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MANOVRA IMPORTANTE NEL PORTO DI GENOVA  30 novembre 2015 MANOVRA IMPORTANTE NEL PORTO DI GENOVA YM Wondrous CALATA SANITA’ - SECH Genova, ecco la nave da 14 mila containers Giornata importante al porto storico di Genova dove per la prima volta è entrata una nave da 14 mila containers. È la YM Wondrous , lunga 367 metri. Ripartita dopo poche ore senza aver effettuato alcuna operazione commerciale: il suo arrivo è stato solo un test di manovrabilità, spiega il dottor Aldo Negri (direttore commerciale di Yang Ming Italia). Spiega Negri: «Quello di oggi è stato un test per la nave, che fa un servizio regolare tra Nord Europa e Estremo Oriente. La nave ha fatto tappa a Genova per capire se 1 / 11

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MANOVRA IMPORTANTE NEL PORTO DI GENOVA

 

30 novembre 2015

MANOVRA IMPORTANTE NEL PORTO DI GENOVA

YM Wondrous

CALATA SANITA’ - SECH

Genova, ecco la nave da 14 mila containers

Giornata importante al porto storico di Genova dove per la prima volta è entrata una nave da 14mila containers. È la YM Wondrous, lunga 367 metri. Ripartita dopo poche ore senza avereffettuato alcuna operazione commerciale: il suo arrivo è stato solo un test di manovrabilità,spiega il dottor Aldo Negri (direttore commerciale di YangMing Italia).

Spiega Negri: «Quello di oggi è stato un test per la nave, che fa un servizio regolare tra NordEuropa e Estremo Oriente. La nave ha fatto tappa a Genova per capire se

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questo tipo di navi potranno essere messe in servizio regolare, già dalla prossima primavera.Oggi esiste già un servizio su questa tratta ma Yang Ming vorrebbe inserire in questo servizionavi più grandi. Lanecessità, per la compagnia, era quella di capire se esistevano gli spazi di manovra utili peroperare con questo tipo di portacontainer e tutto sembra essere andato per il meglio».

Continua Negri: «Il mercato chiede questo tipo di navi, il porto di Genova a questo si deveadeguare: è emblematico essere riusciti ad accogliere questa nave nel porto storico di Genova.Finora navi di queste dimensioni attraccavano solo al VTE (Voltri Terminal Europa). Questo èl’ennesimo tassello che l’Italia e Genova mettono a disposizione del mercato».

SEGUE UNA INTERVISTA INEDITA DELL'ASSOCIAZIONE MARINARA MARE NOSTRUMRAPALLO ALSOCIO  COMANDANTE JOHN GATTI, CAPO PILOTA DEL PORTO DI GENOVA, SULLA MANOVRA D’ENTRATA E USCITA  A CALATA SANITA' (SECH).

1) - Gli esperimenti come quello realizzato oggi con la YM WONDROUS comportanosempre dei rischi: se l’esperimento riesce, il merito é di tutti, se l’esperimento andassestorto non ci sarebbero dubbi su chi dover “impalare”...  Il merito del successo che le siattribuisce é quindi proprio quello di aver deciso e rischiato in prima persona con moltocoraggio. E’ così?

R) - In realtà il discorso non può essere circoscritto al solo tempo di durata della manovra.L’aver svolto la delicata operazione entro limiti accettabili di rischio, ha imposto uno studioaccurato di tutti gli elementi critici, giornate intere trascorse su simulatori di altissimo livello alla Force Technology di Copenaghen, valutazioni precise delle caratteristiche della nave ottenute provandola dal vero ad Amburgo econfronti approfonditi, durante il quotidiano incontro al “Tavolo Tecnico”, con la Capitaneria e glialtri Servizi Tecnico Nautici.

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Durante la manovra mi sono servito, inoltre, dell’ausilio di un PPU (Portable Pilot Unit), unostrumento che utilizziamo proprio per la gestione delle navi più grandi.

E’ comunque vero che tutte le manovre “sperimentali” sono caratterizzate da una percentuale dirischio difficilmente quantificabile in anticipo e che, alla fine, la componente umana è semprequella decisiva.

2) -  Si dice che queste navi di quasi 400 metri di lunghezza abbiano una potenza ridottaal 25% nella marcia indietro, con gravi rischi sulla capacità di fermarsi entro spazi disicurezza. Anche l’elica trasversale di prua é molto debole rispetto alla mole da spostare.Ci può spiegare il motivo per cui vengono costruite navi con queste limitazioni in piena“era tecnologica”? Ci può inoltre spiegare se ci sono ragioni economiche  dietro questedéfaillances tecniche?

R) - Oggigiorno sono molte le navi che offrono una risposta a marcia indietro decisamentesproporzionata rispetto alla marcia avanti. Il motivo di questa caratteristica negativa è legatoalla forma delle pale delle eliche. Contestualmente all’elevarsi del prezzo del petrolio, sono statisviluppati studi per cercare di ottimizzare la resa nella marcia avanti legandola a consumi ridottiil più possibile. Questi studi hanno portato allo sviluppo della forma delle pale delle eliche,ottimizzandole per il moto avanti, a discapito della resa a marcia indietro. Se per certe tipologiee misure la cosa può essere comunque gestita, ben diverso è il discorso su navi sopra itrecento metri che devono evoluire in spazi ristretti. Spesso sono anche navi che hanno il “moltoadagio avanti” compreso tra i nove e gli undici nodi che, in un porto come quello di Genova,dove hai tre/quattro scafi a disposizione per fermarle, si capisce bene che avere a disposizionesoltanto il 25% della potenza è ben poca cosa. Nel caso della YM Wondrous,effettivamente, anche l’elica prodiera di manovra si è dimostrata piuttosto insufficiente. Tengo aprecisare che, a parità di misure, le navi portacontainer presentano caratteristiche molto diversetra loro: una buona percentuale è caratterizzata da sistemi di propulsione e di manovraassolutamente adeguati.

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3) -  Si dice anche che le grosse navi ORE-OBO-BULK di 20-30 anni fa, certamente noncosì lunghe, installassero turbine con le stesse limitazioni di potenza nella marciaindietro, proprio come nei motori Diesel del tipo montato sulla YM Wondrous, vista oggi.Nulla di nuovo sotto il cielo?

R) - Credo che i ragionamenti di oggi seguano rotte diverse rispetto al passato. Il risparmio,l’efficienza, la competitività sono valori assoluti che vengono tradotti in progetti, cercando dimantenere la sicurezza ad un livello tale che possa influenzare il meno possibile i costi. A voltesi esagera, ed escono fuori navi con limiti operativi anche importanti.

4) – Ci sono altre difficoltà tecniche di manovra oltre a quelle accennate? Equipaggiridotti? Visibilità scarsa dal Ponte di Comando? Difficoltà nelle comunicazioni?

R) - Non amo entrare in polemica, ma è innegabile che esistono, in percentuale purtropporagguardevole, equipaggi impreparati anche a gestire la quotidianità. A cui dobbiamoaggiungere l’importante superficie velica offerta al vento, i pescaggi, la visibilità limitata dallalunghezza delle navi e dai muri di container che trasportano, gli spazi ristretti consentiti da portinati per navi lunghe la metà, e così via.

5) – Dopo il riuscito esperimento d’attracco al SECH si sono lette dichiarazioni, a nostroparere azzardate se non addirittura trionfalistiche sull’esito della manovra effettuata inbonaccia o quasi. A nostro modesto avviso, andrebbero esaminate sul campo ledifficoltà imposte dai venti turbolenti che investono la nostra regione da tutti i quadranti.Avete in programma altre manovre per stabilire i limiti operativi di vento, mare ecorrenti?

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R) - A Genova, fortunatamente, esiste un “sistema” collaudato e molto efficiente di gestionedell’operatività portuale. Intendo dire, che  tutte le parti coinvolte si sono date, e si danno, moltoda fare per migliorare e rendere possibile tutto quello che fino a poco tempo fa sembravautopia: i terminalisti hanno fatto importanti investimenti per adeguare gru, parabordi, bitte,illuminazione, dragaggi, ecc; l’Autorità Marittima, coadiuvata dai Servizi Tecnico Nautici, haproposto e preteso importanti cambiamenti e adeguamenti da apportare nel pieno rispetto dellasicurezza; da parte nostra abbiamo investito nella tecnologia, nei corsi, nelle simulazioni, nelloscambio di esperienze con altre corporazioni europee e nella ricerca di manovre alternative chepermettessero di spostare i limiti un po’ più in là.

Tutto questo ha permesso di arrivare fino a qui. Da queste prove escono dei risultati che vannointerpretati per decidere se l’economicità di una determinata operazione rientra in limitiaccettabili. Nel frattempo si prosegue con tutti i mezzi a disposizione per cercare di ottenere e dioffrire di più.

6) – Ci risulta infine che questa manovra debba essere eseguita con molta precisione,come se fosse “sui binari”, a causa dei bassi fondali prospicienti la banchinad’ormeggio. E’ così?

R) - Molte zone del porto di Genova sono caratterizzate da fondali che limitano il pescaggiodelle navi in arrivo. Effettivamente, quando ho portato la YM all’ormeggio, uno dei problemi dicui dovevo tenere conto riguardava proprio una pericolosa zona di basso fondo. A onor del verodevo dire che alla fine del mese inizieranno i lavori di dragaggio per risolvere anche questoproblema.

Ringraziamo il Comandante John GATTI per la sua disponbilità e per l'esclusiva.

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Porto di Genova,  le  avventure di  John il pilota

Bruno Viani – IL SECOLO XIX

Genova - La sera del 7 maggio 2013, alzando i binocoli in direzione della Torre Piloti, ilcomandante John Gatti aveva visto il nulla. E aveva capito. «A quell’ora dovevo essere ancoralà dentro, ma mi avevano chiamato per un servizio non previsto e solo per questo oggi sonoqui».

Sono passati meno di due anni, Gatti oggi ha 48 anni e dal primo gennaio è il nuovo Capo pilotadel porto al posto di Giovanni Lettich che è andato in pensione. E quel cambio è un segno: lastoria della corporazione iniziata nel Settecento, arrivata a una tragica svolta meno di due annifa, va avanti. Senza torre, nella nuova sede spaccata in tre. Senza dimenticare i colleghi e gliamici che non ci sono più. Ma avanti tutta, guardando avanti, come le navi accolte all’arrivo aGenova e poi accompagnate fuori dal porto ogni giorno dagli uomini di John, a cavallo delleonde.

Calata Sanità, l’altra mattina, ore 9. La bandiera sulla punta del Matitone oscilla verso sud,vento di tramontana, lo spigolo del molo è sempre più vicino. E l’immensa sagoma rossa e neradella Jazan, portacontainer della United Arab Shipping Company diretta al terminal Sek avanzalentamente e sembra sfiorarlo. Poi scivola indenne per affiancarsi all’attracco: una manovracalcolata al millimetro, compiuta da un bestione da oltre 75.500 tonnellate, lungo 305 metri. Ilpassaggio (che a un occhio estraneo sembra un miracolo) è la quotidianità.

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A guidare le operazioni, dall’aletta di sinistra del ponte di comando è il pilota LeonardoPignatelli, 50 anni, che per salire e scendere dalle biscaggine di corda in qualunque condizione(e il pensiero corre alla telefonata di un’altra notte e un altro luogo: «sali su quella biscagginac....zzo») si tiene in forma facendo footinge palestra. «Perché quando il mare si alza con onde di cinque o sei metri, saltare dalla pilotina alla nave eviceversa è oggettivamente pericoloso. Ma bisogna farlo».

Nello stesso tempo, la “piccola” portacontainer Fritz Reuter, armatore tedesco e bandieraliberiana, 18.480 tonnellate di stazza, viene accompagnata fuori dall’area portuale da DaniloFabricatore, 46 anni, neoeletto presidente nazionale di Fedepiloti.

La quotidianità dei piloti del porto, domatori di mostri d’acciaio, è una sfida che si gioca sempresul filo dei millimetri. «Se nel corso della manovra si toccassero le gru vicinissime alla banchinasarebbe un disastro, non è come un’auto che sfiora un guard rail e si graffia: qui si parla di vitein pericolo, milioni di euro di danni e l’operatività bloccata». A garantire lasicurezza sono preparazione, esperienza, la conoscenza dei fondali e dei venti. E (non ultimo) il

feeling con icolleghi che lavorano, fianco a fianco, sotto altre bandiere: gli ormeggiatori e gli uomini dellaRimorchiatori Riuniti, della Capitaneria e delle pilotine.

È la vita quotidiana dei 22 piloti del porto di Genova, una corporazione che vive malgrado le lenzuolatee le scelte politiche che spingono verso un mondo di liberalizzazioni. «Siamo una corporazione necessaria ancora oggi perché, per ogni operazione che si compie inporto, i minuti valgono milioni: in un regime di concorrenza e deregulation, le pressioni peraccorciare i tempi sarebbero insostenibili e la sicurezza portuale sarebbe compromessa».

Il porto non è più lo stesso, dopo quel 7 maggio e l’impatto della Jolly Nero. La vecchia sededei piloti adesso è frazionata in tre: le pilotine attraccano ancora a molo Giano, gli ufficiamministrativi sono a due passi da piazza Cavour. La sede operativa invece, ospitata neiprimissimi tempi a bordo di un rimorchiatore, è a ponte Colombo, al secondo piano di unapalazzina moderna dalla quale non si vede nemmeno l’imboccatura del porto. La presenza dellenavi in arrivo e in partenza appare solo su tabelloni luminosi, come avviene in una grandestazione, oppure sugli iPhone

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dei piloti. E poi ci sono le sottostazioni di Multedo e Voltri.

«La Torre Piloti era la nostra casa, là avevamo tutto: era una struttura assolutamenteall’avanguardia, in Italia e non solo. Qui ci siamo organizzati, ma è un’altra cosa». E il pensierotorna inevitabilmente a quella notte.

Scene rivissute come se fossero oggi. «Sono in cabina con l’iPhone acceso, alle 23 dovrei finireil mio turno di lavoro. Ma quando mancano venti minuti mi viene chiesto di uscire un’ultimavolta: c’è una portacontainer, l’ Emona, che prima diallora non avevamo mai visto a Genova e non avremmo mai più visto nemmeno in seguito: alle22.40 esco, quando sono in mare mi chiamano via radio: aspetta a rientrare, deve esseresuccesso qualcosa».

Il resto è la cronaca di quella notte: uomini che girano tra le macerie, si contano cercando ilvolto dei propri amici e colleghi tra i sopravvissuti. E cercano di indovinare, guardando le autoparcheggiate negli spazi riservati, chi era in servizio e manca all’appello.

Oggi i colleghi, fratelli, compagni d’avventura di chi non c’è più, continuano a vivere la loro vitadi lavoro sotto un altro tetto. E si sentono ancora più famiglia, mentre la cuoca Angela Sartoriprepara il pranzo e un po’ li vizia. Una madre, quando vede i figli arrivare a tavola nelle ore piùimpossibili, dice: questa casa non è un albergo. «Ma non avere orario, per questi ragazzi, èparte del lavoro, mica un capriccio: così per quelli che fanno il primo turno e sono in azione giàalle quattro del mattino, il pranzo è alle 10. E poi tocca agli altri».

Se si chiede al Comandante J. Gatti a cosa serve un pilota a bordo di una nave che ha già ilsuo Comandante, risponde. «Quello è un altro mestiere: ilpilota, che viene sempre da esperienze di comando di navi spesso di grandi dimensioni, è unmanovratore che ha una formazione specifica e, alle spalle, migliaia di manovre, almeno sette oottocento all’anno» . Nulla siimprovvisa. «Il lavoro di preparazione inizia il giorno prima dell’arrivo della nave che sarà presa in caricoappena arriva a 7 miglia dall’imboccatura del porto».

Sul tavolo, già iniziata, c’è la torta al cioccolato della cuoca Angela che ammette. «Forse li vizio

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un po’, ma passo molto più tempo insieme a loro che con mio marito».

ALBUM FOTOGRAFICO

La M/n YM WONDROUS in manovra nel Porto di Genova

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Il portacontenitori Yang Ming WONDROUS si trova in avamporto, ha appena compiuto unaevoluzione di 180° e sta indietreggiando verso la zona d’attracco: calata Sanità.

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Molo Giano-Genova - La Torre di Controllo non c’é più, ma la Statua della Madonna dei Pilotitirata su dal fondo, dopo il tragico incidente del 7 maggio 2013, é ritornata al suo posto.

La pilotina é sottobordo alla nave all’altezza dell "combinata" dove sale e scende il Pilota delporto.

In questa suggestiva immagine, la Y.M. WONDROUS  appare in tutta la sua lunghezzaoccupando quasi tutto l’avamporto portuale genovese. In primo piano la pilotina in manovra.

La Y.M. WOUNDROS, dopo circa due ore di sosta a Genova, é ripartita  per il suo prossimoscalo.

Suggestiva immagine dell’uscita dal porto di uno degli ultimi esemplari del “Gigantismo Navale”. Carlo GATTI Rapallo, 31 Dicembre 2015        

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