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Le Voci di www.levocidiviapiave.com ( anche su facebook ) Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro di via Piave Numero 11 - Dicembre 2012

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Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro di via Piave - Mestre (VE).

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Le Voci diwww.levocidiviapiave.com (anche su facebook)

Notiziario promozionale del Gruppo di lavoro di via Piave

Numero 11 - Dicembre 2012

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Pagina 2 Numero 12 - Dicembre 2012 Le Voci di Pagina 3

Quale destino per la zona di via Piave?

Negli ultimi tempi si constata sempre più che tra le parole ed i fatti esiste un incolmabile divario; mi riferisco all’Am-ministrazione comunale nei riguardi della zona di via Piave.

Se si vuole veramente che la zona diventi parte integrante del centro della città ed un esempio di convivenza tra abitanti l’Amministrazione deve fare il massimo sforzo per riqualificare il quartiere usando tutti i mezzi a sua dispo-sizione.

Purtroppo non viene fatto nulla per modificare i fattori di degrado anche quando ci sarebbero gli strumenti e gli impegni per farlo, al punto che ormai é chiaro quale viene considerato il “centro di Mestre” e che la via Piave e le zone circostanti siano diventate solo un problema da affidare alla Polizia.

Infatti è sempre più evidente che le poche risorse a disposizione vengono assorbite dal centro, dove sono concen-trate anche tutte le manifestazioni culturali, economiche , ecc.

Basti pensare alla stazione e dalle aree circostanti degne di un paese del terzo mondo; da anni si parla di renderle degne di una città civile, senza che si muova un dito.

Per rendere chiara questa situazione basta un incompleto elenco di alcune situazioni.

• Che fine ha fatto l’Atto di indirizzo? Nella seduta del 2 dicembre 2010 la Giunta Comunale ha varato un “Atto di indirizzo” perché su via Piave tutti gli assessorati coordinassero le loro attività anche in sinergia con i cittadini. Dopo un anno silente c’è stata una riunione nell’aula magna della Cesare Battisti dove tale impegno è stato rinnovato. Invece troppo spesso si vedono assessorati muoversi nel quartiere in maniera autonoma senza tener conto dell’Atto.

• Un punto di rilevante importanza è la risoluzione dei problemi di sicurezza dell’incrocio di via Piave con via Cavallotti, anche tenuto conto del rilevante traffico che investe la via. Su questo argomento esiste un im-pegno scritto datato 10 ottobre 2011 dell’Assessore Bergamo di mettere in sicurezza l’incrocio tra via Piave e via Cavallotti ma, nonostante incontri fatti con funzionari e mail inviate (senza risposta), non è stato fatto niente per limitare la velocità delle automobili. L’unico intervento è stato di mettere una strettoia sulla pista ciclabile con indicazioni ambigue che ha aumentato la pericolosità dell’attraversamento per i ciclisti. Cosa dobbiamo pensare? Di chi è la volontà di non risolvere questo grave problema? Forse aspettano il morto?

• L’esempio più vistoso di disinteresse è la ex lavanderia militare di via Piave dove questa Amministrazione ha fatto notevoli passi indietro rispetto alla precedente. Il fatto di aver assegnato la risoluzione del proble-ma ad un dirigente è il segno tangibile di quanto scarsa sia la volontà di impegnarsi su questo fronte.

Pur sapendo che l’attuale momento finanziario è problematico, il cercare delle soluzioni e non abbandona-re i problemi è il segno principale di interesse per la città che si dovrebbe amministrare.

Specialmente dopo la chiusura della galleria Contemporaneo che ha creato un’altra zona morta in via Pia-ve, facendo pensare che si voglia chiudere l’area al circuito culturale della città, magari per dedicarla alle sale gioco.

• Altro argomento per il quale gli abitanti non possono che sentirsi presi in giro è il “mercato nei giardini di via Piave”; è stato dato per fatto in più occasioni con tanto di planimetrie ma poi è sempre rimasto lettera morta ed intanto il tempo passa e per i giardini si può sperare solo sull’attività della Polizia.

Tra l’altro recentemente si è deliberato in Consiglio Comunale dell’installazione nei giardini di bagni chimi-ci, senza rendersi conto delle conseguenze e senza sentire prima gli abitanti della zona.

Ricordo che da anni esiste una proposta di fare dei veri gabinetti pubblici sorvegliati e che il mercato sa-rebbe stata l’occasione per realizzarli.

Poi ci sono tutti i piccoli fatti di minore importanza ma che contribuiscono a dare agli abitanti un senso di lonta-nanza ed a far perdere la voglia di lottare per migliorare la situazione.

Il 9 ottobre una delegazione del Gruppo di lavoro di via Piave ha incontrato il Direttore Generale del Comune di Ve-nezia per far presente quanto sopra e presentare la propria perplessità sul fatto che l’Atto di indirizzo, di fatto, non abbia portato i risultati sperati e per una presentazione delle problematiche della zona.

La notizia più importante che abbiamo ricevuto è stato che entro breve tempo la vicenda della ex lavanderia mi-litare potrebbe essere risolta, di questo argomento ne parleremo a breve in una tavola rotonda che intendiamo organizzare sull’argomento.

Veduta dell’area della ex lavanderia militare di via Piave

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Pagina 4 Numero 12 - Dicembre 2012 Le Voci di Pagina 5

Quartiere Piave: “un avamposto dove si sperimenta il futuro”Durante la cena di quartiere lo scorso 9 giugno è stato proiettato in Piazzetta San Francesco il video del pro-getto “Partecipare la città”, evento finale di un lavoro che è durato diversi mesi, parte di un progetto più am-pio finanziato dal Fondo FEI e che ha visto la parteci-pazione attiva dei membri del Gruppo di lavoro, degli operatori dell’Etam e dei residenti del quartiere.

45 interviste in 43 minuti. Sullo schermo si sono susse-guiti i piedi, le mani e i volti, i racconti di un quartiere che si muove, cambia, veloce come il montaggio ser-rato suggerisce.

E’ stato interessante e a tratti emozionante osservare le reazioni degli spettatori, di chi si riconosceva nelle im-magini, di chi condivideva, e applaudendo le sottoline-ava, le opinioni che emergevano durante la proiezione. Ancora più interessante però è stato seguire sul sito la mole di interviste che via via cresceva, aggiungendo volti su quella pagina; cu-riosare, di settimana in settimana: chi c’è ancora? che avrà detto?

Lentamente, si è formato un docu-mento di storia so-ciale della città, che lega le immagini dei luoghi simbolo del quartiere Piave ai pensieri di chi li vive.

Le interviste incor-niciano soprattutto spazi aperti intorno a cui si concentrano le riflessioni de-gli abitanti: il parco Piraghetto e i Giardini in primis, ma anche piazzale Bainsizza e la Strada, quella principale e quelle interne con tutte le loro contraddizioni. Luoghi che sono testimoni del cambiamento della città e della resi-stenza delle persone a questo cambiamento e alle sfide che porta con sè, in positivo come in negativo.

Ascoltando le interviste, guardando le immagini, ci si rende conto della voglia che la gente ha di vivere di nuovo la città e i suoi spazi, di non sentirsi schiacciata dai cambiamenti e dalle paure che ne derivano, ma di parteciparvi attivamente, anche solo per non sentirsi parte di una folla anonima. Infatti i luoghi citati dagli in-tervistati sono importanti perchè significano relazioni: tra connazionali, tra bambini, tra mamme, la nostalgia di

chi viveva la città in questo modo, quando ci si conosce-va tutti. A volte la rabbia, altre la solitudine, l’incertezza del futuro o la speranza che le cose si sistemino, tanti sentimenti ambivalenti hanno trovato un contenitore per materializzarsi (la telecamera e la sala di posa ambu-lante creata ad hoc) e uno spazio per essere rielaborati, anche collettivamente.

Le interviste condotte nei luoghi chiusi, nei luoghi di culto per esempio, diventano anche pretesto per apri-re alcune porte, incominciare nuove relazioni. Molte sono poi le interviste fatte ai commercianti, nei loro negozi, vetrina e identità della strada. Un valore ag-giunto a questo documento in cui la riflessione parte da chi nel quartiere ci lavora e gestisce un’attività, da tanti anni o da pochissimo tempo. Un punto di vista molto particolare e attento ai problemi, alle responsa-bilità e alle possibili soluzioni.

Quello realizzato è un documento im-portante a patto che non sia un punto di arrivo, ma un inizio da cui partire per lavorare seriamen-te sul quartiere: gli intervistati hanno idee chiare, pongo-no questioni e pro-pongono soluzioni, per questo le inter-viste vanno tenute di gran conto, ipotiz-zando un tipo di in-tervento globale sul quartiere che tenga conto delle istanze

dei suoi cittadini e della necessità di una negoziazione degli spazi, imprescindibile in qualunque società.

Indubbiamente il valore artistico del progetto gli ha dato una marcia in più e la possibilità di essere diffu-so con maggiore facilità, di creare piccole dinamiche di auto-riconoscimento e valorizzazione delle persone che hanno scelto questa zona della città per vivere o lavorare.

Sarebbe bello poi poter immaginare un seguito, tra die-ci anni o giù di lì, a testimonianza di quello che è diven-tato il quartiere Piave, quali volti nuovi ci saranno, quali storie... e chissà che non succeda davvero.

La scuola di Italiano di via Sernaglia: l’esperienza di quest’anno

“Sono venuta a scuola di italiano per imparare meglio a scrivere e parlare questa bella lingua. Ho saputo che qui ci sono lezioni di italiano dall’URP di Mestre. Studiare l’italiano per me è facile perché la mia lingua è abbastanza simile e anche perché i professori sono molto bravi. Sto imparando i verbi, a scrivere e sono più sicura di me quando parlo con qualcuno in italiano. Mi piacerebbe anche venire il prossimo anno ma fra un po’ devo partorire (il prossimo anno la bimba sarà piccola) e ho un altro figlio a casa”

Questa l’esperienza di una studentessa Rumena che frequenta la scuola di italiano di via Sernaglia.

E’ iniziato un altro anno scolastico e nonostante la fatica di doversi riorganizzare ogni volta, di dover cambiare metodo o livello a seconda degli arrivi, l’esperienza è sempre positiva. Caratteristica fondamentale della scuola è infatti quella di essere sempre aperta. Le iscrizioni non sono legate al possesso di un permesso di soggiorno e possono avvenire in ogni momento dell’anno. Grazie a un numero consistente di volontari che collabora con noi con passione e professionalità, possiamo offrire vari livelli di insegnamento dell’italiano e permetterci di accogliere studenti mentre “siamo in corsa”.

Ci siamo accorti di quanto sia importante questa opportunità perché le richieste di iscrizione sono costanti in ogni periodo dell’anno e l’offerta “istituzionale” non è assolutamente in grado di coprire il bisogno della popolazione immigrata della città.

C’è chi arriva in Italia ad anno scolastico già iniziato, oppure chi ha perso il lavoro (parecchi purtroppo) e decide di usare le mattine libere per migliorare l’italiano. Tanti altri cominciano a lavorare e devono abbandonare le lezioni, o frequentano in modo saltuario: c’è sempre un gran movimento!

L’anno scorso sono passati da noi 160 studenti con picchi di 50 persone a lezione. Quest’anno siamo arrivati a 70 persone a lezione. Troppi per uno spazio ristretto come la sala di via Sernaglia, in cui, sebbene divisi per gruppi in base all’arrivo e al livello di conoscenza della lingua, non si

può non disturbarsi a vicenda.Molti arrivano da noi i base al passaparola, altri inviati dal Servizio Immigrazione: facciamo infatti parte della rete dell’offerta dei corsi di Italiano del Comune di Venezia.Un’altra criticità è poi quella di non avere a disposizione uno spazio “nostro”: la sala infatti, viene usata da una miriade di associazioni e questo non ci permette di personalizzarla. Ci piacerebbe renderla “ un po’ più scuola”, riempire i muri di carte geografiche, importantissime se gli studenti arrivano dai quattro angoli del mondo, o di verbi, poter mantenere traccia del lavoro che si fa ogni giorno. Va detto inoltre che, essendo una sala pubblica, a volte siamo costretti a saltare le lezioni per le esigenze della municipalità.

Al di là di queste criticità, siamo però fortemente impegnati per offrire agli studenti un servizio più qualificato e meglio organizzato, perché: bassa soglia non significa basso livello.

Quello che più ci sta a cuore, di tutta questa esperienza, è che la scuola diventi un luogo privilegiato dove stringere relazioni. Non solo tra connazionali, quelle ci sono già, ma tra soggetti provenienti da paesi diversi: “abbiamo trovato tanti amici…” dice uno studente.Relazioni che possono essere fondamentali nell’esperienza migratoria perché costituiscono una risorsa da mettere in campo nei momenti più critici

Lucia Patano

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Pagina 6 Numero 12 - Dicembre 2012 Le Voci di Pagina 7

ETAM: un servizio poco conosciuto. Intervista al Dott. Marino Costantini *

Da anni ormai Il “Gruppo di lavoro di Via Piave” collabora con L’Etam per favorire e migliorare la convivenza in via Piave. Si può anzi dire che esso si è costituito proprio su impulso dell’Etam.Ma specificatamente cos’è L’Etam e quali sono gli ambiti anche geografici del suo intervento?

Tecnicamente l’Etam è una delle 5 unità operative complesse di cui si compone il Servizio Promozione Inclusione Sociale (P.I.S.) della Direzione Politiche Sociali Partecipative e dell’Accoglienza del Comune di Venezia. Etam é l’abbreviazione di “équipe territoriale aggregazione minorile”, ma ormai sono davvero lontani i tempi in cui questa struttura si occupava di minori. Anche se l’antico nome è rimasto e ormai fa parte della sua identità, oggi l’Etam è un’équipe formata da educatori specializzati in interventi di animazione di comunità. L’ambito territoriale d’intervento è quello del Comune di Venezia. Ed attualmente stiamo intervenendo sia nella zona di Via Piave che a Marghera Sud.

Con quali risorse, umane, finanziarie e logistiche esso opera?

La risorsa più importante che l’Etam ha disposizione è, ovviamente quella umana. Si tratta di 5 educatori da tempo assunti in ruolo a tempo indeterminato, coordinati da un responsabile, particolarmente preparati per quanto riguarda la metodologia e le tecniche di sviluppo di comunità.In via continuativa, inoltre, hanno a disposizione una specifica supervisione formativa a cura di esperti esterni. Le risorse finanziarie, invece, sono molto limitate (circa 17 mila euro l’anno) e vanno a coprire quelle poche spese che è necessario fare per sostenere le varie iniziative. La sede dell’Etam si trova a Marghera in via Toffoli, 56.

Oltre all’Etam, che più conosciamo e fortemente apprezziamo, sappiamo che esistono altri servizi presenti nel territorio. Essi sono meno noti perché costretti ad operare in silenzio e con discrezione ma svolgono un servizio altrettanto importante, ce li può descrivere ed elencare alcuni risultati significativi?

Brevemente, per quanto riguarda il servizio P.I.S.: la unità operativa Senza Dimora si occupa di quelle persone, senza un abitazione stabile, in estrema povertà e in stato di marginalità che purtroppo sempre più sono presenti in città; essa, inoltre, coordina, ormai da oltre un decennio, un tavolo cittadino che riunisce la maggior parte delle realtà pubbliche, del privato sociale e del volontariato religioso che

si occupano di tali problematiche; l’unità operativa Riduzione del Danno interviene sul fenomeno della tossicodipendenza con un’ottica di prevenzione dei rischi connessi con l’uso di droghe; gestisce, inoltre, un centro diurno per tossicodipendenti (drop in) e realizza attività di prevenzione particolarmente rivolte ai giovani consumatori nei luoghi del divertimento notturno e istituzione del logo Movida project per i locali del “divertimento sicuro”; l’unità opertativa Protezione Sociale e Umanitaria, grazie anche a finanziamenti statali, svolge in tutto il territorio veneto attività di assistenza nei confronti delle vittime di grave sfruttamento e tratta e gestisce il numero verde nazionale contro la tratta; organizza, inoltre, azioni di contatto con le persone che si prostituiscono e il loro accompagnamento ai servizi sanitari; l’unità operativa Area Penitenziaria lavora in ambito penitenziario con progetti di reinserimento sociale per ex detenuti; sportelli informativi e di orientamento in carcere; attività sociali e di laboratorio (tra cui la redazione de “l’Impronta” che già conoscete); incentivi al lavoro e inserimenti in associazioni di volontariato ( nel 2011: 46 ex detenuti in carico, 333 utenti degli sportelli in carcere, 64 detenuti hanno usufruito dell’incentivo al lavoro in carcere). Tutto il Servizio è impegnato, infine, con intensità crescente, nel ricercare gli intrecci tra i vari fenomeni di marginalità e le conseguenti sinergie tra i vari interventi in essere oltre che a ricercare rapporti di collaborazione con la cittadinanza che assiste a tali fenomeni e, a volte, li subisce. La Direzione Politiche Sociali, Partecipative e dell’Accoglienza ha al suo interno, poi, oltre al Servizio P.I.S., altri 4 Servizi di “line”: Anziani, Disabili, Salute Mentale; Politiche Cittadine per l’Infanzia e l’Adolescenza; Immigrazione e Promozione dei Diritti di Cittadinanza e Asilo; Osservatorio Politiche di Welfare. Ogni Municipalità ha, infine, il suo Servizio Sociale.

Gran parte delle problematiche di via Piave derivano dalla forte presenza di immigrati. Il lavoro dell’Etam prevede un rapporto sinergico con gli altri servizi comunali come per esempio il servizio immigrazione?

Certamente sì. L’Atto di Indirizzo della Giunta, per Via Piave pone con forza la necessità della sinergia. Con il Servizio Immigrazione abbiamo recentemente svolto un’importante esperienza nell’ambito del Fondo Europeo per l’Immigrazione che ha dato risultati concreti e a cui speriamo di dare continuità.

Questo modo di operare da parte dell’assessorato alle politiche sociali è un metodo adottato anche da altri comuni?

La numerosità e la qualificazione dei nostri servizi è difficilmente riscontrabile in altre realtà. Certo, anche alcune altre città medio-grandi hanno attività simili alla nostre, ma credo che il livello di radicamento nel territorio e di stabilizzazione dell’offerta nel nostro caso sia tra i più alti.

Esistono forme di collaborazione con essi?

Partecipiamo a varie reti nazionali su tematiche specifiche e, nel tempo, alcune collaborazioni, si sono consolidate.

Il quartiere Piave, per la sua vicinanza alla stazione ferroviaria, attira un’umanità multietnica che non sempre costituisce una risorsa, spesso anzi è motivo di forti disagi e tensioni. Come è valutata dalle politiche sociali del comune la situazione?

Certamente difficile, ma non molto dissimile da quella di altre città come la nostra. I momenti di tensione ci sono, ma ci sono anche quelli di forte coesione. Si tratta di un quartiere in forte cambiamento identitario e quando si sta cambiando pelle quello è il momento in cui si è più fragili. Io credo che Via Piave abbia tutte le potenzialità per far crescere e consolidare la sua identità trovando i necessari rimedi per isolare la delinquenza.

Da qualche anno, grazie anche alla collaborazione tra cittadini ed istituzioni, si sono svolte numerose iniziative culturali e di incontro tra i cittadini della zona, sono queste ritenute sufficienti per migliorare la qualità del vivere nel quartiere?

Niente è mai sufficiente, ma mi sembra di poter dire che il quartiere c’è, è attivo e si sente sotto traccia una grande voglia di riscatto rispetto alle facili etichettature. Questo, spesso, zittisce chi vede solo il bicchiere mezzo vuoto.

Di fronte al perpetuarsi di fenomeni di criminalità, di degrado, di atteggiamenti di inciviltà non sarebbe forse il caso di disporre di ordinanze più severe? Per esempio contro l’accattonaggio, il bivaccamento incivile, il consumo di alcolici all’esterno specie nei parchi pubblici, gli schiamazzi, lo spaccio di droghe, l’intensificarsi della prostituzione in ogni angolo della zona ecc.?

La criminalità va perseguita e basta. Gli atteggiamenti incivili vanno dissuasi e impediti. Le ordinanze o servono a chi deve far rispettare le regole o diventano grida manzoniane. Quindi vanno prima ben valutate, magari capendo che effetto hanno avuto dove sono già state sperimentate, proprio per non fare “peso el tacon del buso”.

La scarsità di risorse del comune,data la persistente crisi economica, porterà ad una modifica o riduzione del vostro impegno nel nostro quartiere e delle politiche sociali in genere?

Spero di no. Ma siamo tutti nelle mani di…Monti

* il dott. Marino Costantini é responsabile del Servizio Promozione, Inclusione, Sociale . Settore Servizi Sociali del Comune di Venezia

SENZA DIMORA(2011)

490 utentidi cui:

180accoglienza notturna emergenziale

194centro diurno

RIDUZIONE DEL DANNO(2011)

375 utenti(unità di strada e drop in)

4.682 contatti con giovaninei luoghi del divertimento

PROTEZIONE SOCIALE

(2011)

94 utenti

vittime di tratta

432prostitute contattate

193prostitute

accompagnate ai servizi sanitari

2.421chiamate al

numero verde

AREA PENITENZIARIA(2011)

46ex detenuti in carico

333utenti degli sportelli in

carcere

64detenuti con incentivo

al lavoro in carcere

Alcuni numeri

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Pagina 8 Numero 12 - Dicembre 2012 Le Voci di Pagina 9

Visita al carcereOh, finalmente avete aperto una gelateria in via Piave!”È questo il commento degli avventori (italiani e non) che in questi primi mesi sono passati a trovarmi. Qualcuno dice anche  “Hai avuto proprio un bel coraggio ad aprire qua”,  però poi conveniamo che tutto sommato non è poi così male. Mi presento: sono Dario Michielin e ho da poco aperto la Gelateria “Senza Pensieri” in Via Piave al 184/a. Di formazione sono un perito informatico,  ma la mia vera vocazione è quella del gelataio: mi piace creare e relazionarmi con le persone, motivi che mi hanno spinto a lasciare il mio “posto fisso” per intraprendere  questa carriera. Tutto è cominciato otto anni fa, con la gelateria di via Miranese, al 46, quella vicino alla Biblioteca Civica. Circa sei mesi fa, invece,  me ne stavo bel bello dietro il bancone a leggere un libro (in quel periodo era bassa stagione) e un mio cliente, che forse voi già conoscete come Luca il barbiere, mi ha fatto una proposta … che non potevo rifiutare! “Che ne pensi?”

Nella mia immaginazione, come in quella di molti a Mestre, quell’area, specialmente di fronte al parchetto, era solo un nome, spesso associato a fatti di cronaca poco piacevoli.  E ammetto che prima di decidere di investirci tempo  e speranze ho chiesto diversi pareri sia a chi ci abita sia a chi ci lavora. Ho raccolto tante storie anche molto discordanti tra loro, ma dopo averci riflettuto un po’ ho deciso che valeva la pena provarci.

Non vi racconto l’odissea che io e Luca abbiamo passato per riuscire nell’impresa, ma sappiate che nemmeno uno sceneggiatore cinematografico potrebbe immaginare la lentezza dei tempi burocratici o tutta la sfilza di contrattempi che possono capitare quando si fanno queste cose! Finalmente poi è arrivato il gran giorno dell’apertura. C’era una certa eccitazione nell’aria, un sacco di gente tra residenti, turisti distratti, coloro che avevano realizzato  fisicamente i lavori,  qualche parente immancabile e addirittura il Vicesindaco che ha presenziato al taglio del nastro. Tutto è filato liscio. Attirati dal fatto che per tutta la giornata la prima pallina era gratis, in molti hanno fatto più di un giro dopo essersi cambiati d’abito! E queste cose, visti i tempi, ti fanno solo sorridere. Ora sto imparando a conoscere i miei nuovi clienti. Alcuni sono turisti e con loro non si instaura un rapporto più lungo, ma gli abitanti del quartiere sono già diventati abitudinari,  tanto che già li riconosco per strada. Inoltre sto imparando a conoscere via Piave per quella che è, una zona dagli indiscutibili problemi, ma anche una via colorata e viva che ha molte possibilità. E poi tutti mangiano il gelato. Se poi è di buona qualità, tanto meglio.

Dario Michielin

Il Gruppo di Lavoro Piave, assieme agli operatori Etam il 16 maggio 2012, ha fatto visita ai carcerati della redazione del giornale “L’impronta”, detenuti a Santa Maria Maggiore.Non sono mai stato in un carcere. Lo immaginavo un luogo di isolamento, freddo, stretto, con poca luce. Appena varcata la porta d’ingresso ho dovuto ricredermi perché, percorrendo corridoi luminosi, siamo stati cordialmente accolti dal comandante della polizia penitenziaria Dott.ssa Lisa Brianese e dal dott. Ferdinando Ciarniello, responsabile dell’area giuridico-pedagogica, che ci hanno illustrato, per sommi capi, la situazione del carcere.Abbiamo appreso che il carcere ha una struttura per accogliere 160 detenuti mentre attualmente sono 312. Si arriva anche a 8 persone per stanza con letti a castello a tre piani. Oltre ai problemi derivanti da caldo estivo, dali momenti di festa che generano nei detenuti momenti tristi, oltre alle situazioni personali il sovraffollamento crea un ulteriore situazione di disagio e tensione. Per pene superiori ai 5 anni, i detenuti, vengono trasferiti in altre sedi. In genere i detenuti scrivono molto (a casa), leggono, giocano, alcuni cucinano per se o per i colleghi di cella (hanno nella cella un fornellino).Tra i detenuti della stessa cella possono nascere delle incomprensioni o tensioni caratteriali, gelosie, diversità economica, ecc.. Negli ultimi 7-8 anni il sovraffollamento ha raggiunto valori senza precedenti e il 70% dei detenuti è costituito da stranieri, dove il 40% ha un’età media alta tra i 20-30 anni. Il personale impiegato per la custodia del carcere sarebbe insufficiente già con 160 detenuti.

Ci trasferiamo quindi nella sala polifunzionale (chiesa, sala riunioni…) per l’incontro con il gruppo dei detenuti; ci siamo presentati ognuno con il proprio nome aggiungendo al nome una cosa di suo piacimento. Ha “rotto il ghiaccio” un detenuto chiedendo se del degrado di via Piave siano responsabili gli stranieri o anche gli italiani.

Ci siamo presentati dicendo loro che noi siamo un gruppo di cittadini impegnati da circa sei anni nel promuovere l’avvicinamento delle varie etnie, in un vivere comune civile, pur differenziato da culture diverse considerate ricchezza per tutti, frenando un razzismo latente vissuto dai residenti a causa di evidente disagio. Per noi il degrado

è eccessivo a causa della spaccio fatto con troppa visibilità ed arroganza, trasformata in occupazione territoriale, impedendo l’uso di spazzi comuni a mamme con bambini. “Avevo un lavoro stabile, - inizia un detenuto - sposato con due bambini, ero negli affari e guadagnavo bene, ma sono finito in carcere in Tunisia per alcuni giorni e per sei mesi sono stato sospeso dal lavoro. Quando uno è senza lavoro spende di più e quindi passavo il mio tempo a corrompere, e senza soldi firmavo un assegno di 2.000 euro per averne 1.000 e passavo di sbaglio in sbaglio. Sono venuto in Italia con l’idea di fare un po’ di soldi per poi tornare a casa. Ho lavorato in Sicilia, ma quello che guadagnavo serviva solo alla mia sopravivenza senza permettermi alcun risparmio. Mi sono trasferito al nord ed ho cominciato con lo spaccio, pensando di farlo per qualche mese, raggranellare un po’ di soldi e poi….4 anni di galera”.Prosegue un altro detenuto “non è da porre particolare attenzione al fenomeno dello spaccio di droga, perché tale commercio esiste solo se c’è domanda”. Il fenomeno è drammatico perché si sta distruggendo un’intera generazione.Si tenta di cercare di chi sia la “colpa”. Suggeriamo di sostituire la parola colpa con “responsabilità”, poiché, a volte, il fenomeno che si osserva oggi ha radici ben lontane, dove la persona è scambiata per merce, dove il senso della vita è stato oscurato, dove in una globalizzazione economica urge scoprire una responsabilità globale solidale.Ognuno di noi è responsabile dell’altro, senza questa riscoperta ognuno va per conto suo, e spesso alla deriva.Interviene un altro detenuto, che ama disegnare, “Si vive male. Oggi sono taciturno perché sono arrabbiato con un compagno di cella. Mentre io disegno gli do fastidio. Disegno per non pensare dove sono, mentre alcuni, che mi stano attorno, parlano di scasso di casseforti, di rapine in villa e sempre questo ritornello mi opprime. Siamo in molti su pochi metri quadrati, è impossibile stare tranquilli. In un ambiente così ristretto tutto si somma, nascono invidie, gelosie, incomprensioni che invece di unire, dividono”.“Il nostro problema è il reinserimento” esordisce un altro detenuto. “Quando esci sei marchiato, ti guardano la fedina penale e per te non c’è lavoro”. Il “Reinserimento oggi” sarà appunto il tema del prossimo giornalino.“Il carcere è come un tumore, ti porta lentamente alla morte, per fortuna che qualcuno ci aiuta come don Antonio”.Molte altre cose sono state dette ma per ragioni di spazio, non si riportano.Saremmo stati ancora insieme perché la conversazione si era fatta spontanea aprendo a tutti nuovi orizzonti ma purtroppo il tempo è tiranno. Ci ripromettiamo di incontrarci ancora. Con una stretta di mano ci salutiamo e accompagnati da una battuta “date l’amnistia a questi ragazzi!” guadagniamo l’uscita arricchiti da questa costruttiva esperienza.

Giorgio Roccato

Nuovo parroco nella parrocchia Santa Maria Immacolata di Lourdes di via Piave

Durante la messa di sabato 20 ottobre, don Marino Gallina, dopo quasi 10 anni di servizio come parroco della comunità di S. Maria Immacolata di Lourdes, si è congedato dai suoi parrocchiani, prima di assumere l’incarico di Penitenziere della Diocesi e del Capitolo marciano.

A don Marino un grazie particolare per la sua dedizione nella cura del ministero e nell’annuncio della Parola, sine glossa e per aver insegnato a non nascondere quello che si è.

Domenica 4 novembre, alle 10.30 la parrocchia in festa ha accolto l’ingresso del nuovo parroco di S. Maria Immacolata di Lourdes, don Mirco Pasini, che il 27 luglio 2012 ha inviato alla parrocchia Santa Maria Imma-colata di Lourdes il seguente saluto: “Carissimi,mi faccio vicino a voi con queste righe per rompere l’attesa dell’incontro.Il 10 luglio il Patriarca Francesco mi ha chiesto di lasciare la comunità pastorale di Caorle per venire in mezzo a voi.Ordinato il 19 giugno 1999 dal Cardinale Cé, sono stato cappellano a Favaro Veneto, al quartiere Pertini, all’Addolorata di Mestre, 5 anni nella campagna di Caorle e ora vengo tra voi.Penso alla parrocchia come ad una grande famiglia all’interno della quale ognuno si sente a casa propria….accoglietemi come un fratello.Quando si è chiamati ad altro incarico si fa sempre fatica, è la fatica di lasciare e ripartire….sono certo però, che dentro questa fatica troverò l’aiuto e la disponibilità di tanti: dell preghiera degli anziani e degli ammalati, della saggezza e dell’esperienza degli adulti, dell’euforia dei giovani e ragazzi, del sorriso dei piccoli e di quan-ti formano la bella famiglia di S. Maria Immacolata di Lourdes.Il Signore vi benedica e Maria nostra Madre ci protegga.”

A don Mirco un corale “benvenuto tra di noi” e l’assicurazione che non lo lasceremo solo.

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Pagina 10 Numero 12 - Dicembre 2012 Le Voci di Pagina 11

Premio Melograno 2012

Le ristrettezze finanziarie imposte dalla “spending review” impone ai Comuni la necessità di operare dei “tagli” in alcuni servizi, avendo la sensibilità di garantire i servizi primari essenziali e il funzionamento dell’apparato comunale in genere. In quest’ ottica l’ arredo urbano viene conseguentemente penalizzato. Si tratta però di un settore fondamentale per rendere una città bella, gradevole, vivibile.

Per quanto ci riguarda sarebbe azzardato definire Mestre, bella, tuttavia essa dispone di oltre 100 km di piste ciclabili, di parchi di quartiere, di aiuole d’ arredo. Una realtà che ha bisogno di miglioramento e di continua manutenzione. E molti sono ancora gli angoli abbandonati nel degrado. Servirebbero dunque più risorse e assieme a queste, una maggiore sensibilità da parte dei cittadini nell’uso di questi spazi, favorendo atteggiamenti di collaborazione nella gestione degli stessi.

In questo contesto va inserita la proposta dell’amministrazione: l’intervento diretto dei cittadini nella cura della propria città in forma

individuale o collettiva. Si ottengono così tre obiettivi contemporaneamente: il risparmio di risorse, il mantenimento e la manutenzione degli spazi verdi e soprattutto l’esercizio della “cittadinanza attiva” da parte degli abitanti. Impegnarsi per tenere in ordine un angolo del quartiere in cui si vive, significa riappropriarsene generando senso di appartenenza alla comunità.

A Mestre, così come in altre città, esistono già esperienze di questo tipo.

Nel nostro quartiere, proprio per iniziativa del “Gruppo di lavoro di via Piave”, da qualche anno alcuni cittadini hanno attivato e adottato “orti urbani” in via Sernaglia , in piazzetta Bainsizza e dall’anno scorso quattro aiuole in via Monte Nero. Dal Giugno di quest’anno, una cooperativa sociale in accordo con Veritas, ha in gestione il cosiddetto “orto parlante” all’interno del parco di Villa Querini dove prestano la loro opera persone senza fissa dimora e richiedenti asilo provenienti dall’Afganistan.

Fabrizio Preo

“Adottiamo un’aiuola”

L’amministrazione comunale invita cittadini volenterosi a prendersi cura di uno spazio verde nel proprio quartiere.

Aiuola “adottata” spontaneamente da un cittadino in via Monte Nero

per una rete delle donne del mondo.

Alla concittadina Giuseppina Casarin, animatrice e direttrice del “Coro voci dal mondo” nato in via Piave, e a Mirella Marcovei, Rumena, presidente di una coop in Campania per l’inserimento di donne vittime della tratta, è stato assegnato il prestigioso premio.

Venezia, nella sala delle colonne di Cà Giustinian, ha ospitato la prima edizione della consegna del premio “MELOGRANO 2012” istituito dalla Fondazione “Nilde Iotti” presieduta dall’On ed ex ministro delle politiche sociali Livia Turco. Alla cerimonia il nostro Comune era rappresentato dal Vicesindaco Sandro Simionato. Il premio è inserito nel progetto “rete di donne del mondo” promosso dalla per favorire l’incontro tra

donne immigrate e italiane. Donne che attraverso il loro impegno nel lavoro, nei servizi, nell’associazionismo promuovono “la convivenza”. Questa prima edizione ha visto riconosciute due donne, una italiana Giuseppina Casarin e una immigrata proveniente dalla Romania Mirella Marcovei, che si sono particolarmente distinte nell’aver saputo creare “convivenza” l’una attraverso la musica, l’altra attraverso il lavoro.

Come simbolo del premio è stato scelto un melograno che: “… nella tradizione mediterranea precristiana era il simbolo del rinnovarsi del cosmo, della sua perenne rigenerazione a opera della Grande Madre che nel ciclo

eterno di -vita-morte-vita- genera, riprende in sé e rigenera. E gli innumerevoli grani del frutto evocano fecondità e abbondanza” .

In questa prima edizione alle due premiate è stato consegnato un melograno a grandezza naturale, in vetro a polvere d’oro, opera di Seguso.,

Alla manifestazione la nostra città e stata presente con più voci: Kazi Rafia Aktar, del Bangla Desh che tra l’altro canta nel coro Voci dal Mondo, ha sviluppato la sua comunicazione sulla parola “uguaglianza”. Tamara Pozdnyakova, Ucraina presidente dell’associazione “Ucraina Più” di Venezia, ha parlato di “cittadinanza”: Due parole che appartengono all’alfabeto plurale della “convivenza” contemplata dalla Carta dei diritti

fondamentali dell’Unione Europea. Katia Mendelli ha portato l’esperienza nel carcere femminile di Venezia.Infine Giuseppina Casarin ha spiegato come attraverso la musica si possono costruire ponti di comprensione e di incontro.Testimonianze di donne diverse per provenienza e formazione culturale ma accumunate dalla volontà e l’impegno nella costruzione di un mondo nuovo dove le diversità rappresentano una ricchezza e non un problema.La manifestazione è stata conclusa dal Coro voci dal Mondo che “gasato” per l’onorificenza ricevuta dalla Sua Maestra ,con la sua esibizione ha gioiosamente coinvolto tutti i presenti.

Palma Gasparrini

Bisogna insistere perché l’area della ex lavanderia militare di via Piave, ora in uso alla Finanza, venga utilizzata nell’interesse della città.

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Numero promozionale del Gruppo di lavoro di via Piave

Stampa a cura: CPM, viale Ancona - Mestre

In redazione: Fabrizio Preo, Italo Trentin, Marco Mura

Page 7: Notiziario 11_2012

Pagina 12 Numero 12 - Dicembre 2012

Il territorio conteso, lo zappatore e l’unno di turno. Una lettera aperta del Gruppo di lavoro di via Piave.

Cari cittadini di via Monte Nero e dintorni,

la vicenda della cura delle piccole zone verdi all’incrocio tra via Monte Nero e via Duca d’Aosta merita qualche annotazione e richiama tutti alla condivisione di alcune valutazioni. Per riassumere i fatti, diciamo che di fronte ad una prolungata situazione di abbandono, nel settembre 2011 il Gruppo di lavoro, in collaborazione con l’associazione “Amico Albero”, ha proceduto al dissodamento del terreno e alla piantumazione di alcune specie aromatiche e ornamentali. Per varie ragioni l’esperimento non ha avuto grosso successo e in aprile 2012 si è pensato di procedere con la messa a dimora di nuove piantine: rosmarino prostrato, lavanda, altre aromatiche e da fiore, alcune delle quali gentilmente fornite da Leroy Merlin. L’attività vera e propria è stata preceduta da un piccolo volantinaggio nelle vie contigue, al fine di condividere con gli abitanti e i fruitori quotidiani dell’area verde il senso e il valore di un gesto concreto di contrasto al degrado, effettuato in forma puramente volontaria e quindi gratuita. Una lunga estate arida ha poi messo alla prova la vegetazione, portando alla morte anche di alcuni alberi. In ottobre una terza consistente opera di manutenzione ha salvato e valorizzato quella parte del lavoro precedente sopravvissuta alla devastazione umana e alla siccità.

Alcune considerazioni possono essere fatte su quanto accaduto nei giorni successivi al secondo intervento. La prima è che chi ha partecipato ha potuto vedere che la risposta dei cittadini raggiunti dall’informazione dei volantini e dalla newsletter è stata molto buona: diverse persone hanno manifestato il proprio apprezzamento anche via mail, altre hanno partecipato di persona con il proprio lavoro o con mezzi quali acqua o ulteriori piantine (dobbiamo tenere conto che il fato ha congiurato contro di noi: era mattina presto di una fredda domenica delle palme e di pesce d’aprile!). Insomma c’era molta soddisfazione, anche per l’impegno manifestato da alcuni a prendersi cura della crescita delle erbe.

Lo scempio prodotto in seguito, cioè il furto di molte piantine e il ripetuto attraversamento del terreno da parte di una o più biciclette è stato per molti un duro colpo. Il Gruppo di lavoro ha pensato di esporre un cartello chiedendo ai responsabili se ne fosse falsa veramente la pena e bisogna dire che indirettamente una risposta a questa domanda è arrivata.

Molti cittadini hanno fatto trasparire in varia forma una dura condanna e una sanzione morale dei responsabili

di quei gesti, che si è potuta leggere anche in foglietti di carta lasciati sul posto. A distanza di settimane, davanti alle aiuole i giudizi e i commenti dei passanti erano continui ed univoci. Ciò conferma pienamente l’impressione che un gran numero di cittadini abbia compreso e apprezzato e in qualche misura fatto proprio il senso del lavoro svolto. Da questo punto di vista l’iniziativa è stata un successo.

La seconda considerazione è che una via è aperta e che ora si tratta di percorrerla, consapevoli delle difficoltà. Possiamo ricordare che questa non è stata la prima volta che un’opera di giardinaggio del Gruppo di lavoro veniva danneggiata: è capitato anche per una l’aiuola nei giardini di via Sernaglia addossata al muto di cinta. Quell’angolo appartato era diventato di esclusiva pertinenza dello spaccio e del consumo di droga. Il Gruppo di lavoro decise di “muovere alla conquista” di quel territorio. Sappiamo di non aver risolto il problema della droga nel quartiere (non intendevamo farlo!), sappiamo anche che questo genere di iniziative sono considerate “ca***te” da taluni concittadini, tuttavia - dopo alcune schermaglie iniziali - quella battaglia è stata vinta e da molto tempo l’aiuola cresce piuttosto florida. Si capisce che quella volta l’unno di turno, il combattente per il degrado, era rappresentato dallo spacciatore. Si capisce che l’interesse per il bene comune e la tenacia dei semplici cittadini possono vincere piccole (e forse grandi) battaglie. Si capisce che in via Monte Nero l’unno di turno è rappresentato da non sappiamo bene chi (speriamo di scoprirlo), probabilmente da normalissimi cittadini, a testimonianza del fatto che i devastatori non hanno un solo colore di pelle e un ben noto ruolo sociale. Diciamo pure che si confondono benissimo in mezzo a noi.

La terza considerazione riguarda il cosa fare ora. Il Gruppo di lavoro ha risorse limitate, distribuite su una lunga serie di attività quotidiane, tuttavia ci sentiamo di garantire un sempre maggior impegno soprattutto nel sollecitare la partecipazione diretta, con l’obiettivo che siano alla fine i cittadini auto-organizzati a proteggere la vivibilità del proprio quartiere, anche con piccoli gesti, come ad esempio sostituire qualche piantina rubata. Servono truppe per la guerra contro gli unni. Alcuni segnali ci fanno sperare: qualche cittadino della zona di via Monte Nero negli ultimi mesi ha dato un contributo concreto e continuativo al successo di questa scommessa, irrigando e integrando le piantine rubate. Auspichiamo che la disponibilità di persone possa aumentare, visto che l’Amministrazione comunale fornisce ora anche gli strumenti per formalizzare e consolidare l’impegno delle associazioni e/o dei singoli cittadini a contribuire alla riqualificazione urbana ed ambientale (per maggiori informazioni su “adotta un’aiuola” si veda il sito www.saichece.info).

Paolo Grazioli