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SPIRITUALITÀ BARNABITICA Eco dei Barnabiti 1/2017 27 Luigi Maria Raineri: Disturbo? Ho saputo che volevi incontrare un gio- vane barnabita ed eccomi qui. Sono Luigi Maria Raineri. Intervistatore: Vieni, vieni. Acco- modati. Avevo desiderio di conoscer- ti e vedo che mi hai preceduto. Sei stato molto gentile a venire. LMR: Cosa posso fare per te? I: Più che per me, potresti fare mol- to per tanti che si chiedono se abbia ancora un senso spendere la propria vita a servizio di Dio e del prossimo e sacrificarla fino a perderla anche in un breve lasso di tempo. Potresti concedermi del tempo? LMR: Dove sono ora il tempo non ha più sen- so, ma credo di poterti accontentare, adattando- mi alla categoria del tem- po in cui tu vivi ancora. I: Credo che la prima cosa sia di parlare un po- co di te, facendo un velo- ce ritratto della tua perso- na, perché devo confes- sarti che pochi sono quelli che oggi possono avere ancora memoria di te. in famiglia LMR: Ne sono con- vinto anch’io e quindi non me ne cruccio. Che posso dire? Sono nato il 19 novembre 1895 a To- rino e il 24 dello stesso mese sono stato battezzato nella chiesa parrocchiale dei SS. Angeli Custodi. I miei genitori, Enrico Rai- neri e Angelica Carpignano, erano profondamente religiosi e praticanti: due persone semplici e virtuose che avevano fatto della fede la loro nor- ma di vita. Hanno educato me e i miei sette fratelli in una fede sempli- ce e sincera; e mia madre, facendo proprie le parole di s. Rita da Cascia, ci diceva sempre che piuttosto che vederci avviati su una cattiva strada, avrebbe preferito vederci distesi ai suoi piedi: cioè morti. Era sua inten- zione che fossimo tutti bravi, altri- menti avrebbe preferito che Dio ci avesse preso con sé, acquistando co- sì un posto che non avremmo potuto perdere più. Era dello stesso avviso anche mio padre, tanto che, quando gli hanno portato la notizia della mia morte, ha detto solo: “E anche il se- condo (cioè io) è a posto”. Il primo è «NON SARÒ FELICE SE NON SARÒ SANTO»: IL PROGETTO DI UN GIOVANE VENTENNE Quella di Luigi Maria Raineri, giovane barnabita, potrebbe sembrare una vita incompiuta, poiché la morte lo ha colto a ventitre anni, in un ospedaletto da campo a Crespano del Grappa nel corso della prima guerra mondiale. Tuttavia, ci troviamo di fronte a un giovane che non ha badato ai sacrifici e ha compiuto in letizia anche quello della propria vita, dimostrando una maturità non comune per la sua età e una santità non “meravigliosa”, ma vera: quella di un cuore lieto che sempre sorride all’amorevole volontà del Signore. Don Luigi, fanciullo Torino - chiesa parrocchiale dei SS. Angeli Custodi dove Don Luigi ricevette il battesimo

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Page 1: «NON SARÒ FELICE SE NON SARÒ SANTO»: IL PROGETTO … · SE NON SARÒ SANTO»: IL PROGETTO DI UN GIOVANE VENTENNE ... in un ospedaletto da campo a Crespano del Grappa nel corso

SPIRITUALITÀ BARNABITICA

Eco dei Barnabiti 1/2017 27

Luigi Maria Raineri: Disturbo? Hosaputo che volevi incontrare un gio-vane barnabita ed eccomi qui. SonoLuigi Maria Raineri.

Intervistatore: Vieni, vieni. Acco-modati. Avevo desiderio di conoscer-ti e vedo che mi hai preceduto. Seistato molto gentile a venire.

LMR: Cosa posso fare per te?I: Più che per me, potresti fare mol-

to per tanti che si chiedono se abbiaancora un senso spendere la propriavita a servizio di Dio e del prossimo esacrificarla fino a perderla anche in

un breve lasso di tempo.Potresti concedermi deltempo?

LMR: Dove sono orail tempo non ha più sen-so, ma credo di potertiaccontentare, adattando-mi alla categoria del tem-po in cui tu vivi ancora.

I: Credo che la primacosa sia di parlare un po-co di te, facendo un velo-ce ritratto della tua perso-na, perché devo confes-sarti che pochi sono quelliche oggi possono avereancora memoria di te.

in famiglia

LMR: Ne sono con-vinto anch’io e quindinon me ne cruccio. Cheposso dire? Sono nato il19 novembre 1895 a To-rino e il 24 dello stessomese sono stato battezzato nellachiesa parrocchiale dei SS. AngeliCustodi. I miei genitori, Enrico Rai-neri e Angelica Carpignano, eranoprofondamente religiosi e praticanti:due persone semplici e virtuose cheavevano fatto della fede la loro nor-ma di vita. Hanno educato me e imiei sette fratelli in una fede sempli-ce e sincera; e mia madre, facendoproprie le parole di s. Rita da Cascia,ci diceva sempre che piuttosto che

vederci avviati su una cattiva strada,avrebbe preferito vederci distesi aisuoi piedi: cioè morti. Era sua inten-zione che fossimo tutti bravi, altri-menti avrebbe preferito che Dio ciavesse preso con sé, acquistando co-sì un posto che non avremmo potutoperdere più. Era dello stesso avvisoanche mio padre, tanto che, quandogli hanno portato la notizia della miamorte, ha detto solo: “E anche il se-condo (cioè io) è a posto”. Il primo è

«NON SARÒ FELICE SE NON SARÒ SANTO»:

IL PROGETTODI UN GIOVANE VENTENNE

Quella di Luigi Maria Raineri, giovane barnabita, potrebbe sembrare una vita incompiuta,poiché la morte lo ha colto a ventitre anni, in un ospedaletto da campo a Crespano del Grappanel corso della prima guerra mondiale. Tuttavia, ci troviamo di fronte a un giovane che non habadato ai sacrifici e ha compiuto in letizia anche quello della propria vita, dimostrando unamaturità non comune per la sua età e una santità non “meravigliosa”, ma vera: quella di uncuore lieto che sempre sorride all’amorevole volontà del Signore.

Don Luigi, fanciullo

Torino - chiesa parrocchiale dei SS. AngeliCustodi dove Don Luigi ricevette il battesimo

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stato mio fratello Giuseppe, morto il14 novembre 1908.

I: Otto figli! Se non sbaglio cinquedi voi siete diventati religiosi.

LMR: È vero. Tre sono diventati do-menicani (Gusmano, Mario e Aure-lio), uno Fratello delle Scuole Cristia-ne e quindi io Barnabita. Poi ci sonostati un fratello (Reginaldo) e una so-rella (Maria) che hanno proseguitonel secolo.

I: E tu? Quando sei entrato tra iBarnabiti?

LMR: Lo sai che all’inizio pensavodi seguire le orme dei miei fratelli e di

entrare anche io tra i domenicani aChieri? In quel convento vi era già unmio zio, Reginaldo. Avevo già fatto ri-chiesta a lui in questo senso, ma lo zionon ha ritenuto opportuno assecon-darmi, pensando che non fossi abba-stanza “sveglio” per gli studi teologicisecondo i canoni richiesti dall’OrdineDomenicano. Pensare che si formòquesto giudizio dopo aver visto gli esi-ti delle mie pagelle scolastiche, soprat-tutto in prima e seconda elementare.Devo ammettere che furono un tanti-no altalenanti i risultati ottenuti neglistudi di quel periodo, ma devi tenere

presente che allora avevo sette-ottoanni ed ero un tantino esuberante.

I: È vero e venivi ricordato come“un bimbo traffichino, toccatutto, unargento vivo”. Tuo fratello Mario haricordato le piccole liti tra fratelli, an-che se ha riconosciuto che non eri unattaccabrighe…

LMR: Non che combinassi chissac-ché. Tuttavia, a volte il comportamen-to dei miei compagni di scuola e digioco mi esasperavano e allora… Inol-tre a scuola in certi momenti ero piut-tosto svogliato e il rendimento alla finene aveva risentito. Per questo ho cam-biato anche scuola e sono stato iscrittodai miei genitori nell’istituto direttodai Fratelli delle Scuole Cristiane, do-ve mi sono prontamente ripreso.Anzi, credo che mio zio si sia pen-

tito, nel non assecondarmi nelle mieaspirazioni solo perché il mio rendi-mento scolastico non era stato soddi-sfacente. Tuttavia, a ben vedere, sipuò ben dire che egli sia stato unostrumento della Divina Provvidenzaper orientarmi verso i Barnabiti.

I: In effetti, tuo zio ha riconosciutodi essere stato tratto in inganno dal-l’esito di quegli attestati scolastici.Tuttavia, sono passati diversi anni,perché solo dopo gli studi ginnasialihai fatto richiesta di entrare in questoordine religioso.

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la famiglia Raineri - in prima fila da sinistra: Alessandro sulle ginocchia delpadre Enrico Raineri, Luigi (a 7 anni), Mario, Felice fra le braccia dellamadre Angelica Carpignano. In seconda fila: la go vernante e Giuseppino.Mancano ancora i figli Maria e Naldino

Genova - il palazzo di S. Bartolomeodegli Armeni che nasconde nel suointerno la Chiesa omonima. Al III eIV piano c’era la Scuola Apostolica

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LMR: Questo è vero, ma non è sta-to tempo perso, perché ho avuto mo-do di accordare la mia giovanile esu-beranza con una partecipazionepiuttosto assidua alla vita parrocchia-le. Inoltre, con l’approssimarsi dellacresima, che ho ricevuto il 26 mag-gio 1904, quando ero in terza ele-mentare, e poi della prima comunio-ne, fatta il 9 aprile 1905, ho avutomodo di cambiare radicalmente ilmio carattere e di essere diventatopiù diligente nell’esercizio dei lavorie nello studio delle lezioni, anche diquelle legate alla catechesi, soppor-tando con pazienza qualche compa-gno molesto. Devo confessare chenel fare la prima comunione provaiuna tale felicità, che fu percepita an-che dagli altri in famiglia, oltre al-l’aver notato il visibile miglioramentodella mia condotta.

I: In parrocchia cosa facevi?LMR: Il pomeriggio, tornando da

scuola, passavo ordinariamente dallaparrocchia, dove stavo con gli altri ra-gazzi e partecipavo alla funzione se-rale; ma facevo anche il chierichettoe, insieme agli altri, servivo messa almattino, mentre al pomeriggio parte-cipavo al rosario e alla benedizione;infine, dopo cena, vi ritornavo per leprove di canto e per altri svaghi, tra iquali vi era la banda. Avrei volutoprendere parte anche alla ginnastica,ma mio padre non me lo ha permes-so, perché temeva per la mia salute,che all’epoca era abbastanza fragile.

I: In effetti, diversi hanno notato latua puntualità alle funzioni religiose,all’istruzione religiosa domenicale, al-la messa quotidiana, alla congrega-zione festiva. Qualcuno ha avvertitoin te una forte sete di Dio e ha notatoin te un tale cambiamento da definir-lo una rinascita a nuova vita…

LMR: L’incontro con Gesù nel sa-cramento dell’Eucaristia è stato vera-mente un momento fondamentale e,sì, possiamo dire anche di svolta. Lagrazia del Signore mi ha sostenuto emi ha spinto a vivere con maggioregenuinità la vita di pietà, non soloimpegnandomi a compiere con mag-giore devozione le pratiche che allo-ra erano comuni ai bambini, ma ali-mentando in me anche un vivo pia-cere di servire alle funzioni religiose,spingendomi ad applicarmici con di-ligenza. Sai, all’epoca andavo di tan-to in tanto anche nella chiesa di S. Domenico (in Torino), che non era

proprio vicina a casa mia, ma lo fa-cevo correndovi con tanta gioia.

I: Pensa, sei rimasto così impressonella mente e nel cuore di un tuomaestro, fr. Alfredo, che ci ha ricor-

dato che “dal tuo aspetto trasparivarispetto, affezione sincera verso il suomaestro, indizio questo di ottimocuore e specialmente di candidezzad’animo”.

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Genova - L’Istituto “Vittorino da Feltre” al tempo in cui lo frequentò LuigiRaineri (1908-1912)

Raineri (primo a sinistra) con alcuni compagni del “Vittorino da Feltre”durante la V ginnasio

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LMR: Ringrazio fr. Alfredo perqueste parole; ma esse sono e devo-no essere soprattutto e una volta dipiù un attestato di quanto ha operatoin me la grazia di Dio.

in Congregazione

I: Allora, quando e dove sei entra-to tra i Barnabiti?

LMR: Sono entrato, come ho giàdetto al termine degli studi ginnasialie quindi nel 1908, quando avevo tre-dici anni; ma devo dirti che fino adallora non sapevo praticamente nulladei Barnabiti. Tutta “colpa” di miamadre, che un giorno ha incontratola madre di un barnabita. Tu dovresticonoscerlo bene, perché ne stai trat-tando la causa di beatificazione ecanonizzazione: Giovanni Semeria.Pensa che in quel tempo era noto perla sue molteplici attività: scrittore,conferenziere, insegnante, animatoredi varie istituzioni culturali cattoli-che… un religioso e sacerdote vera-mente impegnato! Ebbene, mia ma-dre ha conosciuto per caso la mam-ma di padre Semeria e, parlando conlei del figlio e parlando di lui in casanostra, ha suscitato in me il desideriodi conoscere meglio i Barnabiti. Inbreve, ne ho tratto una conclusionemolto semplice e diretta: volevo an-che io essere Barnabita!

I: E poi?

LMR: Ho avuto i primi contatticon i Barnabiti nella parrocchia diS. Dalmazzo a Torino, dove ho incon-trato il padre Giulio Giuseppe Cozzi,che mi ha accolto e accompagnatofino a Genova alla scuola apostolicadei Barnabiti, che era in S. Bartolo-meo degli Armeni e dove sono entra-to il 1 novembre 1908, dove viveva

anche padre Semeria. Con il mio ar-rivo il numero degli apostolini è sali-to a dodici: un piccolo gruppo, madodici non erano forse gli Apostoli diGesù? A Genova mi aveva accompa-gnato anche mio padre e ad acco-glierci abbiamo trovato il vice-diret-tore, il padre Idelfonso Clerici. Miopadre se ne andò senza che me neaccorgessi…

I: Lo fece per evitare un distaccoeccessivamente doloroso… Lo so,perché padre Clerici ne ha parlato atuo fratello, P. Ludovico.

LMR: Sì, fu un momento commo-vente e doloroso insieme, ma ancordi più lo fu il distacco da mio fratelloGiuseppe, che morì pochi giorni do-po, il 14 novembre… aveva deside-rato tanto il Paradiso, che alla fine ilSignore lo ha accontentato. Ciò chemi ha dato conforto e la forza per af-frontare e superare anche questo do-lore è stata la certezza che quell’ani-ma, tanto immaturamente rapita, pre-gava ora dal cielo per me e per i mieicari. Pensa, ho provato persino unpo’ di invidia per la tranquillità concui è morto. È quello che ho dettoanche ai miei genitori per consolarli,nel ricordare loro che il Signore ave-va voluto provarci e per questo dove-vamo essere disposti a fare in pienola sua volontà.

I: Dire questo ai tuoi genitori a tre-dici anni… Non posso che manife-starti tutta la mia ammirazione.A Genova quanto sei rimasto? Do-

ve hai studiato?LMR: A Genova sono rimasto cin-

que anni e ho continuato gli studipresso l’istituto retto dalla Congrega-zione, il “Vittorino da Feltre”; tuttaviagli esami di maturità non li davamonell’istituto, ma nella sede della scuo-la statale e lì non erano né teneri, néamici dei religiosi. Grazie a Dio, pe-rò, ho potuto superare bene gli esami.

I: Sappiamo, però, che ricevestidei premi sia per il tuo profitto neglistudi, sia per il tuo impegno nella re-ligione e nella condotta. Anche nellegare di catechismo alla fine risultaviprimo. So, però, che una volta, altermine di una di queste gare, dovesei risultato il vincitore, hai ceduto ilprimo premio a un tuo compagno,che era giunto alla pari con te e cheera risultato secondo solo dopo ilsorteggio.

LMR: È vero, ma mi era sembratotalmente mortificato dal sorteggio

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la caserma di Tortona dove Don Luigi passò i primi mesi di vita militarecome soldato semplice

Don Luigi in divisa di ufficiale difanteria

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che ho pensato fosse stato meglio pertutti rinunciare alla medaglia e la-sciarla a lui.

I: Un religioso barnabita, EliseoCoroli, che più tardi è diventato ve-scovo in Brasile ed era stato tuo com-pagno di studi nella scuola apostolicaed ora è anche lui nella “lista” dei fu-turi possibili venerabili, ci ha lasciatouna bella testimonianza di te. Sentiche cosa ha detto.

T: Conosco i suoi studi ginnasialiper i due anni che abbiamo fatto in-sieme. Ha avuto un’applicazioneesemplare allo studi: lezioni benepreparate, compiti ben fatti, temposeriamente occupato. Passava benegli esami… La sua applicazione allostudio è degna di ogni elogio ed erad’esempio a tutti noi apostolini. Era-vamo pochi: soltanto una dozzina.Fino ad oggi ho il più grato ricordodi quelle lunghe ore di studio cosìquiete, così silenziose, così laborio-se, così liete… Studio realmente lun-go, ma realmente assaporato. D. Lui-gi Raineri con il suo esempio e an-che con la sua autorità di decanonell’anno scolastico 1912-1913 con-tribuì a mantenere ed aumentare fragli apostolini questo grande amoreallo studio.

LMR: Sì, studiavamo molto. Lostudio più lungo cominciava primadelle 5 del pomeriggio e proseguivafino dopo le 7, finendo con la letturaspirituale. Quanto all’essere stato de-cano, mi ha anche impegnato a sosti-tuire l’assistente, fratel Giorgio, in al-cune occasioni in cui aveva dovutoassentarsi.

I: So che qualcuno ti chiamava“nonno” per quella voce un po’ na-sale che avevi e che ti dava qualchefastidio, ma soprattutto per il grandeequilibrio e maturità che dimostravi.

LMR: Sì, un soprannome che miavevano dato gli apostolini… e qual-che volta sentivo che era un po’ unapresa in giro e me ne risentivo, macercavo di non darlo a vedere, pernon creare attriti inutili e pericolosi.

I: Possiamo allora dire che tuttoandava bene…

LMR: Sai bene che questo è unmodo di dire… Sì è andato tutto bene,fino a quando verso la metà dell’ulti-mo anno di ginnasio, poco prima diessere ammesso in congregazione,non sono stato messo alla prova. Hoprovato un profondo senso di smarri-mento e di timore, insieme a una

certa ansietà per il futuro. Mi sonochiesto – e questo l’ho detto anche aimiei genitori – se ciò che stavo fa-cendo era veramente la volontà delSignore. Ero talmente cosciente del-l’importanza del passo che stavo percompiere, da sentire la necessità el’urgenza di conoscere bene la vo-lontà del Signore. Dare l’addio almondo in tutto e per tutto, vestirel’abito religioso, che a me pareva lalivrea di Cristo, il com-piere il sacrificio e l’ab-negazione della mia vi-ta, suscitavano in medomande impellenti: nesarò degno? Avrò la for-za di passare tutta la miavita come devo passarla?Dio mi vuole in essa?Sai, ho pregato molto e con perseveranza: mipareva che quella dove-va essere la mia vita, madovevo essere sicuro pri-ma di fare il grande pas-so; ma subito dopo miponevo un’altra questio-ne: fatto il gande passoavrò la necessaria perse-veranza, lo zelo, la per-fezione che una tale vitarichiede? Mi sentivo cosìlontano… e ho chiestoai miei cari di pregare perme senza stancarsi.

I: Possiamo dire che haidovuto affrontare una bel-la lotta…

LMR: Non desideravo altro che fa-re la volontà di Dio in tutto e per tut-to; ma avevo bisogno di sentirmi ras-sicurato, tanto che a mio zio hoespresso apertamente in una letteradi avere la necessità di conoscerecon sicurezza questa santa volontà,della necessità di essere ben illumi-nato, perché alla fine la parola chedovevo dire fosse quella che Dio vo-leva da me. Ho manifestato questo

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cartolina inviata da Brescia dal Raineri al Padre Generale Vigorelli, conparole e firma del P. Semeria, Cappellano del Comando Supremo

la tomba di Don Luigi a Crespano del Grappa(Treviso), come la vide il p. Clerici il 7 luglio 1922

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mio stato d’animo anche al confesso-re e direttore spirituale, il padre MarioBesana.

I: E lui che cosa ti ha consigliato?LMR: Mi ha dato un consiglio sem-

plice: affidarmi a Maria. È ciò che re-almente ho fatto nel mese di maggio,compiendo con il maggior fervorepossibile le pratiche di pietà a lei de-dicate e alla fine ho avuto la rispostache cercavo e desideravo: al timoresi è sostituito un senso di grande fi-ducia e soprattutto una grande felici-tà: mi sentivo veramente “felice”.

I: Superato uno scoglio così duro,che hai fatto?

LMR: Al termine degli esami dellalicenza ginnasiale ho lasciato defini-tivamente la scuola apostolica perentrare in noviziato, che non si face-va a Genova ma a Monza, nel con-vento di S. Maria al Carrobiolo, dovesono giunto la sera del 25 luglio1913, dopo essere stato in famiglia aTorino per vedere i miei genitori, poia Chieri e a Giaveno in visita ai mieifratelli religiosi. Al momento del mioarrivo a Monza vi erano solo cinque

novizi e il padre maestroera P. Mario Giardini,che più tardi, nel 1921,è diventato il primo de-legato apostolico in Giap-pone e in seguito Arci-vescovo di Ancona. L’8novembre 1913, vigiliadella Madonna della Di-vina Provvidenza, ho ri-cevuto la veste religiosa,ho fatto la mia “vestizio-ne” e lì ho compreso chel’idea predominante diquesta suggestiva cerimo-nia era quella di rinun-ciare al “vecchio mon-do” e quindi al “vecchiouomo” per rivestirsi inCristo dell’“uomo nuo-vo”. È lì, in quel mo-mento, che ho capito diessere veramente entratoin una nuova famiglia,dove c’erano un Padre emolti fratelli, che in quelmomento mi hanno datoil loro abbraccio di pacee di amore. Il mio cuoreera talmente colmo digrazia, che solo nel si-lenzio della mia came-retta ho potuto meditareil grande dono di Dio ed

effondere il mio cuore in ardenti col-loqui e in santi propositi. Il Signoremi aveva fatto veramente una graziaimmensa: mi aveva scelto tra miglia-ia di giovani per il suo tempio, per-ché lo servissi più perfettamente, per-ché mi facessi santo. Comprendevoche vestendo un simile abito nonavrei potuto vivere altrimenti che daangelo e mi proposi di farmi vera-mente santo, cercando di togliere dame ogni difetto e passione, impe-gnandomi a compiere bene tuttoquello che dovevo compiere.

I: Questo mi ricorda che lo stessodiceva e raccomandava s. Francescodi Sales ai suoi figli spirituali.

LMR: Perché ti sembra così strano?Non per niente s. Francesco di Salesè stato scelto come patrono seconda-rio della congregazione. Durantel’anno di noviziato ho cercato dimettere in pratica questo principio,ossia di compiere fedelmente edesattamente il mio dovere e, se ricor-di, sai benissimo che la giornata diun novizio non ha ore di libertà: tut-to è controllato da un minuzioso ora-

rio, nel quale rientrano anche le pic-cole attività; e tutto è regolato da unadisciplina rigorosa, che fa capo al-l’obbedienza. Dovresti saperlo.

I: So che ai tuoi tempi era una pre-parazione assai dura alla professionedei voti religiosi; oggi forse non c’èpiù il rigore dei tuoi tempi; ma, sì, laformazione rimane sempre esigente.Torneremo su questo più avanti. Co-munque, quando hai fatto la profes-sione dei voti religiosi?

LMR: L’ho fatta l’8 novembre1914, dopo essermi preparato con isanti esercizi spirituali. Erano i giornipiù felici per me, perché potevo par-lare solo con Dio. Prima di entrarenel silenzio, però, ho voluto ringra-ziare i miei genitori per il sacrificioda loro compiuto nel donarmi a Dio.

I: Che gli ha scritto? Posso saperlo?LMR: Va bene. Non c’è problema.

Ho scritto loro: “Certo Dio vi benedi-rà per il sacrificio che avete fatto peri miei fratelli Domenicani e per me;ma state certi che ci avete messi inbuone mani, dove, se non potremoaiutarvi materialmente, certamenteperò vi invochiamo le benedizioni diDio, e soprattutto un bel posto inParadiso, che è quello che importasoprattutto”.

I: So che hai scritto anche a tuo zio.LMR: Vuoi sapere cosa ho scritto a

lui? Ti accontento: “Domenica 8, gior-no di Nostra Signora della DivinaProvvidenza, sarà tutto di Dio, saròmorto completamente al mondo. Aipiedi di Maria SS.ma emetterò i votiperpetui, rinunziando al mondo conle sue ricchezze e con i suoi piaceri ea me stesso; ed ho un gran desideriodi mantenere le promesse che sto perfare, mantenerle in tutta la loro perfe-zione; per questo mi raccomando allesue orazioni, perché il Signore dia sta-bilità ai miei propositi e non permettache io disperda le grazie da Lui rice-vute in quest’anno benedetto”.

I: Non posso che ringraziarti perquesta tua testimonianza. Ma… dopola professione dei voti che hai fatto?

LMR: Il giorno dopo la professionesono partito per Lodi per concluderegli studi liceali. La scuola era già ini-ziata da una ventina di giorni e quan-do sono arrivato, vi era un clima diprofonda tristezza e mestizia, perchéin quel giorno vi erano stati i funeralidi un confratello, Padre TommasoSpreafico, morto tragicamente neigorghi dell’Adda. Non ebbi neppure

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Genova - i fratelli di Don Luigi presso la suaurna: p. Ludovico, Sig.na Maria, p. Gusmano ep. Aimone

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il tempo di ambientarmi e quasi subi-to mi accorsi che sarei stato l’unicochierico in veste talare tra i convittori.Devo dire, comunque, che per me laripresa degli studi fu un atto di veraobbedienza soprattutto in vista del-l’apostolato che mi attendeva e unmezzo per arrivare a Dio.

I: Ci siamo però dimenticati di unfatto non secondario nella vita di ungiovane di quel tempo: la chiamataal servizio militare. Oggi per i chiericinon c’è questo obbligo; anzi non c’èpiù neppure la leva militare.

LMR: Al mio tempo, invece, anchei chierici venivano chiamati a presta-re il servizio di leva e nel 1914 fuichiamato anch’io. Feci la prima visitail 14 dicembre 1914, ma fui fatto ri-vedibile a causa della mia debole co-stituzione fisica. Tuttavia, dovevo af-frontarne ancora una a maggio e vene sarebbero state altre due: voleva-no proprio prenderci a tutti i costi.

I: Ma c’era la guerra.LMR: A quel tempo l’Italia non era

ancora entrata nella grande guerra, laprima guerra mondiale, anche se nel-l’aria ve ne era già il sentore.

I: In effetti l’Italia entrò in guerra,rompendo la propria neutralità, il 25maggio 1915.

LMR: Fu un momento assai triste.Lo studentato andava progressiva-mente svuotandosi dei chierici chia-mati alle armi; e anche io attendevoda un momento all’altro di esserechiamato; ma avevo fiducia che laMadonna avrebbe potuto fare tutto:anche gettarmi in mezzo ai combatti-menti e farmi uscire indenne. Quindiavevo deciso di lasciare fare a lei,perché disponesse quel che era me-glio per me.

I: Ma in quel tempo, non dovestiprepararti anche a ricevere gli ordiniminori?

LMR: Certamente. Il padre genera-le, Pietro Vigorelli, decise di far anti-cipare il conferimento degli ordiniminori ai chierici liceali e quindi eb-bi appena il tempo di prepararmi agliesami di ammissione, che già il 18settembre 1915 nel Duomo di Mila-no, nella cripta di S. Carlo Borro-meo, ho ricevuto dal cardinale arci-vescovo di Milano, Andrea Carlo Fer-rari, la sacra tonsura e i quattroordini minori: ostiariato (custode del-le porte della chiesa e campanaro),lettorato (lettore dei brani della SacraScrittura e in particolare dell’AT nelle

celebrazioni liturgiche), esorcistato eaccolitato (addetto al servizio all’al-tare). Poco dopo, il 9 ottobre 1915,sono stato chiamato per la secondavisita militare e anche in questa oc-casione sono stato fatto rivedibile.Ciò per me fu motivo di gratitudineper la misericordia che Dio conti-nuava ad avere nei miei confronti.

il servizio militare

I: So anche che avevi dovuto af-frontare un’operazione.

LMR: Sì, ma nulla di grave: era so-lo l’estrazione dal naso di alcuni po-lipi che mi impedivano di respirarecorrettamente.

I: Ma non fu un unico episodio. Vene furono altri in seguito… se nonsbaglio.

LMR: Cosa di poco conto. Andia-mo avanti. Ben più pre-occupante era la pro-spettiva di dover indos-sare la divisa militare edi gettarmi lo zaino sul-le spalle per andare apiantare le tende chi sadove. E in effetti la terzavisita militare venne il13 giugno 1916; e que-sta volta fui dichiaratoidoneo: eccomi soldati-no secondo la volontàdel Signore.

I: Immagino la preoc-cupazione dei superiori esoprattutto dei tuoi cari.

LMR: Ai miei genitorinon potei fare altro chescrivere che non mi re-stava altro da fare cheprepararmi a compiereallegramente il mio do-vere. Si vede che il Si-gnore voleva trarre delbene per me da questonuovo stato di vita, cheavrei dovuto incomin-ciare entro breve tempo.Non potevo che ringra-ziare di ciò la divinaProvvidenza, come l’avreiringraziata se fossi statiriformato. Li ho esortatia rallegrarsi con me, per-ché non si guadagnavanulla a far diversamentee li ho invitati a pregareperché potessi servire ilSignore in mezzo al mon-

do, restandogli fedele contro tutte leattrattive che il mondo esercitava adanno delle anime. Anzi, ho ricorda-to loro che proprio in quel momentonon finiva, ma iniziava il tempo dellapreghiera.

I: Quando iniziasti il servizio mi-litare?

LMR: Il 26 settembre 1916 mi por-tai a Torino e il 28 settembre sonoentrato in caserma per sottopormi al-la visita medica. Il medico mi ha tro-vato così debole di costituzione damandarmi in rassegna: non era unariforma, ma poteva preludere a unarivedibilità e alla concessione di unalicenza. Cosa che in effetti avvenne,perché il 30 settembre dovetti andarein ospedale e mi venne concessa unalicenza fino al 1 luglio 1917. Potevoriprendere gli studi e giungere agliesami di maturità. Pertanto il 24 otto-

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la tomba del Servo di Dio nella Chiesa di GesùAdolescente a Genova

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bre 1916 fui mandato a Moncalierinel “Real Collegio Carlo Alberto”, te-nuto dai Barnabiti, dove assunsi an-che l’ufficio di decano o prefetto deiconvittori. Il 26 marzo 1917 venivoammesso agli esami come privatista,che superai con una media discreta.Il 1 luglio rientrai in caserma, ma giàil 7 luglio sono stato nuovamentemandato in licenza di convalescenzafino al 3 ottobre dello stesso anno,cosa che ho accettato “senza bronto-

lare”. Ciò mi ha concesso di fare contranquillità gli esercizi spirituali.

I: Il 3 ottobre 1917, però, hai do-vuto presentarti in caserma.

LMR: E non ci sono state più li-cenze… vorresti aggiungere. E inve-ce, mi hanno concesso un altro mesedi licenza, che ho utilizzato per por-tarmi a Roma per iscrivermi agli studidi teologia. Ne ho approfittato pervisitare la Città Eterna e vedere, frale altre, le basiliche di S. Pietro, di

S. Paolo e di S. Maria Maggiore e ini-ziai una novena al B. Francesco Sa-verio Maria Bianchi: “lo specialistanel liberare dal servizio militare”; e il2 novembre ho potuto prendere par-te alla celebrazione della s. messadel Santo Padre, Benedetto XV, e diricevere la comunione dalle sue ma-ni. È stato a Roma che il 24 ottobre1917 ho appreso la triste notizia del-lo sfondamento del fronte italiano aCaporetto da parte degli austriaci ela sera del 2 novembre sono partitoper Torino, ormai pronto a fare il sa-crificio per amore della mia patria. Il9 novembre ho saputo la mia desti-nazione: la 10a Compagnia del 43°Reggimento Fanteria con sede a Tor-tona e il 12 novembre ho vestito ladivisa militare.

I: Con quale stato d’animo hai af-frontato questo momento così tragicoe delicato?

LMR: Il Signore mi ha voluto met-tere alla prova e mi sono ricordato leparole di uno dei miei fratelli: “Nonresta dunque che guardare con rasse-gnazione e fiducia in Dio, con cal-ma, fortezza e con giudizio la nuovarealtà di vita in cui ti trovi e confor-marcisi a dovere, salvis salvandis.Chiedi la grazia di sentire, in ognigiorno di questa permanenza tra ilmondo, il peso di essa, come di cosaaccettata e non mai come di una co-sa venuta a tuo gradimento”. Ed è ciòche ho fatto, perché mi sono resoconto che, se il mondo qualche voltapoteva porgermi qualche allettamen-to, qualche sollievo o qualche piace-re, questo non era fatto per me; men-tre a me erano riservati dal Signorealtri allettamenti, altri sollievi, altripiaceri. Mi sono detto che la vita nonè sempre una festa e che il mondotraditore dà dolori dove ha promessopiaceri, dà delusioni dove ha offertouno splendido avvenire. Inoltre hotenuto sempre presente che avevofatto una promessa, fortunatamenteirrevocabile, che mi avrebbe dovutoportare – e in effetti mi ha portato –la felicità. Mi sono anche reso contoche era l’umile e fervente religioso acondurre una vita più invidiabile econtenta di qualsiasi ricco e potentedel mondo. Ho compreso che la pa-ce del cuore non si paga con ric-chezze, né con onori e comodi.

I: A Tortona cosa hai fatto?LMR: Ho trovato sacerdoti e reli-

giosi che mi hanno aiutato, consi-

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tradizionale immagine del Servo di Dio Don Luigi M. Raineri con la fraseche lo identifica: «Non sarò felice se non sarò santo»

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gliato e diretto anche nello spirito.Ho avuto la fortuna di incontrare d.Luigi Orione, che mi ha accolto ungiorno con molta premura nella “Ca-sa della Divina Provvidenza” da luifondata. Tuttavia, ciò che mi manca-va di più era poter prendere parte al-la messa quotidiana e quindi alla co-munione ogni mattina. Potevo soloaffidare al Signore il mio desiderio difarla. Quanto agli studi di teologia,ho potuto beneficiare di una licenzadal 22 al 30 gennaio 1918, per soste-nere un esame il 26 gennaio.

I: E poi cosa accadde?LMR: Rientrato a Tortona, il 5 feb-

braio 1918 sono stato trasferito a Ca-serta, dove il 6 febbraio ho iniziato ilCorso per diventare ufficiale, l’11 lu-glio sono stato assegnato al 74° Reg-gimento Fanteria a Bra e il 21 agostosono partito per il fronte sul MonteGrappa. Con me c’era anche mio fra-tello P. Gusmano. Tuttavia già il 26agosto sono stato mandato a Bresciaper un corso mitraglieri FIAT e il 14novembre sono rientrato al fronte,sempre sul Monte Grappa.

I: Ma l’11 novembre 1918 non eraterminata la guerra con la vittoria del-l’Italia?

LMR: Proprio così. Non mi aspetta-vo proprio di essere richiamato in ser-vizio e mandato nuovamente verso lazona di operazioni militari. Eppure mihanno richiamato proprio l’11 novem-bre e ho dovuto portarmi a Montru-glio presso Vicenza, per raggiungere il4° Reparto Mitraglieri FIAT, 670a Com-pagnia, a cui ero stato destinato. Il 14novembre mi sono trovato ancora aipiedi del Grappa ed è qui, a Castel-cucco, che mi sono ammalato. Pereseguire fedelmente un ordine tra-smesso dal Comando, sono rimastofermo per due ore, ai piedi del monte,sotto una gelida corrente di vento, ve-nendo colpito da broncopolmonite.Sono stato ricoverato il 20 novembrenell’ospedaletto di Crespano sul Grap-pa e quattro giorni dopo, il 24 novem-bre il Signore ha voluto chiamarmi asé, dopo aver ricevuto tutti i sacra-menti. Sono stato sepolto nel cimiterodi Crespano, ma il 21 settembre 1923hanno trasferito le mie spoglie mortaliad Asti.

I: Sì, però vi sono rimaste solo finoal 1953.

LMR: Giusto. Il 20 novembre 1953le hanno portate a Genova nellachiesa dedicata a Gesù adolescente,

annessa alla Casa Missionaria deiBarnabiti. Ma… perdonami. Aveva-mo detto un veloce ritratto. Mi pareche abbiamo un po’ trasceso. È orache mi ritiri.

I: Barnabita e Tenente Mitragliere.Che strana combinazione... Credi di

cavartela così? Dovremo rivederciancora…. Tenente! Che ne dici… allaprossima?

LMR: Agli ordini. Obbedisco. Allaprossima.

Mauro Regazzoni

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INTENZIONI DI PREGHIERA 2017

Marzo: Per le ultime Fondazioni in India, in Messico, in Indonesia e in Tanzania.– Perché il Signore Gesù ci apra gli occhi del cuore per riconoscere la sua presenzanella persona dei poveri e degli abbandonati, e ci renda capaci di assisterli e aiutarli conamore superando insieme difficoltà, barriere e steccati, di qualunque genere essi siano.

Aprile: Per tutte le nostre Comunità religiose sparse nel mondo.– Perché il Signore conceda la capacità di superare le difficoltà della vita comune eciascuno dia sempre più posto a Dio, non chiudendosi in se stesso e non ritenendosimigliore degli altri, ma sempre in stato di riforma.

Maggio: Per la riabilitazione storica e morale del P. Ugo Bassi e di altri confratelli.– Perché sull’esempio anche del loro sacrificio il Signore ci aiuti a sognare, ci doni lacapacità di profetizzare, ci spinga ad andare avanti con fiducia e speranza, guardan-do a Maria, Madre della Divina Provvidenza, Bella di Dio Vergine Madre, per la gioiadella Chiesa e della Congregazione.

Giugno: Per i nostri aspiranti, novizi e giovani professi.– Perché riemerga nella Congregazione lo spirito di riforma sincera del S. FondatoreAntonio M. Zaccaria e il Signore le doni nuova freschezza e slancio apostolico libe-randoci dalla mondanità spirituale che si nasconde dietro apparenze di religiosità.

Luglio: Per il buon andamento dei Capitoli Generali delle Suore Angeliche e delleFiglie della Divina Provvidenza.– Perché il Signore ci aiuti a sapere stare insieme e a portare gli uni i pesi degli altricon affetto fraterno, guardando il domani alla luce del Vangelo e ci liberi dalla tristez-za, dalla rassegnazione e dall’indifferenza.

Agosto: Nel 3° Centenario dell’invito alla missione in Cina e poi nei Regni di Ava ePegù (Birmania).– Perché l’esempio di San Paolo Apostolo faccia di noi dei convinti e coraggiosi an-nunciatori dello spirito vivo dappertutto e il Signore ci conceda il dono di una profon-da conversione del cuore per vincere le provocazioni alla mormorazione e al terrori-smo delle chiacchiere.

Settembre: Nel 150° Anniversario della nascita del P. Giovanni Semeria.– Perché sappiamo sviluppare la comunione nelle differenze, l’unità nella diversità,ricordando che la riconciliazione reca in sé la forza di renderci liberi e di volgerci gliuni verso gli altri nell’amore e nel servizio, per ri-copiare e ri-fare Gesù Cristo.

Ottobre: Nel 1° Centenario della nascita del P. Umberto Fasola.– Perché sappiamo coltivare l’apostolato della cultura, dell’incontro e del dialogo percooperare al bene della vita comune e ci lasciamo scuotere dalla sana e beneficainquietudine della testimonianza.

Novembre: Per i confratelli anziani, infermi e in difficoltà.– Perché non cessiamo di ringraziare il Signore del dono della vita e della chiamataa seguirlo più da vicino, consacrandola alla sua gloria e al suo servizio, e sorretti dal-la grazia di Dio riusciamo a parlare di lui con la nostra vita ri-formata e trasfigurata.

Dicembre: In preparazione al Capitolo Generale dei Barnabiti.– Perché non ci stanchiamo mai di chiederci come attuare la vera riforma che Cristoe la Chiesa si attendono da noi, personalmente e comunitariamente, e a camminareinsieme come persone di comunione e di riconciliazione, che non si lasciano rubarel’ideale dell’amore fraterno.