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Anno LXXVI - N. 3 - MARZO 2014 3 Cresce la fiducia dei consumatori verso l’ortofrutticoltura biologica Piemonte: sistemi di allevamento e criteri di potatura del mirtillo ATTUALITÀ DOSSIER AGRUMI PICCOLI FRUTTI Mensile - Poste Italiane S.p.A. - sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004, art.1 c.1; DCB Forlì Miglioramento genetico-varietale e nuovi portinnesti in agrumicoltura Piemonte: sistemi di allevamento e criteri di potatura del mirtillo PICCOLI FRUTTI Mensile - Poste Italiane S.p.A Speciale

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Anno LXXVI - N. 3 - MARZO 20143

Cresce la fiducia dei consumatori verso l’ortofrutticoltura biologica

Piemonte: sistemi di allevamento e criteri di potatura del mirtillo

ATTUALITÀ

DOSSIER AGRUMI

PICCOLI FRUTTI

Mensile

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Miglioramento genetico-varietale e nuovi portinnesti in agrumicoltura

Piemonte: sistemi di allevamento e criteri di potatura del mirtillo

PICCOLI FRUTTI

Mensile

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Speciale

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Anno LXXVI - Numero 3 - MARZO 2014

rivista di

e di ortofloricoltura

RUBRICHE59 Dai frutteti piemontesi

DAL CRESO DI CUNEO

62 Il caso CampaniaDI CARLO BORRELLI

64 Le aziende informano

DOSSIER AGRUMI36 L’innovazione varietale per la

competitività dell’agrumicoltura italianaC. MENNONE - L. CATALANO

44 La riconversione dell’agrumicoltura passa dai portinnesti tolleranti il CTVG. RUSSO ET AL.

50 Lotta integrata contro gli insetti dannosi è obbligatoria ed è un’opportunitàS. DI SILVESTRO - M. C. STRANO - G. RUSSO

54 La gestione della fertilità nell’agrumeto biologicoF. INTRIGLIOLO - M. ALLEGRA - F. TITTARELLI B. TORRISI - F. FERLITO - M. SCIRÈ - C. CIACCIA A. TRINCHERA - S. CANALI - G. ROCCUZZO

4 Frutticoltura biologica: crescita lenta ma potenzialità in aumentoS. SANSAVINI

12 In Europa la sostenibilità avvantaggia l’ortofrutta biologicaF. LUNATI

16 I canali specializzati nelle vendite bio battono la grande distribuzione R. PINTON

22 Il valore strategico del biologico e la fidelizzazione del consumatoreC. SCALISE

24 La difesa dai patogeni in ortofrutticoltura: problemi, innovazioni e prospettiveM. L. GULLINO

28 Vecchi e nuovi prodotti nella difesa dalla ticchiolatura in coltura biologicaP. SCHIATTI - G. GALVAGNI - R. BUGIANI

32 L’impatto di comunità microbiche associate alle radici di melo in suoli stanchi nei meleti dell’Europa centraleL. M. MANICI - M. KELDERER - A. R. TOPP D. GRAMM - S. PERIN

SPECIALE FRUTTICOLTURA SOSTENIBILE

Frutticoltura sostenibile: qualità e rese partono dall’innovazione4

Campania: nuovi disciplinari di coltivazione per la mela Annurca62

Parola d’ordine: “sostenibilità”È difficile trovare oggi nel settore economico-produttivo un comparto caratterizzato da trend positivi, stante le difficoltà economiche in cui quasi tutto il Pianeta si sta muovendo e che trascina al ribasso molti tipi di consumi. Ma nel campo agro-alimentare qualcosa si muove, e in questo ambito il comparto dell’ortofrutta biologica (“organica” secondo la terminologia anglosassone) è tra quelli più dinamici, tra-scinato in alto da richieste commerciali in aumento, determinate da consumatori sempre più attenti.I numeri positivi non riguardano solo i consumi; va registrata anche una certa tendenza all’aumento delle superfici coltivate secondo i disciplinari “bio” in conseguenza del miglioramento delle tecniche agronomiche, di una ricerca scientifica sempre più protesa all’innova-zione tecnologica di settore, di normative più chiare e identificabili, di controlli più serrati che riducono i rischi di contraffazioni. Tutto ciò rappresenta sia per la produzione, a monte, sia per i consumatori, a valle, una conquista importante che si traduce in maggiore propensio-ne alla riduzione dell’impatto ambientale delle coltivazioni e in mag-giore fiducia da parte dei mercati (distribuzione e consumo) verso i prodotti ortofrutticoli “sostenibili”.In realtà, anche la produzione integrata (che resta la parte più im-portante della nostra offerta ortofrutticola e di cui l’Italia è leader incontrastata a livello europeo) condivide da tempo gran parte degli obiettivi che stanno a cuore del consumatore e dell’opinione pubbli-

ca: sicurezza alimentare e rispetto degli ecosistemi; grazie a ciò ha molto guadagnato in “appeal” in confronto ad altri comparti del setto-re primario, anche se non sempre ha saputo imporsi all’attenzione dei mercati con il giusto risalto ed un’equa valorizzazione. Ma la strada ormai è segnata; il percorso virtuoso che la nostra offerta ortofrutticola ha saputo intraprendere non è reversibile e non potrà che migliorare in futuro, pur nelle non poche difficoltà di dover coniugare in campa-gna elevati standard quali-quantitativi con discipline tecniche sempre più stringenti.La Rivista di Frutticoltura in questo fascicolo speciale affronta nuova-mente le tematiche sopra esposte con un approccio interdisciplinare, cercando di “leggere” l’argomento della sostenibilità delle produzio-ni ortofrutticole secondo diverse priorità: quelle mercantili, quelle dell’assistenza tecnica alle coltivazioni, quella dell’innovazione tecni-co-scientifica. Non senza estendere il punto di osservazione al settore agrumario, uno dei importanti in termini di superfici impegnate e vo-lumi di vendita targati “bio”. Miglioramento genetico-varietale, difesa fitosanitaria, nutrizione, sono tutti protesi all’incremento della qualità dell’offerta agrumicola italiana, nella convinzione che una maggiore attenzione alla salubrità del prodotto e alla riduzione degli input ener-getici immessi nel circuito produttivo siamo presupporti indispensabili per vincere una concorrenza sempre più aggressiva e organizzata.

U.P.

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Anno LXXVI - 3 Marzo 2014 - www.agricoltura24.com

DIRETTORE RESPONSABILE: Beatrice Toni

REDAZIONE: Francesco Bartolozzi, Dulcinea Bignami, Gianni Gnudi (capo redattore), Alessandro Maresca,

Giorgio Setti (capo redattore), Lorenzo Tosi

DIRETTORE SCIENTIFICO: Silviero Sansavini

COMITATO SCIENTIFICO: Silviero Sansavini (DipSA - Università di Bologna), Elvio Bellini (Università di Firenze), Tiziano Caruso (DEMETRA - Università di Palermo), Luca Corelli-Grappadelli (DipSA - Università di Bologna), Guglielmo Costa (DipSA - Università di Bologna), Walther Faedi (CRA - Unità per la Ricerca in Frutticoltura -

Forlì), Carlo Fideghelli (CRA - Unità per la Ricerca in Frutticoltura - Roma), Maria Lodovica Gullino (Agroinnova - Università di Torino), Paolo Inglese (DEMETRA - Università di Palermo), Cesare Intrieri (DipSA - Università

di Bologna), Markus Kelderer (Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale Laimburg - Bolzano), Filiberto Loreti (Università di Pisa), Valtiero Mazzotti (Direzione Generale Agricoltura - Regione Emilia-Romagna),

Carmelo Mennone (Alsia - Az. Sper.le Pantanello - Metaponto (Mt)) - Ugo Palara (Agrintesa Soc. Coop. - Faenza (Ra)), Carlo Pirazzoli (DipSA - Università di Bologna), Vito Savino (DPPMA - Università di Bari),

Agostino Tombesi (Università di Perugia), Massimo Tagliavini (Facoltà di Scienze e Tecnologie Agrarie - Libera Università di Bolzano), Raffaele Testolin (DISA - Università di Udine), Cristos Xiloyannis (Dipartimento

di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente - Università della Basilicata)

REFERENTI TECNICI: Ugo Palara, Giovambattista Sorrenti

SEGRETERIA DI REDAZIONE: Tel. +39 051/6575857 - Fax: +39 051/6575856 Piazza Galileo Galilei, 6 - 40123 Bologna - [email protected]

UFFICIO GRAFICO: Emmegi Group Srl

PROPRIETARIO ED EDITORE: New Business Media Srl SEDE LEGALE: Via Eritrea, 21 - 20157 Milano

STAMPA: Faenza Industrie Grafiche - Via Vittime civili di guerra, 35 - Faenza (RA)

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ROC n. 6553 del 10 dicembre 2001 - ISSN 0016-2310

Associato a:

ed è membro italiano di EUROFARM, l’associazione dei più importanti giornali periodici agricoli europei

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 20144

plesso del 13,6% (il settore alimentare vi avrebbe inciso per il 90,2%, di cui appena il 20% costituito da prodotti freschi, frutta e ortaggi, contro il 9,4% del biologico non alimenta-re). Tuttavia, la crescita del settore produttivo, nel triennio considerato, è stata alquanto inferiore oppure, in varie re-gioni, non c’è stata affatto, segno evidente che il mercato potrebbe essere stato alimentato da crescenti importazioni di prodotti bio. Ma, come precisa l’esperto R. Pinton, i dati sulle superfici biologiche includono anche parte di quelle soggette a misure agro-ambientali, per cui non ci può essere relazione diretta fra superfici e volumi di vendita delle pro-duzioni biologiche. Merita dunque conto una conoscenza, sia pure grossolana, della produzione estera, per sapere chi

sono i nostri “competitors”.Avvalendoci di un’accura-ta indagine (2013), l’unica accreditata sul piano stati-stico internazionale, con-dotta da quattro istituzio-ni qualificate (Ifoam, con sede in Germania; Fibl e Seco svizzere; Itc di Gene-va-USA e l’Ufficio comu-nicazioni di Biofach, nota manifestazione fieristica di settore che si tiene in Germania), si riporta una sintesi grafica (Figg. da 1 a 9) della ripartizione mon-diale delle superfici e del valore commerciale delle produzioni agricole biolo-giche, indicando anche le rispettive aree geografiche

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Nonostante la crisi che attanaglia l’agricoltura, il set-tore biologico, come è noto, registra una positiva, seppur limitata, crescita in tutto il mondo, Italia

compresa. Non è chiaro se ciò dipenda da una reale cresci-ta della domanda o se sia soprattutto frutto delle varie forme di incentivi a diversi livelli, offerti sia dall’Ue, sia dai singoli Paesi o Regioni (con contributi alla produzione attraverso i piani di sviluppo rurale o con aiuti alla promozione mer-cantile, alla costituzione di nuovi consorzi, ecc.).Secondo una recente indagine sui “canali di distribuzione commerciale del biologico” condotta da Nomisma e Sinab (Servizio informativo del Mipaaf), tra il 2010 e il 2012 le vendite di prodotti biologici sarebbero aumentate in com-

SpecialeFRUTTICOLTURA SOSTENIBILE

Fig. 1 - Superficie dei singoli gruppi di colture biologiche sul complesso delle produzioni organiche nel mondo (2010). Le figg. 1-7 sono state rielaborate da: Organic Agriculture Worldwide 2012 (FiBL - IFOAM, 2013).

Cereali 2,51

2010

2009

2,03Foraggi

0,64

0,5

0,47

0,3

0,29

0,27

0,26

0,22

0,19

0,12

0,0 0,5 1,0

Milioni di ettari

1,5 2,0 2,5 3,0

Caffè

Olivo

Piante oleaginose

Colture proteiche

Cacao

Ortaggi

Noci

Uva

Frutta tropicale e subtropicale

Frutta temperate (Pomacee e Drupacee) (ripartizione in fig. 2)

SILVIERO SANSAVINIDipartimento di Scienze Agrarie - Università di Bologna

Frutticoltura biologica: crescita lenta ma potenzialità in aumento

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014 5

premettere che in fatto di “biologico” non esistono verità assolute, tanto che anche le indagini pubblicate da riviste referenziate portano spesso a risultati, se non contrapposti, quanto meno aperti a dubbi interpretativi.

di provenienza. Da questi dati risulta che l’Italia è al 7° po-sto mondiale con 1,11 milioni di ha di colture bio, la cui incidenza sulla superficie coltivata è dell’8,7% (10° posto dopo Australia 12 Ml h, Argentina 4,3 Ml ha, USA con 2 Ml, Brasile 1,8, Spagna e Cina 1,4 Ml ciascuno); i produttori ita-liani, al 2012, erano circa 42.000. Il peso economico italia-no nel mercato globale non supera però il 3% (1.550 Ml €); l’Italia, sempre in valore del comparto, segna il quinto posto (il primato va agli USA con 20.100 Ml € seguiti dalla Ger-mania con 6.000 Ml €). In termini di consumo pro-capite siamo però in posizioni piuttosto arretrate in Europa, supe-rati da almeno dieci Paesi, a cominciare dalla Svizzera. Da notare che in Italia l’incremento del fatturato è aumentato in otto anni di 500 Ml €, molto meno di Germania e Francia (che hanno raddoppiato le vendite). Anche in Spagna la crescita è stata assai marcata, più che in Italia.A livello mondiale le specie arboree più diffuse, come su-perfici, sono caffè (24%) e cacao (13%), ma buona è an-che la posizione di olivo (18,6%), noci e altra frutta secca (9,9%), uva (8,2%) e poi agrumi e altre frutta (28,3%). Per quanto riguarda le varie specie in biologico, risulta che per l’olivo il primato mondiale spetta all’Italia con 141.000 ha (dati 2012), seguita da Spagna e Tunisia, molto distante la Grecia; per la vite è davanti la Spagna con 57.200 ha, l’I-talia è seconda con 52.300 ha e la Francia terza con >50.000 (dati 2010), men-tre per gli agrumi c’è una netta prevalenza italiana con 23.400 ha (dati 2012) seguita da Messico, USA e Spagna con oltre 5.000 ha ciascuna. Infine, a livello di specie da frutto tempe-rate, tutte assieme, l’Italia è al primo posto con 22.000 ha (dati 2012), seguita da Polonia (7.500 ha), Tur-chia (7.000 ha), Francia, Tunisia, Argentina, Cechia, Moldova, Cina con oltre 4.000 ha ciascuna. La spe-cie frutticola principale in coltura biologica (dati me-di mondiali) è il melo, con il 43% del totale, seguito da albicocco (7%), susine, pere, ciliegie, pesche, tut-te con incidenza intorno al 6%.Ciò premesso, e prescin-dendo dagli aspetti econo-mico-commerciali (oggetto della nota di Fabio Lunati), vorremmo considerare in questo articolo alcuni pro-blemi oggetto di un ampio e controverso dibattito sul-la stampa specializzata, ma anche sui media addetti al-la pubblica informazione. Purtroppo, pur attenendo-ci ad informazioni docu-mentate, dobbiamo subito

Fig. 3 - I dieci Paesi più importanti per l’agricoltura biologica (2011).

Fig. 2 - Ripartizione percentuale delle superfici di frutta temperate in coltura biologica nel mondo.

0,9

1,0

1,0

1,1

1,1

1,6

1,9

1,9

3,8

12,0

00 02 04 06 08 10 12 14

Uruguay (2006)

Germania

Francia

Italia

India

Spagna

USA (2008)

Cina

Argentina

Australia (2009)

Milioni di ettari

Fig. 4 - Incidenza percentuale delle superfici a colture biologiche all’interno di ciascuno dei dieci Paesi a più alto indice di biologico (2010).

8,7%

9,0%

9,4%

10,5%

11,4%

12,5%

14,1%

19,7%

27,3%

35,9%

00% 05% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40%

Italia

Slovacchia

Latvia

Repubblica Ceca

Svizzera

Estonia

Svezia

Austria

Liechtenstein

Isole Falckland (Malvines)

Mele

Albicocche

Susine

Pere

Ciliegie

Pesche/nettarine

Altra frutta

43%

7%6%6%

6%

5%

27%

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014 6

Vediamo di seguire un cer-to ordine. I punti da trattare sono i seguenti:1. rischi e problemi di col-tivazione e difesa, adegua-mento dei disciplinari;2. rese produttive;3. utilizzo di materiale ge-netico resistente o idoneo all’ambientamento;4. salvaguardia qualitativa del prodotto;5. problemi di controllo, certificazione e possibili frodi;6. ricerca e sviluppo pro biologico.1. Rischi. È provato che per alcune specie arboree la coltivazione biologica è

piuttosto difficile da realizzare. Lo dimostrano i dati pro-duttivi; fanno eccezione, in particolare, olivo, vite e agru-mi che, abbastanza frequentemente, possono fornire buoni risultati economici un po’ ovunque. Non così pomacee e drupacee, che presentano accettabili rischi di coltivazione solo in aree molto vocate, con bassa massa critica di pato-geni (es. meli in Val Venosta ad altitudine fra 400 e 900 m). Secondo le nostre esperienze, nella pianura emiliano-roma-gnola il rischio di perdita di prodotto per malattie è molto alto e anche la qualità ne può essere deprezzata per danni non soltanto estetici ai frutti. I disciplinari di produzione, per quanto ammettano preparati non sempre abbastanza efficaci (per es. composti rameici, polisolfuri e zolfi contro malattie fungine e batteriche, compost e prodotti organici per la fertilizzazione), non garantiscono di norma un pieno successo, ancorché si faccia uso ormai corrente di feromo-ni e della confusione sessuale contro i lepidotteri e, ove possibile, della lotta biologica con insetti utili (rilascio di antagonisti prodotti da bio-fabbriche).2. Rese produttive. Le rese unitarie sono più basse di quel-le convenzionali o integrate, anche se non vi sono danni nella difesa. Il calo produttivo può andare dal 10 al 30%, a

Fig. 6 - Distribuzione percentuale delle vendite (valore) di prodotti biologici nel mondo (2010).

3% 3%

4%

4%

8%

14%

45%

19% Svizzera

Italia

Canada

UK

Francia

Germania

USA

Altri paesi

La Conferenza Stato Regioni ha approvato nel dicembre scorso il Piano nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari in attuazione di quanto previsto dalla dir. 2009/128/Ce. Il Piano ha avuto una lunghissima gestazione da parte del Ministero

dell’Ambiente, insieme agli altri competenti: Ministero delle Politiche Agricole, Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico e Regioni. Paradossalmente, i tempi di discussione sono stati talmente lunghi, benché solo il Mipaaf abbia sentito il parere delle Organizzazioni Professionali Agricole, che il nostro Paese ha rischiato di vedere avviata la procedura d’infrazione da parte dell’Ue.

Il Piano, che dovrà ora essere adottato con decreto interministeriale, è piuttosto complesso e si spera non penalizzante per le imprese agricole. Il Piano, quindi, entra in vigore con più di un anno di ritardo a ridosso dell’obbligo previsto dalla citata Direttiva Ce di conversione, a partire dal 1 gennaio 2014, di tutte le imprese agricole convenzionate con la difesa integrata. È stato chiarito che dal 1° gennaio 2014 gli obblighi che si richiedono agli agricoltori sono quelli di accesso alle informazioni sulla difesa integrata, ai sensi del quale gli utilizzatori professionali di prodotti fitosanitari “applicheranno i principi generali della difesa integrata obbliga-toria” (vedi decreto legislativo n. 150/2012). A tal fine gli utenti devono disporre direttamente o avere accesso a: dati meteorologici; dati fenologici e fitosanitari forniti da una rete di monitoraggio e, ove disponibili, dai sistemi di previsione e avvertimento; bollettini territoriali di difesa integrata diffusi anche per via informatica dalle autorità competenti.

Come sempre accade, dovremo attendere l’emanazione di appositi decreti ministeriali nell’arco di 1-2 anni; per i conseguenti cambiamenti dovremo perciò attendere. Ma intanto la confusione...

Approvato il Piano nazionale per l’uso sostenibile dei fitofarmaci

Fig. 5 - I dieci Paesi col maggior numero di produttori biologici (2010).

27.877

41.807

43.096

85.366

85.366

123.062

128.862

188.625

400.551

0 50.000 100.000 150.000 200.000 250.000 300.000 350.000 400.000 450.000

Spagna

Italia

Turchia

Tanzania (2008)

Peru

Etiopia

Messico (2008)

Uganda

India

Numero di produttori biologici

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biologici in USA è in costante crescita, sebbene il prezzo per l’acquisto sia mediamente superiore del 30%.Ad analoghe conclusioni giunse qualche anno fa (e questa Rivista ne fece menzione) un’approfondita indagine ingle-se a livello della letteratura internazionale più accreditata. Anche all’Università di Bologna un ciclo triennale di speri-mentazione in campo di qualche anno fa su mele e pesche, oltre a confermare la scontata riduzione produttiva degli im-

prescindere dai maggiori oneri previsti dalla difesa o dalla gestione del suolo e dell’albero (non potendo usare erbicidi, bioregolatori, ormoni, concimi chimici, ecc.) o dall’uso di mezzi meccanici invece di quelli chimici (es. diradamento meccanico dei frutti). Di conseguenza, occorre che il prez-zo di vendita sia proporzionalmente più alto del normale. A volte, nonostante l’attestato di certificazione organica ben visibile per il mercato, i prezzi sono livellati con quelli dei prodotti convenzionali, e ciò può mettere a rischio il risul-tato economico dell’azienda. Le motivazioni ideali o quelle ecologiche e salutistiche di una parte dei consumatori spes-so non bastano per garantire facilitazioni nella vendita e quindi nella redditività della coltura.3. Qualità del prodotto. Questo è un tema controverso, perché non è affatto assodato, sul piano scientifico, che i prodotti biologici siano dotati di valore qualitativo supe-riore. I pareri sono diversi, anche opposti: secondo uno studio ministeriale condotto da CRA-Inran (Progetto Bio-qualia, 2013), la bibliografia internazionale sul confronto biologico-convenzionale (emersa dalla consultazione delle ricerche e sperimentazioni che vanno dal 2005 al 2011), indicherebbe che i prodotti biologici sono “qualitativamen-te superiori” per un maggior contenuto di vitamine, antios-sidanti (fenoli e carotenoidi) e sostanze salutari, almeno in frutta, ortaggi e latte. Un’altra indagine, condotta dall’Uni-versità di Palermo, ha poi dimostrato che la filiera biologica comporta un minore impatto sui costi energetici (specie se la filiera è corta, il cosiddetto km zero) e minori emissioni di gas serra, specie nella fase di distribuzione del prodotto. Dunque, tutto sarebbe a favore del biologico.Questi dati sono però contraddetti da approfondite indagini condotte in USA dagli studiosi di scienze alimentari del-la Stanford University e dal John Hopkins Children Center (2013), secondo i quali “non ci sono evidenze scientifiche che il cibo organico sia migliore dell’altro”. In modo altret-tanto esplicito è la conclusione sui valori nutrizionali dello stesso cibo: “non ci sono contenuti maggiori che rendano migliore il cibo naturale”. È però vero che la percezione psi-cologica dei genitori è più rassicurante verso le pappe bio-logiche e altri preparati bio e quindi la richiesta di prodotti

Fig. 7 - Classi percentuali di incidenza delle superfici a coltura biologica nei Paesi europei (2010).

Sono imprenditore agricolo, conduttore di una piccola azien-da a indirizzo frutticolo-cerealicolo; ho dapprima percorso

interamente e con convinzione la strada della lotta e produzio-ne integrata, raccogliendo appieno le indicazioni tecnico-pro-mozionali – incentivate anche dai PSR – della Regione Emilia-Romagna. Nei primi anni del Duemila ho deciso di convertire la mia azienda adottando il metodo dell’agricoltura biologica. Nel 2002 inizia, dunque, il mio percorso produttivo biologico su tutta la superficie aziendale che comprende due ha di frutteto investiti prevalentemente a pero”.

Sin dal primo anno la PLV è aumentata – grazie anche ad una fortunata contingenza di mercato con un prezzo pagato per l’Abate Fétel “bio” di 1,5 €/kg – ed è continuata a salire nelle annate successive, tanto che ad oggi i prezzi pagati per i prodotti biologici sono maggiori di circa il 30% rispetto a quelli da agricoltura convenzionale.

Verrebbe da chiedersi: la produzione è diminuita del 30%? La risposta è certamente no. Nel primi anni, a causa dell’ine-

sperienza e della mancanza di un equilibrio ecologico sia nel suolo che tra le popolazioni animali e vegetali presenti nel frut-teto, c’è stata una contrazione produttiva del 15%, compensata dai prezzi dei prodotti. Le siepi che circondano l’azienda erano, infatti, ancora in allevamento ed è servito tempo per compren-dere l’importanza della delicata sinergia tra terreno e ambien-te. Oggi posso affermare con convinzione che questa scelta ha avuto per me un incredibile valore da molti punti di vista, che vanno da quello economico-produttivo a quello “etico”. I vantaggi sono certamente un reddito maggiore – che consente all’azienda di vivere e di investire – la salubrità dei prodotti e i benefici che portano alla salute degli addetti e all’ambiente.

Il mio auspicio è che questo metodo di coltivazione continui a essere promosso e valorizzato – ad esempio con i contributi ai costi di certificazione – a tutti i livelli fino alle nuove scelte della PAC.

Lorenzo BoldriniPresidente CIA Ferrara

Un’esperienza di biologico: coltivatore soddisfatto

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pianti in biologico e l’insuf-ficienza dei mezzi di difesa consentiti dai disciplinari, non evidenziò particolari differenze nei parametri qualitativi dei frutti, salvo quelli dipendenti da fatto-ri agronomico-ambientali che, come ben sanno i tecnici, variano indipen-dentemente dal metodo di produzione (biologico / convenzionale) e possono riflettersi sulla qualità dei frutti (per es. rapporto fra numero dei frutti e pezza-tura, oppure carico produt-tivo e residuo secco rifratto metrico, ecc.). Carlo Petrini, da sempre assertore del valore ag-giunto delle colture biolo-giche, sostiene (2013) che le ricerche che dimostrano la “sostanziale equivalen-za” fra cibo biologico e tradizionale non lo soddi-sfano abbastanza, perché sono di tipo “riduzionista”: non basta infatti dire “cibo senza residui”, ma occorre considerare il molto di più Fig. 9 - Sviluppo del volume commerciale dei prodotti biologici in Europa (periodo 2004 - 2010).

Fig. 8 - Superficie (in ha) dell’agricoltura biologica in Europa (2010).

0

1.000

2.000

3.000

4.000

5.000

6.000

7.000

Ml €

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Germania

Francia

UK

Italia

Svizzera

Danimarca

Repubblica Ceca

Svezia

Turchia

Spagna 1.456.672

1.113.742

990.702

845.442

699.638

543.605

521.970

448.202

438.693

383.782

0 500.000 1.000.000 1.500.000 2.000.000

Italia

Germania

Francia

UK

Austria

Polonia

La crescente richiesta di prodotti biologici, oltre che dar luogo ad una revisione sostanziale delle tecniche di produzione e

di difesa in campo, ha imposto una corrispondente rivisitazione delle strategie di difesa durante la conservazione e distribuzione commerciale dei prodotti. La protezione post-raccolta è una fase molto critica della filiera in quanto molte delle alterazioni che si manifestano derivano da infezioni latenti contratte nel frutteto. Nel particolare caso delle colture biologiche l’indisponibilità di trattamenti chimici eradicanti determina incidenze di marciumi spesso elevate.

Numerose tecniche alternative per la protezione post-raccolta sono state proposte e saggiate. Fra queste, la lotta biologica me-diante microrganismi antagonisti è quella che indubbiamente ha richiamato maggiore attenzione e aspettative. Nonostante siano state prodotte numerose pubblicazioni, i risultati a livello opera-tivo sono modesti e nel mondo sono stati registrati solo otto mi-crorganismi antagonisti, ma nessuno in Italia. Una valida alterna-tiva potrebbe risultare l’impiego di sostanze naturali estratte da piante, funghi o derivate da processi fermentativi. Come noto, da millenni l’uomo utilizza spezie ed aromi per contrastare i micror-ganismi responsabili del deterioramento dei cibi e di tossinfezio-ni. Il principale ostacolo all’impiego di alcune sostanze naturali è rappresentato da sapori e odori anomali conferiti ai frutti. Pur es-sendo il processo di registrazione non meno lungo ed oneroso di quello per i fitofarmaci di sintesi, in Italia sono autorizzati o in via di autorizzazione alcuni composti quali, ad esempio, estratti da Melaleuca alternifolia (n.c. “Timorex Gold”), da semi di crucifere (isotiocianati), da Eugenia caryophyllata (chiodi di garofano, n.c. “Biox C”), che possiedono attività antifungina e antibatterica. È in via di valutazione l’attività di Biox C anche contro il riscaldo superficiale delle pomacee.

Accanto a questi, i mezzi fisici ed, in particolare, la catena del

freddo, costituiscono il cardine di tutte le strategie di protezione post-raccolta. Anche i trattamenti con acqua calda, grazie alla loro attività di eradicazione delle infezioni incipienti, sono risul-tati molto efficaci su mele, pesche, agrumi e meloni biologici, come evidenziato da nostre prove con un immersore semi-com-merciale. Tuttavia, solo un impianto che preveda il recupero del calore dissipato dalle centrali frigorifere, come avviene in molte industrie alimentari, potrà consentire di effettuare trattamenti con acqua calda economicamente sostenibili.

Altri mezzi fisici, come micro-onde, ultrasuoni e plasma po-trebbero costituire una valida tecnica per contrastare alcune in-fezioni, ma il loro costo industriale per ora non lo consente. Fra le tecniche utilizzabili sui prodotti biologici, per il contenimento di alcune alterazioni post-raccolta, quali ad esempio il riscaldo su-perficiale, meritano di essere menzionate l’atmosfera controllata dinamica e lo stress da basso ossigeno.

Tuttavia, a conclusione di questo breve nota, si vuole eviden-ziare che nessuno dei mezzi menzionati è in grado singolarmente di proteggere efficacemente i prodotti biologici, stante l’impossi-bilità di utilizzare trattamenti chimici specifici. Occorre adottare, oltre ad una idonea strategia di difesa in campo, un “approccio ad ostacoli” (“hurdle approach”) come suggerito ed applicato dai microbiologi alimentari; consiste nel frapporre fra i patogeni ed il potenziale ospite (frutto od altro prodotto vegetale) una serie di “ostacoli”, variamente combinati come, ad esempio, tratta-menti con calcio, acqua calda, disinfezione dell’acqua (ozono), sostanze naturali, silicato di sodio, atmosfera controllata a basso ossigeno o dinamica, confezioni in atmosfera protettiva, ecc.

Paolo BertoliniCriof, DipSA, Università di Bologna

Aspettative disattese nella protezione post-raccolta

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il biologico non riesce a sfondare. Il livello di “resilienza” del frutteto e del vigneto dovrebbe essere fondamentale per il successo. A differenza di altri Paesi europei (soprat-tutto Svizzera, Germania e Repubblica Ceca) nei quali il biologico si fa strada, più che da noi, in frutticoltura, grazie alle nuove varietà create a questo fine (cioè poco soggette a malattie, resistenti in particolare, per il melo, alla ticchiolatura, all’oidio e al “fire-blight”), in Italia gli

offerto sul piano ecologico dai prodotti naturali, perché col biologico l’approccio all’agricoltura è sistemico, in quanto coinvolge tutto l’ecosistema.Sul piano applicativo i produttori biologici lamentano però spesso che la visibilità e l’apprezzamento commerciale dei loro prodotti non siano sufficientemente tutelati dalla certi-ficazione, peraltro piuttosto costosa.4. Varietà resistenti. Purtroppo, questo è un fronte dove

Favorire l’aumento di complessità e di biodiversità negli eco-sistemi, mantenere e migliorare la fertilità del terreno, pun-

tando alla ricostruzione della frazione vivente del suolo, sono al-cuni degli obiettivi dell’agricoltura biologica. Nel perseguimento di tali obiettivi, la gestione biologica del frutteto deve valutare con attenzione aspetti che a volte sono considerati di intralcio o di difficile gestione, come la salvaguardia delle siepi e delle aree di riequilibrio ecologico, gli sfalci poco frequenti negli interfilari inerbiti, l’introduzione di sovesci sulla fila o tra le file, gli inter-venti fitosanitari eseguiti durante le precipitazioni.

Le scelte agronomiche aziendali, come l’individuazione di strategie di difesa diretta e di prodotti fitosanitari idonei, di me-todi di fertilizzazione, varietà e tecniche di potatura adeguate, la protezione di insetti impollinatori e di insetti nemici naturali dei fitofagi, si sono adeguate via via alle innovazioni agricole intervenute.

Le innovazioni introdotte di recente nella difesa dalle avver-sità biotiche in frutticoltura biologica sono diverse: utilizzazione dei sistemi decisionali (compresi i modelli di previsione) per la razionalizzazione dei tempi d’intervento; uso dei feromoni per la confusione sessuale; impiego di reti e di nematodi entomopato-geni per il controllo della Carpocapsa; utilizzo di esche protei-che a base di spinosad per il controllo delle mosche del ciliegio e dell’olivo; perfezionamento dei formulati per la riduzione dei dosaggi di rame.

Modelli previsionali, feromoni e reti protettiveL’impiego di modelli previsionali dello sviluppo dei principa-

li parassiti, insieme alla disponibilità di maggiori conoscenze sul ciclo biologico e di più affidabili informazioni sulla proba-bile evoluzione meteo-climatica fornite dai servizi di previsio-ne, permettono una tempistica degli interventi più razionale e adeguata alle esigenze di difesa dai fitofagi e patogeni. Il cor-retto posizionamento degli interventi in agricoltura biologica, come evidenziato nelle prove sperimentali, permette un netto miglioramento dei risultati della protezione, considerato che la maggior parte dei prodotti ammessi in agricoltura biologica è di copertura e pertanto i trattamenti devono essere preventivi.

Il metodo, che sfrutta la comunicazione tramite feromoni sessuali tra gli insetti è stato oggetto di studi che hanno per-messo un miglioramento della tecnica e l’applicazione a nume-rosi fitofagi. Feromoni di tipo diverso sono utilizzati per impedire l’accoppiamento di diverse specie, come carpocapsa, cidia del pesco, anarsia e tignoletta dell’uva. Ampie sono le superfici sulle quali è applicata la confusione, utilizzata anche in abbina-mento alla difesa diretta con i prodotti fitosanitari.

Le reti protettive anti-carpocapsa prevedono la copertura degli alberi per mezzo di una rete che avvolge i singoli filari op-pure l’intero appezzamento; in quest’ultimo caso si prolunga la rete antigrandine su tutti e quattro i lati. L’uso di reti, confrontato sia con la difesa biologica, sia con quella convenzionale, ha dimostrato un’efficacia elevata, soprattutto nel pero.

Nematodi entomopatogeni, esche e vibrazioni sonoreUn altro contributo alla riduzione delle popolazioni di C. po-

monella può essere fornito dalle applicazioni di nematodi en-tomopatogeni delle specie Steinernema feltiae e Steinernema carpocapsae. La migliore strategia prevede la distribuzione di

nematodi entomopatogeni con le comuni attrezzature aziendali, in autunno, per eliminare le larve svernanti della carpocapsa.

L’utilizzo di esche proteiche a base di spinosad per il con-trollo della mosca della frutta, della mosca del ciliegio e della mosca dell’olivo è un sistema di difesa costituito da un’esca proteica attrattiva distribuita a dosi ridotte direttamente sulla ve-getazione. L’esca contiene spinosad, una sostanza naturale ad azione insetticida, prodotta da un batterio presente in alcuni tipi di terreni. Lo spinosad, mescolato a stabilizzanti e attrattivi alimentari proteici, ha dato origine ad un prodotto (“Spintor Fly” e “Tracer Fly”) che agisce sulle mosche con elevata efficacia. Il prodotto è registrato in Italia per essere impiegato su diverse colture, tra cui agrumi, olivo e kaki. Nel corso del 2013 il Mini-stero della Salute ha concesso l’autorizzazione eccezionale per 120 giorni su ciliegio per la difesa da Rhagoletis cerasi.

Tra le prospettive di innovazione tecnologica, un nuovo me-todo di lotta biologica contro il vettore della Flavescenza dorata della vite, Scaphoideus titanus, è stato sperimentato con suc-cesso presso l’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige: si tratta di perturbare la comunicazione sonora che avviene in natura fra insetti della stessa specie. L’insetto maschio rimane confuso e non si accoppia a causa delle vibrazioni riprodotte artificial-mente dall’uomo a simulazione di quelle prodotte in natura dal torace del maschio in vicinanza della femmina.

Riduzione dei dosaggi di rameDa tempo il rame come prodotto fitosanitario è oggetto da

parte delle industrie di un intenso perfezionamento tecnologico, che ha portato a una sostanziale riduzione dei dosaggi e conse-guentemente anche dei periodi di sicurezza. Anche l’agricoltura biologica ne ha beneficiato, soprattutto in settori diversi dalla frutticoltura, ma con riflessi positivi riguardo all’inquinamento ambientale per tutte le colture.

Pierangela Schiatti - Giovanna Galvagni Collaboratrici ProBER - Bologna

Innovazioni nella difesa in frutticoltura biologica

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014 10

gante, ma in pratica il 90% circa dei frutticoltori biologici preferisce orientarsi sulle varietà ufficiali della lista varie-tale e non sulle resistenti. Forse occorrerebbero incentivi pubblici ed un’attività promozionale in campo e mercan-tile, che nessuno dei grandi distributori (comprese GDO) vuole affrontare.5. Controlli e frodi. Il biologico, in Italia, ha dovuto supera-re vari, grossi contraccolpi mediatici, scandalistici, ovvero

impianti che adottano il biologico sono in genere costituiti con varietà tradizionali, perché i frutti sono ben ricono-scibili e richiesti dal mercato (ovviamente sono anche più suscettibili alle malattie in genere). Non vale più ormai il vecchio luogo comune che, almeno per il melo, le varietà cosiddette resistenti (e sono ormai tante) sono meno belle e meno buone. È dimostrato che, specialmente a livello di mele rosse, il miglioramento genetico ha fatto passi da gi-

Il mercato offre una moltitudine di concimi organici commerciali con differenti prezzi e

diverse composizioni. Le formulazioni spa-ziano dal liquido al polverulento fino al pel-lettato. I materiali di partenza possono aver origine vegetale o animale o derivare da loro miscele. A causa dei differenti processi di lavorazione cui sono sottoposti e delle loro diverse caratteristiche o formulazioni, risul-tano difficilmente valutabili e quantificabili sia il momento di intervento che la modalità di rilascio delle sostanze nutritive.

L’approvvigionamento di azoto delle piante gioca un ruolo centrale in tutti i tipi di coltivazione, soprattutto in primavera al-la ripresa vegetativa. Per poter fornire una sufficiente quantità di azoto prontamente assimilabile è quindi fondamentale poter di-sporre di esaurienti informazioni in merito al rilascio dell’elemento da parte dei concimi organici. Certamente, il processo di minera-lizzazione dell’azoto non è influenzato solo dal rapporto C/N, dal tipo e dalla qualità dei legami azotati o dalla formulazione dei con-cimi, ma anche dalla temperatura, dal grado di umidità del terreno, dal pH e dall’attività edafica dei microrganismi presenti nel suolo.

Già da 5 anni, gli operatori del settore “Agricoltura Biologica” e del laboratorio di chimica del Centro di sperimentazione agra-ria di Laimburg sono impegnati nell’analisi e nella valutazione di alcuni concimi organici prendendo in esame diversi punti di vista. Un punto focale di questa ricerca sperimentale è la giusta scel-ta del concime e l’ottimizzazione delle strategie di nutrizione. Oltre a ciò, si è preso in esame la quantità e la velocità di mi-neralizzazione dell’azoto disponibile per le piante presenti nei concimi. La mineralizzazione nel breve e nel lungo periodo di prodotti innovativi e anche di concimi comunemente utilizzati in ambito locale è stata posta a confronto con quella di fertilizzanti presenti sul mercato e di origine minerale. Nel corso delle prove sono state inoltre acquisite informazioni supplementari sull’ul-teriore approvvigionamento di sostanze nutritive attraverso la concimazione, sulle modifiche della salinità e del pH del terreno e sul contenuto in metalli pesanti dei prodotti.

Inizialmente è stato sottoposto ad osservazione l’andamento della mineralizzazione dell’azoto per la durata di 60 giorni di circa 50 diversi concimi presenti sul mercato (Tab. 1). Il proces-so di mineralizzazione è stato seguito in laboratorio a differenti temperature (8 e 16 °C). In una successiva prova, una serie di prodotti è stata valutata con il medesimo obiettivo per la durata di 120 giorni. Parallelamente a ciò, è stato registrato il compor-tamento della mineralizzazione in diversi tipi di terreno. Ulteriori informazioni in merito possono essere ottenute visitando il sito www.laimburg.it.

Nella fase di scelta del concime è importante tener conto dell’obiettivo che si intende conseguire, vale a dire se esso deb-ba garantire un rapido apporto di azoto e/o se abbia il compito di rilasciare altri importanti elementi nutritivi. Confrontando il prezzo dei concimi, si dovrebbe considerare, accanto a quello per unità azotata, anche il potenziale di mineralizzazione dello stesso elemento, tipico di ogni prodotto. Si consiglia questa valutazione sulla base dei risultati delle sperimentazioni con-dotte, secondo le quali solo una parte dell’azoto contenuto nei concimi è prontamente disponibile. L’evaporazione nell’aria e la fissazione nel terreno sono parametri di cui tener debito conto.

In caso di miscele di prodotti è altresì consigliabile valutare l’origine dei materiali di partenza ed il tipo di trasformazione alla quale sono stati sottoposti, per poter avere informazioni utili sulla qualità del prodotto stesso e contenere ulteriori gravami a causa, ad esempio, della presenza di metalli pesanti. Secondo i risultati finora ottenuti nelle prove in pieno campo, è possibile concludere che la strategìa di concimazione può giocare un ruolo determinante nello sviluppo delle piante e per la resa di una coltura.

Markus Kelderer - Anne ToppCentro di Sperimentazione Agraria e Forestale di Laimburg - Bz

Azoto organico: fondamentale conoscerei tempi di mineralizzazione

TAB. 1 - MINERALIZZAZIONE DELL’AZOTO NELLE PRIME DUE SETTIMANE E DOPO 60 GIORNI DALL’INIZIO DEL PERIODO DI INCUBAZIONE ALLA TEMPERATURA DI 8 °C

ProdottiMineralizzazione

dell’N dopo 7 e 14 gg a 8°C (%)

Mineralizzazione dell’N dopo 60 gg a 8 °C

(%)

Nutristart 56,0 57,2

Liquame da biogas Aldino 37,7 39,9

Liquame da biogas Prato allo Stelvio 36,2 37,4

Emosan 35,6 42,0

Guanito 33,0 44,3

Sangue atomizzato 27,9 39,5

Ecolverdepiù 21,6 30,3

Ecolenergy 21,3 36,2

Italpollina 19,8 25,0

Panellodi ricino 16,6 27,5

Azocor 105 11,1 27,6

Bioilsa 10 export 10,9 23,9

Compost misto vegetale + letame 0,4 0,8

Letame fresco 0,1 -0,4

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venzione delle malattie; poi, sarebbe opportuno diffondere nuove varietà create appositamente, dopo averne saggiato le caratteristiche qualitative e commerciali, l’adattabilità ambientale allo stress e alle avversità, valutandone anche le modalità di coltura. Con queste saranno modificate e ottimizzate anche la gestione del suolo e il governo degli alberi (attraverso idonee tecnologie di fertilizzazione e irri-gazione insieme) e le operazioni del post-raccolta sui frutti; si vedano i pareri e le speranze espresse da diversi esperti nei box allegati a questo articolo. Pertanto, senza sostegno alla ricerca non potremo risolvere i problemi del biologi-co in prospettiva futura; dovranno essere escogitati nuovi mezzi, magari rivoluzionari, come lo sono stati in passato il Bacillus thuringiensis (sul mercato da oltre sessant’anni) e i feromoni usati ormai ovunque con successo, sia per il monitoraggio, sia per le trappole della confusione sessuale (vedi lotta a Carpocapsa e Cidia).Si può immaginare anche qualcosa di più: il novero dei mezzi biologici della difesa (biocidi e biopesticidi) potreb-be arricchirsi di nuovi preparati derivati da applicazioni biotecnologiche che, però, almeno concettualmente, in prima istanza saranno. verosimilmente rifiutati. Non sarà facile, cioè, ammettere l’immissione fra i mezzi biologi-ci di prodotti non squisitamente tali secondo l’accezio-ne corrente. Ci possiamo anche chiedere: qualora siffatti mezzi “organici” fossero capaci di combattere popolazio-ni di insetti o di patogeni (non altrimenti controllabili con gli attuali mezzi tradizionali di difesa), senza modificare la biodiversità ambientale e senza lasciare residui, quali decisioni sarebbero prese a livello politico-organizzativo? Aspettiamo per vedere.

la scoperta da parte di Carabinieri e Guardia di Finanza di colossali frodi, fra cui ricordiamo qui quella del 2011 e l’altra più recente del 2013. In entrambi i casi si trattava di grossi quantitativi di prodotti, soprattutto cereali, ma anche di prodotti ortofrutticoli, falsamente spacciati per biologici, mentre non lo erano. Queste grosse truffe, purtroppo, sono avvenute per il mancato pieno funzionamento dei controlli nei confronti dei quali le associazioni di categoria dei pro-duttori biologici si ritengono vittime (es. leggansi le dichia-razioni del dr. Paolo Carnemolla dell’Aiab), rivendicando maggiore severità ed efficienza per chi deve fare rispettare la legge. Queste carenze, perciò, vanno a danno di chi ope-ra onestamente. Finora lo strumento dei marchi di garanzia non è riuscito a dare sufficiente copertura e non è bastato a prevenire le contraffazioni. Circa l’utilizzo dei marchi ed il loro livello di fidelizzazione indotto nei consumatori ri-mandiamo allo scritto di Claudio Scalise in questo stesso numero. 6. Ricerca e sviluppo. Il futuro del biologico si giocherà sul terreno delle nuove tecnologie e sono molti i centri di ricerca che, in Europa e nel mondo, lavorano a questo fi-ne; la soluzione non può pertanto essere quella del ritorno all’antico, alla naturalità colturale e genetica del passato e nemmeno quella basata sul solo uso dei mezzi di produ-zione ammessi dagli attuali disciplinari di difesa (es. solfato di rame e polisolfuri) e relative tecniche di concimazione (letame, residui organici, compost, ecc.). Sono quindi ne-cessari e attesi nuovi supporti tecnici per le future scelte del biologico.Intanto, è fondamentale arrivare presto ad un miglior uso dei mezzi disponibili e delle tecniche di protezione e pre-

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Tecnica SPECIALE FRUTTICOLTURA SOSTENIBILE

FABIO LUNATINomisma – Bologna

La crescente sensibilità dei consumatori europei verso il rispetto ambientale e le filiere produttive meno impattanti e rispettose della salubrità alimentare contribuiscono ovunque a trascinare in alto consumi di prodotti organici.GDO e negozi specializzati si contendono il primato delle vendite. Non solo prezzi bassi è il nuovo appeal dei discount.

In Europa la sostenibilità avvantaggia l’ortofrutta biologica

Uno dei più importanti trend in corso nel settore della distri-buzione alimentare europea è

il passaggio verso un sistema di scam-bio dei beni sempre più sostenibile, cioè in grado di coniugare contem-

lungo la filiera. In linea di principio, le azioni possono dunque essere di natura diversa a seconda del Paese membro, della categoria merceologi-ca, e, se il prodotto è importato, della provenienza. Nel caso dei prodotti d’oltremare (cioè importati da Paesi extra-comunitari lontani), il concetto di sostenibilità può infatti anche ve-nire declinato in termini etici come un’equilibrata ripartizione dei gua-dagni lungo la filiera (“fair trade”), la garanzia di condizioni di sicurezza nel lavoro ed il divieto di ricorrere a manodopera minorile.

Una testimonianza di come con-cretamente un approccio sostenibile al commercio dei beni di largo consu-mo (alimentari e non alimentari) venga messo in pratica in Europa nel settore della distribuzione al dettaglio (“re-tail”) si può avere analizzando i risul-tati del Reap (“Retailers’ Environmental Action Plan” - Piano di azione ambien-

poraneamente esigenze ambientali e sociali, in una cornice di efficienza economica dell’attività d’impresa. Nei supermercati di tutta l’Ue, dove frutta ed ortaggi freschi sono una del-le più importanti categorie merceolo-giche dell’assortimento alimentare, le modalità di vendita riflettono dunque sempre più alcune aspettative della società civile, che si rispecchiano poi in quelle della clientela.

La Gdo, che in Europa è il più importante canale commerciale al dettaglio per i prodotti alimentari, è dunque da tempo impegnata ad ade-guare le proprie politiche di acquisto e distribuzione a principi di soste-nibilità. In concreto, la sostenibilità può però essere declinata in vari mo-di, che spaziano dall’uso di imballag-gi riutilizzabili, ad un’organizzazione dei trasporti intermodali che riduca i livelli di CO2 emessa, fino ad azio-ni volte a ridurre gli sprechi di acqua

Fig. 1 - Italia: vendite di frutta bio presso la Gdo (.000 €).

0

5.000

10.000

15.000

20.000

25.000

30.000

35.000

40.000

Frutta fresca Frutta secca Frutta di IV gamma

2007

2012

Fonte: elaborazioni su dati Nielsen

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TAB. 1 - ELENCO DELLE AZIONI AMBIENTALI CON AL CENTRO PRODOTTI BIOLOGICI

Insegna Categoria Descrizione dell’obiettivo Orizzonte temporale Copertura geografica

Colruyt Cosa vendereLavorare su progetti di alimentazione bio nel settore delle carni

in corso (*) Belgio

Delhaize Group Cosa vendereContinuare a sviluppare la gamma di prodotti biologici

in corso (*) Romania, Belgio

EuroCoop - ANCC/Coop Italia Cosa vendere Vendere prodotti alimentari biologici in corso (*) Italia

EuroCoop - Coop Norway Cosa venderePromuovere le vendite di prodotti biologici con sconti su frutta e verdura bio

in corso (*) Norvegia

EuroCoop - S Group Cosa vendereAmpliare la gamma di prodotti biologici a “private label”

in corso (*) Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia

* al 16/12/2013Fonte: Elaborazione su dati REAP

La Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) ha oggi un ruolo importante nell’attività di distribuzione dei prodotti

alimentari, anche di quelli ortofrutticoli. In questo settore nel tempo la Gdo si è sviluppata a discapito di altre tipo-logie commerciali (negozi specializzati, mercati rionali e venditori ambulanti), grazie ad un modello commerciale più

-presentata dal discount, una tipologia di vendita che però è comparsa e si è diffusa in Italia solo a partire dal 1993. Concettualmente, il discount si distingue da resto della Gdo (iper, superstores, supermercati, piccoli supermercati di vicinato) per una diversa idea di logistica, approvvigiona-mento, selezione dei fornitori e presentazione del prodotto: personale ridotto, attrezzature espositive semplici, per la rapida rotazione degli stock ed organizzazione spartana del “layout, per dare ai clienti solo i servizi indispensabili. In particolare, nell’impostazione di derivazione tedesca (“hard discount”) l’assortimento deve essere rigorosamente limi-tato ai prodotti confezionati con una presenza cospicua di “private label”. In questo modo il discount riesce a posizio-narsi su livelli di prezzo più bassi dei concorrenti sull’intera gamma alimentare.

Negli anni novanta molte insegne della Gdo, per frenare l’espansione di questo tipo di concorrenza in determina-ti bacini di consumo, hanno aperto un proprio canale di-scount. Per l’ortofrutta fu però introdotta una formula ibrida di gestione incerta tra convenienza dei prezzi e il servizio alla clientela: il reparto riproduceva l’atmosfera del merca-tino rionale, però mantenendo le caratteristiche del libero servizio (prodotto sfuso in bins od in cassette, bilancia e guanto di plastica per la vendita self-service). Si trattava

-provvigionamento dell’ortofrutta con la vera logica del di-

discount erano in realtà piccoli supermercati adattati come i discount: scatolame al centro e banchi a servizio sulle pareti laterali.

I discount specializzati che hanno aperto in Italia, cioè le insegne monocanale della Gdo, hanno comunque svilup-pato una proposta commerciale meno spartana (“soft di-

scount”) rispetto al modello tedesco. La politica di riduzione dei costi è stata meno marcata ed era possibile la presen-za anche di alcuni prodotti a peso variabile. Tuttavia, alla categoria dell’ortofrutta fresca veniva sempre assegnato un ruolo di completamento della gamma. Frutta ed ortaggi erano disponibili solo in assortimento limitato, in confezio-ni familiari e circoscritti ai prodotti con una forte rotazio-ne (mele, kiwi, patate, banane, ecc..). Dal punto di vista qualitativo – pezzatura, varietà e provenienza – il prodotto veniva offerto in funzione delle aspettative di una clientela di reddito medio-basso. Nel corso del tempo il discount è poi diventata una presenza normale nel panorama della

clientela.Negli ultimi anni anche questa tipologia sembra però es-

sere entrata in una fase nuova del ciclo di vita che può es-sere interessante analizzare per meglio capire le possibili ricadute positive per l’ortofrutta. All’estero, la politica dei discount oggi punta ad attirare nuova clientela anche dalle fasce di reddito più alte. In particolare, Aldi, Lidl, Penny Market (Rewe) e Leader Price (Casino) hanno tutti lanciato linee di prodotti “bio & fairtrade”. La scelta rientra in una più generale strategia che ha lo scopo di dirottare il consumo dalle marche industriali alle “private label” ad alto valore aggiunto. In Germania, nel 2013, le vendite a “private la-bel” presso i discount hanno raggiunto il 70% del totale del canale; quelle di prodotti PL con alto valore aggiunto sono salite al 26%. D’altra parte, il consumatore tedesco trova naturale acquistare prodotti biologici nei discount, dove nel 2013 si è recato con soddisfazione il 64% di coloro che acquistano regolarmente alimenti bio.

Tra i principali “discounter” (Eurospin e Lidl, monoca-nale; Lombardini e Rewe, con le insegne) che operano in Italia, alcuni puntano a migliorare il proprio “appeal” presso i consumatori attraverso una diversa politica di assortimen-to. In prospettiva, questa circostanza potrebbe aprire spazi anche all’ortofrutta biologica, che oggi occupa una posi-zione rilevante in questo segmento sia come presidio del mercato (73% degli acquisti bio delle famiglie nel 2011), sia per immagine.

Il bio cambia volto al discount

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mento della gamma “food” ai prodotti bio, fino ad arrivare alla promozione delle vendite con sconti sulla frutta biologica (Coop Norway). Di questi 28 obiettivi, la tabella 1 riporta quel-li che sono ancora in corso di realiz-zazione e per il cui raggiungimento è stata fissata una scadenza successiva al 2013.

L’analisi degli obiettivi dichiarati dalla Gdo dimostra che la scelta stra-tegica di un modello di commercio sostenibile dei beni di largo consumo (“food e non food”) crea ulteriore in-teresse per le produzioni biologiche. Questo interesse proviene da tutte quelle insegne per le quali i requi-siti di sostenibilità sono considerati un cambiamento imposto dal mutato ambiente competitivo. Questa circo-stanza può divenire molto importante per dare impulso alle vendite di pro-dotti biologici presso la Gdo italiana, in particolare anche presso tipologie dove il bio non è mai stato presente in precedenza. Infatti, nel nostro Paese il biologico alimentare incide intorno all’1,5-2,5% sul fatturato della Gdo ed il canale di commercializzazione più importante rimane quello del det-taglio specializzato (27 contro 44% dei consumi nazionali nel 2011). Nel 2012, il giro d’affari della frutta con-fezionata presso la Gdo era stimabile in circa 45 milioni di euro, l’80% dei quali riconducibile alla frutta fresca ed il restante 20% rispettivamente al-la IV gamma e alla frutta secca. Nel complesso il giro d’affari della frutta bio ha fatto registrate una crescita del 58% sul canale della Gdo.

L’impressione è che ovunque l’or-tofrutta biologica possa trarre vantag-gio da questa rinnovata attenzione per la sostenibilità. In tal senso, con riguardo alla sola filiera ortofruttico-la, va segnalato il patto siglato a metà del 2012 tra tutti i principali super-mercati, società commerciali ed or-ganizzazioni non governative dell’O-landa, che si sono impegnati a garan-tire che il 100% della frutta e verdu-ra fresca nei supermercati olandesi venga prodotta in modo sostenibile entro il 2020 (con l’obiettivo interme-dio del 30% entro il 2014 e del 50% entro il 2015). Questa alleanza copre praticamente l’intero settore ortofrut-ticolo (90% del volume di vendita al dettaglio). Per gli operatori italiani la capacità di capire per tempo come evolve la scala dei valori nel mercato dell’Ue è una necessità per rimanere competitivi.

progetto è stata volontaria ed aperta a tutte le insegne della Gdo europea. In una “matrice dei punti di azione ambientale” sono stati elencati e sin-teticamente descritti tutti gli obiettivi perseguiti dalla Gdo e volti a miglio-rare l’impatto dell’attività distributiva sull’ambiente. In complesso, sono sta-ti monitorati 547 impegni a migliorare la sostenibilità (ripartiti tra una trenti-na di insegne diverse) raggruppati in tre categorie che hanno interessato: il cosa vendere (178); il come vendere (246); il come comunicare (123).

Nella categoria del “cosa vende-re” sono stati 110 (il 20% del totale) gli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale realizzati con un interven-to sull’assortimento (per il resto si è puntato su packaging, efficienza ener-getica, informazione e logistica) e 28 di essi hanno coinvolto, a vario titolo, le produzioni o gli alimenti biologici. In particolare, alcuni impegni hanno espressamente riguardato l’amplia-

tale del dettaglio moderno), un proget-to lanciato nel 2009 dalla Commissio-ne Europea. Alla base di questa inizia-tiva c’è l’idea che il moderno dettaglio (Gdo) possa dare un contributo fonda-mentale nel diffondere un sistema di produzione e consumo delle merci più sostenibile. In particolare, gli impegni ambientali dei rivenditori che hanno aderito al progetto si ritiene possano accelerare il processo di diffusione dei meccanismi di sostenibilità in tutta l’Ue, se portati a conoscenza anche di tutti gli altri operatori.

In questa logica è nata una piat-taforma “multi-stakeholder” per fare conoscere le migliori azioni (“best practices”) attivate in materia di soste-nibilità, sul medio-lungo periodo, dal “retail” europeo. Questa banca dati consente di identificare le opportunità e gli ostacoli che possono ulteriormen-te accelerare o rallentare il percorso verso un sistema distributivo com-pletamente sostenibile. L’adesione al

Fig. 2 - Cresce la presenza di prodotti ortofrutticoli biologici presso i discount, in Italia e all’estero.

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Tecnica SPECIALE FRUTTICOLTURA SOSTENIBILE

ROBERTO PINTONAssoBio - Bologna

La vivacità del mercato dei prodotti biologici vede una domanda in costante crescita che però la produzione fatica a soddisfare, perché non sempre sufficientemente organizzata. Servono azioni commerciali supportate da filiere produttive ben strutturate, capaci di incontrare le diversità alimentari, degli stili di vita, delle tendenze d’acquisto di consumatori sempre più evoluti ed esigenti. Fino ad inventare nuovi modelli di “retail”.

I canali specializzati nelle vendite bio battono la grande distribuzione

Tra gli elementi che complicano le valutazioni economiche sul mercato biologico pesa l’arti-

colazione particolare dei suoi cana-li distributivi. A differenza di quan-to accade, per esempio, nei Paesi scandinavi, in Austria e Svizzera e, in misura minore, in Germania e Fran-cia (per rimanere nel Vecchio conti-nente), in Italia il principale canale del “retail” non è rappresentato dalla grande distribuzione, i dati dei cui scanner possono fornire informazioni abbastanza dettagliate.

La quota maggiore di fatturato è, infatti, generata dal canale specializ-zato, composto da circa 1.200 punti vendita, circa 300 dei quali contano su una superficie superiore ai 200 mq (secondo l’Osservatorio Sana-Nomi-sma 2013, in media 310 mq). L’am-piezza media della gamma va dalle 1.500 referenze dei punti vendita di superficie inferiore a 200 mq, alle

mo negozio interamente biologico nel 12° “arrondissement” di Parigi; in Svizzera Coop offre una gamma bio-logica di 1.600 referenze; nella cate-na danese Irma oltre il 29% del fattu-rato deriva da prodotti biologici), sia che il forte consumatore di prodotti biologici, pur approvvigionandosi in una pluralità di luoghi d’acquisto, ha come punto vendita di riferimento il

3.200 per quelli di maggiore dimen-sione.

Se si considera sia che negli iper e supermercati italiani, a differen-za di quanto accade nelle principa-li catene estere, raramente l’offerta supera i 300 articoli nel complesso delle categorie (in Francia Carrefour gestisce 2.000 referenze biologiche e l’anno scorso ha inaugurato il pri-

Sinergie tra Brio, specialista di ortofrutta, e Alce Nero, tra i marchi più noti del comparto biologico, ma privo di una linea di prodotti freschi. Nel 2013 l’azienda

veronese ha fornito ad Alce Nero una serie di referenze contraddistinte da nomi di fantasia come Rugginella, Montana-ra, Crocchia, Rossella e Spicchia che ha chiuso l’anno con vendite per 6.300 quin-tali e circa 1,5 ML di euro.

Sinergie tra specialisti

Linea di prodotti biologici preparati da Brio per Alce Nero.

Gaetano Zenti della Coop. “La Primavera” di Verona in un campo di fragole bio.

TAB. 1 - ANDAMENTO DELLE SUPERFICI FRUTTICOLE NEL PERIODO 2008/12 IN ITALIA (ETTARI)

2008 2009 2010 2011 2012 Conversione Biologico

Frutta 26.094 23.318 22.196 23.237 23.033 6.387 16.645

Frutta a guscio 17.331 26.059 27.488 27.839 30.071 7.108 22.963

Agrumi 24.531 32.106 23.424 21.940 25.340 6.048 19.292

Totale 67.956 81.483 73.108 73.016 78.444 19.543 58.900

Fonte: elaborazione dati Sinab

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i consumi domestici nella sola Gdo sono aumentati del 26,5%. Concor-renza dall’estero? Si è no. È vero che l’entità degli acquisiti intracomuni-tari, che non sono distinti da codici doganali specifici che li differenzino da quelli di prodotti convenzionali, non è rilevabile, ma è anche vero che non si ha evidenza di una significati-va presenza di frutta estera, almeno sul mercato domestico al consumo.

ettari di agrumi (19.292 e 6.048). Le superfici a fragole sono invece com-prese nei 21.336 ettari di orticole; il dato non comprende l’uva da tavola, che nelle rilevazioni ministeriali non è distinta da quella a uso vinicolo.

L’andamento delle superfici non sembra congruo con quello delle vendite: a parte il picco del 2009, si sono mantenute sostanzialmente costanti, mentre nello stesso periodo

negozio specializzato, è intuitivo che lo scontrino biologico è più pesante in quest’ultimo.

Anche se sono presenti due catene principali (“NaturaSì”, con 113 punti vendita in proprietà e in “franchising”; ”Biobottega”, con 12 punti vendita in Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta, più uno a Lecce) e la rete “Cuorebio” promossa da Ecor NaturaSì (con po-co meno di 300 negozi associati), in prevalenza si tratta di imprese indi-pendenti, i cui fatturati non sono esat-tamente rilevabili. Così, se sappiamo che per le casse della Gdo nel 2012 è passata frutta fresca confezionata a peso imposto per 35,6 milioni di euro (+1,7% sul 2011; 4,68% della catego-ria; 6,03% delle vendite biologiche), frutta di quarta gamma per 0,72 Ml e frutta secca a peso imposto per 8,76 Ml (fonte AcNielsen), il valore del-le vendite nel canale specializzato è sfuggente e può essere solo stimato prudenzialmente in 66,2 milioni di euro per la frutta fresca e 21 Ml per frutta secca e a guscio.

A questi valori devono aggiunger-si quelli generati dalle vendite diret-te, canale da non sottovalutare, dato che interessa oltre 1.300 agricoltori, ai quali si aggiungono altri modelli di vendita meno tradizionali come gli schemi di abbonamento con conse-gna a domicilio (Agricoltura Nuova, Agrispesa, Biobox, Bioexpress, Bio-kistl Südtirol, Biorekk, Biosee, Il buo-nessere, Mangiotuttobio/Prober, Orto e gusto, Porta Natura) e i gruppi d’ac-quisto, galassia informale di ancor più ardua definizione (si stima siano circa 1.200, di cui circa 200 a Milano e “hinterland”, circa 160 a Roma).

Se Ismea/Eurisko anticipano che nei primi dieci mesi del 2013 i con-sumi domestici di prodotti ortofrutti-coli biologici confezionati nella Gdo sono incrementati dell’8,6% rispetto al pari periodo dell’anno precedente, i dati produttivi 2013 non sono anco-ra disponibili (l’albo biologico nella piattaforma del Sistema informatico agricolo nazionale presenta il solo elenco anagrafico degli operatori bio, ma non dettagli sulle superfici e gli orientamenti né, tantomeno, le rese). Nel 2012 erano in regime di con-trollo 23.033 ettari a frutteto (“frutta da zona temperata”, “frutta da zona subtropicale”, “piccoli frutti”), di cui 16.645 già classificati come biologici e 6.387 in fase di conversione, 30.071 ettari di frutta a guscio (22.963 biolo-gici e 7.108 in conversione), 25.340

Fig. 1 - Vendite di ortofrutta biologica in Gdo.

TAB. 2 - SAU FRUTTICOLA BIOLOGICA NEL 2012 IN ITALIA (ETTARI)Regione SAU totale Frutta Frutta a guscio Agrumi Totale frutta

Sicilia 193.352 2.512 7.769 12.241 22.522

Calabria 119.720 1.900 1.376 10.164 13.440

Puglia 171.122 3.551 5.141 1.565 10.257

Campania 24.862 791 6.374 74 7.239

Lazio 91.920 1.658 4.971 5 6.634

Basilicata 44.392 1.761 130 1.160 3.051

Piemonte 29.306 1.331 1.587 2.918

Emilia-Romagna 81.511 2.002 599 1 2.602

Toscana 90.997 1.226 1.313 10 2.549

Veneto 17.094 2.022 12 2.034

Trento e Bolzano 11.240 1.828 178 2.006

Sardegna 13.2219 466 83 118 667

Lombardia 19.000 541 29 570

Marche 52.939 319 133 452

Abruzzo 27.666 335 104 2 441

Umbria 46.957 203 131 334

Molise 4.823 288 17 305

Friuli Venezia Giulia 3.567 259 8 267

Liguria 3.023 33 116 149

Valle d'Aosta 1.652 6 1 7

Totale 1.167.362 23.033 30.071 25.340 78.444

Fonte: elaborazione su dati Sinab

Fonte: elaborazione AssoBio da dati Ismea, Eurisko, Nielsen

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Per quanto riguarda le importa-zioni da Paesi terzi non in regime di equivalenza, nel 2012 si è sì registrata un’impennata dell’82%, ma, come ri-leva il Mipaaf nella nota di commen-to dei dati, è limitata sostanzialmente alle banane dall’America Latina, che già nel 2011 avevano triplicato il vo-lume registrato nell’anno precedente. Frutta tropicale e subtropicale a par-te, l’import interessa quantità con-tenute di mele e pere argentine e di limoni nei mesi estivi.

Agro-ambiente e trading commerciale

Tra i motivi dell’apparente scarsa correlazione tra vendite e investimen-ti produttivi, ancora una volta, i mec-canismi delle misure agroambientali. “Ci siamo quasi stancati di ripeterlo” – commenta Andrea Bertoldi, ammi-nistratore delegato di Brio, impresa di distribuzione che fa capo al gruppo della cooperativa agricola verone-se “La Primavera”, con un fatturato 2013 di 37,2 milioni (+9,4% rispet-to al 2012) – “i dati sul numero delle aziende e sulle superfici non fotogra-fano tanto la realtà della produzione biologica orientata al mercato, quan-to quella dei produttori che accedono alle misure agroambientali. Nei fatti, oltre che per la trasparenza del mer-cato, gli organismi di controllo lavo-rano per conto di Agea e degli orga-nismi pagatori”.

Ortofrutta biologica in un punto vendita NaturaSì.

Un altro modo di proporre frutta biologica: i “fresch cut” di Almaverde Bio.

“Shop in shop”: reparto specializzato biologico in un supermercato Coop.

Nei negozi specializzati, controllati al pari dagli agricoltori biologici, i prodotti possono essere venduti sfusi.

TAB. 3 - LE IMPORTAZIONI DA PAESI TERZI (IN TONNELLATE)

Import 2009 2010 2011 2012

Frutta fresca e secca 7.245 3.479 5.558 10.140

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quanto biologiche, non trovano valo-rizzazione nel mercato, che nonostan-te la congiuntura generale non facile, è vivace e contraddistinto da una do-manda in costante crescita che si fati-ca a soddisfare”.

Il buon andamento della domanda è confermato da Paolo Pari di “Ca-Nova”, la società di distribuzione del gruppo Apofruit licenziataria del mar-chio “Almaverde Bio”, che si avvia a chiudere il bilancio 2013 con vendite di poco superiori ai 58 ML €, in cre-scita di circa il 9%, grazie al traino dell’export (anche con l’ingresso in nuovi mercati dell’Europa orienta-le), sviluppato per oltre il 35%, con cavalli di battaglia quali drupacee, agrumi, kiwi e uva apirena. “CaNo-va oggi è in grado di presidiare con il prodotto biologico tutti i segmenti di offerta dell’ortofrutta: dai prodotti di I gamma a quelli di IV e V. Rap-presenta il fulcro di un vero e proprio network del biologico: la rete com-posta da Canova France (F), Canova Productos Biologicos (E), Vivitoscano (in Italia) consente di completare la gamma, dare continuità alle fornitu-re, assicurare servizi adeguati a ogni canale di vendita e presidiare i mer-cati di riferimento con prodotto lo-cale. Si tratta di un sistema sinergico che nel 2013 ha sviluppato un fattu-rato aggregato di 70 milioni di euro”. “Nel 2014 continueremo la politica di sviluppo sul mercato estero, men-tre su quello interno ci attendiamo un forte contributo dalla realizzazione di moderni punti vendita specializza-ti in prodotti biologici a opera della joint venture tra Organic Alliance, la società di partecipazione tra le im-prese socie del consorzio Almaverde Bio, e Ki Group, la società del grup-po BioEra. A breve verrà inaugurato a Milano il primo punto vendita pilota che nelle intenzioni rappresenterà un nuovo modello di retail del bio.”

per esempio, di un pescheto condotto professionalmente con una resa di 250 quintali ad ettaro” – continua Bertoldi – “La premialità non è sufficientemen-te differenziata tra produzione biolo-gica e integrata, che comporta meno rischi ed è di più facile gestione. Se si vuole rendere attraente la conver-sione al biologico di aziende moderne e organizzate, è necessario affianca-re un’infrastruttura di servizi: forma-zione, assistenza tecnica, sostegno all’aggregazione. Il rischio, altrimenti, è quello di attrarre aziende marginali non solo dal punto di vista della di-stanza dalle piattaforme di concentra-zione del prodotto, ma anche per la carenza di esperienza nella gestione di protocolli di produzione o delle ne-cessarie strutture di primo condiziona-mento. In questo modo le statistiche sono gonfiate da produzioni che, per

In Veneto il pagamento per casta-gno e fruttiferi minori è di 534 euro per l’introduzione del metodo biolo-gico e di 419 per il mantenimento, mentre è di 739 euro per l’introdu-zione e di 591 per il mantenimento nelle altre colture fruttifere.

In Sicilia il premio è di 800 € per gli agrumi (introduzione, mentre è di 750 per il mantenimento), di 570/530 € per la frutta a guscio, di 900/850 per gli altri fruttiferi; in Puglia è di 812 € per gli agrumi, di 456 per il ciliegio e di 738 per le altre drupa-cee; in Calabria siamo di fronte ad un incentivo di 650 euro per l’introdu-zione in agrumi e drupacee e di 600 per il mantenimento.

“Al di là della variabilità nei diver-si territori, gli importi costituiscono un’integrazione al reddito, ma non un reale incentivo alla conversione,

L’ampia gamma di prodotti “Almaverde Bio” sta riscuotendo crescente rilevanza in molti punti vendita della grande distribuzione italiana.

I supermercati sono il principale canale di diffusione di prodotti organici nel mondo; dall’alto in senso orario: Emirati Arabi, Germania, Russia e USA.

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 201422

Tecnica SPECIALE FRUTTICOLTURA SOSTENIBILE

CLAUDIO SCALISESG Marketing - Bologna

Alla certificazione prevista dalla legge si sono aggiunte le politiche di marca, elemento aggiuntivo di rassicurazione che garantisce standard e controlli ulteriori legati proprio al “brand” che si utilizza per valorizzare il prodotto. Tutto ciò è nato da una profonda revisione organizzativa che ha portato ad un’evoluzione della gestione della filiera produzione-distribuzione, assai distante dall’artigianalità tipica di un certo modo di vivere il bio nel passato. La “marca” è la logica risposta ad un nuovo e più ampio target di consumatori molto esigenti.

Il valore strategico del biologico e la fidelizzazione del consumatore

Il valore della garanzia per il consumatore bio

Parlare di biologico significa parla-re di un mercato in piena espansione, in controtendenza rispetto al calo dei consumi generalizzato che troviamo nel “food”. Un comparto in cui l’Italia gioca un ruolo di primo piano sia come mercato di consumo, sia come fornitore presso altri mercati. Di qui l’importanza di garantire il rispetto degli standard af-finché non si creino effetti boomerang sul consumo.

In tal senso va considerato che pro-prio l’allargarsi del mercato espone il settore all’attenzione degli speculatori e come la progressiva diffusione degli areali produttivi in Paesi meno svi-luppati e controllati, renda “più faci-le” l’organizzazione di vere e proprie “truffe” che rischiano di minare alle

voce dei protagonisti, gli attuali sistemi di certificazione del biologico ed, in particolare, ne approfondirà gli aspetti legati all’affidabilità del sistema di ga-ranzie predisposto dalla Ue. In questa prima parte analizzo principalmente il ruolo della marca nel settore del prodot-ti biologici.

Come nasce un “brand”Esaminando la situazione di merca-

to, un primo elemento che emerge è co-me nel segmento del biologico la marca si sia sviluppata seguendo l’obiettivo dell’ampliamento di gamma, come fat-tore di affermazione e di costruzione di massa critica dell’offerta. A questo proposito è significativo il tragitto quasi opposto seguito dai due “brand” leader in Italia:

“Almaverde Bio”, nato sul freschis-simo ed, in particolare, sull’ortofrutta

fondamenta la credibilità dell’intero settore.

Il sistema di garanzie per il consu-matore si basa su due diverse strategie: la prima riguarda l’uso della certifica-zione di legge, secondo quanto previsto dai Reg. comunitari 834/07 ed 889/08. Questo livello è quello adottato dalle aziende meno strutturate e per produ-zioni limitate. In questo caso è l’impresa stessa che funge da garante verso il mer-cato. La seconda strategia, sviluppata principalmente dalle aziende più orga-nizzate e dalla stessa distribuzione mo-derna, ha puntato a sviluppare politiche di marca come ulteriore elemento di rassicurazione del consumatore. In que-sto caso alla certificazione prevista dalla legge si aggiungono standard e controlli ulteriori legati al “brand” che si utilizza per valorizzare il prodotto.

Del primo livello mi occuperò in un secondo articolo che analizzerà, con la

- Almaverde Bio: ha chiu-so il 2012 con un fatturato di 32 ML di euro, con un in-cremento del 10% rispetto all’anno precedente. - Alce Nero-Mielizia: il fat-turato 2012 è stato di 46,1

Ml €, in crescita dell’8,5%. - NaturaSì: il fatturato 2012 è stato di 205 Ml di €, in crescita del 6,5% sull’anno precedente.

Fonte dati aziendali

Numeri importanti, valore italiano

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23FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

te o di linee dedicate al biologico che intendono posizionarsi e trasmettere al consumatore questi valori.

Il valore della marca come elemento di fidelizzazione

La marca, in questo momento, nel comparto svolge, dunque, una funzione di ulteriore rassicurazione rispetto alla certificazione di legge. Essa assolve al-la funzione propria di identificazione del prodotto, di garanzia di costanza di standard qualitativi e di identificazione del mondo di valori ricercati dai consu-matori: a) legata ai produttori che la pro-pongono, come nel caso di Alce Nero o di Almaverde Bio; b) legata all’affidabi-lità dell’insegna che la propone come nel caso di NaturaSì.

Questo ruolo della marca è strategi-co per attrarre, in particolare, e fideliz-zare nuove fasce di consumatori sem-pre più ampie in Europa e nel mondo occidentale che giungono al biologico non attraverso una visone ideologica o filosofica, ma motivati da valori più contemporanei e trasversali.

dei consumatori si è molto allar-gata, coinvolgen-do un’area molto più vasta. Da ciò l’opportunità e l’e-sigenza di comu-nicare il valore ag-giunto al prodotto offerto. La marca è la logica risposta a questi nuovi target.

C r e a r e u n a marca significa agire con traspa-renza, impegnarsi in una costante attività di ascolto del consumatore indispensabile per co-evolvere, mettere a punto prodotti e servizi in sintonia con le aspettative del target di consumatori a cui ci si rivolge ed il suo sistema di valori. Il consuma-tore del prodotto biologico oggi ricerca nel prodotto medesimo sempre più un concetto olistico di sostenibilità:- la massima garanzia in termini di as-sicurazione sulla salubrità del prodotto;- il totale rispetto dell’ambiente dove il prodotto viene coltivato;- la sostenibilità sociale in tutte le fasi della filiera produttiva.

Basti pensare al legame sempre più forte tra bio ed equo-solidale per diversi prodotti provenienti dai Paesi in via di sviluppo: caffè, banane, ecc. “Fa bene a me ed al mio mondo”, come spesso si sintetizza, è in una battuta l’approccio che oggi ha il consumatore di prodotto biologico. Proprio grazie alle declina-zioni di questo concetto il target di rife-rimento nel corso degli ultimi anni si è progressivamente allargato.

Dunque, in questo scenario assistia-mo alla crescita di marche specializza-

fresca, ha progressivamente allargato le categorie dei prodotti sia sul fresco (car-ne e pesce freschi), sia su trasformati, conserve vegetali, oli, passate, derivati del pane, ecc.

Al contrario, “Alce Nero”, marchio storico dell’area dei cereali e dei loro derivati (pane, pasta, biscotti) si è allar-gato – anche grazie all’integrazione con “Mielizia” – al miele, alle conserve ve-getali, alle passate, a condimenti, con-fetture e succhi di frutta, ecc., fino ad arrivare all’ortofrutta fresca attraverso una “partnership” con un altro storico produttore del biologico: il gruppo Brio.

Risulta evidente come, in entrambi i casi, poter fornire una gamma completa di prodotto risponda, oltre che all’esi-genza di fornire un servizio completo ai propri interlocutori commerciali, anche ad un’ottimizzazione dei costi di servi-zio e di marketing legati al segmento che, altrimenti, sarebbero insostenibili per le singole categorie di prodotto in-dicate. Il raggiungimento di una massa critica di offerta sufficiente, infatti, è stata la condizione per poter dialogare proficuamente con la distribuzione mo-derna, da un lato, ed attivare campagne di valorizzazione della marca in grado di raggiungere il consumatore di riferi-mento, dall’altro.

Come per ogni categoria, infatti, po-ter commercializzare il bio attraverso la moderna distribuzione ha compor-tato l’esigenza di lavorare su ulterio-ri elementi di servizio: costanza degli standard qualitativi e merceologici di prodotto, garanzie ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge richieste nei capitolati di fornitura, logistica adeguata (stoccaggio, confezionamento, lavora-zione e trasporto) che non differiscono dai prodotti convenzionali. Assolvere a queste richieste per un fornitore ha comportato una profonda revisione or-ganizzativa che ha portato ad un’evo-luzione notevole della gestione della filiera produzione-distribuzione, che ha poco o nulla dell’artigianale tipico di un certo modo di vivere il bio nel passato.

Il target dei consumatori bio Il secondo motivo di profondo cam-

biamento è legato proprio al fatto che nel frattempo è profondamente mutato lo scenario dei consumi e si è ampliato il “target” di riferimento per i prodot-ti biologici. Se in un passato neanche troppo lontano il biologico era riservato ad una clientela molto “ideologizzata” (soprattutto in Germania questo era par-ticolarmente evidente), oggi la platea

Fig. 1 - Vendite di prodotti biologici nel mondo (quote in valore Ml€).

0 5000 10000 15000 20000 25000

USA

Fonte: FIBL-IFOAM 2012

Germania

Francia

Regno Unito

Canada

Italia

Svizzera

Giappone

Austria

Spagna

20.155

6.020

3.385

2.000

1.904

1.550

1180

1.000

986

905

Fig. 2 - Spesa pro capite per l’acquisto di prodotti bio (€/anno).

0

20

40

60

80

100

120

140

160

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0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

153

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74 65

52 52

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 201424

Tecnica SPECIALE FRUTTICOLTURA SOSTENIBILE

MARIA LODOVICA GULLINOCentro di Competenza Agroinnova e DI.SA.FA., Università di Torino

Si restringe il numero delle molecole disponibili per la difesa in campagna e nel post-raccolta, si estendono nuove patologie di difficile controllo, ma l’ortofrutticoltura specializzata deve andare avanti in forma ancor più intensiva di ieri. La necessità di un nuovo approccio alla difesa fitosanitaria e di figure specializzate capaci di dare risposte agli imprenditori nel rispetto dell’ambiente e delle regole di mercato.

La difesa dai patogeni in ortofrutticoltura:problemi, innovazioni e prospettive

Mai come ora proteggere le coltu-re orto-frutticole dagli attacchi dei patogeni vegetali è risultato

complesso. E ciò nonostante la disponi-bilità di mezzi di difesa efficaci e sofisti-cati e la presenza in campagna di una nuova generazione di agricoltori, giovani e aperti all’innovazione. In questa breve nota proverò a tracciare, in modo molto sintetico e per gli ambiti di mia più stret-ta competenza, le principali innovazioni degli ultimi anni, evidenziando al tempo stesso i non pochi problemi che l’orto-frutticoltura deve affrontare.

Le principali innovazioniIn campo orticolo si è osservata la

diffusione di colture fuori suolo in molte aree produttive. L’adozione di questi si-stemi, basati sull’uso di substrati diversi, spesso legati alle tradizioni del territorio, e di metodi di disinfezione delle solu-zioni differenti, ma generalmente basati sull’uso di filtri a sabbia, ha rivoluzionato l’organizzazione di molte aziende orti-cole. Grazie alle colture fuori suolo mol-te aziende hanno brillantemente risolto il

Problematiche

Negli ultimi anni le crescenti restri-zioni nella registrazione di nuovi agro-farmaci, la perdita di molti di essi a cau-sa del processo di rivalutazione, insieme con l’adozione del nuovo regolamento europeo rende più problematica la difesa chimica delle colture. Mentre per le prin-cipali colture orto-frutticole gli agricol-tori continueranno a potere contare su un buon “arsenale” di prodotti chimici, riuscendo quindi di volta in volta a sce-gliere i più efficaci, alternando fungicidi dotati di meccanismi di azione diversi, riducendo con ciò anche il rischio di comparsa di resistenza nelle popolazioni

problema della disinfestazione del terre-no, reso problematico dalla eliminazio-ne del bromuro di metile, migliorando notevolmente le loro produzioni sotto il profilo qualitativo (Colla et al., 2012).

Un altro aspetto degno di nota è rap-presentato dalla diffusione in Italia della coltivazione di insalate per la IV gamma: questo settore produttivo, favorito da un costante aumento dei consumi, soltanto da poco frenato dalla crisi (Casati e Bal-di, 2013), è largamente rappresentato in molte regioni italiane, dalla Lombardia alla Campania, costituendo per gli agri-coltori una buona fonte di reddito. La coltivazione di insalate per la IV gamma ha modificato il panorama varietale e ha determinato, anche grazie alla maggiore redditività, l’adozione di sistemi coltura-li e di tecniche di difesa più innovative (Casati, 2006).

Sempre nel settore orticolo si è diffusa l’adozione dell’innesto, pratica da sem-pre nota, ma poco praticata in passato a causa dei costi elevati. L’eliminazione del bromuro di metile ha stimolato l’uso di piante innestate nel caso di pomodoro, peperone, melanzana, melone. Le piante innestate utilizzate nel nostro Paese sfio-rano i 60 milioni (Morra e Bilotto, 2010).

Nel settore frutticolo la disponibilità di fungicidi efficaci permette di risolve-re i principali problemi fitopatologici in campo, mentre più complessa è la difesa post-raccolta, dove, in presenza di po-chi agrofarmaci registrati su pochissime derrate, microrganismi, oli essenziali e termoterapia usati in diversa combina-zione, sfruttandone l’azione sinergica, ri-sultano efficaci nei confronti di agenti di marciumi di pomacee e drupacee (Spa-daro et al., 2012). Purtroppo, nonostante l’impegno profuso da diversi gruppi di ricercatori nello sviluppo di microrgani-smi efficaci come mezzi biologici di lotta post-raccolta, ancora pochi sono i pro-dotti registrati (Tab. 1).

Fig. 1 - Essudato di Pseudomonas syringae pv actinidiae rinvenuto in Piemonte.

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fitosanitario delle partite di semi. Fonda-mentale sarà, per garantire agli agricolto-ri sementi sane, la collaborazione dei ri-cercatori con le industrie sementiere. La globalizzazione dei mercati e lo scam-bio di sementi da un Paese all’altro non si può fermare. I parassiti sì. Con indubbi vantaggi per tutti: agricoltori e industrie del seme.

La scelta europea di non utilizzare l’ingegneria genetica per ottenere pian-te resistenti alle malattie e l’adozione di normative restrittive per quanto riguarda lo sviluppo e la registrazione di mezzi chimici rende indispensabile la ricerca di mezzi di difesa alternativi a quelli chimi-ci. Ma questa ricerca va effettuata aven-do piena consapevolezza della com-plessità dei sistemi colturali indagati. È indispensabile che i ricercatori sappiano affrontare i diversi problemi in un’ottica completa, cercando di prendere in con-siderazione le diverse variabili presenti nel sistema, sostenendo veramente gli agricoltori nel processo di innovazione delle loro imprese.

In un contesto così complesso è, inoltre, indispensabile la presenza sul territorio di tecnici preparati e costan-temente aggiornati. Chi si occupa di formazione dovrà fare in modo che

infatti, un uso cosiddetto “minore”, di scarso interesse per l’industria agrochi-mica a causa dei ridotti quantitativi di prodotto richiesto. D’altra parte, i non pochi agricoltori che seguono tecniche di produzione biologica necessitano di mezzi di concia non chimici. Recente-mente sono stati messi a punto mezzi fisici (termoterapia, uso di elettroni) o biologici (basati sull’uso di microrgani-smi o di prodotti naturali), per la concia dei semi. Risultati molto interessanti so-no stati ottenuti proprio nel caso di semi di colture orticole da foglia.

Nel caso delle colture da frutto, va segnalata l’importanza acquisita da nu-merose batteriosi, manifestatesi su melo, pesco, actinidia. L’aggravarsi delle batte-riosi viene, almeno in parte, spiegato con la mancanza di mezzi di lotta efficaci e con l’impiego di materiale vegetale già infetto. Un effetto non secondario, inol-tre, avrebbero avuto le condizioni clima-tiche verificatesi nelle ultime annate, con inverni molto umidi e con periodi anche freddi.

Guardando al futuroLa globalizzazione dei mercati, la

commercializzazione di materiale vege-tale in luoghi lontani dai centri di produ-zione, l’adozione di normative sempre più restrittive per quanto concerne l’uso di mezzi chimici di lotta, pone infinite sfide ai ricercatori, ai tecnici e al setto-re produttivo in generale. In orticoltura l’uso di seme sano o risanato, mediante opportuni trattamenti con i vari mezzi disponibili, rappresenta un pilastro del-le strategie di difesa integrata. Un grosso aiuto può essere fornito dalla diagnostica molecolare che può facilitare il controllo

di alcuni patogeni, le cosiddette colture “minori” (che sono la maggioranza nel settore) soffrono e soffriranno ancora di più, in futuro, della mancanza o comun-que della scarsità di prodotti registrati (Gullino e Garibaldi, 2010).

Come è ben noto, risulta difficile e molto costoso registrare su colture mino-ri nuovi agrofarmaci, mentre il processo di rivalutazione dei mezzi chimici da tempo registrati ha portato alla perdita di prodotti che erano interessanti per le colture minori. Sempre più interessante diventa, per il futuro, soprattutto per le colture orto-frutticole minori, l’uso di prodotti cosiddetti naturali (sali, estratti, oli, ecc.). Di particolare interesse risul-ta nel fuori suolo l’uso di silicati, noti da tempo per la loro capacità di contenere gli attacchi di mal bianco e malattie fo-gliari. Ricerche recenti hanno dimostrato la loro efficacia nei confronti di agenti di peronospora e tracheofusariosi (Gullino et al., 2014).

Nel settore orticolo un problema im-portante è rappresentato dalla diffusione di patogeni, spesso nuovi, attraverso se-me infetto. È nota, infatti, l’importanza che riveste l’uso di seme sano o risanato: basta infatti una percentuale molto bassa di semi infetti, anche inferire allo 0,1%, per causare gravi perdite di produzione in coltivazione. Negli ultimi anni è stata segnalata la comparsa nel nostro Paese di molte nuove malattie, in particolare tracheofusariosi, verticilliosi, peronospo-re, alternariosi (Tab. 2) causate da pa-togeni introdotti mediante seme infetto (Gilardi et al., 2012). La concia dei semi costituisce, pertanto, una pratica impor-tante. L’uso della concia chimica è spes-so complicata dalla scarsità di fungicidi registrati: la concia dei semi rappresenta,

TAB. 1 - MICRORGANISMI REGISTRATI PER L’IMPIEGO CONTRO FUNGHI AGENTI DI MARCIUMI POST-RACCOLTA (MODIFICATA DA SPADARO ET AL., 2012)

Prodotto commerciale

Antagonista Attività nei confronti di Frutti ospitePaese in cui è disponibile

Biosave 100 Pseudomonas syringaeBotrytis cinerea, Penicillium spp.,

Mucur piriformis, G. candidumPomacee, agrumi, ciliegia, patata,

patata dolceUSA

Biosave 110 Pseudomonas syringaeB. cinerea, Penicillium spp., M. piriformis,

G. candidumPomacee, patata, patata dolce USA

Aspire Candida oleophila B. cinerea, Penicillium spp. Agrumi, pomacee USA, non più

YieldPlus Cryptococcus albidus B. cinerea, Penicillium spp. Pomacee Sud Africa, non più

Avogreen Bacillus subtilisCercospora purpurea,

Colletotrichum gloeosporioidesAvocado

Sud Africa, non più (pre-raccolta)

Shemer Metschnikowia fructicola B. cinereaUva da tavola, fragola,

patata dolceIsraele

Candifruit Candida sake B. cinerea, P. expansum Pomacee Spagna

BoniProtect Aureobasidium pullulans B. cinerea, P. expansum PomaceeAustria

(pre-raccolta)

Nexy Candida oleophila B. cinerea, P. expansum Pomacee Belgio, Ue

Fig. 2 - Botrytis cinerea su grappolo di Arneis.

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26 FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

BIBLIOGRAFIA

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Considerato il ruolo di indirizzo da sempre svolto dal sistema americano, mi pare questo un segnale molto forte e chiaro. La biologia molecolare rap-presenta certamente un ottimo suppor-to per le ricerche in campo fitopatolo-gico, ma non può essere fine a stessa. E nei nostri Dipartimenti universitari si sta cominciando a sentire la mancan-za di ricercatori con una formazione completa, in grado di conoscere e in-segnare bene la patologia vegetale, in particolare nei suoi aspetti pratici. In un mondo che cambia rapidamente, in un momento di grave crisi economica, la patologia vegetale può rappresen-tare veramente un supporto utilissimo all’agricoltura, aiutandola ad affronta-re le sfide globali. C’è bisogno di for-mare ricercatori capaci di occuparsi dei problemi reali e professionisti in grado di affrontare le sfide globali, for-nendo a loro strumenti, anche molto innovativi, per apprendere la patologia vegetale e mantenersi continuamente aggiornati.

RINGRAZIAMENTI

Lavoro svolto con finanziamenti del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

attraverso l’insegnamento della patolo-gia vegetale si formino laureati capaci di affrontare concretamente i problemi pratici. Al convegno annuale america-no sulla patologia vegetale, da alcuni anni, una parte molto consistente dei lavori e dei poster presentati riguarda aspetti di biologia, epidemiologia e difesa, mentre solo una minoranza ri-guarda aspetti di biologia molecolare. Anche le offerte di lavoro per giovani vanno nella stessa direzione: si cer-cano patologi vegetali in grado di af-frontare problemi concreti, con buone conoscenze di base nel campo della biologia, epidemiologia e difesa, piut-tosto che specialisti nel campo delle biotecnologie.

TAB. 2 - MALATTIE FUNGINE E BATTERICHE DI LATTUGA, ENDIVIA, CICORIA, RUCOLA, VALERIANELLA, SPINACIO E BASILICO CAUSATE DA PATOGENI TRASMESSI PER SEME ED EPOCA DEL LORO RINVENIMENTO (MODIFICATA DA GILARDI ET AL., 2012)

MalattiaLattuga(Lactuca sativa)

Endivia(Cichorium

endivia)

Cicoria(Cichorium

intybus)

Rucola coltivata(Eruca

vesicaria)

Rucola selvatica

(Diplotaxis tenuifolia)

Valerianella(Valerianella

olitoria)

Spinacio(Spinacia oleracea)

Basilico(Ocimum

basilicum)

Malattie fungine

Tracheofusariosi 2002 2009 2010 2002 2002 2003 1978** 1989

Verticilliosi 2007 1987 2005**

Phoma spp. 2006** 1966*

Alternariosi 1968* 1968* 1968* 2011 2011 1991** 2010

Peronospora 1863* 2004 1966* 1967* 2004

Cladosporiosi 1922*

Septoriosi 1951* 1996 1996

Antracnosi 1895* 1895* 1895* 2007** 1995

Maculature fogliari da Plectosphaerella cucumerina 2011

Marciumi da Phytophthora 2010 2010**

Batteriosi

Erwinia carotovora 1977* 1969*

Acidovorax valerianellae 2003**

Pseudomonas spp. 1969* 1969* 1969* 1986**

Xanthomonas campestris pv vitians

1969*

Xanthomonas campestris pv. raphani 2005

* Noto da tempo.** Non segnalato in Italia.

Fig. 3 - Tracheofusariosi su lattuga.

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 201428

Tecnica SPECIALE FRUTTICOLTURA SOSTENIBILE

PIERANGELA SCHIATTI(1) - GIOVANNA GALVAGNI(1) - RICCARDO BUGIANI(2)

1) Collaboratore ProBER - Bologna 2) Servizio Fitosanitario - Regione Emilia Romagna - Bologna

Dal tradizionale controllo delle infezioni primarie all’inizio della ripresa vegetativa con sali di rame o polisolfuro di calcio, ai prodotti a base di carbonati non ancora registrati. Attenzione all’impatto sulla qualità delle mele e delle pere. I risultati di numerose prove in Europa.

Vecchi e nuovi prodotti nella difesadalla ticchiolatura in coltura biologica

Un buon controllo della tic-chiolatura nel frutteto per-mette di ottenere frutta con

buone caratteristiche qualitative. In agricoltura biologica, non essendo impiegati prodotti chimici di sintesi, si raggiungono ancora più alti livelli di qualità igienico-ambientale dato che i rischi per la salute umana e la tutela dell’ambiente durante la pro-duzione e il consumo tendono a zero. Esistono ancora maggiori limiti per la qualità estetica del prodotto, che può tuttavia essere migliorata. Pertanto è molto importante adottare le tecniche conosciute che derivano dalle attività di ricerca e sperimentazione.

In biologico si utilizzano prodot-ti di origine naturale sia per la dife-sa, sia per la fertilizzazione. Per tale motivo le possibili innovazioni legate all’inserimento di nuovi principi at-tivi sono ancora limitate. Maggiori soddisfazioni si sono ottenute invece relativamente al miglioramento della tecnica di applicazione dei prodot-ti, sia tramite l’individuazione del momento più adatto all’intervento (in funzione delle condizioni clima-tiche), sia tramite l’introduzione nel mercato di nuove formulazioni. Tut-

25-50 g/hl di rame metallo o polisol-furo di calcio impiegato alla dose di 1500 g/hl dopo la fioritura e conti-nuando successivamente con un do-saggio ridotto a (1000 g/hl) fino alla fine della fase primaria normalmen-te individuata attraverso l’utilizzo di captaspore o di modelli previsionali, oppure, in assenza di questi, fino alla fase di frutto noce nei meleti e fino ad inizio giugno nei pereti.

Questo perché la fase primaria ascosporica nel pero dura mediamen-te una-due settimane più di quella del melo. I trattamenti vengono effettuati in funzione dell’andamento clima-tico e della presenza della malattia; per esempio, in assenza di piogge si può allungare il turno di intervento. Tuttavia, è opportuno ricordare che generalmente la massima emissione di ascospore sul pero avviene in cor-rispondenza della fase di fioritura.

tavia, la ricerca di prodotti alternativi prosegue per permettere una più am-pia possibilità di controllo.

Strategie e prodotti La strategia di difesa della tic-

chiolatura, sia su pero che su melo, prevede il controllo ottimale delle infezioni primarie, quelle cioè deri-vanti dalla germinazione delle asco-spore maturate all’interno dei periteci svernanti presenti sulle foglie infette cadute a terra e rilasciate ad ogni evento piovoso primaverile. Pertan-to, all’inizio della ripresa vegetativa è buona norma proteggere il frutte-to effettuando trattamenti preventi-vi con sali di rame (80 g/hl di rame metallo) oppure polisolfuro di calcio (2.000 g/hl). In seguito, all’inizio del volo ascosporico, si può intervenire con trattamenti rameici alla dose di

Fig. 1 - Infezioni fogliari di ticchiolatura su melo.

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29FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

Prospettive sperimentali per la difesa dalla ticchiolatura

di melo e pero

In diversi Paesi sono allo studio alcuni prodotti fungicidi alternativi, di cui si riporta una sintesi di alcune esperienze sperimentali.

I prodotti a base di carbonati han-no ottenuto risultati interessanti nella lotta contro ticchiolatura e oidio sul-le pomacee, ma il loro utilizzo non è ancora stato autorizzato per la di-fesa di melo e pero. Il bicarbonato di potassio è stato ammesso nell’al-legato I nell’ambito della revisione europea dei prodotti fitosanitari e anche nell’allegato II del Reg. Ue sul-le produzioni biologiche 889/2008. Il Ministero della Salute ha recente-mente autorizzato l’immissione in commercio dei prodotti Karma 85 e Armicarb 85 che agiscono per con-tatto e garantiscono elevata adesività alle superfici trattate ed elevata resi-stenza al dilavamento, grazie al loro formulato. Armicarb 85 e Karma 85 possono essere impiegati per la di-fesa dall’oidio su fragola, zucchino, cetriolo, altri ortaggi, ribes, uva spi-na, lampone, vite, ornamentali porta-seme e per la difesa da botrite su vite, secondo le indicazioni riportate in etichetta. Il bicarbonato di potassio è una sostanza naturale che ha ele-vata attività fungicida con un ampio spettro d’azione e favorisce l’aumen-to del pH e della pressione osmotica delle superfici fogliari inibendo così la germinazione delle spore fungine.

In Alto Adige, presso il Centro di

Il rame è un metallo pesante e per-tanto soggetto ad accumularsi nel ter-reno. In particolare, i Paesi del Nord Europa risentono fortemente di tale problematica, considerato che i ter-reni sono tendenzialmente acidi. Al contrario, invece, i Paesi mediterra-nei ne risentono meno. Le indagini svolte in Emilia-Romagna sui quan-titativi di rame nel suolo portano ra-ramente a casi superiori a 100 ppm e non si rileva fitotossicità da rame sulle colture neanche a dosi molto più alte, come risulta da esperienze di semicampo.

I trattamenti tempestivi si effettua-no su vegetazione bagnata dopo l’i-nizio della pioggia infettante: l’obiet-tivo è quello di devitalizzare il tubo germinativo prodotto dall’ascospora in fase di germinazione, prima che si formi l’austorio in grado di pene-trare i tessuti vegetali e dare inizio al processo infettivo. Il tempo limite per effettuare tale intervento è in funzio-ne della temperatura che si registra dall’inizio della pioggia infettante al momento del trattamento ed è calco-lato in Gradi-Ora a base 0 (GO). Il trattamento tempestivo generalmen-te risulta efficace se effettuato entro 240 GO e fino a 300 GO, calcolati a partire dall’inizio della pioggia in-fettante.

Con polisolfuro di calcio e zolfo adesivato (Thiopron) è possibile in-tervenire sia a livello preventivo che tempestivo. Il rame si impiega invece preferibilmente con criteri preventi-vi, il più possibile vicino all’evento infettante.

È proprio in questa fase che i tratta-menti devono essere eseguiti scrupo-losamente e possibilmente rispettan-do l’intervallo minimo previsto fra un trattamento e il successivo. Inoltre, le dosi di applicazione più alte sono da impiegare in caso di forte pressione della malattia, periodo che coincide con il periodo di rilascio delle asco-spore individuabile con appositi mo-delli previsionali.

Sulle cultivar sensibili alla ruggi-nosità (ad esempio Pink Lady) è me-glio evitare i trattamenti rameici pri-vilegiando, invece, l’impiego di poli-solfuro di calcio, ma avendo l’accor-tezza di evitare le giornate caratteriz-zate da temperature elevate. Secon-do il Reg. Ce 473/2002, la quantità massima di rame metallo consentita è di 6 kg/ha/anno. In Emilia-Romagna, per la difesa di melo e pero, si può calcolare questo quantitativo su una media quinquennale di 30 kg di rame metallico per ettaro.

In Alto Adige, il rame, a causa del suo accumulo nel terreno, e quindi della caduta anticipata delle foglie e dell’aumento di rugginosità nei frut-ti, è stato sostituito negli ultimi anni con il polisolfuro di calcio, prodotto che ha parzialmente superato la revi-sione europea con un solo formulato commerciale autorizzato (Polisolfu-ro di calcio della Polisenio). In base all’etichetta, le dosi di applicazione massime del polisolfuro di calcio su pomacee sono 2.000 g/hl quando applicato in prefioritura, 1.500 g/hl in post-fioritura e, successivamente, 1.000 g/hl.

TAB. 1 CARATTERISTICHE DEI PRINCIPI ATTIVI IMPIEGATI NELLA LOTTA ANTI-TICCHIOLATURA

Principio attivo Caratteristiche Attenzioni

RameInterventi preventivi.

Interventi parzialmente eradicanti.

Limiti sulla quantità massima: 6 kg/ha/anno di ione rame.

Può dare fitotossicità soprattutto in caso di abbassamenti termici che si verifichino entro

48 ore dalla distribuzione e su cv sensibili (su melo come Golden Delicious, Pink Lady,

Jonathan, Stayman, Renetta; su pero come Kaiser, William, Decana del Comizio).

I trattamenti su piante bagnate aumentano il rischio di fitotossicità.

Distanziare almeno 15 giorni da un trattamento con oli minerali.

Polisolfuro di calcio

Interventi preventivi.

Interventi tempestivi.

Interventi parzialmente eradicanti.

Ridurre le dosi per limitare i rischi di fitotossicità con temperature superiori ai 30 °C.

Zolfo adesivato

Interventi preventivi.

Interventi tempestivi.

Interventi parzialmente eradicanti.

Evitare i trattamenti con temperature superiori ai 30 °C.

Distanziare almeno 21 giorni da un trattamento con oli minerali.

ZolfoInterventi preventivi.

Interventi parzialmente eradicanti.

Evitare i trattamenti con temperature superiori ai 30 °C.

Distanziare almeno 21 giorni da un trattamento con oli minerali (su pomacee si usano a

dosi alte per cocciniglia e a dosi basse per uova carpocapsa).

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30 FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

se le varietà inizialmente resistenti successivamente hanno manifestato i sintomi della malattia, dimostrando che il gene della resistenza è stato soppiantato da una nuova razza del patogeno.

Nelle prove svolte in Germania nel 2006 e nel 2007, Armicarb non si è dimostrato soddisfacente nella difesa dalla ticchiolatura rispetto ai tradizionali fungicidi, e al contempo ha provocato rugginosità nelle mele, a dimostrazione della sua non idonei-tà ad essere impiegato subito dopo la fioritura.

Le prove svolte in Olanda nel 2004 per valutare l’efficacia di pro-dotti naturali nel contenimento della ticchiolatura del melo hanno dimo-strato che il periodo fino a 4-6 setti-mane dopo la fioritura è un momento molto delicato a causa del maggior rischio di rugginosità sul frutto. In tale periodo è meglio usare prodot-ti alternativi ai bicarbonati, mentre questi ultimi è preferibile impiegarli nel periodo successivo. Agricoltori biologici olandesi in prove sperimen-tali svolte dal 2007 al 2009 senza l’utilizzo del rame per il controllo della ticchiolatura del melo, hanno ottenuto un controllo accettabile del-la malattia solo nel 50% dei casi. Il controllo delle infezioni primarie con fungicidi molto meno persistenti, co-me per esempio zolfo e bicarbonato, richiede pertanto una particolare at-tenzione nella scelta del momento in cui intervenire.

Sempre in Olanda, sono state svol-te delle prove nel 2007 per valutare la possibilità di sostituire nella prati-ca i tradizionali fungicidi per la dife-sa dalla ticchiolatura di melo e pero con il bicarbonato di potassio. Nelle prove è stata confrontata la strategia di lotta convenzionale con una a ba-se di bicarbonato di potassio (5 kg di formulato di bicarbonato di potassio + 2 kg di formulato di zolfo bagnabile ad ettaro per trattamenti applicati po-co prima della pioggia o in tempesti-vo durante la finestra di germinazio-ne delle spore). In queste prove, l’uso del bicarbonato di potassio ha fornito una buona efficacia alla raccolta con un basso contenuto di potassio ed un basso livello di rugginosità nei frutti.

Si ricorda che i dati riportati so-no relativi a prove sperimentali e, per l’impiego di bicarbonato di potassio per ticchiolatura in campo, è neces-sario attendere che il prodotto sia re-gistrato sull’avversità.

Nelle prove condotte in Svizzera nel 2004 e nel 2005, il bicarbonato di potassio si è dimostrato un buon agente di controllo per le fumaggini e per la ticchiolatura del melo al-la pari di zolfo e rame; tuttavia, alla concentrazione dell’1% è risultato fi-totossico per l’arresto della crescita e la comparsa di macchioline, mentre alla concentrazione dello 0,5% non ha causato fitotossicità e ha esercitato un buon controllo.

In Belgio, dal 2002 al 2009 so-no state condotte prove per valu-tare l’efficacia di strategie di lotta alla ticchiolatura mirate a colpire l’infezione primaria con l’ausilio di un software abbinato ad una stazio-ne meteorologica; i trattamenti, con impiego ridotto di rame e zolfo, sono risultati relativamente efficaci senza produrre fitotossicità e rugginosità. Il bicarbonato di potassio combina-to con lo zolfo ha ridotto la gravità degli attacchi di ticchiolatura anche

Sperimentazione Agraria e Forestale di Laimburg, sono state condotte del-le prove per valutare l’efficacia del bicarbonato di potassio nel conteni-mento della ticchiolatura del melo: nel 2003 e nel 2004 il bicarbonato di potassio tal quale e il formulato Armicarb, solo in alcuni casi, han-no dimostrato risultati soddisfacenti, ma hanno evidenziato un aumento del contenuto di potassio nel frutto; nel 2006 le prove con i trattamenti preventivi per controllare l’infezione primaria con bicarbonato di potassio non formulato e con Armicarb hanno dato risultati interessanti: in partico-lare, Armicarb è riuscito a contenere efficacemente la ticchiolatura, però è stato rilevato un notevole aumento di rugginosità sui frutti alla raccolta. I bicarbonati, se formulati corretta-mente, possiedono elevata capacità fungicida e possono costituire una valida alternativa ai prodotti a base di rame e zolfo.

Fig. 2 - Grave attacco di ticchiolatura su pera Max Red Bartlett.

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 201432

Ricerca SPECIALE FRUTTICOLTURA SOSTENIBILE

L’impatto di comunità microbiche associate alle radici di melo in suoli stanchi nei meleti dell’Europa centrale

Le problematiche di reimpianto dei meleti, dette anche stanchezza dei suoli, compaiono con frequenza

in tutte le aree di maggior produzione di mele al mondo, come quella di Wa-shington State negli Stati Uniti, della Tasmania in Oceania, del Sud Africa e di molte altre aree. Sicuramente, le cause principali di questo fenomeno sono l’intensificazione della frutticol-tura negli ultimi decenni (densità d’im-pianto più alte) e la posizione inaltera-ta degli alberi per diverse generazioni successive d’impianto nei frutteti. Le cause sono state identificate come una serie di fattori biologici, soprattutto funghi patogeni, che possono variare come agente responsabile principale ed hanno un impatto sulla produzione diverso da zona a zona.

Il progetto europeo Era-Net Bio-Incrop, della call CORE organic 2 (www.coreorganic2.org), con 8 part-ner di 5 Paesi europei e Turchia, ha l’obiettivo di indagare sulle cause del-la stanchezza del suolo nei meleti di reimpianto del centro Europa e della più importante area turca di produzio-ne di mele (nella provincia di Isparta e dintorni). L’obiettivo del progetto è sviluppare misure pratiche e strategie per aumentare la salute del terreno nella frutticoltura biologica mediante lo sfruttamento delle risorse naturali già esistenti nel suolo (popolazio-ni microbiche ad azione funzionale positiva) ed ammendanti organici di-sponibili in loco. Il settore Agricoltura Biologica del Centro Sperimentale di Laimburg è un partner del progetto, che viene coordinato da Luisa Manici (CRA-CIN, Bologna).

dicale e agenti delle problematiche di reimpianto o stanchezza dei suoli.

La prima parte dell’attività del pro-getto Bio-Incrop ha avuto l’obiettivo di individuare il ruolo delle componenti biologiche responsabili della stanchez-za dei meleti nelle aree di produzione intensiva del centro Europa.

Metodologia Questa prima parte dell’attività di

progetto è stata svolta secondo lo sche-ma riportato nella tabella 1. Campioni di terreno prelevati dallo strato colti-vato (0-25 cm di profondità) sono stati raccolti nelle regioni rappresentative per la produzione di melo di Germania (Renania-Palatinato), Austria (Stiria) e Italia (Alto Adige). Nell’ambito di que-ste aree sono stati individuati 3 meleti di terza-quinta generazione. Campio-ni di suolo sono stati prelevati in cia-scuno dei 9 frutteti, sia sulla fila (400 kg), sia sull’interfila (200 kg) o su aree

Le prime prove sperimentali sul-la disinfezione chimica dei suoli con bromuro di metile negli anni ‘70 e ‘80 hanno evidenziato che la stanchezza dei suoli di reimpianto era dovuta a fattori biotici. L’incremento di cresci-ta delle piante in suoli disinfestati a confronto con quelli di reimpianto di meleti, pescheti e mandorleti, è stata poi confermata nel tempo da altri studi applicativi, svolti anche con altri fu-miganti, fra cui cloropicrina. Le inda-gini svolte sui patogeni responsabili di malattie da reimpianto hanno indicato diverse specie fungine appartenenti ai generi Cylindrocarpon, Rhizoctonia, Phytophtora e Pythium come agen-ti patogeni principali. Infine, è chiaro che l’impatto di questi patogeni è me-diato dallo stato fisiologico della pian-ta, e che fattori abiotici, come stress idrici ed il contenuto di sale, ma anche la fertilità generale del suolo, hanno un ruolo importante sull’impatto dei fun-ghi patogeni responsabili di necrosi ra-

TAB. 1 - LOCALIZZAZIONE DEI CAMPIONI DI TERRENO ED ANALISI SVOLTEPaesi di origine

Siti Tesi suolo a confronto Analisi e misurazioni svolte

Italia

Egma fila incolto tratt. raggi gamma

Analisi del chimiche e biochimiche e tessitura dei suoli

Crescita dei germogli (cm) e sostanza secca (g)

Nematodi endofiti delle radici (N)

Funghi endofiti delle radici (frequenza e specie)

Laimburg “ “ “

Laives “ “ “

Germania

Kramer fila incolto tratt. raggi gamma

KAD “ “ “

Nachtweih “ “ “

Austria

Lammer fila incolto tratt. raggi gamma

Wilhelm “ “ “

Haidegg “ “ “

LUISA M. MANICI1 - MARKUS KELDERER2 - ANNE R. TOPP2 - DANIELA GRAMM2 - SANDRA PERIN3

1Consiglio per la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura - Centro Ricerche Colture Industriali - Bologna 2Centro di Sperimentazione Agraria e Forestale - Laimburg (Bz)3Laboratorio di Nematologia - ERSA, Pordenone

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dato un accrescimento in vaso signi-ficativamente più alto di quello otte-nuto su campioni provenienti da fila e interfila (Fig. 2). L’accrescimento su fila e inter-fila ha differito in modo si-gnificativo solo in due frutteti austriaci (Wilhelm e Haidegg), sui nove totali dell’indagine; solo in questi due siti le tre tesi di trattamento dei suoli hanno dato risultati di accrescimento signi-ficativamente diversi fra loro, mentre negli altri casi l’accrescimento non ha mai differito fra fila ed interfila ed è sempre risultato inferiore al trattamen-to con raggi gamma (Fig. 3).

Analisi dei suoli

I parametri chimici e biochimi-ci dei suoli sono risultati variabili da sito a sito. Tuttavia, i meleti sotto in-dagine hanno mostrato un contenuto di sostanza organica in media molto alto, con valori variabili da 3,5 a 9%. Nessuno dei parametri chimici (pH, azoto totale, fosforo, potassio, carbo-nio totale, ecc.) e biochimici (attività respiratoria, o SIR, e biomassa microbi-ca, ecc.) valutati è risultato in qualche modo correlato all’accrescimento delle piante ottenuto nel test in vaso eseguito sui suoli stessi. Questo risultato sugge-risce che i parametri chimici e biochi-mici non sono direttamente correlati alla riduzione di accrescimento delle piante (o stanchezza dei suoli). Questo è in parte spiegato dall’alto contenuto di sostanza organica dei terreni, che garantisce comunque un alto livello di fertilità di questi suoli.

Risultati

Risposta di accrescimento delle piante

La lunghezza dei germogli e la so-stanza secca sono risultati altamente e significativamente correlati, per-tanto i dati produttivi sono riportati solo come lunghezza dei germogli. I parametri di accrescimento valuta-ti (lunghezza dei germogli e sostanza secca) sono risultati diversi in modo significativo sia fra i 3 trattamenti del suolo, che fra i 9 frutteti di provenien-za. Le piante allevate su suolo trattato con raggi gamma hanno mostrato in tutti i casi una crescita molto più alta di quella osservata sui suoli naturali, ovvero, la fila di reimpianto e l’incol-to adiacente. Mentre, in tutti i casi i suoli trattati con raggi gamma hanno

incolte attigue ai frutteti, per un tota-le di 18 campioni. Successivamente i campioni di suolo sono stati inviati al Centro Sperimentale di Laimburg per lo svolgimento delle fasi successive dell’indagine.

Anzitutto, sub-campioni di suolo sono stati sottoposti ad analisi chimi-che e biochimiche presso il laboratorio del Centro Sperimentale di Laimburg e l’Università di Innsbruck. In seguito, parte di ogni campione di suolo pre-levato dalla fila di ogni frutteto è stata sottoposta ad un trattamento con raggi gamma presso un’azienda specializza-ta (Gammarad Italia S.p.A., Minerbio, Bologna). Questo trattamento è stato eseguito con la procedura standard adottata per la disinfezione di cibo o cosmetici (25 kGy per 8 ore). Con quest’ultimo trattamento i campioni di suolo totali per la prova erano 27 a rappresentare: 3 Paesi (Italia, Austria e Germania) e 3 trattamenti (terreno del-la fila, dell’interfila del meleto e cor-rispondente terreno trattato con raggi gamma) per ognuno dei 9 frutteti con-siderati in questo studio.

Questo ha permesso di valutare lo stato di stanchezza dei meleti europei con un test di accrescimento in serra, utilizzando talee radicate del portinne-sto M9 che sono state allevate in vaso per 85 giorni in un ombraio presso il Centro Sperimentale di Laimburg nel-la primavera-estate 2012 (Fig. 1). Alla fine della prova è stata valutata la ri-sposta di accrescimento delle piante (lunghezza dei germogli prodotti e loro peso secco). Sono stati poi valutati la frequenza e le specie di funghi endo-fiti delle radici presso i laboratori del centro di Ricerca per le Colture Indu-striali di Bologna. Infine, campioni di radici di ciascun trattamento nei 9 frut-teti sono stati inviati al laboratorio dia-gnostico dell’ERSA della Regione Friuli Venezia Giulia per la valutazione dei nematodi endofiti nelle radici.

Fig. 1 - Esecuzione del test di accrescimento in vaso con talee di portinnesto M9 presso il Centro di Ricerca e Sperimentazione di Laimburg.

Fig. 2 - Sviluppo delle piantine di talee radicate di portinnesto M9 alla fine del test di accrescimento per valutare la risposta dei trattamenti; da sinistra a destra: fila di meleto reimpiantato, incolto adiacente e suolo di reimpianto trattato con raggi gamma.

Fig. 3 - Crescita dei germogli di M9 rilevata sulle piantine allevate per 85 giorni sui suoli dei 9 frutteti, divisi in tre trattamenti (fila reimpiantata, incolto adiacente, trattato con raggi gamma differenziati (da Manici et al., 2013).

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34 FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

maggior accrescimento delle piantine in questo trattamento.

ConclusioniIl presente studio ha confermato che

la stanchezza dei suoli di reimpianto nei meleti europei ha origine biotica ed ha escluso fattori legati ad aspetti chi-mici e nutrizionali. I principali agenti responsabili della riduzione di accre-scimento sono risultati due gruppi di funghi endofiti delle radici, mentre i nematodi non sembrano aver un ruolo nella manifestazione di questa ezio-logia. Cylindrocarpon e Pythium spp. rappresentano le popolazioni patogene aventi un ruolo importante nella ridu-zione di accrescimento post-trapianto, mentre le altre popolazioni di funghi endofiti delle radici isolati in questa in-dagine non sembrano avere un ruolo di patogeni in questa simulazione di allevamento di giovani piante di melo su suolo di reimpianto.

Questo suggerisce che molti dei funghi endofiti delle radici non sono patogeni e, in molti casi, possono ave-re un’azione di antagonismo verso le specie patogene. A sostegno di questa osservazione, già un’ampia indagi-ne sulla stanchezza dei meleti in Alto Adige del 2012 (Kelderer et al. 2012), aveva evidenziato che la frequenza di colonizzazione delle radici di giovani piante di melo da parte di Rhizoctonia binucleata era negativamente correlata con quella di Cylindrocarpon. Ovve-ro: Rhizoctonia binucleata è risultato essere un‘antagonista ai Cylinrocarpon spp. per la colonizzazione delle radici di M9. Questa popolazione di Rhizoc-tonia (genere Ceratobasidium), che dif-ferisce profondamente da Rhizoctonia solani (genere Thanatephorus cucume-ris), è nota per essere diffusa su specie frutticole e forestali, come pure su col-ture ortive come fragola e patata. In molti casi è stata segnalata come fungo endofita, con un rapporto simbiotico con la pianta che varia da commensale (ovvero nessun effetto) a mutualistico (positivo per azione di stimolazione di crescita o protezione verso altri pato-geni) ed è stata solo raramente indicata come patogena.

In conclusione, i risultati indicano che la problematica del reimpianto è sicuramente causata da alcune compo-nenti biotiche, come le popolazioni di Cylindrocarpon spp e Pythium, ma vi sono altre specie di funghi endofiti che possono avere un ruolo positivo. Ricer-che attualmente in atto sempre entro il

lata con l’accrescimento delle giovani piante di M9. Infatti, il livello più bas-so d’infezione è stato osservato nelle piante allevate su suolo trattato con raggi gamma (8,2%), seguito dall’inter-fila (34,2%) ed, infine, dai suoli delle file di reimpianto (49,4%). Questi risul-tati indicano che i Cylindrocarpon spp. rappresentano una delle componenti biologiche responsabili della riduzione di accrescimento post-trapianto e que-sto ruolo è stato confermato per tutte e tre le aree europee dell’indagine. Rhi-zoctonia binucleata sp. non è risultata in alcun modo correlata ai parametri di accrescimento e non è risultata differi-re fra i Paesi (Tab. 2).

Pythium è risultato avere un ruolo importante come agente di necrosi ra-dicale post trapianto solo in Germania, dove il suo livello di infezione sulle ra-dici è risultato negativamente e signi-ficativamente correlato con la crescita delle piante (Fig. 4). Questo risultato conferma che, quando si verificano situazioni favorevoli alla presenza di Pythium del suolo, questo patogeno ha un ruolo importante nella manife-stazione dello stato di stanchezza dei suoli di reimpianto.

In generale, le comunità dei funghi colonizzanti le radici sono risultate ab-bastanza simili fra i trattamenti: hanno infatti mantenuto la stessa composizio-ne, ma hanno differito per presenza relativa delle specie. In particolare, il trattamento con raggi gamma ha mo-dificato il rapporto quantitativo fra le specie rappresentate rispetto ai suoli naturali (reimpiantato e interfila). Que-sta variazione di composizione nel trattamento con raggi gamma, (dimi-nuzione del gruppo di Cylindrocarpon e aumento di Fusarium e Rhizoctonia ) ha coinciso con una maggiore sani-tà delle radici e con un conseguente

Nematodi

In questa indagine sono stati consi-derati solo i nematodi endofiti delle ra-dici delle giovani piante di portinnesto prelevate, come per i funghi endofiti, alla fine della prova in vaso. In pratica, sono stati valutati solo i nematodi che potevano potenzialmente avere un im-patto sulla sanità delle radici e sull’ac-crescimento delle giovani piante di portinnesto. I nematodi endofiti sono risultati tutti del genere Pratylenchus. La loro presenza nelle radici non è ri-sultata in alcun modo correlata con la crescita delle piante. Questo risultato suggerisce che i nematodi endofiti del-le radici non hanno avuto alcun ruolo nella problematica della stanchezza del terreno, espressa come riduzione di accrescimento delle piante in questa indagine.

Funghi endofiti

La frequenza d’infezione dei funghi endofiti delle radici nella tesi trattata con raggi gamma è risultata inferiore a quella osservata sulle piante allevate su campioni di suolo proveniente da fila ed interfila. La maggior parte dei generi fungini identificati in questa in-dagine appartiene ai generi Fusarium spp., Cylindrocarpon, a Rhizoctonia binucleata sp. e Pythium spp. (Tab. 2). Il genere Fusarium spp. è risultato il più rappresentato (38,4%). La frequenza di questo genere non è risultata correla-ta in alcun modo con l’accrescimento delle piante (Tab. 2).

I funghi del gruppo Cylindrocarpon (rappresentato da una specie predomi-nante e da due meno rappresentate) è risultato il secondo fungo endofita delle radici, con una frequenza di infezione del 30,6%. La distribuzione di questo gruppo è risultata negativamente corre-

TAB. 2 - FREQUENZA D’INFEZIONE DELLE RADICI DA PARTE DEI FUNGHI ENDOFITI E LORO CORRELAZIONE CON L’ACCRESCIMENTO DELLE PIANTE NEL TEST DI ALLEVAMENTO IN VASO (DA MANICI ET AL. 2013)

Frequenza d’infezione delle radici (%)

Fusarium Cylindrocarpon Rhizoctonia Pythium

Fila 25 b 49,4 a 5,8 b 8,4 ab

Incolto adiacente 50,2 a 34,2 b 3,7 b 11,3 a

Trattato con raggi gamma 39,8 a 8,2 c 17,9 a 5,8 b

Medie 38,5 30,5 9,13 8,5

Crescita delle piante vs frequenza Non corr.Negativamente

correlatoNon corr. Non corr.

Solo il gruppo dei Cylindrocarpon è risultato correlato negativamente con l’accrescimento delle piante, ovvero un patogeno, in generale, responsabile di riduzione di accrescimento delle giovani piante su suoli di meleti di reimpianto.

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Rühmer T., Baab G., Nicoletti F. Caputo F., Topp A., Insam H., Naef A. (2013). Rela-tionship between root-endophytic microbial communities and replant disease in speciali-zed apple growing areas in Europe. Applied Soil Ecology 72. 207–214.

mer, M. (2012) Planting in the ‘inter-row’ to overcome replant disease in apple orchards: a study on the effectiveness of the practice based on microbial indicators . Plant Soil 357, 381-393.

Manici L.M., Kelderer M., Franke-Whittle I.,

progetto Bio-Incrop, stanno valutando il ruolo delle popolazioni batteriche e fungine della rizosfera nella risposta di accrescimento osservata in questa am-pia indagine sulle aree Europee di pro-duzione intensiva di melo.

La fase successiva del progetto mi-ra ad identificare materiali organici e tecniche atte ad indurre modificazioni positive nelle comunità microbiche ed ottenere risultati positivi sull’accresci-mento delle giovani piante di melo, co-me quelli qui ottenuti su suoli sottopo-sti ai pre-trattamenti con raggi gamma. Saranno saggiati materiali organici in-corporati al suolo allo scopo di indivi-duare quelli in grado di modificare nel tempo la composizione delle comunità microbiche migliorandone quindi fun-zionalità e sanità.

RINGRAZIAMENTI

Gli autori ringraziano il contributo finanziario del Progetto Bio-Incrop, reso possibile dalla rete di supporto CORE Organic II partner del proget-to FP7 ERA-Net, CORE Organic II (Coordination of European Transnational Research in Organic Food and Farming systems, project no. 249667). Per ulteriori informazioni: www.coreorganic2.org

BIBLIOGRAFIA

Kelderer, M., Manici, L.M., Caputo, F., Thalhei-

Fig. 4 - Frequenza d’infezione da parte di Pythium, nei tre Paesi dell’indagine. Le piantine allevate sui suoli tedeschi sono risultate molto più infettate da Pythium spp. rispetto a quelle allevate sui suoli italiani ed austriaci (da Manici et al. 2013).

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 201436

Tecnica DOSSIER AGRUMI

CARMELO MENNONE (1) - LUIGI CATALANO (2)(1) Alsia Basilicata - Azienda Agricola Sperimentale Dimostrativa Pantanello, Metaponto (Mt) (2) Agrimeca Grape and Fruit Consulting - Turi (Ba)

L’introduzione di nuovi portinnesti e cultivar migliorative rappresenta un aspetto importante per rilanciare il settore agrumicolo, sia per nuove tipologie di frutti, sia per l’ampliamento del calendario di produzione e della stagione commerciale.

L’innovazione varietale per la competitività dell’agrumicoltura italiana

In Italia le superfici coltivate ad agru-mi si attestano intorno ai 170 mi-la ettari, con una netta prevalenza

dell’arancio (60,1%), seguito da cle-mentine e mandarini (22,2%), limoni (16,2%) ed agrumi minori (bergamotto, pompelmo, ecc., 1,1%) (Istat, 2011). Nel quadriennio 2008-11 le produzio-ni si attestano intorno ai 3,9 Ml di t, con un’incidenza simile delle diverse specie (arance 63,3%, clementine e mandarini 21,9%, limoni 13,9% e al-tri agrumi 0,9%). Riguardo alla distri-buzione regionale, la Sicilia è leader nazionale con il 55,8%, seguita dalla Calabria col 25,6%; un’incidenza mi-nore hanno la Puglia con il 6,6%, la Sardegna con il 4,8%, la Basilicata con il 4,7% e la Campania con il 2%, men-tre è abbastanza marginale l’incidenza delle altre regioni con circa lo 0,6%.

Negli ultimi due decenni il com-parto agrumicolo nazionale ha subito notevoli cambiamenti in termini sia di offerta, sia di domanda, ricalcando quanto registrato anche in altri settori produttivi. Essi hanno riguardato l’au-mento dei costi del lavoro e dei mezzi tecnici, l’inasprimento delle politiche fiscali e previdenziali e la riduzione dei prezzi alla produzione, lo smantella-mento delle politiche comunitarie di tutela e di sostegno del reddito degli

Portinnesti

A seguito del diffondersi dell’epi-demia di Tristeza degli agrumi (CTV “Citrus Tristeza Virus”) che ormai inte-ressa tutte le aree agrumicole nazionali, l’arancio amaro che costituiva l’unico portinnesto su cui si basava l’agrumi-coltura nazionale è stato quasi total-mente sostituito da portinnesti tolleranti a CTV e che meglio rispondono alle rinnovate esigenze di coltivazione. Il vivaismo professionale fa ormai ricorso esclusivamente ai seguenti portinnesti: Citrange Troyer, C. Carrizo, C35 (ibridi tra C. sinensis e P. trifoliata), Citrume-lo Swingle (C. paradisi x P. trifoliata) e Poncirus trifoliata, che però mostra un’elevata suscettibilità (ad eccezione del Citrumelo) al viroide dell’Exocortite.

Tutto ciò necessita di un cambio radicale rispetto a pratiche consolidate nel passato (reinnesto, utilizzo di mate-riale non certo sotto il profilo sanitario, modalità di distribuzione dell’acqua per l’irrigazione) al fine di valorizzare ap-pieno le loro caratteristiche. L’utilizzo

agrumicoltori, che hanno determinato una situazione critica. A livello della produzione tale stato si è accentuato soprattutto negli ultimi 5-10 anni, con forti squilibri fra costi e ricavi, che han-no portato alla conseguente minore attenzione nei confronti della coltu-ra, determinando in alcuni casi persi-no l’abbandono dei campi con effetti negativi sulle produzioni, sui redditi e sull’occupazione dell’intera filiera agrumicola nazionale. Gli operatori del comparto hanno comunque reagito attraverso l’introduzione di un’ampia gamma di innovazioni tecniche, da quelle specificatamente agronomiche basate su modalità di conduzione degli impianti diverse dal passato per irriga-zione e gestione del suolo, all’adozio-ne di protocolli per le produzioni bio-logiche, ecc..

Ma come sempre accade in frut-ticoltura, l’innovazione è immedia-tamente intesa e percepita quando si parla di nuove varietà e portinnesti che tendono a soddisfare l’adattamento del prodotto alla domanda dei mercati.

Le arance rosse non trovano sul mercato inter-no la stessa accoglienza riservata all’estero, lo

afferma S. Alba, amministratore della ditta impor-tatrice Oranfrizer, aggiungendo che “sul mercato estero si riscontra molto fervore, con prezzi che non sono differenti dal 2012; anzi sulle pezzature grosse risultano persino migliori”. “Lavoriamo” – ri-corda Alba – “perché l’arancia rossa sia valorizzata e dif-fusa nel mondo per quello che merita”.

“Sul fronte interno è invece incomprensibile come la Grande Distribuzione organizzata persista con una ingiustificata pressione sui prezzi. Non credo che le nostre arance, né i produttori, possano subire tutto ciò, anche a fronte degli sforzi triplicati in campagna. Oltretutto, senza che a questi sacrifici corrisponda un effettivo aumento dei consumi!”

Pressione della GDO per contenere i prezzi alla produzione delle arance rosse

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37FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

succhi concentrati. Alcuni ecotipi lo-cali sono idonei per la produzione di succhi bevibili freschi. Tra le nuove selezioni in corso di valutazione si ri-corda Valencia Delta, riconosciuta sui principali mercati europei come “Delta Seedless”, selezione migliorativa di Va-lencia Late individuata a Pretoria (Sud Africa). Ha vigore simile ad altri cloni di Valencia, ma con accrescimento più eretto. Molto produttiva, è meno su-scettibile ai danni da freddo e vento. Il frutto di questa varietà ha una pez-zatura leggermente superiore rispetto a Valencia; non è sensibile al “creasing”, ha una buccia molto fine, di aspetto at-traente e in assenza di impollinazione non produce semi. I frutti sono di ec-cellente qualità in combinazione con portinnesti come il Citrange Carrizo, il Mandarino Cleopatra e il Citrumelo Swingle, così come evidenziato in Spa-gna. Si raccoglie 2-3 settimane prima del Valencia.

I mandarino-similiIn questo gruppo rientrano una se-

rie di specie ed ibridi che hanno in

Per le arance ombelicate diverse so-no le novità selezionate ed in corso di valutazione. Dall’Australia provengo-no tutte le varietà di seguito descritte. Nel periodo precoce si segnala M7, mutazione di Navelina 7.5 selezionata nel 2004, protetta da brevetto, che è ri-sultata compatibile con tutti i portinne-sti. Si raccoglie circa 3 settimane prima di Navelina, con ottima tenuta in pian-ta fino a febbraio. Nel periodo di matu-razione tardivo si annoverano diverse varietà come Chislett Summer Navel, Rhode Summer Navel e Barnfield Late. La prima è una mutazione spontanea di Washington Navel selezionata nel 1988, presenta pianta con portamen-to espanso e buona vigoria; il frutto è simile a quello di W. Navel, legger-mente più arrotondato; si raccoglie da gennaio a maggio. Rhode Summer Na-vel, originatasi da mutazione sponta-nea di un Navel e rinvenuta nel 1982, è caratterizzata da un albero vigoroso, con portamento espanso e frutto simile a quello di W. Navel, di colore aran-cio, con buona succosità; si raccoglie da gennaio a maggio; è coperta da pro-tezione brevettuale. Infine, Barnfield Late derivata da mutazione spontanea di W. Navel selezionata nel 1980. La pianta è molto produttiva e vigorosa, ha portamento espanso; il frutto simile a quello di W. Navel, è di colore aran-cio e si raccoglie da gennaio a mag-gio. Dal Sudafrica provengono invece Cambria che presenta frutti di forma rotonda, con polpa di colore arancio e contenuto in succo molto alto; non manifesta “creasing” e la raccolta che si protrae fino a maggio; da una muta-zione di Palmer Navel del 2005, è stata selezionata Carninka, interessante per la notevole tardività di raccolta, con buona pezzatura e qualità, elevata pro-duttività, non alternante.

Al gruppo delle arance a polpa bionda non ombelicate appartiene la maggior parte delle varietà di arancio conosciute a livello mondiale. La de-stinazione principale è la trasforma-zione industriale per la produzione di

di nuovi portinnesti tolleranti alle nuove emergenze fitosanitarie che incombono sull’intera industria agrumicola mediter-ranea, “Citrus Greening” su tutte (che causa una malattia di origine batterica nota come “HLB-huanglongbing” che in estremo oriente significa “dragone giallo”), apporteranno in futuro ulteriori cambiamenti. Si segnalano la serie For-ner-Alcaide (ibridi tra mandarino Cleo-patra e P. trifoliata Roubidoux), selezio-nati in Spagna, tolleranti a CTV, semi-nanizzanti e che sono riportati conferire caratteristiche migliorative ai frutti; le costituzioni dell’Università della Florida indicate come resistenti a “Citrus Gree-ning” e le promettenti selezioni ottenute incrociando C. latipes e P. trifoliata del CRA-ACM di Acireale.

Le nuove varietà a livello mondialePer le arance, il gruppo a polpa

bionda, che comprende quelle ombeli-cate e non, si differenzia dalle pigmen-tate in quanto coltivate e diffuse in tut-te le regioni, con diversi ecotipi locali selezionati nel tempo dagli agrumi-coltori. Le arance bionde ombelicate dette anche “Navel”, così denominate per la presenza di un secondo piccolo frutto interno (sincarpia), producono frutti destinati principalmente al mer-cato fresco, con varietà che coprono un calendario di raccolta che va dalla terza decade di ottobre a maggio, con un prodotto di caratteristiche organo-lettiche abbastanza costanti che rendo-no più semplice la fidelizzazione del consumatore. Purtroppo ancora oggi tale assortimento non è abbastanza presente nella strutturazione della no-stra agrumicoltura, aspetto che invece rappresenta uno dei punti di forza dei Paesi concorrenti.

Tra le varietà di recente selezione, già significativamente diffuse in campi commerciali, si ricorda la cv Fukumoto che matura anche una settimana prima degli altri cloni di Navelina, con frutti di forma rotonda, di buona pezzatura e buccia di colore arancia intenso. Da verificare, vista la recente introduzio-ne nel nostro areale, l’affinità con por-tinnesti Citrange, che in alcuni Paesi agrumicoli ha dato risultati contrastan-ti, manifestando fenomeni di decadi-mento e moria delle piante di cui non si è ancora identificata la causa. Nel periodo tardivo, Powell Summer Navel è caratterizzata da una buona produt-tività e pezzatura dei frutti, rappresen-tando la varietà che si è maggiormente diffusa negli ultimi anni.

Particolare della produzione di M7, varietà a maturazione precoce.

Frutti di Chislett, a maturazione tardiva.

Frutti della varietà Cambria, a maturazione tardiva.

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TAB. 1 - LISTA DELLE VARIETÀ DI CLEMENTINE DIFFUSE E VALUTATE

Varietà Origine genetica Osservazioni

ClemenrubiMutazione spontanea di Oronules isolata nel 1996 a Loriguilla Valencia-Spagna

Pianta di vigore medio, sviluppo lento, portamento espanso, internodi corti, rami senza spine. Foglie di colore verde scuro, piccole e coriacee. Presenza di gemme multiple. Precoce entrata in produzione; frutto di media pezzatura, buccia di colore arancio intenso molto attraente. Polpa di colore arancio, senza semi, si raccoglie a partire dai primi di ottobre. Sensibile alla mosca. In Italia bisogna osservarne il comportamento, presenta la proliferazione di gemme multiple che con gli anni può limitare lo sviluppo e facilitare il declino della pianta.

OronulesMutazione spontanea di C. Nules, isolata nel 1968 a Villareal

Pianta vigorosa, con sviluppo lento, chioma sferica con portamento aperto, rami senza spine; foglie piccole e strette, coriacee, di colore verde-scuro; frutto simile a quello del comune, di colore arancio intenso. Buccia di modesta consistenza, ghiandole oleifere un po’ prominenti, facile a sbucciarsi. Si raccoglie nella prima decade di ottobre. In Italia nei campi commerciali e sperimentali ha manifestato tendenza all’alternanza di produzione.

CaffinIsolata nel 1968 in Marocco a Azemour

Pianta di vigore medio, chioma espansa e mediamente assurgente, le foglie di colore verde intenso, la fruttificazione, anche interna, è da verificare nei nostri ambienti; la forma del frutto è oblata, la buccia è rugosa, di colore arancio intenso, il sapore buono, la pezzatura media, con raccolta precocissima nella II decade di ottobre; nei campi in osservazione ha manifestato una mediocre produttività, che migliora quando innestata su Poncirus trifoliata e Citrus macrophylla.

LoretinaMutazione di Marisol isolata nel 1992 in Spagna

Pianta vigorosa, con alcune spine sui rami di maggiore vigore, che scompaiono con l’entrata in produzione; frutto di colore arancio intenso molto attraente, con ghiandole oleifere prominenti, si sbuccia con facilità, apireno, di calibro leggermente inferiore a Marisol. Sapore medio, maturazione che in Spagna anticipa di 1-2 settimane Marisol, non presenta spigatura a maturazione definitiva. In Italia bisogna osservarne il comportamento.

Spinoso

Isolata nel 1988 in Italia a Metaponto (MT) presso l’azienda Pantanello, da piante rivenienti da una mutazione riscontrata in agro di Massafra, risanata con la tecnica del microinnesto nel 1994 dal Dr. Angelo Starrantino

Pianta di vigore medio, chioma mediamente espansa, le spine sono presenti nei rami più vigorosi e si attenuano nei rametti apicali; fruttificazione media e costante; la forma del frutto è oblata più schiacciata rispetto al clementine “Comune”, la buccia è di colore arancio, la polpa è mediamente succosa, il peso medio del frutto è di circa 80 g. Epoca di maturazione precoce (metà ottobre), appena dopo Caffin, interessante per la pezzatura dei frutti e la buona tenuta sulla pianta.

SRA 89Origine: introdotta nel 1965 in Corsica dall’SRA INRA CIRAD da Folleli

Pianta di vigore medio, chioma compatta e internodi ravvicinati; elevata allegagione, la fruttificazione inizia al secondo anno (precoce entrata in produzione), produttività elevata; la forma del frutto è oblata, la buccia è di colore arancio, peso medio del frutto 65-70 g, sapore buono, in base alle annate può essere un po’ asciutto, raccolta precoce (III decade di ottobre), si colloca una settimana dopo Spinoso, elevata la produttività che può determinare una pezzatura media.

Corsica 2Origine isolata da Ristorcelli nel 1962 in Marocco a Saida Rabat

Pianta di vigore medio, chioma folta e globosa, spine assenti, fruttificazione abbondante e costante, precoce entrata in produzione; la forma del frutto è oblata, simile al clementine “Comune” buccia di colore arancio, peso medio del frutto 70 g; epoca di maturazione precoce fine ottobre primi di novembre, interessante per la produttività e l’epoca di maturazione, la pianta ha un buon accrescimento, in alcuni casi ha manifestato la presenza di gemme multiple.

FedeleOrigine isolata nel 1966 in Italia a Massafra (TA) da clementine comune

Pianta di vigore medio, chioma poco folta e assurgente, spine assenti, la fruttificazione è media e costante; la forma del frutto è oblata sferoidale, più schiacciata rispetto al clementine “Comune”, di colore arancio più intenso, tessitura della polpa grossolana e poco succosa, peso medio del frutto 80 g, epoca di maturazione precoce (metà ottobre), con raccolta precoce per evitare problemi di granulazione. Riscontrati attacchi fungini di Phellinus spp.

EsbalOrigine mutazione spontanea di C. comune nel 1966 a Sagunto (Valencia)

Pianta di buon vigore, chioma folta e globosa , spine assenti, fruttificazione elevata e costante, precoce entrata in produzione; la forma del frutto è oblata, simile al clementine “Comune” buccia di colore arancio, peso medio del frutto 65-70 g. Caratteristiche organolettiche eccellenti; la maturazione anticipa di qualche giorno quella del C. comune, pianta di elevata produttività, che può determinare una minore pezzatura, da raccogliere alla giusta epoca di maturazione per evitare l’asciugatura del frutto.

Comune ISA

Ibrido tra mandarino Avana e Arancio amaro “Granito”, osservato a Misserghin (Algeria) da frate Clemente nel 1902

Pianta di sviluppo medio, assurgente, habitus vegetativo folto, spine assenti, foglia verde lanceolata con apice appuntito; frutto di colore arancio intenso, buccia liscia, di forma oblata, peso medio 70-80 g, buccia liscia, sottile e poco aderente, polpa arancio, di tessitura media, succosa, con contenuto in solidi solubili totali medio (10-12° Brix), semi assenti, fruttificazione non sempre costante, produttività media, maturazione precoce-intermedia (da fine ottobre a dicembre), varietà di riferimento per gli aspetti organolettici del frutto, da rimarcare la poca serbevolezza del frutto sulla pianta a causa di fitopatie non parassitarie.

SRA 63

Introdotta nel 1963 in Corsica dall’SRA INRA CIRAD dall’Algeria (Boufarik), da dove è stata introdotta In Italia nel 1974

Pianta di vigore medio, trattasi di una selezione sanitaria del clementine “Comune”, molto diffusa nella nostra agrumicoltura; la forma del frutto è oblata, la buccia è di colore arancio, peso medio 75 g, matura come il comune, varietà interessante per gli aspetti produttivi, frutti di pezzatura più omogenea rispetto al clementine comune.

ClemenulesMutazione di C. comune, rinvenuta a Nules (Castellón) nel 1953

Pianta con portamento espanso, con foglie più grandi del clementine comune, frutto con buccia spessa e maturazione medio-tardiva.

(segue)

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39FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

dimensioni, ma con molti semi, ri-dotti in numero nella varietà irradia-ta (Moncalina); si raccoglie da fine gennaio. Dall’Università di Riverside in California è stata selezionata Gold Nugget (mandarino Kincy x manda-rino Wilking), con pianta di elevata produttività, frutto apireno, a matura-zione tardiva (febbraio-marzo), eleva-to grado zuccherino, buccia di colore giallo pallido e molto corrugata.

Una varietà a maturazione tardiva è Orri, (incrocio tra mandarino Tem-ple e mandarino Dancy) selezionato dal Volcani Centre in Israele; si rac-coglie da febbraio ad aprile, la buccia è di colore arancio intenso e facile da sbucciare. Un’altra varietà ottenuta in Israele per mutazione indotta di Mur-cott è Mor, con frutti simili a quelli di Murcott, ma con la presenza di qual-che seme.

Un’altra linea di ricerca con cui si stanno selezionando nuove varietà è quella che prevede l’irradiazione con raggi gamma di varietà di mandarino, come Fairchild, Murcott, Moncada, ecc. ma anche di clementine come Nules; l’irradiazione consente una se-rie di vantaggi come l’assenza di spine, il superamento della fase di giovanilità, la precoce entrata in produzione, con frutti apireni, e la conservazione del-le stesse caratteristiche della pianta di origine.

Per i satsuma, tra le recenti inno-vazioni varietali selezionate e diffuse si segnala la cv Iwasaki, mutazione di Owari rinvenuta in Giappone; presen-ta albero poco vigoroso e senza spine, con polline poco vitale, frutto parteno-carpico e autoincompatibile che per-mette la produzione di frutti apireni. È sensibile alla spigatura e al colpo di sole.

Nella fase medio-tardiva si con-ferma l’interesse per la cv Afourer; i frutti sono di colore arancio inten-so, facili da sbucciare, ma soggetti a impollinazione incrociata; la buona succosità e l’elevata acidità consen-te la raccolta a febbraio. Negli ultimi anni dall’IVIA di Valencia sono stati selezionati alcuni ibridi come Mon-cada (clementine Oroval x manda-rino Kara), con pianta a portamento aperto, vigorosa, con frutto di grosse

comune alcuni caratteri pomologici quali pezzatura media, buona sbuc-ciabilità, assenza di semi, pur con leggere differenze organolettiche. Tutti gli ibridi ed i mandarini consi-derati necessitano di un’attenta vali-dazione prima della loro diffusione in quanto possono determinare im-pollinazione incrociata con varietà di clementine molto diffuse nei nostri areali, favorendo la presenza di semi nei frutti.

Varietà Origine Osservazioni

Rubino

Mutazione di C. comune isolata nel 1991 in Italia a Castrovillari (CS) dal Dr. Angelo Starrantino e dal Dr. Franco Perri

Pianta di vigore medio, chioma folta, portamento espanso, spine assenti, fruttificazione elevata e costante; la forma del frutto è oblata, la buccia è di colore arancio intenso di consistenza soffice e poco aderente, tessitura della polpa fine e deliquescente, peso medio 60-70 g. Epoca di maturazione tardiva (III dec dicembre-gennaio).

HernandinaMutazione di C. comune isolata nel 1966 in Spagna a Picassent Valencia

Pianta di vigore medio, chioma folta, le foglie sono di dimensione maggiori rispetto al Clementine “Comune”, la corteccia del tronco e delle branche è più scura, entra in produzione al secondo anno, in qualche ambiente (Corigliano Calabro e Metaponto) si è osservata una certa alternanza di produzione; la forma del frutto è oblata, la buccia è di colore arancio, in qualche frutto la parte apicale rimane verde pallido, la polpa matura prima che il frutto colori, presenza di qualche seme. Epoca di maturazione tardiva (gennaio-metà febbraio).

NourMutazione del clementine Cadoux, rinvenuta nel 1980 nella regione di Rabat in Marocco

Pianta vigorosa, di medie dimensioni, con portamento espanso foglie abbondanti e di colore verde intenso. L’entrata in produzione è tardiva, buccia di colore arancio intenso, pezzatura e sbucciabilità media, di buon sapore, semi pochi o assenti, con raccolta gennaio-febbraio.

TardivoMutazione del clementine Comune riscontrata nel 1975 dal Dofata dell’Università di Catania

Pianta di media vigoria e dimensioni, con portamento espanso foglie più grandi del clementine comune e di colore verde meno intenso; frutti di colore arancio intenso, forma subsferica, pezzatura e sbucciabilità media, di buon sapore, semi pochi o assenti, con raccolta gennaio-febbraio.

È iniziata bene la commercializza-

zione delle arance precoci e si spera che la tendenza po-sitiva prosegua an-che per le successi-ve varietà invernali, a partire dal Tarocco variamente marchia-to.

Le aspettative favorevoli sono raffor-zate dalle ottime caratteristiche orga-nolettiche che accomunano e contrad-

dist inguono le diverse varietà di arance prodotte nel comprensorio riberese, in par-ticolare l’elevato contenuto in suc-co, l’equil ibra-

to rapporto tra gli acidi e gli zuccheri, la gradevolezza e la dolcezza al gusto, ca-ratteristiche uniche e tipiche dell’Arancia di Ribera DOP, costituita perlopiù da W. Navel, clone detto anche “Brasiliano”.

L’Arancia di Ribera DOP si fa largo sui mercati

Mandalate, ibrido triploide che ha avuto una buona diffusione nell’ultimo quinquennio.

Frutti di Afourer; da notare la presenza dei semi.

(continua)

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40 FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

Dall’Università di Riverside in Ca-lifornia sono stati introdotti 3 triploidi tardivi, Shasta Gold, Tahoe Gold e Yo-

frutto che supera i 150 g di peso, di elevata succosità e colorazione anto-cianica della polpa a gennaio; si può raccogliere a partire da novembre.

In Spagna, presso l’IVIA di Valen-cia, sono stati selezionati altri ibridi triploidi tra i quali Safor e Garbì. Il pri-mo deriva dall’incrocio tra Fortune e Kara, matura tra fine febbraio e primi di marzo e può essere raccolto fino ad aprile; il frutto è di colore arancio in-tenso, facile da sbucciare, con polpa molto succosa e buon sapore; pianta di buon vigore e produzione con foglie grandi, buona l’affinità con il Citrange Carrizo. Successivamente matura Gar-bì che presenta caratteristiche simili, con raccolta nella II decade di marzo. Un triploide spontaneo è Winola (ibri-do tra Wilking e Minneola) ottenuto in Israele presso il Volcani Centre; inte-ressante per le caratteristiche del frutto e la tardività di maturazione, ha una produzione elevata ma alternante.

I triploidi

Le varietà triploidi presentano il vantaggio di produrre frutti apireni da-to lo sbilanciamento cromosomico 3X (27 cromosomi) che non determina la produzione di gameti fertili. Il CRA-ACM di Acireale è stato pioniere in tale filone di ricerca conducendo un pro-gramma di selezione sin dal 1978 che ha consentito di ottenere a partire dagli anni ’90 diverse varietà come Tacle, Clara e Camel, a cui sono seguite nel 2000 Alkantara, Mandalate e Manda-red. Le ultime selezioni sono 1: - Early Sicily, che deriva dall’incro-cio tra Clementine Oroval e Arancio Tarocco, presenta pianta vigorosa e produttiva, frutto con caratteristiche interne intermedie tra i due parentali, peso di circa 150 g e raccolta ai primi di novembre;- Sweet Sicily, presenta pianta produt-tiva e scarsamente spinescente, con

TAB. 2 - LISTA DELLE VARIETÀ DI ARANCIO A POLPA BIONDA DIFFUSE E VALUTATEVarietà Origine genetica Osservazioni

Bionde Ombelicate

Navelina VCR

Probabile mutazione spontanea di Washington navel originatasi in California, denominata Early Navel ad Acireale nel 1986 risanata con microinnesto

Pianta di medie dimensioni, forma più o meno arrotondata, interessante in quanto entra rapidamente ed abbondantemente in produzione, frutti di ottima qualità per il consumo fresco, buona la pezzatura, interessante per tutte le zone agrumicole.

Newhall VCR

Probabile mutazione spontanea di Washington navel originatasi in California, risanata con microinnesto ad Acireale nel 1983

Pianta di vigore medio, portamento rotondeggiante leggermente assurgente con chioma poco densa e di buon sviluppo. Varietà precoce, anticipa anche di qualche giorno la Navelina, nelle zone più precoci si raccoglie anche nella terza decade di ottobre. Si è ben adattata alla maggior parte delle nostre aree produttive, cercando di privilegiare quelle più precoci. Nella fase adulta manifesta alternanza di produzione.

Washington Navel

Probabilmente si originò da una mutazione spontanea in Bahía (Brasile) alla fine del XVIII secolo

Pianta di grandi dimensioni, di forma arrotondata, vigorosa, con foglia di colore scuro. La selezione W. Navel CES 3033 tende ad alternare; frutto di pezzatura elevata, semisferico, di colore arancio, meno intenso rispetto al Navelina. Ombelico molto sviluppato. Il frutto apireno tende ad asciugare, di media succosità. Si raccoglie dopo Navelina e Newhall, a partire da III decade di dicembre, è soggetto alla cascola preraccolta, che lo rende meno serbevole rispetto al Navelina.

Navelate

Si originò per mutazione spontanea di W. navel selezionata nel 1948 a Vinaroz (Castellón de la Plana-Spagna)

Pianta di grande dimensione, vigorosa, presenza di spine sui rami vigorosi, con foglie di colore verde poco intenso; frutto di pezzatura inferiore rispetto a Navelina, di forma ovale e arancio dorato, buccia fine, ombelico poco prominente, apireno, polpa succosa e di qualità, raggiunge la maturità interna prima rispetto all’esterna, per cui si può raccogliere da febbraio a maggio, è destinato al consumo fresco, è preferibile impiantarlo in zone dove è minimo il rischio di gelate tardive.

LanelateSelezionato nel 1950 in Australia come mutazione spontanea di W. navel

Pianta vigorosa, produttività media, presenta meno spine rispetto alle altre varietà di navel tardive come Navelate. Frutto di buona pezzatura, con navel poco visibile, sapore dolce mantiene le caratteristiche per molto tempo, il basso contenuto in limonina determina un sapore dolce; la maturazione è tardiva, il frutto si conserva bene sull’albero fino a giugno. Varietà interessante per prolungare il periodo di raccolta del navel.

Bionde non ombelicate

Salustiana

Si originò come mutazione spontanea della varietà di arancio Comuna, nella provincia di Valencia-Spagna

Pianta vigorosa e di buon sviluppo e dimensioni, presenta rami verticali vigorosi e foglie di colore verde chiaro. In alberi vigorosi evitare interventi di potatura intensa. Frutto di media pezzatura, di forma arrotondata, senza semi, polpa molto succosa, di sapore dolce e di qualità, si raccoglie a partire da novembre e mantiene caratteristiche commerciali interessanti per molto tempo, infatti la raccolta si protrae in primavera (dicembre-marzo).

Valencia LateProbabile mutazione riscontrata in Portogallo molti anni fa

Pianta vigorosa e di buon sviluppo; frutto di pezzatura media, elevato contenuto in succo che è leggermente acidulo, senza semi; si raccoglie a partire da aprile e i suoi frutti possono permanere per vari mesi sull’albero in buone condizioni commerciali, in estate tendono a rinverdire.

Particolare della produzione di Gold Nugget.

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purezza, in assenza di specie ed ibridi interfertili.

Dal Clementine comune, che alle ottime caratteristiche organolettiche purtroppo associa una scarsa conser-vazione sulla pianta che poi determina un deprezzamento della produzione con limitato periodo di commercializ-zazione, sono derivate direttamente o indirettamente le varietà maggiormente coltivate. Queste sono prevalentemen-te di origine spagnola, da mutazioni di Oronules e molte aspettative ricadono su di esse, specie per consentire un ampliamento del calendario di produ-zione nel periodo precoce. Tutte que-ste varietà presentano la produzione di gemme multiple nelle combinazioni di innesto con i potinnesti Citrange, che determina un minore accrescimento e uno stato debilitativo che può portare

mentine comune, probabile ibrido tra mandarino Avana e Arancio amaro Granito, osservato a Misserghin (Al-geria) da frate Clemente nel 1902, da cui il nome “Clementine”, anche se studi di caratterizzazione molecolare dell’Università di Catania attestano che sia un incrocio tra Mandarino Avana e Arancio dolce.

La diffusione di questo gruppo è avvenuta principalmente nell’area me-diterranea dove rappresenta circa 1/4 della produzione di mandarino-simili. In Italia la specie è coltivata principal-mente in Calabria, seguita da Puglia, Sicilia e Basilicata, dove ha trovato le migliori condizioni ambientali che permettono di conseguire produzioni quali-quantitativamente elevate, com-presa l’apirenia, determinata dall’auto-incompatibilità e dalla coltivazione in

semite Gold, che derivano dall’incro-cio tra (Temple x Dancy 4N) x Encore 2N; presentano frutti a maturazione tardiva (da gennaio-febbraio a marzo aprile), con pochi semi, scarsa possi-bilità di impollinazione incrociata con altri agrumi, qualità del frutto molto al-ta, colore intenso della buccia, elevato grado zuccherino e succosità; buona la tenuta del frutto sulla pianta. La pro-duttività è elevata, ma può essere al-ternante.

Il clementinePer questa specie sono disponibi-

li diverse varietà che consentirebbero di avere un calendario di produzione abbastanza ampio a partire da fine ottobre fino a febbraio. Capostipite di molte delle varietà disponibili è il Cle-

La collana “Coltura e Cultura” di Bayer CropScience si arricchisce con il vo-

lume “Gli agrumi” presentato a Catania lo scorso mese di dicembre. In oltre 580 pagine, gli Autori (oltre una sessantina) sono riusciti a condensare una mole im-portante di informazioni tecnico-scienti-fiche, ma anche storiche e culturali con il consueto rigore scientifico della collana, ma con un taglio probabilmente originale rispetto a quello dei 14 volumi che com-pongono la collana.

Nel caso de “Gli agrumi”, infatti, ci si trova sì davanti a una coltura, ma la stes-sa è riferibile ad una pluralità di specie molte delle quali di assoluta importan-za tanto a livello mondiale che con rife-rimento alla realtà della arboricoltura. Il testo assume pertanto un respiro ed una vivacità particolare laddove è costretto, per completezza di informazioni, a pas-sare, nell’ambito delle diverse sezioni in cui è articolato (botanica, storia e arte, alimentazione, paesaggio, coltivazione, ricerca, utilizzazione, mondo e mercato), da notizie comuni sugli agrumi alle spe-cificità delle singole specie che trovano poi spazio, in quanto tali, nella sezione Ricerca. In questa parte, arancio, limo-ne, mandarino e simili, pummelo e pom-pelmo, cedro, bergamotto, altri agrumi, agrumi ornamentali e, infine, i portinnesti sono trattati monograficamente con la dovuta rigorosa attenzio-ne al panorama varietale di ciascuna di esse fino alla più recente evoluzione ed attuale assetto.

Il volume, coordinato da Eugenio Tribulato e Paolo Inglese, professori presso le Università di Catania e Palermo, quasi a rappresentanza della nutrita comunità scientifica siciliana che ha contribuito all’opera, si arricchisce anche di importanti con-tributi internazionali che danno il senso dell’importanza della coltura in diversi Paesi, sia attualmente, sia in epoca remota, avendo queste specie accompagnato e caratterizzato, più di

altre, storia, arte, cultura, alimentazione e paesaggio dovunque essi si siano dif-fusi. Ad impreziosire ulteriormente il te-sto contribuiscono anche le puntuali de-scrizioni dell’agrumicoltura nei principali Paesi produttori affidate ad autentiche autorità del settore: Salvador Zaragoza per la Spagna, Mohamed El Otmani (già presidente dell’International Society of Citriculture) per il Marocco, Nir Carmi ed Eran Raveh per Israele, Duccio Caccioni per il Brasile ed, infine, per la Cina Ziniu Deng.

Ritornando agli aspetti di interesse più prettamente nazionale, non si può sottacere, a conferma dell’importan-za che il settore riveste, la presenza nell’ambito della sezione “mondo e mer-cato” di un approfondimento sui marchi DOP e IGP, attualmente oltre una dozzi-na, che oggi tutelano le eccellenze agru-micole del nostro Paese, dall’unicum rappresentato dalle arance rosse della Piana di Catania, dai limoni del siracu-sano e del sorrentino, autentici gioielli dalla storica limonicoltura italiana, a tut-te le altre eccellenze ospitate in quelli che il Prof. Crescimanno nel suo invito alla lettura descrive come i “luoghi mitici degli agrumi”, esclusivo patrimonio del nostro Paese da tutelare e promuovere e alla conoscenza dei quali questo volume

contribuisce in maniera determinante. Il libro rappresenta, inoltre, un importante strumento per gli

operatori del settore per la grande disponibilità di descrizioni e di fotografie relative al patrimonio varietale nazionale e interna-zionale attualmente a disposizione per gli impianti, nonché ai portinnesti, anche di recente costituzione, che potrebbero offrire agli agrumicoltori italiani e non solo valide alternative ai portin-nesti di più tradizionale utilizzo.

Alessandra GentileUniversità di Catania

Un libro che… profuma di zagara

IL LIBROIl volume “Gli Agrumi” (pp. 582), edito da Bayer Cropscience, a cura di Eugenio Tribulato e Paolo Inglese è reperibile nelle librerie e attraverso il sito dell’editore http://www.colturaecultura.it/. Sul sito, i contenuti dei 15 volumi della collana sono disponibili anche in formato digitale.

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42 FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

tà compatibili. Dopo qualche giorno si raccoglie Orogros o Pri 26, originatosi

di colore arancio intenso e buccia di medio spessore, facile da sbucciare; si raccoglie in Spagna a partire da metà settembre. Di pari epoca è Basol, rin-venuta nel 1999 a Castellon (Spagna), con frutti di colore arancio intenso. Cultifort, introdotta nel 1997 ad Ali-cante, con pianta di buon vigore e portamento aperto, foglie di piccole dimensioni, coriacee e di colore ver-de scuro, ha frutti simili per pezzatura ad Oronules, di colore arancio intenso; si sbuccia con facilità, è apirena ed ha un buon contenuto in succo; può però impollinare ed impollinarsi con varie-

al disseccamento della pianta. Questo fenomeno si manifesta con protuberan-ze esterne, a cui corrispondono estro-flessioni all’interno del tronco che pro-vocano un restringimento dei vasi, con una precoce entrata in produzione del-le piante e di una produttività interes-sante nei primi anni. Per risolvere tale problematica, la cui eziologia non è ancora ben chiara, viene consigliata la schermatura del tronco con materiale plastico o appositi “shelter” così come l’utilizzo di un intermedio vigoroso.

La prima a maturare è Prenules, ri-levata a Valencia nel 1996, con frutti

TAB. 3 - LISTA DELLE VARIETÀ DI MANDARINO-SIMILI DIFFUSE E VALUTATEVarietà Origine genetica Osservazioni

S. miyagawaMutazione di Citrus unshiu isolata da Tanaka nel 1923 a Fukuoka Giappone

Pianta di media vigoria, con portamento espanso, con foglie di colore verde chiaro, produttività buona e costante, buona pezzatura (100 g), con notevole contenuto in succo e sufficiente sapore, non presenta semi; buccia sottile ed aderente alla polpa, si sbuccia facilmente; si può raccogliere a partire dalla III decade settembre, varietà interessante per la produttività abbondante e costante, la pezzatura dei frutti, il sapore si discosta da quello del clementine comune, frutto soggetto ad attacchi di Mosca mediterranea.

Nova

Noto in Spagna con il nome di Clemenvilla, è un ibrido tra C. Comune e Tangelo Orlando ottenuto da Gardner e Bellows in Florida nel 1942

Pianta buon vigore e sviluppo, buona pezzatura (100 g), con notevole contenuto in succo, sapore particolare, apireno anche se può essere soggetto ad impollinazione incrociata, si sbuccia con difficoltà, si può raccogliere a partire da fine dicembre, momento in cui il frutto raggiunge un buon colore e tessitura fine della polpa. Nella parte peduncolare può presentare una lesione che può dare problemi di conservabilità. Produttività buona, difficile da sbucciare e sapore differente dal clementine comune.

FortuneIbrido tra C. Comune e Mandarino Dancy ottenuto da Furr in California nel 1964

Pianta di buona vigoria e sviluppo, buona pezzatura (100 g), con notevole contenuto in succo, non presenta semi, può essere soggetto ad impollinazione incrociata se vicino a varietà compatibili. Livello di acidità molto elevato da considerare per determinare la giusta epoca di raccolta. Può presentare problemi di conservabilità della buccia; tardivo si può raccogliere a partire da marzo, sempre che abbia raggiunto un elevato grado zuccherino. Produttività buona, buccia soggetta a fitopatie fungine (Alternaria citri) e non parassitarie.

Tacle

Ibrido triploide ottenuto nel 1980 presso il CRA ACM di Acireale dall’incrocio tra il clementine Monreal e l’arancio Tarocco tetraploide

Pianta vigorosa e a portamenteo assurgente, spinescente, con frutti di colore arancio, con buccia molto papillata e peso medio di 150 g, attacco del peduncolo scarso che li rende soggetti alla cascola preraccolta. Polpa molto succosa con zuccheri ed acidità medi e semi assenti, di colore arancio intenso e leggere screziature antocianiche. Si raccoglie tra fine dicembre e gennaio.

Mandared

Ibrido triploide ottenuto dall’incrocio del clementine di “Nules” (2x) x arancio Tarocco (4x), costituito e brevettato dai ricercatori del CRA-ACM di Acireale (CT) Giuseppe Reforgiato Recupero, Giuseppe Russo e Santo Recupero

Pianta di sviluppo elevato, habitus vegetativo assurgente-espanso, presenta spine di medie dimensioni. Foglie di forma ellittica con apice appuntito, simili a quelle del Tarocco, di forma oblata, peso medio di circa 170 g, buccia sottile di grana fine di colore arancio intenso, pigmentata a maturità, la raccolta inizia a metà febbraio e si prolunga sino ad aprile. Questo ibrido presenta l’interessante caratteristica dell’apirenia e della sterilità del polline pertanto non induce formazione di semi nei frutti di altre cultivar di agrumi. Presenta una pezzatura elevata per essere un “easy peeling” (di facile sbucciatura). Il sapore è intermedio tra quello del clementine e del Tarocco. Soggetta a cascola dei frutti in preraccolta.

Mandalate

Ibrido triploide ottenuto dall’incrocio del mandarino “Fortune” (2x) x mandarino “Avana” (4x), costituito e brevettato dai ricercatori del CRA-ISAGRU di Acireale (CT) Giuseppe Reforgiato Recupero, Giuseppe Russo e Santo Recupero

Pianta di sviluppo medio, habitus vegetativo espanso, presenta spine di piccole dimensioni. Foglie di forma ellittica con apice appuntito, di forma oblata; frutto con peso medio di circa 100 g, con buccia sottile a grana fine, di colore arancione, con epoca di maturazione tardiva, la raccolta inizia a fine febbraio e si prolunga sino ad aprile. I frutti resistono bene sulle piante e non tendono ad asciugare, sensibile alla cascola preraccolta ed ai colpi di sole. Interessante per l’apirenia e la sterilità del polline, non induce formazione di semi nei frutti di altre cultivar di agrumi. L’entrata in produzione precoce. Il sapore è simile a mandarino Avana.

Avana

Specie introdotta nei primi anni del XIX secolo dalla Cina, da cui sono derivate diverse varietà tra cui l’Avana

Pianta vigorosa e a portamento rotondeggiante con chioma densa, spinescente, con foglie piccole; frutti di colore arancio paglierino, di forma oblata, con buccia sottile e finemente punteggiata, con peso medio di 80 g, polpa mediamente succosa, con zuccheri ed acidità medi, con pochi semi. fruttificazione alternante, produttività media epoca di maturazione a dicembre, e scarsa persistenza dei frutti sulla pianta.

Tardivo di Ciaculli

Mutazione di Avana rinvenuta nell’omonima borgata della Conca d’Oro nei pressi di Palermo

Pianta vigorosa, con chioma rotondeggiante e densa, spine presenti, con frutti di circa 80 g di peso, con buccia di colore arancio paglierino, con resa in succo alta e zuccheri ed acidi medi, presenta semi. Fruttificazione alternante con produttività medio-alta, con persitenza del frutto sulla pianta bassa.

Prenules, varietà di clementine a maturazione precoce.

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rate; è il caso dell’enor-me patrimonio di varie-tà registrate nell’ambito del Servizio nazionale di Certificazione volontaria del Mipaaf, ricco di un numero di accessioni in grado di coprire tutto il calendario di maturazio-ne (101 varietà e 12 por-tinnesti; figura a fianco). Trattasi di accessioni ac-certate per la corrispon-denza varietale e certe sotto il profilo sanitario che alimentano il proces-so di certificazione del

materiale di propagazione degli agrumi nel nostro Paese. Anche nel caso di varietà datate e consolida-te, proprio perché provenienti da sele-zione genetico-sanitaria, si esprimono caratteri migliorativi che hanno supe-rato le iniziali diffidenze degli agrumi-coltori. Utilizzando questo materiale si opera altresì in maniera attiva e reale la prevenzione verso l’introduzione e diffusione di pericolosi organismi no-civi che rischiano di compromettere in maniera definitiva l’agrumicoltura na-zionale e mediterranea.

Conclusioni

Quanto sopra illustrato rappresen-ta lo scenario dell’innovazione varie-tale degli agrumi nel breve e medio periodo; un’innovazione che, è bene sottolineare e ripetere, merita di essere interpretata correttamente per produrre i benefici e i vantaggi che imprendito-ri e consumatori si aspettano. Affianco ad essa non va però trascurato che il “sistema Italia” vanta anche eccellenze e possibilità ancora scarsamente esplo-

da mutazione spontanea di Oronules, scoperta nel 1996 a Valencia, simile al precedente per caratteri della pianta e del frutto. Nella fase tardiva per ir-radiazione di Clemenules è stata otte-nuta Clemenverd, che matura da metà gennaio, con colorazione della buccia ritardata.

Particolare della produzione di Clemenrubì, introdotta in Italia da circa 10 anni.

Elenco del materiale cat. “Base” disponibile in Italia.

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 201444

Tecnica DOSSIER AGRUMI

G. RUSSO1 - G. SORRENTINO1 - C. LICCIARDELLO1 - P. CARUSO1 - M. CARUSO1 - M. P. RUSSO1 - D. PIETRO PAOLO1 - M. GUARDO1 - G. LAS CASAS1 - G. VARRICA1 - G. REFORGIATO RECUPERO1 - R. ZURRU2 - B. DEIDDA2 - M. MULAS3 C. MENNONE4 - A. SILLETTI4 - A. IPPOLITO5 - A. DI LEO6 - S. FILIPPELLI6 - A. LEUZZI61 Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura – Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee (CRA-ACM), Acireale (Ct)2 Agris Sardegna - Agenzia regionale per la ricerca in agricoltura - Dipartimento per la ricerca nella arboricoltura (Cagliari)3 Dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio - Università di Sassari4 Alsia Basilicata - Azienda Agricola Sperimentale Dimostrativa Pantanello, Metaponto (Mt) 5 Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti - Università “Aldo Moro” di Bari6 Azienda Regionale per lo sviluppo dell’agricoltura calabrese - Centro Sperimentale dimostrativo di Mirto Crosia (Cs)

La riconversione dell’agrumicoltura passa dai portinnesti tolleranti il CTV

La recente diffusione del Citrus Tristeza Virus (CTV) ha spinto un numero consistente di azien-

de agrumicole a riconvertire i loro impianti utilizzando portinnesti tolle-ranti quali i Citrange Troyer, Carrizo e C35 ed il Citrumelo Swingle. L’utiliz-zo di materiale vegetale non control-lato evidenzia i rischi in questi nuovi soggetti connessi alla trasmissione di patogeni endemici, non dannosi nella combinazione con arancio amaro. In particolare, nel corso di un monitorag-gio effettuato nel 2013 è stata riscon-trata in alcuni impianti la presenza di piante infette dal viroide dell’Exocor-tite (CEVd) (Fig. 1) e del viroide della Cacchexia (HVSd). Considerato che CEVd viene facilmente trasmesso con gli attrezzi di potatura, anche valori bassi di infezione destano preoccupa-zione. Il problema è ulteriormente ag-gravato da una parziale riconversione: la coesistenza di vecchi e nuovi im-

Anni di test svolti in più ambienti agrumicoli italiani con i soggetti disponibili, confermano la necessità di selezionare nuovi genotipi resistenti alle patologie più pericolose e agli stress pedo-climatici. Le potenzialità genetiche all’interno del genere Citrus e affini sono ancora lontane dall’essere esplorate per un efficace lavoro di miglioramento dei portinnesti.

Fig. 1 - Sintomi evidenti di CEVd in Citrange Troyer.

Fig. 2 - Pianta di arancio dolce cv. Tarocco nucellare 57-1E-1 su Citrange Troyer infetta da DRR, con dettaglio della sezione del tronco.

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45FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

Guidelines” della California è ripor-tato: “Anche se la malattia è normal-mente un problema cronico che gene-ralmente colpisce solo poche piante, può rivestire in alcuni casi carattere di epidemia. È causata da Fusarium so-lani che risulta in grado di infettare le radici principali e la zona del colletto. F. solani in genere è un fungo saprofita normalmente presente nel terreno e si sviluppa nel legno morto o comunque debilitato. I fattori predisponenti lo sviluppo del marciume radicale secco non sono ancora ben conosciuti, ma di certo sono coinvolti lo stress del-la pianta e le lesioni della corteccia che permettono la penetrazione e lo sviluppo di F. solani nel legno, con possibile conseguente morte della pianta. Per una buona gestione dell’a-grumeto particolare attenzione deve essere rivolta all’irrigazione, ritenuta essenziale per prevenire lo sviluppo della malattia”. Certamente si ha un ragionevole sospetto che l’utilizzo del sistema di irrigazione a “baffo”, che determina una bagnatura continua del tronco, possa aver contribuito no-tevolmente nel passato ad esaltare la sensibilità dei Citrange a questa malat-tia. Una cattiva conduzione dell’agru-meto anche durante l’allevamento in vivaio è sicuramente un elemento che può contribuire a esaltare l’incidenza del fenomeno.

Infine, vale la pena sottolineare due recenti casi di alterazioni riscontrate definibili “genetiche”, in quanto non imputabili ad agenti esterni. Il primo è un’incompatibilità di innesto che l’a-rancio Navel Fukumoto manifesta in combinazione con il Citrange, in par-ticolare con il C35 (Fig. 3) che causa

da CEVd, HSVd e altri viroidi superava il 62,5% (Caruso et al., 2007).

Un discorso a parte merita il “mar-ciume radicale secco” (DRR-fusariosi) (Fig. 2). Nell’”UC Pest Management

pianti, favorita anche dalla difficile si-tuazione economica, esalta la possibi-lità di ulteriori infezioni. Durante una verifica effettuata in vecchi impianti siciliani, la presenza di piante infette

Fig. 3 - Pianta di Fukumoto innestata su C35 morta per disaffinità di innesto.

Fig. 4 - Il fenomeno delle gemme multiple in una pianta di clementine Corsica 2.

TAB. 1 - INFLUENZA SU PRODUZIONE CUMULATA, VOLUME DELLA CHIOMA ED EFFICIENZA PRODUTTIVA DI CINQUE PORTINNESTI SU QUATTRO CULTIVAR DI CLEMENTINE

PortinnestiProduzione

cumulata (kg)Volume chioma

(m³)Efficienza

produttiva (kg/m³)

Caffin

1 Arancio amaro 144 b 11,8 b 12,8 ab

2 Alemow 270 d 11,5 b 24,0 b

3 Ar. trifogl. Flying Dragon 80 a 2,3 a 37,0 c

4 Citrumelo Swingle 203 c 12,3 b 169 ab

5 Citrange Carrizo 170 bc 14,2 b 121 a

Rubino

1 Arancio amaro 173 b 8,2 b 21,5 a

2 Alemow 285 c 11,1 c 26,0 ab

3 Ar. trifogl. Flying Dragon 49 a 1,4 a 36,3 c

4 Citrumelo Swingle 189 b 7,0 b 27,1 ab

5 Citrange Carrizo 227 bc 8,7 bc 26,5 ab

Spinoso

1 Arancio amaro 203 b 12,7 b 16,2 ab

2 Alemow 329 c 12,9 b 26,3 b

3 Ar. trifogl. Flying Dragon 45 a 3,2 a 14,8 a

4 Citrumelo Swingle 248 bc 14,0 bc 17,8 ab

5 Citrange Carrizo 297 c 17,2 c 17,4 ab

SRA 63

1 Arancio amaro 217 b 16,8 b 13,2 a

2 Alemow 516 d 16,2 b 32,5 b

3 Ar. trifogl. Flying Dragon 90 a 3,2 a 28,9 b

4 Citrumelo Swingle 382 c 16,6 b 23,3 ab

5 Citrange Carrizo 425 c 18,6 b 23,5 b

Lettere maiuscole p≤0,01; Lettere minuscole p≤0,05 secondo il test di Tukey.

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utilizzando uno schema a randomiz-zazione completa, in cui ogni singolo individuo rappresenta una ripetizione. Vengono riportati i risultati della valu-tazione dell’ultimo quinquennio 2007-11, espressi come (a) produzione me-dia cumulata; (b) volume della chioma rilevato nell’ultimo anno; (c) efficienza produttiva (rapporto tra produzione cu-mulata e volume della chioma rilevato nell’ultimo anno) (Tab. 1).

Alemow, con tutte le selezioni di clementine, ha indotto la più elevata produzione cumulata seguito da Car-rizo e Swingle. L’Arancio amaro per le varietà Caffin, Spinoso e SRA 63 ha in-dotto una produzione più bassa rispet-to a Swingle e Carrizo, non attribuibile però ad infezioni da CTV. In termini di caratteristiche qualitative (Fig. 5a, b, c,

Alcuni risultati delle prove di portinnesti

Il clementine nella Piana di Sibari

Nel maggio del 2002 presso l’Az. sperimentale di Mirto Crosia (Cs) dell’Azienda regionale per lo svilup-po dell’agricoltura calabrese (Arsac), all’interno di un areale tipico per la col-tivazione del clementine, è stata effet-tuata una prova utilizzando due culti-var di clementine precoci (Caffin e Spi-noso VCR), una a maturazione media (SRA 63) e una tardiva (Rubino VCR), tutte innestate su 5 portinnesti (Aran-cio amaro, Citrange Carrizo, Citrume-lo Swingle, Flying Dragon e Alemow). L’impianto è ubicato su un terreno sab-bioso a pH 8,26, con sesto di 5x4 m,

il deperimento e la morte della pianta dopo pochi anni dall’impianto. Il se-condo si osserva su alcune selezioni di clementine (Clemenrubì, Corsica 2 ed SRA 89) ed è la presenza di gemme multiple localizzate prevalentemente nella zona attorno il punto di innesto (Fig. 4). Il fenomeno, che sembrereb-be causato da un’alterata regolazione ormonale, produce sintomi dopo un certo numero di anni simili a quelli di una incompatibilità di innesto, a cui fa seguito uno stentato sviluppo della pianta. Purtroppo il dinamismo varie-tale impedisce una validazione di tutti gli aspetti riguardanti la valutazione di una cultivar, ancor di più nei riguardi di quelli che non sono facilmente pre-vedibili o che si presentano dopo molti anni dall’impianto.

Fig. 5 - Caratteristiche qualitative di clementine Spinoso (a), Caffin (b), SRA 63 (c), Rubino (d) su cinque portinnesti a Mirto Crosia (Cs).

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su arancio Poorman hanno evidenzia-to la più elevata produttività. Segue un esteso gruppo di portinnesti con produ-zioni medie statisticamente non diffe-renti, variabili tra 40 e 62 kg. La produ-zione più bassa è stata osservata nelle piante innestate su Siamelo, Arancio trifogliato Argentina e Tangelo Orlan-do. La bassa produttività osservata per Siamelo è in disaccordo con la positiva valutazione osservata in precedenza (Reforgiato Recupero et al., 1992); per quest’ultimo portinnesto si ricorda la buona tolleranza alle infezioni radicali di mal secco (Nigro et al., 2011).

Per quanto riguarda la qualità, si conferma il minore contenuto di soli-di solubili ed acidità dei frutti prodotti dalle piante innestate su Alemow (dati non riportati). La più elevata produtti-vità rilevata nelle piante di Navelina ISA 315 innestate su arancio Poorman conferma la positiva valutazione osser-vata in una precedente prova in Israele (Mendel, 1971); la sensibilità al CTV successivamente riscontrata (Bitters, 1986) non ha tuttavia incoraggiato la sua ulteriore diffusione.

L’arancio Washington Navel ed il clementine Comune in Sardegna

Obiettivo della prova è migliorare la produttività dell’arancio Washington Navel nucellare Frost e del clementine Comune, soprattutto con riferimento alle aree della Sardegna che presenta-no caratteristiche di marginalità, attra-

ti caratteristiche qualitative indotte (eccessiva riduzione degli zuccheri e dell’acidità); non è di secondaria im-portanza la sua sensibilità a CTV.

L’Arancio Navelina in Basilicata

Presso l’Az. sperimentale di Panta-nello dell’Alsia Basilicata quindici por-tinnesti sono stati messi a dimora nel 1983 su un terreno contenente 73,5% di sabbia, 5% di limo e 21,5% di argil-la ed innestati l’anno successivo con Navelina ISA 315. Vengono riportati i risultati della valutazione del quin-quennio 2008-12 espressi come (a) produzione media; (b) volume della chioma rilevato nell’ultimo anno; (c) efficienza produttiva (Tab. 2). A seguito dei dati riportati, in alcuni casi, la va-lutazione si discosta da quella espressa in una precedente nota che riferiva sul comportamento produttivo dopo otto anni dall’impianto (Reforgiato Recupe-ro et al., 1992). Il maggior numero di piante morte è stato registrato su Swin-gle e Tangelo Orlando con una morta-lità rispettivamente del 66 e 50%, men-tre su Alemow, Flying Dragon, Ichang Pummelo e Arancio amaro non è stata notata alcuna perdita; i restanti portin-nesti hanno presentato comportamento intermedio. La sensibilità alla deficien-za di ferro è stata certamente la causa prevalente che ha determinato la morte delle piante innestate su Swingle. Sul-la base dei risultati nella tabella 2, le piante di Navelina ISA 315 innestate

d), Alemow ha indotto una riduzione dei solidi solubili totali e dell’acidità, mentre con Flying Dragon è stato gene-ralmente osservato il contenuto più ele-vato. L’eccessivo nanismo indotto da Flying Dragon non rende conveniente il suo utilizzo; anche ipotizzando di raddoppiare la densità di impianto; la produzione cumulata (Tab. 1) sarebbe sempre inferiore a quella ottenibile con Carrizo e Swingle. Vale la pena notare che solo alcune piante di Swingle, do-po 10 anni dall’impianto, hanno evi-denziato sintomi fogliari riconducibili ad una lieve carenza di ferro nelle fo-glie apicali poste nella parte più bassa della chioma. L’Alemow, anche se in grado di indurre notevoli produzioni, si conferma un soggetto non adatto ai nuovi impianti a causa delle scaden-

TAB. 2 - INFLUENZA SU PRODUZIONE MEDIA, VOLUME DELLA CHIOMA ED EFFICIENZA PRODUTTIVA DI QUINDICI PORTINNESTI PER L’ARANCIO NAVELINA ISA 315

PortinnestoProduzione media

(kg/pianta)Volume chioma

(m³)Efficienza

produttiva (kg/m³)

Tangelo Orlando 13,1 d 7,5 cd 1,74 d

Ar. trifogl. Argentina 16,0 d 6,4 d 2,50 c

Siamelo 37,3 c 13,3 b 2,81 c

Citrange Troyer 40,4 bc 11,0 c 3,68 b

Ar. trifogl. Rubidoux 41,0 bc 9,07 c 4,53 ab

Ar. trifogl. Flying Dragon 46,6 bc 8,2 c 5,70 a

Ar. trifogl. Yamaguchi 46,6 bc 13,7 b 3,40 bc

Pummelo Ichang 49,2 bc 11,2 bc 4,40 ab

Ar. amaro Platania 52,4 b 13,4 b 3,90 b

Ar. amaro S. Marina 1 56,7 b 12,3 b 4,60 ab

Citrange Carrizo 57,3 b 11,8 bc 4,84 ab

Citrumelo Swingle 57,7 b 11,4 c 5,07 a

Mand. Tachibana 58,2 b 13,0 b 4,49 ab

Alemow 62,4 b 13,0 b 4,81 ab

Arancio Poorman 92,8 a 17,2 a 5,40l a

Lettere maiuscole p≤0,01; Lettere minuscole p≤0,05 secondo il test di Tukey.

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sentati) i caratteri fisici e chimici del frut-to nelle diverse combinazioni d’innesto, sia con l’arancio che con il clementine, non presentano significative differenze. Da evidenziare in entrambe le varietà un ritardo nella maturazione dei frutti delle piante innestate su Swingle, sia per un minore indice di maturazione, dovuto alla maggiore acidità (seppure con valori di solidi solubili fra i più alti), sia per un ritardo nella colorazione dei frutti. È stata inoltre notata la tendenza ad una minore pezzatura dei frutti di clementine prodotti su Carrizo.

ConclusioniÈ rilevante constatare che anche in

ambienti quali Uta (Ca) e Mirto Crosia (Cs), dove non è stata rilevata la pre-senza di infezioni da CTV, l’Arancio amaro, soggetto utilizzato nella nostra agrumicoltura in maniera quasi esclu-siva, induce caratteristiche produttive di minore rilievo rispetto a molti altri portinnesti. Nella prova in Sardegna, F5 P12, F6 P13 e Citrumelo Swingle, rispetto ad arancio amaro e Citrange Carrizo (Tab. 3a,b), sembrano poter migliorare sensibilmente la produttività di arancio e clementine con caratteri-stiche qualitative dei frutti comparabi-li. Questi portinnesti non evidenziano sintomi di clorosi ferrica in Sardegna, in ragione dei bassi contenuti di cal-care attivo nell’area dell’esperienza riportata. Risultati molto simili erano stati ottenuti in Sicilia a Palazzelli (Sr) per l’arancio Tarocco TDV (Reforgiato Recupero et al., 1992). Va però tenuto presente che i contenuti in calcare atti-vo (4,5%) del terreno della prova di Pa-lazzelli avevano determinato dopo 10-12 anni dall’impianto vistosi sintomi di carenza di ferro nel Citrumelo Swingle, nell’arancio trifogliato ed in molti dei suoi ibridi con C. latipes. Nella prova a Palazzelli una ridotta sensibilità alla clorosi ferrica è stata notata con il sog-getto F6 P12, mentre i Citrange Troyer e Carrizo hanno evidenziato, per que-sta deficienza ed in queste condizioni di terreno, un comportamento molto simile a quello dell’Arancio amaro.

Il Citrumelo Swingle è un soggetto lungamente sperimentato e validato in diversi ambienti pedoclimatici. La notevole vigoria e tolleranza a diversi stress biotici (Phytophthora, “marciu-me radicale secco”, CTV) ed abiotici (freddo) inizialmente prospettava un suo favorevole utilizzo. In uno dei pri-mi rapporti (Wutsher, 1974) il Swingle veniva definito “un portinnesto ultra-

latipes e arancio trifogliato) ed il Ci-trumelo Swingle hanno confermato di indurre la produttività più elevata per il W. Navel, come produzioni cumulate di dodici anni, anche se statisticamen-te non si differenziano da F13 P23. La stessa tendenza viene osservata con il clementine anche se solo F5 P12 si di-scosta in misura statisticamente signi-ficativa. È interessante osservare che gli standard Arancio amaro e Carrizo, insieme a F4 P6, sono rientrati tra i por-tinnesti che inducevano le più basse caratteristiche produttive in Washing-ton Navel. Anche nella prova effettuata in Sicilia per l’arancio Tarocco TDV (Reforgiato Recupero et al., 1992), F5 P12, F6 P13 e Swingle erano risultati tra i soggetti in grado di indurre le pro-duzioni più elevate.

Sul piano qualitativo (dati non pre-

verso l’individuazione di soggetti alter-nativi a quelli standard (arancio amaro, Citrange Troyer e Carrizo e Arancio tri-fogliato), in grado anche di indurre pre-gevoli caratteristiche qualitative. L’im-pianto è stato effettuato nel 1996 in località Coccodi, comune di Uta (Ca), in un terreno contenente il 68% di sab-bia, il 15% di limo, il 17% di argilla, a prevalente contenuto di scheletro; pH 6,8; calcio in tracce. Come varietà so-no state utilizzate l’arancio W. Navel ed il clementine SRA 92, innestate su otto portinnesti, con 10 replicazioni di un’unica pianta, adottando uno sche-ma sperimentale a blocco randomiz-zato.

I risultati ottenuti (Tab. 3A) eviden-ziano che i portinnesti ibridi F5 P12 e F6 P13 (ottenuti presso CRA-ACM da un incrocio effettuato nel 1968 tra C.

TAB. 3A - INFLUENZA SU PRODUZIONE CUMULATA, VOLUME DELLA CHIOMA ED EFFICIENZA PRODUTTIVA DI OTTO PORTINNESTI SU WASHINGTON NAVEL NUCELLARE FROST A UTA (CA)

Portinnesto

Produzione cumulata

(kg/pianta)

Volume chioma (m³)

Efficienza produttiva

(kg/m³)

Produzione cumulata

(kg/pianta)

Triennio 10/11-12/1312 anni

01/02- 12/13

Citrange Carrizo 126 d 15,0 d 2,8 a 377 c

Arancio amaro 134 d 18,5 cd 2,4 ab 379 c

F4-P6 158b cd 16,9 d 3,1 a 457 bc

F4-P2 149 cd 17,6 d 2,8 a 476 b

F13-P23 183 ab 22,4 b 2,7 a 533 ab

Citrumelo Swingle 205 a 21,6 bc 3,2 a 588 a

F6-P13 187 ab 24,1 b 2,6 a 612 a

F5-P12 170 bc 31,6 a 1,8 b 622 a

Separazione delle medie mediante multiple range test di Duncan per P≤ 0.05.

TAB. 3B - INFLUENZA SU PRODUZIONE CUMULATA, VOLUME DELLA CHIOMA ED EFFICIENZA PRODUTTIVA DI OTTO PORTINNESTI SU CLEMENTINE SRA 92 A UTA (CA)

Portinnesto

Produzione cumulata

(kg/pianta)

Volume chioma (m³)

Efficienza produttiva

(kg/m³)

Produzione cumulata

(kg/pianta)

Triennio 10/11-12/1312 anni

01/02- 12/13

F4-P6 92 c 7,2c 4,3 a 183 d

Arancio amaro 148 bc 18,0 b 2,7 a 286 cd

Citrange Carrizo 147 abc 19,6 b 2,5 a 321 cd

F8-P3 144 bc 18,7 b 2,6 a 322 cd

F6-P20 140 bc 16,6 b 2,8 a 363 bc

Citrumelo Swingle 165 ab 20,6 b 2,7 a 422 abc

F6-P13 205 ab 20,3 b 3,4 a 509 ab

F5-P12 217 a 29,1 a 2,5 a 550 a

Separazione delle medie mediante multiple range test di Duncan per P≤ 0.05.

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49FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

and/or the management of the plant, in the nur-sery or in the field, appear to be the main respon-sible factors.

CRA-ACM (Centro di Ricerca per l’Agrumi-coltura e le Colture Mediterranee), with the co-operation with Agris Sardegna (Agenzia regiona-le per la ricerca in agricoltura), Alsia (Azienda Agricola Sperimentale Dimostrativa Pantanello di Metaponto) and ARSAC (Azienda Regionale per lo sviluppo dell’agricoltura calabrese, Cen-tro Sperimentale dimostrativo di Mirto Crosia, Cosenza) in the past carried out several trials of rootstocks for sweet orange and clementine. Thanks to the variability of soil and environmen-tal conditions, it is possible to draw significant in-dications of undoubted value to guide the choice in new plantings.

BIBLIOGRAFIA

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Mendel, K. 1971. Poorman: a promising ro-otstock for Israeli citrus. HortSci 6:45-46.

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Wutsher, H.K. 1974. Swingle citrumelo: An ultraresistant rootstock. Citrograph, 387–391.

RIASSUNTO

L’emergenza determinata dalla diffusione di Citrus Tristeza Virus (CTV) sta comportando nei nuovi impianti agrumicoli la sostituzione dell’a-rancio amaro per la sua nota sensibilità. La scelta di nuovi soggetti richiede un’approfondita cono-scenza riguardante (a) adattabilità alle diverse condizioni pedo-climatiche, (b) risposta vegeto-produttiva in combinazione con le diverse specie e cultivar, (c) resistenza o tolleranza a stress bio-tici ed abiotici, in modo da prevenire eventuali insuccessi.

Prendendo spunto da recenti casi di fisiopatie rilevati in alcuni dei nuovi impianti commerciali, gli autori intendono presentare una panoramica aggiornata sulle principali anomalie riscontrate. Lo stato sanitario della varietà, le caratteristiche del terreno e/o la gestione della pianta, in vivaio o direttamente in campo, sembrano essere i prin-cipali fattori responsabili.

CRA-ACM (Centro di Ricerca per l’Agrumi-coltura e le Colture Mediterranee), in collabo-razione con Agris Sardegna (Agenzia regionale per la ricerca in agricoltura), Alsia (Azienda Agri-cola Sperimentale Dimostrativa Pantanello di Metaponto) e ARSAC (Azienda Regionale per lo sviluppo dell’agricoltura calabrese, Centro Speri-mentale dimostrativo di Mirto Crosia, Cosenza) ha effettuato in passato diverse prove di portin-nesti per l’arancio dolce ed il clementine che, anche grazie alla variabilità dell’ambiente pedo-climatico, hanno consentito di trarre indicazioni significative di indubbio valore per orientare la scelta nei nuovi impianti.

SUMMARY

The emergency determined by the diffusion of Citrus Tristeza Virus (CTV) is behaving in new replantings to replace the sour orange citrus for its sensitivity. The choice of new stocks requires in-depth knowledge concerning (a) adaptability to different climatic conditions, (b) productive re-sponse in combination with the different species and cultivars, (c) resistance or tolerance to biotic and abiotic stresses, in order to prevent failure risk.

The authors intend to present an updated overview of physiological disorders recently de-tected in some of the commercial plantings. The state of health of the variety, soil characteristics

resistente”. Certamente la sensibilità alla clorosi ferrica rappresenta un no-tevole deterrente al suo utilizzo anche nei terreni con modesto contenuto in calcare attivo. Inoltre, la sua sensibili-tà al calcare attivo si evolve anche se lentamente nel corso degli anni. Nella prova con il Tarocco TDV a Palazzelli (Reforgiato Recupero et al., 2009), co-sì come a Metaponto per il Navelina (Reforgiato Recupero et al., 1992), per i primi 8 anni dall’impianto non si sono mai osservati sintomi di deficienza; una presenza leggera e non generalizzata di sintomi è continuata per altri 2-3 an-ni, ma successivamente la deficienza di ferro si è esaltata sino a provocare in alcuni casi la morte della pianta. Nella prova di Metaponto si è constatata la perdita del 66% delle piante innestate su Swingle, ma va precisato che non si è mai intervenuto con composti spe-cifici (es. sequestrene), allo scopo di verificare la capacità di reazione della pianta escludendo agenti esterni. Va inoltre aggiunto che nei terreni sabbio-si della prova in Sardegna dopo 17 an-ni dall’impianto e nei terreni vulcanici del territorio etneo nella provincia di Catania in prove di reimpianto anche dopo 30 anni, non è mai stato osserva-to alcun sintomo di deficienza di ferro. Certamente la capacità di utilizzo dei soggetti sensibili alla carenza di ferro in alcuni ambienti siciliani va vista in relazione al contenuto in calcare attivo ed alla convenienza economica dell’u-so di un eventuale correttivo.

In tutte le prove il comportamento produttivo dei Citrange è stato simile o superiore a quello dell’Arancio amaro (a seconda della varietà e/o dell’am-biente pedoclimatico), confermando la loro capacità di sostituire quest’ultimo. La bassa qualità dei frutti delle piante innestate su Alemow, così come la sua sensibilità al CTV, sono elementi che dovrebbero scoraggiarne la diffusione in impianti commerciali, pur essendo in grado di indurre un’elevata produtti-vità e di evidenziare una notevole tol-leranza al calcare attivo. Un’eccezione per Alemow potrebbe essere rappre-sentata dal limone, con le limitazioni determinate dalla necessità di utilizza-re materiale risanato ed esclusivamen-te in ambienti pedoclimatici caratte-rizzati da bassa presenza di inoculo di Phoma tracheiphila.

I nostri risultati confermano ancora una volta come le potenzialità all’inter-no del genere Citrus e affini sono lungi dall’essere esplorate per il migliora-mento genetico del portinnesto.

Fig. 6 - Sviluppo e produttività ben equilibrati di una pianta di Washington Navel nucellare Frost su F5P12 a Uta (Ca).

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 201450

Tecnica DOSSIER AGRUMI

SILVIA DI SILVESTRO - MARIA CONCETTA STRANO - GIUSEPPE RUSSOConsiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura - Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee, Acireale (Ct)

L’applicazione della lotta integrata è diventata un obbligo che dà l’opportunità di impiegare diverse strategie di difesa lasciando come extrema ratio il trattamento con sostanze attive. Non esiste un protocollo operativo universale, ma il buon senso suggerisce di integrare prevenzione, interventi colturali, monitoraggio dei principali fitofagi senza trascurare le condizioni climatiche.

Lotta integrata contro gli insetti dannosiè obbligatoria ed è un’opportunità

La lotta integrata non è una nuo-va strategia di difesa delle colture; infatti, le sperimentazioni in Italia

erano già ampiamente diffuse negli an-ni ’80 e all’epoca si erano già insediate numerose biofabbriche di insetti utili da impiegare in agricoltura biologica. Anche l’attenzione delle multinazio-nali verso la produzione di prodotti fi-tosanitari a basso impatto ambientale da usare in agricoltura è in continua crescita; infatti, è in aumento la com-mercializzazione di dispositivi di dife-sa che non prevedano il contatto con i prodotti eduli, come trappole per la cattura massale ed erogatori di feromo-ni. Se in passato l’impiego di tecniche di protezione delle colture rispetto-se dell’ambiente era una libera scelta dell’agricoltore, dal 1 gennaio 2014 è un obbligo, in seguito al DL 150 del 14 agosto 2012, attuazione della direttiva 2009/128/Ce. La direttiva, oltre a istitu-ire un quadro per l’azione comunitaria relativo all’utilizzo sostenibile dei pe-sticidi, ne definisce la principale fina-lità: “l’obiettivo della difesa integrata è la produzione di colture sane con me-todi che perturbino il meno possibile

se colture gli agenti dannosi, le prati-che di difesa agronomica, biologica e chimica. Nel disciplinare regionale di difesa integrata della Regione Sicilia, per esempio, le soglie d’intervento so-no minuziosamente dettagliate per cia-scun agente di danno, ma spesso si fa riferimento all’osservazione della fase evolutiva specifica dell’insetto, oppure al picco dei voli degli adulti; in altri ca-si, più semplicemente, all’osservazione del danno provocato dall’infestazione. È evidente che è necessario avere dime-

gli ecosistemi agricoli e che promuo-vano i meccanismi naturali di controllo fitosanitario”.

La consapevolezza che l’ecosiste-ma agrumeto, coltivato con tecniche convenzionali, è “dipendente” dall’uso dei fitofarmaci, conduce alla conclu-sione che per ridurne le dosi di impiego sia necessario rispettare i punti cardine della difesa integrata. I principi genera-li previsti dalla normativa vigente (all. 3 direttiva 2009/128/Ce) e di seguito brevemente descritti, sintetizzano le pratiche da applicare per prevenire la diffusione degli agenti di danno:

-leranti gli organismi dannosi;

-ganismi nocivi, utilizzando materiale vegetale di propagazione certificato “sano”;

impiegando prodotti selettivi;-

sione o avvertimento;-

tivi come erogatori di feromoni e lanci di nemici naturali;

minor impatto su salute e ambiente;

non selezionare organismi resistenti ai pesticidi;

-vi con lo scopo di trattare solo al rag-giungimento della soglia d’intervento.

Il monitoraggio degli insetti danno-si basato sulla stima delle popolazioni con l’ausilio di trappole, oppure basa-to sull’osservazione degli organi della pianta, consente una valutazione dei rischi connessi con il livello di infesta-zione e la previsione del potenziale danno alla coltura connesso con la loro presenza. Ogni regione italiana, nel ri-spetto della normativa comunitaria, ha redatto e pubblicato un disciplinare di difesa integrata indicando per le diver-

Fig. 1 - Monitoraggio di insetti dannosi basato sulla stima delle popolazioni con l’ausilio di trappole cromotropiche.

Fig. 2 - La lotta chimica in agrumicoltura prevede l’impiego di sostanze sempre più selettive, da utilizzare con limitazioni d’impiego restrittive, in accordo con i Disciplinari di produzione integrata emanati dalla Regione Sicilia.

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51FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

le pratiche agronomiche da evitare so-no le eccessive concimazioni azotate e le potature drastiche; invece è consi-gliabile effettuare lavorazioni del terre-no per rompere i nidi delle formiche.

Il monitoraggio è basato esclusiva-mente sull’osservazione delle porzioni vegetative e la soglia di intervento varia a seconda della specie. È utile interveni-re se Aphis spiraecola infesta il 5% dei germogli di clementine e mandarino, il 10% dei germogli degli altri agrumi. Re-lativamente a Toxoptera aurantii e Aphis gossypii, la soglia di intervento viene raggiunta se si riscontrano esemplari sul 25% di germogli. Le sostanze attive am-messe sono acetamiprid, imidacloprid, fluvalinate, thiamethoxam e spirotetra-mat. È importante sottolineare che la lotta chimica con aficidi non selettivi, ha gravi effetti collaterali, come l’infe-stazione di acari e cocciniglie, poiché agisce anche sui coccinellidi che com-prendono numerosi nemici naturali.

Aleirode fioccoso (Aleurothrixus floccosus Maskell)

L’aleirode infesta, tra gli organi epi-gei, preferibilmente le foglie, procuran-do danni sia nella fase di neanide, sia in quella di adulto. Forma colonie che ricoprono la pagina inferiore delle fo-glie, che mostrano vistosi ingiallimenti. Producono, inoltre, abbondante cera e melata; quest’ultima costituisce fonte di zuccheri per le fumaggini (Fig. 5) e le formiche. A volte infesta anche i frut-ti, provocandone il deprezzamento.

Non sono previsti particolari inter-venti agronomici, comunque è buona norma lavorare il terreno per distur-bare i nidi delle formiche. Le pratiche di lotta biologica consistono in lanci inoculativi di Cales noacki o Amitus spiniferus. L’osservazione della pagina inferiore di otto foglie a pianta sul 5% delle piante è il metodo di monitorag-gio consigliato e la soglia d’intervento viene raggiunta quando si rinvengono almeno 30 esemplari a foglia. Gli inter-

dispenser di feromoni, sono visibili i primi esemplari, si possono effettuare i lanci di ausiliari, da ripetere con una cadenza quindicinale. La lotta chimi-ca prevede l’impiego di olio minerale, buprofezin, clorpirifos metile, fosmet, pyriproxyfen, spirotetramat. Le sostan-ze attive possono essere utilizzate con limitazioni differenti che vanno da uno a tre trattamenti l’anno, indipendente-mente dal fitofago bersaglio.

Cotonello (Planococcus citri Risso)

Anche questo fitofago attacca tutti gli organi vegetativi e ricoprendosi di vistose secrezioni cerose (Fig. 4), pro-duce abbondanti melate, fonte di zuc-cheri per i funghi e appetibili per le for-miche. Arieggiare la chioma e lavorare il terreno, per disturbare i nidi delle for-miche, sono gli interventi agronomici che è necessario effettuare per ostaco-lare la diffusione dell’insetto.

Il monitoraggio può essere effettua-to collocando almeno una trappola per appezzamento, da osservare periodi-camente; nel contempo è fondamen-tale anche controllare i frutti. La soglia consiste nell’osservazione di uno o più individui vivi non parassitizzati sul 5% di frutti in estate e sul 10% in autunno.

Gli interventi biologici sono con-sigliati appena si rinvengono i primi esemplari sulle trappole. I lanci degli ausiliari Cryptolaemus montrouzieri o Leptomastix dactylopii si possono effet-tuare quando la temperatura media è di almeno 18 °C. Le sostanze attive con le quali è ammesso trattare sono olio minerale, clorpirifos metile e spirote-tramat; anche in questo caso è possibi-le somministrare i prodotti chimici solo al raggiungimento della soglia.

Afide verde degli agrumii (Aphis spiraecola Patch), afide nero degli agrumi (Toxoptera aurantii Boyer de Fonscolombe) e afide del cotone (Aphis gossypii Glover)

Il danno provocato da questi fitofa-gi può essere di tipo diretto e indiretto. Costituiscono un pericolo in particola-re per la giovane vegetazione prima-verile e quindi per i nuovi impianti; causano vistosi arricciamenti e, produ-cendo abbondante melata, attirano le formiche sulla chioma. Il danno indi-retto è rappresentato dal rischio della trasmissione del virus della Tristezza degli agrumi (CTV). Il vettore più ef-ficiente è Aphis gossypii, ma anche Aphis spirecola può trasmettere la par-ticella virale.

Per limitare la diffusione degli afidi,

stichezza con l’utilizzo dei dispositivi di controllo e conoscenza dello sviluppo degli insetti dannosi. La difficoltà può essere superata facendo riferimento a strumenti operativi e bollettini predispo-sti dalle Regioni e disponibili sul web che periodicamente pubblicano infor-mazioni e immagini esaurienti relative agli insetti chiave delle differenti colture maggiormente diffuse nei diversi areali.

Insetti chiave degli agrumi

Cocciniglia rossa forte degli agrumi (Aonidiella aurantii Maskell)

Costituisce una delle infestazioni maggiormente temute dagli agrumicol-tori poiché, oltre ad insediarsi su rami e foglie, che si disseccano e cadono, questa cocciniglia, danneggia i frutti provocando sull’epicarpo la forma-zione di aree depigmentate e depresse (Fig. 3), abbassando il valore commer-ciale della produzione e nelle infesta-zioni più gravi, la cascola. Tra gli inter-venti agronomici viene raccomandata la lavorazione del terreno con lo scopo di disturbare i nidi delle formiche che si nutrono dell’entomofauna utile.

Il monitoraggio deve essere effettua-to osservando quattro frutti per pianta, sulle quattro esposizioni, sul 10% delle piante. Due trappole bianche, dotate di dispenser di feromoni, devono es-sere collocate per ogni appezzamento omogeneo e osservate periodicamen-te. La soglia di intervento prevista cor-risponde all’osservazione del 10% di frutti infestati ad agosto e 20% a set-tembre, purché si riscontrino uno o più individui vivi non parassitizzati per frutto. Se la soglia è superata, bisogna intervenire 2-4 settimane dopo il picco delle catture dei maschi sulle trappole.

La lotta biologica prevede i lanci di Aphytis melinus, soprattutto se si so-no verificate gelate o altre condizioni sfavorevoli per l’entomofauna utile, oppure se sono state somministrate sostanze attive non selettive. In prima-vera, appena sulle trappole, dotate di

Fig. 3 - Danni da Aonidiella aurantii.

Fig. 4 - Grave infestazione di cotonello su frutti di limone.

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52 FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

specie precoci. È necessario ripetere l’intervento ogni 25 giorni. Le sostanze attive ammesse sono acetamiprid, eto-fenprox, fosmet e spinosad. Quest’ulti-mo è ammesso in agricoltura biologi-ca, ma non è possibile effettuare più di cinque trattamenti l’anno.

RIASSUNTO

In ottemperanza alla normativa comunitaria, anche in Italia dal 1 gennaio 2014 la difesa inte-grata è obbligatoria. Un insieme di norme impo-ne che l’azienda agraria venga gestita integrando tecniche di lotta biologica, agronomica e chimi-ca.Vengono riportati in breve cenni su interventi agronomici, controllo biologico, monitoraggio, soglia d’intervento e trattamenti con fitofarmaci per il contenimento di alcuni fitofagi chiave degli agrumi. Cocciniglia rossa forte degli agrumi (Ao-nidiella aurantii Maskell), Cotonello (Planococcus citri Risso), Afidi (Aphis spiraecola Patch, Toxopte-ra aurantii Boyer de Fonscolombe, Aphis gossypii Glover), Aleirode fioccoso (Aleurothrixus flocco-sus Maskell), Minatrice serpentina (Phyllocnistis citrella Stainton), Mosca mediterranea della frutta (Ceratitis capitata Wiedemann).

SUMMARY

In compliance with Community law, also in Italy from January 1, 2014, the IPM is mandatory. A set of rules requires that the farm is managed by integrated pest management,.Short notes on biological control, monitoring, damage threshold and chimica control for containment of some ci-trus key pests are reported. California red scale (Aonidiella aurantii Maskell), Citrus melybug (Pla-nococcus citri Risso), Aphids (Aphis spiraecola Patch, Toxoptera aurantii Boyer de Fonscolombe, Aphis gossypii Glover), Wolly whitefly flocculent (Aleurothrixus floccosus Maskell), Citrus leafmi-ner (Phyllocnistis citrella Stainton), Mediterranean fruit fly (Ceratitis capitata Wiedemann).

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Disciplinare di produzione integrata 2013 – Re-gione Campania

Disciplinare di produzione integrata 2013 – Re-gione Siciliana

pur non riuscendo a completare il ci-clo può arrecare danni provocando la cascola, oppure, la depigmentazione dell’epicarpo in fase di invaiatura o sovraccolorazione a maturità, in corri-spondenza dei fori di ovideposizione. Questi costituiscono, inoltre, un sito di infezione per i funghi che colpiscono i frutti durante la conservazione. È buo-na norma rimuovere i frutti da terra per limitare la diffusione del fitofago.

Il monitoraggio si effettua collocando una trappola cromo-attrattiva con eroga-tore di feromone per ogni appezzamen-to omogeneo e l’osservazione dei frut-ti. Per le varietà precoci è consigliabile installare le trappole a luglio. La soglia d’intervento si raggiunge con la cattura di 20 adulti per trappola a settimana op-pure se si contano il 2-3% frutti colpiti.

Esistono già molte soluzioni di lotta biologica basate sull’impiego di semio-chimici come, per esempio, la cattura di massa (“mass trapping”), il metodo attratticida (“attract & kill”) e l’inibizio-ne degli accoppiamenti. Quest’ultimo, sperimentato ampiamente in Marocco, Portogallo, Spagna e anche in Sicilia con risultati vantaggiosi, consiste nell’i-stallazione di trappole costituite da un pannello di cartone (18x12cm) cospar-so da entrambe le parti di un polimero viscoso contenente deltametrina, insie-me ad un attrattivo alimentare, e corre-dato di un diffusore a rilascio costante di sostanze attrattive; è efficace per sei me-si. Sono sufficienti un numero di trap-pole pari a 50-75/ha. L’epoca di instal-lazione dipende dalla maturazione dei frutti; é bene siano collocate in campo due settimane prima dell’invaiatura. Ta-le strategia di lotta può essere utilizzata nella reale pratica di campo, da sola o insieme ad altre strategie di difesa.

Se è necessario intervenire con la lotta chimica, è possibile irrorare parte della chioma di un filare ogni tre con una soluzione di esche proteiche av-velenate a partire da metà luglio per le

venti chimici possono essere effettuati con olio minerale o spirotetramat al su-peramento della soglia.

Minatrice serpentina (Phyllocnistis citrella Stainton)

Le larve di questo lepidottero dan-neggiano preferibilmente la vegetazio-ne, scavando gallerie e provocando l’accartocciamento delle foglie (Fig. 6), in particolare durante la tarda prima-vera; talvolta attaccano anche i frutti. Sono numerosi gli interventi agronomi-ci utili alla prevenzione degli attacchi; in particolare, è necessario regolare i flussi vegetativi evitando gli stress idrici e riducendo gli apporti azotati estivi; inoltre, è consigliabile l’anticipo della potatura che deve essere annuale e di limitata entità. Le giovani piante posso-no essere protette con reti anti insetto o tessuto non tessuto.

Il monitoraggio può essere agevol-mente effettuato osservando i germogli; la soglia d’intervento viene raggiunta quando il 50% dei germogli presenta infestazioni; solo in tal caso è bene somministrare i fitofarmaci bagnando la nuova vegetazione. La difesa chimi-ca ammette numerose sostanze attive: azadiractina, olio minerale, abamec-tina, acetamiprid, clorantraniliprole, emamectina benzoato, imidacloprid, metossifenozide e tebufenozide, ma sono possibili uno o due trattamenti l’anno con una sola delle sostanze at-tive e soltanto al raggiungimento della soglia d’intervento.

Mosca mediterranea della frutta (Ceratitis capitata Wiedemann)

È una specie polifaga che si diffon-de preferibilmente nei mesi caldi. Le femmine depongono le uova nell’al-bedo dei frutti (Fig. 7), quindi le larve si sviluppano nutrendosi della polpa. Costituisce un serio pericolo per le spe-cie precoci che maturano in autunno. Sui frutti di specie pigmentate, invece,

Fig. 5 - Colonie di Aleurothrixus floccosus ricoperte da fumaggine.

Fig. 6 - Foglie di agrumi danneggiate da minatrice serpentina.

Fig. 7 - Adulto di mosca della frutta nell’atto di ovideporre.

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 201454

Ricerca DOSSIER AGRUMI

La gestione della fertilità nell’agrumeto biologico

La coltura degli agrumi rappresenta in vaste aree dell’Italia meridio-nale e insulare uno dei sistemi

produttivi più importanti fra le coltu-re arboree da frutto. Dati recenti (Istat, 2013) riportano una superficie in pro-duzione che ammonta a circa 145.000 ettari e una produzione di 3.138.500 t che, in ambito mediterraneo, collo-ca l’Italia seconda solo alla Spagna. Oltre alla produzione per il consumo fresco convenzionale e per la trasfor-mazione, che rimangono l’asse por-tante dell’agrumicoltura italiana, è da valutare, con particolare interesse, il settore dell’agrumicoltura biologica. È segnalata (Sinab, 2013) una superficie investita ad agrumi biologici di 25.340 ettari, pari a circa il 17,5% del totale, con un evidente incremento rispetto al 1999, in cui la superficie si attesta-va sui 12.500 ettari. L’Italia è leader in Europa per le produzioni di agru-mi biologici, disponendo del maggior numero d’imprese e della più elevata superficie fra i vari Paesi del bacino del Mediterraneo. Oggi l’agrumicoltura biologica è una realtà consolidata con produzioni che alimentano anche una florida esportazione, soprattutto verso i mercati più ricchi dei Paesi dell’Europa continentale.

La produzione biologica vegetale si basa sul principio che le piante deb-bano essere essenzialmente nutrite at-traverso l’ecosistema suolo, la cui ge-stione riveste un aspetto fondamentale. In ambiente caldo-arido, tipico delle aree agrumicole italiane, con bassi li-velli di sostanza organica nel suolo, si devono adottare pratiche agronomiche che consentano il mantenimento o il miglioramento della fertilità e l’otti-mizzazione della gestione delle risorse idriche ed energetiche. Risulta fonda-

Alla fine degli anni ’90 è stato av-viato un “survey” pluriennale in pieno campo per il confronto delle risposte, a livello suolo e pianta, di agrumeti con-venzionali e biologici. I dati hanno rive-lato valori di sostanza organica, N totale e alcuni parametri biochimici del suolo più alti negli agrumeti biologici, oltre ad un più efficiente metabolismo micro-bico. Lo stato nutrizionale delle piante condotte in biologico migliorava i livel-li di alcuni macro e microelementi, in particolare del ferro. Il livello di produt-tività delle aziende biologiche è risulta-to comparabile con quello rilevato nelle convenzionali, mentre i principali pa-rametri qualitativi dei frutti hanno fatto registrare livelli superiori di Vitamina C (Calabretta e Intrigliolo, 2007).

Il presente lavoro riporta i risultati di prove parcellari di coltivazione di lungo periodo impostate per valutare la sostenibilità tecnica e ambientale del metodo di conduzione biologico sulla qualità del suolo e sulle caratte-ristiche agronomiche di piante adulte di agrumi.

Materiali e metodiLa ricerca è stata realizzata presso

l’azienda agraria sperimentale “Palaz-zelli” del CRA-ACM ubicata nella Si-cilia orientale (Lentini SR - 37°20’N; 14°53’E), con una prova di fertiliz-zazione durata 12 anni in un terreno a tessitura franco-sabbiosa (sabbia 68,24%, limo 15,91%, argilla 15,85%), sub-alcalino (pH 7,8) e con alta CSC. L’agrumeto, condotto concordemente alle norme di agricoltura biologica, era composto da circa 800 piante di aran-cio [Citrus sinensis (L.) Osbeck] cv Va-lencia Late, innestato su arancio amaro (C. aurantium L.), che all’inizio della

mentale mantenere l’agrosistema in equilibrio attraverso l’utilizzo raziona-le delle risorse interne al sistema, che in agrumicoltura sono rappresentate esclusivamente dai residui della pota-tura e dalla biomassa derivante da col-ture da copertura riducendo al minimo gli apporti esterni (Intrigliolo e Roccuz-zo, 2009).

Presso il CRA-ACM e il CRA-RPS è stata avviata sin dai primi anni no-vanta una serie di ricerche nell’ambito dell’agrumicoltura biologica e specifi-catamente sulla fertilizzazione. Sono state realizzate prove di compostaggio utilizzando il pastazzo (residuo del processo di trasformazione dell’indu-stria dei succhi di agrume, consistente in una miscela di scorza, polpa e se-mi) come prodotto da co-compostare con altre matrici organiche reperibili (scarti di IV gamma dell’ortofrutta, san-sa esausta, scarti di potatura del verde ornamentale, scarti della potatura degli agrumeti). Sono stati ottenuti compost di elevata qualità (Calabretta e Intri-gliolo, 2007; Trinchera et al., 2007) che hanno risposto positivamente alle valutazioni chimiche e biochimiche, ai test di geno e citotossicità, all’analisi dell’effetto depressivo su patogeni del suolo (De Simone et al., 2001; Lopez-Mondejar et al., 2010). In una seconda fase è stato valutato l’effetto dell’am-mendante da pastazzo sia in vivaistica (Torrisi et al., 2004), sia in pieno cam-po (Canali et al., 2012; Intrigliolo et al., 2013).

È stato valutato l’effetto positivo dell’utilizzo di “cover crop” in agrumi-coltura, attraverso la realizzazione di prove sia su vari tipi di suolo in am-biente confinato, sia in agrumeti adulti (Roccuzzo et al., 2000; Stagno et al., 2008).

FRANCESCO INTRIGLIOLO1 - MARIA ALLEGRA1 - FABIO TITTARELLI2 - BIAGIO TORRISI1 - FILIPPO FERLITO1 - MICHELE SCIRÈ1 ALESSANDRA TRINCHERA2 - CORRADO CIACCIA2 - STEFANO CANALI2 - GIANCARLO ROCCUZZO1

1 Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura – Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee (CRA-ACM), Acireale (Ct)2 Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura – Centro di Ricerca per lo studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo (CRA-RPS), Roma

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dei parametri qualitativi dei frutti sono stati determinati: peso del frutto, resa in succo, spessore della buccia, am-

ti mediante l’uso della spettrometria al plasma (ICP-OES; Optima 2000DV, Perkin-Elmer, Italia). Per la valutazione

prova avevano 40 anni ed era-no impiantate al sesto di 6x4 m. L’impianto d’irrigazione era semi localizzato; la conduzio-ne del suolo prevedeva una lavorazione all’atto dell’inter-ramento dei fertilizzanti, con lo sfalcio a richiesta della flora spontanea nel periodo estivo.

Le condizioni climatiche sono tipiche delle aree caldo-aride mediterranee: tempera-ture invernali raramente al di sotto di 0 °C, estati con punte di temperature anche superiori a 40 °C e piogge non regolar-mente distribuite durante l’an-no (Fig. 1).

Nel 1° ciclo (1996-2001) sono stati confrontati i seguenti trattamenti: concime minerale di sintesi (MIN); compost di origine agro-alimentare (CAA); pollina essiccata (PE); compost da letame (CL). Nel 2° ciclo (2001-07) il fertilizzante della tesi CAA (compost da residui di distilleria) è stato sostituito con un compost da pastazzo di agrumi e materiale di potatura prodotto all’interno della stessa azienda sperimentale. La dose di azoto, dei fertilizzanti orga-nici e dell’inorganico, è stata stabilita per distribuire a tutti i trattamenti la stessa quantità, capace di soddisfare le esigen-ze della coltura, come indicato nelle linee guida per la fertiliz-zazione degli agrumi (Intriglio-lo et al., 1999). Per la diversa composizione elementare dei fertilizzanti organici utilizzati, i trattamenti hanno ricevuto dif-ferenti quantità degli altri ele-menti nutritivi e di C organico (Tab. 1). Il trattamento minera-le ha richiesto l’applicazione di P2O5 e K2O come suggerito dalla buona pratica agricola e non ha ricevuto C organico.

È stato adottato un disegno sperimentale a blocchi rando-mizzati costituito da 3 blocchi, con parcelle di 60 piante cia-scuna, di cui 8 piante indice. Su ciascuna pianta indice, an-nualmente, sono stati realiz-zati campionamenti di foglie e frutti. Le analisi fogliari hanno riguardato: l’N, quantificato con il metodo micro-Kjeldahl (Büchi Distillation Unit K370, Büchi, Italia); il P, K, Ca, Mg, Fe, Zn e Mn, misura-

Fig. 1 - Pioggia (mm) e temperatura media mensile (°C) nel periodo 1990-2005.

TAB. 1 - APPORTO ANNUALE DI C ORGANICO, MACRO E MICRONUTRIENTI NEGLI ANNI DI PROVA

TrattamentoC

(kg ha-1)N

(kg ha-1)C/N

P2O5

(kg ha-1)K2O

(kg ha-1)Fe

(kg ha-1)Zn

(kg ha-1)Mn

(kg ha-1)

MIN - 190 - 125 162 - - -

CAA* 2.750 192 14 59 101 21 1,4 1,6

PE 1.424 191 8 227 193 11,2 0,6 1,2

CL 1.768 192 9 242 293 7 2,8 3,8

Note: MIN = concime minerale di sintesi; CAA = compost agro-alimentare; PE = pollina essiccata; CL = compost da letame. *Nel complesso equivalente anche nel caso del compost da residui di distilleria utilizzato nel 1° ciclo.

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I valori medi di tutti i para-metri rilevati sono stati separati con il test HSD di Tukey (SPSS 2003. Statistics, version 18.0).

RisultatiLo stato nutrizionale delle

piante per gran parte degli ele-menti è risultato, in entrambi i cicli e per tutte le tesi, su livelli nel complesso ottimali (Emble-ton et al.,1973; Intrigliolo et al., 1999); solo per Zn e Mn sono stati riscontrati valori di lie-ve carenza, fenomeno spesso segnalato in altre esperienze nell’ambiente di coltivazione della Sicilia orientale. Nella media del primo ciclo le pian-te concimate con fertilizzanti minerali di sintesi (MIN) hanno presentato un livello fogliare azotato più alto solo rispetto alla tesi fertilizzata con il com-post agro-alimentare (CAA). Nel secondo ciclo, invece, non si è avuta nessuna differenza stati-sticamente significativa fra le tesi (Fig. 2).

Per i livelli di fosforo dei pri-mi 6 anni le tesi si sono diffe-renziate statisticamente: il com-post da letame (CL) su valori più alti rispetto alla pollina essicca-ta (PE) e il MIN e la CAA con valori significativamente più alti solo rispetto alla PE. Nel se-condo periodo, invece, è stato rilevato un livello fogliare signi-ficativamente più alto nella tesi CAA rispetto alle altre. I livelli di potassio nel trattamento CAA sono risultati sempre significa-tivamente più alti rispetto alla pollina nel primo periodo e alla tesi minerale nel secondo. Per il calcio, ad una significativa dif-ferenziazione dei valori fogliari

nei primi sei anni, con il prevalere del minerale rispetto al compost da letame, ha fatto riscontro un secondo periodo con assenza di differenze significati-ve. Per il magnesio sono stati registrati valori sempre più alti nelle piante che ricevevano la fertilizzazione minerale, pur con una certa differenza fra le tesi a confronto nei due periodi.

Per i microelementi si è avuta un’i-niziale equivalenza dei livelli per Fe e Mn e valori più contenuti della CAA per lo zinco. Nel secondo ciclo si è as-sistito a un’evidente variazione di ten-denza, con una migliore micro-nutri-

nati per frazionamento e successiva purificazione del carbonio organico estraibile. La respirazione di ciascun campione di terreno è stata misurata in un sistema chiuso. L’evoluzione di CO2 è stata misurata dopo 1, 2, 4, 7, 10, 14, 17 e 21 giorni e la mineraliz-zazione del carbonio organico (PMC) è stata calcolata dai valori giornalieri di respirazione attraverso un modello cinetico di primo ordine [Ct = C0(1–e-

kt)]. L’azoto potenzialmente mineraliz-zabile (NPM) è stato stimato da NH4

+-N (mg kg-1) accumulato dopo 7 giorni di incubazione anaerobica a 40 °C.

piezza della colonna carpellare, con-sistenza (penetrometro), solidi solubili totali (SST) e dell’acidità totale (AT). È stato, inoltre, determinato il contenuto in Vitamina C attraverso cromatografia liquida (HPLC).

Sotto la proiezione della chioma delle piante indice è stato campio-nato il suolo, con cadenza triennale. Il contenuto percentuale di carbonio organico totale (Corg) è stato ottenuto secondo il metodo di Springer e Klee. L’azoto totale (Ntot) è stato misurato con il metodo Kjeldahl. Gli acidi umici e fulvici (CHA+FA) sono stati determi-

Fig. 2 - Effetto dei trattamenti sulla concentrazione fogliare di macro e microelementi nei due cicli di prova (test HSD di Tukey: lettere minuscole p≤0,05, lettere maiuscole p≤0,001, assenza di lettere = nessuna differenza significativa).

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zione per le piante fertilizzate con il compost da pastazzo: il ferro significativo rispetto a PE e CL; lo zinco nei confronti di MIN e PE; il manganese rispet-to a tutti gli altri trattamenti. Il generale buon assetto nutrizio-nale delle piante, in particolare per l’azoto, non ha portato, in entrambi i cicli, a significative variazioni nell’entità della pro-duzione fra le tesi a confronto (Fig. 3).

Tra i principali parametri qualitativi dei frutti (Fig. 3) per il peso medio e lo spessore del-la buccia, solo nel primo ciclo sono state registrate differenze significative fra i trattamenti: a sfavore del PE rispetto al CL per il primo parametro e a favo-re del CAA per il secondo; tali differenze si annullavano nel secondo periodo. All’opposto, per la colonna carpellare e i so-lidi solubili totali le differenze si sono palesate nel secondo ciclo con valori più favorevoli alla pollina. Resa in succo e consi-stenza dei frutti non hanno mo-strato differenze significative. Acidità totale, SST/AT e vitami-na C hanno evidenziato un ge-nerale miglioramento nei tratta-menti con fertilizzanti organici, tendenzialmente più evidenti nella tesi CAA nel secondo ci-clo per acidità e vitamina C.

Per quanto riguarda i para-metri di valutazione della qua-lità del suolo, all’equivalenza fra le tesi all’inizio della prova, stante l’estrema omogeneità pe-dologica dell’appezzamento, ha fatto riscontro un’evidente variazione alla fine della spe-rimentazione (Tab. 2). Il con-sistente apporto di sostanza organica (Tab. 1) attraverso l’uso di fertilizzanti organici, in particolare dei compost, è stato in grado aumentare la quantità di elementi nutritivi potenzialmente disponibili per la coltura e di influenzare quel-le proprietà che contribuiscono a definire la qualità del suolo. Questo incremento era più alto per la tesi compost da pastaz-zo rispetto al trattamento con minerale e con pollina, in con-seguenza del maggiore appor-to di SO nella tesi CAA seguita dalla CL.

Fig. 3 - Effetto dei trattamenti sulla produzione e qualità dei frutti nei due cicli di prova (test HSD di Tukey: lettere minuscole p≤0,05, lettere maiuscole p≤0,001, assenza di lettere = nessuna differenza significativa).

TAB. 2 - PARAMETRI CHIMICI E BIOCHIMICI DI FERTILITÀ DEL SUOLO RILEVATI ALLA FINE DELLA PROVA

Trattamento Corg

(g 100g-1)C(HA+FA)

(g 100g-1)PMC

(mg kg-1)Ntot

(mg kg-1)PMN

(mg kg-1)

MIN 1,92 a 0,90 a 331 a 1.723 a 38 ab

CAA 2,52 b 1,19 b 547 b 2.339 b 50 b

PE 2,17 ab 1,03 ab 328 a 1.982 a 35 a

CL 2,33 ab 1,04 ab 389 a 2.052 a 45 ab

Note: Corg = Carbonio organico totale; C(HA+FA) = Carbonio degli acidi umici e fulvici; PMC = Carbonio potenzialmente mineralizzabile; Ntot = Azoto totale; PMN = Azoto potenzialmente mineralizzabile; MIN = concime minerale di sintesi; CAA = compost di origine agroalimentare; PE = pollina essiccata; CL = composta da letame. Separazione delle medie con il test HSD di Tukey (p≤ 0.05).

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soil quality and agronomic performance, are re-ported. After 12 years of trial, the utilization of a quality compost allowed to achieve in the system the increase of soil fertility, yields comparable to conventional ones, and the enhancement of fruit quality parameters.

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Trinchera A., Tittarelli F., Intrigliolo F. 2007. Study of Organic Matter Evolution in Citrus Compost by Isoelectrofocusing Technique. Compost Science & Utilization, 15(2):101-110.

importante considerare in tutte le pian-te arboree la ri-mobilizzazione durante il flusso primaverile dei nutrienti im-magazzinati; infatti, il ciclo interno è un fenomeno di fondamentale impor-tanza, con maggior peso nelle piante adulte (Intrigliolo e Roccuzzo, 2009).

Negli input nutrizionali per defini-re i programmi di fertilizzazione (Intri-gliolo e Roccuzzo, 2009), soprattutto nella gestione biologica dell’agrume-to, non vanno trascurati i nutrienti ap-portati attraverso l’uso del sovescio, in particolare nelle prime fasi della vita di un impianto, e il reintegro al suolo del materiale di risulta della potatura. Detti apporti non sono sufficienti a pareg-giare il bilancio di input/output per cui l’uso di fertilizzanti organici diventa indispensabile. Tuttavia, la scelta e la tipologia del fertilizzante organico gio-cano un ruolo primario nel mantenere adeguati livelli di nutrienti nella pianta. Infatti, lo studio ha reso evidente co-me la qualità della sostanza organica apportata esplichi un ruolo fondamen-tale. Le matrici organiche ben stabiliz-zate, pur apportando materia organica ben umificata, nelle prime fasi del pe-riodo di conversione fra sistemi biolo-gici e convenzionali, possono ridurre le disponibilità di azoto per la pianta.

L’insieme delle conoscenze dispo-nibili e i risultati conseguiti nella ricer-ca dimostrano che la gestione organica degli agrumi è una scelta tecnicamente possibile. Inoltre, l’agricoltura biologica potrebbe contribuire a ridurre il rischio ambientale per le più bilanciate con-centrazioni nel suolo di azoto minerale.

RIASSUNTO

La fertilizzazione nel metodo di produzione biologica si basa, prevalentemente, sulla ge-stione delle risorse interne all’azienda agricola, tuttavia, in agrumicoltura, per l’alto livello di specializzazione, è indispensabile il ricorso ai mezzi tecnici consentiti dai disciplinari. Si ripor-tano i risultati di una prova parcellare di lunga durata che aveva lo scopo di valutare gli effetti di fertilizzanti organici e di un fertilizzante mi-nerale di sintesi sulla qualità del suolo e sulle caratteristiche agronomiche di piante adulte di agrumi. L’utilizzo di compost di qualità, dopo 12 anni di prova, ha consentito di realizzare un sistema produttivo con incremento della fertilità del terreno, rese produttive paragonabili a quelle ottenute con l’impiego di fertilizzanti di sintesi e il miglioramento di alcuni importanti indici qua-litativi dei frutti.

SUMMARY

Fertilization in organic farming is mainly based on the management of farm internal re-sources. However, in citrus groves the utilisation of allowed external inputs seems necessary, due to the high farm specialization. Results of a long term field trial, aimed at comparing conventio-nal and organic orange management in term of

Conclusioni

In questo studio è risultato evidente come l’apporto di concimi o ammen-danti organici ha modificato positi-vamente alcuni importanti parametri chimici e biochimici del suolo; queste variazioni sono state più palesi per il compost da pastazzo, fonte di sostanza organica di elevata qualità (Trinchera et al., 2007).

Lo stato nutrizionale delle piante può rappresentare un indicatore della sostenibilità a lungo termine dell’a-grumeto biologico per effetto del mo-dificato biochimismo delle piante che determina una migliore acquisizione di alcuni elementi nutritivi (Canali et al., 2012). In questa ricerca tale condi-zione si è manifestata in un migliora-mento fogliare per P, Fe, Zn e Mn nella tesi compost da pastazzo. Nel caso del Fe i più alti livelli apportati giustifica-no solo parzialmente questo risultato, che sembra soprattutto imputabile a una maggiore bio-disponibilità, come confermato per Zn e Mn dal rapporto quantità somministrate/livelli fogliari. Il mutato biochimismo ha influito positi-vamente sulla qualità delle produzioni, in particolare su acidità, rapporto di maturazione e vitamina C. Per contro, le limitate differenze del livello produt-tivo nei due cicli di prova sono ricon-ducibili alle differenze poco rilevanti della nutrizione azotata, fondamentale nel determinare variazioni produttive (Embleton et al., 1973; Intrigliolo e Roccuzzo, 2009).

Grande rilevanza riveste l’aumen-to del C organico del suolo con la ge-stione biologica considerata la scarsa dotazione di vaste aree agrumicole nel bacino del Mediterraneo (Intrigliolo et al., 2013).

Lo studio ha evidenziato l’importan-za della nutrizione bilanciata dell’agru-meto che è un obiettivo prioritario, co-me in tutti i sistemi colturali. Le analisi fogliari hanno mostrato concentrazioni di nutrienti in genere entro il “range” ottimale, sia nel sistema organico sia in quello convenzionale, con la conse-guente assenza di differenze sostanzia-li nell’entità della produzione.

Il bilancio dei nutrienti, particolar-mente in ambito biologico, deve essere attentamente valutato, considerando l’aliquota persa con la produzione, fo-glie, fiori e frutticini abscissi, legno di potatura e “turnover” radicale, nonché l’accrescimento delle parti strutturali, particolarmente consistente per i gio-vani alberi (Roccuzzo et al., 2013). È

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014 59

DAI FRUTTETI PIEMONTESI

Indicazioni d’intervento per il rinnovo della fruttificazione

Potatura del mirtillo, fondamentaleper un elevato livello produttivo

La coltivazione del mirtillo è in crescita a livello mondiale. In Piemonte e Trentino, i due poli di coltivazione a livello nazionale, le superfici negli

ultimi anni sono aumentate costantemente, complice la buona remuneratività della coltura. Nel 2006 in Pie-monte erano coltivati circa 100 ettari; nel 2013 la su-perficie è più che raddoppiata.

La spada di Damocle è costituita dalla Drosophila suzukii, il temuto moscerino a occhi rossi, che depone le uova nei frutti in fase di maturazione. Sfuggono le va-rietà a maturazione precoce, quali Duke, che riescono ad arrivare a fine raccolta prima che dell’inizio dei voli di drosofila (fig.1).

Anche per questo, Duke rappresenta oltre il 90% della superficie coltivata a mirtillo in Piemonte. Presenta buona tolleranza ai geli invernali e, grazie alla posizione dei grappoli, la raccolta è particolarmente agevole.

Per assicurare un costante ed elevato livello di pro-duttività, è necessario provvedere ad interventi di pota-tura al fine di favorire l’emissione di nuovi ricacci dalla base e favorire la differenziazione di gemme a frutto. Partendo da questa esigenza, in collaborazione con i tecnici del coordinamento orticolo, è stata messa a punto e diffusa presso i produttori una nota tecnica di potatura.

Scopi

Formare il cespuglio, stimolarne il rinnovo e assicu-rare un corretto equilibrio vegeto/produttivo.

Formazione:– formare il cespuglio.Rinnovo:– favorire il rinnovo delle branche con formazione di rami fruttiferi vigorosi,– rimuovere i rami che hanno prodotto o sono esauriti,– eliminare i rami meno vigorosi o più vecchi.Equilibrio:– ridurre il carico produttivo per ottenere frutti di pez-zatura più elevata, agevolare le operazioni, riducendo i costi di raccolta e evitare l’alternanza di produzione,– diradare i polloni in eccesso.Pulizia:– eliminare rami che presentano malattie (in particolare godronia, phomopsis, botryosferia, cancri rameali, mo-nilia, antracnosi, botrytis, ecc.).

Forma di allevamento

La forma di allevamento più utilizzata è il cespuglio (fig. 2). Non è necessario utilizzare fili di sostegno per mantenere eretta la pianta. Al contrario, le branche e i rami fruttiferi, sotto il peso della produzione, si piegano favorendo l’emissione di germogli ascellari che, a loro vol-ta, differenzieranno gemme a fiore. Dove le precipitazioni nevose sono molto abbondanti e in particolare in appez-zamenti in pendio, è necessario fasciare le piante nei primi anni per evitare rotture dei rami. Se l’impianto è razionale e le piante presentano rami robusti e un buon accestimen-to, il danno da rottura non pregiudica l’impianto.

Fig. 1 - Volo di Drosophila suzukii e epoca di raccolta della cultivar Duke in due diversi areali del cuneese.

Monitoraggio voli Drosophila suzukii

Raccolta Duke a Boves (548 slm)

Raccolta Duke a Bagnolo P.te (352 slm)

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Potatura di produzione. A partire dal 4°-5° anno di produzione, le branche dovranno essere progressi-vamente rinnovate. Un invecchiamento eccessivo del-la pianta determina, infatti, un calo significativo della pezzatura dei frutti. Sarebbe auspicabile che nel corso degli anni i rami fruttiferi fossero totalmente rinnovati. Dal 6°-7° anno asportare i rami più vecchi ed allevare dei nuovi ricacci.

Formazioni fruttifere

Le gemme a fiore si trovano sui rami formatisi l’anno precedente. La produzione migliore si ottiene sui ra-mi più vigorosi. La differenziazione avviene nella tarda estate ed è diversa in funzione della varietà, dell’anda-mento climatico, della fertilità del suolo e dell’equilibrio fra i vari elementi nutritivi.

Le gemme a fiore sono portate nella parte apicale del rami e sono ben riconoscibili e rigonfie a fine in-verno.

Potatura all’impianto e di formazione

Per favorire la formazione di un cespuglio con molti ricacci dalla base e stimolare lo sviluppo dell’apparato radicale, è opportuno cimare i rametti per eliminare la dominanza apicale.

Potatura al 1° anno. In presenza di piante di buon vigore (80-100cm) è necessario sfoltire il numero di polloni selezionandone da 3 a 5 per pianta, scegliendo tra i più vigorosi e meglio posizionati. Sui polloni scelti è consigliabile ridurre il numero di gemme a fiore con l’obiettivo di mantenere un corretto equilibrio vegeto/produttivo, alzare il cespuglio e favorire una rapida for-mazione della struttura della pianta.

Devono essere eliminati eventuali rami rinsecchiti, rotti o troppo deboli.

Nel caso di piante deboli, è raccomandabile spunta-re drasticamente (30 cm dal terreno) i polloni scelti per la formazione della struttura legnosa.  

Potatura al 2° e 3° anno. Dal secondo-terzo an-no inizieranno interventi di potatura volti ad alzare il cespuglio e mantenere la pianta nelle migliori condi-zioni di sviluppo vegetativo. Facendo tagli di ritorno a diverse altezze si favorisce l’emissione di tralci che serviranno a garantire il rinnovo produttivo costante negli anni.

Fig. 2 - Cespuglio di Duke.

Fig. 3 - Pianta prima e dopo la potatura. Fig. 4 - Eliminazione dei rami ricadenti nell’interfila.

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Perché. I polloni molto vigorosi, con lunghezza supe-riore a 1 metro, necessitano di potature verdi per stimolare l’emissione di rami anticipati laterali.

Quando. Quando i polloni si trovano allo stadio erbaceo (inizio estate), al fine di garan-tire una sufficiente lignificazio-ne autunnale dei rametti che si sviluppano in seguito all’inter-vento.

Come/Dove. La spuntatu-ra si può fare senza forbici: i ricacci allo stadio erbaceo so-no facili da cimare a mano. Si consiglia di spuntare i nuovi germogli a 40-50 cm di altez-za.

Piante gelate. In seguito a temperature invernali molto rigide o ritorni di freddo che avessero danneggiato le pian-te, si consiglia di attendere l’emissione dei nuovi ricacci e solo successivamente pro-cedere all’eliminazione delle parti secche.

Cristiano Carli Roberto Giordano

Creso – Centro sperimentale per l’orticoltura di Boves

In condizioni ottimali di sviluppo è opportuno elimi-nare fino al 50% della vegetazione (fig. 3).

Perché. La potatura consente di sfoltire la vegetazio-ne agevolando, così le operazioni di raccolta e favoren-do l’arieggiamento del cespuglio. Permette inoltre di re-golare l’altezza del cespuglio, rinnovare la vegetazione e mantenere un corretto equilibrio vegeto-produttivo.

Quando. Il periodo ottimale è in inverno nel perio-do gennaio-marzo. Interventi “tardivi”, effettuati duran-te la fase di inizio fioritura, non determinano danni alla vegetazione.

Come/dove. Devono essere asportati i rametti frutti-feri che si trovano all’interno del cespuglio, i rami basali, quelli mal posizionati o ricadenti nell’interfila (figg. 4 e 5). I tagli vanno effettuati a 20-30 cm da terra. Per sfoltire ulteriormente la vegetazione possono esser effettuati altri tagli ad altezze diverse.

Per contenere l’altezza della pianta (80-100 cm) pos-sono esser effettuati tagli di ritorno sulle branche (fig. 6).

È consigliabile, inoltre, eliminare i succhioni o rami fruttiferi eccessivamente vigorosi (fig. 7).

In aree a rischio di ritorni di freddo o in annate mol-to precoci è preferibile lasciare un maggior carico di gemme a fiore e intervenire, eventualmente, con un successivo diradamento appena dopo l’allegagione.

Per favorire una buona cicatrizzazione, effettuare i tagli lasciando uno speroncino di circa 1 cm (fig. 8).

Potatura verde dei polloni

Nelle situazioni di elevata vigoria e conseguente eccessivo sviluppo della pianta può essere utile inter-venire sui polloni.

Fig. 5 - Eliminazione dei rami all’interno del cespuglio.

Foto 8 - Per favorire la cicatrizzazione lasciare uno speroncino di 1 cm circa.

Fig. 6 - Taglio di ritorno. Fig. 7 - Eliminazione dei succhioni.

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014 62

IL CASO CAMPANIA

«In un momento in cui i costi di produzioni vanno tenuti attentamente sotto controllo per far fron-te di una situazione economica poco florida,

testimoniata anche dalla stagnazione dei prezzi di ven-dita, diventa fondamentale massimizzare le performan-ce produttive di qualsiasi specie vegetale, anche dei pro-dotti a marchio come la “Melannurca Campana” Igp».

È quanto ci riferisce Giuseppe Giaccio, presidente del Consorzio “Melannurca Campana”, che ci spiega come sta evolvendo la tecnica colturale di questo im-portante prodotto tipico regionale.

«I nuovi impianti si basano su forme di allevamento innovative per questa specie, quali il fusetto, già mol-to conosciute nelle regioni settentrionali vocate alla coltivazione di mele. Completamente abbandonata la classica forma “a vaso” e sempre meno scelta la tradi-zionale palmetta».

I vantaggi della nuova forma di allevamento si riflet-tono, in primo luogo, sulla maggiore produzione conse-guibile già a partire dal terzo anno d’impianto.

«Con la palmetta – spiega Giaccio – le piante entra-no in produzione più lentamente, mentre utilizzando la forma a fusetto la carica produttiva è elevata da subito. Inoltre, la maggiore quantità di illuminazione che rag-giunge i frutti consente una migliore colorazione degli stessi ed una sosta più breve in melaio, con i conse-guenti benefici economici».

La forma a fusetto richiede anche una potatura mol-to limitata con solo pochi interventi “correttivi” nei pri-mi anni di allevamento.

«Questa tecnica di potatura – continua il nostro in-terlocutore – è poco onerosa ed è ampiamente diffu-sa nei comprensori melicoli del nord. Va aggiunto che anche in presenza di forme di allevamento a palmetta

Nuovi disciplinari di coltivazione per la mela Annurca

I melicoltori innovano le tecniche per aumentare qualità e quantità

Nei nuovi impianti si sceglie la forma di allevamento a “fusetto” che nell’areale dell’Annurca rappresenta una vera innovazione.

La sola potatura, però, non è sufficiente a equi-librare favorevolmente la pianta.«I coltivatori di Annurca – ci riferisce Angelo

Andolfi, agronomo consulente del Consorzio – stanno anche rivedendo la tecnica di irrigazione e quella di concimazione. Si tende ad evitare in-terventi irrigui eccessivi che sbilanciano la pianta verso la vegetazione, con la comparsa di suc-chioni che non fanno altro che ombreggiare i frutti sfavorendone la maturazione. D’altro canto ci si sta orientando verso una concimazione primave-rile più parsimoniosa, intervenendo solo con la fruttificazione in atto, in modo da valutare l’effetti-vo bisogno di elementi nutritivi».

Gli interventi in fruttificazione sono effettuati con la fertirrigazione oppure con concimazioni fogliari, che risultano immediatamente efficaci. C.B.

Cambiano anche i criteri di concimazione e irrigazione

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63FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

che andrebbero superati. Il disciplinare, ormai obsole-to, andrebbe rivisto alla luce del costante aggiornamen-to tecnico che investe il settore agricolo».

Alcuni frutticoltori, fiduciosi in una rivisitazione del-le regole, stanno già optando per distanze d’impianto minori tipiche dei moderni frutteti.

«I nuovi impianti, che negli ultimi anni hanno rap-presentato un 5-6% del totale, sono realizzati in gran parte con gli accorgimenti tecnici descritti. Tuttavia, proprio la rigidità che impone il “marchio” costringe, chi non vuole rischiare, a continuare ad allevare le piante a palmetta, perdendo le possibilità migliorative che si possono ottenere con le nuove tecniche pro-duttive».

I vantaggi delle nuove tecniche colturali si riflettono anche sulla conservabilità e sulle caratteristiche delle mele.

«Lasciando per meno tempo i frutti in melaio – spe-cifica Giaccio – oltre ad un evidente risparmio econo-mico, viene prolungato il tempo di conservabilità. Ho potuto constatare che, dopo circa sei mesi di conser-vazione i frutti mantengono intatte le caratteristiche di “croccantezza”, mentre la polpa di altre varietà di mele inizia a diventare “farinosa”. Questo vantaggio è esal-tato quando si effettua una raccolta scalare praticando almeno tre interventi in modo da raccogliere i frutti in piena maturazione».

Carlo Borrelli

i frutticoltori si stanno orientando verso interventi di “sfoltimento” finalizzati a migliorare la penetrazione della luce anche all’interno delle piante per favorire la colorazione dei frutti già sulla pianta».

Le forme a fusetto, tra l’altro, sono coltivate a una maggiore densità.

«Purtroppo – ci dice il presidente del Consorzio – il disciplinare di produzione della mela Annurca non consente di intensificare gli impianti, ponendo dei limiti

Utilizzando la forma a fusetto la carica produttiva si presenta elevata fin dai primi anni e anche gli interventi di potatura sono più limitati rispetto ad altre forme di allevamento.

Le nuove scelte tecniche consentono anche di ridurre la permanenza dei frutti in melai con indubbi vantaggi di ordine economico.

Alcuni frutticoltori, fiduciosi in una rivisitazione del Disciplinare di produzione, stanno già optando per l’intensificazione colturale.

Dopo un periodo in cui il numero di soci del Consorzio è restato pressoché invariato, negli ultimi anni si è registrato un costante incremento delle adesioni, sia dei produttori (ad oggi oltre 100 soci) sia dei trasfor-

matori; attualmente si segnala la presenza di soci confezionatori oltre che nella provincia di Caserta anche in quelle di Napoli e Salerno.

«Il Consorzio – ci dice Giaccio – è impegnato a promuovere il prodotto sui mercati nazionali e internazio-nali. In quest’ottica va letta la partecipazione al Mac Fruit che ha riscosso indubbio successo. Inoltre, l’aper-tura del consorzio verso i trasformatori ha come obiettivo quello di incrementare la produzione dei prodotti derivati dell’annurca Igp, con tutti i vantaggi relativi alla nascita di nuovi spazi di mercato». C.B.

Il Consorzio Melannurca

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Premio “Sergio Finocchi” al gruppo FarProAgro

La clorosi ferrica è una delle principali fisiopatie nutrizio-

nali della vite; i sintomi vengo-no sovente controllati ricorrendo all’apporto di chelati di ferro sintetici che possono essere som-ministrati alla chioma o al suolo. Tuttavia, tali composti presenta-no alcune caratteristiche negati-ve: in primo luogo, il loro effetto è di natura transitoria e questo costringe a ricorrere ad applica-zioni reiterate durante la stagione vegetativa, con aumento dei co-sti di produzione. Inoltre, i chela-ti risultano facilmente lisciviabili contribuendo all’inquinamento delle falde acquifere e all’altera-zione di flora e fauna del suolo.

Un’efficace strategia di pre-venzione è rappresentata dall’u-tilizzo di portinnesti tolleranti al-la clorosi ferrica, i quali sono in grado di assorbire il ferro anche in condizioni sfavorevoli in virtù della capacità di abbassare il pH della rizosfera e attivare l’enzima radicale Fe-chelato-reduttasi, in grado di ridurre il ferro da Fe3+ a

Fe2+. Anche l’inerbimento risul-ta efficace, ma deve essere gesti-to in maniera oculata, per evitare l’instaurarsi di indesiderati feno-meni di competizione idrica e/o nutrizionale tra specie gramina-cea e coltura arborea.

LE AZIENDE INFORMANO

64 FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2014

Dal quadro sopra descritto emerge la necessità di studiare in modo approfondito ed adottare strategie sostenibili per la ge-stione della nutrizione ferrica investigando anche la possibilità di impiegare sostanze di origine naturale, in un’ottica di rispetto della salute umana e dell’ambiente. In tale contesto, sono stati valutati gli effetti di formulati innovativi a base di sangue anima-le HEM-Fe125 sulla nutrizione ferrica del-la vite; gli esperimenti sono stati effettuati in

parte su piante innestate su 140 Ruggeri, allevate in ambiente controllato, e in parte in am-biente semi-controllato su piante appartenenti a diverse combina-zioni d’innesto allevate in vaso. Altri test sono stati realizzati sul-

la varietà Syrah coltivata in pieno campo.

I risultati hanno evidenziato come i formulati a base di san-gue bovino HEM-Fe125 siano in grado di migliorare efficacemen-te la nutrizione ferrica della vite producendo un effetto simile e, in alcuni casi migliore, rispetto al chelato di ferro sintetico Fe-EDDHA. I dati indicano la possi-bilità di ridurre la quantità di Fe somministrata rispetto a quella applicata con i chelati in virtù delle caratteristiche chimiche dei formulati e della loro interazione con la pianta (in particolare lo sviluppo dell’apparato radicale). Nell’impiego agronomico di tali formulati sarà necessario consi-derare diversi fattori come il por-tinnesto, le condizioni colturali, le dosi e le modalità di applica-zione.

I risultati di queste ricerche sono stati premiati al Macfrut 2013 con un ambito riconosci-mento andato alla Divisione Far-ProAgro.

La Dr.ssa M.L. Prieto e l’A.D. Simone De Paola della Div. FarProAgro durante l’assegnazione del premio al Macfrut 2013.

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