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PROCURA DELLA REPUBBLICAPRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
- Direzione Distrettuale Antimafia -
N. 6268/06 R.G.N.R. DDA
FERMO DI INDIZIATI DI DELITTOE SEQUESTRO PREVENTIVO
IN VIA DURGENZA
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Il Pubblico Ministero, nelle persone del dott. Roberto Pennisi, Sostituto
P.N.A., dott. Salvatore Boemi, dott. Michele Prestipino, dott. Roberto P. Di
Palma, dott.ssa Maria Luisa Miranda, tutti Sostituti Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Reggio Calabria
Visti gli atti del procedimento penale indicato in epigrafe nei confronti di:
1.- ALVARO Giuseppe, nato a Sinopoli (RC) il 22.02.1931, residente a San Procopio (RC) via Toselli nr.5;
2.- ALVARO Natale, nato a San Procopio (RC) il 25.06.1960, residente in Reggio Calabria C/da Santelli Ravagnese nr.24;
3.- ALVARO Antonio, nato Taurianova (RC) il 20.02.1974, residente in Reggio Calabria via S.S. 18 II Tr. nr. 3;
4.- DARDES Pietro, nato a Roma il 09.05.1964, residente in Mentana (RM) via Conventino nr. 92/A;
5.- CARUSO Gianluigi, nato a Catanzaro il 13.08.1966 e residente a Roma in via Monfalcone nr. 3 di fatto domiciliato in Via Nomentana n. 372;
6.- MANCINI Giuseppe, nato a Catanzaro il 29.11.1964, residente in Roma via Leone IV n. 38 con studio in Piazzale Clodio n. 22; 7.- MOLE Girolamo, nato a Gioia Tauro (RC) il 01.02.1961 attualmente detenuto per espiazione pena presso la Casa di Reclusione di Napoli Secondiglliano;
8.- MOLE Domenico, nato il 06.04.62 a Gioia Tauro (RC), attualmente detenuto per espiazione pena presso la Casa di Reclusione di Nuoro;
9.- MOLE Antonio, nato a Gioia Tauro il 28.03.1990, ivi residente, via Raffaello Sanzio, n. 13 domiciliato in Bova Marina (RC) C.so Umberto I n. 192;
10.- MOLE Antonio, nato a Gioia Tauro il 26.07.1989, ivi residente, via Raffaello Sanzio, n. 15; 11.- MESIANI MAZZACUVA Valeria, nata a Reggio Calabria il 24.03.69, residente a Gioia Tauro, via Raffaello Sanzio, n. 13, domiciliata in Bova Marina (RC) C.so Umberto I n. 192;
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12.- ALBANESE Caterina , nata a Gioia Tauro il 01.01.1968, ivi residente, via Raffaello Sanzio, n. 15;
13.- ARENA Giuseppe, nato a Taurianova il 09.12.1970, residente in San Ferdinando (RC), via Rossini nr.18;
14.- MOLE Girolamo nato a Gioia Tauro il 06.04.1963, ivi residente via Potenza nr. 15;
15.- STANGANELLI Antonio, nato a Gioia Tauro il 04.10.1981, ivi residente, via Duomo, n. 29; 16.- STANGANELLI Domenico, nato a Gioia Tauro il 10.06.1977, ivi residente, via Pontevecchio, n. 1, di fatto domicliato, via Duomo, n. 29;
17.- PIROMALLI Giuseppe nato a Gioia Tauro il 04.01.1945, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Tolmezzo (UD);
18.- PIROMALLI Antonio nato a Polistena (RC) il 29.05.1972, residente in Milano, via Brianza, n. 33;
19.- ARCIDIACO Gioacchino nato a Vibo Valentia (VV) il 21.08.1983, domiciliato in Milano,. Via Pietro da Cortona, n. 2;
20.- ARCIDIACO Lorenzo, nato a Gioia Tauro (RC) il 12.03.1958, ivi residente, via XX Febbraio, n. 25;
21.- MICCICHE ALDO, nato a Maropati (RC) il 12.4.1936, residente a Caracas, Av. 11 entre7ma Y 8v Trensv., Quinta Buenopues, # 34-28 Altamira, CHACAO ZP .1060; 22.- PRIOLO Vincenzo, nato a Gioia Tauro il 01.09.1982, ivi residente via Nazionale 111 n. 255; 23.- PIROMALLI Girolamo, nato a Gioia Tauro, il 16.01.1980, ivi residente in contrada Sovereto, III stradone, n. 10, domiciliato in Via S. Pugliese n. 141;
24.- ROTONDO Andrea nato a Taurianova il 15.09.1976, ivi residente, via Italia, n. 44, domiciliato in via Apuania, n. 14;
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SOTTOPOSTI AD INDAGINE
PIROMALLI Giuseppe, PIROMALLI Antonio; PIROMALLI Girolamo; PRIOLO Vincenzo, MICCICHE Aldo; ARCIDIACO Gioacchino; ARCIDIACO Lorenzo; ROTONDO Andrea.
A) per il delitto di cui agli artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, VI, 61 n 9, C.P. perch si associavano tra loro, e con altre persone ancora non individuate, nell'ambito della 'ndrangheta di Gioia Tauro, quali appartenenti alla ndrina PIROMALLI, che esercitava il potere criminale sul detto comune, a sua volta inserita nel territorio della Piana di Gioia Tauro siccome federata con le ndrine "Pesce" e "Bellocco", che esercitavano il potere criminale nel territorio di Rosarno, e tutte insieme anche nel territorio di San Ferdinando (per come gi giudiziariamente accertato nei processi TIRRENO, PORTO, CONCHIGLIA e TALLONE DACHILLE), costituendo un'organizzazione mafiosa che - avvalendosi della forza di intimidazione che scaturiva dalle dette 'ndrine e delle corrispondenti condizioni di assoggettamento e di omert che si creavano nei citati territori ove era insediata la potenza criminale delle predette, che sugli stessi attuavano un capillare controllo di ogni aspetto della vita specie pubblica ed economica, affermatasi nel corso del tempo con la commissione di efferati delitti contro la persona con luso di armi di cui avevano ampia disponibilit, ed il patrimonio- aveva come scopo quello:
1) di influire sulla attivit delle amministrazioni comunali del territorio medesimo, anche attraverso lapporto di pubblici ufficiali, o facenti parte della associazione o che si prestavano al perseguimento dei suoi interessi e scopi, onde poterne trarre ingiusti vantaggi o profitti in termini di provvedimenti amministrativi adottati, o adottandi, che potessero favorire la organizzazione e/o i suoi esponenti di vertice e non, e comunque di influenzarne landamento in funzione degli interessi della associazione.;
2) di conseguire vantaggi patrimoniali dalle attivit economiche che si svolgevano nel territorio attraverso o la partecipazione alle stesse, ovvero con la riscossione di somme di denaro a titolo di compendio estorsivo;
3) di acquisire direttamente o indirettamente la gestione e/o il controllo di attivit economiche nei pi svariati settori anche attraverso il favore accordato alla associazione, grazie alle caratteristiche sopra descritte, da pubblici ufficiali ed esponenti del mondo politico ed imprenditoriale;
4) di gestire, attraverso il controllo del territorio di competenza per come sopra specificato, un quantitativo rilevante di voti che offrivano agli esponenti politici di cui sub 3) a seconda del favore accordato alla associazione od ai singoli suoi componenti;
5) di influenzare le decisioni dei poteri pubblici, anche con specifico riferimento alla modalit di gestione dei detenuti sottoposti al regime dellart. 41 bis O.P., facenti parte della associazione o vicini alla stessa;
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6) di commettere delitti contro il patrimonio (in particolare estorsioni) e contro la pubblica amministrazione (in particolare abusi in atti dufficio e corruzioni);
7) e, comunque, infine, di procurarsi ingiuste utilit.
Ed in particolare: a) PIROMALLI Giuseppe e PIROMALLI Antonio (nel ruolo di direzione
della associazione) perch, impartendo il primo, gi condannato per il delitto di direzione di associazione mafiosa e detenuto, le direttive dal carcere tramite i colloqui col secondo, che vi dava concreta esecuzione sul territorio, agivano entrambi come sub 3) e 4) e si attivavano come sub 5) onde ottenere il primo la revoca del regime dellart. 41 bis O.P., ed il secondo funzioni che gli garantissero la immunit (titolo consolare);
b) PIROMALLI GIROLAMO perch operava dintesa con PIROMALLI Antonio, che concorreva a dirigere il sodalizio, ai fini dellesercizio del dominio sul territorio di Gioia Tauro, e ponendo anchegli condotte del tipo di quelle specificate sub 1), essendo destinatario di provvedimenti come sub d), e mantenendo rapporti con pubblici ufficiali, tra cui il sodale ROTONDO Andrea, onde ottenerne il favore;
c) MICCICHE Aldo perch operava in stretto contatto con PIROMALLI Antonio, sia direttamente che tramite ARCIDIACO Lorenzo ed ARCIDIACO Gioacchino, ponendo in essere condotte come sub 3), 4) e 5), mettendo in particolare a disposizione del PIROMALLI e dellintero sodalizio il proprio tessuto relazionale costituito da uomini politici, pubblici ufficiali, imprenditori e professionisti nel campo degli affari cui offriva i vantaggi di qualsivoglia genere che derivavano dal potere esercitato dal sodalizio di cui faceva parte, nonch anche la propria capacit di manipolare e/o controllare lespressione del voto elettorale;
d) ARCIDIACO Lorenzo ed ARCIDIACO Gioacchino perch collaboravano con PIROMALLI Antonio come sub f);
e) ROTONDO Andrea perch manteneva stabili rapporti di collaborazione con PIROMALLI Girolamo al fine della realizzazione delle condotte di cui sub e), tenendo anche contatti con ARCIDIACO Lorenzo ed ARCIDIACO Gioacchino.
Con le aggravanti, per tutti, dellessere la associazione armata, dellutilizzare i proventi della attivit delittuosa per finanziare le attivit economiche di cui gli associati intendevano assumere e/o mantenere il controllo e, per il ROTONDO, di aver commesso il fatto con violazione dei doveri inerenti alle pubbliche funzioni rispettivamente esercitate.Commesso in Gioia Tauro e nei territori della relativa Piana ed accertato allanno 2004 sino al mese di luglio 2008.
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MOLE Girolamo (cl. 61), MOLE Domenico, MOLE Antonio (cl. 89), MOLE Antonio (cl. 90), MESIANI MAZZACUVA Valeria, ALBANESE Caterina, ARENA Giuseppe, MOLE Girolamo (cl. 63), STANGANELLI Antonio, STANGANELLI Domenico:
B) per il delitto di cui agli artt. 416 bis commi I, II, III, IV, V, VI, 61 n 9, C.P. perch si associavano tra loro (e con defunto Mol Rocco ucciso in data 01.02.2008)), e con altre persone ancora non individuate, nell'ambito della 'ndrangheta di Gioia Tauro, quali appartenenti alla ndrina MOLE, che esercitava il potere criminale sul detto comune federata sino a tutto il 2006 con la ndrina Piromalli (cos come individuata al precedente capo di imputazione) - (per come gi giudiziariamente accertato nei processi TIRRENO, PORTO, CONCHIGLIA e TALLONE DACHILLE), costituendo un'organizzazione mafiosa che - avvalendosi della forza di intimidazione che scaturiva dalla detta 'ndrina e delle corrispondenti condizioni di assoggettamento e di omert che si creavano nei citati territori ove era insediata la potenza criminale delle predette, che sugli stessi attuavano un capillare controllo di ogni aspetto della vita specie pubblica ed economica, affermatasi nel corso del tempo con la commissione di efferati delitti contro la persona con luso di armi di cui avevano ampia disponibilit, ed il patrimonio- aveva come scopo quello:
1. di influire sulla attivit delle amministrazioni comunali del territorio medesimo, anche attraverso lapporto di pubblici ufficiali, o facenti parte della associazione o che si prestavano al perseguimento dei suoi interessi e scopi, onde poterne trarre ingiusti vantaggi o profitti in termini di provvedimenti amministrativi adottati, o adottandi, che potessero favorire la organizzazione e/o i suoi esponenti di vertice e non, e comunque di influenzarne landamento in funzione degli interessi della associazione.;
2. di conseguire vantaggi patrimoniali dalle attivit economiche che si svolgevano nel territorio attraverso o la partecipazione alle stesse, ovvero con la riscossione di somme di denaro a titolo di compendio estorsivo;
3. di acquisire direttamente o indirettamente la gestione e/o il controllo di attivit economiche nei pi svariati settori anche attraverso il favore accordato alla associazione, grazie alle caratteristiche sopra descritte, da pubblici ufficiali ed esponenti del mondo politico ed imprenditoriale;
4. di gestire, attraverso il controllo del territorio di competenza per come sopra specificato, un quantitativo rilevante di voti che offrivano agli esponenti politici di cui sub 3) a seconda del favore accordato alla associazione od ai singoli suoi componenti;
5. di commettere delitti contro il patrimonio (in particolare estorsioni) e la persona;
6. e, comunque, infine, di procurarsi ingiuste utilit.
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Ed in particolare:
a) MOLE Girolamo (cl.61), MOLE Domenico, perch il primo, gi condannato per il delitto di associazione mafiosa e detenuto, quale capo della associazione, impartiva le direttive dal carcere attraverso i familiari (moglie, figlio e nipoti e fino al suo decesso anche tramite suo fratello Mol Rocco), che vi davano concreta esecuzione sul territorio; il secondo, gi condannato per il delitto di associazione mafiosa e detenuto, nel ruolo di direzione dellassociazione in uno con il fratello Girolamo (e, sino al decesso anche con il fratello Rocco) partecipando anchegli allassunzione delle decisioni relative alla vita ed alla funzionalit del sodalizio comunicando con il predetto suo germano e con lesterno anchegli attraverso i familiari (moglie, figlio e nipoti);
b) STANGANELLI Domenico e STANGANELLI Antonio perch il
primo svolgeva, quale appartenente al sodalizio in libert, insieme con Mol Rocco sino al decesso di questultimo funzioni esecutive delle decisioni prese come sub a), assumendo nellambito delle direttive impartitegli iniziative in ordine alle attivit estorsive da svolgere sul territorio ed alle attivit economiche da intraprendere e/o da portare a termine grazie al dominio esercitato dal sodalizio sul territorio. Ed ancora, ricevendo incarico di porre in essere e portare a compimento tutte le azioni di ritorsione connesse allomicidio di Rocco Mol. Svolgendo detta attivit con un ruolo dirigenziale sino al giugno del 2008, data in cui le medesime funzioni venivano delegate al fratello Stanganelli Antonio il quale sino a tale data aveva svolto ruolo di supporto alla attivit del fratello Domenico e di Mol Rocco.
c) MOLE Antonio (cl.89), MOLE Antonio (cl.90) , ALBANESE Caterina e MESIANI MAZZACUVA Valeria perch, rispettivamente figli di Girolamo e Domenico i primi due e mogli le seconde, svolgevano funzioni di tramite delle comunicazioni tra i congiunti detenuti e gli altri associati liberi, in tal modo consentendo ai primi di esercitare le proprie prerogative di capi e partecipando attivamente alle attivit ed alla vita del sodalizio di cui sub b), onde garantirne la operativit e sopravvivenza;
d) MOLE Girolamo (cl. 63) e ARENA Giuseppe perch, quali componenti organici dellassociazione, nellinteresse di questa - sotto le direttive di Mol Rocco (sinch in vita) e Mol Girolamo (cl. 61) svolgevano in prima persona tutte le attivit volte ad acquisire la Soc. Coop. in liquidazione coatta amministrativa All Services e pi specificatamente estromettendo lAlessio Aldo dalla gestione della cooperativa, ponendosi alla ricerca di soci finanziatori, contattando i liquidatori ed infine trattando la loro partecipazione con il gruppo vincente costituito dai coindagati DArdes-Alvaro al cui servizio, infine, lArena si poneva.
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Con le aggravanti, per tutti, dellessere la associazione armata, dellutilizzare i proventi della attivit delittuosa per finanziare le attivit economiche di cui gli associati intendevano assumere e/o mantenere il controllo
Commesso in Gioia Tauro e nei territori della relativa Piana ed accertato allanno 2004 sino al mese di luglio 2008 e per il Mol Antonio (cl. 90) dal 29.3.2008 e per Mol Antonio (cl. 89) dal 27.7.2007
ALVARO Giuseppe, ALVARO Natale, ALVARO Antonio, DARDES Pietro:
C) per il delitto di cui agli artt. 416-bis commi I, II, III, IV, V, VI C.P. perch si associavano tra loro e con altre persone ancora non individuate, nell'ambito della 'ndrangheta di San Procopio-Sinopoli, quali appartenenti alla ndrina ALVARO, (per come gi giudiziariamente accertato nel processo PRIMA), che esercitava il potere criminale sui detti territori costituendo un'organizzazione mafiosa che, avvalendosi della forza di intimidazione che scaturiva dalla detta 'ndrina e delle corrispondenti condizioni di assoggettamento e di omert che si creavano nei citati territori ove era insediata la potenza criminale della predetta, aveva come scopo quello di conseguire il controllo di rilevanti attivit economiche, e - grazie al collegamento che instauravano con la ndrina Piromalli (cos come individuata al capo di imputazione sub A) estendevano il detto potere criminale sulla zona dellarea portuale dei comuni di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando:
Ed in particolare:
a) DARDES Pietro , quale gestore della soc. coop. Lavoro di Roma, associava di fatto, mediante la stipulazione di un vero e proprio patto dazione, alla popria impresa Alvaro Giuseppe, Alvaro Natale ed Alvaro Antonio, il primo capo della omonima ndrina gli altri quali componenti, e ci al fine realizzatosi - di acquisire, grazie alla forza di intimidazione del vincolo associativo, rilevanti attivit economiche, costituite dal complesso aziendale della soc. coop. in liquidazione All Services, operante nel settore della movimentazione di containers, merci ed altri materiali nellarea portuale di Gioia Tauro, complesso aziendale di cui ottenava la cessione in affitto con contratto stipulato in data 28.3.2008;
b) ALVARO Giuseppe, quale capo della famiglia Alvaro di San Procopio stringeva un patto dazione con DARDES Pietro effettivo gestore della Cooperativa Lavoro di Roma, diventandone socio di fatto nella gestione delle attivit della soc. coop. All Services come sopra indicato, specificatamente autorizzando in via preliminare le operazioni di acquisizione di detta cooperativa; ottenendo personalmente lavallo da parte della famiglia Piromalli; e, in tal modo,
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esercitando funzioni di direzione, promozione e ed organizzazione dellassociazione;
c) ALVARO Antonio e ALVARO Natale perch - quali componenti della omonima ndrina di cui al presente capo di imputazione partecipavano attivamente alle attivit di acquisizione della soc. coop. in liquidazione All Services affiancando DArdes Pietro e svolgendo funzioni di tramite tra questultimo ed Alvaro Giuseppe.
Commesso in San Procopio, Sinopoli, Gioia Tauro e nei territori della Piana dal 2006 sino al mese di luglio 2008
MANCINI Giuseppe e CARUSO Luigi: D) per il delitto di cui agli artt. 110, 61 n. 9, 416 bis commi I, II, III, IV, V, VI C.P. perch concorrevano nella commissione del reato di cui sub C) con DARDES Pietro, ALVARO Giuseppe, ALVARO Natale, ALVARO Antonio, offrendo un contributo concreto, specifco e determinante per il perseguimento delle finalit della ndrina Alvaro della quale pur tuttavia non facevano parte - con specifico riferimento alla acquisizione da parte della ndrina medesima della soc. coop. in liquidazione All Services
E, in particolare:
a) MANCINI Giuseppe, coadiuvava Pietro DArdes in tutte le attivit a seguito delle quali la soc. coop. Lavoro di Roma otteneva la cessione del complesso aziendale della soc. coop. All Services, programmando ed eseguendo assieme al DArdes tutte le singole iniziative volte al conseguimento dellobbiettivo, curando personalmente i contatti con i liquidatori della so. Coop. All Services ed ottenendo illecitamente ed in via preliminare le informazioni necessarie alla formulazione della proposta di acquisizione avanzata dalla soc cop. Lavoro, partecipando attivamente e venendo comunque costantemente informato dal DArdes dei rapporti instaurati con gli Alvaro, della conclusione del patto dazione concluso con i medesimi e con lavallo delloperazione ottenuto dai Piromalli;
b) CARUSO Gianluigi , in qualit di liquidatore della soc. coop. All Services e perci Pubblico Ufficiale coadiuvava Pietro DArdes e Giuseppe Mancini nelle attivit a seguito delle quali la soc. coop. Lavoro di Roma otteneva la cessione del complesso aziendale della soc. coop. All Services, fornendo loro in via preventiva ed illecita le informazioni, contenute in una perizia tecnica, sul valore della soc. coop. All Services in tal modo consentendo al DArdes ed al Mancini ed ai loro soci Alvaro, con la consapevolezza di tali rapporti, di formulare anticipatamente la proposta economicamente pi vantaggiosa
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perch basata sui dati cos illecitamente acquisiti e concertando con DArdes e Mancini le strategie per eludere il corretto svolgimento delle aste pubbliche e per concludere laffare attraverso la cessione in affitto del complesso aziendale della All Services. Con laggravante di aver commesso il fatto con violazione dei doveri inerenti alle pubbliche funzioni esercitate.
In Gioia Tauro, S, Procopio e Roma dal 2006 al 28/03/2008.
Rilevato che sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine
ai reati e per gli indagati appresso specificati;
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I.- PREMESSA
La Piana di Gioia Tauro, dal progetto del V centro siderurgico
fino alla realizzazione del porto, con le ingenti risorse
finanziarie statali e comunitarie impiegate per il suo sviluppo
economico, costituisce ormai da tempo il pi grande affare per
le ndrine insediate sul territorio. Le attivit connesse con la
gestione del porto e dunque con il colossale movimento dei
containers, le opportunit di traffici illeciti a livello
internazionale, rese possibili dal frenetico via vai quotidiano
delle merci, hanno attratto gli appetiti dei Mol, dei
Piromalli, dei Bellocco e dei Pesce e li hanno portati ad
imporre la loro presenza, offrendo lopportunit di un salto di
qualit internazionale.
E quanto si legge nella relazione, significativamente
intitolata Ndrangheta, trasmessa alle Presidenze delle
Camere il 20 febbraio 2008, con la quale la Commissione
parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalita
organizzata mafiosa o similare, istituita nel corso della XV
legislatura, ha concluso i propri lavori, con una lunga analisi
sulla presenza, le attivit e le prospettive del sodalizio
mafioso calabrese, da poco inserito nella black - list delle
organizzazioni criminali e terroristiche che gli U.S.A.
intendono contrastare con criteri di priorit.
Che quanto scritto dalla Commissione Antimafia non
rappresenti soltanto una opinione, ancorch delle pi
autorevoli, lo dimostrano senza alcun margine di dubbio
molteplici emergenze che nel corso di questi anni sono state
raccolte in numerosi contesti investigativi che hanno avuto
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per oggetto proprio le attivit della ndrangheta sullintero
territorio nazionale.
Sul finire dello scorso anno, ARCIDIACO Gioacchino -
amico di PIROMALLI Antonio, figlio di PIROMALLI Giuseppe,
detenuto, sottoposto allo speciale regime detentivo di cui
allart. 41 bis ord. pen., capo di una delle pi potenti ndrine
insediate nella Piana di Gioia Tauro - doveva incontrare lon.
Marcello DELLUTRI per prospettargli talune situazioni che
riguardavano la famiglia PIROMALLI e sollecitare un suo
intervento. Il 02 dicembre 20071 viene intercettata una
chiamata telefonica nel corso della quale ARCIDIACO, in vista
di questo importante incontro, chiede lumi a MICICHE Aldo,
ex uomo politico da tempo residente in Venezuela. V oglio capire in che termini mi devo proporre domanda ARCIDIACO e MICCICHE non ha al riguardo alcun dubbio:
La Piana ... la Piana cosa nostra facci capisciri il Porto di Gioia Tauro lo abbiamo fatto noi, insomma! Hai capito o no? Fagli capire che in Aspromonte e tutto quello che succede l sopra successo tramite noi, mi hai o capito? ... . E, per spiegarsi meglio, aggiunge: ricordati che la politica si deve saper fare ora fagli capire che in Calabria o si muove sulla Tirrenica o si muove sulla Ionica o si muove al centro ha bisogno di noi hai capito il discorso ? E quando dico noi intendo dire Gioacchino ed Antonio, mi sono spiegato ? ..
Parole che testimoniano non solo di quanto sia esteso,
profondo e ramificato il potere mafioso esercitato dalla
famiglia PIROMALLI ai cui componenti, Antonio e
Gioacchino fa esplicito riferimento MICCICHE nel corso della
1 v. allegato 60 bis allannotazione in data 9 giugno 2008 della Squadra Mobile di Reggio Calabria.
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citata conversazione ma anche e soprattutto quali capacit
di proporsi verso lesterno, addirittura al livello istituzionale
nazionale, tale famiglia possa vantare.
Parole, sotto altro profilo, che non possono essere
scambiate per fantasiose prospettazioni di persone che
raccolgono voci dambiente o fanno vanto fuori luogo di poteri
e conoscenze che non gli appartengono.
Quale sia stato, in primo luogo, il ruolo della famiglia
PIROMALLI nellambito della Piana di Gioia Tauro e dellarea
portuale in particolare, infatti circostanza ben nota e gi
oggetto di definitivo accertamento giurisdizionale.
Proprio PIROMALLI Giuseppe infatti stato condannato
in via definitiva, tra laltro per il reato di partecipazione ad
associazione di tipo mafioso, nella qualit di capo, promotore
ed organizzatore, con la sentenza pronunciata dal Tribunale
di Palmi in data 23 maggio 2000.
Ebbene le condotte per le quali il PIROMALLI stato
condannato, in concorso con MOLE Girolamo (cl. 61), capo
di unaltra potente ndrina operativa nellarea di Gioia Tauro e
da sempre alleata degli stessi PIROMALLI, si riferiscono a
fatti commessi nellarea portuale di Gioia Tauro, fino alla fine
degli anni 90. Nella motivazione della citata sentenza si legge
infatti:
Laccusa mossa agli imputati era in particolare quella di
avere tentato di estorcere alla societ che a partire dal 1995
gestiva lattivit di c.d. transhipment nel porto di Gioia Tauro,
la MEDCENTER CONTAINER TERMINAL (nel corso della
sentenza indicata anche solo MCT), la somma di un dollaro e
mezzo per ogni container movimentato, azione delittuosa da
collegarsi alloperativit su quel territorio delle associazioni di
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tipo mafioso denominate cosca Piromalli-Mol di Gioia Tauro
e cosca Pesce di Rosarno con la conseguente contestazione a
loro carico dellaggravante di cui allart. 7 L. n. 203/1991.
OMISSIS
Lespressione del pubblico ministero, che ha definito questa
tentata estorsione come la madre di tutte le estorsioni, ha
un suo fondo di verit nella misura in cui gi in contestazione
emerge che sullaffare Porto di Gioia Tauro, e si torner sui
tanti aspetti di questo affare, si sono coagulate le
organizzazioni mafiose della Piana di Gioia Tauro, fatto gi
significativo e che una delle ragioni sociali delle associazioni
stata una mega estorsione nei confronti di una
multinazionale e relativa comunque ad uno dei pi rilevanti
investimenti (si torner anche su ci, sempre quando si parler
dellaffare, e sulla valenza del termine, nella specie poco
economica) dello Stato Italiano, e della Comunit europea.
Unestorsione che venuta a toccare il costituito
dal Porto di Gioia Tauro e che, per complessi effetti transitivi,
ha posto in fibrillazione i pi alti vertici e lo Stato Italiano in s.
OMISSIS
Al riguardo non si pu dimenticare mai, anche dopo
lemissione della sentenza, la preveggenza di Piromalli
Giuseppe, che intuisce il valore del porto di Gioia Tauro
(naturalmente in senso lato, aperto ad ogni sviluppo) e stimola
le attivit di impresa dei soggetti a lui vicini, quando ancora il
Ravano, cui tutti attribuiscono una genialit unica e che
pertanto unica non , non aveva ancora messo piede a Gioia
Tauro.
OMISSIS
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Il gruppo Piromalli-Mol , per come risultato con evidenza
dalle prove esaminate, ha mantenuto nel tempo una sorta di
ordine nella stessa criminalit e indirettamente nella citt (in
Gioia Tauro, che al centro dellattenzione, fermo il coevo
potere che emerge dalle risultanze in atti, dei Pesce, Bellocco e
Pisano in Rosarno), avendo il pieno controllo delle attivit
estorsive.
Attivit condotte con prassi consolidate di richieste, successivi
danneggiamenti anonimi e una mancanza di palesi sviluppi
successivi o di conferme delle persone offese, emergendo per
alle forze dellordine come in realt le vittime pagassero e
tacessero, cio in un quadro di reati diffusi e di diffusa omert
(clamorosa la indicazione, emergente dai verbali del Tirreno
e che si esaminer, del raduno degli imprenditori, ad opera
della cosca, per fissare la regola nei pagamenti).
Tale gruppo operava altres con costanza nel campo
imprenditoriale, degli appalti e in particolare dei subappalti (si
vedr, nelle sentenze acquisite, lelenco di tanti di tali lavori,
spessissimo per ditte intestate ad evidenti prestanome,
familiari ed amici) emergendo che luso dei subappalti era un
fenomeno tanto privo di giustificazioni su reali necessit delle
ditte appaltanti (divenendo evidente la matrice estorsiva),
quanto diffuso.
Emerge pi in generale un interesse alle ricchezze del
territorio, dai lavori pubblici in corso a quelli solo previsti e
annunciati, come prova e la eccezionale
lungimiranza relativa di Piromalli Giuseppe.
OMISSIS
Quelle Piromalli Mol, come quelle Pesce e Bellocco, non sono
solo famiglie mafiose ma sono le famiglie mafiose doc,
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riconosciute, che hanno rapporti con le altre famiglie mafiose
come emerge dalle sentenze passate in giudicato acquisite.
Sono passati gli anni, le attivit economiche nellarea
del porto di Gioia Tauro hanno avuto un forte incremento, il
potere di controllo esercitato dalle potenti ndrine PIROMALLI
e MOLE sugli affari del porto rimasto intatto, anzi si
evoluto secondo un modello che ormai caratterizza il modus
operandi delle pi importanti organizzazione mafiose, quello
del passaggio dallo sfruttamento parassitario delle risorse
attraverso forme di imposizione esterne alla scelta di farsi
impresa, attraverso un complesso sistema di patti strategici
con settori dellimprenditoria, che ha visto la scomposizione
degli storici cartelli mafiosi e la ricomposizione di nuove
forme di alleanza tra le pi potenti ndrine insediate ed
operanti nellarea della Piana.
Queste sono le conclusioni che oggi consentono di
formulare gli esiti delle complesse attivit investigative
effettuate dalla Polizia di Stato sugli affari in corso nellarea
portuale, sul ruolo svolto nellintera zona dai PIROMALLI, dai
MOLE e dagli ALVARO di S. Procopio e sullo stato dei
reciproci rapporti.
Proprio da tali esiti trae origine il presente
provvedimento di fermo.
Istituito per essere asservito al V centro siderurgico,
mai realizzato, il porto di Gioia Tauro oggi il pi grande
terminal del Mediterraneo per il transhipment di containers
da grandi navi transoceaniche a piccole navi per la
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distribuzione al dettaglio. Lattivit del porto ha avuto, in
breve tempo, un formidabile decollo, passando dagli oltre due
milioni di containers del 1998 agli oltre tre milioni attuali,
movimentati dalla M.C.T societ del gruppo CONTSHIP
ITALIA S.p.A., concessionaria della pi grande parte di
banchina disponibile con limpiego di 1500 unit lavorative,
indotto incluso. Dato che, insieme alle tremila navi che
annualmente fanno scalo a Gioia Tauro, valso al porto di
Gioia Tauro il prestigioso riconoscimento della classificazione
tra i porti di rilevanza internazionale.
Nellambito delle attivit terminalistiche, oltre alla gi
citata M.C.T., impresa leader nel settore della
movimentazione dei containers, si distingue nel parallelo
settore della movimentazione autovetture la B.L.G.
Automobile Logistics Italia s.r.l. che gestisce in concessione
una grande banchina per lo stoccaggio delle autovetture e,
dal 1999, la All Services che svolge attivit di movimentazione
delle merci alla rinfusa. In sostanza, questa cooperativa
portuale, a differenza della M.C.T., opera non solo nel settore
del trasbordo dei containers, ma offre, attraverso il c.d.
tramacco, consistente nello scarico e ricarico delle merci,
servizi di movimentazione di numerose merci
Ed su tale societ cooperativa, la All Services, che si
rivolta lattenzione delle cosche, un tempo limitata alle
attivit puramente estorsive, per attuare la nuova strategia
volta ad affermare la propria presenza interna, come
impresa, nella gestione degli affari del porto.
Per circa due anni, dal 2006 fino ai primi mesi del
2008, due diversi gruppi si sono contesi lacquisizione della
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cooperativa All Services, preventivamente portata, attraverso
una ben preventivata strategia, allo stato di liquidazione
coatta amministrativa: da un lato i MOLE, attraverso MOLE
Girolamo (cl. 63) - cugino dei pi titolati fratelli, MOLE
Girolamo (61), MOLE Domenico (cl. 63) e MOLE Rocco
(cl.65) - ed il suo braccio operativo ARENA Giuseppe,
dallaltro una cordata formata da un imprenditore romano,
DARDES Pietro, titolare della Cooperativa Lavoro di Roma,
ma con attivit in Calabria, affiancato dallavv. Giuseppe
MANCINI ed alleatosi con gli ALVARO di S. Procopio, con
lavallo dei PIROMALLI.
La lunga contesa ha visto prevalere il gruppo capeggiato
da DARDES, che riuscito ad imporsi, ottenendo, nei primi
mesi del 2008, la cessione della cooperativa All Services
attraverso laffitto dazienda, grazie alla complicit dei
liquidatori della cooperativa, le cui informazioni e le cui
illecite attivit di ausilio si sono rivelati al riguardo
determinanti; grazie al vero e proprio patto dazione con gli
ALVARO di S. Procopio, che in tal modo sono stati coinvolti
nelle attivit economiche della cooperativa gioiese non pi
come semplici beneficiari di quote di ricchezza frutto di
prelievo estorsivo, ma come veri e propri partecipi alla
gestione imprenditoriale di tali attivit; grazie infine allavallo
concesso dai PIROMALLI.
Sullo sfondo, il potere di direzione esercitato dai capi
mafiosi detenuti, MOLE Girolamo (cl. 61) e PIROMALLI
Giuseppe (cl. 45), un potere esercitato nonostante che
entrambi siano detenuti ed il PIROMALLI addirittura
sottoposto allo speciale regime detentivo imposto dallart.
41bis ord. pen., le cui attuali maglie evidentemente non
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hanno impedito, n eliso la piena funzionalit del circuito
comunicativo con lesterno.
Il PIROMALLI, infatti, attraverso il proprio figlio Antonio
(cl.72), ha continuato a gestire gli affari della sua cosca.
Analogamente, ha operato anche MOLE Girolamo
(cl.61), detenuto, che attraverso i propri congiunti, tra cui il
figlio Antonio, invia disposizioni per la gestione di importanti
affari, tra i quali quello della All Services, ricevendo notizie
dai suoi uomini sul territorio.
Un interscambio con lesterno tanto pi importante e
decisivo per il futuro sviluppo della presenza e delle attivit
della cosca che il MOLE concorre a dirigere, perch a cavallo
di un difficilissimo momento, segnato da ben quattro
particolari eventi: la perdita da parte del gruppo MOLE della battaglia per lacquisizione della All Services, consumatasi la
mattina del 31 gennaio 2008 con la cessione al gruppo
capeggiato dallimprenditore DArdes dellazienda; la contestuale e quasi conseguenziale uccisione, il giorno successivo 01 febbraio 2008, di MOLE Rocco, in quel
momento libero, fratello di Girolamo e reggente della ndrina
MOLE; la successiva eliminazione, il 26 aprile 2008, di PRINCI Antonino, imprenditore legato ai MOLE; la rottura degli storici rapporti con la cosca dei PIROMALLI, oramai entrata in stabile alleanza con quella degli ALVARO.
Eventi che hanno finito per determinare il mutamento
degli equilibri mafiosi in tutta la zona e che costituiscono al
contempo i segnali anticipatori di scosse telluriche, di
grande rilevanza, prossime ed imminenti.
MOLE Girolamo ne tanto consapevole che, sin dalle
prime avvisaglie dello strapotere accumulato dai PIROMALLI,
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della corrispondente perdita di posizioni da parte dei suoi
uomini e del conseguente determinarsi di un clima di
tensione e conflittualit tra le famiglie da sempre alleate, gi
il 27 settembre 2007, nel corso di un colloquio dai
significativi contenuti, mette in guardia il suo interlocutore, il
rampollo della famiglia, il nipote STANGANELLI Domenico,
richiamandolo a stare al suo posto, per non distruggere
quel potere mafioso frutto di oltre cento anni di storia: Poi i fatti devono seguire alle parole ai discorsi non alle parole ai discorsi devono seguire i fatti con i fatti senza parole inc dietro le sbarre e noi noi sei tu a dire a
tuo nipote se tuo nipote dice chi lo dice! Che
scostumato uno, chi lo dice? inc perch se lui se il figlio
di Mico o Mommo o Ciccio fa un messaggio sbagliato stai
tranquillo che o mio zio o laltro zio mala nova pigliagli nerva
(picchialo) gli deve dire ti devi stare a posto tuo perch qua ci sono 100 anni di storia che non la puoi guastare, ecco tu ci sono 100 anni di storia che non la puoi guastare tu se ti vuoi alleare se voi insieme o per fatti tuoi per su una giusta linea fai quello che vuoi per se tu questa linea la tieni pure tu, devi sapere che ad un certo punto ognuno allora la storia qualcosa conta, i sacrifici, il carcere e tutto il resto conta noi rispettiamo il passato e rispettiamo la storia e noi rispettiamo e rispettiamo e noi di noi, non sbaglieremo mai inc mai!.
Gli elementi raccolti nel corso dellindagine dimostrano,
infine, come le maglie imposte dallo speciale regime
detentivo di cui allart. 41-bis ord. pen. non hanno impedito
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al boss PIROMALLI Giuseppe di comunicare con altri
importanti capi mafia, anche allinterno dello stesso Istituto
di detenzione.
E accaduto presso la Casa Circondariale di Tolmezzo,
ove nel corso degli ultimi mesi, il PIROMALLI ha interloquito
anche con i capi siciliani di Cosa Nostra che, nel frangente vi
erano ristretti, sottoposti al regime di cui allart. 41-bis ord.
pen., come CINA Antonino. Tema del confronto, lo speciale
regime detentivo di cui allart. 41-bis ord. pen. contro la cui
applicazione le organizzazioni mafiose calabrese e siciliana
cercano di fare fronte comune attraverso lelaborazione di
una strategia unitaria.
Certo non per caso, allon. DellUtri, lARCIDIACO,
incontrandolo, avrebbe dovuto dire ho avuto autorizzazione di dire che gli possiamo garantire Calabria e Sicilia (In effetti, come le indagini hanno evidenziato, allon. DELLUTRI ha fatto visita ARCIDIACO Gioacchino, ma
di tale incontro non stato possibile apprendere il
contenuto).
Anche sotto questo profilo le parole dellARCIDIACO
trovano un preciso riscontro nei rapporti che da tempo sia
pure con diverse forme e modalit lorganizzazione mafiosa
siciliana intrattiene con quella calabrese e, in particolare con
la ndrina PIROMALLI.
Proprio di recente, soggetti appartenenti al
mandamento di Brancaccio si sono incontrati con Gioacchino
PIROMALLI, cugino dellattuale indagato Antonio.
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-
Del resto, costituiscono fatti gi giudizialmente accertati
i rapporti privilegiati dei PIROMALLI con i SANTAPAOLA di
Catania e la presenza di RIINA Salvatore allepoca ancora
latitante presso Africo, ospite di esponenti mafiosi del
luogo.
E su questo contesto mafioso che il presente
provvedimento intende incidere, attraverso il fermo di quei
soggetti che, partecipi dei descritti circuiti comunicativi
utilizzati dai capi detenuti per riorganizzare sul territorio la
presenza delle cosche da loro dirette, sono stati coinvolti a
pieno titolo nellaffare All Services, anche dalle cui vicende
dipende la cruenta scomposizione delle vecchie alleanze
mafiose ed il formarsi dei nuovi equilibri sulla Piana.
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-
II. LE FONTI DI PROVA: LA VALENZA PROBATORIA
DELLE ATTIVIT di INTERCETTAZIONE.
Il materiale probatorio sul quale si fonda
principalmente la presente richiesta frutto di prolungate
attivit di intercettazione di comunicazioni telefoniche e di
conversazioni tra presenti effettuate, anche presso le sale
colloqui di alcune Case circondariali, nei confronti degli
stessi indagati, di altri coindagati ovvero di indagati di reato
connesso, attivit di intercettazione i cui esiti appaiono di
significativa valenza probatoria sia per quantit che per
qualit delle circostanze e delle notizie che gli interlocutori si
sono di volta in volta scambiate.
Ora, non vi dubbio che, alla stregua di un consolidato
e condivisibile orientamento giurisprudenziale, la valenza
probatoria di tale mezzo di prova deve ritenersi di particolare
efficacia. In effetti, lattivit di intercettazione,
rappresentando in tempo reale laccadimento di singoli fatti
storici, costituisce senzaltro uno dei modi di raccolta della
prova di natura oggettiva e, per ci stesso, di maggiore
affidabilit.
I dati che ne scaturiscono fotografano una realt
possibile di artefazioni in via astratta in sole due ipotesi: e
cio quando siano contraddittori o inintelligibili, ovvero
quando i protagonisti della conversazione siano chiaramente
consapevoli di essere soggetti a tale attivit di acquisizione
della prova e se ne servano in modo strumentale per falsare
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-
intenzionalmente ed in maniera anomala la rappresentazione
del dato storico.
Al di fuori di tali ipotesi - certamente non ipotizzabili nel
procedimento in questione, considerata la mole di
intercettazioni disposte, i diversi contesti investigativi nei
quali esse sono state effettuate ed il lungo tempo per il quale
esse si sono protratte, deve concludersi che la situazione
rappresentata da tale mezzo di prova esattamente
rispondente alla realt dei fatti.
A tali conclusioni deve giungersi anche laddove il dato
indiziante desumibile dallintercettazione sia utilizzato in
pregiudizio di soggetti terzi, che quindi non hanno
partecipato al dialogo, laddove ci si intenda riferire al
coinvolgimento di tali persone in attivit illecite.
E chiaro che maggiore la valenza di prova di un
dialogo laddove a parlare sia la stessa persona nei cui
confronti si utilizzino, in chiave indiziante, le affermazioni
oggetto di registrazione, ma allorch due o pi soggetti si
riferiscono ad un terzo, riferendo fatti penalmente rilevanti a
carico di questi, egualmente il valore probatorio di tale atto
da ritenersi elevatissimo, salvo la comprovata circostanza o la
ragionevole probabilit che, nella consapevolezza dellattivit
cui sono soggetti, gli interlocutori abbiano inteso
precostituire false prove a carico del terzo estraneo alla
conversazione. Il che, secondo evidenti principi logici, non
pu ritenersi plausibile quando due o pi soggetti,
comunque, riferiscano nel corpo della conversazione fatti
illeciti nei quali essi stessi risultino coinvolti.
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-
Alla stregua di tali considerazioni, non essendo emerso
alcun elemento tale da far ritenere che gli interlocutori, le cui
conversazioni sono state di volta in volta oggetto di
intercettazione, abbiano inteso creare false prove, essendo
evidente che gli interlocutori hanno riferito nel corso di tali
conversazioni fatti gravissimi nei quali sono direttamente ed
in primo luogo coinvolti essi stessi, deve concludersi che,
nellambito del presente procedimento, agli esiti delle
effettuate attivit di intercettazione deve attribuirsi una
particolare e sicura efficacia probatoria.
E ci tanto pi che le circostanze oggetto delle diverse
conversazioni intercettate ed anche quelle in relazione alle
quali stata ipotizzata la responsabilit di terzi estranei
hanno ricevuto puntuale conferma attraverso lacquisizione
di elementi di prova diversi, frutto sia di specifiche attivit di
riscontro svolte dalla stessa polizia giudiziaria sia di altre
attivit tecniche svolte in altri ambiti, il cui contenuto ha
confermato punto per punto moltissime delle vicende sulle
quali gli indagati avevano interloquito con altri coindagati
durante le conversazioni che erano state oggetto di
captazione, la cui veridicit rimane pertanto confermato,
anche sotto tale profilo.
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III.- LA CONTESTAZIONE DEL REATO DI PARTECIPAZIONE ALLASSOCIAZIONE DI TIPO MAFIOSO.
Prima di esaminare la posizione degli indagati cui con la
presente richiesta viene contestato il reato di partecipazione
allassociazione di tipo mafiosa ex art. 416 bis c.p., appare
opportuno richiamare le pi significative acquisizioni
probatorie e i pi recenti indirizzi giurisprudenziali - sul
punto ormai consolidatisi - circa i presupposti in presenza
dei quali pu ritenersi integrato il delitto associativo di tipo
mafioso, anche nei confronti di soggetti per cui non sia stata
acquisita la prova della loro formale affiliazione.
Ormai da tempo, allo scopo di fornire la prova
dellappartenenza allassociazione di tipo mafioso, si
preferisce attribuire rilevanza al profilo c.d. organizzatorio,
secondo cui il nocciolo duro del far parte deve essere
ricercato nel ruolo assunto da ogni singolo componente del
sodalizio, con le specifiche attivit delittuose svolte da
ciascuno, come momenti significativi e non equivoci di tale
appartenenza, finalizzati del resto al raggiungimento degli
scopi tipici dellassociazione mafiosa ed al mantenimento ed
allo sfruttamento della forza di intimidazione derivante dal
vincolo associativo che costituisce lelemento caratterizzante
della fattispecie criminosa associativa, per la quale si procede
anche in questo processo.
Sotto tale profilo, invero, si deve ritenere elemento
sufficiente a dimostrare lappartenenza alla organizzazione
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-
mafiosa il costante collegamento ed i continui rapporti in
termini di concreta messa a disposizione con alcuni dei
suoi esponenti, specie nel caso in cui essi si siano
concretizzati in condotte che afferiscono a settori di attivit
sempre pi strategiche per la sopravvivenza
dellorganizzazione, quali, ad esempio, le comunicazioni tra
gli associati, soprattutto se in posizione apicale, ovvero il
finanziamento delle casse dellorganizzazione attraverso le
diverse forme di acqusizione e di controllo di attivit
economiche, che come noto - consentono al contempo
lapprovvigianamento di ingenti risorse economiche, la
possibilit di reinvestirne gli utili e - sia pure indirettamente -
una delle forme pi importanti ed efficaci di controllo del
territorio e di formazione del consenso sociale in favore del
sodalizio criminoso.
Tale impostazione stata recepita dalla Corte di
Cassazione, la quale, con la sentenza pronunciata a Sezioni
Unite il 30 ottobre 2002, riprendendo le fila delle diverse
questioni che, sia in dottrina che in giurisprudenza, avevano
accompagnato lapplicazione della fattispecie del c.d.
concorso esterno in associazione mafiosa e sancendone
definitivamente la piena configurabilit, ne ha nuovamente
perimetrato confini e limiti di applicazione, distingundola
dalla fattispecie della partecipazione, cos individuata:
. La tipologia della condotta di partecipazione delineata
dal legislatore sotto l'espressione "chiunque fa parte di
un'associazione di tipo mafioso" (art. 41.6 bis, comma 1).
Tenuti presenti i connotati assegnati all'associazione mafiosa
dal terzo comma dell'art. 416 bis, deve intendersi che "fa
parte" di questa chi si impegna a prestare un contributo alla
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vita del sodalizio, avvalendosi (o sapendo di potersi avvalere)
della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle
condizioni di assoggettamento e di omert che ne derivano per
realizzare i fini previsti. Al contempo, l'individuazione di una
espressione come "fa parte" non pu che alludere ad una
condotta che pu assumere forme e contenuti diversi e
variabili cos da delineare una tipica figura di reato "a forma
libera", consistendo in un contributo apprezzabile e concreto,
sul piano causale, all'esistenza o al rafforzamento
dell'associazione e, quindi, alla realizzazione dell'offesa tipica
agli interessi tutelati dalla norma incriminatrice.
Sicch a quel far parte dell'associazione, che qualifica la
condotta del partecipe, non pu attribuirsi il solo significato di
condivisione meramente psicologica del programma criminoso
e delle relative metodiche, bens anche quello, pi pregnante,
di una concreta assunzione di un ruolo materiale all'interno
della struttura criminosa, manifestato da un impegno
reciproco e costante, funzionalmente orientato alla struttura e
alla attivit dell'organizzazione criminosa: il che
espressione di un inserimento strutturale a tutti gli effetti in
tale organizzazione nella quale si finisce con l'essere
stabilmente incardinati..
Tale interpretazione stata ancora di recente ribadita
dalle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che, in
occasione di un nuovo arresto giurisprudenziale sul tema
del c.d. concorso esterno in associazione mafiosa, hanno
ribadito (v. sent. 12 luglio 2005, Mannino) che risponde di
partecipazione ad associazione mafiosa colui che risulta in
rapporto di stabile e organica compenetrazione nel tessuto
organizzativo del sodalizio, tale da implicare lassunzione di
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un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale
linteressato "prende parte" al fenomeno associativo
rimanendo a disposizione dellente per il perseguimento dei
comuni fini criminosi (la Corte ha precisato altres che sul
piano probatorio rilevano tutti gli "indicatori fattuali" dai
quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti
propriamente al fenomeno della criminalit di stampo
mafioso, possa logicamente inferirsi il nucleo essenziale della
condotta partecipativa, e cio la stabile compenetrazione del
soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio, purch si
tratti di indizi gravi e precisi, come, ad esempio, laffiliazione
rituale, la commissione di delitti-scopo, i comportamenti
tenuti nelle pregresse fasi di "osservazione" e "prova", oltre a
molteplici, variegati e per significativi facta concludentia).
Peraltro, gi in passato, la Corte di Cassazione2 aveva
affermato che possibile perseguire per il reato di
associazione a delinquere di stampo mafioso chiunque, pur
non essendo organicamente interno alla medesima, ( ... )
abbia realizzato una condotta costituente contributo ovvero
apporto obbiettivamente idoneo alla conservazione od al
rafforzamento della struttura associativa. La Corte di
Cassazione ha poi aggiunto che non pu dubitarsi che per
unorganizzazione criminale . lassicurare il collegamento
con i soggetti latitanti, soprattutto se in posizione di spicco
allinterno dellorganizzazione ed il controllo di interi segmenti
di mercato attraverso, tra laltro, il controllo degli appalti di
opere pubbliche, costituiscano attivit essenziali per il
perseguimento dei propri scopi criminali e per il suo stesso
mantenimento, con la conseguenza che lillecito operare al fine
2 v. sent. n. 2348 del 18 maggio 1994
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di ottenere, mediante la forza di intimidazione derivante dal
vincolo associativo, laggiudicazione di opere pubbliche
costituisce senzaltro una ulteriore circostanza sintomatica
dellappartenenza a tale sodalizio mafioso.
Sotto il primo profilo, la sussistenza della materialit
del reato di partecipazione allassociazione di tipo mafioso
viene integrata, in particolare, dalla prestazione di
quellattivit di carattere personale e fiduciaria necessaria per
garantire la continuit dei contatti e delle comunicazioni dei
capi e degli altri associati detenuti con quelli liberi, che
continuano a segnare e garantire la presenza operativa del
sodalizio criminoso sul rispettivo territorio di competenza.
Pi in particolare, la Corte di Cassazione, ha attribuito
una particolare valenza allattivit di trasmissione di
messaggi tra componenti dellorganizzazione mafiosa (anche
latitanti), attivit che, secondo la giurisprudenza della
Suprema Corte di Cassazione, riconducibile al reato di
partecipazione allassociazione per delinquere di tipo mafioso
(v. ad esempio da ultimo Cass. 22 novembre 2006, Alfano).
Ancora, sotto il secondo profilo indicato dalla Suprema
Corte, non pu certamente dubitarsi che, per
unorganizzazione criminale complessa ed articolata come la
ndrangheta, lillecita interferenza su significativi segmenti di
mercato attraverso lacquisizione ed il sistematico controllo di
attivit economiche costituisca settore essenziale per il
perseguimento dei propri scopi criminali e per il suo stesso
mantenimento. Con la conseguenza che, per esempio, tutte le
attivit di protezione o di associazione attraverso cui trova
concreta applicazione il patto tra sodalizio mafioso e settori
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imprenditoriali, siano essi costituiti da imprese direttamente
mafiose o vicine ad esponenti del sodalizio criminoso,
rappresentano altrettante circostanze assolutamente
sintomatiche ed univoche dellappartenenza a tale sodalizio
mafioso. E lo sono per entrambi i punti terminali del
rapporto, appartenenti al sodalizio ed imprenditori.
Al riguardo, ancora di recente, la stessa Corte di
Cassazione ha usato parole assai chiare per distinguere la
posizione dellimprenditore vittima (le cui condotte non sono
penalmente rilevanti) da quella dellimprenditore colluso (le
cui condotte invece integrano fattispecie di reato), che con le
organizzazioni di tipo mafioso stringe rapporti dai quali trae
benefici e vantaggi anche lui.
Al riguardo, ha infatti sabilito la Cassazione (v. sent. 11
ottobre 2005, DOrio) che in materia di partecipazione ad
associazione di stampo mafioso ragionevole considerare
imprenditore colluso quello che entrato in rapporto
sinallagmatico con la cosca tale da produrre vantaggi per
entrambi i contraenti, consistenti per limprenditore
nellimporsi nel territorio in posizione dominante e per il
sodalizio criminoso nellottenere risorse, servizi o utilit;
mentre ragionevole ritenere imprenditore vittima quello che
soggiogato dallintimidazione non tenta di venire a patti col
sodalizio, ma cede allimposizione e subisce il relativo danno
ingiusto, limitandosi a perseguire unintesa volta a limitare
tale danno; ne consegue che il criterio distintivo tra le due
figure nel fatto che limprenditore colluso, a differenza di
quello vittima, ha consapevolmente rivolto a proprio profitto
lessere venuto in relazione col sodalizio mafioso.
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IV. I FATTI OGGETTO
DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO
IV.A LE NDRINE PIROMALLI E MOLE:
PREMESSA STORICA
Un primo dato utile lo si ricava dalla motivazione della sentenza emessa dalla
Corte di Assise di Palmi nellambito del procedimento penale nr. 41/93 pi
noto come processo Tirreno nella parte in cui si analizzano proprio le
sentenze irrevocabili prodotte agli atti inerenti quegli imputati, proprio gli
appartenenti alle famiglie Piromalli-Mol, accusati, fra laltro, del seguente reato:
A) Del delitto di cui agli artt. 110, 416 bis 1, 2, 3, 4, 5' ed ultimo comma c.p., per essersi
associati tra loro e con altri soggetti non identificati, allo scopo di commettere una serie
indeterminata di delitti contro la persona, il patrimonio, l'ordine pubblico, la salute
pubblica, la pubblica amministrazione (omicidi, rapine, furti estorsioni, traffici di armi,
stupefacenti, ecc., corruzioni, concussioni e violazioni dei segreti d'ufficio), e la normativa
in materia elettorale, all'uopo costituendo una organizzazione di tipo mafioso che si
avvaleva della forza intimidatrice scaturente dal vincolo associativo e dalle condizioni di
assoggettamento e di omert che ne derivavano e che consentivano agli associati, oltre che
di commettere i superiori delitti, di acquisire il controllo di attivit economiche, propriet
immobiliari, appalti pubblici, consensi elettorali, di ottenere favore di pubblici ufficiali e
carpirne i segreti d'ufficio, e comunque conseguire profitti e vantaggi ingiusti.
E, specificatamente quanto agli imputati Minasi, Cosentino, Loiero, Fiorita, Fondacaro,
Paolo Giuseppe, Paolo Michelino, Paolo Ippolito, Antonuccio, Ruggero, Mazza,
Annunziata, Cipri, Boemi, e Biafore, per aver organicamente partecipato alla attivit della
associazione, o quanto meno ai sensi e per gli effetti dell'art. 110 c.p.:
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il Minasi nell'agevolare la attivit in campo economico e di riciclaggio dell'associazione e
fungendo da consigliere legale della stessa al di fuori della sua attivit professionale di
avvocato che gli consentiva, peraltro, di far mantenere i contatti tra gli associati detenuti, in
libert e latitanti;
la Cosentino svolgendo il medesimo compito del precedente, ed altres promuovendo e
favorendo i rapporti della associazione con gli ambienti istituzionali e politici (anche
d'intesa con l'altro imputato Filippone Salvatore), e svolgendo opera di penetrazione
all'interno degli stessi, grazie pure ai rapporti di amicizia e parentela che vantava e/o
millantava;
il Loiero offrendo, in campo politico-istituzionale ove poteva operare nella sua veste di
deputato al Parlamento, favori, raccomandazioni e vantaggi economici nel settore delle
opere pubbliche o finanziate dallo Stato od altri Enti pubblici che interessavano alla
associazione, in cambio anche dell'appoggio della associazione medesima in occasione di
competizioni elettorali;
il Fiorita operando d'intesa con la Cosentino ed il Loiero, anch'egli sulla scorta del suo
stretto rapporto con il citato Filippone;
il Fondacaro, i Paolo, l'Antonuccio, il Ruggero, il Mazza, l'Annunziata ed il Cipri favorendo
l'associazione nel suo programma di acquisizione del territorio attraverso l'appropriazione
delle propriet immobiliari, anche fornendo la copertura che impedisse la adozione delle
misure patrimoniali antimafia;
il Boemi ed il Biafore per aver instaurato stretti rapporti con i vertici dell'associazione allo
scopo di far conseguire profitti e vantaggi ingiusti nei pi diversi settori
dell'Amministrazione pubblica catanzarese, e di agevolare il controllo del territorio e dei
mezzi di tele-informazione dell'ambito regionale, ed altres, di acquisire essi stessi vantaggi
ingiusti, tra cui il monopolio da parte della R.T.S. S.p.a., loro facente capo, dei servizi
connessi alla tele-diffusione nella Regione Calabria.
Con la aggravante, per tutti gli associati, dell'essere la associazione armata, e per Mol
Antonio, Mol Girolamo, Piromalli Giuseppe (cl. '21), Piromalli Giuseppe (cl. '45),
Piromalli Antonio (cl. '39), Piromalli Gioacchino(cl.'34), Pesce Antonino, Stillitano
Carmelo, Stillitano Rocco Ivan, Mancuso Luigi, Mancuso Giuseppe, Copelli Francesco, di
aver promosso, diretto ed organizzato la associazione.
Nei territori delle province di Reggio Calabria (Gioia Tauro, San Ferdinando, Rosarno,
Taurianova, Polistena, Laureana di Borrello e territori limitrofi), e Catanzaro, nonch in
altri luoghi del territorio nazionale, sino al marzo 1994 e successivamente.
Per tutti i capi successivi (escluso il capo A26 bis) contestato suppletivamente) v' stralcio
all'udienza del 28/12/1994 della posizione di RASO Annunziato, PALUMBO Giovanni,
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-
GRIMALDI Vincenzo e GRIMALDI Salvatore Roberto.
Per i capi E), Q), R), S), A14) e A15), con sentenza dell'8/11/94, il G.U.P. ha dichiarato la
propria incompetenza con riguardo alla posizione di PIROMALLI Arcangelo.
2. Alle radici del potere dei Piromalli-Mol: uno sguardo retrospettivo.
a) Sentenze irrevocabili.
Il presente, secondo capitolo dedicato allapprofondimento delle radici
dellindiscussa autorit impersonata da Pino Piromalli e dal suo nucleo
familiare, cui strettamente affiancato quello dei cugini Mol, con particolare
attenzione allambito degli interessi e fini perseguiti dalla solida compagine a
composizione prevalentemente -ma non esclusivamente- familiare.
In questa ricerca si assumeranno come guide alcune significative sentenze
divenute irrevocabili nei confronti di non pochi degli attuali imputati, le cui
acquisizioni in fatto, esposte nella motivazione e non solo nel dispositivo delle
decisioni, saranno messe a confronto con gli esiti delle prove assunte in
questo e in altri dibattimenti, trattandosi di elementi - i documenti giurisdizionali
soggetti alla disciplina di cui al combinato disposto degli artt. 238 bis e 192 co.3
c.p.p., e le dichiarazioni sulle aggregazioni criminali disseminate nei
dibattimenti che se ne sono occupati nel tempo - entrambi rilevanti, ex art. 187
co.I c.p.p., per la prova del fondamentale fatto associativo qui contestato senza
lindicazione del dies a quo - di specificazione obiettivamente difficile per la
radicata storicit del fenomeno - e con estensione temporale sino al marzo 1994
e successivamente (v. capo A della rubrica).
Nellesordio del discorso giova richiamare i canoni ermeneutici che devono
ispirare la valutazione della prova costituita dalle sentenze irrevocabili.
In tema di prova, le risultanze di un precedente giudicato penale acquisite ai
sensi dellart.238 bis c.p.p. devono essere valutate alla stregua della regola
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-
probatoria di cui allart.192 comma terzo c.p.p., ovvero come elemento di prova
la cui valenza, per legge non autosufficiente, deve essere corroborata da altri
elementi di prova che lo confermino. Al riguardo deve ritenersi che la locuzione
codicistica fatto accertato con sentenza irrevocabile vada riferita non solo alla
statuizione contenuta nel dispositivo, ma anche alle acquisizioni di fatto risultanti
dalla motivazione del provvedimento (Cass., sez. I, sent. 5894 del 17/6/97, imp.
Bottaro ad altri, in archivio CED);
Una volta acquisite ai sensi dellart.238 bis c.p.p., le sentenze irrevocabili sono
valutabili entro i limiti ben precisi indicati dagli artt. 187 e 192 comma terzo
stesso codice. Pertanto il giudice, perch tali sentenze assimilate alle
dichiarazioni accusatorie del reo o del correo, assurgano a dignit di prova nel
diverso processo penale al quale vengono acquisite, deve, in primo luogo, nel
contraddittorio delle parti, accertare la veridicit dei fatti ritenuti come dimostrati
dalle dette sentenze e rilevanti ex art.187 c.p.p., salva la facolt dellimputato di
essere ammesso a provare il contrario; del pari, su richiesta dellaccusa, il giudice
dovr acquisire al dibattimento, nel contraddittorio delle parti, gli elementi di
prova -costituiti da riscontri esterni individualizzanti- che confermino la
veridicit dei fatti, accertati nelle sentenze irrevocabili acquisite e che divengono,
in tal modo, fonti di prova del reato per cui si procede, sicch sulla base delle
esposte premesse non ipotizzabile alcuna violazione del principio della terziet
del giudice n di quello del diritto di difesa (Cass., sez.I, sent. 727 del 29/7/95,
imp.Ronch, in archivio CED).
Due sono le sentenze irrevocabili, ritualmente acquisite in atti, che meritano
particolare attenzione nella ricerca delle radici del potere intimidatorio
promanante dai Piromalli-Mol.
La prima la sentenza emessa dalla Corte dappello di Reggio Calabria in data
23/7/1979 nel processo contro De Stefano Paolo + 59, irrevocabile il 25/3/92
(vedila acquisita nel fascicolo personale dellimputato Piromalli Giuseppe,
classe 1921, formato ai sensi dellart.236 c.p.p., in faldone S14).
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-
Le contestazioni consistono esclusivamente in fattispecie di tipo associativo: tra
esse spiccano la cosca facente capo a De Stefano Paolo di Reggio Calabria, e la
cosca facente capo ai germani Piromalli Girolamo (nato a Gioia Tauro il
7/10/1918 e deceduto in corso di processo in data 11/2/1979) e Piromalli
Giuseppe (nato a Gioia Tauro il 1/3/1921), imputato anche in questo processo e
zio degli altri Piromalli (i fratelli Gioacchino classe 1934, Antonio classe 1939 e
Giuseppe - detto Pino - classe 1945) parimenti imputati nel presente giudizio,
nonch prozio dei pi giovani Piromalli Antonino (detto Ninello-classe 1965),
Gioacchino (classe 1969) e Antonio (classe 1972), rispettivamente figli dei
predetti Gioacchino, Antonio e Pino, i quali pure sono imputati in questa sede,
ad eccezione di Antonio (classe 1972) la cui posizione stata stralciata per
difetto di costituzione originaria del rapporto processuale, come si gi
ricordato.
In particolare, ai fratelli Piromalli Girolamo e Piromalli Giuseppe si contesta il
reato p. e p. dagli artt. 416 c.p., 7 legge 31/5/1965 n.575, per essersi associati tra
di loro e con Mazzaferro Girolamo, Mazzaferro Teodoro, Piromalli Gioacchino
(classe 1934), Crea Teodoro, Crea Domenico, Pesce Giuseppe ed altre persone,
allo scopo di commettere pi delitti di omicidio, favoreggiamento, estorsione ed
altro, promuovendo, organizzando e costituendo lassociazione ed assumendo la
posizione di capi, commettendo il fatto da indiziati di appartenere ad
associazione mafiosa, sottoposti a misura di prevenzione.
Al predetto Piromalli Gioacchino (classe 1934) e Crea Domenico si contesta, il
reato p. e p. dallart.416 c.p., per essersi associati tra loro e con Piromalli
Giuseppe, Piromalli Girolamo, Mazzaferro Girolamo, Crea Teodoro, Mazzaferro
Teodoro, Pesce Giuseppe, allo scopo di commettere pi delitti di omicidio,
favoreggiamento, estorsione ed altro.
Inoltre a De Stefano Paolo, Piromalli Girolamo, Piromalli Giuseppe (classe
1921), Piromalli Gioacchino (classe 1934) ed altri si contesta lulteriore reato
p. e p. dallart.416 c.p., per essersi associati tra di loro allo scopo di commettere
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pi delitti di estorsione, favoreggiamento, omicidio ed altro, commettendo il fatto
in pi di dieci persone e con laggravante di cui allart.7 legge 31/5/1965 n.575
per il De Stefano, Piromalli Girolamo, Piromalli Giuseppe, Mammoliti Vincenzo,
Rugolo Giuseppe, Rugolo Rosario, Pesce Giuseppe, Crea Teodoro, Sigilli
Francesco, Avignone Giuseppe, Libri Domenico e Libri Pasquale ed altri, perch
indiziati di appartenere ad associazione mafiosa e sottoposti a misura di
prevenzione.
Tutti i reati associativi, di cui sopra, sono contestati come commessi in localit
imprecisata fino al 30/1/1978 (sottolineatura del redattore).
La sentenza della Corte dappello di Reggio Calabria del 23/7/1979 con
specifico riguardo agli imputati che qui interessano dichiarava non doversi
procedere nei confronti di Piromalli Girolamo, gi condannato in primo grado
alla pena di anni undici di reclusione ritenuta la continuazione tra le plurime
fattispecie associative contestategli, per estinzione dei reati a causa della morte
del reo; riduceva la pena inflitta a Piromalli Giuseppe (classe 1921), gi
condannato in primo grado ad anni dieci di reclusione, ad anni sette di
reclusione, esclusa la continuazione e ritenute tutte le imputazioni a lui ascritte
assorbite in unica ipotesi criminosa; riduceva la pena inflitta a De Stefano Paolo
Rosario, gi condannato in primo grado alla pena di anni nove e mesi nove di
reclusione, ad anni cinque e mesi sei di reclusione, esclusa la continuazione e
ritenute le imputazioni a lui ascritte assorbite in unica ipotesi criminosa;
assolveva per insufficienza di prove, tra gli altri, Piromalli Gioacchino (classe
1934), gi condannato in primo grado alla pena di anni sette di reclusione, e
Pesce Giuseppe (classe 1923), a sua volta gi condannato in primo grado alla
pena di anni nove di reclusione.
Nei confronti di tutti i predetti imputati la sentenza della Corte dappello di
Reggio Calabria diventava irrevocabile in virt di sentenza emessa dalla Corte
di Cassazione il 25/3/1982 che rigettava i ricorsi proposti dagli stessi imputati.
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Nel corpo della motivazione della decisione in esame, sulla base di un nutrito
rapporto in data 30/1/1978 della Squadra mobile della Questura di Reggio
Calabria e degli altri elementi acquisiti nel corso dellistruttoria, si ritiene
provata la sussistenza di pi associazioni per delinquere in Gioia Tauro e
Reggio Calabria, che avevano, da un lato, perseguito laccaparramento dei
profitti derivanti dai servizi di autotrasporti connessi con i lavori portuali nella
zona del V centro siderurgico, appaltati dalla Cassa del Mezzogiorno (Casmez) al
Consorzio di imprese di Gioia Tauro (Cogitau), nonch dalle opere di
sbancamento appaltate dal consorzio ASI (Area sviluppo industriale) di Reggio
Calabria al Colas (altro consorzio imprenditoriale) e da questo alla S.p.A.
Timperio; dallaltro, ottenuto la indebita percezione di congrua tangente
attraverso lo strumentale subappalto dei lavori di movimento di terra da parte
della Societ edilizia reggina (collegata con la mafia urbana) nel contesto dei
lavori del raddoppio ferroviario e di sistemazione della via Marina di Reggio
Calabria, appaltati dalla ditta Cambogi (v. pp. 1-2 del documento de quo).
In particolare, la sentenza riconosce lesistenza di una cosca unitaria risultante
dalla federazione delle due cosche principali operanti nella citt di Reggio
Calabria e nella piana di Gioia Tauro, facenti capo, rispettivamente, a De
Stefano Paolo di Archi -frazione di Reggio Calabria - e ai fratelli Girolamo e
Giuseppe Piromalli di Gioia Tauro (il primo deceduto nelle more tra il giudizio
di primo e di secondo grado), cui sono collegate ulteriori cosche minori operanti
nella provincia reggina in posizione di sudditanza.
La cosca De Stefano, staccatasi dalloriginaria unica associazione capeggiata
da Tripodo Domenico con un sanguinoso conflitto scatenatosi negli anni settanta
tra i fuoriusciti fratelli De Stefano e coloro che erano rimasti fedeli al Tripodo,
nel corso del quale furono uccisi due fratelli di Paolo De Stefano (Giovanni e
Giorgio rispettivamente nel novembre 1974 e nel novembre 1977) e lo stesso don
Mico Tripodo, ammazzato nel carcere di Poggioreale a Napoli il 26/8/1976,
viene riconosciuta in sentenza come vincente nella guerra suddetta e, pertanto,
monopolizzatrice dei profitti illeciti tratti dalla penetrazione nelle grandi opere
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pubbliche in corso nella citt di Reggio Calabria negli anni settanta, tra cui i
ricordati lavori di raddoppio ferroviario e di sistemazione della via Marina, dati
in subappalto dalla ditta Cambogi alla Societ edilizia reggina dei fratelli
Libri Domenico e Pasquale (entrambi condannati con la sentenza in esame,
divenuta irrevocabile, ad anni quattro di reclusione per partecipazione
allassociazione per delinquere capeggiata dal De Stefano).
La medesima sentenza attribuisce alla cosca Piromalli facente capo ai predetti
germani, Girolamo e Giuseppe (classe 1921), il monopolio di altre importanti
opere pubbliche, consistenti nei lavori di autotrasporti, di sbancamento e
fornitura di materiali inerti per i costruendi V centro siderurgico e area portuale
in Gioia Tauro.
In particolare, laccertato intervento della mafia nel settore dei predetti lavori
pubblici segna, secondo la sentenza in esame, il passaggio dalla vecchia mafia
espressione di una societ agricolo-pastorale, che prendeva di mira
essenzialmente i proprietari di fondi rustici inducendoli ad assumere i suoi
affiliati come guardiani o a servirsi della loro mediazione o imponendo persone
di sua fiducia per il fitto dei terreni, per la raccolta e la vendita dei prodotti
agricoli specie delle olive e degli agrumi, alla nuova mafia, figlia
dellindustrializzazione del mezzogiorno e dello sviluppo della edilizia pubblica
e privata, attorno al quale gravitano interessi per decine di miliardicon
possibilit di guadagni impensati, assolutamente non paragonabili con gli introiti
delle vecchie forme di sfruttamento (c.f.r. pp.25-26 della sentenza in esame).
Due sono i fatti certi, indicati in sentenza, che dimostrano lincombenza mafiosa
nella piana di Gioia Tauro e la sua invadenza nel lucroso campo degli appalti
pubblici a partire dal 1975: il monopolio degli autotrasporti e laffare
Limbadi, entrambi connessi ai ricordati lavori pubblici del V centro
siderurgico e del porto di Gioia Tauro.
Essi si accompagnano a quello che viene icasticamente definito in sentenza come
ordine restaurato in Gioia Tauro nellanno 1975, che significativamente non
registra alcun danneggiamento a cose e insediamenti industriali, dopo i
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centocinquanta attentati dinamitardi denunciati nello stesso comune nellanno
1974, evidentemente sufficienti a dissuadere i potenziali concorrenti dalla
partecipazione ai lucrosi affari che si prospettavano intorno alle grandi opere
pubbliche in cantiere (c.f.r. pp.13-14 del documento cit.).
Con riferimento allaccaparramento diretto dei lavori di trasporto terra e di
inerti per cui non occorreva una specializzazione, la sentenza elenca i seguenti
dati certi sui proprietari degli autocarri adibiti al trasporto e sugli introiti da
ciascuno ottenuti:
Teresa Albanese, moglie di Antonio Mol, nipote dei Piromalli ( 39.015.950);
Francesca Amante, moglie di Ippolito Stanganelli, fedele dei Piromalli (
31.662.630);
Rosa Cananzi, moglie di Domenico Piromalli, fratello di Girolamo e Giuseppe (
197.050.333);
Domenico Copelli, cognato di Gioacchino Piromalli ( 30.071.833);
Concetta Gullace, moglie di Gioacchino Piromalli, omonimo dellimputato, altro
nipote di Girolamo e Giuseppe ( 69.060.578);
Annunziata Mazza, moglie dellimputato Gioacchino Piromalli ( 21.417.750);
Domenico Mol, genero di Giuseppe Piromalli ( 132.505.580);
Rocco Nicoletta, ex autista di Gioacchino Piromalli ( 37.041.660);
Giuseppe Piromalli ( 28.176.760);
Gioacchino Piromalli ( 202.540.050);
Giuseppe Tripodi, nipote di Piromalli ( 25.965.800);
Fiorina Reitano, moglie di Albanese Antonio (classe 1945, cognato di Mol
Antonio: nella sentenza dappello viene erroneamente indicata come moglie di
Mol Antonio: n.d.r.) ( 75.965.800);
Caterina Stanganelli cognata del predetto Mol Antonio ( 40.780.470);
Domenico Vecchio, persona legata ai Piromalli ( 39.849.703);
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Giuseppe Zito, anchegli legato ai Piromalli ( 4.215.876) (v. p.73 della
sentenza de qua).
Seguono le analitiche specificazioni delle altre partecipazioni facenti capo ai
gruppi familiari dei Mammoliti, Rugolo, Mazzaferro, Pesce di Rosarno (di cui
particolarmente interessante, perch imputato in questo processo, laccertata
presenza come autotrasportatore di Antonio Pesce, nipote di Giuseppe, con un
guadagno di 143.560.854), Avignone di Taurianova, Crea di Rizziconi.
Complessivamente, conclude la sentenza in esame, dei 3.613.686.473 sborsati
dalle S.p.A. Cogitau e Timperio, appaltatrici dei lavori pubblici da eseguire in
Gioia Tauro:
L. 1.384.187.766 al gruppo Piromalli;
L. 350.614.930 al gruppo Mammoliti;
L. 105.082.620 al gruppo Rugolo;
L. 77.005.400 al gruppo Mazzaferro;
L. 180.398.654 al gruppo Pesce;
L. 177.066.981 al gruppo Avignone;
L. 235.849.522 al gruppo Crea;
L. 23.059.000 a Camillo Bruzz;
L. 26 milioni ad Antonio Franconeri;
L. 28.026.760 a Francesco Sigilli (condannato in sentenza come prestanome dei
De Stefano, degli Avignone ed altri: n.d.r.) per un totale di lire 2.526.281.632
(c.f.r. p. 74 della sentenza cit.).
Laltro fatto, di cui si fa menzione nella motivazione come univocamente
sintomatico dellassociazione per delinquere giudicata, quello sinteticamente
indicato come cava di Limbadi, un complesso terriero gi appartenuto a
trentatr piccoli proprietari, acquisito per intero da uno solo di essi, tale
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Mancuso Francesco, che funge da prestanome dei principali esponenti delle
cosche locali liquidando le ragioni degli altri trentadue proprietari con i soldi
ricevuti dai primi, i quali sfruttano il detto complesso per lestrazione e
conseguente trasporto del materiale lapideo destinato al costruendo porto e V
centro siderurgico.
E accaduto -si legge in sentenza- che la direzione tecnica della Cogitau segnala
che vi necessit di una immediata acquisizione di materiale lapideo per cui va
subito localizzata una cava nel comprensorio di Gioia Tauro, che soddisfa
appieno lesigenza dellimpresa per le sue caratteristiche geomorfologiche, per
idoneit di immediato sfruttamento, per la sua vicinanza al cantiere cui
collegata da agevole raccordo stradale.
Poteva costituire unoccasione doro -annota la sentenza- per i piccoli proprietari
dei trantadue lotti ricadenti nella zona i quali avrebbero ben potuto costituirsi in
consorzio per la migliore tutela dei propri interessi nei confronti della potente
impresa del Nord. E invece no! La mafia allunga i suoi tentacoli e tutto si risolve
con la rapidit di un fulmine frustrando le legittime aspettative di quei piccoli
proprietari. Esempio emblematico della collusione tra mafia e potere economico!
A Mancuso Francesco, proprietario di un piccolo appezzamento ricadente
appunto nel comprensorio interessante la cava, viene conferito lincarico di
condurre a buon fine laffare.
Egli il classico uomo di paglia. In men che non si dica vengono perfezionati i
contratti con i trentadue proprietari previo il rapido disbrigo delle necessarie
pratiche negli studi tecnici e notarili,e previo il pagamento dei prezzi pattuiti
con i venditori da parte del prestanome Mancuso. Indubbiamente -rileva il
giudice- la forza suadente degli argomenti dovette essere notevole se, in meno di
un mese, ben trentadue persone che si ripromettevano di ricavare dallo
sfruttamento diretto della cava cospicui vantaggi (e vi erano tra essi anche dei
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professionisti ed operatori economici) addivennero senza protesta allaffare (si fa
per dire) che veniva loro proposto.
Una sola delle persone interessate alla cava abbozza un timido tentativo di
resistenza, tale Paparatto Serafino, ma la caduta accidentale di grossi massi nel
suo fondicello a seguito dellescavazione mediante esplosivo, lo induce a
recedere dal suo atteggiamento.
Laffare cos concluso ed interessante rilevare laccordo tra esponenti delle
varie cosche mafiose del reggino i quali, al rumor di quel metallo rinunciano,
almeno per il momento, al regolamento dei loro eventuali contrasti personali.
Ciascuno ha la sua fetta di utili e 760 milioni vengono distribuiti a seconda della
importanza del personaggio, come risulta dal sequestro degli assegni circolari
emessi dal Banco di S. Spirito in favore di Francesco Mancuso (e da questi girati
agli imputati di quel processo: n.d.r.) in conseguenza del contratto di
sfruttamento della cava: L. 88 milioni a Piromalli Gioacchino; L. 10 milioni a
Piromalli Giuseppe; L. 10 milioni a Mammoliti Antonio; L. 10 milioni a
Mammoliti Maria Rosa; L. 10 milioni a Cosoleto Salvatore; L. 10 milioni a
Giorgio De Stefano; L. 10 milioni a Libri Pasquale; L. 20 milioni a Melasi
Peppino; L. 20 milioni a Mazzaferro Antonio; L. 20 milioni ad Anselmo Chiara
(moglie di Avignone Giuseppe); L. 20 milioni a Bruzz Domenico (cognato di
Crea Teodoro); L. 10 milioni a Zito Pasquale; L. 10 milioni a Stillitano Maria; L.
10 milioni a Tripodi Giovanni (in realt, come si evince dalla lettura comparata
della sentenza di primo grado, trattasi di Tripodi Giovanna, nipote di Piromalli
Giuseppe del 1921 perch figlia della sorella Rosa e coniugata con un cognato
dello stesso Piromalli, Stillitano Giuseppe: v. sul punto la testimonianza
dellispettore Loiacono, in questo dibattimento, in verbale del 13/11/96, pp.118,
123-124); L. 10 milioni a Zito Giuseppe; L. 20 milioni a Cutr Natalina; L. 10
milioni a Iemma Antonio (cognato del noto Cataldo Giuseppe); L. 10 milioni a
Messina Carlo (parente del noto Furia Francesco).
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I rimanenti 17 assegni per L. 170 milioni sono stati riscossi, generalmente sulla
piazza di Gioia Tauro, da persone diverse dagli intestatari la cui firma non si
riusciti a decifrare.
Orbene, al dilemma ricorrente sovente nel presente processo: operazione
economica spregiudicata quanto si voglia ma irrilevante per il diritto penale,
ovvero operazione mafiosa, gestita ed attuata dalla mafia, la risposta non pu che
essere che la seguente: i due episodi trattati sono oltremodo probanti per
laffermazione della sussistenza di unassociazione a delinquere di tipo mafioso,
essi rappresentano il momento esecutivo del programma delittuoso che si esprime
attraverso la commissione di fatti penalmente illeciti i quali consistono, con
specifico riferimento allaffare Limbadi, nella coartazione psichica e nella
violenza morale operata nei confronti dei 32 proprietari che nulla hanno potuto
opporre allazione prevaricatrice della mafia; lingiusto profitto cos conseguito
ne la conferma.
A fronte dellaccaparramento del servizio autotrasporti stanno i numerosi
autotrasportatori per mestiere che non hanno potuto partecipare ai lavori del V
centro siderurgico o che hanno dovuto, se nelle grazie dei capi mafia,
accontentarsi delle briciole del banchetto, pagando la tangente ipotizzata dalla
polizia ma che trova indiretto riscontro nei numerosi assegni rilasciati dalla
impresa e girati, a volte per conoscenza, a Girolamo Piromalli. (v. pp. 75-77
della sentenza irrevocabile, in esame, dove i fatti espressivi dellassociazione
mafiosa nella sua invadenza ec