l'oblòsulcortile_2010edicembre

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NOME SOCIETÀ Giornalino del Liceo Ginnasio Statale G. Carducci Carissimi carducciotti che ci leggete di nascosto da sotto il banco o mentre vi ingozzate di panettoni, pandori, nocciolati, cotechini, datteri e viveri vari, che sopravvivete ogni giorno alla tortura scolastica, che non vedete l’ora -come noi- di an- darvene in vacanza, ben trovati! Avrete sicuramente notato la doppia edizione “Almanacco di Natale”: vista la denominazione del primo numero “Novembre 2010” dedurrete che evidente- mente ci sono stati dei disguidi durante la pubblicazione, infatti avremmo dovuto uscire prima delle elezioni scolastiche, ma a volte la pesante burocrazia gioca scherzi poco simpatici… Siamo usciti online sul blog oblocarducci.blogspot.com , ma abbiamo comunque preferito distribuirvi entrambi i numeri in una volta sola, preparandovi un malloppone natalizio (Avendo più articoli da leggere vi man- cheremo di meno). E così con questi numeri inizia finalmente la riesumazione del vecchio giornale scolastico, che si era un po’ ingrigito, accasciato, assopito: la nostra Redazione, che si ingrandisce di giorno in giorno, si sta dando da fare seriamente (Vi saranno forse giunte voci di iniziative come concorsi fotografici, concerti, sondaggi…), ma un sincero gra- zie va anche a voi che ci seguite con entusiasmo. Nelle prime pagine troverete notizie di at- tualità, in seguito una sezione dedicata alla nostra scuola e agli eventi (Vi ricordo della le- zione-concerto sulla musica barocca organizzata dal Colletti- vo che si terrà il 14 Gennaio, tenuta dai veterani Martin Nica- stro e Riccardo Toso), a seguire ancora uno sguardo fuori dal mondo scolastico e articoli a proposito della vita di M. Moni- celli, recentemente morto suici- da, del giornalino del reparto Mariani nell’ospedale di Niguar- da, del filosofo più famoso di tutti i tempi, il buon vecchio Socrate. E ancora giochi, oro- scopi, vignette! Infine, per chi ride ancora, un resoconto del mitico concerto del 3 Dicembre (Pizza buona, sana, carduccia- na), una recensione dell’incon- tro con la scrittrice iraniana Marina Nemat (l’autore è, fra l’altro, il secondo classificato del primo concorso fotografi- co!). Quindi, nella confusione più totale, tra classi cambiate (Ma c’era proprio bisogno di farlo? Mi sono segata le gam- be al ginnasio dicendomi ogni volta “Tieni duro, l’anno pros- simo sarai al LICEO!”, per co- sa? Tagliato finalmente l’atte- sissimo traguardo della prima liceo mi sento dire che sono in terza e che il ginnasio è morto. Fatica sprecata, non posso nemmeno vantarmi con i gin- nasiali di essere al liceo), fre- nesie organizzative di coge- stioni varie, burocratici ritardi colossali, crisi economiche, rivoluzioni, colpi di stato, scan- dali mondiali e pandemie, anche L’Oblò sul cortile è riu- scito ad uscire, meglio delle edizioni precedenti, da questa situazione: speriamo di allie- tarvi la giornata e di rasserena- re i vostri tempi bui (Caspita è l’una di notte! Ecco perché è così buio…). Per concludere, tutta la Redazione vi augura BUONE FESTE! Eleonora Sacco IF L’Editoriale L’Editoriale L’Editoriale L’Editoriale Per accontentare le numerosissime ri- chieste pervenuteci, per dare a tutti un’altra chance di eterna gloria, per in- nalzare la fama dell’Oblò fino alle stelle e perché siamo tutti belli e bravi, è con grande emozione che indiciamo un se- condo concorso fotografico, questa volta invernale, a tema “Inverno”. Come la prima volte abbiamo volutamente scelto un tema piuttosto generico in modo da lasciare libero spazio alla fantasia e all’o- riginalità del fotografo. Regolamento: le foto devono essere ret- tangolari, ca. secondo i formati comuni (9x13, 10x15,13x18), oppure perfetta- mente quadrate. La risoluzione minima richiesta (Prettamente per esigenze di valutazione e per un’eventuale stampa) è 640x480. E’ vietato il fotoritocco, a ecce- zione di leggere correzioni di contrasto, ombre, alte luci, bianco e nero o seppia. Le foto dovranno essere in formato .jpg o .jpeg, e ovviamente inerenti al tema; il fotografo, inoltre, non potrà comparire in foto. La redazione stessa sceglierà le foto vincitrici valutando tecniche, originalità e simpatia. Potete inviare al massimo 2 foto, entro il 30/01/2011, alla casella di posta [email protected], ponendo a oggetto della mail nome, cognome e classe, ed, eventualmente, una breve didascalia interpretativa e/o titolo. Vi ricordiamo che la partecipazione è gra- tuita, e che le foto vincitrici verranno pub- blicate sul prossimo numero dell’Oblò. Partecipate numerosi! Eleonora Sacco IF A NNO V — N UMERO II D ICEMBRE 2010 Bontate e Mangano. Altro che fiducia 2-3 Wikileaks e Justin Bieber: la popolari- tà vista da internet 4 Modus protestandi 5 Il più intricato giallo italiano dei ‘70s 6-7 Marina Nemat Eventi imperdibili 8 L’Oblò sul… Concerto! - Eventi 9 Ebbene, chi era Mario Monicelli? 10 SOMMARIO Concorso Fotografico - La vendetta Il Marianino 11 Vignetta Flash Book 12 13 Giochi 14 Storia di una madre ritrovata La Redazione 16

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Concorso Fotografico - La vendetta ^ >Z L’Editoriale L’Editoriale L’Editoriale L’Editoriale >K /D ' s & Giornalino del Liceo Ginnasio Statale G. Carducci A NNO V — N UMERO II D ICEMBRE 2010 SOMMARIO NOME SOCIETÀ Dicembre 2010 W W>D h 'd W '> / W h E/ W' ^ W' h W W> ' & W &/^ d'D Z ZDD > ^ Bontate e Mangano. Altro che fiducia. A NNO V — N UMERO IIP AGINA 2 A TTUALITÀ

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Page 1: L'OblòSulCortile_2010eDicembre

Dicembre 2010

NOME SOCIETÀ

Giornalino del Liceo Ginnasio Statale G. Carducci

Carissimi carducciotti che ci leggete di nascosto da sotto il banco o mentre vi ingozzate di panettoni, pandori, nocciolati, cotechini, datteri e viveri vari, che sopravvivete ogni giorno alla tortura scolastica, che non vedete l’ora -come noi- di an-darvene in vacanza, ben trovati! Avrete sicuramente notato la doppia edizione “Almanacco di Natale”: vista la denominazione del primo numero “Novembre 2010” dedurrete che evidente-mente ci sono stati dei disguidi durante la pubblicazione, infatti avremmo dovuto uscire prima delle elezioni scolastiche, ma a volte la pesante burocrazia gioca scherzi poco simpatici… Siamo usciti online sul blog oblocarducci.blogspot.com, ma abbiamo comunque preferito distribuirvi entrambi i numeri in una volta sola, preparandovi un malloppone natalizio (Avendo più articoli da leggere vi man-cheremo di meno). E così con questi numeri inizia finalmente la riesumazione del vecchio giornale scolastico, che si era un po’ ingrigito, accasciato, assopito: la nostra Redazione,

che si ingrandisce di giorno in giorno, si sta dando da fare seriamente (Vi saranno forse giunte voci di iniziative come concorsi fotografici, concerti, sondaggi…), ma un sincero gra-zie va anche a voi che ci seguite con entusiasmo. Nelle prime pagine troverete notizie di at-tualità, in seguito una sezione dedicata alla nostra scuola e agli eventi (Vi ricordo della le-zione-concerto sulla musica barocca organizzata dal Colletti-vo che si terrà il 14 Gennaio, tenuta dai veterani Martin Nica-stro e Riccardo Toso), a seguire ancora uno sguardo fuori dal mondo scolastico e articoli a proposito della vita di M. Moni-celli, recentemente morto suici-da, del giornalino del reparto Mariani nell’ospedale di Niguar-da, del filosofo più famoso di tutti i tempi, il buon vecchio Socrate. E ancora giochi, oro-scopi, vignette! Infine, per chi ride ancora, un resoconto del mitico concerto del 3 Dicembre (Pizza buona, sana, carduccia-na), una recensione dell’incon-tro con la scrittrice iraniana Marina Nemat (l’autore è, fra

l’altro, il secondo classificato del primo concorso fotografi-co!). Quindi, nella confusione più totale, tra classi cambiate (Ma c’era proprio bisogno di farlo? Mi sono segata le gam-be al ginnasio dicendomi ogni volta “Tieni duro, l’anno pros-simo sarai al LICEO!”, per co-sa? Tagliato finalmente l’atte-sissimo traguardo della prima liceo mi sento dire che sono in terza e che il ginnasio è morto. Fatica sprecata, non posso nemmeno vantarmi con i gin-nasiali di essere al liceo), fre-nesie organizzative di coge-stioni varie, burocratici ritardi colossali, crisi economiche, rivoluzioni, colpi di stato, scan-dali mondiali e pandemie, anche L’Oblò sul cortile è riu-scito ad uscire, meglio delle edizioni precedenti, da questa situazione: speriamo di allie-tarvi la giornata e di rasserena-re i vostri tempi bui (Caspita è l’una di notte! Ecco perché è così buio…). Per concludere, tutta la Redazione vi augura BUONE FESTE!

Eleonora Sacco IF

L’EditorialeL’EditorialeL’EditorialeL’Editoriale

Per accontentare le numerosissime ri-chieste pervenuteci, per dare a tutti un’altra chance di eterna gloria, per in-nalzare la fama dell’Oblò fino alle stelle e perché siamo tutti belli e bravi, è con grande emozione che indiciamo un se-

condo concorso fotografico, questa volta invernale, a tema “Inverno”. Come la prima volte abbiamo volutamente scelto un tema piuttosto generico in modo da lasciare libero spazio alla fantasia e all’o-riginalità del fotografo.

Regolamento: le foto devono essere ret-tangolari, ca. secondo i formati comuni (9x13, 10x15,13x18), oppure perfetta-mente quadrate. La risoluzione minima richiesta (Prettamente per esigenze di valutazione e per un’eventuale stampa) è 640x480. E’ vietato il fotoritocco, a ecce-zione di leggere correzioni di contrasto, ombre, alte luci, bianco e nero o seppia. Le foto dovranno essere in formato .jpg

o .jpeg, e ovviamente inerenti al tema; il fotografo, inoltre, non potrà comparire in foto. La redazione stessa sceglierà le foto vincitrici valutando tecniche, originalità e simpatia.

Potete inviare al massimo 2 foto, entro il 30/01/2011, alla casella di posta “[email protected]”, ponendo a oggetto della mail nome, cognome e classe, ed, eventualmente, una breve didascalia interpretativa e/o titolo.

Vi ricordiamo che la partecipazione è gra-tuita, e che le foto vincitrici verranno pub-blicate sul prossimo numero dell’Oblò.

Partecipate numerosi!

Eleonora Sacco IF

ANNO V — NUMERO I I

D ICEMBRE 2010

Bontate e Mangano. Altro che fiducia 2-3

Wikileaks e Justin Bieber: la popolari-tà vista da internet

4

Modus protestandi 5

Il più intricato giallo italiano dei ‘70s 6-7

Marina Nemat Eventi imperdibili

8

L’Oblò sul… Concerto! - Eventi 9

Ebbene, chi era Mario Monicelli? 10

SOMMARIO

Concorso Fotografico - La vendetta

Il Marianino 11

Vignetta Flash Book

12 13

Giochi 14

Storia di una madre ritrovata La Redazione

16

Page 2: L'OblòSulCortile_2010eDicembre

ATTUALITÀ ANNO V — NUMERO I I PAGINA 2

L o scorso 19 novembre sono state depositate le motivazioni della sentenza con la quale la Corte d’Appello di Palermo il

29 luglio ha condannato il senatore del Popolo delle Libertà, Marcello Del-l’Utri, a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa (art. 416-bis cp). Estinto invece – causa decesso – il procedi-mento nei confronti dell’altro coimputato, Gaetano “Tanino” Cinà, processato per parteci-pazione diretta ad asso-ciazione mafiosa e con-dannato a 6 anni in Pri-mo Grado. La sentenza, che si compone di 641 pagine, è importante per diversi moti-vi. Innanzitutto perché conferma la validità del granitico caposaldo del-l’impianto accusatorio della Procura, con buona pace dei propagandisti della “magistratura politicizzata” e “golpista”, mettendo nero su bianco il ruolo di “intermediazione” di Dell’Utri fra Berlusconi e Cosa Nostra. In secon-do luogo perché riforma in parte la sentenza di Primo Grado, riducendo la pena da 9 a 7 anni. Come? Eliminan-do, in un periodo che va dai primi anni ‘70 al 1996 (in realtà 2001), la parte del reato contestato successiva al 19-92 per “insufficiente valenza probato-ria delle risultanze processuali”. Se in Primo Grado dunque si è ritenuto che Dell’Utri abbia messo a disposizione della mafia prima i suoi rapporti con il Berlusconi imprenditore, poi con il Berlusconi politico, per i giudici d’Ap-pello la seconda ipotesi non risulta sufficientemente provata. Per questo motivo, dopo la pubblicazione in lu-glio del dispositivo della sentenza, vi furono manifestazioni di esultanza da parte dei volti esposti del PdL, nelle voci dell’ottimo Gasparri e del pidui-sta Fabrizio Cicchitto, i quali procla-marono “smontati i teoremi della Pro-cura su mafia e Forza Italia”. Seguiti a ruota dal TG1 del fido Minzolingua, che riuscì financo a spacciare per “assoluzione” una condanna a 7 anni. Roba da Zimbabwe, per dirla con il dg Rai Mauro Masi. Come sia stato possi-

bile definire “smontate” le accuse della Procura prima ancora che fos-sero scritte le motivazioni della sen-tenza è per noi comuni mortali ma-teria totalmente oscura, dato che per commentare una sentenza biso-gnerebbe quantomeno leggerla. Ma non si può certo pretendere tanto da

certi poveracci. Ovviamente, infatti, i giudici d’appello non si sognano nemmeno di affermare che a partire dal 1993 Dell’Utri ha smesso di avere rapporti con Cosa Nostra, dato che altrimenti avrebbero concesso assoluzione in formula piena per quel perio-do. Semplicemente stabiliscono che non è possibile attestare con certezza la colpevolezza

dell’imputato per il periodo successi-vo al 1992 per insufficienza probato-ria. E a questo riguardo è molto pro-babile che la Procura presenti un ricorso in Cassazione per ottenere una condanna anche per quel perio-do, dal momento che i giudici d’Ap-pello si sono cimentati in capriole e salti mortali per poter tagliare il post ’92, frammentando e spar-pagliando le prove pro-dotte (alcune pur schiaccianti, come le intercettazioni al boss Guttadauro o la vicen-da D’Agostino) per far-ne perdere il senso di insieme unitario. Salvo poi dichiarare insuffi-cienti le singole istan-ze, prese di per sé. Ma neppure il collegio più benevolo del-la pluriennale storia di imputato di Marcello Dell’Utri (il figlio del presi-dente Claudio Dall’Acqua, Fabrizio, nel gennaio 2010 è stato curiosa-mente assunto per chiamata diretta come segretario generale del Comu-ne dal sindaco di Palermo Diego Cammarata, PdL, vicino al “dellutriano” Gianfranco Micciché) ha potuto negare l’evidenza del rap-porto reciprocamente fruttifero fra esponenti di spicco dell’organizzazio-ne criminale Cosa Nostra e il senato-re, infiggendo a quest’ultimo una

grave condanna. Che diventa gravis-sima per i suoi evidenti risvolti poli-tici.

Il commento più intelligente è arri-vato per bocca dello stesso Dell’U-tri. “E’ possibile – si chiede – che se io ho avuto rapporti con la mafia fino al 1992 quando ero un semplice dirigente di Publitalia, quando di-vento importante e fondo Forza Italia la mafia smette di avere rap-porti con me e io di avere rapporti con la mafia?”. Un’obiezione formi-dabile dal punto di vista logico. Se sotto il profilo giuridico quindi Del-l’Utri è da considerarsi non colpevo-le, il discorso cambia sotto il profilo politico (nonostante la Corte affermi spiritosamente che Cosa Nostra ha appoggiato sì Forza Italia, ma sulla fiducia e non in base ad un accor-do). Ha senso che un’organizzazione scaltra e subdola come Cosa Nostra rinunci a rapportarsi con un suo uomo di fiducia proprio nel momen-to in cui questi decide di fondare, e

spinge Berlusconi a farlo assieme a lui, un partito destinato alla guida del Paese? No. Anche perché non è mai successo che un sodalizio mafioso si inter-rompesse da un giorno all’altro. Tant’è che, come si è detto, la sentenza non afferma questo. Ma c’è dell’altro. Perché la sen-tenza, oltre a condannare Dell’Utri “per avere concor-

so nelle attività della asso-

ciazione di tipo mafioso

denominata “Cosa Nostra”, nonché

nel perseguimento degli scopi della

stessa, mettendo a disposizione del-

la medesima associazione l’influen-

za ed il potere derivanti dalla sua

posizione di esponente del mondo

finanziario ed imprenditoriale, non-

ché dalle relazioni intessute nel cor-

so della sua attività, partecipando in

questo modo al mantenimento, al

rafforzamento ed alla espansione

della associazione medesima”, evi-denzia nei fatti in questione un ruo-lo tutt’altro che indifferente giocato dal presidente del

Bontate e Mangano. Altro che fiducia.

S. Bontate (su) e il suo cadavere.

Page 3: L'OblòSulCortile_2010eDicembre

ATTUALITÀ D ICEMBRE 2010 PAGINA 3

Consiglio Silvio Berlusconi. Il cui no-me, non a caso, in un documento di 641 pagine, è citato all’incirca 460 volte. Un ruolo che nella requisitoria di Primo Grado il pm Ingroia aveva delineato come quello di “vittima consapevole” delle estorsioni mafiose. Secondo i giudici, Berlu-sconi ha consapevolmen-te pagato Cosa Nostra dal 1974 fino al 1992, alla vigilia delle stragi, senza mai denunciare le estor-sioni e le minacce. ll nodo cruciale di questa torbida vicenda risale appunto al 1974, anno in cui il boss di Porta Nuova Vittorio Mangano (che qualche anno dopo il premier e il suo braccio destro non esiteranno a definire un “eroe”) viene assunto da Berlusconi come “fattore” nella Villa di Arcore. In quel periodo, infatti, gli imprenditori del Nord era-no soggetti a ripetuti sequestri a sco-po estorsivo da parte di Cosa Nostra, tant’è che, come affermano i giudici, Mangano “venne ben presto adibito

sostanzialmente alla sicurezza del suo

nuovo datore di lavoro, e soprattutto

dei suoi familiari”. Ma andiamo con ordine.

Come riferisce il pentito Francesco Di Carlo, ex boss di Altofonte, giudicato pienamente attendibile, in una data che la Corte colloca “fra il 16 e il 29 maggio”, avviene a Milano, “negli uffici del Berlusconi” un incontro “alla presenza, oltre che di questi, del

dichiarante e dello stesso Dell’Utri,

anche di Gaetano Cinà, Girolamo Te-

resi e soprattutto Stefano Bontate,

che era uno dei più importanti capi-

mafia dell’epoca (membro fino a poco

tempo prima del “triumvirato”, mas-

simo organo di vertice di cosa

nostra agli inizi degli anni ’70,

con gli altrettanto noti Gaetano

Badalamenti e Luciano Liggio)”. Che cosa dicono i giudici a pro-posito di questo incontro? Di-cono che “deve allora reputarsi

certo, anche sul piano logico,

che ad impegnarsi per garanti-

re l’incolumità di Berlusconi sia

scesa in campo l’associazione

mafiosa ai suoi massimi livelli

criminali, forte della sua noto-

ria pericolosità e potenza a livello

nazionale ed internazionale, e dun-

que dotata di adeguata ed indiscuti-

bile capacità dissuasiva”. E ancora: “Stefano Bontate si impegnò perso-

nalmente ad assicurare con la

sua indiscussa autorità mafio-

sa indicando a Berlusconi pro-

prio l’imputato [Dell’Utri, ndr]

per ogni eventuale futura esi-

genza e contestualmente sta-

bilendo che avrebbe mandato

o comunque incaricato specifi-

camente qualcuno che gli stes-

se vicino”. Difatti di lì a poco ad Arcore giungerà Mangano

“con un incarico specifico deciso da

Stefano Bontate, uno dei più potenti

capi della mafia siciliana dell’epoca,

scelto e mandato lì solo per tale ra-

gione: rappresentare a chiunque che

il suo nuovo datore di lavoro da quel

momento in poi era “intoccabile”

perché godeva della protezione della

più pericolosa e diffusa associazione

criminale del paese”. Berlusconi, in pratica, preoccupato per le minacce ricevute da Cosa Nostra, invece di denunciare e di rivolgersi alle forze dell’ordine, per avere protezione tramite Dell’Utri si rivolge alla mafia stessa. Cioè da quel momento in avanti Berlusconi si rende ricattabile e condizionabile dalla volontà di Co-sa Nostra e dei suoi esponenti di spicco. Da quel momento in poi, Ber-lusconi si mette “consapevolmente” nelle mani di Cosa Nostra. Infatti da quel momen-to parte una serie “di periodiche

somme di denaro (50 milioni di lire

l’anno)” che Berlusconi versava “a

Cosa Nostra e che venivano inizial-

mente ritirate da Vittorio Mangano” e che finivano prima nelle mani delle

cosche vicine a Bontate, poi in quelle delle cosche vicine a Totò Riina. Nel 1981, infatti, i corleonesi decidono di eliminare i vertici di Cosa Nostra per sostituirsi a loro, e Mangano viene graziato e riciclato nel suo incarico. I versamenti dunque proseguono per quasi un ventennio, almeno fino al 1992. Per il periodo successivo, al-meno secondo i giudici d’Appello, c’è insufficienza di prove. Ma a rigor di logica il rapporto fra Dell’Utri e Cosa Nostra è probabile che sia prosegui-to oltre. Come spiegarsi altrimenti la persistenza del senatore al fianco di Berlusconi, pur essendo stato accer-tato il suo concorso anche nelle e-storsioni ai danni del Cavaliere? A rigor di logica è pressoché impossibi-le che la mafia abbia rinunciato a far valere il suo peso su Dell’Utri – e quindi su Berlusconi – nel periodo politico. Esistono infatti fior di docu-menti (non opinioni o testimonianze: documenti) prodotti dalla Procura che avallano questa tesi, come gli incontri avvenuti fra il senatore e Mangano nel 1994, e annotati sull’a-genda della segretaria di Dell’Utri; o come le intercettazioni ambientali nell’autoscuola di Carmelo Amato, uomo vicino a Provenzano che, nel 1999, parlando con i suoi picciotti organizzava la campagna elettorale di Dell’Utri per le elezioni del Parla-mento Europeo; o le intercettazioni al boss di Brancaccio Guttadauro, che conversando con un altro boss, Aragona, parla esplicitamente di un accordo fra Dell’Utri e Gioacchino Capizzi che portò Forza Italia ad otte-nere, nelle elezioni politiche del 200-1, in Sicilia, 61 collegi su 61. Ecco, per i giudici d’Appello questi docu-menti non sono sufficienti a provare l’esistenza di un patto politico-mafioso fra Forza Italia, di cui Dell’U-tri è il fondatore, e Cosa Nostra. E se da un punto di vista giuridico è d’uo-po che ci si attenga alla sentenza e che la si rispetti, da un punto di vista politico è pacifico quanto queste documentazioni, unitamente alla sentenza in sé, siano più che suffi-cienti per chiedere le immediate dimissioni del senatore Marcello Dell’Utri e del presidente del Consi-glio Silvio Berlusconi. Altro che fidu-

cia Claudio Fatti IIIF

Vittorio Mangano

Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri

Page 4: L'OblòSulCortile_2010eDicembre

ATTUALITÀ ANNO V — NUMERO I I PAGINA 4

B lack bloc, facinorosi, vandali e vio-lenti si sono riuniti a Roma questo “caldo” mercoledì 15 dicembre di protesta e scontri. Scontri politici

più o meno civili e scontri in piazza, quasi guerriglia urbana. A fine giornata si contano i danni: un centinaio gli agenti delle Forze dell’ Ordine feriti, venticinque i ricoverati in ospe-dale e quarantun arresti (anche se il numero è destinato a salire grazie ai filmati della Di-gos che dice di aver già riconosciuto un centi-naio di <studenti>), oltre che danni per cin-quanta milioni di euro. Si potrebbe benissimo dire che questa violenza massiva organizzata sia figlia di quella di alcuni politici divulgatori di odio che incitano alla rivolta, ma ciò non rappresenti in nessun modo una giustificazio-ne; poiché quello sopraccitato non è affatto un caso isolato: di seguito se ne analizzerà un’ altro, forse più grave, avvenuto il mese scorso. “Un popolo civile come noi siamo, quando si trova di fronte a queste situazioni […] dovrebbe menarli, perché questa gente capisce solo di essere menata” disse a suo tempo Emilio Fede, direttore del TG4, rife-rendosi ai partecipanti al corteo del 23 no-vembre 2010 contro il contestatissimo DDL Gelmini. L’incauta frase suscitò molto scalpo-re, soprattutto nel popolo studentesco e nei vari collettivi, giustamente di tutt’altro avvi-so. Orbene, martedì 23 novembre 2010 molti degli studenti italiani si trovavano nel bel mezzo della cosiddetta <no Gelmini week>, settimana all’insegna della protesta, dello sciopero e dell’occupazione. Un popolo ordi-nato e convinto, che protesta con forza con-tro una legge da alcuni considerata iniqua. Tuttavia non sempre il dissenso è esercitato al fine di ottenere un effettivo cambiamento: sempre più spesso la manifestazione è prete-sto per sfogare disagi sociali che hanno ben poco a che vedere col nostro diritto allo stu-dio, e questo danneggia la nostra immagine di liceali. È il caso di alcuni gruppi di Roma che hanno organizzato il corteo più grande del mese, sviluppando un itinerario attraver-so il centro della città. La questura ha autoriz-zato anzidetta manifestazione, schierando tuttavia agenti in tenuta anti sommossa -e

non- per mantenere l’ordine pubblico e per assicurarsi che il corteo non sforasse i confini concordati. Purtroppo, già prima che la sfilata partisse, un vigile urbano viene aggredito da cinque incappucciati che gli urlano:<servo dello stato> <fascista> <figlio di […]>. Questa imboscata costerà al <servo> trenta giorni di gesso a braccio e caviglia, oltre che un opera-zione chirurgica. Un inizio non brillante per un corteo il cui slogan doveva essere <difendiamo la costituzione: no al ddl Gelmi-ni>, réclame che è poi diventato un coro rabbioso contro politici e forze dell’ordine, costretti ad ascoltare insulti al loro intero albero genealogico: come se non bastasse, gli organizzatori hanno avuto la splendida idea

di attaccare <i fascisti al cuore> (così una studentessa arrestata agli agenti di poli-zia) <e occupare il luogo in cui è nata que-sta legge dimme**a>, ovvero Palazzo Madama in Corso del Rinascimento, sede del Senato della Repubblica Italiana. Ecce-zionale: difendere la costituzione violando la sua sede. Una scelta a dir poco audace. È circa l’una e mezza di pomeriggio quan-do una squadra mobile della polizia (non in tenuta antisommossa) interviene per placare gli studenti imbufaliti che da or-mai mezz’ora non fanno che urlare <dimissioni> e inveire contro il governo ed il portone in legno massiccio del palazzo: gli agenti vengono accolti con un podero-so lancio di oggetti contundenti come sassi, piastrelle, sampietrini, fumogeni e libri di testo (evidentemente chi li ha lan-ciati non sapeva cos’altro farsene) e con i soliti allegri cori sui mestieri delle loro madri, e un veicolo dei carabinieri viene quasi distrutto. La tensione sale: i pochi agenti immediatamente intervenuti di Carabinieri, Polizia e persino Guardia di Finanza si uniscono in un cordone a difesa del portone di Palazzo Ma-dama, sono in una schiac-ciante inferio-rità numerica (cifre da ca-pogiro: circa 1 agente ogni 30 studenti davanti all’e-dificio). Inizia lo scontro: i poliziotti, molti dei quali sen-za nemmeno lo scudo, resistono al lancio di oggetti e alle poderose spinte di più di tremila individui: loro, solo trenta, riesco-no a non farne passare nessuno. Ma dopo poco un agente viene colpito da un sasso in testa: cade a terra, si apre una breccia nel cordone. Un graduato in giacca e cra-vatta prende il suo posto (benché non fosse suo compito), e riceve prima un pugno in faccia, poi una vergata sferzata da un ragazzo incappucciato: resiste, e finalmente arrivano i rinforzi. Dodici dei trenta agenti che hanno difeso il portone vengono medicati dalle ambulanze del 118: quattro di loro sono costretti a corre-re in ospedale per traumi ed escoriazioni su pressoché tutte le parti del corpo. Ora gli agenti a difesa del portone sono rad-doppiati, e stavolta in tenuta antisommos-sa: gli studenti si guardano bene dal riten-tare la sorte, e la situazione sembra pla-carsi: in cinque minuti la Digos arresta due ragazzi (uno dei quali aveva frustato un agente dalla Guardia di Finanza con la cintura, ferendolo) e ne identifica - e de-nuncia - sedici. Ma gli studenti non si ar-

rendono: sono le due e mezza di pomeriggio quando inizia un’ulteriore feroce sassaiola contro gli agenti, e un altro ufficiale viene colpito alla testa (prognosi: 30 giorni per la guarigione): scatta la prima carica di allegge-rimento, i cori si fanno sempre più intensi. Un terzo contingente della Polizia viene inviato sul posto, sono circa venti uomini, al quale la massa riserva un trattamento spe-ciale <alla vernice>, colorando i tristi scudi –e le divise- dei poliziotti. Parte la seconda carica, molto più pesante: vengono fermati quattro studenti, e stavolta nessun agente viene ferito. Tuttavia durante questa opera-zione di allontanamento un manipolo di circa quindici studenti riesce ad intrufolarsi nel palazzo: dopo mezz’ora vengono sgom-berati e la situazione torna tranquilla. Il cor-teo si scioglie, gli studenti se ne vanno non senza lanciare un ultima sassata su alcune volanti della Guardia di Finanza, una delle quali viene gravemente danneggiata. Pare d’obbligo dunque fare un bilancio: sono ventisei gli agenti feriti, cinque i mezzi delle forze dell’ordine vandalizzati ed infine, cilie-gina sulla torta, 18 i milioni di euro di danni

allo stato tra graffiti, vetrine devastate e autoveicoli rovinati: 27 gli interventi dei vigili del fuoco per spegnere cestini in fiamme o altri incendi dolosi. Di fronte a numeri così grossi, viene da pensare. Chi è l’eroe tra un violento incappucciato che urla rabbioso, che vandaliz-za muri e che lancia sassi in aria e un poliziotto come M.P., che era nel cordone dei trenta uo-

mini senza scudo né manganello, a difende-re la legalità? Chi deve essere un esempio per noi, un vandalo o un uomo che preferi-sce rischiare la vita piuttosto che veder vio-lato il luogo della legge che ogni giorno di-fende in prima linea? Sia chiaro che non si sta giudicando il DDL, che come tutte le scelte di tutti i governanti è pienamente opinabile, ma si vuole porre l’attenzione sul modo in cui il diritto di manifestare il proprio dissenso viene esercitato: è giusto protesta-re nei termini previsti dalla legge e dalla Costituzione, ma nel caso in cui vengano violate le legislazioni o gli articoli della Carta Fondamentale della nostra Repubblica, allo-ra bisogna intervenire. Intervenire nei termi-ni previsti, tempestivamente: esattamente come le forze dell’Ordine hanno fatto lo scorso 23 dicembre. Di certo la scuola pub-blica non si migliora aggredendo agenti, urlando slogan, scrivendo sui muri. L’unico modo di migliorare un ambiente di per sé sano e fondato sui saldi principi dell’appren-dimento, è quello di continuare a esercitare il nostro diritto improrogabile, immancabile ed irrinunciabile: il diritto allo studip. Leonardo Rovere, VE

Modus Protestandi

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ATTUALITÀ D ICEMBRE 2010 PAGINA 5

così alti. Eppure, Wikileaks non compare nella classifica ufficiale, stilata da Twit-ter, degli argomenti più caldi del mo-mento. Perché? Subito si è pensato alla censura. Il governo USA e molti altri Paesi hanno subito condannato la pub-blicazione dei documenti; il fondatore del sito, Julian Assange, è stato arresta-to a seguito di un mandato di cattura internazionale, perché indagato in Sve-zia per stupro; su pressione del governo USA, PayPal, Mastercard e Visa non ac-cettavano più donazioni in favore di Wikileaks. L'idea che anche Twitter a-

vesse ricevuto pressioni, per minimizza-re l'impatto delle rivelazioni, non appa-riva troppo strana.

Dopo qualche giorno, però, il blog uffi-ciale di Twitter ha rivelato il funziona-mento dell'algoritmo di popolarità, uti-lizzato per stilare la classifica degli argo-menti di discussione più caldi del mo-mento. Fino ad alcuni mesi fa, la classifi-ca mostrava i termini, ordinati per volu-mi di traffico generati: chi aveva più tweets si collocava al top.

Nella primavera del 2010, Twitter viene invaso, ma non si tratta di un attacco di hacker né di un tentativo di limitare la libertà di espressione. Più semplicemen-te, le fan di Justin Bieber, sedicenne pop-star lanciata da Disney Channel, si riversano su Twitter per testimoniare l'amore per il loro beniamino. Per quasi due mesi, Justin Bieber rimane al primo posto della classifica di Twitter. Gli svi-luppatori, ormai stufi, decidono di modi-ficare l'algoritmo, in modo che entrino in classifica le nuove tendenze, gli argo-menti di cui prima non si parlava e che sono cresciuti rapidamente, attirando in breve l'interesse di un numero molto alto di persone.

Wikileaks è primo in classifica il 28 no-vembre: prima di questa data, è nomi-nato in un numero molto basso di post

e, improvvisamente, le rivelazioni ven-gono tweettate da centinaia di migliaia di utenti.

Nei giorni successivi, il numero di mes-saggi su Wikileaks rimane costantemen-te molto alto, apparendo agli occhi del-l'algoritmo come un argomento così popolare da ricadere nella normalità.

Wikileaks è, dunque, la prima vittima dell'“effetto Justin Bieber”: un argo-mento o un personaggio possono essere tanto popolari da venire ignorati.

Oggi, i tweet contenenti il nome di Ju-lian Assange sono anco-ra moltissimi e rappre-sentano una percentua-le costante, pari all'1% del traffico di Twitter e nessuno se ne meravi-glia.

Ovviamente, Wikileaks non è un cantante pop, ma un fenomeno media-tico molto più serio, che potrebbe non seguire la

stessa sorte di Justin Bieber. L'interesse che entrambi hanno suscitato consente, però, alcune riflessioni sulla nostra con-cezione di popolarità e sulle sue conse-guenze.

Un'altra considerazione interessante riguarda il confronto tra il numero di tweet contenenti la parola “wikileaks” e quelli contenenti il nome di Julian As-sange, soprattutto a seguito dell'arresto del fondatore del sito, avvenuto il 3 dicembre; il numero di tweet dedicato a lui è stato pari e, in certi momenti, su-periore a quello dei post dedicati ai ca-blogrammi.

La tendenza che si registra è la prefe-renza per il personaggio che sta dietro alle rivelazioni dei segreti americani, rispetto al contenuto delle rivelazioni stesse.

I dispacci, che mostrano il funzionamen-to della diplomazia internazionale e mettono in luce prospettive geopoliti-che prima sconosciute, diventano meno interessanti del loro editore.

Negli USA è stata subito compresa la potenzialità del personaggio: i bene informati scrivono, infatti, che un attore sia già stato assoldato per interpretare Assange in una produzione di Hollywo-od…

Mattia Serranò IIIB

I l 28 novembre, il sito Internet Wikile-aks dà inizio alla pubblicazione, che durerà alcuni mesi, di oltre 250,000 tra dispacci e rapporti delle amba-

sciate USA nel mondo. I media dedicano molto spazio al contenuto dei documenti rivelati, alle reazioni dei governi di tutto il mondo e alle storie dei protagonisti della più grande fuga di notizie della storia.

Tra i collaboratori di Wikileaks ci sono quattro tra i quotidiani più importanti del mondo, che hanno ricevuto e commenta-to per primi i cablogrammi svelati. So-prattutto nei pri-mi giorni dall'ini-zio della pubblica-zione, il numero di visite ai loro siti web è aumentato moltissimo. Pro-prio l'attenzione dedicata dai mezzi di informazione tradizionali ci con-sente di compren-dere l'importanza delle rivelazioni contenute nei cablogram-mi di Wikileaks, ma non riusciamo a capi-re se abbiano avuto un impatto sulla vita delle persone normali, che non scrivono per i giornali e che non lavorano per i governi coinvolti dalle rivelazioni.

Alcuni commentatori, soprattutto italiani, hanno messo in dubbio la portata del fenomeno Wikileaks, sostenendo che, in fondo, i documenti americani non svela-no nulla di nuovo. Dunque, non dovreb-bero produrre un effetto dirompente.

L'analisi del traffico Internet ci dice, inve-ce, che la risonanza della pubblicazione dei documenti USA è stata notevolissima. Google Trends, il servizio di statistica di Google, mostra un picco elevatissimo nella frequenza della ricerca “wikileaks”. Alexa, azienda leader nel Web Analysis, rileva che il sito Wikileaks.org ha raccolto, nei primi due giorni di pubblicazioni, il 2% del traffico web mondiale. Su Twitter, il più frequentato sito di microblogging, il tag “#wikileaks” rappresenta oggi poco meno del 2% del traffico totale del sito, con un numero di post giornalieri nell'or-dine delle centinaia di migliaia. Il 28 no-vembre, i tweet, brevi messaggi della lunghezza massima di 140 caratteri, con-tenenti la parola “wikileaks”, venivano postati al ritmo medio di 5 al secondo. Nei primi giorni di dicembre, nessun altra parola faceva registrare indici di traffico

Wikileaks e Justin Bieber: la popolarità vista da Internet

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ATTUALITÀ ANNO V — NUMERO I I PAGINA 6

D elfo Zorzi, assolto. Carlo Ma-ria Maggi, assolto. Maurizio Tramonte, assolto. Francesco Delfino, assolto. Giuseppe Umberto Rauti, assolto.

È questa la sentenza emanata dai giudici della corte d’assise di Brescia il 16 No-vembre 2010: tutti assolti. Ed è così che, dopo trentasei anni, la verità sulla strage di Brescia rimane ancora oscura; per la terza volta il tribunale assolve tutti gli imputati in base ad un’insufficienza di prove e i mandanti della strage rimango-no impuniti.

Brescia, 28 Maggio 1974.

Sono le 10:00 del mattino, eppure molta gente non si trova sul proprio luogo di lavoro. Per le vie della città è in corso una manifestazione, indetta dal Comita-to Unitario Permanente Antifascista: sono anni duri gli anni ’70, sono gli anni delle bombe e delle stragi che massacra-no l’Italia dal Nord al Sud.

Si parla di grandi stragi, cha hanno lascia-to il segno nelle vite di allora e nella co-scienza nazionale; si parla di stragi riven-dicate da gruppi fascisti, numerosissimi in quegli anni:

Piazza Fontana, Milano. Una bomba esplode nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, provocando 17 morti e 105 feriti. È il 12 Dicem-bre 1969.

Gioia Tauro. Una bomba fa saltare in aria un vagone del treno “Freccia del Sud”, provocando 6 morti e 77 feriti. È il 22 Luglio 1970.

Peteano, provincia di Gorizia. Una bomba esplode in una Cinque-cento, 3 carabinieri rimarranno uccisi. È il 31 Maggio 1972.

Questura, Milano. Una bomba a mano viene lanciata tra la folla riunitasi per inaugurare un mo-numento del Commissario Cala-bresi: 4 morti e 46 feriti. È il 17 Maggio 1973.

Si tratta di stragi, “Uccisione violenta di un gran numero di persone insieme”. Sì, è vero, così recita il vocabolario, ma non solo: questi sono atti di terrorismo, ter-rorismo politico. Come afferma l’ex sin-daco di Brescia Paolo Corsini, il 1974 è solo “il culmine di un lungo periodo di conflittualità quotidiane. In questi anni

sono numerosissime le aggressioni a militanti di sinistra e gli attentati a sedi di partiti e organizzazioni sindacali”. Solo a Brescia, in quest’anno, si sono contate cinque stragi (o scampate stra-gi), prima di quella del 28 Maggio. Tra queste spicca quella alla Coop di Porta Venezia, rivendicata dalla SAM (Squadra d’Azione Mussolini), del 16 Febbraio. Ed è proprio contro queste stragi, questi atti di violenza continui contro cui lo stato sembra del tutto inerme, che i Bresciani vogliono mani-festare, con convinzione e con rabbia. Le persone scese in piazza sono più di tremila e tra la folla si vedono sventola-re bandiere di sindacati e organizzazio-ni antifasciste, dei partiti repubblicani e di quelli socialisti (tra cui spicca anche qualche bandiera della DC). Sono le 10:00 e il corteo ha raggiunto la sua destinazione a Piazza della Loggia. Il palco è già stato allestito in precedenza e ora sta parlando il sindacalista Franco Castrezzati. Per le strade non si aggira nemmeno un carabiniere. È una cosa strana, insolita.

Sono le 10:12, sul palco c’è ancora Ca-strez... Un boa-to. Smarrimen-to. Lunghi i-stanti di silen-zio. Panico. Urla, spintoni, gomitate. Un cestino, di quelli porta rifiuti, è esploso sotto i portici di Piazza della Loggia, a Brescia. Sono le 10:12 del 28 Maggio 1974.

Un’ombra per un attimo oscura il cielo: è il corpo di Alberto Trebeschi, saltato in aria e morto sul colpo. Come lui per-dono subito la vita Giulietta Banzi, Cle-mentina Calzari, Euplo Natali e Bartolo-meo Talenti. Pochi giorni dopo mori-ranno in ospedale anche Livia Bottardi, Luigi Pinto e Vittorio Zambarda. Un’al-tra bomba, un’altra strage, che conta in tutto 8 morti e 94 feriti. Tre giorni dopo la strage i funerali, a cui parteciperanno seicentomila persone provenienti da ogni parte d’Italia. Perché questa è una tragedia comune e queste morti sono morti inutili, ingiuste.

Quell’anno il Presidente del Consiglio è

Mariano Rumor, di Democrazia Cristia-na, e il Presidente della Repubblica Giovanni Leone, in carica dal 1971. Anch’essi sono presenti ai funerali delle vittime, ma la loro partecipazione è fischiata dalla gente riunita in lutto, che mostra sul viso rabbia e indigna-zione per gli esponenti di un governo che non sa porre fino a quel massacro che si protrae ormai da più di cinque anni.

Intanto a Brescia vengono avviate le indagini per la strage, che si snoderan-no in tre filoni, portando alla luce rive-lazioni incredibili, tremende e oscuran-done altre:l a prima pista di indagini è coordinata dal sostituto procuratore di Brescia Francesco Trovato e dal Capita-no de Carabinieri Francesco Delfino. I due orientano subito le indagini verso gruppi di estrema destra, avanzando con un processo a esclusione che an-nulla subito le ipotesi di colpevolezza di militanti di sinistra, che altrimenti avrebbero agito contro sé stessi, dell’-

azione isolata di un unico indivi-duo squilibrato di mente o dell’-esplosione di una caldaia, co-me invece era girata voce nella procura la sera stessa della stra-ge. Il primo osta-colo che si pre-senta nel corso dell’investigazio-

ne è l’assenza di prove concrete: tutti i frammenti provocati dall’esplosione, infatti, erano stati rimossi dalla scena del crimine appena due ore dopo le 10.12 da un manipolo di pompieri, che con violenti getti d’acqua aveva lavato il selciato di Piazza della Loggia elimi-nando tutti i resti dell’ordigno, la cui natura è rimasta ignota.

Non è chiaro chi abbia dato questo ordine giustificandolo col fatto di voler cancellare dalla vista il macabro spet-tacolo dei corpi dilaniati, ma Gianpaolo Zorzi, uno dei magistrati che segue l’inchiesta, parla di interrogativi che sorgono inquietanti sulla fretta di que-sta sconcertante operazione di pulizia.

Le indagini di Francesco Delfino, tutta-via, non si fermano e lo conducono

IL PIU’ INTRICATO GIALLO ITALIANO DEGLI ANNI ‘70 (QUELLO CHE NON HA COLPEVOLI, MA SOLO VITTIME)

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ATTUALITÀ D ICEMBRE 2010 PAGINA 7

all’individuazione di uno strano perso-naggio. Si chiama Ermanno Buzzi, già indagato come ladro e mercante d’arte, che si definisce un nazi-fascista, e per questo si è fatto tatuare sul polso il sim-bolo delle SS. È un megalomane, ma verrà definito dalle perizie psichiatriche uno psicopatico: non è un uomo di gran-de affidabilità, tuttavia viene indiziato di strage in seguito ad alcune testimonian-ze, tra cui la più attendibile risulta essere quella di Ugo Bonati. Anch’egli ladro d’arte, accusa Buzzi e il compagno Ange-lo Papa di essere gli autori della strage di Piazza della Loggia e in un interrogatorio fa anche il nome di un certo Andrea Ar-cai, figlio del giudice Giovanni Arcai il quale si sta occupando dell’inchiesta sul MAR (Movimento Azione Rivoluzionaria), sulla quale è intenzionato ad arrivare fino in fondo. Ma non ci arriverà mai: il processo, infatti, gli vieni tolto di mano in seguito alle accuse rivolte al figlio e spostato in un tribunale di Milano. Le indagini del Capitano Delfino, dunque, si concludono col rinvio a giudizio di Buzzi e Papa. Il processo avviene presso la corte d’assise di Brescia in 15 mesi e si conclude il 2 Luglio 1979: il tribunale ordina l’ergastolo per i due accusati. Il processo viene, però, riaperto nell’Apri-le dell’81 col ricorso all’appello: i giudici fanno notare quanto siano state con-traddittorie e incongruenti le testimo-nianze e pretendono dunque dei chiari-menti. Le uniche due persone che po-trebbero fornirli sono Ugo Bonati e lo stesso Ermanno Buzzi. Il primo, però, sparisce misteriosamente dalla circola-zione, cosa strana poiché era sempre stato sotto stretta sorveglianza, mentre il secondo verrà strangolato nel carcere di Novara, dove era stato trasferito in atte-sa dell’udienza d’appello, da Mario Tuti (Fronte Nazionale Rivoluzionario, forma-zione armata di estrema destra) e Pier-luigi Cancutelli (Ordine Nero) il 14 Aprile 1981.

Perché? Non volevano che parlasse al processo e svelasse qualcosa di scomo-do? E perché Bonati è sparito, chi erano le persone da proteggere che gli avevano commissionato quelle bugie su Ermanno Buzzi? Sono interrogativi che non trova-no risposta. Così il 2 Marzo 1982 la corte d’appello ASSOLVE TUTTI, Angelo Papa e Buzzi, “un cadavere da assolvere”.

Si apre dunque la seconda pista di inda-gini, condotte dal giudice Gianpaolo Zor-zi. Questa seconda pista nasce dalle rive-lazioni di alcuni pentiti, Sergio Calore (estremista di destra) e Angelo Izzo

(neofascista), che affermerebbero che gli autori della strage siano gruppi di destra bresciani in contatto con quelli milanesi di Giancarlo Rognoni (Fenice) e di Cesare Ferri (MAR). Ferri verrà rin-viato a giudizio insieme con altri due neofascisti milanesi, accusati di aver compiuto la strage. Un altro testimone, Gianni Guido, già in carcere con l’accu-sa di stupro, si vanta di conoscere altri mandanti, ma prima di essere interro-gato evade dal carcere fuggendo in Argentina. Arrestato laggiù, riesce nuo-vamente ad evadere proprio mentre il giudice Zorzi si appresta a raggiungerlo, ottenuta una rogatoria. Sarà il rinvio dell’interrogatorio sotto richiesta di alcune autorità italiane a fornire al de-tenuto la possibilità di fuggire nuova-mente e di sparire una volta per tutte! Già, ma quali sono le autorità italiane intervenute a ritardare (e ostacolare) il processo? Amareggiato Zorzi affermerà che “esiste una cooperativa di reti di protezione pronta a scattare sempre e ovunque”. Il 25 maggio ’86 arriva la sen-tenza: TUTTI ASSOLTI per insufficienza di prove.

A dodici anni dalla strage non c’è ancora nessun colpe-vole! Ma Zorzi ha un’idea ben precisa di chi e perché abbia agito: il 1974 è l’anno delle inno-vazioni (approvata la legge sul divorzio) e delle vittorie di sinistra, ma c’è qual-cuno a cui non piacciono questi cam-biamenti e, anzi, preferirebbe un altro tipo di governo, più autoritario, magari una giunta militare. Ma perché aspetta-re le elezioni per tentare di capovolgere la situazione, quando è molto più facile e sicuro un colpo di stato, un golpe?! La Commissione Parlamentare incaricata di indagare sulle stragi ha individuato, a partire dalla metà degli anni ’60, alme-no quattro tentativi di golpe, tutti falliti tranne il terzo, il golpe della “Rosa dei Venti”, organizzazione collegata a MAR e Ordine Nero e al SID, i SERVIZI SEGRE-TI ITALIANI... Questo colpo di stato non scattò mai, ma si protese negli anni -come afferma uno degli indagati- con una serie di atti di terrorismo. Il conte-sto del 1974, dunque, è il fulcro di que-sta “strategia della tensione”, appog-giata anche da alcune autorità interne allo Stato.

Comincia dunque l’ultima pista d’inda-gini, condotte dai sostituti procuratori Roberto Di Martini e Francesco Pianto-ni sulle basi delle “indagini Zorzi”. A testimoniare sono Carlo Digilio, esper-to di esplosivi e membro sia di Ordine Nuovo che dei Servizi Segreti america-ni, e Maurizio Tramonte, membro di Ordine Nuovo e informatore dei Servizi Segreti italiani. Essi attribuiscono la colpevolezza a una cellula dell’organiz-zazione di Ordine Nuovo con a capo Carlo Maria Maggi. A fornire l’esplosi-vo dicono sia stato Delfo Zorzi (che niente ha a che fare con il giudice Zor-zi). Tramonte, inoltre, racconta di aver partecipato ad un’assemblea organiz-zativa alla quale era presente anche Giuseppe Rauti, fondatore di Ordine Nuovo. I giudici chiedono dunque il rinvio a giudizio per Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Giuseppe Umber-to Rauti.

E proprio pochi giorni fa è arrivata l’ultima sentenza: TUTTI ASSOLTI!!!

Dopo più di ses-sant’anni quelle otto vittime “inutili” non hanno ancora avuto giu-stizia, né i loro famigliari, né l’in-tera nazione, che per una strage tanto disastrosa si

sarebbe aspettata una sentenza unica, chiara e immediata. E invece in tutti questi anni ha dovuto assistere solo ad un’occultazione di prove e ad un disar-mante aiuto fornito ai criminali proprio da alcuni organi dello Stato, attraverso i Servizi Segreti. Queste cose lasciano l’amaro in bocca e più io andavo avanti nella mia ricerca più scoprivo cose terribili, alleanze mostruose, patti da rispettare a costo della vita e tanta morte senza scrupolo provocata da una parte di uomini per cui avere il potere, DIMOSTRARE di avere il pote-re, era tutto! Il tempo allontana i fatti dalla memoria e l’mozione dai fatti, rendendoli eventi storici, che sono sempre un po’ freddi e finiscono per essere dimenticati, soprattutto se av-volti dalla nebbia del mistero. Non dobbiamo MAI dimenticare.

Martina Brandi VE

tutte le informazioni e i dialoghi sono tratti dalla puntata televisiva "Blu Notte, Strage di Piazza della Loggia" condotta da Carlo Lucarelli.

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ANNO V — NUMERO I I PAGINA 8 CARDUCCI

Se questo articolo che sto per scrivere venisse stampato in Iran e io fossi uno studente di un qualsiasi liceo iraniano, verrei arrestato, incarcerato senza aver avuto diritto a un processo, e poi nel più probabile dei casi sarei anche condannato a morte. E' di un'esperi-enza simile a questa che Marina Nemat è stata vittima, colpevole di aver protestato nel più pacifico dei modi contro il regime che governa il suo paese: anche lei, come me ora, ai tempi aveva sedici anni. Scampata all'esecuzione grazie all'amore di un suo torturatore, dopo più di due anni passati in prigione, vittima di stupri e di torture, riuscì a riabbracciare i suoi cari; da diciannove anni vive in Can-ada, e da quattro ha pubblicato il suo primo romanzo -il bestseller Prigioniera di Teheran-, nel quale rac-conta della sua vita in Iran e della sua esperienza in carcere, con lo scopo di andare oltre il passato, senza dimenti-carlo. Marina rappresenta tutte le mili-oni di cittadini Iraniani vessati ancora oggi da una dittatura improntata su un fanatismo religioso che ha condotto alla distruzione quel grandissimo paese. Anche se per più di vent'anni ha preferito voltare le spalle alle ingiustizie viste e vissute, tentando di vivere in un modo normale nonostante l'impronta della sofferenza che irrime-diabilmente si stava portando dentro, dalla morte della madre avvenuta circa sette anni fa ha capito di non riuscire più ad andare avanti in questo modo. Ha trovato il proprio scopo: rendere testimonianza della sua vita, che altri-menti non avrebbe senso; se fosse rimasta nel silen-zio, avrebbe ucciso tutte quelle sue compagne che, a differenza sua, non ce l'hanno fatta. Ha deciso che il mondo doveva sapere, perchè nessuno fino a quel momento aveva avuto il coraggio di parlare aperta-mente dei fatti che con-tinuano ad accadere in Iran, e perchè nello stesso Iran chiunque è impossibili-

tato a farlo. Gli abitanti di quel paese sono stremati ed esausti di un governo dittatoriale che mortifica la loro libertà e annienta la dignità umana, e così sono impediti anche a reagire; una forte scossa per cam-biare le cose può venire soltanto da questo Occi-dente così pigro e me-nefreghista, ed è com-pito di og-nuno di noi, che possiamo vantare una vera libertà, di reagire a queste ingiustizie che non ci colpiscono forse nel corpo, ma che ci feriscono profondamente nell'anima, perchè contrarie ad ogni diritto natu-rale. Marina, e chi come lei ha trovato il coraggio di protestare, senza frustrazi-one ma con grande tenacia ci vuole sensibilizzare proprio a questo. Em-blematico è l'impegno che la stessa autrice ha dimostrato per sostenere la internazionalmente nota causa della liberazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani, nelle braccia della morte in Iran da quattro anni: anche a noi stu-denti carducciani, come a tantissimi altri ragazzi nel mondo, ha proposto di scrivere lettere per la sua liberazione, che poi saranno recapitate diretta-mente al presidente Iraniano Ahmadi-nejad, passando per le mani del presi-dente del Canada. Il vero dramma, come lei stessa ha sottolineato nell'in-

contro che ha tenuto a scuola il 17 Novembre, è che le firme raccolte per la liberazione di Sakineh sul suo sito sono circa 300.000, mentre i fan di Lady Gaga su Facebook sono più di 8

milioni: come Marina, anche a me sembra un vero e proprio crimine nei confronti dell'u-manità di tutte quelle persone, soprattutto ragazzi, che non solo in Iran ma in tutto il mondo stanno mar-cendo in prigione o stanno subendo molto di peggio. Noi che rice-viamo una istruzione

laica e approfondita, noi che abbiamo la possibilità di protestare per ogni inezia come si sta vedendo bene pro-prio in questi giorni, noi che passeg-giamo per Milano senza venir frustati perchè indossiamo colori troppo vi-vaci o non abbiamo la barba, ab-biamo il dovere morale -che deve inevitabilmente mutarsi in pratica per avere un'utilità- di reagire e di com-battere questi crimini e queste ingiustizie: perchè riguardano anche noi, pure se ci separano centinaia di chilometri, e perchè l'unico modo per imparare a rispettare veramente la nostra libertà e per non rischiare mai di farcela mai rubare è quello di ren-derci conto fin da subito di quanto questa abbia valore, e di quanto questa non sia assolutamente scon-tata e gratuita per chiunque. Marina Nemat è al mondo, secondo me, uno dei più chiari esempi di cosa significhi combattere per migliorare le cose: senza ricorrere all'uso della violenza, senza bisogno di essere grandi lau-reati o persone speciali. Il valore di un uomo si vede nel coraggio e nella costanza che sa mettere in gioco di fronte alle problematiche veramente importanti della vita; chiunque di noi ne è in grado, e chiunque di noi dovrebbe meditare su ciò che questo significa.

Carlo Simone ID

PER SALVARE IL MONDO NON C'E' BISOGNO

DI ESSERE SUPEREROI

La Prof.ssa Cambiaghi, che ha svolto il ruolo di interprete, e la scrittrice.

Marina Nemat. Foto di Mattia Serranò IIIB

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D ICEMBRE 2010 PAGINA 5 CARDUCCI

EVENTI! Con le vacanze di Natale alle porte si è sempre pieni di progetti fantastici che puntualmente non si portano a compimento perchè si cade vittime dell' indolenza. Ecco perchè vi pro-pongo alcune iniziative che possano smuovervi da un tavolo imbandito e farvi smaltire le quantità industriali di pandori e frutta secca che avrete ingoiato durante il periodo festivo! - per gli appassionati di cinema: il 21

dicembre sarà proiettato al cinema A-pollo, a soli 2,50 euro, "Happy family", una divertente commedia di Salvatores, ambientata a Milano. - dopo un' estenuante giornata di shopping in P.za Duomo, è d' obbligo una visita al nuovo museo del ' 900, con ingresso gratuito (ancora per poco). - venerdì 14 gennaio, a partire dalle 14.30 il Collettivo ha organizzato una lezione + performance di musica classi-

ca barocca, tenuta da Martin Nicastro e Riccardo Toso. Da non perdere! (svolgendosi durante la settimana di cogestione non avete scuse per non venire!) - a partire dal 14 gennaio, al Teatro Litta è in scena "Il vespro della beata vergine" con la regia di Michela Blasi, la regista che da anni lavora con il gruppo di teatro di questa scuola!

Xhestina Myftaraj IIIA

Era un giorno come tanti altri quel ve-nerdì 3 dicembre: termometro vicino allo zero, accenni di neve mista a grandi-ne e lampioni accesi alle 20.30 contribui-vano a creare un'atmosfera tranquilla, quasi natalizia; solo qualche volantino appeso timidamente al cancello del no-stro liceo ci invitava a lasciare il caldo giaciglio domestico per partecipare all'e-vento più "caldo" della stagione: il con-certo del Carducci. L'Aula Magna comincia a riempirsi attor-no alle 19.00, alle 19.30 comincia già l'assalto ai tavoli su cui troneggiano bot-tiglie dai colori sgargianti, patatine, pop-corn, stuzzichini di ogni forma e sapore, e infine, custoditi con orgoglio combatti-vo da due intrepide redattrici, decine di cartoni di pizza fumante. Dopo un'ora di lavoro incessante da par-te del servizio d'ordine, degli addetti alla vendita dei biglietti (muniti per l'occasio-ne di un originalissimo evidenziatore rosa al posto del tradizionale timbro) e dei poveri distributori di cibo e bevande, ecco che la folla scalpitante comincia a lasciare il piccolo atrio per prendere po-sto davanti al palco, in attesa forse di poter smaltire il buffet. Le band non si fanno aspettare e, dopo un inizio un po' freddo, bastano i primi accordi, le prime rullate de "Le Situazioni Kafkiane" a fare sembrare improvvisa-mente le sedie troppo strette: si balla, ci si muove mentre sul palco viene reso omaggio a Renato Zero con "Il Triango-lo"; ci si esibisce in una rudimentale con-ga sulle note di una canzone medievaleg-giante per poi tornare immediatamente a danze più lente.

La sala è ormai pronta, viva, vivace, quando salgono sul palco i "Red Room": la musica cambia, si passa ad un suono spiccatamente rock dopo la varietà offertaci dal gruppo preceden-te; è difficile infine riportare la calma per presentare uno dei momenti più attesi della serata, ovvero la premia-zione del concorso fotografico a tema "vacanze estive". Si spengono le luci, l'aula è im-mersa in un'atmo-sfera di curiosa inquietudine men-tre scure figure, i "Revo Fever", co-minciano a suona-re. Niente più goffi tentativi di ballare, ora: con la compli-cità della penom-bra la massa infor-me comincia a dimenarsi in un movimento sem-pre più frenetico, travolgente; i più temerari abbando-nano i tavoli pieni di leccornie per avvicinarsi al palco e farsi investire dal fragore delle casse, altri addirittura – messo da parte per una sera il proprio decoro – si gettano con impeto cre-scente tra le schiene e le urla della turba, che nel frattempo aveva rag-giunto il palco tra spinte e slanci im-provvisi. L'euforia collettiva non si interrompe, e i "Subway Jesus" approfittano della situazione per far tremare le pareti

forate dell'Aula Magna; sono note caoti-che, piacevolmente ossessive, le loro, a tal punto che molti, fisicamente distrut-ti, si concedono un attimo di meritato riposo tra un bicchiere di Fanta e di tè alla pesca nella pace dell'atrio. Un considerevole ritardo nella tabella di marcia non impedisce ai "Macho Nacho-'s" di chiudere dignitosamente la serata,

riuscendo inoltre nel diffi-cile compito di far raf-freddare gli animi elet-trizzati; e sulle loro note la sala inizia a svuotarsi; ci si saluta come se non ci fosse un domani, si torna a discutere di verifiche, interrogazioni e tutto ciò che è routine per lo stu-dente; noi redattori rab-brividiamo di fronte alla quantità di cibarie sparse per terra e ci mettiamo al lavoro per far tornare l'aula come nuova, esau-sti ma soddisfatti della buona riuscita del con-

certo. Voglio utilizzare queste ultime righe per ringraziare, a nome di tutta la redazione, i gruppi musicali che si sono esibiti e, ovviamente, tutti coloro che partecipando hanno contribuito a non rendere vani i nostri sforzi; ricordo che ogni critiche, purché costruttiva (no, "non c'era abbastanza pizza!" non è una critica costruttiva) è ben accetta, anzi, è indispensabile per poter organizzare in futuro qualcosa di ancora più consisten-te e ben fatto.

Dario Zaramella IA

L’Oblò sul… ConcertoL’Oblò sul… ConcertoL’Oblò sul… ConcertoL’Oblò sul… Concerto

Stefano Fiori, chitarrista dei “Red Room”, foto di Emma Pelucchi VD

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ANNO V — NUMERO I I PAGINA 10 UNO SGUARDO AL MONDO

C ome nella migliore tradi-zione italiana, la notizia mista a gossip fa audien-

ce, si sa, e il suicidio di Monicelli -estremo gesto di chi ha passato la vita ad analizzare l'Ita-lia,l'animo del suo popolo, il suo sgangherato sottobosco crimina-le – è tornato utile.

Ebbene, futuri cinefili, ma chi era Mario Monicelli?

Figlio di Tomaso Monicelli, gior-nalista e drammaturgo, cresce a Viareggio, ma termina il liceo a Milano (indovinate un po' dove? Al Carducci!) e sempre a Milano si laurea. Insieme ai cugini Mon-dadori scrive sulla rivista “Camminare”, dove collabora con futuri registi come Alberto Lattuada e Riccardo Freda; qui, si occupa della critica cinematogra-fica, criticando aspramente la cinematografia italiana ed esal-tando quella francese. Con Freda compie i primi salti di qualità, prima realizzano un cortometrag-gio muto in 16 mm tratto da un racconto di Poe (Il cuore rivelato-re), poi i due passano a un lungo-metraggio premiato a Venezia come miglior film a passo ridotto, I ragazzi della via Paal. Dopo una gavetta da aiuto regista, inizia la collaborazione con Steno, prima al giornale satirico Marc'Aure-lio,poi come sceneggiatori e, infine, nel 1949 in “Totò cerca casa”, a cui seguiranno altri 8 film.

Data la prolifica produzione di quest'uomo, non posso parlarvi della sua intera carriera,per ora vi basti sapere che è stato appel-lato come autore nazional – po-polare, padre della commedia all'italiana, demistificatore di sa-cralità e che ha ricevuto 4 nomination all'oscar come mi-gliore film straniero per I soliti ignoti, La grande guerra, La ra-

gazza con la pistola e I nuovi mo-stri, svariati david di donatello, (miglior regia per Un borghese piccolo piccolo, speriamo che sia femmina e Il male oscuro), alcuni Nastri d'Argento e due Leoni d'O-ro, tra cui quello alla carriera nel 1991.

I sessant'anni da lui trascorsi a osservare la realtà della società italiana con occhio attento e di-sincantato, lo hanno portato ad essere un punto fermo nella sto-ria del cinema italiano,un mae-stro capace di dipingere la nostra storia con un'ironia sagace ed equilibrata,in grado di donare ai suoi personaggi caricature insoli-te e briose,sempre sincere.

Nonostante in alcuni suoi film, come nei Soliti ignoti, emerga il ritratto di un sottobosco italiano dei più sgangherati, Monicelli ha sempre esaltato la forza del po-polo italiano, sottolineando co-me il nostro paese seppe rialzarsi dopo una dittatura stupida e una guerra ridicola (si,era comunista).

Arriviamo al dunque, ecco a voi una sfilza di film tanto per ralle-grarvi dopo infinite sessioni di studio.

I soliti ignoti (1958): un'impropo-nibile banda di ladri organizza un colpo come ha visto fare nei film,

si serve di tutti i mezzi del caso (seduzione compresa) e riprende per-sino il luogo del colpo. Peccato che sfondino il muro sbagliato e… non voglio rovinarvi il film. Cast, regia e sceneggiatura impeccabili. Questo film è storia.

La grande guerra (1959): un romano e un milanese, entrambi scansafatiche, si ritrovano arruolati al fronte. Acco-munati dalla scarsa voglia di lavorare, i due provano sulla propria pelle tut-te le disgrazie della guerra e una not-te di ritrovano per sbaglio in una ca-scina che viene presa dai nemici; me-glio una morte eroica o la salvezza i cambio di un'informazione? “...visto che parli così, mi a tì te disi propri un bel nient, faccia di merda..”

L'armata brancaleone (1966): Italia medievale, un soldato di vaga al co-mando di un'armata di velleitari an-cor più disperati di lui. Salva fanciulle, difende città delle invasioni musulma-ne e si ritrova in una crociata in terra-santa.

« Branca, Branca, Branca, Leon, Leon,

Leon, Fiii... Bum! »

Ora, so che dei film avrei dovuto-/potuto svelarvi qualcosa in più, ma si corre il rischio di svelare troppo subi-to, dunque buona visione!

Laura Vitale Lollo IIE

Ebbene, chi era Mario Monicelli?

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PAGINA 7 D ICEMBRE 2010 UNO SGUARDO AL MONDO

E ra un freddo pomeriggio di Gennaio, innevato per co-loro che avevano la possi-

bilità di passeggiare lungo le stra-de milanesi, cupo e triste come tutti gli altri per coloro che erano in un letto d’ospedale e la neve la potevano osservare solo da una piccola e opaca finestra. Giorgia tornò nella stanza dopo una breve operazione chirurgica, all’inizio sembrava che si fosse risvegliata bene dall’anestesia, ma in seguito ci furono dei problemi, tanti mac-chinari, tante urla, manovre degli anestesisti, lacrime sul volto della sua mamma e poi per Giorgia il sonno dovuto ad una profonda sedazione. Io lì, di fianco a lei, im-possibilitata ad alcun movimento per le troppe flebo, la fissavo, mi veniva da piangere, non ne avevo il diritto e allora pregavo. Giorgia ed io condividevamo quella stanza del Mariani da oltre dieci giorni, nei quali avevamo imparato a co-noscerci, a ridere e piangere insie-me, a subire i rimproveri delle in-fermiere quando il filo della flebo si attorcigliava intorno al macchi-nario contagocce. Ad un certo punto lei, sotto sedazione, disse: “Per Alessandra” e mi dedicò pa-rola dopo parola questa incante-vole poesia che ha rivoluzionato la mia vita. Con le lacrime che inon-davano il mio volto, e gli occhiali completamente appannati scrissi “ A Giorgia” per farle capire in mini-ma parte ciò che pensavo di lei e

l’importanza di avere una compagna di stanza così bella e forte. Queste poesie vennero pubblicate a Febbraio sul Mari-nino, un nostro collega un po’ particola-re, ovvero un giornalino scritto da bam-bini e ragazzi ricoverati presso il padi-glione pediatrico Mariani dell’ospedale di Niguarda. Al termine di un lungo cor-ridoio verdino nella pediatria di Niguar-da si svolta un angolo e si apre un mon-do nuovo ed inaspettato: la scuola-ospedale. I bambini la mattina indossa-no normalmente la cartella, prendono la merendina e vengono accompagnati a scuola probabilmente in macchina, lì incontrano i compagni sani e una mae-stra. Per andare alla scuola-ospedale non c’è bisogno di sentire il dolore alle spalle dovuto al peso dei libri, perché la cartella non serve; la merendina viene consegnata al giusto orario dalle infer-miere, si diventa campioni per l’ecologi-smo perché per andarci basta un trici-clo, i compagni sono i più belli e meno invidiosi che si possano incontrare in assoluto e le maestre sono “regolari”, hanno solo scelto una scuola un po’ spe-ciale. Non esistono voti e verifiche, ma

solo aiuto, spiegazioni, lavo-retti manuali e tanta, tanta fantasia. Nella scuola è custo-dito un tesoro, uno scatolone pieno di costumi buffi e diver-tenti, così dei ragazzi come noi possono recarsi lì, indossarli, chiamarsi e sentirsi pagliacci per un pomeriggio e andare a far sorridere i bambini che non riescono a venire alla scuola-ospedale. Posso testimoniare che è completamente sbaglia-to pensare che tutto ciò vada bene unicamente per i più pic-coli, perché io a quindici anni non ho esitato a decorare un vasetto con una formina in das dipinta, non ho esitato ad ab-bellire una scatola con un te-nero orsetto e tanti cuoricini di stoffa, il mio sorriso non ha esitato a comparire sul volto, quando un pagliaccio stupen-do è entrato nella stanza suo-nando una trombetta e scac-ciando la noiosa donna delle pulizie. Ragazzi, non voglio essere io a suggerirvi di andare a conoscere questo posto, vo-glio lasciare al vostro cuore la possibilità di darvi questo con-siglio.

Alessandra Ceraudo VG

IL MARIANINO, UN NOSTRO COLLEGA RACCONTA

UN’ESPERIENZA DI VITA. POESIA DEDICATA AD ALESSANDRA

Quando sei spenta

ti devi accendere

come un raggio di sole

e così in primavera

potrai sbocciare come un diamante

e come d’incanto splenderai dal nulla.

- Giorgia Nasuti

A GIORGIA

A scriver come te non son capace,

non so volare come un rapace,

non so parlare con la mente,

ma con il cuore veramente.

Voglio dirti con sincerità

che è raro trovar persone come te

ricche di tanta bontà.

Sei una ragazza tanto forte

che ha il coraggio di aprire tutte le porte

ed entrare in una grande città

che purtroppo o per fortuna sarà ricca di diffi-coltà,

ma tu le sai affrontare e

allora ti impegnerai ad incoraggiare

tutti coloro che sono più deboli.

- Con un mondo di affetto, Alessandra Ceraudo

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PAGINA 8 ANNO V — NUMERO I I

Page 13: L'OblòSulCortile_2010eDicembre

D ICEMBRE 2010 PAGINA 9

La redazione vi augura…

Se farete i bravi vi arriveranno tante copie inedite dell’Oblò...

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ANNO V - NUMERO I I PAGINA 14

TORO 21 Aprile- 20 Maggio

Non sarà sicuramente un periodo

tranquillo, dovuto soprattutto al

fatto che il vostro partner a breve

vi chiederà una pausa di riflessio-

ne, ma riuscirete con la buona

volontà a superare ogni tipo di

disastro che potrà capitarvi!

GEMELLI 21 Maggio- 21 Giugno

In campo lavorativo avrete una

settimana dai “fantastici” risvol-

ti! Vedrete che la vostra media in

matematica si abbasserà vertigi-

nosamente senza la minima

fatica. In famiglia ascoltate i

consigli di vostra nonna… gli avi

sono sempre i più saggi…

ARIETE 21 Marzo- 20 Aprile

Avrete una settimana grintosa e

sarete decisamente vispi! In

casa non ci sarà alcun problema,

anzi troverete un modo per

trovare la vostra pace interio-

re… non fatevi buttar giù dall’e-

sperienza di ricevere una cacca

di colombo in testa!

L’OROSCOPO a cura di Roberta Sivo IF

VERGINE 24 Agosto- 22 Sett.

Ruberete la dentiera alla vostra

bisnonna che non aspetterà un

istante a cancellarvi dal testa-

mento; negate la vostra colpa!

Anzi scaricatela su vostro padre…

SCORPIONE 23 Ott.- 22 Nov.

Se credete di aver già toccato il

fondo vi sbagliate! Tra pochi

giorni cadrete scivolando su una

buccia di banana che vi procure-

rà una simpatica distorsione alla

caviglia.

LEONE 23 Luglio- 23 Agosto

La caratteristica di questo segno

è la grande fiducia in se stessi…

peccato che verrà presto svanita

da una figuraccia che farete da-

vanti a tutta la scuola. Siate co-

munque sempre su col morale!

SAGITTARIO 23 Nov. - 21 Dic.

Il Natale è alla porte e vostra zia

vi regalerà un maglione di pura

lana imbarazzante… come se

non bastasse quando i vostri

amici lo scopriranno vi costringe-

ranno a fare una foto e a pubbli-

carla su Facebook!

CANCRO 21 Giugno- 22 Luglio

Tornando a casa vi accorgerete

che vostra madre lancerà sassi

contro i vetri delle finestre… non

fateci caso… sono i

primi segni della

menopausa in arri-

vo!

ACQUARIO 21 Genn.- 19 Febb.

Avvertimento: evitate di spaccia-

re davanti alla caserma dei Cara-

binieri perché sono sempre in

agguato e sicuramente cinque

anni al fresco non ve li neghereb-

be nessuno!

PESCI 20 Febbraio- 20 Marzo

Il vostro amore spassionato nei

confronti del denaro diverrà

una vera e propria ossessione!

Quindi emigrate in un altro

paese dove rubare non sia un

reato!

CAPRICORNO 22 Dic.- 20 Genn.

Vi renderete presto conto che il

piccolo ed innocente animale da

compagnia che avete da poco

comprato è in realtà un mostro a

quattro teste che non vede l’ora

di sbranarvi! La soluzione? Butta-

tevi dal quinto piano.

BILANCIA 23 Sett.– 22 Ottobre

Non avete bisogno di consigli sul lavo-ro, siete al Carducci, il vostro lavoro è studiare! Non avete tempo per l'amore, siete al Carducci, il vostro amore è per il greco! Non avete bisogno di soldi, vi basta la cultura! L'equilibrio dei pianeti è bilanciato, ma non vi preoccupate, il BILANCIO totale sarà positivo!

Giochi →

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D ICEMBRE 2010 PAGINA 15

FLASH BOOK Sotto forma di promemoria ho pensa-to che avrei potuto parlarvi di un’ini-ziativa nata da alcuni studenti univer-sitari e che sta avendo uno strano ri-svolto per le vie della nostra città… Ebbene, a molti viandanti è capitato di incontrare piccoli di gruppetti di stu-denti, seduti in cerchio in mezzo al marciapiede, che leggevano. “Ma cosa fate?””Leggiamo.” “Ma non potete leggere a casa?” “E perché non possia-mo farlo qui?”. Ad ogni curioso offro-no un volantino e una frase, o un com-mento, una citazione del libro che stanno leggendo. “Manifestazione” alternativa, assolutamente non schie-rata politicamente, pacifica, a favore della cultura: cosa è più culturale di un libro? La manifestazione è tuttora in corso, e non è organizzata, ma libe-ra: si può aderire alla manifestazione anche con i propri amici, indipenden-temente; io penso sia una bellissima idea. Di questi tempi la cultura sembra qualcosa di superfluo e troppo costo-so, su cui si può risparmiare, eppure chi non è d’accordo risponde con in-sulti poco culturali e con atti vandalici: io credo in una via alternativa e più coerente, perché non provarla?

[Tratto dal gruppo “Flash Book” su Facebook]

1- Flash Book è un gesto dimostrativo di Protesta. Non è un movimento, non è un gruppo studentesco, non è una manifestazione di massa. Il gesto con-siste nel trovarsi contemporaneamen-te a leggere un proprio libro, in silen-zio, e a lasciare il posto contempora-neamente allo scadere del tempo,

sempre in silenzio. Questo, e solo que-sto, è il Flash Book. Infinite invece, sono le cose che si possono pensare e dire riguardo ad esso. [Protesta perchè l'idea è nata dalle con-tinue frustrazioni che una persona che crede (spera?) di amare la Cultura, con tutta la vaghezza e l'universalità che il termine abbraccia, prova oggi, in Italia.] Da qui due conseguenze: 1a: la frustrazione è sentita come un atto di violenza, dalle dichiarazioni dei politici ai programmi in tivù a come la gente parla in metro. Violenza sottile, subdola, ma profonda, inesorabile. Di rimbalzo il Flash Book è una Protesta subdolamente, visceralmente violenta, seppur di una violenza ridotta all'essen-ziale: il nostro esserci fisicamente impe-disce il passaggio, creando un disagio al normale svolgimento dell'attività cittadi-na. 1b: in quanto Protesta per manifestare un sentimento condiviso oggi, in Italia, essa si articola in un gesto nel qui ed ora, sulla strada (al freddo!). Flash Book è un evento dimostrativo, provocatorio che si esaurisce nella sua performance, non è un movimento. Se vogliamo è "l'idea Flash Book" che sopravvive al di fuori dell'atto in sé, come qui sul gruppo, ad esempio. 2 - Il contenuto esplicito si esaurisce nel-la forma esecutiva. L'epifenomeno Flash Book non rivela la Protesta in termini proposizionali, linguistici, logici: non vie-

ne espresso chiaramente il perchè del gesto in quanto il silenzio, semplicemen-te, non comunica. Da questo seguono diverse conseguenze: 2a: non è necessario aderire ad una posi-zione interessata sul mondo per aderire al Flash Book, ma è sufficiente ritenere sensato il gesto in sè, nella sua forma estetica, per qualche motivo squisita-mente personale. 2b: nessuno nel Flash Book ha diritto a giudicare le motivazioni per cui qualcu-n'altro vi partecipa, le quali possono an-che rimanere inespresse. Ciascuno ha il dovere di rimproverare la disobbedienza alle regole base durante il gesto, che in realtà sono una: il Silenzio. 2c: non è necessario essere informati sulla realtà quotidiana, sugli avvenimenti politici, sulle tematiche sociali connesse alla Cultura per ritenere il Flash Book un evento significativo, e quindi parteciparvi. 2d: Il Silenzio del Flash Book non può per definizione spiegare il perchè del gesto, per questo costringe il passante (come il partecipante!) a chiedersi il perchè. Il Flash Book vuole far pensare, e ci riesce benissimo, considerando le parole che stiamo tutti investendo su di esso.

[Di: Lorenzo Pisoni, uno dei fondatori di Flash Book]

Credo che questo estratto sia più che chiaro: ora non vi resta che coprirvi per bene, scegliere un libro, e sedervi da qualche parte a leggerlo!

Eleonora Sacco IF

Page 16: L'OblòSulCortile_2010eDicembre

ANNO V — NUMERO I I PAGINA 16

La RedazioneLa RedazioneLa RedazioneLa Redazione

Impaginatrice:

Eleonora Sacco IF (3F)

Vignettista:

Silena Bertoncelli VC (2C)

Collaboratori esterni:

Carlo Simone ID (3D)

Laura Vitale IIE (4E)

Redattori:

Martina Brandi VE (2E)

Alessandra Ceraudo VG (2G)

Chiara Compagnoni IIG (4G)

Chiara Conselvan VE (2E)

Claudio Fatti IIIF (5F)

Giovanni Fumagalli VE (2E)

Dario Elio Pierri IIIB (5B)

Leonardo Rovere VE (2E)

Eleonora Sacco IF (3F)

Mattia Serranò IIIB (5B)

Beatrice Servadio VG (2G)

Roberta Sivo IF (3F)

Dario Zaramella IA (3A)

Xhestina Myftaraj IIIA (5A)

"...Che cosa rimproveri a noi e allo stato,

tu che tenti di distruggerci? Che forse non

devi a noi, prima di tutto, la tua nascita?

Non fummo noi a regolare l'unione di tuo

padre e tua madre che poi ti generarono?

Rispondi, hai qualcosa da ridire contro

quelle leggi che regolano i matrimoni?

[...] E contro quelle che presiedono alla

cura dell'infanzia e della sua educazione,

quella che tu stesso hai ricevuto? [...] E

dal momento che sei venuto al mondo,

che sei stato allevato ed educato, come

puoi dire di non essere, prima di tutto,

creatura nostra, in tutto obbligato a noi,

tu e i tuoi antenati?...". La prosopopea delle leggi di Platone, oltre ad essere un artifizio letterario di notevole impatto, riunisce in sé le motivazioni con cui So-crate, condannato a morte ingiustamen-te, si rifiuta di fuggire di prigione; tanto sono solide le argomentazioni presentate dal filosofo ateniese che a Critone, suo amico e discepolo giunto con un piano per la fuga, non resta che rassegnarsi e attendere con dolorosa pazienza la morte del maestro. Ora, appurato ciò, non sem-bra anche a voi di sentire, dietro alle pa-role delle leggi dell'Atene del V secolo, una voce lontana, dolente, la voce dell'I-talia? Non è forse paragonabile a Critone chi, parlando della difficile situazione della scuola italiana o delle altrettanto preoccupanti prospettive dei giovani per il futuro — cito queste due problemati-che perché mi riguardano da vicino in quanto studente —, trova nella fuga la soluzione definitiva? È vero, un'eventuale evasione dal proprio Paese in cerca di un futuro migliore non costituisce reato, non si può dunque assimilare all'evasione fittizia di Socrate, ma non è mia intenzio-ne intavolare un lungo discorso sulle leggi riguardanti l'emigrazione, quando cioè è consentita e quando, come nel caso di Socrate, non lo è, né tantomeno inserirmi nell'annosa diatriba sulla condizione dei giovani neolaureati in Italia; rileggendo l'ultima parte del passo citato mi chiedo piuttosto se ognuno di noi sia davvero obbligato in tutto e per tutto alla propria patria, se sia nostro dovere o meno ono-rarla più del padre e della madre, in quanto "...la patria è tanto più nobile, più veneranda e più santa della madre e del padre e di tutti i nostri avi...". Non sono un patriota, sono uno di quelli che vede il proprio futuro altrove, per quanto la pro-spettiva sia angosciante, eppure l'affer-mazione di Socrate mi ha dato modo di vedere la Patria sotto una luce mai consi-derata prima d'ora, non più quindi come

concetto astratto, idealizzato, bensì come una parte di se stessi, un insieme di leggi, tradizioni, costumi, usanze, sulla base delle quali si forma l'individuo: paradossale come la nostra facoltà di ribellarci — per riaggan-ciarmi a Socrate — ad una legge ingiusta affondi le proprie radici nella legge stessa, ché se ad esempio non esistesse il diritto allo studio ora non avrei nemmeno avuto i mezzi e gli argomenti per criticare il Paese, accontentandomi forse di un "governo la-dro!" in posizione strategica, per dare enfa-si al discorso, o — perché no? — del sem-preverde "si stava meglio quando si stava peggio". L'altro giorno ero in metropolita-na, seduto con il tipico atteggiamento da pre-versione (occhi fissi nel vuoto che tra-sudano male di vivere, postura da condan-nato a morte), quando sale una coppia, marito e moglie, probabilmente sulla cin-quantina: "tedeschi!", dico tra me e me. Quante volte ci sarà capitato di compren-dere al volo, prima ancora di udirne l'accento, la naziona-lità di una persona che ci passa davanti, o addirittura di indo-vinare la regione di provenienza, tradita da quegli zigomi troppo pronunciati o dalla mimica singola-re; non c'è bisogno di scomodare la psi-cologia per capire che, così come ciascuno di noi somiglia ai genitori, anche la nazione plasma i "figli" caratterialmente e fisicamente, fornendo loro un'educazione che, fin dall'antichità, è ritenuta patrimonio indispensabile per la crescita del cittadino (basti pensare al mos

maiorum, pietra miliare di tutta la storia

romana, dall'ambito giuridico a quello letterario). E che dire della lingua? La varietà di dialetti della Grecia classica, oltre ad infrangere le poche certezze del liceale medio, è forse l'esempio più evidente di come ogni città, ogni grup-po di persone abbia alle spalle un baga-glio comune che lo influenzerà incon-sciamente e lo distinguerà dagli altri per tutta la vita. Socrate crede che lo Stato debba essere persuaso, nel caso si macchiasse di qualche ingiustizia, a trovare la retta via non con la violenza e l'ingiustizia, ma con la pura arte reto-rica di cui egli era esperto; è quindi possibile, al giorno d'oggi, vincere l'in-giustizia con la parola? O è solo con la fuga che si può sperare di sfuggire al-l'ingiustizia, piaga antica quanto l'uo-mo? La risposta non è qui, ma credo che le parole di Socrate siano un moni-

to universale, valido in eterno; certo è quindi che il legame con la propria terra natale non si può spezzare, e che qualun-que decisione si prenda, sia essa bere la cicuta mortale, combattere con le armi o con il logos, oppure fuggire in esilio, lo si sarà fatto grazie a questo legame eterno. Ora riesco a scorgere una nota di affettuosa commozione in quei versi di Foscolo altrimenti vuoti, vedo Zacinto, terra materna, e vedo il poeta stesso riflesso in quelle "sacre sponde ove il mio corpo

fanciulletto giacque"; penso a Dante, a Firenze, al dolore di essere traditi, ripu-diati, pugnalati dalla propria "madre", il volto sereno e rassicurante trasfigurato in dura maschera di ghiaccio.

Dario Zaramella IA

Storia di una Madre ritrovata