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Foglio di lotta del Gramigna Il 25 luglio scorso, il C.P.O. Gramigna di via Retrone è stato sgomberato e non ha più uno spazio fisico dove poter organizzare le pro- prie attività e iniziative. L’esperienza dei vent’anni di storia del Gramigna ha dimostrato che non sono le quattro mura di un posto ad identificarlo, ma la lotta e gli ideali che porta avanti. Una lotta che è proseguita anche dopo lo sgombero con il presidio in stazione del 23 giugno, con la breve occupazione del 17 novembre scorso e il successivo corteo cittadino del 24 novembre, con la solidarietà ai 17 compagni arrestati lo scorso 12 febbraio, con le iniziative pubbliche, le feste nelle piazze e altro ancora. Come compagni e compagne del Gramigna vogliamo aprire una campagna di lotta sugli spazi abbandonati a Padova, denunciare le speculazioni attorno ad essi, smascherare le menzogne gettate contro gli spazi occupati e i centri sociali additati come “luoghi di ever- sione”. Il centro popolare ha sempre offerto alla collettività i tanti spazi vuoti in città, attraverso le pratiche dell’occupazione e dell’autogestione. Con questo nuovo foglio intendiamo aprire uno spazio nel quale dare voce al pensiero e alla pratica politica, alla lotta e alla controinformazione portata avanti dal Gramigna. Da una scintilla, un fuoco divamperà! (Lenin) PERCHÉ QUESTO FOGLIO: N° 0 FEBBRAIO 2008

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Foglio di lotta del Gramigna

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Foglio di lotta del Gramigna

Il 25 luglio scorso, il C.P.O. Gramigna di via Retrone è stato sgomberato e non ha più uno spazio fisico dove poter organizzare le pro-prie attività e iniziative. L’esperienza dei vent’anni di storia del Gramigna ha dimostrato che non sono le quattro mura di un posto ad identificarlo, ma la lotta e gli ideali che porta avanti. Una lotta che è proseguita anche dopo lo sgombero con il presidio in stazione del 23 giugno, con la breve occupazione del 17 novembre scorso e il successivo corteo cittadino del 24 novembre, con la solidarietà ai 17 compagni arrestati lo scorso 12 febbraio, con le iniziative pubbliche, le feste nelle piazze e altro ancora. Come compagni e compagne del Gramigna vogliamo aprire una campagna di lotta sugli spazi abbandonati a Padova, denunciare le speculazioni attorno ad essi, smascherare le menzogne gettate contro gli spazi occupati e i centri sociali additati come “luoghi di ever-sione”. Il centro popolare ha sempre offerto alla collettività i tanti spazi vuoti in città, attraverso le pratiche dell’occupazione e dell’autogestione. Con questo nuovo foglio intendiamo aprire uno spazio nel quale dare voce al pensiero e alla pratica politica, alla lotta e alla controinformazione portata avanti dal Gramigna.

Da una scintilla, un fuoco divamperà! (Lenin)

PERCHÉ QUESTO FOGLIO:

N° 0 FEBBRAIO 2008

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IL GRAMIGNA DA VENTI ANNI LOTTA PER CREARE UNO SPAZIO AUTOGESTITO, LIBERO DAL CON-TROLLO ISTITUZIONALE E DALLA SUA CULTURA DI SFRUTTAMENTO, MERCIFICAZIONE, CONFORMISMO. LOTTIAMO AL FIANCO DEGLI OPE-RAI, DEI PROLETARI E DEI POPOLI CHE RESISTONO ALLE GUERRE IMPERIALISTE. G R A M I G N A S G O M B E R A T O , CRIMINALIZZATO, REPRESSO, PERQUISITO O SOTTO PROCESSO, MA TUTTO QUESTO AUMENTA LA NOSTRA LOTTA E LA NOSTRA RESISTENZA!!

L’ERBA CATTIVA NON MUORE MAI!!

PERCHE’ OCCUPARE E’ GIUSTO

CRONISTORIA GRAMIGNA 1987 C.S.O. CACTUS � Via Campagnola C.S.O. GRAMIGNA 1988 Via Sarpi (occupazione di pochi giorni) Ora è un parcheggio per auto, sono rimasti alcuni murales

1990 Via Montà (occupazione di tre anni) Ora è una zona residenziale

1993 �Via Citolo da Perugia (occupazione di pochi giorni) Attualmente è un campo incolto con rovine Via Gattamelata (occupazione di un mese circa) Ora è un campo di terra bruciata C.P.O. GRAMIGNA

� 1993 Via Decorati al valor civile (occupazione di tre anni) ora è un capannone vuoto in vendita 1996 � Via Orlandini (occupazione di pochi giorni)

Via Citolo da Perugia (occupazione di pochi giorni, stesso posto occupato nel 1993) Via Lungargine sx del Piovego (occupazione di tre anni) Ora e’ uno stabile inutilizzato lasciato al degrado 1999 �Via Boscardin (occupazione di quattro mesi) Ora e’ occupato da un finto stabile comunale Via Goldoni (occupazione di tre mesi) Vuoto e murato, come sempre lasciato al degrado 2000 Via Sarpi (occupazione di 6 mesi) spazio lasciato al degrado Via Retrone (occupazione di sette anni)

Le dichiarazioni dopo lo sgombero dicevano che lo stabile sarebbe stato adibito a una scuola privata steineriana che già tre anni fa l’aveva rifiutato per la vicina presenza di un elettrodotto

La  pratica  di  occupare  un  posto  abbandonato,  per metterlo  a disposizione della collettività e renderlo un luogo di aggregazione politica,  di  confronto ma  anche  di  divertimento,  è  espressione della volontà di organizzarsi al di fuori degli schemi che ci vengo‐no proposti ogni giorno, di far vivere spazi svincolati dal controllo politico  o  da  qualsiasi  partito  istituzionale  o  tessera.  Oggi  per esempio sono ordinarie le file di giovani fuori dai locali, che aspet‐tano di esibire la propria tessera per entrare o che devono sborsa‐re somme  irragionevoli per divertirsi. Chi proponga una socialità alternativa  a  queste  logiche  commerciali  malate,  frutto dell’interesse di pochi, e decida di occupare un posto per metter‐lo a disposizione di  tutti, viene duramente attaccato e  represso. Questo accade perché chi occupa uno spazio si pone in contrasto con quello che è il pensiero dominante, a partire dallo stesso atto dell’occupazione, che denuncia l’esistenza di spazi abbandonati al degrado nelle città. Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un chia‐ro accanimento delle istituzioni contro gli spazi occupati, in tutta Italia. Dall’estate scorsa sono stati sgomberati numerosi centri sociali che non hanno mai dato segno di voler scendere a compromessi con le istituzioni, con il pretesto di voler restituire questi spazi alla collettività, da Pado‐va a Firenze, da Milano a Bari. Puntualmente sono scattate perquisizioni, arresti e denunce a danno di numerosissimi compagni e simpatizzanti. Queste manovre repressive mostrano la reale identità della classe dirigente, un’identità violenta e impietosa contro chi porti avanti posizioni e idee contrastanti con  il pensiero borghese. E’ scomodo smascherare  la natura assassina delle missioni militari definite “di pace”, sostenere  le lotte dei lavoratori e contestare sindacati sempre più piegati al volere padronale, praticare l’antifascismo e tenere alto il valore della Resistenza. Mentre lo stato e i suoi burattini da una parte si adoperano per chiudere spazi di libertà (che poi di fatto vengono nuovamente lasciati al degra‐do), e per soffocare le idee di chi in essi si organizza politicamente, dall’altra parte concedono ai neofascisti nuove sedi e sfilate nelle piazze e nelle strade. Con  le nuove proposte di  legge come  il “pacchetto sicurezza”, portato avanti principalmente da giunte di centro‐“sinistra” (vedi Zanonato a Padova e Cofferati a Bologna), si soffia sulla mobilitazione reazionaria. Si  intende deviare  la rabbia delle masse popolari, causata dalle condizioni sempre più precarie di vita e lavoro, su nemici additati dalle forze politiche come il male peggiore del momento, dagli immigrati agli islamici, dai comunisti agli anarchici. Contro questi capri espiatori lo stato mostra il pugno di ferro, si fa paladino della giustizia e della tutela dei cittadini, ma di fatto non è questa la sicurezza di cui abbiamo bisogno. Le sicurezze reali, quella sul posto di lavoro, quella di avere una casa, quella di riuscire ad arrivare a fine mese con uno stipendio adeguato, ci vengono negate, e anzi si allontanano sempre di più. La situazione che si sta determinando  rende ancora più necessario continuare a  lottare contro questa politica e  rivendicare degli spazi  realmente a disposizione della collettività, che possano essere un punto di riferimento per giovani, proletari e lavoratori, in cui confrontarsi, esprimersi, e in cui rilanciare e organizzare la lotta di classe.  

Zanonato: “Abbiamo ripristinato la legalità e restituito alla città un bene pubblico.” SAREBBE QUESTO IL MODO in CUI RESTITUIRE GLI SPAZI ALLA COLLETTIVITA’ ?

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FUORI LE TRUPPE DA VICENZA, ORA E SEMPRE RESISTENZA!

!? CI PROTEGGONO O CI CONTROLLANO ?!

Il  15 Dicembre Vicenza ha ospitato un  corteo  contro  la costruzione della  nuova base militare Dal Molin,  avam‐posto militare degli USA, dal quale dovrebbero partire le future missioni di guerra  (leggi “atti d’aggressione”)  in Medio Oriente. La manifestazione era un autentico ban‐co  di  prova  per  poter  tastare  il  polso  al movimento.  Il momento infatti era particolare, si avvertiva un regresso, sia  dal  punto  di  vista  partecipativo,  sia  da  quello  della pratica;  infatti era di poco precedente  la  comparsa dei militanti No Dal Molin al Congresso della “Cosa Rossa”. Ancora una volta ci si affidava a chi ci usa per scopi pura‐mente  elettorali; non  è mai  superfluo  ricordare  come  i “sinistri”  al  governo  abbiano  le  loro  responsabilità  in tutte  le manovre scellerate del governo Prodi: dalle ag‐gressioni  in  Iraq ed Afghanistan,  fino a  tutti gli attacchi 

allo  stato s o c i a l e pa s s ando per la TAV ed il MOSE , usando nei nostri confronti la tattica del bastone e della carota per  cercare di  tenerci buoni.   Così  il  15 abbiamo dovuto assistere ad un’insipida passeggiata per  le  strade di Vicenza, pur con   qualche episodio che ha costituito delle eccezioni  rilevanti.  Infatti non è  stata gradita  la presenza dei partiti borghesi (naturalmente senza  i  loro  leader  istituzionali) da parte di quelle frange di movimento che hanno ancora un minimo di coerenza e coscienza,  le quali hanno costretto “con  le buone”  i rifondaroli ad allontanarsi. Invece non ha avuto  la stessa fortuna e se‐guito l’atto altrettanto significativo di deviare il corteo per occupare la base. E’ venuta paradossal‐mente a mancare la presenza dei diretti interessati: i vicentini!! La suddetta non‐azione ha  provo‐cato un dibattito interno, abbastanza acceso per individuarne le cause, dal quale è emerso, oltre a dei  limiti organizzativi, un’inadeguata concezione del problema da parte della popolazione. A suo tempo sia Prodi che Napolitano dissero che  la base si sarebbe  fatta senza se e senza   ma; a che serve allora appellarsi ancora alle istituzioni? Che tutela danno? E ancora, a che serve autoreferen‐ziarsi per porsi come loro interlocutori? Anche negli ultimi tempi la lotta a Vicenza sta proseguendo (cogliamo l’occasione per esprimere solidarietà a chi ha subito le denunce per l’occupazione della Prefettura) e non mettiamo in dubbio la buona fede  di chi la sostiene, ma per essere incisiva deve sganciarsi totalmente dalle istituzioni, partire dal basso e porsi su un terreno antimperialista. Quan‐do  diciamo  antimperialista  intendiamo  dire  di  contestualizzarla,  ossia  non  bisogna  opporsi  alla base solo per il fatto che ci sia vicina, ma per quello che rappresenta, per essere una testa di ponte degli Usa verso le future aggressioni a paesi che verranno affamati e rasi al suolo in nome del pro‐fitto di qualche multinazionale petrolifera e non solo (tra cui l’italiana ENI). Solo rendendo  la  lotta al Dal Molin una tappa della  lotta all’imperialismo, che si concretizza  in un fronte comune tra chi   si batte nei paesi aggressori e chi resiste armi in pugno nei paesi aggrediti quotidianamente, potremo ottenere qualche risultato. 

LO SAPEVATE CHE..

150 sono le basi USA in Italia 1.000.000 sono i mq occupati di cui oltre 400.000 a Vicenza (pari ad 80 campi di calcio) Vi sarà ospitata la 173° brigata aerotrasportata (responsabile dei massacri in Vietnam ed Iraq) Utilizzo esclusivo di aerei e case Possibilità di costruire in terreni non edificabili Prelievo di ingenti quantità d’acqua e consumi enormi di energia a spese bassis- sime 40.000.000 di euro per costruire strade per collegare “funzionalmente” il Dal Molin alla caserma Ederle

Da anni assistiamo ad un drastico  impoverimento delle nostre scuole, dalle spese per  i migliora‐menti delle strutture scolastiche (tetti di palestre che cadono a pezzi, aule allagate per un acquaz‐zone) alla mancanza di fondi per  il sostegno economico di studenti che hanno difficoltà finanzia‐rie. Ma vediamo spuntare qua e là dentro e fuori dalle scuole tanti piccoli occhi  meccanici. Per il miglioramento delle scuole i fondi non ci sono mai, ma quando si tratta di spendere milioni di euro per rendere le scuole italiane un Grande Fratello i quattrini saltano fuori eccome… Altro esempio sono i badge magnetici adottati da alcune scuole del centro Italia per evitare che gli studenti “brucino” così da avvertire con un sms  in tempo reale  i genitori. Mascherando con tanti bei propositi  sulla  salute dello  studente modello,  i presidi e  i  suoi  collaboratori  cercano di aver sott’occhio ogni iniziativa, ogni organizzazione slegata da quella che è la routine scolastica e dove non arrivano  i “1000 occhi meccanici” arriva  la cara vecchia burocrazia: oltre ad  imbrigliare sotto l’occhio vigile del dirigente scolastico ogni minimo spostamento dello studente ne limita anche le attività; vediamo il caso delle “giornate dell’arte” che non sono altro che un lontano ricordo delle autogestioni. Negli anni ‘90 le autogestioni duravano una settimana e gli studenti potevano orga‐nizzarsi in qualsiasi attività ludica o di interesse politico‐culturale senza bisogno di consensi da parte di professori o presidi che per quel periodo si prendevano una “pausa” non presentandosi nemmeno in classe. Oggi invece ogni iniziativa o gruppo di lavoro è vagliato dal preside che deci‐de se l’argomento è pertinente, organizzato in modo appropriato e in linea con l’ambiente scolastico. Tutto questo è volto ad omologare, così come avviene nella società, anche nel luogo della formazione dei suoi nuovi membri per cercare di reprimere ogni forma di dissenso che vada a modificare quello che da sempre è l’ordine “perfetto”. Come se non bastasse le giornate vengono detratte dalle 6 ore mensili che dispongono gli studenti per assemblee studentesche generali che potrebbero benissimo essere utilizzate per riunioni straordinarie; potersi organizzare e discutere sul mondo che ci circonda e sul nostro futuro ci viene mostrato come se fosse una gentile concessione del dirigente scolastico, ricor‐diamo ai cari vecchietti che ci insegnano come vivere che organizzarci è un nostro diritto conquistato dalle lotte studentesche del sessantotto, diritti che pian piano, generazione dopo generazione, ci stanno togliendo. 

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LIBERTA’ PER IL POPOLO PALESTINESE

OPERAZIONE “TRAMONTO” 12 FEBBRAIO 2007

Quest’anno  cade  il  600  anniversario  della  “Nakba”,  la  creazione dello  stato  d’Israele  definito  dai  palestinesi:  l’anniversario  della “catastrofe”. Le istituzioni italiane hanno avuto la brillante idea di invitare  proprio  quest’anno  Israele  come  ospite  d’onore all’annuale fiera del libro di Torino, che si svolgerà a maggio e già da ora ci  sono numerose proposte di boicottaggio. Come  si può invitare un paese che occupa e schiaccia un popolo da 60 anni e vanta i peggiori crimini di guerra? Un paese che pratica l’apartheid e  la discriminazione  razziale verso gli arabi. Un paese che, più di tutti gli altri, ha collezionato maggiori sanzioni dall’Onu mai appli‐cate, a dimostrazione di quanto sia “efficace” quest’organo inter‐nazionale di “pace”. Da mercoledì 27 febbraio a martedì 4 marzo sono 124 i palestinesi assassinati in particolare nella Striscia di Gaza, (tra cui 39 bambini, 15 donne e  due soccorritori oltre a 350 feriti di cui la maggior par‐te in fin di vita), in questo periodo massicciamente bombardata e isolata dal mondo. Bambini e donne che muoiono perché le medi‐cine  vengono  bloccate  alla  frontiera,  la  più  densa  regione  della 

terra che viene lasciata senza corrente elettrica, compresi ospedali, trasporti, scuole e riscaldamen‐to perché il carburante non viene fatto passare. L’intera economia palestinese è ridotta allo stremo per il muro israeliano di 400 km che divide le città e per il perdurare dell’embargo voluto da Israele, Usa ed Europa. Le ultime dichiarazioni dell’esercito israeliano parlano di una prossima enorme ope‐razione militare a Gaza che toglierà entro un anno il potere ad Hamas, un partito che, condivisibile o meno, è stato  legittimamente eletto dal popolo palestinese. Con anni e anni di disinformazione si cerca di imporre nella testa della gente la verità più comoda: si fa passare per aggredito il carnefice e per terrorista un popolo che lotta per la propria libertà e autodeterminazione. Come del resto i mor‐ti e feriti nei teatri di guerra ormai si fanno passare per qualcosa di normale, un effetto collaterale che bisogna accettare. Perché tanto accanimento con la Palestina?  Perché  la questione palestinese continua ad essere  la spina nel fianco più pungente nelle manovre imperialiste in Medioriente, in quanto è un’area in cui la Resistenza popolare non è mai stata sconfit‐ta e continua ad intralciare i piani sionisti‐americani di un nuovo ordine mondiale. Non a caso i cosid‐detti “stati canaglia” sono i paesi in cui vi è una Resistenza che non intende piegarsi ai dettami statu‐nitensi come Palestina, Iraq, Iran, Siria o Afghanistan, e guarda caso sono paesi in cui è in corso una guerra coloniale o minacciati da essa per il futuro. In un periodo di forte inflazione e crisi economica che investe il nostro paese e la  maggior parte dei paesi capitalisti, storicamente la guerra è sempre stato  il principale strumento per risollevarsi ed ottenere facili e veloci guadagni con  la rapina delle risorse naturali nei paesi aggrediti e  l’investimento  in  tali  territori da parte delle multinazionali.  In tempi di guerra  il silenzio è complicità, nel nostro appiattito occidente non possiamo rimanere zitti di fronte alle barbarie della guerra scatenata dalle vere armi di distruzione di massa prodotte anche nel  nostro  paese. Mobilitiamoci,  lottiamo, manifestiamo;  fermare  la  guerra  significa  guadagnare migliori condizioni di vita qui, oltre che portare la nostra solidarietà ai popoli oppressi che resistono.  

I COSTI DELLA GUERRA … SULLE NOSTRE TASCHE!

Ecco alcuni dati, contenuti nella finanzia-ria 2008, che smascherano il finto ruolo pacifista e democratico del defunto go-verno Prodi:

23,5 miliardi di euro per il Ministero della Difesa che aumentano le spese militari dell’11% in più rispetto al 2007

1 miliardo di euro per finanziare le 19 missio-ni estere italiane, tra cui Afghanistan, Libano, Iraq, Balcani, Bosnia, Malta e Palestina e gli 8.000 soldati al seguito

155 milioni di euro per nuove navi da combat-timento

318 milioni di euro per intercettatori da guerra

110 milioni di euro per ognuno dei 131 aerei F35 acquistati dall’Italia dagli Usa

366 milioni di euro per il mantenimento delle basi Usa (il 41% del totale)

Adesione al progetto dello scudo missilistico americano

Conferma degli accordi militari ed economici con Israele

Aumento delle esportazioni di materiale bellico in diversi scenari di guerra

3.498.000 euro per pagare mercenari inglesi (contractors) che proteggono i tecnici italiani in Iraq

PER SUGGERIMENTI, CRITICHE, CONTRIBUTI: CENTRO POPOLARE OCCUPATO GRAMIGNA [email protected] www.cpogramigna.org

APPUNTAMENTI:

• GIOVEDI 27/03/2008 TRIBUNALE DI MILANO, PRESIDIO DI SOLIDARIETA’ PER LA PRIMA UDIENZA DEL PROCESSO A CARICO DEI COMPAGNI ARRESTATI IL 12/02/2007

• SABATO 29/03/2008 TORINO CORTEO NAZIONALE IN SOLIDARIETA’ ALLA PALESTINA E CONTRO L’INVITO D’ ISRAELE ALLA FIERA DEL LIBRO

• GIOVEDI’ 3/04/2008 PADOVA INCONTRO PUBBLICO CON UN RAPPRESENTANTE PALESTINESE DELL’UDAP (UNIONE DEMOCRATICA ARABO PALESTINESE)

OGNI MARTEDI ORE 20:00 ASSEMBLEA DI GESTIONE DEL GRAMIGNA

PIAZZETTA CADUTI DELLA RESISTENZA– EX TOSELLI

QUARTIERE SAVONAROLA CAPOLINEA BUS 9

All’alba  del  12  febbraio  2007  scatta  l’operazione  Tramonto:  oltre  500  agenti  effettuano  più  di  80             perquisizioni  in tutta Italia e arrestano 14 compagni comunisti e nei mesi successivi altri 3, con  l’accusa di associazione  sovversiva  e banda  armata  con  finalità di  eversione dell’ordine   democratico. Questi  sono giovani  studenti  universitari,  operai  e  sinceri  antimperialisti  tra  cui  8 militanti  attivi  nell’esperienza  del   centro popolare occupato Gramigna.  Sin dall’inizio questa maxi operazione,  costata milioni di  euro,  ha coinvolto il   Gramigna, il quale oltre all’incarcerazione dei suoi compagni, è stato perquisito dall’esercito il 12    febbraio,  sbattuto  come  un mostro  nelle  prime  pagine  dei  quotidiani  locali  e  nazionali  per mesi,         accusato di essere un covo dell’eversione e  infine sgomberato  lo scorso 25  luglio, due giorni prima della 

chiusura delle  indagini per  i compagni rinviati a giudizio.  In tutti questi mesi  la solidarietà che si è manifestata attorno ai compagni arrestati è stata ampia ed estesa ed è riuscita a porre un freno al tentativo della magistratura di isolarli dal loro contesto sociale e politico. Proprio grazie anche a questa solidarietà il Gramigna ha potuto proseguire nelle proprie battaglie, essere parte integrante della solidarietà stessa e continuare ad essere un punto di riferimento nel territorio locale. Per tali ragioni ribadiamo l’importanza e la necessità di praticare la solidarietà di classe, di rompere il muro dell’isolamento e di costruire iniziative che diano voce ai compagni prigionieri e che ne  difendano l’ identità politica.