settimanale di informazione, attualità e cultura “s. cuore” del seminario diocesano · 2012....

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Classi di scuola media, Ginnasio e Liceo Classico “S. Cuore” del Seminario Diocesano Classi di scuola media, Ginnasio e Liceo Classico “S. Cuore” del Seminario Diocesano 1,00 PAG. 4 LA VOCE DEL PASTORE. PIA UNIONE AMICI DI LOURDES DI FOGGIA, IN ARMENIA CON L’ARCIVESCOVO, MONS. TAMBURRINO PAG. 8 RUBRICHE. “RISPONDERE ALL’AMORE SI PUÒ”. 1° INCONTRO DEI MINISTRANTI, L’AMORE COME SERVIZIO PAG. 14 VITA DI CITTÀ. A FOGGIA, SILVIO CATTARINA, IL FONDATORE DE “L’IMPREVISTO”, PER INCONTRARE I RAGAZZI IN CARCERE Settimanale di informazione, attualità e cultura dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino ANNO XIX - N. 4 FOGGIA 03.02.2012

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  • Classi di scuola media, Ginnasio e Liceo Classico

    “S. Cuore”del Seminario Diocesano

    Classi di scuola media, Ginnasio e Liceo Classico

    “S. Cuore”del Seminario Diocesano

    € 1,00

    PAG. 4

    LA VOCE DEL PASTORE. PIA UNIONE AMICI DI LOURDES DI FOGGIA, IN ARMENIA CON L’ARCIVESCOVO,MONS. TAMBURRINO

    PAG. 8

    RUBRICHE.“RISPONDERE ALL’AMORE SI PUÒ”. 1° INCONTRO DEI MINISTRANTI, L’AMORE COME SERVIZIO

    PAG. 14

    VITA DI CITTÀ. A FOGGIA, SILVIO CATTARINA, IL FONDATORE DE “L’IMPREVISTO”, PER INCONTRARE I RAGAZZI IN CARCERE

    Settimanale di informazione, attualità e cultura dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino

    ANNO XIX - N. 4FOGGIA 03.02.2012

  • 2 Voce di PopoloE d i t o r i a l e

    voci dalla piazza

    CinemaVoce di Popolo

    Settimanale di informazione, attualità e cultura

    dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino

    anno XIX n. 4 del 3 febbraio 2012

    Direttore responsabiledon Antonio Menichella

    Hanno collaboratopadre Valter Arrigoni, Damiano Bordasco,

    don Stefano Caprio, Antonio Daniele, Francesca Di Gioia, Monica Gigante, Giuseppe Marrone, Enza Moscaritolo,

    Vito Procaccini, Valerio Quirino, Giustina Ruggiero, Lucio Salvatore,

    Francesco Sansone, Nicola Saracino.

    Editore: NED S.r.LDirezione, redazione e amministrazione

    via Oberdan, 13 - 71121 - FoggiaTel./Fax 0881.72.31.25

    e-mail: [email protected]

    Progettazione grafi ca e Stampa: Grafi che Grilli srl

    La collaborazione è volontaria e gratuita. Articoli e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono.

    Chiuso in redazione l’1.02.2012

    Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

    alla Federazione Italiana Settimanali Cattolici

    La Giornata Nazionale per la vita – che si celebra questa domenica – invita tutti a rifl ettere su questo insostituibile do-no di Dio, ma soprattutto ad educare sempre più le coscienze nell’impegno a sostenere la vita nei vari segmenti dell’esperienza umana.

    Il tema di quest’anno è: “Giovani aperti al-la vita”. Il richiamo non è soltanto alla vita na-scente, ma alla considerazione della vita in tutti i suoi aspetti. Rispetto della vita signifi -ca anche accoglienza del più debole, dell’an-ziano, del malato. Sono molteplici le situazio-ni in cui oggi la vita è seriamente messa a re-pentaglio. Si pensi alla sicurezza sul lavoro o al rispetto del codice stradale, per fare soltan-to qualche esempio. Tutti, allora, devono sen-tirsi coinvolti e responsabili nella difesa di un dono che, in quanto tale, va da ciascuno di noi rispettato. In questo senso, anche la cura del-la propria salute è un valore da salvaguarda-re e tutelare in ogni circostanza.

    Il direttoredon Antonio Menichella

    In particolare, il messaggio di quest’anno è rivolto ai giovani: “La vita è un bene non negoziabile, perché qualsiasi compromes-so apre la strada alla prevaricazione su chi è debole e indifeso… sono molte le situazioni e i problemi sociali a causa dei quali questo dono è vilipeso, avvilito, caricato di fardelli spesso duri da sopportare. Educare i giovani alla vita signifi ca offrire esempi, testimonian-ze e cultura che diano sostegno al desiderio di impegno che in tanti di loro si accende ap-pena trovano adulti disposti a condividerlo”.

    È questo un altro punto su cui rifl ettere: il rapporto tra le generazioni, ma soprattutto la capacità degli adulti di riuscire a trasmettere valori. Oggi questa relazione sembra minata e sempre più diventa diffi cile un sano dialo-go generazionale. Il tema dell’educazione al-la vita può rappresentare un ottimo campo su

    cui le generazioni possono incontrarsi e crescere insieme nella condivisione di un immaginario valoriale cristiana-

    mente fondato. Educare alla vita rappresenti per tut-

    ti una continua educazione alla speranza e, quindi, alla costruzione di un futuro in cui il bene comune sia davvero realizzato.

    ��Sabato 4 febbraio i gruppi giovanili della Comunità Pa-storale del “Centro Storico” di Foggia metteranno in sce-na il musical “Forza Venite Gente” presso l’Oda Teatro. Nella maestosa scenografi a, ideata da Fabio Beretta, si alterneranno i ventitre brani, coreografati da Mariarita Garofalo, interpretati dal vivo da ventisette ragazzi, se-guiti dal regista Francesco Beretta. Ingresso ore 20:00. Sipario ore 20:30. Costo Biglietto 5,00 euro.

    ��Festa don Bosco 2012. Domenica 5 febbraio Festa ester-na. Ore 10,00 S. Messa e a seguire processione del Santo per le vie del quartiere. Venerdì 10 ore 17,30 conferen-za cittadina sulla strenna del Rettore Maggiore per l’an-no 2012. Relatore: don Enrico Peretti, sdb Delegato na-zionale Famiglia Salesiana, SCS, Salesiani per il sociale. L’evento si terrà pr esso la Sala Mons. Farina, via Campa-nile, 10 – Foggia.

    ��Giovedì 9 febbraio alle ore 18.00 presso l’aula Magna del-la Facoltà di Giurisprudenza si terrà il convegno “L’atte-sa della donazione verso il trapianto”. L’evento è orga-nizzato dalla Cappella dell’Università degli Studi di Fog-gia e dalla ANED (Associazione nazionale Emodializza-ti). L’introduzione è a cura del dr. Deni Aldo Procacci-ni, Direttore Santitario Azienda ospedaliera-Universita-ria OO.RR. di Foggia. Sono previste delle testimonianze sull’argomento. I moderatori sono: prof. Giuseppe Gran-daliano e dr. Francesco Niglio.

    ��Associazione Culturale “Terra Mia”. Al via la 2a edizio-ne del concorso fotografi co per fotografi non professio-nisti “Chiese, Abbazie e Conventi nel contesto del ter-ritorio della Daunia”. Il bando e la modulistica sono re-peribili sui siti internet www.terramiafoggia.it e www.focusdigitale.it, oppure è possibili ritirarli presso la se-de dell’Associazione in via Saverio Pollice n. 4 - Foggia e del fotolaboratorio Focus in Via Napoli 2/d Foggia.

    Le domande vanno consegnate a mano presso le sedi entro e non oltre le ore 12 di venerdì 23 marzo 2012.

    Programmazione Sala della Comunità “Mons. Farina” di Foggia

    Da venerdì 3 febbraio a mercoledì 8 febbraio

    Spettacoli ore 18.00 - 20.00 - 22.00.

    Film in sala E ora dove andiamo? di Nadine Labaki con Claude Msawbaa, Leyla Fouad, Antoinette El-Noufai-ly, Nadine Labaki

    TramaSul bordo di una strada dis-sestata, un corteo di donne avanza in processione verso il cimitero del villaggio. Takla, Amale, Yvonne, Afaf e Saydeh affrontano stoicamente il cal-

    do soffocante di mezzogiorno, reg-gendo le fotografi e dei loro amati uomini, perduti in una guerra futi-le, lunga e lontana. Alcune di loro portano un velo, altre indossano croci di legno, ma tutte sono vesti-te di nero, unite da una sofferen-za condivisa. Giunta alle porte del cimitero, la processione si divide in due congregazioni: musulma-ni da una parte e cristiani dall’al-tra. Unite da una causa comune, l’impensabile amicizia tra queste donne supera, contro ogni aspet-tativa, tutti i punti di contrasto re-ligiosi che creano scompiglio nel-la loro società…

    Info: www.salafarina.itE-mail: [email protected] Campanile, 10 - Foggiatel: 0881 756199

    Programmazione Sala della Comunità “Pio XI” di Bovino

    Da venerdì 3 febbraioa mercoledì 8 febbraio

    Spettacoliore 18.00 - 20.30

    Film in sala La talpa di Tomas Alfredson con Gary Oldman, Colin Firth, Tom Hardy, John Hurt, Toby Jones, Mark Strong, Benedict Cumber-batch, Ciaràn Hinds, Svetlana Khodchenkova, Kathy Burke, Ste-phen Graham, David Dencik.

    TramaInghilterra, 1973. Nel perdurare del-la Guerra Fredda, una missione in-glese oltre cortina fi nisce in trage-

    dia e la sicurezza del Regno Unito, affi data al Circus, un settore del Secret Intelligence Service, il cui capo è un agen-te chiamato in codice ‘Control-lo’, attraversa una fase di gran-de incertezza. Ad un certo mo-mento comincia a diffonder-si la notizia della presenza di un doppio giochista. L’agen-te George Smiley viene inca-ricato segretamente di scova-re il traditore. Così inizia ad in-dagare con l’aiuto del giovane collega Peter Guillam…

    Via Seminario, 571023 Bovino (FG)E-mail: [email protected] tel. 0881 961203.

  • 3N. 4 del 3 febbraio 2012 C h i e s a U n i v e r s a l e[ don Stefano Caprio ]

    Il silenzio e la comunicazione

    Il silenzio non significa affat-to assenza di comunicazione. È piuttosto l’altra faccia della pa-rola, ciò che le conferisce signi-ficato, modulando i tempi della socializzazione, dell’educazione e dell’evangelizzazione. Sono al-cuni degli aspetti che emergono dal Messaggio per la 46a Giorna-ta Mondiale delle Comunicazio-ni Sociali firmato da papa Bene-detto XVI e diffuso il 24 genna-io, nel giorno della memoria li-turgica di San Francesco di Sa-les, patrono dei giornalisti e de-gli operatori della comunicazio-ne. Il Messaggio è stato presen-tato in Sala Stampa Vaticana, da monsignor Claudio Maria Cel-li, presidente del Pontificio Con-siglio delle Comunicazioni So-ciali, alla presenza di monsignor Paul Tighe, monsignor Giuseppe Antonio Scotti, e Angelo Scel-zo, rispettivamente segretario, segretario aggiunto, e sottose-gretario del medesimo Pontifi-cio Consiglio. Tema del Messag-gio di quest’anno è Silenzio e pa-rola: cammino di evangelizza-zione. Il testo è il risultato di ri-flessioni del Santo Padre di que-sti ultimi anni in merito ai pro-cessi e alle dinamiche della co-municazione. In questo conte-sto il silenzio acquisisce una va-

    lenza notevole nel “binomio si-lenzio-parola”, ha spiegato mon-signor Celli. Esso non è “man-canza di comunicazione” ma “fa parte del flusso di messaggi e in-formazioni che caratterizza la nuova cultura della comunica-zione”. “La parola sorge dal si-lenzio e al silenzio ritorna”, af-fermava Jean Guitton, citato da monsignor Celli. Il silenzio, in-fatti, “può esprimere la vicinan-za, la solidarietà e l’attenzione agli altri”, oltre a rappresenta-re “un modo forte per esprime-re il nostro rispetto e il nostro amore per gli altri”. Il silenzio è anche una forma rispetto ver-so l’altro, un “atteggiamento at-tivo” che “dà spazio all’altro per parlare”, ha aggiunto il presule. Il comportamento silente “raffor-za il rapporto, il legame tra due persone”, aiuta nella riflessione e nella valutazione, dà “il giusto significato alla comunicazione” e ci aiuta a non essere sommersi “dal volume della stessa comu-nicazione”, ha proseguito mon-signor Celli. La cultura odierna, invece, comporta il serio rischio di “non ascoltare la domanda dell’altro e di cercare di impor-re risposte prefabbricate”. Nel dialogo, al contrario, il silenzio è fondamentale in quanto permet-

    te la “interattività”, quindi “una vera ricerca della verità”. La ri-cerca della Verità è obiettivo di tutte le religioni e non è un caso che in tutte le religioni, nota il Papa nel Messaggio, il silenzio e la solitudine siano fondamenta-li come luoghi di incontro con il mistero. È solo nel silenzio che è possibile parlare con Dio e, si-gnificativamente, Dio stesso ta-lora “parla anche senza parole”, dice il Papa che, nell’Esortazio-ne post-sinodale Verbum Domi-ni, ha ricordato che “nel silen-zio della Croce parla l’eloquen-za dell’amore di Dio vissuto sino al dono supremo”. La “contem-plazione silenziosa” di cui parla il Papa, tuttavia, non è fine a se stessa ma “ci fa immergere nella sorgente dell’Amore, che ci con-duce verso il nostro prossimo, per sentire il suo dolore e offri-re la luce di Cristo”, scrive il San-to Padre nel Messaggio. Un’ulti-ma annotazione di monsignor Celli è riferita al risvolto educa-tivo della comunicazione, nel-la misura in cui, afferma Bene-detto XVI, “silenzio e parola so-no entrambi elementi essenzia-li e integranti dell’agire comuni-cativo della Chiesa, per un rin-novato annuncio di Cristo nel mondo contemporaneo”. Se, da

    un lato, l’invito del Santo Padre alla rivalutazione delle virtù del silenzio può apparire in contra-sto con la massa diluviale del-le informazioni che quotidiana-mente riceviamo, il Presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, ha os-servato che la preoccupazione del Pontefice è rivolta all’“ecosi-stema” umano, visto come “am-biente propizio in grado di equi-librare immagini, silenzio e suo-ni”. “La grande preoccupazione del Papa – ha aggiunto il presu-le – è per l’uomo, in particolare per l’uomo inserito nel contesto di oggi. Il suo non è un messag-gio rivolto solo a noi cattolici. Ci sono laici che sentono il biso-gno profondo di riscoprire l’au-tenticità della parola e, al con-tempo, dell’autenticità dell’uo-mo, attraverso un silenzio che

    noi definiremmo ‘contemplati-vo’”. Sul silenzio della Chiesa di fronte al male, secondo monsi-gnor Celli, è bene “distinguere la valenza semantica di silen-zio e di tacere. C’è un momen-to in cui la mia contemplazione deve trovare un’espressione for-te”. Quindi il presunto “silenzio della Chiesa” che talora si mani-festa di fronte alle ingiustizie e ai comportamenti contrari alla morale cristiana, non è sempre necessariamente un “tacere”. In tal senso il Messaggio del Santo Padre, ha osservato Celli, sotto-linea che “è dal silenzio che na-sce la costruzione della giusti-zia. Quindi questo silenzio che il Papa invoca non è un alienar-si dalla realtà concreta. Ci so-no momenti, tuttavia, in cui non posso tacere: il mio silenzio sa-rebbe un tradimento dell’uomo”.

    Proseguire con coraggio verso l’unità

    Nell’omelia pronunciata nel corso dei secondi Vespri del-la solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a con-clusione della XLV Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cri-stiani, il pontefice Benedetto XVI ha invitato i cristiani a pro-seguire con coraggio e genero-sità la strada per l’Unità. Nel-

    la Basilica di San Paolo fuori le Mura, a Roma, il Santo Pa-dre ha affermato: “Anche se a volte si può avere l’impressio-ne che la strada verso il pieno ristabilimento della comunio-ne sia ancora molto lunga e pie-na di ostacoli, invito tutti a rin-novare la propria determinazio-ne a perseguire, con coraggio e

    generosità, l’unità che è volontà di Dio”. Ed ha indicato san Pa-olo come esempio, perché “di fronte a difficoltà di ogni tipo ha conservato sempre ferma la fi-ducia in Dio che porta a compi-mento la sua opera”. “Del resto – ha aggiunto il Papa – in que-sto cammino, non mancano i segni positivi di una ritrovata fraternità e di un condiviso sen-so di responsabilità di fronte al-le grandi problematiche che af-fliggono il nostro mondo”. Il Ve-scovo di Roma ha ricordato la storia di Saulo “che si distingue-va per lo zelo con cui persegui-tava la Chiesa nascente” e che “fu trasformato in un infatica-bile apostolo del Vangelo di Ge-sù Cristo”. Il pontefice ha rile-vato che la conversione di Pao-lo non è il risultato di una lunga riflessione interiore e nemme-no il frutto di uno sforzo perso-nale. “Essa è innanzitutto ope-ra della grazia di Dio che ha agi-to secondo le sue imperscruta-bili vie”. È per questo che Paolo,

    nella lettera ai Galati ha scritto: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). Secondo il Pon-tefice la trasformazione di Pao-lo “non si limita al piano etico – come conversione dalla immo-ralità alla moralità –, né al pia-no intellettuale – come cambia-mento del proprio modo di com-prendere la realtà –, ma si trat-ta piuttosto di un radicale rin-novamento del proprio essere, simile per molti aspetti ad una rinascita”. “Mentre eleviamo la nostra preghiera, – ha sottoli-neato il Vescovo di Roma – sia-mo fiduciosi di essere trasfor-mati e conformati ad immagi-ne di Cristo” e questo “è parti-colarmente vero nella preghie-ra per l’unità dei cristiani”. In merito all’unità delle chiese, il Papa ha commentato che “pur sperimentando ai nostri giorni la situazione dolorosa della di-

    visione, noi cristiani possiamo e dobbiamo guardare al futuro con speranza” perché “la pre-senza di Cristo risorto chiama tutti noi cristiani ad agire insie-me nella causa del bene. Uniti in Cristo, siamo chiamati a con-dividere la sua missione, che è quella di portare la speranza là dove dominano l’ingiustizia, l’odio e la disperazione”. In me-rito ai tempi il Papa ha spiega-to che l’attesa per l’unità visibi-le della Chiesa deve essere pa-ziente e fiduciosa” e “l’atteggia-mento di attesa paziente non si-gnifica passività o rassegnazio-ne, ma risposta pronta e attenta ad ogni possibilità di comunio-ne e fratellanza, che il Signore ci dona”.“Tutto ciò – ha conclu-so Benedetto XVI – è motivo di gioia e di grande speranza e de-ve incoraggiarci a proseguire il nostro impegno per giunge-re tutti insieme al traguardo fi-nale, sapendo che la nostra fa-tica non è vana nel Signore (cfr 1 Cor 15,58)”.

  • 4 Voce di PopoloL a v o c e d e l P a s t o r e4[ Monica Gigante ]

    Pia Unione Amici di Lourdes di Foggia, in Armenia con l’Arcivescovo

    L’umanità dell’altroIL PELLEGRINO È UNA PERSONA MOSSA DAL DESIDERIO DI ACCOSTARE UNA PRESENZA

    Il pellegrino, si legge nell’ul-tima Lettera Pastorale di mons. Francesco Pio Tamburrino, Arci-vescovo di Foggia-Bovino, “è una persona mossa dal desiderio di accostare una presenza, di visita-re una memoria, di conoscere un luogo o un oggetto considerato sacro. ‘Tra gli elementi che quali-fi cano questa esperienza possia-mo menzionarne tre: fondamen-tale è la santità attribuita al luogo o all’oggetto sacro; molto signifi -cativa è l’attitudine che il pelle-grino manifesta, cioè la ricerca di Dio, che si esprime anche fi si-camente mettendosi in cammi-no; importante è anche lo sco-po questo viaggio, il pellegrino infatti spera di ottenere qualche benefi cio spirituale o materiale (ad esempio una guarigione o una grazia) dall’incontro con Dio me-diato dal luogo sacro’. L’opera di misericordia ‘alloggiare i pellegri-ni’ è germinata nel contesto reli-gioso del pellegrinaggio, in tempi in cui muoversi era tutt’altro che facile. Accogliere i pellegrini era, perciò, considerato un dovere re-ligioso, sia che ad assolverlo fos-sero strutture a ciò deputate – gli ospizi nelle diverse forme – sia che riguardasse la carità di singo-li sedotti e ammirati dall’audacia di un incedere periglioso e pio. In quei luoghi venivano accolti i pel-legrini, ma anche curati i malati, ricevevano sepoltura coloro che erano morti per stenti o erano sta-ti uccisi dai briganti. Le foresterie dei monasteri e gli ospizi nati ac-canto alle chiese o alle residenze

    episcopali erano strutture essen-ziali dell’antichità e del medioevo cristiano. Perché, anche nel no-stro contesto sociale, dare ospita-lità? ‘Perché l’ospitalità è stata ed è tuttora sentita in molte culture come un dovere sacro, un gesto di solidarietà a cui è semplicemente impossibile sottrarsi’. E questo lo si deve semplicemente ‘perché si è uomini, per divenire uomini, per umanizzare la propria umanità e per rispettare e onorare l’umani-tà dell’altro. Dare ospitalità è at-to con cui un uomo risponde alla propria vocazione umana, realiz-za la propria umanità accoglien-do l’umanità dell’altro (…). Il po-vero, il senza tetto, il girovago, lo straniero, il barbone, colui la cui umanità è umiliata dal peso delle mancanze e delle privazioni, dei rifi uti e dell’abbandono, del disin-teresse e dell’estraneità, comin-cia ad essere accolto quando co-mincio a sentire mia la sua umilia-zione, come mia la sua vergogna, quando comincio a sentire che la mortifi cazione, senza inutili sen-si di colpa e senza ipocriti buoni sentimenti, può iniziare la relazio-ne di ospitalità che mi porta a fare tutto ciò che è nelle mie possibili-tà per l’altro’”.

    Da queste premesse nasce un’importante iniziativa organiz-zata dall’UAL (Pia Unione Ami-ci di Lourdes): il pellegrinaggio in Armenia presieduto dal nostro Arcivescovo. Alla luce di una ri-fl essione accurata questo viaggio si confi gura, dunque, come l’occa-sione profi cua per ricercare Dio

    nella preghiera e per incontrare l’altro. Il pellegrinaggio diviene così un valido strumento per co-gliere il senso profondo della so-lidarietà. Andare in Armenia si-gnifi ca anche ripercorrere la sto-ria cristiana nei grandi monasteri, nelle chiese rupestri e nelle gran-di basiliche della Chiesa Armena, una delle quali è stata consacrata da Giovanni Paolo II. È un vero e proprio viaggio nella storia mon-diale attraverso la visita di musei e bellezze artistiche. I partecipan-ti, inoltre, avranno la possibilità di ammirare paesaggi incontami-nati, villaggi rurali e l’architettura delle grandi città.

    Il pellegrinaggio si terrà dall’1 all’8 maggio 2012. I “pellegrini” si incontreranno presso la sede dell’UAL (viale Ofanto, 139) mar-tedì 1° maggio e da Roma prende-ranno l’aereo per Yerevan.

    Il giorno dopo il gruppo visite-rà la fortezza ellenistica di Garni ed il monastero di Gheghardt in-teramente scavato nella roccia.

    Per giovedì 3 maggio è previ-sta un’escursione presso il mona-stero di Khor Virap, luogo di pri-gionia di San Gregorio l’Illumi-natore. Poi sarà la volta del mo-nastero di Noravank risalente al XIII – XIV sec.

    Venerdì i partecipanti visiteran-no i monasteri di Hagbat, Sanahin (entrambi siti repertoriati dall’U-NESCO) e la chiesa basilicale di Odzun.

    Il giorno successivo il grup-po si dirigerà verso la regione di Aragatsotn per conoscere i

    monasteri di Hovhannavank e di Saghmosavank. Si proseguirà con la visita alla fortezza e chie-sa di Amberd, alla cittadina di Ashtarak e alle chiese antiche di Karmravor.

    La domenica sarà la volta del Lago Sevan, dei monasteri di Ha-garstin, di Arakelots di Hayri-vank, della chiesa di Astvatzatzin e del cimitero di Noraduz.

    Il 7 maggio la giornata si apri-rà con la visita a Echmiadzin (di-scesa del vero Dio) cuore religio-so della nazione, Chiesa madre

    di tutti gli Armeni. All’interno è custodita la “Lancia Sacra” e un frammento dell’Arca di Noè. Poi, saranno visitate le chiese di Santa Hripsime e Santa Gayane, le rovi-ne della chiesa di Zvartnots, il mu-seo di Matenadaran.

    Martedì 8 maggio si rientrerà in Italia e, poi, a Foggia, in serata.

    Per informazioni sui costi e sulle modalità di partecipa-zione rivolgersi alla segrete-ria dell’UAL - V.le Ofanto, 139 Foggia, tel. 0881/616505.

    Agenda dell’Arcivescovo4 - 9 febbraio 2012

    4/02 Alle ore 16,00 presso la Cattedrale di Teggiano pren-de parte alla solenne concelebrazione Eucaristica per l’ingresso di S. E. Mons. Antonio De Luca come Vescovo di Teggiano-Policastro.

    5/02 Alle ore 10.45 celebra l’Eucarestia presso il Reparto Maternità degli OORR di Foggia in occasione della Giornata per la Vita.

    6-9/02 Presso l’Abbazia Esarchica di Grottaferrata (RM) presiede la Sina ssi in qualità di Delegato Pontifi cio.

  • 5N. 4 del 3 febbraio 2012 5[ Monica Gigante ]

    V i t a d i D i o c e s i

    Madre della Chiesa, un servizio pastorale per le famiglie della parrocchia

    Comunità, un bene comuneI NONNI ACCOMPAGNANO I BAMBINI IN ATTIVITÀ DI EDUCAZIONE ALLA FEDE

    “La famiglia è la cellula origina-ria della vita sociale. È la società naturale in cui l’uomo e la donna sono chiamati al dono di sé nell’a-more e nel dono della vita. L’au-torità, la stabilità e la vita di rela-zione in seno alla famiglia costi-tuiscono i fondamenti della liber-tà, della sicurezza, della fraternità nell’ambito della società. La fami-glia è la comunità nella quale, fin dall’infanzia, si possono appren-dere i valori morali, si può inco-minciare ad onorare Dio e a fare buon uso della libertà. La vita di famiglia è un’iniziazione alla vita nella società”. Con queste paro-le viene definita, nel Catechismo della Chiesa Cattolica, la fami-glia. Da qui l’importanza natura-le che i nuclei famigliari assumo-no nelle città, in senso ampio, e nei quartieri, in modo particolare. Nella nostra Diocesi tante sono le parrocchie che accompagna-no le famiglie nel loro ruolo edu-cativo e formativo per consenti-re una crescita dei bambini fon-data sui valori cristiani della so-lidarietà e del bene comune. Per “Voce di Popolo” abbiamo inter-vistato don Mimmo Guida, par-roco della “Madre della Chiesa”, che, sulla scia di importanti ini-ziative realizzate negli anni pas-sati dal suo predecessore mons. Filippo Tardio – Vicario Genera-le dell’Arcidiocesi di Foggia-Bo-vino, ha continuato ad accompa-gnare le giovani famiglie del quar-tiere nel difficile compito educa-tivo. A questo proposito, don

    Mimmo ha illustrato il senso pa-storale del parco giochi e della lu-doteca presenti nella parrocchia. “Queste belle e funzionali strut-ture sono state fortemente volu-te da chi mi ha preceduto, mons. Tardio”, parroco dal 1994 al 2004, che ha inaugurato il parco giochi nell’aprile del 1994. Il parco è dav-vero speciale, perché non è sem-plicemente un luogo dove gioca-re, ma è un luogo dove poter pre-gare. A questo proposito, il parro-co ha sottolineato che i “volonta-ri guidano i bambini in preziosis-simi momenti di preghiera”. Sul-la parete del parco, infatti, sono stati montati dei cartelli che gui-dano i fanciulli nella preghiera. È evidente che in tal modo viene offerto a tutte le famiglie della co-munità parrocchiale “un impor-tante servizio pastorale, perché la struttura si delinea sempre di più quale luogo di evangelizzazio-ne e di educazione alla fede, dove preparare le famiglie all’Incontro Mondiale delle Famiglie”, ha pun-tualizzato don Mimmo.

    “Il parco – ha spiegato il sacer-dote – è un vero e proprio servi-zio offerto al quartiere, perché la zona in cui è collocata la parroc-chia è sprovvista di luoghi di ri-trovo e di aggregazione. Ciò che in particolare caratterizza questa iniziativa è la presenza di un grup-po di nonni, che volontariamen-te mettono a disposizione il pro-prio tempo, le proprie energie e il proprio entusiasmo per man-tenere vivo ed operativo il parco.

    Infatti, i ‘nonni’ si occupano del-la gestione e della manutenzione dell’intera area”.

    L’intera struttura, ricordiamo-lo, è a norma ed è stata realizza-ta interamente con le offerte dei parrocchiani, che hanno rispo-sto all’iniziativa con entusiasmo e partecipazione.

    Abbiamo chiesto ad alcuni “nonni-volontari” come si svilup-pa il loro lavoro. “Le attività del parco giochi vengono realizzate in collaborazione con tutti i par-rocchiani – ha spiegato Guido De Martino – Molti, infatti, sono co-loro che hanno messo e mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie competenze profes-sionali per tenere in buono stato

    la struttura. Saldatori, muratori, fabbri, falegnami, tutti volontari. Questo, ci preme ribadirlo, non è solo un luogo di divertimento ma è, prima di tutto, un luogo di preghiera, in cui imparare ad es-sere veri cristiani. Prossimamen-te, inoltre, collocheremo la statua di una meravigliosa Madonnina”.

    “In tutte le attività di preghiera e ludiche vengono sempre coin-volti anche i genitori – ha affer-mato un altro nonno-volontario, Carlo Valente – perché la famiglia deve essere sempre unita”.

    Gli altri volontari del parco giochi sono: Vincenzo Sabbati-no, Giuseppe Martino, Michele Leccese, Michele Mastrapasqua, Angelo Patruno e Nicola Lerario.

    La struttura è aperta dalle ore 10 alle ore 12, dal lunedì al saba-to, e la domenica dalle ore 11 al-le ore 12.30/13.00. Riaprirà il po-meriggio durante la stagione pri-maverile.

    Infine, a conclusione della no-stra piacevole visita, don Mimmo

    ci ha mostrato una deliziosa ludo-teca allestita per i bambini del-la parrocchia. “Da alcuni anni in parrocchia c’è un gruppo di cop-pie giovani che si riunisce per de-gli incontri di catechesi e di for-mazione, in collaborazione con il Consultorio Diocesano “Il Faro”. In particolare, quest’anno stiamo approfondendo i temi del VII In-contro Mondiale delle Famiglie 2012. Durante gli incontri, i figli delle coppie vengono ospitati in questo spazio, dove alcune cate-chiste, volontariamente, metto-no a disposizione il proprio tem-po per pregare e giocare con i pic-coli. Anche in questo caso, quin-di, parliamo di un luogo in cui fa-re educazione alla fede attraver-so giochi e sussidi opportuni ed efficaci”. La ludoteca è stata rea-lizzata interamente con le offerte dei parrocchiani. “Ognuno dà se-condo le proprie possibilità e se-condo il proprio cuore, nella li-bertà”, ha concluso, emblemati-camente, don Mimmo.

  • 6 Voce di PopoloV i t a d i D i o c e s i[ Francesca Di Gioia ]

    Istituto San Giuseppe in festa con il “Carnevalino”[ Nicola Saracino ]

    Visita guidata degli alunni del corso di Arte Sacra dell’ISSR di Foggia

    Sulle tracce di San Marco di EcaGLI STUDENTI IN VISITA AL MUSEO DIOCESANO E ALLA CONCATTEDRALE DI BOVINO

    A conclusione del percorso di-dattico che li ha visti protagoni-sti di una vera e propria full im-mersion nel mondo dell’arte, un gruppo di allievi del corso di Ar-te Sacra dell’Istituto di Scienze Religiose di Foggia, ha compiu-to un viaggio di studio a Bovino. Nonostante il rigido inverno il clima nel paesino dei Monti Dau-ni si è subito riscaldato alla vista delle tante bellezze che il luogo

    propone ai visitatori-turisti. In primis già la tortuosa salita lun-go i tornanti, disvela un panora-ma mozzafi ato, con la collina dol-ce del subappenino rinverdita di boscaglia e lo scenario del Vallo di Bovino che sembra squarcia-re i rilievi appenninici. E come una “epifania di bellezza” appa-re lungo il percorso anche il San-tuario della Madonna di Vallever-de, la cui “avvenenza” non è da-

    ta propriamente dalle futuristi-che architetture del secolo scor-so, piuttosto dalla storia di fede che la vede protagonista. Dopo esserci lasciata alle spalle la fo-resteria del Centro di spirituali-tà mariana, è tutto un inerpicarsi sulla cima per raggiungere il cen-tro del paese. Qui ad accoglierci c’è Ferdinando, un preparatissi-mo ragazzo del servizio civile che nei panni di volontario della Pro-

    Loco, ci ha accompagnato lungo le anguste calli del Borgo Antico. Superato l’arco è tutto un susse-guirsi di affascinanti scorci che dal medioevo all’Ottocento, han-no segnato il volto del paese che è annoverato tra “I Borghi più belli d’Italia”. L’abile guida non ha mancato di illustrare ai pre-senti storia e vicende che hanno visti protagonisti quei suggestivi anfratti, fi no a giungere al Muse-o Civico: uno scrigno di beltà tra epigrafi a, etnografi a, arte e cul-tura del nostro territorio. Poi il gruppo si è diretto alla volta del-la Concattedrale dedicata all’As-sunta in Cielo. Qui la facciata a capanna in stile romanico è “mi-racolata” sopravvivenza dell’an-tico Duomo distrutto da un terre-moto nel ‘700. Sul presbiterio ci aspetta don Stefano Caprio, de-cano parroco della stessa, che non ha esitato a narrarci la sto-ria della Madonna di Valleverde, attraverso le note delle Bibbie Atlantiche, fi no alla visita all’at-tiguo Cappellone di San Marco di Eca, dove è venerato l’antico culto del Santo compatrono del-la Diocesi. Dopo aver visitato gli

    scranni lignei della bellissima sa-crestia e aver fatto una fugace so-sta nella zona della torre campa-naria, ci si è diretti al castello Du-cale. Una dovuta digressione è stata la vista del giardino pensile del Castello dei Guevara, per poi giungere attraverso un ombroso sottopasso, alla corte ciottolata. Ad aiutarci nella comprensione del complesso monumentale e del Museo Diocesano ivi ospita-to gestito dalla Cooperativa Sipa-rio, è stato il prof. Pompeo D’An-drea, apprezzato storico locale, che ci ha traghettato lungo i ma-gniloquenti saloni, tra arredi sa-cri, suppellettili, paramenti intes-suti in oro e argento e importan-ti tele. Tra queste spicca il Marti-rio di San Sebastiano che Vitto-rio Sgarbi non perse l’occasione qualche anno fa, di vedere in una “imboscata” notturna tesa al Sin-daco per poi farsi perdonare at-tribuendo lo stesso al pittore di scuola caravaggesca, Mattia Pre-ti. Vera spina nel fi anco della vi-sita, si può davvero dire, è stata la mancata visione della Cappel-la della Sacra Spina, attualmen-te in fase di restauro.

    Grande successo per l’Open Day organizzato sabato 28 gen-naio dal corpo docente e le suo-re della scuola primaria dell’Isti-tuto “Pie Operaie di San Giusep-pe di Foggia” di via Marchesi. Il “Carnevalino” ha visto la parteci-pazione di genitori e bambini che animati da spirito di festa ed alle-gria hanno dato vita a canti, ani-mazione e balli e sorteggio premi messo a disposizione dall’Istitu-to. In particolar modo, ai bimbi e ai genitori che si sono presenta-ti in maschera è stata consegna-to un numero che ha permesso di partecipare ad un sorteggio pre-mi messo a disposizione dall’Isti-tuto. Ai genitori è stata concessa poi una visita guidata all’inter-no dei locali dell’Istituto, sorto a Foggia per rendere concreto il carisma della Congregazione Pie Operaie di San Giuseppe, pre-senti nella città di Foggia fi n dal 1931: assistenza ai minori delle

    famiglie disagiate, insegnamen-to, catechesi, apostolato nelle ca-se di spiritualità e accoglienza. La struttura attuale, iniziata alla fi ne degli anni ’50 e completata nel 1975, accoglie cinque classi di scuola primaria, condotte pri-oritariamente da personale laico di lunga e consolidata esperien-za, tre sezioni di scuola dell’in-fanzia, dirette da religiose qua-lifi cate, tre comunità educative ed un centro diurno, in cui ope-rano sia religiose sia docenti ed esperti laici.

    La fi nalità dell’Open day è sta-ta quella di far conoscere mag-giormente le attività dell’Istituto, che svolge un ruolo molto impor-tante per la comunità foggiana: la scuola infatti accoglie bimbi pro-venienti da ogni ceto sociale, an-che da quelli più bisognosi, av-valendosi dell’aiuto di alcuni en-ti quali il Rotary Club e la Fonda-zione Banca del Monte di Foggia,

    che ha aiutato alcune famiglie a pagare la retta di iscrizione.

    “L’obiettivo principale è quel-lo di incrementare le iscrizioni – afferma Camilla Fiadino, coor-dinatrice pedagogica dell’Istitu-to Pie Operaie di San Giuseppe e già dirigente scolastica dell’Isti-tuto “Manzoni” di Foggia, dove ha svolto per anni egregiamente la propria professione che l’ha portata, dopo la pensione, a dare una mano all’Istituto di via Con-cetto Marchesi – È giusto far co-noscere maggiormente alla cit-tà le nostre attività. Ospitiamo anche bambini in diffi coltà che non pagano le rette, siamo aper-ti a tutti. Siamo contenti di que-sta festa che abbiamo organiz-zato e per cui abbiamo ricevu-to tanti complimenti, soprattut-to da parte dei genitori”.

    L’Open Day è stato anima-to dalla Banda di Accadia che con le proprie musiche ha allie-

    tato la giornata di bimbi e geni-tori. La banda è stata accolta con dei palloncini dai bimbi festanti. Non è mancato il momento del-la rifl essione con la proiezione del fi lm dedicato alla Shoah dal titolo “Il bambino con il pigia-ma a righe”, capolavoro di Mark

    Hernan e simbolo cinematogra-fi co della Giornata della Memo-ria che si celebra ogni 27 genna-io dell’anno. Il fi lm è ambientato nella tragica epoca del nazional-socialismo e racconta di un’ami-cizia tra bimbi andata al di là di un fi lo spinato.

  • 7N. 4 del 3 febbraio 2012 V i t a d i D i o c e s i

    [ Antonio Daniele ]

    San Marco in Lamis

    Verso Milano 2012

    [ Monica Gigante ]

    si proponga nella sua natu-ra originale di avvenimen-to nella storia può essere in grado di suscitare quell’u-mano che permette all’uo-mo di riconoscerlo, perfo-rando l’incrostazione che costantemente lo ricopre”.

    La fede, l’avvenimento di Cristo riconosciuto, quindi, fa vivere tutto in modo di-verso. A questo proposito, don Giussani in “L’io rina-sce in un incontro” sostene-va che “la fede non può bara-re perché è in qualche modo legata alla tua esperienza”; in questo senso, per appura-re il cambiamento della tua

    intera esistenza devi “viverla sul serio”. “Se tu – scrive don Giuss – innamorandoti della ragazza, oppure avendo vissuto parec-chie volte l’esperienza dell’in-namoramento, non hai mai per-cepito in che modo la fede cam-bia quel rapporto, non ti sei mai sorpreso a dire: ‘Guarda la fede, illuminando questo mio tentati-vo di rapporto, come lo cambia, come lo cambia in meglio!’; se tu non hai mai potuto dire una co-

    sa del genere (e, invece che la ra-gazza, potete mettere qualunque altra cosa: il padre, la madre, lo studio, il lavoro, le circostan-ze, eccetera), se tu non hai mai potuto dire: ‘Guarda la fede co-me rende più umano il mio vive-re’, se tu non hai mai potuto di-re questo, la fede non diventerà mai convinzione e non divente-rà mai costruttiva, non genererà mai nulla, perché non ha tocca-to il tuo io profondo”.

    Il cuore della verifi ca cristia-na, secondo Carron, è l’incre-mento della fede stessa, del ri-conoscimento amoroso della Sua presenza. “Tornare a cer-carLo, come ha fatto il decimo lebbroso, vale più della guarigio-ne (…). Nell’incontro continuo e quotidiano con la Sua presen-za reale trova risposta e al tem-po stesso si esalta e si amplifi ca la nostra domanda, la nostra se-te infi nita, e dunque diviene più facile, in un certo senso più ‘ine-vitabile’, il riconoscerLo come l’unico in grado di rispondervi. Solo così può essere fi nalmen-te vinta la lontananza del cuore da Cristo”.

    “Perché l’uomo possa ren-dersi conto pienamente, dunque, di che cosa vuol dire Gesù Cri-sto, occorre che ciascuno di noi sia davanti a Lui con tutto il pro-prio umano. Senza questa uma-nità, senza questa coscienza at-tenta, tenera e appassionata di me stesso, non mi sarà possibile riconoscere Cristo”. Con queste incisive parole, nei giorni scor-si don Julián Carrón, Presidente della Fraternità di CL ha presen-tato il libro di don Luigi Giussa-ni “All’origine della pretesa cri-stiana”, in occasione della nuo-va edizione Rizzoli. L’evento è av-venuto in contemporanea in tut-ta Italia, in diretta via satellite; a Foggia è stato trasmesso pres-so l’Auditorium della Biblioteca Provinciale di Foggia.

    Secondo il sacerdote, dunque, il cristianesimo opera una uni-ca e straordinaria valorizzazione della persona, della sua umanità fatta di ragione e libertà. Tutta-via, per quanto l’uomo abbia la struttura originale per ricono-scere Gesù Cristo, spesso la so-cietà e la nostra storia tendono a far tacere le nostre “esigenze ori-ginali”. È fondamentale, dunque, risvegliarci dal torpore e coglie-re, sentire, vedere e vivere co-me un fatto quel meraviglioso incontro con Cristo, perché, co-me ha spiegato Carron, “Cristo è qualcosa che mi sta accaden-do ora”. Secondo il Presidente di CL “solo un cristianesimo che

    L’incontro con Cristo

    Presentazione del libro di don Giussani “All’origine della pretesa cristiana”

    “TORNARE A CERCARLO, COME HA FATTO IL DECIMO LEBBROSO, VALE PIÙ DELLA GUARIGIONE”

    Un itinerario formati-vo pensato per le famiglie e con le famiglie. Da qual-che tempo l’Azione Catto-lica della Comunità Pasto-rale SS. Annunziata-S. An-tonio Abate-S. Maria del-le Grazie di S. Marco in La-mis ha pensato un percor-so genitori con l’intento di accompagnare i propri fi gli nella loro crescita spiritua-le. L’occasione dell’incontro mondiale delle famiglie, che si terrà a Milano dal 30 Mag-gio al 3 Giugno 2012, è sta-ta propizia per articolare gli incontri secondo il calenda-rio predisposto dalla com-missione organizzatrice e mediato dal Settore Adul-ti di AC dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino. Attraverso i momenti di formazione, ri-fl essione e confronto si pen-sa di poter offrire uno stru-mento che possa costruire maggior conoscenza, col-laborazione e integrazione tra le famiglie, e, in parti-colare, tra genitori della co-munità e che possa sfocia-re in una maggior consape-volezza dell’essere famiglie che vivono il lavoro e la fe-sta e si preparano a essere aperte e accoglienti. La pre-messa degli educatori e re-sponsabili di Azione Catto-lica è stata quella di acco-gliere e riconoscere le fati-che e le domande educati-ve dei genitori, che spesso si sentono sfi duciati e privi di risorse, per trasformar-le in patrimonio comune da affrontare insieme. Infatti, l’idea di base è quella che i genitori diventino prota-gonisti attivi del percorso formativo dei propri fi gli e non solo fruitori. Gli edu-

    catori pensano che, in que-sto modo, si possa rinforza-re la consapevolezza edu-cativa dei genitori e la fi du-cia in sé. Il quarto incontro di catechesi è stato tenuto dal neo Direttore dell’Uffi -cio Diocesano per la Pasto-rale Famigliare don Miche-le Radatti. Un tema diffi ci-le, “La Famiglia vive la pro-va”, che il sacerdote ha re-so semplice ed esplicativo attraverso la comunicazio-ne in immagini. Il Diretto-re della Pastorale Famiglia-re ha affermato che “la pro-va e i momenti di diffi col-tà costituiscono occasioni di crescita per la famiglia, chiamata ad accogliere e a vivere ogni tempo come un dono in cui incontrare il Signore che passa nella sua vita”. Don Michele ha passato in rassegna i diver-si motivi in cui la famiglia è chiamata a vivere la prova e il senso del limite. Ha inco-raggiato i genitori a non fer-marsi di fronte alle diffi col-tà, ma, nello stesso tempo, a riconoscere come la pro-va per la famiglia non è co-stituita solo dalla malattia o dalla perdita di persone ca-re, ma è celata anche nelle nuove dimensioni dei mass-media che riducono il dia-logo e le relazioni all’inter-no del nucleo familiare. Do-po il momento di cateche-si e un breve dialogo, è sta-ta riconsegnata l’icona del-la Sacra Famiglia che, dal-la Visita Pastorale dell’Ar-civescovo mons. Tambur-rino, sta facendo una pere-grinatio nelle famiglie della comunità pastorale.

  • 8 Voce di PopoloR u b r i c h e

    Primo incontro dei Ministranti, “L’amore come servizio”

    Rispondere all’Amore si può…IL PROSSIMO INCONTRO SI TERRÀ DOMENICA 19 FEBBRAIO

    Domenica 29 Gennaio abbia-mo vissuto il 1° incontro dei Mi-nistranti, che quest’anno, 50° an-niversario dalla nascita del Se-minario Diocesano “Sacro Cuo-re”, si colora di nuovo entusia-smo. Neanche le temperature basse di questi giorni ci hanno fermato. Quasi 120 ragazzi pro-venienti dal Piccolo Seminario e da diverse parrocchie di Fog-gia (S. Alfonso, Spirito Santo, San Giuseppe Art., S. Giuseppe in Borgo Cervaro, Regina della Pace, Gesù e Maria, S. Paolo Ap., S. Cuore e Annunciazione) di San Marco in Lamis (S. Giusep-pe e B.M.V Nostra Signora di Lourdes in Borgo Celano) che con il loro caloroso entusiasmo hanno scaldato il cuore di tut-ti noi. Ed è proprio di cuore che si è parlato, visto che il tema che ci accompagnerà tutto l’an-no è quello che ci ha proposto il Centro Nazionale Vocazioni: “Rispondere all’Amore si può”. Ad ogni incontro approfondire-mo il come dare la vera e pie-na risposta all’Amore di Dio. In questo primo incontro ci siamo

    soffermati a rifl ettere sull’Amo-re come servizio. Già nell’ome-lia della celebrazione presieduta da don Pierino Giacobbe, retto-re del Seminario, abbiamo ana-lizzato la fi gura del profeta che si fa servo di Dio e dei fratelli, divenendo colui che porta la Pa-rola di Dio al popolo. Il “servire” si evidenzia ancora più forte nel-la fi gura di Gesù, il Servo di Jah-vè, che pur essendo Dio è dive-nuto servo degli uomini quan-do lavando i piedi ai discepoli ha chiesto loro di fare altrettan-to, ma, soprattutto, quando ci ha donato la sua vita per amore.

    Dopo la celebrazione, nell’au-la magna abbiamo visto la pri-ma parte del fi lm “Un Ponte per Terabithia”. Abbiamo solo assa-porato la forza della fantasia dei due protagonisti del fi lm, sep-pur inseriti in problematiche quotidiane comuni a molti ado-lescenti.

    Successivamente i ministran-ti con dinamicità hanno presen-tato i loro lavori. Infatti ogni gruppo, durante il cammino parrocchiale, ha rifl ettuto sul

    tema del servizio nelle sue sfac-cettature che sono la missione, la carità, ecc. Sono stati bravi e divertenti nelle presentazioni attraverso cartelloni, giochi e la “vocazione fantasia”, una tecni-ca consigliata dal Centro Nazio-nale per le Vocazioni, che consi-ste nel prendere varie parabo-le del Vangelo e mescolarle, fa-cendo nascere nuovi racconti. Al termine di questo arricchente momento don Pierino ha sinte-tizzato tutti i lavori evidenzian-do gli aspetti più importanti.

    Nonostante le temperature, non ancora primaverili, dopo il pranzo è arrivato il momento che tutti i ragazzi aspettavano: il gioco. Riempie sempre i po-meriggi dei nostri incontri e la-scia esplodere tutta la forza e l’energia che contraddistingue i ragazzi.

    L’incontro si è concluso, nel pomeriggio, con un momento di preghiera accompagnato dalla consegna dell’adesivo-segno a tutti i partecipanti. Per i più fe-deli, che sapranno colleziona-re tutti gli adesivi-segno sarà

    consegnato un premio fedeltà a fi ne anno.

    Vi aspettiamo allora tutti al prossimo incontro che si terrà domenica 19 febbraio ed avrà

    per tema: “Rispondere all’Amo-re si può… Perdonando”.

    Donato Dota, seminarista di III Superiore

    V domenica del T.O. - Anno B - 5 febbraio 2012

    La Parola della domenica

    ta del sabato che ci viene narra-ta da Marco nel suo Vangelo e ci viene riproposta in queste do-meniche d’inizio anno liturgico inizia con la preghiera solitaria, silenziosa e notturna del Signo-re. Affascinante è ancora oggi stare la notte fonda e la matti-na presto sulle colline attorno a Cafarnao che dominano il la-go, vedere le stelle e la luna che si specchiano nell’acqua, senti-re il silenzioso frusciare dell’er-ba e degli alberi con il sottofon-do dello sciabordare dell’acqua. Oggi i pescatori escono con le barche a motore ma ai tempi di Gesù anche l’uscita dei pesca-tori era uno spettacolo di silen-zio, della natura. Cosa doveva essere la sua preghiera? Il col-loquio quotidiano con il Padre nell’amore dello Spirito Santo. Il confrontare la propria volon-tà nell’obbedienza alla volontà del Padre che si andava rivelan-do giorno dopo giorno. “Dal si-lenzio del Padre nasce la Paro-la del Figlio” scrive sant’Ireneo di Lione. Le parole del discorso, dell’insegnamento di Gesù “fat-

    to con autorità”, che genera lo stupore di chi ascolta, anche dei nemici, degli avversari, di colo-ro che volevano cogliere Gesù in fallo per poterlo con condan-nare. La giornata infatti, dopo la preghiera continua nella sina-goga. È il sabato, il giorno dedi-cato a Dio, il giorno dell’ascol-to e del commento della Torà, il giorno nel quale la piccola co-munità credente degli ebrei os-servanti di Cafarnao si ritrova. In quel sabato c’era poi una ra-gione in più per andare nella si-nagoga, c’era un “rabbì” del qua-le parlavano tutti i paesi intorno al lago, mirabile nell’insegnare e che faceva miracoli. Scacciava i demoni, ridava la vista ai cie-chi, faceva camminare i paraliti-ci portati sui lettini. Questo ma-estro poi scacciava i demoni da ci ne era posseduto ed i demo-ni affermavano di conoscerlo e dicevano di lui qualcosa di stra-no, di “eretico”, dicevano cioè che quell’uomo era Dio. Prega-va, insegnava, guariva. Questa l’attività di Gesù. Anche in que-sta pagina di Vangelo. Esce dalla

    sinagoga e si reca in casa di Pie-tro dove la suocera giace mala-ta con la febbre, la guarisce “ed ella cominciò a servirli”. Il rice-vere il miracolo, il dono di Dio la rende responsabile nel servi-zio di questo dono. Nessun do-no di Dio fi nisce nella persona che lo riceve, quasi fosse acqua stagnante, ma scorre agli altri come sorgente e fi ume di acqua viva e vivifi cante. Anche Pao-lo nella seconda lettura ci par-la del suo obbligo di annuncia-re il Vangelo a tutti e di non te-nerlo per sé solo. Venuta la se-ra ancora gli portano dei mala-ti, degli indemoniati e lui si chi-na su tutti con compassione e li guarisce. È Signore del creato, domina sulla natura, sull’uomo e sugli spiriti. La forza la trova nel suo rapporto privilegiato col Padre, nella preghiera.

    “Al mattino presto si alzò quando era ancora buio e, usci-to, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava”.

    Padre Valter ArrigoniMonaco diocesano

    Continua la narrazione che Marco ci presenta di una gior-nata tipo di Gesù. Siamo anco-ra a Cafarnao, piccolo centro sul lago di Tiberiade ma mol-to importante. Era la via ob-bligatoria del passaggio delle carovane che venivano dall’A-sia ed erano dirette in Egitto e negli altri paesi dell’Africa del nord sulle rive del Mediterrane-o. Per questo c’era lì una doga-na per la riscossione dei tributi

    ed il gabelliere, il pubblicano di Cafarnao, era Matteo, che poi divenne apostolo ed evangeli-sta. A Cafarnao vivevano an-che Pietro, suo fratello Andrea, Giacomo e suo fratello Giovan-ni. I primi apostoli. A Cafarna-o si svolge la più parte della vi-ta pubblica di Gesù. A Cafarna-o e nei suoi dintorni si svolgono gli avvenimenti più importanti della vita di Gesù fi no a quando sale a Gerusalemme. La giorna-

  • 9N. 4 del 3 febbraio 2012 Te s t i m o n i a n z e

    I seminaristi diocesani raccontano…

    La parola a Michele Caputo, seminarista IV anno

    Anche quest’anno il nostro Centro Diocesano Vocazionale – nelle perso-ne di don Pierino Giacobbe, don Mar-co Camilletti, don Alfonso Celenta-no, suor Pompea e me – ha preso par-te all’annuale Convegno Nazionale di rifl essione sulle vocazioni che si è te-nuto a Roma nei giorni scorsi.

    Il tema scelto è andato alle sor-genti della vocazione stessa: l’Amo-re. In verità, l’incontro non si è li-mitato a tratteggiare genericamen-te quale ne sia la defi nizione, il sen-so, la determinazione, il signifi cato; ma piuttosto, ha lanciato una sfi da a chiunque desidera lasciarsi provoca-re da esso: “Rispondere all’Amore… si può”. E questo è stato anche il tito-lo del Convegno e sarà il tema della prossima Giornata Mondiale di pre-ghiera per le Vocazioni.

    Gli appuntamenti che si sono sus-seguiti sono stati, come sempre, di grande qualità. Il primo impegno è stato un musical dal titolo “Liberi di volare” presentato dai giovani di una parrocchia di Salerno, affi data alle cure pastorali dei Missionari Save-riani. Attraverso l’arte, questi giova-ni hanno desiderato comunicare l’in-contro con un uomo che ha saputo rispondere all’Amore: san Giusep-pe Conforti, fondatore della Fami-glia Saveriana.

    Il secondo giorno del Convegno è stato ricco di impegni: al mattino abbiamo preso parte a due splendi-de relazioni, la prima tenuta dalla bi-blista Bruna Costacurta, la seconda dal priore della comunità di Taizé, frère Alois. La professoressa, attra-verso una lectio cursiva del Canti-co dei Cantici, ci ha aiutato ad esplo-rare le dimensioni e le espressioni dell’Amore. Siamo giunti alla consa-pevolezza che quando cerchiamo l’A-more, in fondo, cerchiamo Dio, anzi in verità è Lui che sta cercando noi. Frère Alois, invece, ha messo in evi-denza che la prima cosa da fare per rispondere alla chiamata all’Amore è “osare credere” all’Amore stesso, che è Dio. Un credere che si caratterizza come rapporto personale con Gesù: è da questa relazione che può scatu-rire la risposta alla chiamata che si ascolta. È il movimento stesso del-la vocazione. Insomma, Dio ci affi da

    l’impegno di imparare a vivere la nostra umanità, di incontrarlo attraverso la no-stra umanità. È da qui che prende avvio anche il nostro cammino di conversione e di conseguente santifi cazione.

    Al pomeriggio, il Convegno quest’an-no ha presentato una nuova modalità di lavoro attraverso i workshop: sono state consegnate ai convegnisti sei proposte di rielaborazione in gruppo di tematiche vocazionali che interagiscono con ambi-ti specifi ci della pastorale (le proposte erano le seguenti: metodologia, insegna-mento, mass media, catechesi, pastorale scolastica e universitaria, liturgia). L’ulti-mo giorno del Convegno, abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare la voce del card. Gianfranco Ravasi. È stato questo il cul-mine e la sintesi del nostro appuntamen-to. Il Prelato, partendo da Ap 3,2 ha indi-viduato tre momenti per analizzare il te-ma proposto, sottolineando il primato di Dio in ogni vocazione, la dimensione del-la libertà di ogni uomo e di ogni donna da-vanti alla chiamata che il Signore rivolge a ciascuno, la verità ultima di ogni voca-zione: l’Amore, appunto.

    Mi piace concludere con una frase di Benedetto XVI che, nella Deus Caritas est (n. 17), scrive: “Egli per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispon-dere con l’amore”. Le vocazioni, tutte, so-no dunque l’espressione concreta di Dio per ogni persona umana: ciascuno di noi ricorda all’altro questa verità che dà vita ad ogni esistenza.

    La parola a Francesco Gioia, seminarista IV anno

    Gli incontri dei seminaristi diocesa-ni del Seminario Maggiore sono una piacevole tradizione che ci vede riuniti per vivere un momento di fraterna con-divisione in compagnia del nostro Ar-civescovo, mons. Francesco Pio Tam-burrino, e di don Pierino e don Mar-co, rettore e vice-rettore del Semina-rio diocesano. E allora raccontiamo il campo invernale presso l’Oasi Beta-nia di Lucera.

    Ad accrescere la famiglia del Semi-nario, quest’anno, quattro nuovi arrivi; si tratta dei seminaristi di primo anno: Giovanni e Giulio, alunni del seminario di Molfetta, e Matteo e Michele, alun-ni di Benevento. La presenza di Jaime, connazionale e amico seminarista del nostro Alexander, ha dato un caratte-re “internazionale” all’evento. Rendia-

    mo grazie a Dio per il dono di nuove vo-cazioni alla nostra Chiesa particolare, mentre preghiamo per numerose e san-te vocazioni presbiterali, ricordandoci la particolare ricorrenza dell’anno giu-bilare, in corso, del nostro Seminario diocesano “Sacro Cuore”, che festeggia il cinquantesimo della sua fondazione.

    Come sempre, abbiamo potuto co-municarci reciprocamente il cammi-no percorso nella prima parte del nuo-vo anno formativo, scambiarci le espe-rienze dei nostri seminari e avere col-loqui personali con l’Arcivescovo e il Rettore.

    A conclusione come al solito abbia-mo programmato, in linea generale, il campo-scuola per la prossima estate. Siamo partiti ripensando a ciò che ab-biamo fatto l’anno scorso. La scorsa estate ci ha visto alle prese con la bel-lissima terra di Sicilia (Palermo). Sia-mo stati graditi ospiti dell’eparchia bi-zantina di Piana degli Albanesi. Davve-ro abbiamo un debito di gratitudine nei confronti di questa nostra Chiesa sorel-la. In questo debito di gratitudine è da includere, in primis, il nostro Arcive-scovo, mons. Tamburrino, perché, es-sendo stato Amministratore apostoli-co della suddetta diocesi, ha saputo far-si amare e stimare. Abbiamo scorazza-to tra alcune delle bellezze della Sicilia nord-occidentale. Nostra guida è stato Pino Ferrara, nipote del Vescovo dio-cesano Sotir.

    Da segnalare il carattere “ecumenico” del viaggio. Infatti siamo venuti a con-tatto con una realtà a noi poco nota, os-sia quella dei nostri fratelli cattolici di ri-to bizantino. Abbiamo partecipato alla Divina Liturgia di S. Giovanni Crisosto-mo, presieduta dal parroco della catte-drale e concelebrata anche da don Pie-rino, don Marco e don Michele Tutalo. Abbiamo poi partecipato alla paraclisis in onore della Vergine Maria, presiedu-ta da mons.Tamburrino nella Chiesa di rito greco di Palazzo Adriano. Un’espe-rienza molto signifi cativa è stata la visita al quartiere Brancaccio nella parrocchia di don Pino Puglisi, responsabile, tra le altre cose, del Centro Diocesano Voca-zioni. Resta, questa, una grande lezione e un grande monito per noi che ci prepa-riamo ad essere ministri di Cristo e della sua Chiesa. Durante tutta la durata del campo abbiamo avuto la grazia e la gio-ia di avere la presenza dell’Arcivescovo che ogni giorno, al mattino e alla sera, ci spezzava il pane della Parola duran-te la liturgia delle ore e la celebrazione eucaristica. E, oltre ai colloqui persona-li, ricordiamo le piacevoli conversazio-ni, soprattutto serali, nelle quali mons.Tamburrino si fermava con noi per par-lare. Grazie al Padre Arcivescovo, grazie alla Diocesi nelle persone di don Pierino e don Marco e grazie a tutti coloro che, operando nel silenzio, permettono a noi seminaristi di vivere il cammino forma-tivo in serenità e in letizia!

  • 10 Voce di PopoloC u l t u r a[ Vito Procaccini ]

    Squilibri ed equitàQUALCHE ORIENTAMENTO PER RECUPERARE UNA SOCIETÀ “GIUSTA” E, POSSIBILMENTE, “DECENTE”

    Questioni travagliate del nostro tempo

    taggi per chi è svantaggiato. Co-sì, chi nella posizione originaria dovesse capitare nella situazio-ne sociale peggiore, sarà porta-to ad approvare norme in line-a col principio del non fare agli altri…

    La società “giusta” di Rawls (equa distribuzione dei beni pri-mari), si presta alle osservazioni dell’israeliano Avishai Margalit, fi losofo della politica, alfi ere del-la società “decente”. Riferendosi all’attuale convulsa fase storica di movimenti migratori di massa, osserva come la distribuzione di Rawls interessi solo i “membri certifi cati”, cioè i cittadini della società stessa, limitando i diritti degli altri che pure operano nel-lo stesso contesto.

    È poi rilevante la modalità di distribuzione, che deve avvenire senza umiliare i destinatari, clas-sifi candoli in categoria inferiore. La società giusta, in conclusione, è focalizzata su criteri distributi-

    “L’aquila è selvaggia, mentre protegge il piccolo che nasce. Ma c’è una cosa dalla quale non lo può difendere: i pensieri catti-vi dell’uomo. Un giorno un viag-giatore scala una montagna vici-na. Sta fermo sulla vetta e ammi-ra tutto ciò che sta sotto di lui. Il lago turchese, gli abeti eterni, gli stormi che volano dentro le nubi tagliate dall’arcobaleno. Il viag-giatore ride di quelle bellezze e di-ce: «È perfetto. È mio». E la paro-la si gonfi a, rumoreggia come un tuono nelle valli, cui campi di pri-mule e malva. Gli animali escono dalle tane e si chiedono che cosa signifi chi. Mio. Mio. Mio.”.

    È un racconto che mons. Mo-nari, vescovo di Brescia, ha in-serito nel suo L’amore, la guer-ra e altre cose degli uomini che importano a Dio (Ed. Paoline, 2010), riprendendolo da un ro-manzo con cui l’afro americana Toni Morrison dà voce ad un’a-mericana indigena che interpre-ta così il destino della sua gente.

    Sono dunque “pensieri cattivi” quelli dell’uomo che carpisce la bellezza e vuole tenerla solo per sé e che non rinuncia alla violen-za pur di affermare un suo dirit-to di proprietà. Eppure sono pro-prio questi pensieri che, intro-ducendo in natura qualcosa di estraneo, hanno determinato lo sviluppo economico, con un pro-

    cesso lento fi no al XVIII secolo e poi tumultuoso a partire dalla ri-voluzione industriale. I surplus di ricchezza prodotti, reinvesti-ti in attività ulteriori hanno ac-celerato il processo. È il model-lo di “economia dualistica”, che determina le condizioni per diffe-renti situazioni reddituali.

    Il recente fenomeno della glo-balizzazione ha ampliato i traffi -ci e ha accentuato le differenzia-zioni, creando le premesse per si-tuazioni sociali diffi cili. Il proces-so si autoalimenta, sicché qual-che intervento non può che es-sere estraneo all’economia. Ma-rio Deaglio l’ha evidenziato sin dal 2004 (Postglobal, Ed. Later-za), avvertendo la necessità di regolamentare mercato e globa-lizzazione, perché fi nora ad un’e-conomia globale non fa riscontro una capacità gestionale globale che miri più che a un’economia dei numeri, ad un’economia dal volto umano, con principi di giu-stizia sociale che assicurino di-gnità ad ogni essere.

    Alla base delle stridenti diffe-renziazioni c’è, naturalmente, l’e-goismo, “peste della società” (Zi-baldone); concetto che Leopardi completa: “e quanto (l’egoismo) è stato maggiore, tanto peggiore è stata la condizione della socie-tà”. Ecco, oggi siamo in questa fase, con l’arrivismo esasperato,

    l’esaltazione del solipsismo che punta all’io individuale (solus ipse), relegando a ruoli margi-nali i principi di giustizia sociale.

    L’intervento su questo asset-to potrebbe partire dal Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. È la “regola d’o-ro” del cristianesimo, che si ri-trova anche nell’islamismo e nel confucianesimo e che si ricolle-ga ad un’idea di uguaglianza insi-ta in ogni ragionamento morale.

    La fi losofi a moraleVari fi losofi del secolo scorso

    si sono cimentati sul tema. L’a-mericano John Rawls (Una te-oria della giustizia, 1971) di-stingue tra preferenze sociali (o morali) e individuali, espresse dai singoli. È normale che il ric-co opti per uno Stato liberista che non si preoccupi troppo di equità; ci si domanda, però, se tale preferenza sia anche morale. Rawls ipotizza che gli individui si trovino in una “posizione origi-naria” da cui partire per decide-re come organizzare al meglio la società, senza conoscere in anti-cipo (“velo di ignoranza”) quale sarà la loro collocazione, se fi -niranno cioè tra i ricchi o tra i poveri. In queste condizioni l’individuo rinuncerà a po-sizioni egoistiche, si met-terà nei panni degli altri e opterà per una soluzio-ne equa che miri a salvaguardare i beni primari (salu-te, libertà, reddito minimo, rispetto di sé), secondo “princi-pi di giustizia” in base ai quali saranno distribu-iti costi e benefi ci della cooperazione sociale.

    Il ragionamento morale sarà così esen-te da critiche di impar-zialità e la giustizia di-stributiva si estrin-secherà nel prin-cipio del ma-ximin, che aumenta i van-

    vi, quella decente punta al valo-re della dignità umana.

    Un approccio diverso è quel-lo di Richard Hare, per il quale nel formulare un giudizio mora-le è necessario impegnarsi a ri-tenerlo valido per tutti e opera-re poi per verifi carne la validità. È l’universalizzabilità, la pos-sibilità, cioè, che tutti possano immedesimarsi, ponendosi nei panni dell’altro.

    Un ulteriore tassello lo pone Emmanuel Lévinas che, per evi-tare appiattimento, antepone all’uguaglianza la fraternità, fa-cendo diventare concreta l’ide-a di uguaglianza che altrimen-ti rischierebbe di passare per astratta.

    E siamo così all’etica altruisti-ca, che rivela l’inadeguatezza di un approccio egoistico, esaltan-do per converso l’empatia, come capacità di comprendere lo stato d’animo dell’altro. Ne parleremo.

  • 11N. 4 del 3 febbraio 2012 Vo c i d i P a l a z z o[ Lucio Salvatore ]

    La Capitanata nella graduatoria mondialeAncora una volta la Capitana-

    ta viene premiata nella gradua-toria dei meriti. Questa volta non da parte di un organo nazionale, come il Sole 24 ore, bensì il Sir World Report che, sulla qualità della ricerca scientifi ca in cam-po biomedico, pone nella valu-tazione di merito la “Casa Sol-lievo della Sofferenza” al 145° po-sto nel mondo per la qualità del-la ricerca nel campo biomedico.

    Viva la soddisfazione del pre-sidente della Provincia Antonio Pepe che parla dello straordi-nario risultato defi nendolo “un orgoglio per la Capitanata, che ha nell’ospedale di San Giovan-ni Rotondo un’eccellenza che si conferma di rango mondiale”.

    ”Si tratta di un traguardo di grandissima rilevanza – ha sot-tolineato il presidente di Palazzo Dogana – che premia una strut-tura dalla prestigiosa tradizio-ne medica e da sempre all’avan-guardia nel campo dell’offerta sanitaria. Un esempio di rigo-re e professionalità, ma anche di una vocazione alla ricerca che rappresenta indubbiamen-te la più importante sfi da che la medicina ha di fronte a sé”. Il risultato ottenuto dal nosoco-

    mio fondato da San Pio, che si ag-giunge agli altri riconoscimen-ti tributati dalle più accredita-te università mondiali, secondo Antonio Pepe “è il frutto da un la-to dell’eccellente lavoro portato avanti dal suo Direttore scienti-fi co e dall’altro della collabora-zione virtuosa con il sistema uni-versitario. Una sinergia vincente – ha rimarcato Pepe – che pone “Casa Sollievo della Sofferenza” al primo posto tra le strutture sa-nitarie del centro-sud e al nono posto in Italia per qualità della ricerca. Al professor Angelo Lu-igi Vescovi va dunque il nostro più sincero ringraziamento per il suo essere quotidianamente l’ambasciatore e il testimone di una Capitanata che cresce e che diventa punto di riferimento na-zionale e internazionale”.

    “Un grazie – ha concluso Pepe – va anche al Direttore generale, Domenico Crupi, alle équipe me-diche, ai ricercatori e all’intero personale dell’Ospedale di San Giovanni Rotondo, avamposto di qualità e di progresso scien-tifi co che opera restando sem-pre coerente e fedele allo spiri-to dell’insegnamento che fu di San Pio”.

    Non si ferma, intanto, l’attività dell’Ente di piazza XX settembre per migliorare i servizi sul terri-torio. La Giunta provinciale, su proposta dell’assessore Dome-nico Farina, ha approvato inter-venti in materia di lavori pubbli-ci per un ammontare comples-sivo di 550mila 284 euro. I pro-getti esecutivi riguardano, nello specifi co, i lavori di messa in si-curezza della Strada provincia-

    le 48 San Marco in Lamis-San-nicandro Garganico, della Stra-da provinciale 38 Apricena-San Nazario, della Strada provincia-le 35 San Severo-Torre Fortore e della Strada provinciale 139 Bo-vino-Accadia. Infi ne la realizza-zione della pavimentazione spor-tiva del campo di calcio del Cen-tro Omnisport di Vieste.

    “La Provincia di Foggia – ha commentato l’assessore ai La-

    vori pubblici Domenico Farina – prosegue nel suo impegno politi-co ed amministrativo rivolto al-la manutenzione e all’ammoder-namento della rete viaria e del patrimonio infrastrutturale del territorio provinciale. Un’atten-zione che continuiamo a mante-nere alta e a riempire di contenu-ti, fi nanziamenti e progetti. Sem-pre nel solo interesse della Capi-tanata e della nostra comunità”.

    Un Consiglio comunale per AMICA S.p.A. Il Consiglio comunale, riuni-

    to lo scorso 27 gennaio in sedu-ta monotematica sul futuro del-le società AMICA S.p.A. e Dau-

    nia Ambente, entrambe inte-ressate da procedure fallimen-tari, ha approvato, all’unanimi-tà, una mozione che sottolinea

    l’impegno dell’Amministrazio-ne comunale, fi n dal suo inse-diamento, nell’azione di riorga-nizzazione dei servizi pubblici locali e di ristrutturazione delle

    società di proprietà co-munali che forni-

    scono gli stessi, a partire dal-la delibera di Consiglio co-munale n. 88, approvata il 30 novembre

    2009, che ha modifi cato gli in-dirizzi per la no-

    mina e la desi-gnazione dei rappresentan-

    ti del Comu-ne di Fog-gia presso Enti, azien-de ed Isti-tuzioni.

    N e l l a mozione si cita la deli-bera, del 14

    giugno 2011, con

    la quale il Consiglio comuna-le ha approvato la ricognizione delle società di proprietà comu-nale – AMGAS SpA, AMICA SpA e ATAF SpA – e di quelle parteci-pate da queste ultime, con cui ha autorizzato AMICA SpA a pre-sentare ricorso al Tribunale per l’ammissione all’amministrazio-ne straordinaria, prevedendo la costituzione di una nuova socie-tà (Newco) a cui affi dare la ge-stione del ciclo integrato dei ri-fi uti con le risorse di AMICA e Daunia Ambiente, anche rive-dendo il contratto di servizio.

    Inoltre, il documento del Con-siglio comunale ha ricordato che, a seguito del decreto del-la Sezione Fallimentare del Tri-bunale di Foggia che ha dichia-rato il fallimento della società AMICA S.p.A., avverso cui l’Am-ministrazione comunale ha an-nunciato la volontà di presenta-re ricorso alla Corte d’Appello di Bari, si è svolto, lo scorso 25 gennaio, presso la Prefettura di Foggia, l’incontro tra il sindaco Monelli e le organizzazioni sin-dacali di AMICA S.p.A. e Dau-

    nia Ambiente al cui esito è sta-to sottoscritto il protocollo d’in-tesa che prevede l’attivazione di un tavolo tecnico di confronto per la valutazione condivisa del piano di risanamento azienda-le predisposto dall’Ente locale; l’impegno assunto dal Sindaco, qualunque sia l’esito dell’appel-lo avverso il decreto di fallimen-to di AMICA e qualunque sia la scelta della modalità di gestione del servizio; del mantenimento dei livelli occupazionali di AMI-CA e Daunia Ambiente con ap-plicazione del CCNL Federam-biente/Fise e degli istituti con-trattuali previsti per la tutela oc-cupazionale e dei diritti matu-rati ed acquisiti dai dipendenti.

    Infi ne, la mozione esprime piena solidarietà ai lavorato-ri delle società AMICA S.p.A e Daunia Ambiente e pieno soste-gno all’azione del Sindaco, im-pegnandolo a dare piena e com-pleta attuazione al protocollo d’intesa sottoscritto in Prefet-tura ed a tutte le azioni fi naliz-zate al raggiungimento dell’o-biettivo.

  • 12 Voce di PopoloP r i m o P i a n o[ a cura di M. Michela Nicolais ]

    “Lo rivedo tra i banchi parteci-pare con gioia alle celebrazioni assieme a tutta la gente con uno stile di fraterna semplicità che toccava il cuore dei partecipan-ti. Oggi non è, come sempre pri-ma, tra i banchi; sta davanti a noi tutti o, meglio, davanti al Signo-re”. È il saluto di mons. Vincenzo Paglia ad Oscar Luigi Scalfaro, il presidente emerito della Repub-blica scomparso il 29 gennaio a 93 anni, e del quale oggi, 30 gen-naio, il vescovo di Terni-Narni-Amelia e assistente ecclesiasti-co della Comunità di S. Egidio, ha presieduto i funerali, celebra-ti in forma privata nella Basilica di S. Maria in Trastevere (clicca qui). “Ha sempre manifestato la sua fede, senza tuttavia ostentar-la”, ha proseguito mons. Paglia: “Per lui la fede era fonte di ispi-razione per la vita, era un soste-gno per conservare l’integrità nei comportamenti, era la forza per l’impegno civile e politico. Per questo non ha mai voluto abban-donare il distintivo della Azione Cattolica nella quale era entrato militante fi n da giovane. L’impe-gno nella vita pubblica, anche in quella politica, non signifi cò mai mettere da parte la professione della sua fede cristiana. Semmai, era proprio dalla fede che traeva il disinteressato impegno in fa-vore del bene comune del paese, dell’intera società, dell’Europa”. “Il giovane Oscar Luigi Scalfaro – ha sottolineato il presule – non ha mai pensato la sua fede stac-cata dalla militanza nella politica, senza confondere i piani, sino

    al termine dei suoi giorni”. Paro-le, queste, che riecheggiano an-che nel telegramma inviato da Be-nedetto XVI: “Si è adoperato per la promozione del bene comune e dei valori etico-cristiani propri della tradizione storica e civile dell’Italia”. “Da uomo di governo – le parole del presidente Giorgio Napolitano – ha lasciato l’impron-ta più forte nella funzione da lui sentitissima di ministro dell’In-terno. Da Presidente della Re-pubblica, ha fronteggiato con fer-mezza e linearità periodi tra i più

    diffi cili della nostra storia.

    Da uomo di fede, da antifasci-sta e da costruttore dello Stato de-mocratico, ha espresso al livello più alto la tradizione dell’impe-gno politico dei cattolici italiani”.

    Un grande italiano“Il Presidente Scalfaro è sta-

    to anche un grande italiano”, ha esclamato il vescovo: “Ha spe-so l’intera sua vita per l’Italia, im-pegnandosi negli anni della rico-struzione e dello sviluppo e poi combattendo perché conservas-se la struttura costituzionale sta-bilita negli anni del dopoguerra. È stato fi glio di questo paese e as-sieme ne è stato un grande servi-tore. Nel corso del Novecento so-no state molteplici e talora apica-li le responsabilità che lo hanno visto in prima linea”. Per mons. Paglia, il presidente scomparso “ha amato questa patria terrena con passione, con tenacia, anche con caparbietà sino all’ostinazio-ne”. Ne è un esempio “la sua pas-sione nella difesa della Costitu-zione repubblicana”, il suo im-pegno perché quel “patto che ci lega” – come amava dire – “fos-se rispettato nella lettera e nello spirito, senza dimenticare il bi-sogno di modifi che da apporta-re ma, appunto, nello spirito che l’ha fatta nascere”. “Oggi il nostro paese perde un grande credente e un grande cittadino”, ha conclu-

    so mons. Paglia, che rivolgendo-si idealmente al presidente Scal-faro ha aggiunto: “A noi manche-rai. Ci mancheranno le tue paro-le, il tuo sorriso, i tuoi consigli, le tue impennate, il tuo rigore, la tua testimonianza di credente, la tua umanità profonda, il tuo amore per questo nostro paese”.

    La Bibbia e la Costituzione Mons. Paglia ha ricordato l’ul-

    tima sua visita al presidente: “Ie-ri mattina, quando sono giunto al suo capezzale, mentre la mor-te – arrivata dolce e senza trau-mi, forse a ricompensa di altri che aveva dovuto soffrire nella vita - mi è caduto lo sguardo sul suo comodino, accanto al letto: vi erano poggiati la corona del rosario, la Bibbia, le Fonti Fran-cescane e la Costituzione Italia-na. Si potrebbe dire che Scalfaro era tutto qui”. “Sto bene”, le ulti-me parole sussurrate alla fi glia Marianna, che gli è stata accan-to tutta la vita e che ha “avuto la consolazione di sorreggerlo” tra le sue braccia proprio mentre, “senza soffrire, è spirato”.

    La devozione alla Madonna All’inizio della sua omelia,

    mons. Paglia ha ricordato la de-vozione mariana di Scalfaro, che

    “per l’intero corso della sua vita, ha sentito in profondità il biso-gno di una presenza materna nel-la vita dei credenti, nella vita de-gli uomini, spesso indurita dalla violenza e dall’abbandono. Tut-ti abbiamo bisogno di una pro-tezione materna, nessuno è co-sì forte da poterne fare a meno”.

    Fede e politica Ultimamente Oscar Luigi Scal-

    faro, ha ricordato mons. Paglia “consapevole delle diffi coltà del paese ma anche dell’urgenza di una nuova consapevolezza, ama-va ricordare un episodio che di-ceva avesse segnato in lui una svolta nella coscienza del prima-to del bene comune del paese. Raccontava che lo colpì il fatto di alcuni parlamentari che al matti-no, nell’approntare le leggi ordi-narie, si scontravano e non solo verbalmente, mentre nel pome-riggio, impegnati nella scrittura della Costituzione, si trasforma-vano: le differenze del mattino – quelle legate ai pur legittimi inte-ressi di parte - venivano accanto-nate per far emergere la comune volontà nel delineare le fonda-menta su cui costruire il paese di-strutto dalla guerra. ‘Avevo 27 an-ni, allora, e non ho mai più dimen-ticato quella scena’, concludeva il Presidente, come ad auspica-re anche oggi lo stesso spirito”.

    Ha amato questo nostro PaeseNON HA MAI ABBANDONATO IL DISTINTIVO DELL’AZIONE CATTOLICA

    Scalfaro, l’omelia di mons. Paglia ai funerali a Roma

  • 13N. 4 del 3 febbraio 2012 S t o r i a d i o c e s a n a[ a cura di Donatella e Bruno Di Biccari ]

    le proibiva al Clero di assistere a spettacoli cinematografi ci.

    Durante il Suo episcopato la S.C. Concistoriale decretò che le Diocesi di Manfredonia, Vieste, Troia e Foggia siano di nuovo ag-gregate alla Conferenza Episco-pale Pugliese.

    Famosa è una sua Conferen-za nel 1906 sui “tristi effetti del-la legge sul divorzio”; c’è un’inte-ressante lettera pastorale in oc-casione della quaresima del 1916 “sull’uso e sull’abuso della mo-

    Durante il suo episcopato ha effettuato tre “visite ad limina” (1911-1917-1921) relazionando al Santo Padre sull’andamento della Diocesi di Foggia,

    Ha scritto 11 lettere pastorali. Nella prima tracciava il suo pro-gramma pastorale a cui rimase fedele. In ricordo del XVI cente-nario dell’editto di Costantino, promosse una Settimana Euca-ristica.

    Nel 1911 fece la Visita Pasto-rale alla Diocesi. Nel 1914 il mo-vimento del Circolo Manzoni convoca a Foggia una riunione dei pionieri dell’azione sociale cristiana. Il 2 luglio 1916 eresse due Vicarie Curate della Madon-na dei Sette Veli per organizzare la benefi cenza. Istituì durante la prima guerra mondiale l’Unio-ne Reduci e l’Associazione Ma-dri e Vedove dei Caduti. Si oc-cupò con grande cura e sacrifi ci degli orfani di guerra. Fondò, tra l’altro, l’Associazione sindacale dei Ferrovieri Cattolici. Favorì la crescita dell’Azione Cattolica in tutti i suoi rami.

    Allo scopo di erigere un ora-torio per la gioventù, acquistò un suolo su cui in seguito venne costruita, insieme al grande ora-torio, la chiesa parrocchiale di S. Michele.

    Nel 1913 esattamente il 7 di giugno emise un Decreto col qua-

    coincise con gli anni del nuovo fermento, acceso nel mondo cat-tolico dalla “Rerum Novarum”. Mons. Bella racconta in una sua lettera pastorale che trovandosi per le strade, per le piazze, per i vicoli di Foggia, ha visto schiere di fanciulli sbucare da certe grot-te impossibili, che si dicono abi-tazioni: uscire dalle viuzze, sco-razzare sui marciapiedi da matti-no fi no a tarda sera, senza alcun controllo, e cercò di mettere ripa-ro a tale degrado per recuperare i fanciulli. Nel 1911 con Mons. Ca-votta fondò un “Circolo Giova-nile Cattolico” che all’inizio era presso il Palazzo Notari e succes-sivamente fu trasferito in uno dei pianterreni interni al palazzo ve-scovile. Per alcuni mesi il Circo-lo fu intitolato a Dante Alighieri, ma, poi, per unanime e democra-tica decisione dei soci fu trasfor-mato in “Circolo Giovanile Catto-lico Alessandro Manzoni”.

    Lo scopo dei Circoli cattoli-ci era la preparazione dei giova-ni mediante la pratica delle vir-tù cristiane, il recupero dei fan-ciulli, nonché la preparazione al-le varie forme di azione cattoli-ca, sia prendendo direttamente l’iniziativa di qualche proposta, sia coadiuvando l’azione delle al-tre istituzioni cittadine. Il Circolo “A. Manzoni” si articolava in va-rie sezioni di attività: vi era la se-zione religiosa, quella caritativa, quella culturale, quella fi lodram-matica ed infi ne quella sportiva. Al circolo si potevano iscrivere uomini al di sopra dei diciotten-ni, appartenenti ad ogni ceto so-ciale. Abbiamo iscritti apparte-

    nenti a professionisti, impiega-ti, operai delle ferrovie e dei mu-lini, commercianti ed artigiani; spesso si tenevano conferenze e per diverse volte fu chiamato Michele Sabetti, di Lucera, Con-sigliere Nazionale degli Uomini di Azione Cattolica e promotore con Padre Ferracina della istitu-zione dell’Oratorio dei Padri Giu-seppini a Lucera.

    La Sezione Filodrammatica spesso faceva delle rappresen-tazioni e ne è prova il program-ma, rintracciato tra i Libri del-la Biblioteca Diocesana, stam-pato in occasione di una Recita per il Carnevale del 1914 – gio-vedì grasso 19 Febbraio (vedi Fo-to). Presso il Circolo funziona-va la “Biblioteca Circolante Cat-tolica”. Le Biblioteche circolan-ti Cattoliche erano sorte in con-trapposizione a quelle “Biblio-teche-popolari-circolanti” sorte nelle grandi città, e Foggia aveva la sua Biblioteca Popolare sorta il 31 luglio 1871 ad opera del Sin-daco Scillitani.

    La prova dell’esistenza della Biblioteca è data dai numerosi libri donati alla Biblioteca Dio-cesana al momento della chiusu-ra del Circolo stesso (vedi foto).

    Il 7 marzo 1921 Mons. Bella viene sollevato dall’incarico e trasferito ad Acireale, nel frat-tempo viene nominato Ammini-stratore Apostolico Mons. Fortu-nato M. Farina Vescovo di Troia, in attesa della nomina del nuo-vo Vescovo.

    Deceduto il 29 marzo 1922. (Da il “Monitore Ecclesiastico” Aprile 1922 – nel Necrologio).

    da”; e durante la quaresima del 1912 ci ha lasciato un bel pane-girico di Maria SS. dei Sette Veli.

    Nel 1918 una lettera pastorale “sulla buona stampa” e un’altra riguardante il rito del matrimo-nio ed il nuovo Codice.

    Mons. Salvatore Bella e il suo rapportocon D. Luigi CavottaL’inizio dell’episcopato di

    Mons. Bella e del multiforme apostolato di D. Luigi Cavotta,

    Mons. Salvatore BellaIndagini storiche della Biblioteca dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino

    IL 5° VESCOVO DI FOGGIA E IL SUO IMPEGNO PASTORALE

  • 14 Voce di PopoloV i t a d i C i t t à[ Damiano Bordasco ]

    SILVIO CATTARINA, PSICOLOGO E OPERATORE SOCIALE. MA SOPRATTUTTO UN PADRE

    Cose dell’altro mondoA Foggia il fondatore de “L’imprevisto”, per incontrare i ragazzi in carcere

    I suoi occhi sono dello stesso colore del mare. Grandi, pieni di stupore per la realtà. Enormi co-me quel profondo blu dove con al-tri “folli” come lui ha voluto far ri-vivere una nave “vichinga”, inte-ramente costruita dai suoi prodi.

    È Silvio Cattarina il personag-gio del quale stiamo parlando, che nella vita è psicologo e ope-ratore sociale. Ma è soprattutto un educatore, un padre. Da oltre trent’anni è sulle barricate, con-tro un male silenzioso e oscuro che ha trafitto il cuore di nume-rose generazioni: la droga.

    Con il progetto “Novilara”, quello della costruzione dell’an-tica nave, ben quindici ragazzi in difficoltà, con meno di venti anni, hanno potuto trovare un lavoro. Sono anche stati in Bretagna per formarsi. I freschi “ricostruttori” hanno realizzato la nave che è raf-figurata in una stele del sesto se-colo avanti Cristo, conservata nei musei di Pesaro. Una impresa da 25 metri di lunghezza, e con una vela crociata di 22 metri quadrati e 32 rematori.

    Cattarina è stato a Foggia lo scorso 24 gennaio ed ha incontra-to prima gli operatori e coordina-tori del Consorzio Icaro, e poi si è recato al carcere del capoluo-go per parlare con alcuni ragaz-zi detenuti, con l’obiettivo di por-tare in quel luogo un messaggio di speranza e di reazione per po-ter cogliere davvero la bellezza della realtà. Silvio, vuole che lo chiamiamo così, ha due lauree in psicologia e sociologia ed è stato uno dei primi fondatori di comu-nità di recupero contro le tossico-dipendenze. Da oltre trent’anni si

    occupa di questo e nasce da una sua intuizione la comunità “L’im-previsto” alle porte di Pesaro. Un nido più che una comunità, dove arrivano ragazzi minorenni, dai 13 ai 18 anni.

    “C’è qualcosa di diverso da ri-cercare – ci dice – e il nostro non è un semplice percorso medico o psicologico, ma profondamente esistenziale. Crediamo che i no-stri ragazzi debbano ritrovare il senso delle cose più belle presen-ti nella realtà. Guardare alla posi-tività della realtà”.

    Si capisce da subito che il per-corso è proprio sui generis. Nel-la comunità, infatti, ci sono dei la-

    boratori di scrittura, di lettura ed arte, dove i ragazzi possono espri-mersi liberamente. La struttura, interna ed esterna, è completa-mente gestita da loro. Sono i pa-droni di casa.

    “In questa esperienza di decen-ni – ha continuato – abbiamo ca-pito e scoperto che c’è Qualcosa che si muove a compassione per ciascuno di noi. Nella nostra co-munità accade qualcosa dell’al-tro mondo. Di diverso, che vie-ne da lontano. Che è un dono evi-dente di un Qualcuno che ci ama profondamente e ci accompagna in un duro ma meraviglioso cam-mino”.

    Parole di speranza: chi ce l’ha fatta

    A Foggia, insieme a Cattari-na, anche due ragazzi che han-no svolto il loro percorso di re-cupero nella struttura da lui gui-data. Si chiamano Michele ed Eduardo.

    Michele, poco più di vent’an-ni, ha un aspetto nordico. Un me-tro e novanta, biondo e occhi az-zurri. Lui ha cominciato a bucar-si prestissimo, appena quattor-dicenne. “Ho cominciato a fare uso di sostanze perché mi senti-vo invincibile e non avevo paura di nulla”, ci racconta, senza un minimo di timore o imbarazzo. “In realtà era proprio il contra-rio, credevo solo di non aver pau-ra, ma fantasmi nascosti si muo-vevano nella mia vita”. Una fami-glia che purtroppo si sgretola, un rapporto conflittuale con i geni-tori e la mancanza di amicizie sa-ne. Michele cade una prima volta e poi si rialza. Trasferitosi in Bra-sile, va a lavorare con lo zio. Non vede più nessuno dei suoi vecchi amici e smette. Poi il rientro e la convinzione che può farcela da solo. Ma ricade ed è peggio di pri-ma. “Ho ricominciato ed è stato il buio. Mi sentivo sconfitto ma ero stanco di questa vita. Sono anda-to al Sert e dopo il percorso far-macologico sono stato segnalato a ‘L’imprevisto’. I primi mesi so-

    no stati durissimi, anche perché il ‘metodo’ di Silvio è duro. Ma ho riscoperto una nuova vita. Dopo due anni di percorso in comuni-tà ne sono uscito e mi sono iscrit-to nuovamente a scuola e penso ora di laurearmi. Nel frattempo cerco di aiutare altri ragazzi che sono inciampati come me”. Ora Michele, infatti, si è trasferito a Urbino e da lì aiuta, in una nuova comunità di recupero, tanti gio-vani che hanno vissuto come lui questo problema.

    Eduardo, invece, ha comincia-to ancora prima. Dodici anni e già si spinellava. Sembra incre-dibile, era un bambino. Ora è po-co più che maggiorenne. Le di-namiche che lo hanno portato in quel baratro che è la droga sono state simili e pure lui ora è forte ma “non bisogna mai distrarsi. È logico aver paura, anzi salu-tare. Sappiamo che da soli non possiamo farcela e che abbiamo bisogno della mano di Qualcu-no”. Eduardo ha un sogno: fare il cuoco. E ci sta riuscendo, la-vorando duramente e con tan-to impegno.

    Michele ed Eduardo. Storie di rinascita e di vita che ricomin-cia, di sole che riprende a riscal-dare ed illuminare la strada di questi straordinari ragazzi. Do-ve quel Qualcuno si è servito del-le mani di Silvio. Cose dell’altro mondo…

  • 15N. 4 del 3 febbraio 2012 G i o r n a t a d e l l a M e m o r i a[ Giustina Ruggiero ]

    DOPO IL READING I FIGLI DI GIOVANNI ROSELLI HANNO PARLATO DELLA PRIGIONIA DEL PAPÀ

    Un dovere raccontare la follia, l’innocenza e l’eroismo

    Con gli occhi dei bambiniÈ difficile parlare della Shoah.

    Per alcuni è triste e deprimente. Ma il pregiudizio, gli stereoti-

    pi, l’etnocentrismo, i fondamen-talismi, la smania di ricchezza, e di conseguenza la violenza e l’an-nientamento fisico e della digni-tà, sono talmente attuali, fanno talmente parte della nostra quo-tidianità, che l’educazione alla convivenza nella interculturali-tà e nel rispetto dell’altro, deve essere “permanente”.

    La memoria di ciò che esseri umani hanno potuto compiere contro altri esseri umani: Shoah, Foibe, dittature, atrocità contro i deboli, è un nostro dovere, so-prattutto se siamo genitori, edu-catori, comunicatori.

    La Giornata della Memoria del 27 gennaio è stata istituita nel 2000 dal Parlamento italiano per ricordare l’apertura dei cancelli di Auschwitz, le leggi razziali, la follia della persecuzione italiana degli ebrei, gli italiani che han-no subito la deportazione, ma anche, in modo positivo, i giusti “che si sono opposti al proget-to di sterminio e a rischio della propria vita hanno salvato al-tre vite e protetto i perseguitati”.

    A Foggia la proposta di un rea-ding sull’argomento è venuta da

    una ludoteca, dove in un piccolo spazio teatrale chiamato Foggia-ingioco, si incontrano bambini, genitori e nonni per raccontar-si storie, vite, e le cose legate al-la nostra terra.

    In aiuto all’idea di raccontare e riflettere senza essere sopraf-fatti dall’angoscia è venuto il li-bro “La bambina del treno”, di Lorenza Farina, con illustrazio-ni di Manuela Simoncelli, ed. Pa-oline 2010, in cui una bambina, in un viaggio senza ritorno verso Auschwitz, consolata dalla mam-ma e da un vecchio saggio che le racconta storie per distrarla, in-crocia lo sguardo di un bambino che dal ciglio della strada guar-da incuriosito i treni sfrecciare. I due si salutano con la mano e il racconto della storia passa al bambino che immagina il triste destino dei viaggiatori di quei tre-ni, rappresentato da filo spinato, soldati con i cani e quel “filo di fu-mo denso e nero…”.

    L’eleganza delle immagini e il candore d