per quanto riguarda i liquidi è sperimentalmente osservato che i coefficienti di dilatazione volumica
sono notevolmente più elevati rispetto a quelli relativi ai solidi.
MATERIALI OCCORRENTI:
Matraccio collo lungo
Treppiede
Fornello gas
Bicchiere vetro
Tappo gomma
Tubetto di vetro, graduato
Termometro
Tetracloruro di carbonio
Altri liquidi a discrezione
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DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE:
Il matraccio è riempito d’acqua preventivamente disperata per ebollizione ed è poi inserito il tappo
di gomma munito di termometro e di tubo graduato. L’acqua deve risalire di 5-10 cm all’interno del
tubo di vetro.
Partendo dalla temperatura iniziale, che è rilevata con il termometro ed annotata, si comincia a
riscaldare il matraccio e l’acqua in esso contenuta.
All’inizio si noterà che il livello dell’acqua nel tubo subisce un abbassamento, poi, continuando a
riscaldare, ricomincia gradualmente a salire.
L’abbassamento del livello è dovuto al fatto che la prima quantità di calore fornita al sistema è
assorbita quasi intermente dal vetro del contenitore il quale, riscaldandosi ed essendo un materiale
solido, subisce una dilatazione in base al proprio coefficiente volumico Vetro .
Dopodiché anche l’acqua comincia a riscaldarsi con l’ulteriore apporto di calore e, dal fatto che essa
ricomincia a salire nel tubo, si deduce che, nell’intervallo di temperatura considerato, essa si dilata
in proporzione maggiore di quanto faccia il recipiente di vetro.
Quest’ultimo, inoltre, si comporta come se fosse costituito da vetro pieno, quindi caratterizzato
dallo stesso volume d’acqua.
Quest’ultima osservazione ci permette di paragonare i due coefficienti volumici caratteristici del
vetro e dell’acqua potendo così concludere che quello dell’acqua è maggiore di quello del vetro.
Le variazioni volumetriche dell’acqua con l’aumento di temperatura (a condizione di essere
sufficientemente distanti dalla temperatura di 4 °C), rilevate dalla lettura della graduazione del tubo
ed unite alle contemporanee misurazioni della temperatura, permettono di ricavare il valore del
coefficiente di dilatazione .
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518
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
A parità dell’intervallo di temperatura ed escludendo la fase transitoria iniziale durante la quale il
vetro ha una temperatura maggiore dell’acqua, la sostanza liquida si dilata maggiormente della
sostanza solida.
202 t1VV
101 t1VV
1
2
1
2
t1
t1
V
V
2112 t1Vt1V
121221 VVtVtV
1111211221 tVtV
V
tVVtV
V
tVtV
V
Con:
V Differenza di volume letta sul tubo graduato
1V Volume iniziale d’acqua
t Differenza di temperatura
1t Temperatura iniziale
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ESPERIENZA N. 27
COEFFICIENTE DI DILATAZIONE LINEARE
TEMPERATURA E LUNGHEZZA DEI SOLIDI
SCOPO:
Determinare il valore approssimato del coefficiente di dilatazione termica lineare di un corpo
filiforme soggetto ad una variazione di temperatura.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
La legge di dilatazione lineare relativa a materiali solidi caratterizzati da una piccola sezione
raffrontata alla lunghezza (sbarra, tubo, filo, ecc. ecce):
101 t1LL
Con:
1L Lunghezza sbarra alla temperatura 1t m
0L Lunghezza sbarra alla temperatura C0t 0 m
Coefficiente di dilatazione lineare
C
1
1t Temperatura finale o variazione di temperatura
rispetto alla temperatura iniziale di riferimento di 0 °C C
Il coefficiente di dilatazione lineare rappresenta il valore, solitamente espresso in metri, della
variazione di lunghezza relativamente ad una sbarra, di lunghezza unitaria e di un determinato
materiale, per una variazione di temperatura pari a 1 grado centigrado o 1 Kelvin.
Alcuni valori del coefficiente relativi ai materiali più comuni:
Alluminio 6
1023
1C
Diamante 6
103,1
1C
Ferro 6
1012
1C
Piombo 6
1029
1C
Rame 6
1017
1C
Vetro 6
109
1C
Zinco 6
1030
1C
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MATERIALI OCCORRENTI:
Fili metallici (ferro, rame, zinco, costantana, ecc. ecc)
Tubo vetro di lunghezza 1,5 metri circa con attacco per tubo plastica
Sostegno metallico
Matraccio grande
Tappo gomma
Tubetto vetro
Tubo plastica per collegamenti
Bicchiere vetro piccolo
Bicchiere vetro grande
Vaschetta raccolta
Siringa graduata
Calibro
Pesa elettronica
Fornello gas
Treppiede
Sostegno metallico tubo vetro e attacco superiore filo
Termometro
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE:
Sull’estremità superiore del lungo sostegno metallico è fissato rigidamente il lembo di un filo
metallico di zinco o rame avente lunghezza complessiva di circa 1,5 metri.
Il filo è poi inserito completamente all’interno di un tubo di vetro di piccolo diametro che sarà
quindi fissato e mantenuto verticale dal sostegno metallico.
Il lembo inferiore del filo sarà quindi collegato, mediante legatura centrale, al bicchiere di vetro
piccolo, mantenuto verticale e riempito d’acqua.
Il bicchiere pieno d’acqua ha il compito di mantenere teso il filo e, nello stesso tempo, di permettere
la misurazione dell’allungamento del filo stesso.
Anche l’altro bicchiere, di diametro maggiore al primo, sarà riempito d’acqua sino all’orlo e
collocato esattamente sulla verticale determinata dal bicchiere piccolo.
Il fondo del bicchiere piccolo e il livello dell’acqua nel bicchiere grande saranno posti a contatto in
modo da far fuoriuscire una piccola quantità d’acqua.
L’acqua sarà raccolta in un recipiente più grande posto sotto al bicchiere ed eliminata
completamente prima d’iniziare la sperimentazione.
Occorrerà determinare con accuratezza, utilizzando il calibro centesimale, il diametro esterno del
bicchiere piccolo.
Nel contempo di provvede a collegare l’attacco inferiore del tubo, per mezzo di un corto tubo di
plastica, ad un matraccio grande, contenente acqua e chiuso da un tappo di gomma dal quale
fuoriesce un corto tubo di vetro.
Il matraccio è sistemato sul treppiede con sottostante il fornello a gas.
Si misura quindi con molta accuratezza la lunghezza iniziale del filo e la temperatura dell’ambiente
esterno.
L’acqua nel matraccio è riscaldata sino all’ebollizione che è mantenuta per un certo tempo.
Il vapore, costretto a passare all’interno del tubo di vetro, riscalda quindi il filo in esso contenuto
alla temperatura di 100 °C causandone la dilatazione lineare.
Il bicchiere piccolo, collegato al filo, si abbassa nell’acqua contenuta nel bicchiere grande
provocando la fuoriuscita di una quantità pari al volume d’immersione del bicchiere piccolo.
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Misurando con una siringa graduata il volume d’acqua travasato nel recipiente di raccolta e
considerando il diametro esterno del bicchiere piccolo, è possibile determinare il valore dell’altezza
d’immersione e, di conseguenza, il valore uguale dell’allungamento del filo portato alla temperatura
di 100 °C.
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
All’aumentare della temperatura il filo si allunga causando l’ulteriore affondamento del bicchiere
misuratore nel bicchiere contenitore.
Dalla misura del volume d’acqua fuoriuscito si ricava l’allungamento del filo e quindi,
successivamente, un valore approssimato del coefficiente di dilatazione lineare caratteristico del
materiale con cui è realizzato il filo.
Calcoli:
Dai dati iniziali e dalle misure effettuate si ricava:
1L Valore lunghezza iniziale filo alla temperatura 1t ambiente mm
1t Temperatura ambiente C
V Volume d’acqua fuoriuscito 3mm
C100t 2 Temperatura vapore
Diametro esterno bicchiere piccolo mm
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V4
L
2
22
3
mm
mmV4hL
mm
202
t1LL
101
t1LL
1
2
1
2
t1
t1
L
L
2112
t1Lt1L
1221212
tLtLV4
LLL
11211221tLLtL
L
tLtL
L
1121tLttL
L
1
C
L’esperienza può essere ripetuta in modo analogo utilizzando fili di altro materiale.
I valori ottenuti sono quindi confrontati con i valori di riferimento contenuti nelle tabelle.
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ESPERIENZA N. 28
LEGGE DI BOYLE-MARIOTTE
TRASFORMAZIONE ISOTERMA
SCOPO:
La verifica della legge di Boyle-Mariotte relativa alla trasformazione isoterma di un gas.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
La legge di Boyle-Mariotte:
1122VpVp
2
1
12V
Vpp
2
1
12p
pVV
La legge di Stevin per il calcolo della pressione idrostatica con particolare riguardo alla pressione
generata da una colonna di mercurio.
hpHgi
MATERIALI OCCORRENTI:
Tubo vetro graduato con rubinetto di chiusura
Tubo plastica
Tubo vetro di lunghezza 1,5 metri
Mercurio
Supporto
Strumenti di misura lunghezze
Imbuto di vetro
DESCRIZIONE DELLE FASI ESECUTIVE:
Il tubo graduato con rubinetto è collegato, mediante tubo in plastica, al tubo di vetro di lunghezza
almeno 1 metro.
Entrambi sono mantenuti verticali dall’apposito sostegno.
Utilizzando l’apposito imbuto di vetro si versa mercurio dall’estremità aperta del tubo lungo mentre
il rubinetto superiore sul tubo graduato è aperto.
Il livello di mercurio si stabilizza su un piano orizzontale in entrambi i tubi.
La quantità di mercurio è regolata in modo tale che il menisco di mercurio lambisca l’inizio
inferiore della scala graduata.
A questo punto è chiuso il rubinetto.
Nel tubo graduato è contenuta una quantità d’aria rilevabile dalla lettura diretta della scala graduata,
mentre, la pressione è evidentemente la pressione atmosferica.
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524
I dati iniziali sono dunque:
Pa300.101p1
1V Lettura della scala graduata
Occorre ora versare altro mercurio dall’estremità del tubo – mantenendo chiuso il rubinetto –
rilevando di volta in volta i volumi di aria contenuta tra il menisco ed il rubinetto e i dislivelli tra le
due colonne di mercurio.
Risulta particolarmente agevole ridurre percentualmente il volume dalla lettura diretta della scala
graduata.
Ad esempio si potrebbe ridurre il volume in modo graduale del 10% rispetto al volume iniziale sino
a quando la lunghezza del tubo lo consente.
Per cui:
12V9,0V
2h
13V8,0V
3h
14V7,0V
4h
15V6,0V
5h
15V6,0V
6h
Ad ogni riduzione di volume corrisponde un aumento della colonna di mercurio e, di conseguenza,
della pressione.
Come si vedrà ad ogni riduzione del 10 % del volume iniziale dovrebbe corrispondere un
incremento di colonna pari a circa 6,21 cm
a r ia a r ia a r ia
H g H g H g
a tmp a tmp p a tm
p a tm
V1 V = 0 ,9 x V2 1
2p
V = 0 ,8 x V3 1
p 3h
h 2
3
Ultimata la prima parte dell’esperienza con la continua riduzione del volume iniziale e la
constatazione del relativo aumento di pressione, riportiamo la situazione allo stato iniziale
eliminando il mercurio in eccesso ed aprendo il rubinetto.
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525
Si tratta ora di ripetere l’esperienza in modo tale da provocare un aumento di volume e per far
questo occorre procedere modificando l’apparecchiatura originale.
V1
a r ia
H g
p a tm
h
p a tm
a tmp
H g
a r ia2p
a tm
a tmp
p
V = 1 ,1 x V2 1
p = - H g
h
h 2
a tm= pH g
+h( )-H g
h 2
1
2
Al tubo precedente è collegato un'altra tubazione manometrica dotata di rubinetto con relativo tappo
in gomma di chiusura.
Inizialmente si dovrà provvedere al riempimento del secondo ramo manometrico con altro mercurio
mentre i due rubinetti sono aperti e permettono quindi la comunicazione dei manometri con
l’ambiente esterno a pressione atmosferica.
Si supponga che i quattro menischi siano inizialmente collocati sulla stessa linea orizzontale.
Il menisco destro del primo ramo segnali lo stesso volume iniziale 1
V .
Con il rubinetto 1 chiuso, il rubinetto 2 aperto ed una siringa inserita nel tappo di gomma del
rubinetto 2, si inizia lentamente ad estrarre aria dal volume compreso tra i due menischi centrali.
Ogni aspirazione sarà seguita dalla chiusura del rubinetto 2, dall’espulsione dell’aria dalla siringa
estratta, dal nuovo inserimento della siringa e da una nuova estrazione.
Il procedimento è quindi ripetuto secondo le necessità.
Ad ogni ciclo d’estrazione, la pressione dell’aria compresa tra i due menischi centrali diminuisce.
La pressione atmosferica – sempre costante nel ramo sinistro aperto verso l’esterno – costringe il
mercurio a salire nel manometro di sinistra.
Il dislivello tra i due menischi h permetterà il calcolo della pressione – minore di quella
atmosferica – nel tratto di tubo compreso tra i due menischi centrali.
Nel manometro di destra – per la diminuzione di pressione del tratto centrale – sarà quindi generato
un nuovo dislivello 2
h dalla cui misura sarà possibile risalire alla pressione 2
p nel tratto in cui il
volume aumenta percentualmente del valore desiderato (ad esempio del 10%).
Alla fine, aspirando con la siringa in modo da provocare aumenti di volume del 10% rispetto al
volume iniziale, misurando in successione i dislivelli manometrici ed applicando la legge di Stevin,
giungeremo alla seguente serie di risultati:
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526
12V1,1V h p
2h
2p
13V2,1V h p
3h
3p
14V3,1V h p
4h
4p
15V4,1V h p
5h
5p
16V5,1V h p
6h
6p
CONCLUSIONI, CALCOLI E RISULTATO FINALE:
Ad ogni variazione del volume iniziale corrisponde una relativa variazione della pressione iniziale.
Ad una diminuzione di volume corrisponde un aumento di pressione e viceversa.
Comunque il prodotto del volume per la relativa pressione continua a mantenersi costantemente
uguale al prodotto del volume iniziale per la pressione iniziale a condizione che resti costante la
temperatura.
Questa relazione di corrispondenza costituisce la legge di Boyle-Mariotte relativamente ad una
trasformazione isoterma.
Calcoli:
E’ sempre utilizzata la legge di Stevin:
iHghp
Per la prima parte dell’esperienza con riduzione del volume iniziale i relativi valori della
pressione saranno calcolati:
21
m
N300.101p
1V Volume iniziale a lettura diretta sul tubo graduato 3
m
12
2Hg2
V9,0V
h300.101p
12
3Hg3
V8,0V
h300.101p
12
4Hg3
V7,0V
h300.101p
Per la seconda parte dell’esperienza con aumento del volume iniziale i relativi valori della
pressione saranno calcolati:
11
1
VV
Pa300.101p
12
2HgHg2
V1,1V
h)h300.101(p
13
3Hg
*
Hg3
V2,1V
h)h300.101(p
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527
14
4Hg
**
Hg4
V3,1V
h)h300.101(p
La conclusione dell’esperienza è la verifica della costanza del prodotto Vp .
Occorrerà quindi procedere moltiplicando i valori della pressione calcolata e del relativo volume
rilevato.
Per tutte e due le parti dell’esperienza il risultato delle moltiplicazione dovrebbe essere
approssimativamente uguale:
KVp.......VpVp.......VpVp*
n
*
n
*
2
*
2
*
1
*
12211
Ove con l’asterisco sono indicati i risultati della seconda parte dell’esperienza.
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528
ESPERIENZA N. 29
LA LIQUEFAZIONE DEI GAS
EFFETTO JOULE-THOMSON
MACCHINA DI LINDE – MACCHINA DI CLAUDE
CICLO DI LINDE/HAMPSON
CICLO CLAUDE
SCOPO:
Illustrare il ciclo di funzionamento in base al quale, operando trasformazioni di stato
termodinamico, si ottiene la liquefazione dell’aria.
Lo stesso processo è utilizzato anche per separare, sempre allo stato liquido, i gas che compongono
l’aria e, nello stesso tempo, per ottenere capacità termiche criogeniche, cioè a bassissima
temperatura.
E’ da ritenersi come temperatura limite tra il raffreddamento e la criogenia, il valore approssimativo
di – 150 °C, corrispondente ad una temperatura assoluta di circa 123 K.
I valori delle temperature di liquefazione di alcuni gas, tra i quali anche i componenti dell’aria, sono
orientativamente:
Xeno K1,166
Kripto K3,120
Metano K7,111
Ossigeno K2,90
Argo K5,87
Fluoro K1,85
Azoto K5,77
Neo K6,27
Idrogeno K2,20
Elio K3,4
Essendo ideati per la liquefazione dell’aria ed essendo variabile la temperatura di liquefazione dei
vari componenti, il ciclo Linde e quello di Claude sono anche impiegati per la separazione dei gas
contenuti nella miscela.
LEGGI DI RIFERIMENTO:
Le leggi della termodinamica e le leggi relative alle trasformazioni di stato dei gas, con particolare
riguardo alla trasformazione adiabatica senza scambio di calore ma con scambio di lavoro esterno e
alla trasformazione adiabatica senza scambio di lavoro esterno,ad entalpia costante.
Quest’ultima trasformazione è regolata dall’effetto Joule-W.Thomson (Lord Kelvin) in cui la
temperatura di un gas reale, in certe condizioni, diminuisce durante una fase d’espansione dalla
quale non è estratto lavoro.
Quando un gas reale (contrariamente a quanto avviene per un gas perfetto) si espande liberamente
ad entalpia costante, la temperatura aumenta o diminuisce a seconda delle condizioni iniziali di
pressione e temperatura.
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529
Se l’espansione avviene ad una certa pressione e ad una temperatura superiore alla temperatura
d’inversione Joule-Thomson, allora il gas si riscalda, mentre, se la temperatura è minore di quella
d’inversione il gas si raffredda ulteriormente.
Per la maggior parte dei gas a pressione atmosferica la temperatura d’inversione è abbastanza
elevati quindi essi si raffreddano per effetto dell’espansione ad entalpia costante.
L’effetto Joule-Thomson è sfruttato quindi per ridurre ulteriormente le temperature del gas reale.
Il meccanismo fisico che è causa della variazione di temperatura è sinteticamente il seguente:
L’energia interna posseduta da un gas è la somma dell’energia potenziale e dell’energia cinetica
delle molecole in esso contenute.
Per un gas ideale si pensato di ritenere nulla l’energia potenziale in virtù del fatto che, essendo
rarefatto, le distanze molecolari sono enormemente grandi. Di conseguenza l’energia interna per un
gas ideale è in pratica quantificata dall’energia cinetica dalla quale dipende la temperatura del gas
stesso.
Questo non succede nel caso di gas reali per i quali non si può ritenere nulla l’energia potenziale.
Durante l’espansione di un gas reale si ha solitamente un notevole aumento di volume con un
conseguente aumento delle distanze molecolari che comporta l’immediato aumento dell’energia
potenziale, mentre l’energia interna non cambia.
Ciò significa che deve diminuire l’energia cinetica allo scopo di mantenere inalterata l’energia
interna.
Ma la diminuzione d’energia cinetica provoca un immediato calo di temperatura e il conseguente
raffreddamento.
FUNZIONAMENTO:
Il compressore aspira aria secca e depurata alla pressione atmosferica e temperatura ambiente e
provvede all’aumento della pressione sino a circa 200 atm.
L’aria subisce quindi una forte compressione adiabatica con fornitura di lavoro esterno, alla fine
della quale è riscaldata e portata alla pressione di circa 200 atmosfere.
Al termine della compressione l’aria defluisce in uno scambiatore di calore (condensatore o
refrigeratore) ove subisce un processo isobaro di raffreddamento nel quale il liquido refrigerante è
acqua.
L’aria in uscita è ancora alla pressione di circa 200 atmosfere, ma la temperatura è notevolmente
più bassa rispetto a quella d’uscita dal compressore.
Nel successivo passaggio attraverso un secondo scambiatore in controcorrente (sottoraffreddatore)
si provvede a mantenere inalterata la pressione e a ridurre ancora la temperatura.
Il fluido refrigerante è la stessa aria proveniente dal cambiamento di stato successivo.
Il passaggio successivo è l’espansione adiabatica ad entalpia costante che l’aria subisce nel
passaggio attraverso la valvola di laminazione (riduttore di pressione).
L’aria, già fredda, è fatta espandere nel serbatoio di raccolta e separazione (serbatoio di
liquefazione) in modo violento ed irreversibile dalla pressione di 200 atmosfere alla pressione finale
di circa 1 atmosfera.
La brusca espansione non produce lavoro esterno ma è causa di una notevole riduzione della
temperatura (effetto Joule-Thomson) causata dall’improvvisa perdita d’energia cinetica e da un
conseguente aumento dell’energia potenziale.
L’energia interna rimane inalterata, ma l’abbassamento di temperatura, dopo alcuni cicli, provoca la
liquefazione frazionata dei componenti gassosi dell’aria che si raccolgono nel serbatoio fortemente
isolato contro le perdite di calore.
La parte di aria rimanente, a temperatura molto bassa, è quindi inviata al sottoraffreddatore
provvedendo così al raffreddamento dell’aria in arrivo dal condensatore, e reimmessa nel ciclo
produttivo miscelandosi all’aspirazione del compressore.
APPUNTI DI FISICA
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530
C O N D E N S A T O R E
(R E F R IG E R A T O R E IS O B A R O A D A C Q U A )
In g re s s o a c q u a f re d d a
U s c ita a c q u a c a ld a
C O M P R E S S O R E
V A L V O L A L A M IN A Z IO N E
(R ID U T T O R E D I P R E S S IO N E )
2 0 0 a tm
1 a tm
G A S F R E D D O
G A S L IQ U ID O
R A C C O L T A G A S L IQ U E F A T T O
S E R B A T O IO IS O L A T O T E R M IC .
S O T T O R A F F R E D D A T O R E
C O N T R O C O R R E N T E
(R A F F R . A G A S )
(A L T A P R E S S IO N E )
E N T R A T A G A S S U R R IS C A L D A T O
(A L T A P R E S S IO N E )
U S C IT A G A S F R E D D O
(B . P R E S S )E S P A N S IO N E IR R E V E R S IB IL E
(E F F E T T O J O U L E -T H O M S O N )
R A F F R E D D A M E N T O L IQ U E F .
G A S F R E D D O
G A S R IS C A L D .
IN G R E S S O A R IA
A R IA R E C U P E R O
APPUNTI DI FISICA
LE LEGGI DEI GAS PERFETTI E LA TEORIA CINETICA DEI GAS
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531