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www.luiginovarese.orgRIVISTA
MENSILE dEL centro
volontari della
sofferenza
Giugno 2016 6
Poste Italiane spa spedizione in a.p. D.L.353/03 (conv. In L.27/02/2004 N°46) art.1 comma 2 e 3 AUT C/RM/103 2004
Anc rAL’ o
Esercizi spirituali per i sacerdoti - meditazioni bibliche per i pellegrinicelebrazioni proprie del pellegrinaggio e momenti celebrativi del Santuario
DIREZIONE “LEGA SACERDOTALE MARIANA”Silenziosi Operai della Croce
Via di Monte del Gallo, 105/111 - 00165 Roma - tel. 06.39674243
[email protected] - www.luiginovarese.org
Unicredit spa - intestato a: Silenziosi Operai della Croce
IBAN: IT 75F0200805008000400484202
65° Pellegrinaggioa Lourdes
Lourdes 21-27 luglio 2016
“Siate Misericordiosicome il Padre” (Lc 6, 36)
Le meditazioni ai sacerdoti saranno tenute da Sua Ecc.za mons. Domenico CancianLe catechesi ai pellegrini saranno proposte da Sua Em.za card. Gualtiero Bassetti
Lega Sacerdotale Mariana - Silenziosi Operai della Croce
Esercizi spirituali per i sacerdoti - meditazioni bibliche per i pellegrinicelebrazioni proprie del pellegrinaggio e momenti celebrativi del Santuario
DIREZIONE “LEGA SACERDOTALE MARIANA”Silenziosi Operai della Croce
Via di Monte del Gallo, 105/111 - 00165 Roma - tel. 06.39674243
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Unicredit spa - intestato a: Silenziosi Operai della Croce
IBAN: IT 75F0200805008000400484202
Lourdes 21-27 luglio 2016"
IN TRENO DA:Reggio Calabria, Lamezia, Battipaglia, Napoli, Aversa, Roma Ost., Grosseto, Livorno, Pisa,
Massa Centro, La Spezia, Chiavari, Genova Brignole, Savona, Arma di Taggia, Ventimiglia.
Quota di partecipazione (da tutti i luoghi di partenza):
ACCUEIL NOTRE DAME (sacerdoti e pellegrini disabili)
• € 600
• per bambini fino a 2 anni gratuito
• da 2 a 12 anni € 500
HOTEL*** (camere a 2 letti)
• € 740
• per bambini fino a 2 anni gratuito
• da 2 a 12 anni € 640
La quota comprende:l’iscrizione, il viaggio in treno (in cuccetta di seconda classe con 6 passeggeri);
la pensione completa, escluso il vino, dal pranzo di giovedì 21 a quello di mercoledì 27;
i trasferimenti dalla stazione di Lourdes agli alloggi e viceversa;
il distintivo, il libretto del pellegrinaggio, l’assicurazione contro gli infortuni.
Supplemento camera singola: € 160 in albergo.MO
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SERVIzIO DIALISISi ricorda che il Centro Dialisi è a disposizione nella città di Lourdes. Tutti possono usufruirne.
Le richieste in merito siano comunicate quanto prima (60 giorni prima della partenza)
per la prenotazione e l’invio della documentazione necessaria."
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di Janusz MalskiModeratore generale dei SOdC
Coinvolti per coinvolgereEditoriale 6/2016
AncorAL’
Il mese di giugno ci invita a riflettere e a me-ditare sul Sacro Cuore di Gesù, una devozione scaturita dalle rivelazioni private del Signore alla suora visitandina santa Margherita Maria Alacoque che, insieme a san Claudio de la Co-lombière, ne diffusero il culto.Il beato Luigi Novarese dava massima rilevanza alla devozione al Sacro Cuore, sottolineando il valore di alcuni temi fondamentali per viverlo in modo spiritualmente corretto.Organizzò convegni internazionali sul Sacro Cuore per i sacerdoti e si impegnò a pubblica-re tutti gli scritti spirituali di santa Margherita Maria Alacoque, af-finché si potesse ap-profondire l’amore infinito di Cristo e comprendere la no-stra partecipazione nell’opera della re-denzione.Scrive il beato No-varese: “Vivere le dimensioni della carità del Cuore di Cristo significa sen-tire in noi il deside-rio ardente che nell’umanità divampi l’incen-dio d’amore verso Dio Padre da lui portato in questo mondo; il desiderio ardente di riparare i tanti peccati che si commettono, come egli ha fatto nell’orto degli ulivi perché l’umanità, ravvedendosi, desista dal commettere peccati e ritorni in spirito di filiale corrispondenza all’a-more del Padre”. Sforziamoci di essere aperti all’azione vivifi-cante dello Spirito Santo per le sfide che ogni giorno dobbiamo affrontare. Le iniziative apo-stoliche e spirituali che ci coinvolgono anche nella luce dell’Esortazione di papa Francesco
Evangelii gaudium, devono rappresentare per tutti noi motivo di gioia per servire il Regno di Dio. Siamo all’inizio dei corsi di Esercizi spi-rituali che si svolgono a Re (VB) e a Valleluo-go (AV). Per tutti noi è un tempo propizio per ravvivare la nostra unione con Dio e rinvigori-re la nostra azione apostolica e missionaria. Im-pegniamoci a dare la massima importanza agli Esercizi nel nostro cammino spirituale e cer-chiamo di non scoraggiarci riguardo le difficol-tà e i sacrifici da compiere. Sarebbe bello che ognuno coinvolga altre persone a vivere questa esperienza alla luce della Parola di Dio. Tutti
dobbiamo sentirci coinvolti in prima persona nell’annun-cio e nella testimo-nianza del nostro apostolato. Oggi più che mai il mondo ha bisogno di testimoni autentici del Vange-lo e di questo dob-biamo tutti esserne consapevoli.Non dimentichiamo
poi il Pellegrinaggio dal 21 al 27 luglio a Lou-rdes che, in modo particolare, coinvolge la Lega Sacerdotale Mariana.Tre anni fa, l’11 maggio 2013, il nostro Padre Fondatore è stato beatificato. Questo evento non deve rimanere solo come un bel ricordo, ma deve rappresentare un impulso affinché pos-siamo sentirci tutti uniti – come diceva mons. Novarese – e con umiltà riconoscere le nostre povertà e fragilità, affidandoci alla Madre di Dio ed alla sua intercessione, affinché l’Opera possa continuare coerentemente al carisma donato e si renda efficace nelle varie realtà di oggi. ■
Fondatore: Mons. Luigi NovareseDirettore responsabile: Filippo Di Giacomo
Legale rappresentante: Giovan Giuseppe TorreRedazione:
Samar Al Nameh,Mauro Anselmo, Armando Aufiero,Marisa Basello, Mara Strazzacappa
Segretario di redazione: Carmine Di PintoProgetto grafico e Art direction: Nevio De Zolt
Hanno collaborato:Alberto Bellini, Alessandro Anselmo, Ilaria Barigazzi,
Giovanna Bettiol, Natalia Byczkowska, Cristian Catacchio, Giosy Cento, Giovanni Cervellera,
Nora Cocca, Felice Di Giandomenico, Leonardo Nunzio Di Taranto, Francesco Frau, Johonny Freire,
Letizia Ferraris, Concetta Guarini, Janusz Malski, Walter Mazzoni, Mario Morigi, Angela Petitti,
Mauro Orsatti, Angela Petitti, Mara Strazzacappa, Tiziana Tostello
Foto di copertina: Sir/Siciliani
Foto: Alessandro Anselmo: pp. 38, 39, 42; Ennio Cassera: p. 37; W. Corniquet: p. 8; L. Eriksson,
p. 27; R. Langer: p. 41; Gianni Lorenzi: p. 18; JJ. Mojca: p. 33; Pixabay: pp. 20, 22, 29, 31, 33, 36; Sir: pp. 9, 19;
G. Urbanski: p. 5; Viron: pp. 2, 3
Disegno di Nevio De Zolt: p. 32
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Finito di stampare: Giugno 2016
Periodico associato all’Unione Stampa Periodica Italiana
AncorA
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RIVISTAMENSILE dEL
centro volontari
della sofferenza
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5 Coinvolti per coinvolgere Janusz Malski
8 La famiglia, piccola Chiesa vivente di Angela Petitti
10 Esercizi spirituali: lasciar agire lo Spirito Santo di Felice di Giandomenico
12 La GMG a Cracovia di Cristian Catacchio
14 Le apparizioni dell’angelo a Fatima di Johnny Freire
16 Una storia che rifiorisce di Mario Morigi
18 Gesù è la misericordia di Dio fatta carne di Alessandro Anselmo
20 Un decalogo operativo di Leonardo Nunzio di Taranto
23 Vi raccontiamo Luigi
lectio27 Nella preghiera la forza di riprendere di Mauro Orsatti
celebrazione30 Alzarsi e invocare Dio di Giovanna Bettiol
32 Insegnare agli ignoranti di Giovanni Cervellera
34 “Don Remigio, la sapienza del cuore” a cura della Redazione
36 Salute totale di Mara Strazzacappa
38 La testimonianza di chi soffre è dirompente a cura della Redazione
40 Il mio incontro con l’islam di Giosy Cento
42 Un piazzale intitolato al beato Luigi Novarese a cura della Redazione
43 Grazie... su grazie di Irene Ferlinghetti
44 Una missione da vivere in qualunque condizione44 Giornata di Primavera45 Apertura della Porta santa a Valleluogo46 La speranza vince sempre46 Soffia, soffia il vento… dello Spirito
inascolto
informazione
indialogo
noicvs
una guida che continua
editoriale
l’Ancora dei piccoli
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sulla famiglia che la nostra attività di preghiera, di testimonianza e
di conquista deve dirigersi. Sull’esempio del Cuore di Cristo e dell’Immacolata, dobbiamo talmente amare le famiglie fino al punto di sentire rammarico e vero dispiacere nel vederle prive della luce necessaria per poter seguire Dio; prive di quella forza che soltanto dal Cuore proviene e sostiene nei momenti più dolorosi, forza divina che riannoda l’amore stesso, quando l’andazzo del male
di Angela Petitti
“è o il corso della malattia sembra voler tutto sommergere”.In vista del terzo Congresso Internazionale della Famiglia, che si sarebbe svolto nell’ottobre del 1978, monsignor Novarese scriveva alcune sue riflessioni su L’Ancora di settembre dello stesso anno, focalizzando l’attenzione su una famiglia che crede in Dio e fa posto alla presenza del Cuore di Cristo nel suo spazio abitativo e interiore.Con parole forti e decise, denuncia l’accondiscendenza a lasciar invadere senza protestare gli spazi familiari da scelte egoiste e dettate da criteri mondani: “Il demonio e quanti sono con lui alleati, hanno preso di mira la famiglia, infettandola con l’immoralità, l’egoismo, l’emancipazione del le parti, per giungere alla dissacrazione del vincolo matrimoniale, facendo del Cristo l’escluso della famiglia e cercando di ridurlo così, a poco a poco, l’escluso dalla società”.Il Papa, nel recente documento Amoris laetitia, ha sottolineato la centralità di Cristo in una famiglia: “L’alleanza sponsale, inaugurata nella creazione e rivelata nella storia della salvezza, riceve la piena rivelazione del suo significato in Cristo e nella sua Chiesa. Da Cristo attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la
grazia necessaria per testimoniare l’amore di Dio e vivere la vita di comunione. Scrivendo, Luigi Novarese aveva certo presente le tante famiglie che fanno esperienza di sofferenza a causa di malattie e disabilità. Proseguendo nella sua riflessione, ribadisce l’importanza della presenza di Cristo nelle situazioni difficili della vita: “Alle famiglie abbiamo una cosa sola da dire: Cristo è il re e il centro di tutti i cuori; è colui che ci ha sciolti dai lacci del nemico delle anime nostre; che è morto per noi; che ha dato un senso al dolore ed al lavoro; che ha vinto la stessa morte e che ritornerà su questa terra per giudicare tanto chi ha creduto in lui quanto chi l’ha respinto. La sua Resurrezione è fondamento della nostra speranza. Alle famiglie vogliamo dire che la presenza del Cristo nella casa è segno di sicurezza, di fede e di unione, anche quando il lavoro, le vicende della vita, l’esistenza stessa che si chiude sembrano volerci separare”. Anche il Papa ha dedicato parte della sua riflessione “alle famiglie delle persone con disabilità, in cui l’handicap, che irrompe nella vita, genera una sfida, profonda e inattesa, e sconvolge gli equilibri, i desideri, le aspettative. Me
una guida che continua
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La famiglia, piccola Chiesa viventeA partire dagli insegnamenti del beato Luigi Novarese sulla centralità della famiglia nel cammino della Chiesa e della società, la riflessione evidenzia come vivere la vita di comunione nonostrante alcune situazioni familiari di sofferenza e disabilità.
Il beato Novarese tra i sacerdoti ammalati durante il 29° Pellegrinaggio
della Lega Sacerdotale a Lourdes tenutosi dal 23 al 30 luglio 1980.
Al pellegrinaggio partecipòcome predicatore il card. Silvio Oddi,
allora Prefetto della Congregazioneper il Clero.
foto storica
6/2016AncorAL’
ritano grande ammirazione le famiglie che accettano con amore la difficile prova di un figlio disabile. Esse danno alla Chiesa e alla società una testimonianza preziosa di fedeltà al dono della vita. La famiglia potrà scoprire, insieme alla comunità cristiana, nuovi gesti e linguaggi, forme di comprensione e di identità, nel cammino di accoglienza e cura del mistero della fragilità. Le persone con disabilità costituiscono per la famiglia un dono e un’opportunità per crescere nell’amore, nel reciproco aiuto e nell’unità. La famiglia che accetta con lo sguardo della fede la presenza di persone con disabilità potrà riconoscere e garantire la qualità e il valore di ogni vita, con i suoi bisogni, i suoi diritti e le sue opportunità. Essa solleciterà servizi e cure, e promuoverà compagnia ed affetto, in ogni fase della vita” (n. 47).
Per questo, monsignor Novarese invita tutti gli associati a prendere nel cuore la sana preoccupazione per tutte le famiglie, perché non si spenga del tutto “la fiamma della fede, nella famiglia, piccola Chiesa vivente, spesso affievolita e rimasta viva soltanto attraverso qualche componente della cellula familiare; debole lucignolo faticosamente rimasto acceso”.Non mettersi in gioco, anche soltanto con la preghiera, secondo lui è perdere la coscienza della corresponsabilità affidata a tutti i cristiani con il battesimo: “Se non sentiamo tale dispiacere vuol dire che non amiamo intensamente il Cuore di Cristo; significa che non sentiamo gli uomini come nostri fratelli, ma che li consideriamo soltanto come unità umane, da noi distaccate e di cui non siamo chiamati a rispondere.Se così fosse in noi, rientriamo immediatamente in noi stessi;
poniamoci dinanzi al Cuore di Cristo e dal suo Cuore imploriamo fede e amore: per sentire l’ansia dei fratelli emarginati dall’amore di Dio; per comprendere che non si ama a parole, ma con testimonianza e sacrificio; per sperimentare la gioia di sentirci veramente fratelli con tutti allorché, cadute le barbarie dell’errore, Cristo, luce e vita, diventa il punto di unità, in cui s’incontrano quanti in lui credono ed hanno creduto”.Infine, ecco delineato il compito missionario specifico: “Cogliamo i punti fondamentali che dobbiamo seguire nell’andare incontro alle tante famiglie che ci circondano, per tutte portarle alla consacrazione al Cuore di Cristo.Portare il Cuore di Gesù nelle case significa portare l’ancora della pace e della salvezza; vuol dire camminare con l’Immacolata, vuol dire diventare strumenti del suo amore”. ■
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ai tempi dell’apostolo Paolo pur credendo in Gesù Cristo e nel
le sue opere, i fedeli non sapevano neppure che esistesse lo Spirito Santo. Ancora oggi – come osserva papa Francesco – «La maggioranza dei cristiani sa poco o nulla» su di lui e se si chiede a “tante brave persone” «chi è lo Spirito Santo per te? Cosa fa e dov’è lo Spirito Santo?», l’unica risposta sicura sarà che è «la terza persona della Trinità».Durante gli Esercizi spirituali è la luce dello Spirito Santo che ci fa andare oltre quello sentiamo e vediamo. È Lui a consentire di fare esperienza diretta della presenza del Sacro in noi.È lo Spirito Santo a fecondare anche la Parola di Dio, ed ecco perché è molto importante, proprio durante gli Esercizi, prestare la massima attenzione a ciò che ci viene detto e riflettere ripetutamente sui
passi evangelici proposti affinchè, attraverso le parole, si possa rivelare l’essenza che le vivifica.Papa Francesco esorta quindi tutti i cristiani a chiedersi: cosa fa lo Spirito Santo nella nostra vita? «Mi ha insegnato la strada della libertà? L’ho imparata da lui? Ma che libertà? Quale libertà? Lo Spirito Santo, che è in me, mi spinge ad andare fuori: ho paura? Come è il mio coraggio, quello che mi dà lo Spirito Santo, per uscire da me stesso, per testimoniare Gesù? Come va la mia pazienza nelle prove?».Dobbiamo quindi docilmente lasciarci andare all’azione dello Spirito che risiede nel nostro
cuore, evitando accuratamente che diventi – come dice papa Francesco – “un prigioniero di lusso” a cui impediamo, più o meno consapevolmente, di spingerci e muoverci verso la vera contemplazione dei piani di Dio.E, sempre il Papa, chiarisce senza mezzi termini che: «C’è soltanto una cosa che lo Spirito Santo non sa fare: cristiani da salotto. Questo non lo sa fare! Non sa fare “cristiani vir
tuali”, non virtuosi». Al contrario, «fa cristia
ni reali: lui prende la vita reale così
com’è, con la profezia
del
di Felice Di Giandomenico
Già
Esercizi spirituali: lasciar agire lo Spirito Santo
Una settimana prima della solennità di Pentecoste, papa Francesco, durante la meditazione mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae, ha preso spunto da un passo degli Atti degli Apostoli per parlare dello Spirito Santo: “Un perfetto sconosciuto se non addirittura un prigioniero di lusso”. Negli Atti si legge infatti che l’apostolo Paolo, giunto nella città di Èfeso, vedendo alcuni discepoli chiese loro: “Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?”. Gli risposero: “Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo” (At 19,2). D’altra parte fu solo durante il Concilio di Costantinopoli del 381, che venne definita la natura divina dello Spirito Santo.
leggere i segni dei tempi, e ci porta avanti così». Ecco perché non dobbiamo “imprigionare” lo Spirito Santo nel nostro cuore limitandoci a considerarlo
solo la terza persona della Trinità.Durante gli Esercizi è importante comprendere che è lo Spirito Santo a rendere possibile il nostro incontro con Gesù e quando la sua luce illumina la nostra mente tutto diviene più chiaro, più nitido, sperimentiamo in prima persona che è
l’unica vera luce e forza illuminante che ci può condurre direttamente all’incontro con Dio.Ogni cammino spirituale ha bisogno dell’esperienza per essere percorso in modo adeguato e a poco servono le chiacchiere e le concettualizzazioni. La nostra dimensione spirituale deve potersi “esercitare” e fortificare attraverso l’esperienza.Quindi, sempre seguendo le preziose indicazioni di papa Francesco, proviamo a rientrare in contatto con lo Spirito Santo, a parlargli, ad accostarci a lui in modo consapevole e umile dicendogli: “Io so che tu sei nel mio cuore, che
tu sei nel cuore della Chiesa, che tu porti avanti la Chiesa, che tu fai l’unità fra tutti noi, ma diversi tutti noi, nella diversità di tutti noi». Dobbiamo chiedergli la grazia di imparare a comprendere quale è la sua azione pratica nella nostra vita, “cosa fa lui” per noi e per la nostra dimensione spirituale, tenendo sempre a mente che lo Spirito Santo ci chiede una completa disponibilità affinché possa agire nella nostra anima e, di conseguenza, renderci capaci di sperimentare in modo sensibile la sua vitale e preziosa presenza. ■
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Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di sapienza: donami lo sguardo e l’udito interiore,perché non mi attacchi alle cose materiali, ma ricerchi sempre le realtà spirituali.Vieni in me, Spirito Santo, Spirito dell’amore: riversa sempre più la carità nel mio cuore.Vieni in me, Spirito Santo, Spirito di verità: concedimi di pervenire alla conoscenzadella verità in tutta la sua pienezza.Vieni in me, Spirito Santo, acqua viva che zampilla per la vita eterna: fammi la graziadi giungere a contemplare il volto del Padre nella vita e nella gioia senza fine. Amen. (Sant’Agostino)
Vieni, o Spirito Santo, dentro di me, nel mio cuore e nella mia intelligenza.Accordami la tua intelligenza, perché io possa conoscere il Padre nel meditarela parola del Vangelo.Accordami il tuo amore, perché anche quest’oggi, esortato dalla tua parola,ti cerchi nei fatti e nelle persone che ho incontrato. Accordami la tua sapienza, perché io sappia rivivere e giudicare, alla luce della tua parola, quello che oggi ho vissuto.Accordami la perseveranza, perché io con pazienza penetriil messaggio di Dio nel Vangelo. Amen. (San Tommaso d’Aquino)
Preghiereallo
SpiritoSanto
Avere a cuore le miserie dell’altro è il significato etimologico (cioè letterale) della parola “Misericordia”. Per fare questo, però, è necessario che il mio cuore sia un cuore generoso e non egoista, non superbo, non «da padrone», non pieno di alibi. È necessario, quindi, che il mio cuore sia povero e umile. Nella nostra società si sono moltiplicati i «segni di morte» (guerre, violenze, droga, corruzione, terrorismo, emarginazioni di ogni genere e indifferenza verso i deboli, aborti, eutanasia, disgregazione della famiglia, e chi più ne ha più ne metta): ma la causa vera di questa «morte generale dell’anima» sta nel cuore di tutti noi! La causa vera è il cuore da ricco che ci costruiamo un po’ tutti, un cuore da padrone di se stesso e degli altri, un cuore da padrone che fa sì che io, davanti alla vita, mi metto come uno che ha da difendere il suo interesse senza rispettare l’altro. Allora la vera battaglia è spirituale: è ricostruire un cuore da povero, un cuore mite, umile, sensibile, semplice, giusto, limpido, puro, soprattutto misericordioso per riaprirsi di nuovo all’amore che Gesù ci invita a vivere nel mondo e a favore del mondo intero. La vera battaglia è dentro di noi! Se non cambiamo questo nostro cuore, tutte le altre battaglie sono battaglie perdute. Ma se in noi stessi sarà veramente un cuore umile da povero, misericordioso, allora non oserai mettere le mani su nessuno, non oserai manipolare o manomettere nessuna espressione, sia pur fragile, di vita. Allora sarai il “ragazzo delle Beatitudini” che riconosce nella sua vita un soffio della vita di Dio: ti sembrerà di riudire quella lontana parola: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” (Gn 1, 26), a immagine e somiglianza dell’Amore.
(Cristian Catacchio)
Silenziosi Operai della Crocesorella GIOVANNA BETTIOL Tel. [email protected]
Dal 25 luglio al 1 agosto 2016, vieni anche tu!
Concetta G. - Perché ogni GMG è un’esperienza straordinaria di una Chiesa amica dei giovani, partecipe dei loro problemi. E un’esperienza di Chiesa universale che abbraccia tutto il pianeta, piena di entusiasmo e slancio missio-nario. Perché ogni GMG è una grande semina evangelica, è un dono da accogliere con gratitudine e con vivo senso di responsabilità. E un’esperienza che resta nel cuore. Che non lascia indifferenti e non lascia uguali a prima. Che è cammino, crescita, maturità. Che è domanda, ricerca, dubbio. Che cerca una direzione. Che è forse principalmente ricerca, vocazione. E un’esperienza di evangelizzazione, di fede condivisa. La GMG ti cambia! La GMG può solo essere vissuta. Cosa aspetti! Vivi anche tu questa esperienza e porterai a casa, magari, qualche cosa di nuovo.
Alberto B. Giornata Mondiale della Gioventù: in quattro parole sono racchiuse tante emozioni che un libro solo non riuscirebbe a contenere. Che avventura la GMG… tanta fatica, tanta stanchezza, tanto caldo, ma niente ha rovinato quest’esperienza, anzi l’ha resa migliore, più intensa, meritevole di essere vissuta. Chiunque avrà la possibilità e l’occasione di partecipare ad una delle prossime GMG, non rinunci a questa meravigliosa opportunità. Ti riempie di emozioni che prima nemmeno pensavi di poter avere. Dopo un’esperienza così si ritorna sempre a casa con uno straniero: se stessi!
Francesco F. - Per ritrovarci tutti insieme, sentendoci veramente fratelli di Cristo e tra di noi, so-
prattutto figli di Dio. Riscoprendo, nel profondo del nostro cuore la sua presenza. Per caricarci del suo amore, per affrontare meglio le difficoltà, che incon-triamo nella nostra vita. Per meditare e capire, davanti alla croce di Cristo, il vero valore nel donarsi agli altri. In modo da riuscire a mettere in pratica la sua Parola.
Natalia B. Sarà la mia seconda volta che parteciperò alla GMG. La prima a Madrid nel 2011, un’esperienza bellissima che mi ha trasmesso gioia ed entusiasmo e che mi ha fatto crescere. È stato un momento di incontro dell’altro. Ho ancora vivo davanti ai miei occhi l’immagine delle strade strapiene di giovani e del loro canto. Giovani come me alla inquieta ricerca di Gesù, del senso della vita, perché con il desiderio di felicità nel cuore. Per me è stato anche il primo incontro con il CVS, con i Settori giovanili. In modo particolare è stato uno dei momenti importanti per la mia scelta vocazionale. È proprio lì che per la prima volta ho sentito che nel mio cuore cresceva il desiderio di diventare una
Silenziosa Operaia della Croce… Adesso aspetto la GMG di Cracovia, in Polonia, nella mia Terra. Spero sia un incontro pieno di nuove scoperte e di incoraggiamento per il cammino intrapreso, un incontro indimenticabile come è stato quello precedente.
Dal 25 luglio al 1 agosto 2016, vieni anche tu!
6/2016 informazioneAncorAL’
rima di iniziare una riflessione sulle apparizioni dell’angelo, vogliamo ricordarne la storia percorrendola insieme a Lucia,
testimone diretta di tutti questi fatti, che ha lasciato un racconto scritto, non per decisione personale, ma per obbedienza alla Chiesa e a Dio stesso. Bisogna chiarire che le tre apparizioni dell’angelo del 1916 non furono le prime manifestazioni soprannaturali testimoniate da Lucia. Nella Seconda memoria ci dice: “Avevamo appena cominciato (a recitare la corona), quando davanti ai nostri occhi come sospesa nell’aria, sopra gli alberi, apparve una figura simile a una statua di
neve, che i raggi del sole rendevano un po’ trasparente”. Qualche giorno dopo dirà ancora alla mamma, che voleva indagare motivata da alcune “chiacchiere” che circolavano nel villaggio: “Sembrava una persona avvolta in un lenzuolo. Non si riusciva a veder né gli occhi, né le mani”. Tutte queste manifestazioni accadono per tre volte, però, secondo quanto narra Lucia “questa apparizione mi lasciò nello spirito una certa impressione che non so spiegare. Poco a poco, quell’impressione andava svanendo; e credo che se non fossero stati i fatti posteriori, col tempo l’avrei dimenticata del tutto”.Arriva l’anno 1916 e Lucia pascola il gregge di
Nel 2016 si celebra il centenario delle apparizioni dell’angelo ai tre pastorelli di Fatima. L’ange-lo, apparendo loro, li ha preparati a quello che sarebbe accaduto un anno più tardi, nel 1917, ossia alle apparizioni della Madonna.
di Johnny Freire
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Le apparizionidell’angeloa Fatima
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famiglia non più con le compagne di prima ma con i suoi cugini Francesco e Giacinta. In una data non certa, in quanto in quel periodo non sapeva “ancora contare gli anni né i mesi e neppure i giorni della settimana”, anche se le “pare che fu nella primavera del 1916”, “l’angelo ci apparve la prima volta, nella grotta del Cabeço”. Nella primavera del 1916, dopo che hanno mangiato e pregato in una piccola grotta dove si sono recati per rifugiarsi dalla pioggia, cominciano “a vedere a una certa distanza, sopra gli alberi che si stendevano verso oriente, una luce più bianca della neve, in forma d’un giovane trasparente, più brillante d’un cristallo attraversato dai raggi del sole. Quanto più si avvicinava, ne distinguevamo sempre meglio le fattezze”. L’inviato celeste si presenta come “l’angelo della pace” e li invita a pregare con il corpo e le parole: “Mio Dio! Io credo, adoro, spero e Vi amo. Vi chiedo perdono per quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Vi amano” e conclude dicendo: “I Cuori di Gesù e di Maria stanno attenti alla voce delle vostre suppliche”.È importante sottolineare che il contesto riguardante sia le manifestazioni del 1915 che quelle del 1916 verte essenzialmente sulla preghiera.
Sia una che l’altra accadono quando Lucia con le sue compagne o con i suoi cugini stanno pregando o hanno appena terminato il santo rosario.Soltanto quando ci fermiamo, quando diamo spazio all’incontro con lui, questo incontro si compie in pienezza. Quando diamo spazio e tempo a Dio, lui trova i mezzi, lo spazio ed il tempo per incontrarsi con noi. Questa è un’apparizione importante da parte dell’inviato divino: l’angelo della pace appare in mezzo alla prima Guerra mondiale. Rappresenta la pace di cui tanto abbiamo bisogno, pace che aspetta il nostro contributo, la nostra azione perché possa rendersi veramente operante nelle nostre vite, nel contesto dove viviamo, nel quotidiano. È una pace che si rivela nei gesti, nelle azioni, ma che comincia nella preghiera, nel rapporto con Iddio, perché la pace è dono di Gesù e di Gesù risorto: “Pace a voi!” (Gv 20, 19.21.26).È un’apparizione estremamente “teocentrica”, dove l’angelo riafferma le tre virtù teologali – fede, speranza e carità – aggiungendo l’adorazione. Se guardiamo attentamente, non è proprio un’aggiunta perché l’adorazione è la sintesi delle tre virtù teologali, perché dovrebbe essere l’atteggiamento fondamentale dell’essere credente. Adorare è l’atteggiamento del credente che colloca in Dio tutto quello che è e che possiede, che crede che solo in Dio c’è il fondamento ultimo della sua vita, che ha “il coraggio di fidarsi e affidarsi” solamente a Dio (Papa Francesco, Lumen Fidei n. 14); che spera “saldo nella speranza contro ogni speranza” (Rm 4, 18) spera soltanto in Dio; che ama Dio “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (Dt 6, 5), perché solo “Dio è amore” (1Gv 4, 16).Concludendo, vorrei sottolineare le ultime parole dell’angelo ai pastorelli: “I Cuori di Gesù e di Maria stanno attenti alla voce delle vostre suppliche”, che rivelano la costante cura e sollecitudine di Dio nei nostri confronti, un Dio che continua con lo stesso atteggiamento, un Dio che dice: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido (…) conosco le sue sofferenze” (Es 3, 7). Un Dio che si preoccupa e cerca l’incontro. Lasciamoci incontrare da Dio. ■Il virgolettato è tratto dalle Memorie di Suor Lucia, Volume I
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ungo i secoli? Sole e nubi. È evidente una dipendenza nel bene e nel male dalla
maturità – o meno – dei vescovi e dalla vita dei laici. La figura del presbitero è stata disomogenea e non lineare. Molto forte nei primi secoli fu il riferimento a Cristo. Poi, s’infiltrò un inquinante contagio di esteriorità e onori dal sacerdozio ebraico precristiano; poi, l’uomo del culto, separato da tutti perché nelle cose di Dio; anche l’uomo che sa leggere, persona colta e distaccata; in epoca feudale, l’uomo lontano anche dal vescovo e che vive la vita della gente in tutto. Per la sua fisionomia spirituale spesso si guardava al monaco come all’ideale. Il Concilio di Trento (15451563) ha istituito i seminari per la formazione specifica dei preti. Pur non definendo a fondo l’immagine del prete, ha introdotto un’innovazione benedetta per la Chiesa. Bisognava giungere al Concilio Vaticano II (19621965) perché riapparisse il presbitero più “restaurato”. E la Chiesa di oggi e di domani goda di presbiteri con la passione per l’Agnello immolato e risorto.
in luce più profondaLa Chiesa prolunga e rispecchia il Cristo. Cristo è causa, mo
dello e vita della Chiesa. Lui in essa dona la salvezza lungo la storia degli uomini. Lui è il Profeta che annuncia la verità di Dio che salva. Lui è il Pasto-re buono che nutre e garantisce la fedeltà del gregge. Lui è il Sacerdote che rioffre il Sacrificio pasquale per la salvezza dei credenti. Lui è “il Ponte”, da Dio a Dio. Egli ha trapiantato questi suoi doni nei discepoli. La Chiesa è tutta profetica; tutta dotata del potere di vincere il male con il bene; tutta sacer-dotale e con Lui si offre al Padre, e interpreta la lode di tutte le creature.E i preti che compito
hanno? Uniti a Cristo da un sacramento nuovo, è lui che promuove la salvezza e opera per mezzo di loro. Il sacramento dell’Ordine fa i vescovi e i preti, congiungendoli con un legame specifico a Cristo e tra loro. Lui si serve di loro per ravvivare la fede nelle comunità. I presbiteri sono suoi “ministri”, servi per far crescere tutti! Da lui viene a loro l’autorità di annunciare la Parola, di coordinare le comunità e di celebrare l’Eucaristia e vari sacramenti.
È in arrivo una novitàTutto ciò non per scrivere libri. Queste verità cercano la vita per fecondarla! Per i presbiteri
di Mario Morigi
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Una storia che rifiorisceQuesta pagina vuole far luce sulla figura del prete di ieri,per far scoprire la sua nuova bellezza nella Chiesa di oggi.
Lo stendardo della legaSacerdotale Mariana
a Lourdes (1952)La Lega Sacerdotale Mariana
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c’è da fare un opportuno passo avanti. Qui entra in gioco tutta la formazione ad opera di un gruppo più professionale e composito. Nel passato i preti attingevano percorsi di spiritualità all’ombra dei monasteri o dei conventi. C’era al vertice Cristo, ma secondo la spiritualità francescana, o carmelitana o gesuitica o della Scuola francese. O altro. Il beato Luigi, dinanzi a questa fluidità varia ha offerto ai preti una spiritualità fortemente mariana nella Lega Sacerdotale. Ora è in arrivo una novità. Negli ultimi decenni sta “lievitando” la spiritualità della Chiesa diocesana e, al suo interno, la spiritualità del presbitero diocesano. È una spi
ritualità decisamente biblica, cristocentrica, liturgica, comunitaria, capace di imprimere paternità con uno stile di fraternità. “Spiritualità” significa primato di Dio in tutto, dalla preghiera all’attività pastorale. Si consolida un desiderio preciso: dare la vita per amore al Signore e alla gente, senza alibi. Questa impostazione non vieta di aprirsi a ricchezze spirituali integrative di tradizione francescana o di altre scuole. Né vieta di attingere aria fresca da movimenti ecclesiali recenti. Ma la spiritualità tipica del presbitero diocesano si qualifica secondo linee strutturali proprie. In questo quadro s’inserisce opportunamente la spirituali
tà novaresiana della Lega Sa-cerdotale Mariana. Essa forma il prete all’interiorità e all’amore a Maria nella vita e nel ministero. In più, lo predispone e lo invita a scrivere il capitolo più delicato del suo ministero: i malati, i sofferenti, ogni persona ferita e in fibrillazione circa il senso della vita, al punto di intaccare la fede in Cristo e nella Chiesa. E, infine, “attrezza” il prete a camminare nei giorni del proprio dolore, vissuto come risposta ai messaggi di Maria. Lei sotto la croce, si unì al sacrificio pasquale del Figlio. Tutto ciò illumina la destinazione pasquale del dolore. E la marea della grazia cresce nel mondo. ■
Gli aderenti alla Lega Sacerdotale Mariana sono sacerdoti che, uniti all’Immacolata, si propongono:- di promuovere tra i fedeli la più tenera devozione alla Ma-donna, con la recita quotidiana del rosario, con lo studio e l’attuazione delle richieste formulate dalla Madre della Chiesa nei suoi interventi a Lourdes e a Fatima, con i quali ha chiesto “preghiera e penitenza” per riparare i peccati del mondo, per la conversione dei peccatori e per sostenere l’a-zione del Papa e dei vescovi;- di promuovere la devozione verso il Cuore di Gesù con l’O-ra santa da lui richiesta, con la pratica dei primi venerdì del mese, con la consacrazione delle famiglie;- di estendere la devozione verso il Cuore Immacolato di Ma-ria con la pratica dei primi cinque sabati del mese, con la diffusione della consacrazione al suo stesso Cuore Immaco-lato nello spirito di san Luigi Grignon di Montfort;- di celebrare due sante messe all’anno, una “ad mentem Beatae Mariae Virginis”, l’altra in suffragio dei confratelli defunti iscritti nella LSM. Evidentemente ogni iscritto at-tua quanto è più consono alle proprie possibilità, chiedendo alla Direzione generale sussidi per ciò che intende svolgere.
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La Lega Sacerdotale Mariana
foto sopra:Nel parcodella Casa“Rocca MariaMadredella Chiesa”a Montichiari (Bs) (20 luglio 2015)
opo aver riflettuto sulla misericordia di Dio nell’Antico Testamento,
oggi iniziamo a meditare su come Gesù stesso l’ha portata al suo pieno compimento”. Con queste parole, papa Francesco ha dato inizio, lo scorso 6 aprile durante l’Udienza generale del mercoledì, ad un nuovo ciclo di catechesi sulla misericordia. “Gesù, infatti – ha proseguito il Pontefice – è la misericordia di Dio fatta carne. Una misericordia che egli ha espresso, realizzato e comunicato sempre, in ogni momento della sua vita terrena”. Il Vangelo “è davvero il “Vangelo della Misericordia”, perché Gesù è la Misericordia!”. Nella settimana in cui sarà pubblicata l’esortazione apostolica Amoris Laetitia, Bergoglio ha sottolineato il fatto che tutti siamo peccatori, e che spesso accusiamo gli altri di esserlo
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senza guardare a noi stessi per primi: “Siamo peccatori, ma tutti siamo perdonati perché ogni peccato è stato portato dal figlio sulla croce”. Francesco si rivolge proprio al crocifisso e lo indica: “Mentre sta per morire innocente per noi peccatori, egli supplica il Padre: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 3, 34). È sulla croce che Gesù presenta alla misericordia del Padre il peccato del mondo: il peccato di tutti, i miei peccati, i tuoi peccati, i vostri peccati. E con il peccato del mondo tutti i nostri peccati vengono cancellati. Nulla e nessuno rimane escluso da questa preghiera sacrificale di Gesù”.Questo vuol dire che non dobbiamo temere di confessarci peccatori perché quando lo facciamo, e siamo pentiti, affacciandoci a lui, siamo sicuri di
essere perdonati: “Il sacramento della Riconciliazione rende attuale per ognuno la forza del perdono che scaturisce dalla Croce e rinnova nella nostra vita la grazia della misericordia che Gesù ci ha acquistato! Non dobbiamo temere le nostre miserie, ognuno di noi ha le proprie: la potenza d’amore del Crocifisso non conosce ostacoli e non si esaurisce mai, e questa misericordia cancella le nostre miserie”.
Senza misericordia i peccatori sono isolati come lebbrosiDurante l’Udienza generale del 20 aprile scorso, papa Francesco ha commentato il brano del Vangelo di Luca che parla di Simone e la peccatrice: “Gesù ha detto il Santo Padre pone fine a quella condizione di isolamento a cui il giudizio impietoso del fariseo e dei 18
Proseguono le catechesi di papa Francesco sull’Anno santo
di Alessandro Anselmo
“D
Gesùè la misericordia
di Dio fatta carne
suoi concittadini – i quali la sfruttavano, eh! – la condannava”. Simone è un fariseo che invita a pranzo Gesù e, mentre è a casa di questo “zelante servitore della legge”, giunge una peccatrice che scoppia in pianto. Le sue lacrime bagnano i piedi di Gesù e lei li asciuga con i suoi capelli, poi li bacia e li unge con un olio profumato che ha portato con sé. “Mentre il primo giudica gli altri in base alle apparenze, la seconda, con i suoi gesti esprime con sincerità il suo cuore. Simone, pur avendo invitato Gesù, non vuole compromettersi né coinvolgere la sua vita con il Maestro; la donna, al contrario, si affida pienamente a lui con amore e venerazione”. Il fariseo, ha proseguito Bergoglio, “non concepisce
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“contaminare” dai peccatori, così pensavano loro. Egli pensa che se fosse realmente un profeta do vreb be riconoscerli e tenerli lontani per non esserne macchiato, come se fossero lebbrosi.Questo atteggiamento è tipico di
un certo modo di intendere la religione, ed è motivato dal fatto che Dio e il peccato si oppongono radicalmente.Ma la Parola di Dio insegna a distinguere tra il peccato e il peccatore: con il peccato non bisogna scendere a compromessi, mentre i peccatori – cioè tutti noi! – siamo come dei malati, che vanno curati, e per curarli bisogna che il medico li avvicini, li visiti, li tocchi. E naturalmente il malato, per essere guarito, deve riconoscere di avere bisogno del medico! Tra il fariseo e la donna peccatrice – ha sottolineato il Santo Padre – Gesù si schiera con quest’ultima ed entrando in relazione con lei, pone fine a quella condizione di isolamento a cui il giudizio impietoso del fariseo e
dei suoi concittadini la condannava”.Da un lato l’ipocrisia dei dottori della legge, dall’altra l’u miltà e la sincerità della peccatrice. Il Pontefice ha proseguito l’Udienza riprendendo il tema dell’ultima catechesi: “Tutti noi siamo peccatori, ma tante volte cadiamo nella tentazione dell’ipocrisia, di crederci migliori degli altri e diciamo: “Guarda il tuo peccato…”. Tutti noi dobbiamo invece guardare il nostro peccato, le nostre cadute, i nostri sbagli e guardare al Signore. Questa è la linea di salvezza: il rapporto tra “io” peccatore e il Signore. Se io mi sento giusto, questo rapporto di salvezza non si dà”. Gesù perdona la donna, ha concluso papa Francesco, la quale “ci insegna il legame tra fede, amore e riconoscenza. Le sono stati perdonati “molti peccati” e per questo ama molto; “invece colui al quale si perdona poco, ama poco” (v. 47). Anche lo stesso Simone deve ammettere che ama di più colui al quale è stato condonato di più. Dio ha racchiuso tutti nello stesso mistero di misericordia; e da questo amore, che sempre ci precede, tutti noi impariamo ad amare”. ■
“La misericordia implica un amore incondizionato
verso ogni creatura, non pretende nulla in cambio, esiste in proporzione a quanto lo spirito di ogni uomo vive in sintonia con Dio. La misericordia è azione allo stato puro; azione dell’anima, dello spirito, azione del corpo che si protende verso l’altro, a cuore aperto, lasciando che l’amore faccia il suo corso…”.
a cura di Felice Di Giandomenico pp. 96, € 6
Pensieri sulla Misericordia e sull’Amoredel Beato Luigi Novarese e di Papa Francesco
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1. Catechesi sui temi della vita e della salute, della
malattia (sofferenza) e del-la morte a tutta la comunità: soprattutto nei periodi di Avvento e di Quaresima, sensibilizzazione dei bambini, giovani e adulti alla pastorale della salute. È essenziale che questi quattro ambiti dell’esistenza u mana siano compresi e vissuti alla luce della rivelazione biblica e della tradizione cristiana. In questo modo la parrocchia formerà cristiani adulti nella fede, pronti a vivere e a dare testimonianza dei valori nella stagione del vivere e del vivere in pienezza, del soffrire e del morire nel Signore.
2. Costituzione di un gruppo di animazione, promozio-
ne e programmazione dei servizi ai molteplici bisogni dei parroc-chiani: se è vero che tutta la comunità avrà la responsabilità in questo ambito delicato della pastorale, è altrettanto pacifico che la costituzione di un gruppo specifico, formato da persone che s’impegnino con perseveranza e con passione in questo settore, risulterà utile e indispensabile per i malati e per le loro famiglie, per i bambini, i giovani, le persone che vivono la maturità della loro crescita corporale e spirituale, e quelle che guardano con speranza alla conclusione del loro percorso esistenziale.
3. Conoscenza e interventi per le famiglie in diffi-
coltà di vario genere: povertà molteplici, anziani, malati, dipendenze… La parrocchia non può rimanere sorda e cieca alle
informazione
di Leonardo Nunzio Di Taranto
Un decalogo operativoQuali sono i percorsi concreti per vivere e realizzare un’autentica pastorale della salute da parte della parrocchia e nella vita della comunità cristiana territoriale?Quali possono essere i più fecondi e quelli più essenziali?Alla luce dell’esperienza pastorale le comunità possono riferirsi al decalogo operativo di seguito proposto, sul quale fondare le scelte da operare e col quale confrontarsi periodicamente.
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Sentieri della pastorale della salute in parrocchia
richieste di coloro che soffrono, né tanto meno fare discorsi generici che non sfociano in nessun impegno concreto. Dalla conoscenza scaturirà l’urgenza di incarnare il Vangelo nel servizio degli ultimi ed in particolare di coloro che sono afflitti da specifiche patologie, sia temporanee che permanenti. L’evangelizzazione più efficace è quella che, sull’esempio di Gesù Cristo, pone segni visibili dell’amore di Dio per i suoi figli. E diventa la più credibile!
4. Attenzione alle associa-zioni di e per i malati:
esse permettono, soprattutto ai laici, di trovare un proprio ambito di impegno pastorale. Per questo la parrocchia ed il proprio consiglio pastorale potranno promuovere la loro costituzione, non lasciarle sole senza alcuna guida, saperle accompagnare con competenza, e aiutarle ad integrarsi in una pastorale di comunione. Soprattutto, ma non in modo esclusivo, le associazioni “cattoliche” aiuteranno a riscoprire il senso cristiano della professione, a vivere la professione come “vocazione” e “missione”, ad acquisire una maggiore competenza, a coniugare “umanità e professionalità”, a collaborare con i sacerdoti e con le altre associazioni. Infine a ritagliare un posto centrale ai malati sia come soggetti che come oggetti nella preoccupazione pastorale dell’intera comunità.
5. Promozione del volontaria-to socio-sanitario: nell’am
biente parrocchiale e pastorale
va promosso il volontariato, perché – come giustamente è stato affermato – esso apre la strada all’evangelizzazione. Parlo per esperienza personale: quando ho partecipato alla nascita di un’associazione di volontariato sanitarioospedaliero, mi sono impegnato a mettere tra le prime condizioni della sua esistenza quella della preparazione e della qualificazione quasi professionale. Per un volontariato efficace la formazione iniziale e permanente è fondamentale, direi essenziale; senza formazione il volontario non va lontano, perché si esauriscono le pile e non si può andare avanti solo con la buona volontà. Amo ripetere: volontariato non equivale a volontarismo.
6. Cura formativa dei Mini-stri straordinari della S.
Comunione: il ripristino di questi operatori pastorali è stato un’intuizione vera dello Spirito Santo. Pur presenti dagli inizi della Chiesa, lentamente erano scomparsi dalla vita della stessa comunità cristiana. Essi sono un’autentica manna del cielo per le parrocchie e per le cappellanie ospedaliere, permettono di realizzare una pastorale organica che sa programmare gli interventi e può presentare il volto bello e attraente della Chiesa nei suoi molteplici componenti. È logico che il loro compito non si esaurisce nella semplice distribuzione del corpo e sangue di Cristo, ma diventano anche ministri della Consolazione divina e testimoni della speranza cristiana.
7. Visita ai malati ricoverati nelle istituzioni sanitarie:
una comunità cristiana che non si faccia presente operativamente nella stagione della malattia non può chiamarsi con questa qualificazione.
La ragione è semplice: se vuole fare riferimento a Gesù Cristo come maestro ed esempio, la comunità ecclesiale deve seguire le sue orme nel servizio ai più deboli, è chiamata a privilegiare i malati nel corpo e nello spirito, volge il suo sguardo di tenerezza verso le membra più deboli del Corpo mistico di Cristo stesso. La visita diventerà terapeutica e salvifica se si darà spazio a Dio che opera sempre meraviglie a favore dei suoi figli e se diventeremo le sue mani ed i suoi piedi, i suoi occhi e le sue braccia, la sua mente e il suo cuore.
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Don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio Ceiper la pastorale della salute
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8. Ministri della Consolazio-ne: far nascere nella pro
pria comunità i Ministri della Consolazione significa volgere lo sguardo ai malati nella fase terminale della vita e alle loro famiglie. È un nuovo ministero che sta mettendo i primi passi in Italia; non esistono ancora elementi significativi che qualifichino la loro identità ed i loro compiti. Giustamente si vanno moltiplicando le esperienze nelle Chiese locali, quasi a ruota libera; in un secondo momento, si raccoglieranno i risultati, si vaglieranno i frutti nel confronto e nella valuta
zione; in un terzo momento i Pastori delle diocesi sapranno elaborare principi e norme utili a livello nazionale e per tutti.
9. Celebrazione delle ese-quie: il saper dire addio
ad una persona cara e l’essere in comunione con la famiglia colpita dall’evento della morte costituiscono un momento delicatissimo di verifica della “verità” della vita di una comunità cristiana. Perciò individuare i brani adatti della Parola di Dio, scegliere i canti più idonei alla circostanza, elaborare l’intervento omiletico che sappia
comprendere il dolore dell’uomo e alimentare la luce della fede e della speranza del credente, stimolare le associazioni ecclesiali ed i battezzati del proprio territorio significa mettere le premesse di una crescita di credibilità non solo verso le famiglie interessate dall’evento luttuoso, ma anche verso le numerose persone occasionali che partecipano alla liturgia pasquale della speranza cristiana.
10. Elaborazione del lut-to: quando si vive una
perdita importante di un proprio congiunto, si crea un vuoto che non si riempie facilmente e subito; si apre una ferita che richiede tempo e pazienza per rimarginarsi. Non si possono abbandonare le famiglie proprio in un momento così delicato. Per questo negli ultimi decenni, sia nel campo laico che in quello religioso, stanno sorgendo a macchia di leopardo i gruppi di mutuo aiuto per l’elaborazione del lutto. Ogni comunità credente in Cristo non può rendersi assente proprio in questa stagione; perciò si impegnerà a creare un gruppo che sia di stimolo per l’intera comunità a questo delicato e particolare settore della pastorale e che all’occorrenza aiuti la famiglia coinvolta nella perdita a riprendere il cammino dell’ordinarietà.
Queste dieci piste sono state appena accennate; ce ne sono tante altre. Ma questo decalogo operativo può diventare un inizio positivo di un cammino fecondo di crescita e di maturità nella carità dell’intera comunità dei fedeli di Cristo Gesù. ■
di Leonardo Nunzio Di Taranto pp. 190, € 10
Un contributo di pensiero per la rinascita della parrocchia, vista sotto l’angolatura particolare della pastorale della salute.
Contenuti: Premessa – Presentazione – Introduzione – Cap. 1: La parrocchia nella storia della Chiesa – Cap. 2: La parrocchia oggi: problematiche e prospettive – Cap. 3: La parrocchia, comunità sanante nel territorio – Cap. 4: Il Vangelo della sofferenza e della carità – Conclusione – Bibliografia minima – Indice
La parrocchia e la pastorale della salute
Nella preghierala forza di riprendere
inascoltoLectio 6/2016AncorAL’
la terra ha chiuso le sue spranghe dietro a me per sempre. Ma tu hai fatto risalire dalla fossa la mia vita, Signore, mio Dio. 8Quando in me sentivo venir meno la vita, ho ricordato il Signore. La mia preghiera è giunta fino a te, fino al tuo santo tempio. 9Quelli che servono idoli falsi abbandonano il loro amore.
10Ma io con voce di lode offrirò a te un sacrificio e adempirò il voto che ho fatto; la salvezza viene dal Signore”.11E il Signore parlò al pesce ed esso rigettò Giona sulla spiaggia.
Fin qui Dio ha bloccato il profeta, mandando in fumo il suo ribelle progetto. Tarsis non è
1 Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona; Giona restò nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. 2Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore, suo Dio, 3e disse:“Nella mia angoscia ho invocato il Signore ed egli mi ha risposto; dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce. 4Mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare, e le correnti mi hanno circondato; tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati. 5Io dicevo: “Sono scacciato lontano dai tuoi occhi; eppure tornerò a guardare il tuo santo tempio”. 6Le acque mi hanno sommerso fino alla gola, l’abisso mi ha avvolto, l’alga si è avvinta al mio capo. 7Sono sceso alle radici dei monti,
di Mauro Orsatti
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Ascoltare Dio, sintonizzarsi con la sua volontà di amore, per essere una continua primavera che fa fiorire la vita: ecco un esaltante programma che possiamo imparare dalla simpatica figura di Giona. Per qualche aspetto lo ammiriamo, per qualche altro no; comunque ha il merito di essere l’icona di noi tutti. Per questo lo chiamiamo ‘nostro fratello Giona’. Lasciamo agli specialisti la trattazione dei problemi letterari e storici, mentre noi consideriamo il libro così come si presenta: uno specchio nel quale non sarà difficile scorgere uno o più tratti della nostra vita. Impariamo soprattutto che la misericordia di Dio non è efficace, se manca il pentimento dell’uomo.
Pentimento e misericordiadel nostro fratello Giona
DOMANDE ALLA VITA1. Qual è stato nella mia vita il grosso pesce che il Signore mi ha inviato per togliermi dai pasticci? Ho
apprezzato in quell’occasione la bontà misericordiosa di Dio che sempre pensa ai suoi figli? Ne ho ammirato la fantasia, capace di escogitare soluzioni e vie di uscita quando io non ne vedevo? Come individui e come gruppo, ci abituiamo a leggere i ‘segni dei tempi’, espressione dei messaggi di amore che Dio continuamente invia a noi? Ne sappiamo elencare alcuni di questi ultimi giorni?
2. Giona ha capito molto nel momento della preghiera e nel silenzio. Coltivo lunghi spazi di silenzio con-templativo? Sono capace di rientrare in me stesso per rileggere la mia e la nostra storia alla luce di Dio? Come la preghiera diventa ‘spazio di accoglienza’? C’è regolarità e fedeltà nella mia preghiera? Quale parte merita una revisione e un miglioramento? Come vivo la preghiera comunitaria, soprattutto la santa messa?
3. Giona ammette umilmente di aver sbagliato e si rivolge al suo Dio nella preghiera. Sono disposto a riconoscere il mio sbaglio e a domandare perdono, anche pubblicamente se necessario? Ho qualche bella esperienza da comunicare?
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raggiunta per disposizione divina. Non basta. Occorre la conversione del profeta e la sua partecipazione al progetto divino. Non ce la farebbe mai da solo. Ecco ancora Dio in azione, questa volta per aiutare quel pover’uomo, solo in mare, in una situazione disperata. Come sempre, Dio dispone le cose perché tutto concorra al bene (cfr. Rm 8, 28). Ecco il significato del grosso pesce (non una balena, che è un mammifero e che si ciba principalmente di piccoli pesci e crostacei): l’aiuto di Dio arriva anche nelle situazionilimite, addirittura impossibili, come nei problemi senza apparente via d’uscita. Il grosso pesce non merita tanta attenzione, essendo solo lo strumento nelle mani di Dio (“il Signore dispose...” v. 1) che nella sua infinita provvidenza si serve di tutto. Qui era necessario un pesce, perché Giona si trovava in mare.Dio interviene, sollecitando l’uomo a collaborare, perché lo tratta sempre come persona intelligente, stimolandolo ad una reazione personale. L’azione divina da sola non basta, come ricorda sant’Agostino: “Colui che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te”. Quando l’uomo risponde, attiva la sua libertà e questa è premessa e condizione di amore. Solo con libertà e amore sarà possibile un autentico incontro, una vera conversione.Nel silenzio e nel ritiro dei tre giorni a cui è costretto, Giona vive, in miniatura, una vicenda di morte e di resurrezione: per questo sarà mi
rabile icona della vicenda di Gesù che appunto si appellerà al profeta per indicare la propria vicenda personale (cfr. Mt 12, 40). Si potrebbe dire che Giona abbia sperimentato il ritiro spirituale più fruttuoso della sua storia, perché alla fine trova la strada della preghiera. Il testo lo ricorda: “Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore suo Dio” (v. 2). La preghiera crea il rapporto amoroso con Dio e favorisce l’attenzione alla sua volontà. La lettura degli avvenimenti accende una speranza che si radica in una certezza: “la salvezza viene dal Signore” (v. 10c). Nessuno, all’infuori di Dio, può aiutare il profeta, che ora riconosce umilmente non esserci altra possibilità di salvezza. Con tale convinzione si può dire che Giona abbia iniziato la sua conversione. A questo punto prende consistenza il cammino di conversione, perché Giona capisce il suo errore e si rivolge umilmente al suo Dio. L’azione divina lo aveva sollecitato e ora, finalmente, lui risponde.Dio interviene allorché “comandò al pesce ed esso rigettò Giona sull’asciutto” (v. 11). Ancora una volta il pesce è docile strumento nelle mani di Dio che con paziente amore ha cercato di recuperare il suo ribelle profeta. Costui si era imbarcato per andare a Tarsis e fuggire dal Signore e ora si ritrova sulla spiaggia, all’asciutto. Questa è la conversione secondo il significato ebraico: è shuv, cioè un ritornare al punto di partenza, dopo aver abbandonato la strada sba
Un inno alla misericordiaIl libro di Giona è un libro aperto, cioè, senza conclusione, perché non sappiamo se Giona abbia capito la lezione o no. Di certo sappiamo che Dio ha fatto di tutto per attirarlo nella sua orbita, verso una conversione più alta e divina. Occorre però che l’uomo si lasci magnetizzare perché questo è lo spazio della sua libertà e l’occasione per dimostrare il suo amore. Per aiutare Giona, Dio ha disseminato la sua misericordia in molti modi, ponendo sul suo cammino i segni dei tempi (la burrasca, la sorte, le domande dei marinai, il salvataggio in extremis e in modo spettacolare, l’esperienza di preghiera, la conversione altrui, il ricino, Dio che interpella) che Giona deve leggere e decifrare per sé. Deve convincersi che la conversione può essere il clamoroso ritorno da una situazione peccaminosa (shuv), ma anche una continua e appassionata ricerca della volontà di Dio, un cambiare la propria mentalità per adeguarsi ai progetti divini (metanoia), l’adesione amorosa al fiat voluntas tua, come suggerito nel Padre Nostro.Dal racconto apprendiamo questa stupenda lezione: l’universale bontà di Dio, cioè la sua misericordia, non cessa mai di sollecitare gli uomini alla conversione che è, in fondo, un impegno a far fiorire, custodire e sviluppare la vita, perché tutti sono figli dello stesso Padre.
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gliata. Espresso in termini positivi, Giona è ora disposto a intraprendere un nuovo cammino, quello giusto.Il capitolo termina presentando il profeta nella situazione iniziale, ricco però dell’esperien
za nuova di conversione sperimentata nella sua stessa persona. È quindi pronto ad adempiere la sua missione presso i Niniviti, a predicare quella conversione che lui stesso ha avuto occasione di sperimentare ‘sulla sua pelle’. ■
O Signore,mi rispecchio nel comportamento di Giona,cocciuto e capriccioso, pronto a realizzare la sua volontà piuttosto che la tua, timoroso di aprire l’orizzonte della misericordia agli altri, illudendosi che la tua bontà sia monocolore e unidirezionale.Come lui, anch’io mi dimentico spessoche tu sei Dio di tutti,Padre attento ai bisogni dei tuoi figli.Concedimi un respiro più universale,una sensibilità più cattolica, rendimi docile e pronto a cambiare come i Niniviti, a rinsavire come Giona. Solo con la continua conversione della mia vitaaccoglierò i frutti del tuo amoree avrò la gioia sentirmi parte vivadella grande famiglia umana. Amen.
Alzarsi e invocare Dio(Preghiera personale)
Celebrazione
Introduzione“Gli si avvicinò il capo dell’equipaggio e gli disse: che cosa fai così addormentato? Alzati, invoca il tuo Dio! Forse Dio si darà pensiero di noi e non periremo”. (Giona 1, 6)La preghiera esprime spesso il nostro stato d’animo, riflette la situazione che stiamo vivendo, di gioia, di dolore, di rabbia, di gratitudine, di fiducia: la preghiera può diventare perciò una lode, una supplica, un grido, una richiesta, un ringraziamento, un’intercessione.
Vogliamo proporre un momento di preghiera personale, partendo dalle indicazioni che lo stesso Giona ci mostra.Per pregare ci è chiesto di scomodarci, di svegliarci dal nostro torpore, torpore che ci fa vivere la giornata così come viene, senza rendersi conto della presenza di Dio che agisce nella nostra vita.
Giona aveva rifiutato l’invito del Signore, la sua missione e fugge, si chiude di fronte a Dio e di conseguenza si chiude a se stesso e agli altri; si ritira nella parte più riposta della nave; si corica, cioè non agisce più; si addormenta profondamente.
Troviamo un luogo dove poter iniziare la nostra preghiera con una invocazione per aprirci all’incontro personale con Dio.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.Aiutami a vedere nel buio dell’anima mia, fa’ che il mio sguardo non sia limitato a me stesso…Giona si trova sulla barca ed è l’unico che non prega; i mariani che si trovano sulla barca si stupiscono di ciò e gli rivolgono questo imperativo: Alzati! Ci rivela la necessità della preghiera nella nostra vita, della sua importanza in ogni circostanza.
Facciamo un momento di silenzio, tempo necessario per guardare a fondo la nostra vita e allargare il nostro sguardo agli altri e poi leggiamo il brano del Vangelo.
Lettura del Vangelo di Matteo (5, 1-12)La parola “misericordia”, nella sua accezione ebraica, richiama l’utero materno, ossia l’accoglienza assoluta, l’amore gratuito. Chi allora possiede questo amore gratuito e sa perdonare, chi accoglie incondizionatamente, questi otterrà misericordia, otterrà Dio, perché già ora lo ha avuto, visto che Dio non ha misericordia, ma è misericordia. Già la parola italiana, che è composta da “misericordare” (dare, offrire il proprio cuore a chi è misero, nel bisogno), ci orienta nella direzione del significato biblico. Il premio promesso ai misericordiosi è quello di trovare misericordia. Dio darà loro, in pienezza, la misericordia che hanno esercitato. Ma la misericordia è Dio stesso. Di conseguenza, i misericordiosi sono “beati” perché vivranno della vita stessa di Dio, nella sua intimità, avvolti dal suo amore. “Beati i misericordiosi” si coniuga con il perdono. È un atto creativo che ci trasforma da prigionieri del passato in uomini liberi. Per Gesù non si può essere felici se non si
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di Giovanna Bettiol
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usa misericordia. Questo è un nodo fondamentale della visione cristiana della vita: il cristiano non serba rancore e non cerca vendetta, il cristiano perdona. Il misericordioso è disposto a donare il perdono, a regalare il perdono, che è un dono gratuito fatto all’altro.Dopo la riflessione, concludiamo questo momento di preghiera in modo creativo attraverso:- la lode: saper vedere l’azione di Dio nella nostra vita, il suo amore e la sua attenzione per noi; la
mia preghiera diventa così un inno di gioia a Dio Padre, creatore e autore di ogni bene;- il ringraziamento: riconoscere i benefici del Signore, il suo amore per noi, la sua tenerezza di madre,
la sua forza di liberatore;- la supplica: nella prova e nelle difficoltà, quando si scopre la propria fragilità e incapacità di vivere
senza Dio, allora è più facile rivolgersi a lui e chiedere aiuto; solo Dio può salvarci; - l’intercessione: è pregare per il bene degli altri, con cuore aperto e generoso; è la capacità di vedere
il fratello e la sorella che mi stanno vicino o coloro che sono lontani, coloro che soffrono, che subi-scono l’ingiustizia;
- la fiducia/speranza: è mettersi nelle mani di Dio, sapendo che lui agisce, è il Padre, è la Madre che non si dimentica dei suoi figli.
Si può scrivere o direttamente proclamare la preghiera che nasce dal nostro cuore, concludendo poi con il segno della Croce.
Preghiera del beato Luigi NovareseQuanta confusione in me!La vita che dovrei vivereè così diversa dall’attuale.L’ambiente che mi circonda è tutto contraddizione!In questa sera in cui mi paredi sentire il tuo richiamoguardo a te o Madree mi sento l’animo tanto vuoto.Anch’io voglio inginocchiarmidinanzi a teanche se nulla ho da offrirti.Mi pare di comprendereche sopra di me ci siano delle realtà che ancora.
Non vedo dinanzia cui però sono incamminato.Non badare alla mia passività
alla mia miseria, tu sei Madre.Una Madre comprende sempre,
veglia, attende non abbandona.Prendimi per mano e rialzami.
Accanto a te sotto il tuo sguardo mi sento fiducioso.
Sei tu che infondi in meuna speranza nuova.
Accanto a te anche la mia vita di dolore
sarà meno pesante,meno vuota.
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invertissimo i termini della frase leggeremmo: “ignorare gli insegnan
ti” e coglieremmo buona parte dell’atteggiamento contemporaneo verso la trasmissione del sapere. Paolo VI aveva già intuito la difficoltà ad ascoltare i maestri, affermando in positivo: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimo-ni che i maestri”.L’intolleranza verso gli insegnanti diventa, spesso, rifiuto degli insegnamenti. Che senso ha, perciò, riproporre una formazione se chi è ignorante non vuole ascoltare?La direzione di questa opera di misericordia potrebbe risolversi facilmente in una esortazione ad impartire lezioni,
senza considerarne gli effetti e senza preoccupazione per il risultato, quasi in una sorta di rassegnazione giustificata dal detto: “Alcuni seminano, altri raccolgono”. Insegnare non consiste nella pura trasmissione di conoscenze, ma vuol dire stabilire un rapporto che permetta di apprendere un nuovo sapere. Al di fuori di una relazione significativa è impossibile imparare. Altre domande emergono immediatamente: cosa insegnare? Come insegnare? A chi insegnare?Sul contenuto, possiamo dire che ogni conoscenza umana è contemplata in questa opera. Benché, trattandosi di misericordia spirituale, potremmo
essere indotti a ritenere che si debba parlare di temi religiosi. L’attuale clima sociale, che rivela scarsa conoscenza degli elementi della fede, induce ad insistere su questi argomenti. Ed è bene che ci sia un recupero, pena il rischio di osservare
Insegnareagli ignorantiIl vero insegnantenon si pone al centrodell’attenzione.Egli nutre apprezzamentoper l’allievo, e spende tuttele sue energie per il discepolo.Il monito evangelico fa giustiziadella presunzione umanae apre all’infinito:“Uno solo è il vostro maestro”.
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Le opere di misericordiacorporale e spirituale
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Antonio Canova: “Insegnare agli ignoranti”Artgate Fondazione Cariplo
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una generazione che, non riconoscendo i simboli religiosi, diventa incapace di comprendere la sua cultura e, infine, se stessa. La conoscenza spirituale non deve mai essere disgiunta dalla conoscenza umana. Essa ne è parte integrante e quindi solo in un’azione di insegnamento integrale può esserci vera comprensione dell’uomo nella sua interezza. Un bassorilievo di Canova, realizzato nel 1795, dal titolo: “Insegna-re agli ignoranti”, rende bene l’idea. Una donna assiste il figlio che fa i compiti, mentre di fronte quattro donne imparano rispettivamente: la preghiera, il cucito, il ricamo, la tessitura. Ogni insegnamento è contemplato come azione meritoria.Per comprendere il “come”, osserviamo il famoso episodio di Gesù a dodici anni nel tempio di Gerusalemme. La tradizione è solita dire: “Gesù insegnava ai dottori nel tempio”, evidenziando ai nostri occhi lo stupore nel vedere un bambino che dà lezione ai sapienti. Il testo biblico in effetti è più preciso e meno miracoloso: “Lo trova-rono nel tempio, seduto in mez-zo ai maestri, mentre li ascolta-va e li interrogava”. (Lc 2, 46). Gesù ascolta e interroga. Il suo modo di stare, e conseguentemente, di insegnare è: ascoltare e chiedere. Questi due verbi sono fondamentali nella vita di relazione, e soprattutto nell’esperienza di chi si fa compagno di strada di persone sofferenti. Non si insisterà mai abbastanza nell’affermare che la condizione di ascolto è la sola che consente di far passare un messaggio. Inoltre, che
un fanciullo sia al centro della scena, ci offre un’altra indicazione, suffragata da quell’altro passo evangelico nel quale Gesù invita a “diventare come bambini”. Può insegnare solo chi si fa “piccolo”, chi si fa umile, chi si fa ignorante. Non ci sarebbe neppure bisogno di scomodare il Vangelo. Basterebbe riferirsi alle diverse esperienze personali nelle quali si riscontrano difficoltà ad apprendere da chi si presenta in modo presuntuoso, arrogante e altezzoso, quindi non in forma di “piccolo”.L’evangelista chiude il racconto con il commento: “E Gesù cresceva in età, sapienza e gra-zia”. Il colloquio nel tempio ha contribuito alla crescita sapienziale di Gesù. In maniera simile l’insegnamento di ogni docente è per egli stesso apprendimento.Il vero insegnante non si pone al centro dell’attenzione, non sale in cattedra, non è preoccupato di dimostrare il suo valore, bensì, egli nutre apprezzamento per l’allievo, e spende tutte le sue energie per il discepolo. La sapienza che il docente possiede serve a rendere forte la sua presenza, a rassicurare se stesso d’essere in grado di insegnare. Nessun libro conosciuto può sostitu
ire la lettura di quel “testo” che ogni essere umano offre all’interlocutore. A sigillo, il monito evangelico fa giustizia della presunzione umana e apre all’infinito: “Uno solo è il vostro maestro”.E, dunque, a chi rivolgere l’insegnamento? Senza dubbio a chi manifesta il desiderio di conoscere. Non c’è apprendimento se non scatta la motivazione interiore. Quindi, nulla è possibile se uno chiude serratamente la porta del cuore e della mente. Ci sono, però, ampie possibilità di creare il clima giusto che favorisca l’emergere della domanda. Qui conta molto l’arte dell’insegnante. Per il resto non c’è barriera di appartenenza che regga: tutti sono destinatari di un possibile insegnamento.Infine, a completamento di una formazione di stampo “occidentale”, spesso intesa solo in senso intellettuale, ultimamente si insiste sulla “formazione del cuore”. In modo sintetico si tratta di una prospettiva che mette insieme alle idee, le emozioni e i sentimenti. Attenzione, però, ad una deriva razionalistica che utilizza vecchi metodi e cambia solo il contenuto. La formazione del cuore richiede metodo, forma e contenuto originali e, in particolare, il pieno coinvolgimento di chi vuole attuare quest’opera di misericordia. ■
Giovanni CervelleraDottore in Teologia
Presidente Nazionale A.I.Pa.S.
L’articolo è trattodal libro:
“L’avete fatto a me – Le opere
di misericordia corporale e
spiritualenel mondo
della cura”.
Antonio Canova: “Insegnare agli ignoranti”Artgate Fondazione Cariplo
Remigio la sapienza del cuore” è il titolo della nuova biogra
fia in corso di stampa pubblicata dalle Edizioni CVS, che uscirà entro l’estate, a un anno dalla scomparsa del protagonista. Ventuno capitoli scritti dal giornalista Mauro Anselmo, che raccontano l’avventura umana e spirituale del primo sacerdote entrato a far parte dei Silenziosi Operai della Croce. Il periodo della malattia, l’incontro con il beato Novarese, la totale dedizione all’apostolato dei malati. Don Remigio Fusi che predica gli Esercizi spirituali a Re, che guida i
a cura della Redazione
“Don
“Don Remigio,la sapienza del cuore”
pellegrinaggi pasquali a Lourdes con il CVS di Brescia, che a fianco di sorella Elvira Myriam Psorulla si impegna a fondo nella causa di beatificazione di Monsignore.Una biografia che inquadra in una nuova luce il ritratto del sacerdote anche attraverso episodi inediti: il mite seminarista che diventa stretto collaboratore di Novarese, ma che sa anche battere i pugni sul tavolo davanti a coloro che mettono in discussione il carisma del Fondatore.All’autore del libro abbiamo rivolto qualche domanda.
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Don RemigioLa sapienza del cuoredi Mauro Anselmopag. 150; € 10
che cosa l’ha colpita, in particolare, nella bio-grafia di don Remigio?La trasformazione determinata in lui dall’incontro con Novarese. Il giovane Fusi era un seminarista timido e sofferente, che la malattia ai polmoni aveva gettato in uno stato di prostrazione emotiva e spirituale drammatica, senza via d’uscita. L’incontro con Novarese cambiò radicalmente la sua vita.
che cosa avvenne?Remigio desiderava essere prete e fare il missionario in Africa, ma la pleurite che lo aveva colpito rendeva irrealizzabile il desiderio. Il ragazzo era stato costretto a interrompere gli studi in seminario e si sentiva totalmente in balia della malattia e incapace di reagire. Novarese abbatté il muro che lo teneva prigioniero.
in che modo?Con il suo insegnamento: “Tu ammalato puoi essere missionario in ospedale o in sanatorio. La sofferenza non ti chiude in una stanza, ti fa raggiungere il mondo. Siccome Cristo in croce arriva a tutti tu, ammalato, unendoti a lui, raggiungi tutti”. Leggendo queste parole sull’Anco-ra, Remigio si sentì rinascere. Scrisse una lettera a Novarese, iniziò fra loro un rapporto di corrispondenza che, nel luglio 1953, li portò al primo incontro.
il libro è intitolato “Don Remigio, la sapienza del cuore”. Perché?Sono convinto che nella sua avventura sacerdotale e umana egli abbia dato rappresentazione a quella disposizione spirituale che papa Francesco ha definito, nel messaggio per la Giornata mondiale del malato dell’11 febbraio 2015, “la sapienza del cuore”. Questa sapienza rappresenta la dimensione affettiva della fede. È la certezza dell’amore di Cristo che cambia la vita e spinge il cristiano a essere “mite e umile di cuore” (Matteo 11, 29) come Gesù, disponibile all’ascolto e alla condivisione. Per tutta la vita don Remigio ha saputo ascoltare e condividere, portando luce e affetto nel cuore dei malati. ■
Don Remigio FusiNato a Bagolino, in provincia di Brescia, l’8 settembre del 1929, entra in contatto con monsignor Luigi Novarese nei primi anni ‘50 inizialmente per corrispondenza, richieden-do l’invio della rivista L’Ancora mentre era ricoverato al sanatorio di Sondalo.Questi primi contatti furono la scintilla per la scelta radica-le di Remigio di diventare un Silenzioso Operaio della Cro-ce, che si consacra il 17 giugno 1953 ed entra ufficialmente in Comunità a Re il 4 ottobre 1954.A Lourdes, il 31 luglio 1960, viene ordinato sacerdote in-sieme a don Gastone Rubin da mons. Pasquale Venezia vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia. Da quel momento in poi, ricopre vari incarichi di rilievo all’interno dell’Associa-zione Silenziosi Operai della Croce, tra i quali quello di as-sistente diocesano del CVS di Brescia, economo, assistente per l’apostolato, formatore del tempo di prova e, per ultimo, responsabile della Comunità maschile di Moncrivello (Vc) e del Centro di recupero e rieducazione funzionale.Don Remigio è stato sempre in prima linea riguardo tutte le iniziative associative promosse da Monsignore, dagli Eser-cizi spirituali ai pellegrinaggi a Lourdes, dai convegni sacer-dotali ai progetti editoriali perseguiti dai Silenziosi Operai della Croce nelle riviste L’Ancora e L’Ancora nell’Unità di Salute per diffondere e promuovere la spiritualità e il cari-sma del beato Novarese.Il 13 agosto, a Moncrivello (VC), presso la Comunità dei Silenziosi Operai della Croce, don Remigio è tornato alla Casa del Padre.
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Cinquantesimodi ordinazionesacerdotale
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gnuno di noi fa esperienza della propria finitezza, del proprio limite. Limiti
fisici, limiti relazionali, limiti psicologici, limiti attitudinali. L’esperienza del limite non deve essere intesa solo in senso negativo, come incapacità e incompletezza. La società ci porta a pensare che dobbiamo poter fare tutto, raggiungere tutto, essere perfetti. Perfetti fisicamente, perfettamente organizzati ed efficienti sul lavoro, nello sport, in famiglia. Se questo è il nostro fine, il limite diventa insopportabile fallimento destinato a frustrare le nostre ed altrui aspettative. Inseguire la perfezione fisica è un miraggio tanto irraggiungi
Salute totaleIn una società che porta a pensare che possiamo fare tutto spingendoci
verso la perfezione, il limite diventa insopportabile.
di Mara Strazzacappa
O bile quanto pericoloso. La cura di sé è importante e doverosa, ma la ricerca della bellezza per la bellezza ci sprofonda nell’egoismo e nella insoddisfazione. Siccome siamo lontani dall’essere perfetti e, in fondo, nemmeno sappiamo cosa è questa perfezione che ricerchiamo, siamo destinati al fallimento. Una volta falliti o riusciamo a ritornare ad obiettivi realistici e possibili scoprendo l’importanza dell’accettazione di sé, oppure ricorriamo a metodi estremi per poter continuare a inseguire la nostra illusione, giungendo a snaturarci e a farci del male.L’inseguire la perfezione lavorativa, quella organizzativa di chi pensa di realizzarsi riuscen
do a fare tutto ed arrivare a tutto, moltiplicando le attività e gli impegni, non può che portarci allo stress, all’esaurimento ed al burn out, a quella sensazione pesante ed opprimente di non riuscire a far fronte a tutto ciò che abbiamo da fare, sopraffatti da un’agenda troppo fitta.Quali riposanti attrattive ha per noi ammalati il Cuore di Gesù! Certamente perché noi, più degli altri, sentiamo il bisogno del calore, dell’amore. Si direbbe quasi una legge di natura: la malattia sembra isolare, strappare dagli affetti mentre il cuore, in contrapposto, sente la necessità di trovare un appoggio sicuro, fedele, costante.Dove possiamo trovare una
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correre? Dove trovare un posto in cui sentirci bene con noi stessi, lontano dall’ansia e dalla fretta?E se io sono una persona disabile, destinata al fallimento tanto da non potermi nemmeno mettere in gioco, dove posso trovare il senso e lo scopo di una vita che avverto totalmente inutile?Da questi interrogativi e desideri nasce la ricerca di spiritualità, si avverte la necessità di trovare uno spazio ed un tempo nel quale ritrovarsi, riposarsi, riscoprirsi. Tante filosofie ci possono aiutare a vivere meglio con noi stessi e a ritrovare l’equilibrio perduto. Il beato Luigi Novarese ci ha mostrato una strada sicura, un luogo protetto dove porre le nostre preoccupazioni. È Gesù stesso che ce lo dice: “Venite a me voi tutti, affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò. Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Il solo ascoltare queste parole calme le inquietudini, dà serenità, ci dona freschezza e sicurezza. Perché stiamo parlando di amore, dell’amore del Cuore di Gesù per ciascuno di noi. Diceva il beato luigi nel 1952:“Il Cuore di Gesù si presenta a noi proprio sotto l’aspetto del suo amore divino e umano, concretizzato
simbolicamente come funzione del cuore. Il suo cuore vuole essere quindi per noi asilo sicuro, vuole che noi troviamo riposo in Lui. Gesù vuole che si attuino le sue parole: rimanete nel mio amore. Rimanete in me, perché il mio regno è dentro di voi.L’amore delle creature tante vol-te viene meno, e, per noi, forse è venuto meno con l’affievolirsi della vita e della salute.L’amore del Cuore di Gesù, mai invece viene meno”.Questa parola consolatoria deve riempirci il cuore di soddisfazione e spegnere la nostra sete di perfezione. Siamo già perfetti, perché Gesù ci ama di un amore totale che non può aumentare perché è già la totalità dell’amore e non può diminuire perché è un amore divino. Il nostro compito è di lasciarci amare e di lasciare che questo amore trasfiguri la nostra vita e ci renda perfetti della perfezione che Dio vuole per noi: perfetti nell’amore. Il passo successivo è diventare testimoni di quanto vissuto e
sperimentato personalmen
te, di una salute totale,
del corpo e dello spirito,
di una salute che è benessere fisico, equilibrio psicologico e serenità dell’anima. Salute che non può essere che totale in quanto sprigionata dal Cuore di Cristo, dal suo amore totale. Ce lo spiegava bene il beato Luigi nel 1980: “Chi ha toccato con mano l’azione soprannaturale può essere del Regno annuncia-tore più convinto; così di ogni infermo e di ogni uomo che, dall’incontro con Cristo abbia ac-quistato la luce della fede trasfor-mando la sua esistenza, Gesù fa di lui un annunciatore del Regno. In questo modo infatti avveniva nei suoi incontri con ogni classe di persone, dalla donna seduta al pozzo di Giacobbe e dalla Madda-lena, da cui aveva scacciato sette diavoli, agli innumerevoli amma-lati che da lui avevano avuto la propria guarigione.Era la salute totale, dell’anima e del corpo, che si sprigionava dal Cuore di Cristo; il beneficato a sua volta diventava un rico-noscente annunciatore delle sue meraviglie”. ■
ggi il nostro padre Luigi è sicuramente rivolto con il suo sguardo verso di noi e ci guarda con compiacenza». Così il car
dinal Paolo Romeo ha introdotto la celebrazione liturgica, il 12 maggio scorso, in Santa Maria del Suffragio, a Roma, per festeggiare i tre anni dalla beatificazione di monsignor Luigi Novarese. «Siamo qui a ricordare ancora una volta che la Chiesa lo ha proclamato beato e lo ha mostrato come modello di vita e di santità. Attraverso la sua testimonianza, Monsignore ci chiama ad essere generosi con il Signore e a seguirlo con dedizione, lasciandoci tramutare in strumenti di Dio per operare il mistero della salvezza».La chiesa che accoglie le spoglie mortali del fondatore del Centro Volontari della Sofferenza e dei Silenziosi Operai della Croce è addobbata a festa. Sull’altare una composizione floreale fa da cornice alla reliquia, le candele sono accese, i banchi affollati dai fedeli e da circa quaranta sacerdoti, molti alunni ed ex alunni dell’Almo Collegio Capranica, qualche turista curioso che entra, scatta una fotografia e si intrattiene alcuni minuti
per prendere parte alla sacralità della funzione resa ancora più solenne dal coro del Collegio. «Due famiglie sono qui riunite oggi – ha detto don Janusz Malski, Moderatore generale SOdC – rivolto ai presenti. Quella del Collegio Capranica da un lato dove Monsignore studiò, e la famiglia Silenziosi Operai della Croce del beato Luigi Novarese. L’amore sgorgato dal cuore sacerdotale del nostro padre fondatore per la Chiesa si è fatto vivo verso i sacerdoti e gli ammalati che sono diventati soggetto attivo nell’apostolato del CVS sparso oggi non solo in Europa, ma anche negli altri continenti». «Quello che mi ha colpito di più nella vita di monsignor Luigi Novarese – ha detto il cardinal
Romeo nell’omelia – era il suo amore per la Chiesa, una Chiesa intesa come “madre”,
vissuta fin dall’infanzia in quel focolaio domestico formato da Giusto e Teresa (i
genitori, ndr), nella famiglia, definita da san Giovanni Paolo II una “pic
cola Chiesa domestica”». Il cardinal Romeo, arcivescovo emerito
di Palermo, ha ricordato brevemente il suo primo incontro con Monsignore, quan
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A tre anni dalla beatificazione di Monsignore, una messa con il cardinal Romeo
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a cura della Redazione
La testimonianzadi chi soffre è dirompente
do era un giovane seminarista giunto a Roma da Acireale. Ha raccontato dei primi pellegrinaggi a cui ha preso parte con la Lega Sacerdotale Mariana a Lourdes, fino poi ad entrare a far parte dei Silenziosi Operai della Croce di vita in famiglia.«Questa maternità della Chiesa – ha proseguito Romeo – Luigi l’ha sperimentata nella sua comunità parrocchiale, poi nella diocesi e infine nel Collegio Capranica. Ed è lì, nello stile che è proprio dell’Almo Collegio, che aiuta ognuno a mettere a frutto i doni che Dio gli ha dato, che Luigi ha capito e ha scoperto quei sentieri che il Signore ha disegnato per ognuno di noi».Dopo gli studi, Novarese inizia il suo ministero sacerdotale e viene chiamato a lavorare nella Segreteria di Stato Vaticana, dove «conosce la sollecitudine della Chiesa verso le sofferenze del mondo – spiega Romeo. E proprio lui che aveva sperimentato la sofferenza, che era guarito per intervento divino, capisce meglio di chiunque altro quello che Paolo dice nelle sue lettere: “Adempio in me quelle sofferenze che mancano alla Passione di Cristo”. Il mistero della salvezza ha bisogno di questo sacrificio offerto al Signore. E se queste sofferenze nelle persone diversamente abili potevano essere oggetto della carità, della solidarietà e della vicinanza, Novarese, che aveva sperimentato su di sé il valore della sofferenza, ha voluto insegnare che non bisogna solo accettare la sofferenza, ma testimoniarla. Perché la testimonianza di chi soffre è dirompente. E non può non essere accettata. Questa è la prima evangelizzazione. Quello che oggi inquieta, quello che suscita interesse è la testimonianza. La testimonianza di chi è in comunione con Cristo, perché ad unirli c’è la sofferenza, c’è la Croce».Al termine della funzione don Malski ha ringraziato i presenti, in modo particolare il rettore del Capranica, mons. Ermenegildo Manicardi, il nuovo rettore della chiesa di Santa Maria del Suffragio, mons. Bruno Pirolli e mons. Franco Croci, sempre vicino all’Opera del beato. Don Malski ha infine concluso con un invito: «Speriamo di incontrarci di nuovo qui tutti insieme nella festa liturgica prevista per il 20 luglio, giorno in cui il beato Novarese è nato al Cielo». ■
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Il mio incontro con l’islam
volte siamo stanchi di essere invasi e di sentirci bussare alla porta da persone
islamiche orgogliose e presuntuose che quasi… pretendono un aiuto come fosse un diritto e non un gesto di bontà e d’amore. Con queste persone ho avuto delusioni, a volte rabbia, spesso incontri umani e religiosi bellissimi e di alta qualità spirituale. Mi sembra di sapere e di non sapere nulla. I media sono estremamente contraddittori e ci riempiono di immagini e notizie che collegano religione e morte. Ma sarà così? Di fronte ai racconti dei martiri, e dei martiri che si consumano in oriente, ho respirato un sorso di gente buona e religiosamente semplice dell’islam. Ho prenotato un volo per una zona islamica in Europa: la Macedonia in Tetovo. Il viaggio era in due tratte: RomaMilano e MilanoSkopje. Atterrato in terra macedone, vado a ritirare il bagaglio e… sorpresa! Il mio trolley è rimasto a Milano. Sono i giorni dopo Natale, fa freddo in Macedonia e mi prende una certa inquietudine pensando ai disagi che… la mancanza di una valigia può creare quando sei ospite in una famiglia. Mentre attendo, a lungo, per fare la denuncia dello smarrimento, si affaccia alla porta dell’ufficio la coppia di amici macedoni che mi stava
aspettando fuori. Lei mi legge sul volto il disagio e sorridendo dice: “Giosy, non ti preoccupare, che vuoi che sia? Intanto io ho preparato tutto per te…”. Non capisco: avrà preparato da mangiare, una stanza, lui avrà le lamette e il sapone per la barba, si può adattare un maglione, si può comprare qualcosa….Ci dicono di tornare due giorni dopo per la valigia: “Ma se io sto qui solo quattro giorni… mi conviene riprenderla quando ripartirò…”. Intanto non c’è altro da fare. Lei continua a ripetere il ritornello: “Giosy, ma stai tranquillo: ho preparato tutto per te”.Sta nevicando e il loro paese non è vicino. Arriviamo quando è buio alla loro bella casa. Hanno fatto tre appartamenti in un’unica palazzina per i loro tre figli che vivono in Italia e sperano che sposino macedoni e tornino qui a respirare aria pulita e religione islamica. Naturalmente si cena e io faccio il segno di croce prima di mangiare. Loro osservano e stanno in silenzio. Dopo cena si parla. Mi esprimono tutta
la loro felicità di avermi come ospite nei giorni di fine anno.È ora di andare a dormire ed ecco il problema: dov’è il pigiama? Mi portano in camera e, con mia grande sorpre
sa, lei aveva davvero preparato tutto per quei quattro giorni: pigiama, ricambi di biancheria, per la toilette… Con delicatezza e un sorriso mi mostra tutto, quasi a dirmi: te l’avevo detto di non preoccuparti, quando
A
“Cristo è per strada... si può incontrare (stai attento!!!...)”
Tutti siamo incuriositi e… impauriti di imbatterci in situazioni e persone islamiche.È sicuramente un periodo storico nel quale non possiamo sottrarci a questo incontro o scontro.
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di Giosy Cento
o a mia mamma che pregavano in latino… senza capire, ma con grande partecipazione interiore!). Il programma delle giornate è stato molto semplice, ma sempre pieno di dialoghi umani e spesso anche religiosi in un confronto sereno e fraterno. Ho potuto imparare che i fossati si possono colmare con l’amore, la comprensione e il rispetto da ambo le parti, raccogliendo
e accogliendo, ciascuno, la verità che l’altro ritiene non di possedere ma di condividere e di regalare. La prima visita è stata alla chiesa ortodossa dove siamo stati ricevuti con grande cordialità.Accogliersi è il segreto. Nel cammino che ci separa dalla moschea la mia sorella islamica mi in
troduce un po’ a quello che faremo e vivremo. Mi parla del “suo” Dio con umiltà e semplicità. È inquieta perché il suo papà, ormai novantenne, dice di credere in un Dio universale senza più nominare come suo assoluto Allah e lei ha paura che… perderà la sua anima. La rassicuro dicendo che Dio è Dio e non ha i nostri modi di misurare le persone. Lei e lui mi parlano delle
elemosine che devono dare al loro imam e che lo fanno volentieri. Domando al mio amico perché ha una sola moglie. Risposta secca: “Perché non me ne posso permettere due o di
più. Ho tre figli e lavoro soltanto io. Poi lei è una grande donna (sorride sotto i suoi baffi) e… mi basta!”.In quei giorni spesso mi portano a mangiare al ristorante e non c’è verso di offrire un pasto: devono sempre offrire loro. Mi promettono che poi pagherò io in Italia e che accetteranno qualche volta. Partecipiamo a un matrimonio di due giovani sposi loro parenti. Più che un banchetto è una danza continua che si snoda per tutto il pomeriggio in un grande locale: gli sposi sono così giovani che sembrano… bambini della prima Comunione. Però c’è grande serenità e poco chiasso: forse perché sono proibiti alcool e birra.L’ultimo giorno chiedo di visitare Skopje e i luoghi di Madre Teresa di Calcutta che qui è nata. Sulla piazza centrale c’è una grande statua di Madre Teresa dove sorgeva la sua casa, ora andata distrutta dal terremoto di Skopje. Poi andiamo a pregare nella Chiesa cattolica della città e loro pregano alla mia messa.Il succo di questi giorni forse è nell’ultimo pranzo a casa: “Come è bello stare inseme, Giosy”, dice lei: E lui: “Forse siamo diventati più che amici”.Mi permetto di sussurrare: “Io credo che Gesù è qui in mezzo a noi” lo ha detto Lui.E lei risponde: “Giosy, come è bello il tuo Gesù”.“Non il mio, il tuo e nostro”! ■
si è amici… non serve portare la valigia! C’è anche un tepore che avvolge la stanza e fa riposare, cacciando lontano il freddo invernale.La mattina, al risveglio, tutto è pronto per una colazione italiana. Ma, la cosa che mi sorprende, è di trovare la padrona di casa intenta a pregare. Le chiedo che cosa sta dicendo ad Allah. Lei mi risponde candidamente: “Non lo so.
Mi hanno insegnato a memoria queste preghiere da quando sono nata. Sono in lingua turca. E io non capisco quello che dico. Ma le dico con tanta fede” (ho pensato a mia nonna
“Cristo è per strada... si può incontrare (stai attento!!!...)”
SU GRAzIE
Dall’alto:lo scoprimento della targa, dopo il discorso del Sindaco di Palestro, dott.ssa Paola Franzo;
fotoricordo con il Sindaco, don Gino Momo, don Giovan Giuseppe Torre, mons. Marco Arnolfo, arcivescovo di Vercelli e don Janusz Malski, l’arcivescovo Arnolfo benedice la targa;
durante la messa l’arcivescovo incontra alcuni Silenziosi Operai della Croce
iamo qui riuniti a pochi giorni dal terzo anniversario dalla sua beatificazione per ufficializzare l’intitolazione al beato Luigi Novarese di questo piazzale antistante la nostra amata Casa di ripo
so, anch’essa dedicata a lui». Con queste parole, sabato 7 maggio, Paola Franzo, sindaco di Palestro, piccolo comune in provincia di Pavia, ha scoperto la nuova targa del piazzale dedicato a Monsignore.Una giornata molto calda che non ha però scoraggiato gli abitanti del paese che sono accorsi numerosi per rendere onore al fondatore del Centro Volontari della Sofferenza.«Un gesto significativo intitolare questo slargo all’“apostolo degli ammalati”, di fronte al monumento alla memoria dei caduti della città che fu, in passato, teatro di guerra e sofferenze», ha detto mons. Marco Arnolfo, arcivescovo di Vercelli, prima di benedire il piazzale accompagnato dalle note della banda musicale del paese.«Il nostro fondatore si inscrive nei santi della misericordia – ha detto don Janusz Malski, Moderatore generale dei Silenziosi Operai della Croce, rivolto ai presenti – il quale ha trovato non soltanto i modi di assistere il sofferente, ma ha cercato soprattutto di renderlo soggetto attivo nella Chiesa e nella società». Terminata la cerimonia, gli oltre duecento fedeli si sono riuniti nella chiesa della casa di riposo per partecipare alla messa presieduta dal vescovo vercellese. A fare gli onori di casa, il parroco, don Gino Momo, collaboratore del beato Luigi Novarese per 22 anni, il quale ha ricordato di come Monsignore tenesse molto alla casa di riposo di Palestro affinché fosse un «luogo in cui si prega, si insegna e si vive il valore salvifico della sofferenza».Durante l’omelia, monsignor Arnoldo ha sottolineato l’importanza dell’attenzione che Gesù rivolgeva agli ammalati: «Negli ultimi tre anni della sua vita, da quando si è rivelato come Messia, Gesù ha dedicato la maggior parte del tempo agli ammalati, a soccorrerli, a guarirli, a far sentire loro la sua attenzione. Questo è uno degli atteggiamenti di Gesù che il beato Novarese ha condiviso attraverso tutta la sua Opera, tutta la sua vita».Al termine della funzione, don Giovan Giuseppe Torre, terzo successore di Novarese alla guida dei Silenziosi Operai della Croce, ha ringraziato i presenti e ricordato l’importanza della città di Palestro perché «proprio qui si è avverato il miracolo che ha reso possibile la beatificazione del nostro padre fondatore». A Palestro, infatti, vive Graziella Paderno, Sorella degli Ammalati del Centro Volontari della Sofferenza. È lei la persona che ha ottenuto il miracolo per intercessione di Luigi Novarese. Ed è stata la sua guarigione, definita dai medici “un caso scientificamente inspiegabile”, a convincere la Chiesa a dichiarare “beato” il fondatore del Centro Volontari della Sofferenza. ■
Un piazzale intitolatoal beato Luigi Novarese
«SGrande partecipazione a Palestro (PV) con il vescovo Arnolfo
a cura della Redazione
Gentili lettori, se volete scriverci:Silenziosi Operai della Croce
Direzione generaleVia di Monte del Gallo 105 00165 Roma
di Irene Ferlinghetti
La rubrica intende offrire preziose testimonianze dei nostri lettori circa le grazie ricevute attraver-so l’intercessione del beato Luigi Novarese, apo-stolo dei malati.
So che durante la vita [mons. Novarese] era considerato un uomo straordinario.Certamente le persone che venivano a prendere consiglio da lui lo ritenevano tale ed erano molte. Non so se qualcuno era contrario a questa fama. Il suo confessore mi ha detto che il Servo di Dio è stato veramente un uomo grande. Il card. Dadaglio pure ha manifestato apprezzamenti come per un santo. La notizia della morte è stata data immediatamente e si è diffusa. Ai funerali c’è stata una partecipazione da tutte le parti d’Italia, nonostante che il tempo non fosse del tutto il più propizio.Lo ritengo in Paradiso, qualche volta lo prego. Una famiglia di Modena venne a Casale Monferrato per implorare una grazia presso la casa nativa del Servo di Dio, perché il bambino da mesi soffriva di inappetenza e addirittura non mangiava e i medici non riuscivano a diagnosticare nulla.Dopo aver pregato il Servo di Dio il bambino accarezzò la faccia del busto del Servo di Dio, chiamandolo papà, e giù in refettorio con noi cominciò a mangiare. Tornando a Modena quei coniugi subirono un incidente di macchina. Poco prima avevano recitato la preghiera a Monsignore per ringraziarlo della grazia ricevuta per il bambino.Nell’incidente la macchina si sfasciò, ma essi ne uscirono illesi ed attribuirono ambedue le grazie al Servo di Dio.
SU GRAzIEGrazie...
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23 aprile 2016.Il CVS di Ivrea a Roma,
nella chiesa di Santa Maria del Suffragiodove è sepolto il beato Luigi Novarese
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omenica 3 aprile, si è tenuta presso la chiesa della Trinità del Pozzarello,
la “Giornata di Primavera” del Centro Volontari della Sofferenza della diocesi di PitiglianoSovanaOrbetello. In una bella mattinata primaverile, un centinaio di associati, simpatizzanti, anziani e ammalati, guidati dalla Responsabile diocesana Anna Rita Di Fraia, si sono ritrovati prima per la messa celebrata da don Antonio Metrano, incaricato della pastorale per gli
ammalati a Porto Santo Stefano e cappellano dell’ospedale di Orbetello e poi per l’introduzione dei “lavori”, guidati dalla Silenziosa Operaia della Croce, Giovanna Bettiol.Il tema era quello dell’anno associativo “Misericordia io voglio…” e sorella Giovanna lo ha introdotto con parole semplici e chiare, utilizzando esempi tratti dalla vita pratica di tutti i giorni per spiegare i due termini ebraici della misericordia: hesed e rehamim.
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Claudio Zuanon ci ha lasciato il 21 marzo scorso. L’ho conosciuto tredici anni fa quando lavoravo come impiegata
nell’ospedale di Castelfranco Veneto (TV) dove era stato mandato, nel settembre 2001, ad offrire il suo ministero sacerdotale.Uomo e sacerdote semplice, umile e profondo aveva una particolare attenzione verso le persone più deboli, per i malati e famigliari, per chi faceva assistenza, per gli anziani, per lo straniero, ma anche per il personale ospedaliero. Prima di iniziare il suo mandato nell’ospedale di Castelfranco è stato in varie parrocchie, come cappellano a Castello di Godego, Monastier, Vedelago, Sant’Ambrogio di Fiera e poi, dal 1991 al 2001, parroco a S. Michele di Piave.Mi piace ricordare cosa don Claudio aveva scritto qualche anno fa sul Centro Volontari della Sofferenza: “... ho sempre mantenuto per questa Associazione un’attenzione particolare. Ho colto in essa il carisma per sostenere la dimensione spirituale dei malati, che nel mistero della passione di Gesù, sofferente, morto e risorto, sono chiamati dal Signore, a vivere la propria sofferenza non come un castigo, ma come grazia e benedizione, nell’intima partecipazione alla passione di Gesù
Una missione da viverein qualunque condizione
Giornata di Primavera
treviso
Don Cristo; e a scoprire e vivere una vocazione ad amare di più, nel servizio alla Chiesa e ai fratelli. Ringrazio il CVS che offre ai malati, ai famigliari,
agli operatori, a noi sacerdoti e a tutti, occasioni preziose di spiritualità e di formazione secondo le indicazioni teologiche e pastorali proposte dal Magistero della Chiesa, dai Pastori e dai grandi documenti, come la Salvifici Doloris di Giovanni Paolo II. Nel CVS mi sento chiamato a sostenere anche la spiritualità mariana di Lourdes e Fatima, e quindi ad invitare i malati ad offrire le proprie sofferenze per la salvezza delle anime.
Il mio proposito è di far conoscere questa spiritualità e in particolare il beato Luigi Novarese, come vero sacerdote e pastore che Giovanni Paolo II ha definito “L’apostolo dei malati “ e di additarlo come modello ed esempio da imitare”.Don Claudio, Direttore diocesano della Pastorale della salute dal 1992, ha promosso e sostenuto varie iniziative per far conoscere il CVS e il suo Fondatore; ricordiamo il suo impegno a coinvolgere gli iscritti del CVS ai ritiri a Castagnole, agli Esercizi spirituali a Re, ai pellegrinaggi, ad altre proposte ed eventi.Quanto bene ha donato a tanti fratelli e sorelle nella sofferenza, nella prova e nella malattia... e a tutti noi! (Tiziana Tostello)
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Apertura della Porta santaa Valleluogo
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Dopo il pranzo, come sempre ottimamente preparato dai “cuochi” volontari della parrocchia, i lavori sono ripresi con la visione di un toccante filmato, soffermandoci poi sul significato della vocazione del malato che non si deve sentire soltanto oggetto della carità del sano, ma diventare egli stesso membro attivo nella vita della Chiesa. Un filmato che sarebbe piaciuto tantissimo anche al beato monsignor Luigi Novarese, il quale non
amava vezzeggiare e, in un certo senso, “viziare” i malati, ma li spronava, a volte anche con vigore a prendere coscienza delle proprie potenzialità e a metterle in pratica.Alla proiezione del film è seguito il dibattito, durante il quale ognuno ha potuto esprimere la propria opinione in modo da ottenere, alla fine, con la sintesi della stessa sorella Bettiol, un quadro esauriente sul cosa significhi fare misericordia ed essere misericordiosi.
arà aperta per tutto il mese di maggio la Porta santa del santuario di Valleluogo “Salus Infirimorum”.
Così ha decretato il 29 aprile 2016 il vescovo di Ariano IrpinoLacedonia, monsignor Sergio Melillo.Nella festa dell’Ascensione (l’8 maggio), accompagnati dalle parole della Lettera agli Ebrei, siamo entrati simbolicamente non in “un santuario fatto da mani d’uomo” ma in quello vero e definitivo che è Gesù Cristo.Il rito di apertura della Porta è iniziato accanto alla statua del Sacro Cuore, collocata nel piazzale, per poi proseguire nel breve pellegrinaggio verso la chiesa di cui don Antonio Giorgini ha spalancato con gioia la porta.Così, tutti noi, abbiamo avuto “piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne”.
(Angela Petitti)
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Giornata di Primavera
SUn gruppo del CVS alla Basilica di san Pietro per il Giubileo della misericordia(18 aprile 2016).
Don Edoardo Medori il 29 giugno compirà 50 annidi sacerdozio.Il Gruppo d’Avanguardiadella parrocchia di S. Andrea (Livorno) desidera, da queste pagine, ringraziarlo per il prezioso servizio augurandogli ogni bene.
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6/2016AncorAL’ montichiari
La speranza vince sempreomenica 15 maggio si è celebrata nel parco della Casa “Rocca Maria Madre della Chiesa” dei Silenziosi Operai della Croce in Montichiari (BS), la solennità di Pentecoste. Gli oltre 450 fe
deli, giunti numerosi da tutta la provincia hanno partecipato con grande calore a questo evento, nonostante le annunciate condizioni meteo avverse. Si è sfidato il tempo; all’inizio della celebrazione eucaristica con un tentativo di pioggia, e una grande speranza, il sole ha preso il sopravvento riscaldando i cuori con la luce dello Spirito Santo. In un clima di solidarietà fraterna si è condiviso il percorso dell’anno pastorale dei vari Settori del Centro Volontari della Sofferenza della diocesi di Brescia, assieme ai lourdiani e agli amici pervenuti. Dopo la messa un momento di convivialità ha riunito i convenuti. (Nora Cocca)
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SeSoffia, soffia il vento… dello Spiritovalleluogo
lo Spirito Santo è acqua e vento, certo ne abbiamo ricevuto in abbondanza nei giorni di Pentecoste! Con il tempo minaccioso, sempre
promettente pioggia, ci siamo tuttavia ritrovati in grande numero sabato 14 maggio, vigilia di Pentecoste, presso la cappellina della quercia, posta all’inizio della strada che scende dolcemente verso il santuario di Valleluogo.In compagnia del nostro vescovo, monsignor Sergio Melillo, ci siamo incamminati dietro a Maria, Salute degli Infermi, prendendo anche come compagno di viaggio il nostro beato Luigi Novarese, le cui reliquie sono state presenti in santuario nei giorni della festa.Il nostro vescovo ha voluto ridonare al tradizionale pellegrinaggio della vigilia di Pentecoste il suo volto pienamente diocesano. Per niente spaventati dalle cattive previsioni, sono giunte tante persone delle varie parrocchie di Ariano e dintorni, giovani impegnati nella realtà diocesana della Pastorale giovanile, ragazzi del Cammino di Rinnovamento nello Spirito, che hanno animato il pellegrinaggio a piedi e poi l’intensa adorazione eucaristica.
Durante il cammino i canti si sono alternati alle riflessioni di papa Francesco sui doni dello Spirito, aiutandoci a renderli presenti ed efficaci nella nostra vita.
Sette croci segnalavano i punti di sosta. Croci particolari, ideate e realizzate dai ragazzi dell’associazione “Amici di Valleluogo”. Realizzate con materiale riciclato, offerto dagli abitanti delle contrade, queste croci, semplici e nude, non cessano di ricordare il dono dell’amore di Cristo, la sua offerta di Resurrezione dalla morte, la grazia di poter vivere la vita di figli di Dio.Gli “Amici di Valleluogo” hanno anche realizzato una portantina per l’icona di Maria Santissima di Valleluogo, per poter degnamente portarla in processione.Seguendo Maria, ci siamo lasciati por
tare da lei nell’intimità di Cristo, nell’adorazione della sua presenza eucaristica, dopo aver varcato la Porta santa del santuario.Davanti a Gesù Eucarestia abbiamo pregato e cantato, invocando il dono dello Spirito Santo per essere davvero “apostoli del suo Vangelo e testimoni del suo amore nel mondo”. (Angela Petitti)
Da domenica 12 a sabato 18 giugno Novara, Brescia, Pitigliano-Sov-Orb.
Da domenica 19 a sabato 25 giugno Mantova, Bergamo, Chiavari, Vercelli, Casale Monferrato
Da domenica 26 giugno a sabato 2 luglio Terni, Foligno, Perugia, Città di Castello, Orvieto-Todi,Rimini, Cesena, Forlì-Bertinoro
Da domenica 3 a sabato 9 luglio Bologna, Imola, Torino A, Padova, Chioggia, Treviso
Da domenica 10 a venerdì 15 luglio Bambini e Adolescenti
Da giovedì 14 a domenica 17 luglio Famiglie
Da domenica 17 a sabato 23 luglio Parma, Modena, Reggio Emilia, Torino B
Da domenica 31 luglio a venerdì 5 agosto Giovani e Gruppo Attivo
Casa “Cuore Immacolato di Maria”Via Roma, 6 - 28856 Re (VB) - Tel. 0324 97020 - Fax 0324 97021 - [email protected]
DATA DIoCesI
Casa “Beato Luigi Novarese”Contrada Valleluogo 83031 Ariano Irpino (AV) - Tel. 0825 827650 - 0825 871417 - Fax 0825 872552 -
APPUNTAMENTI PASTORALI 2016
Da lunedì 20 a domenica 26 giugno Pescara, Lucera-Troia
Da lunedì 29 giugno a domenica 3 luglio Gruppo attivo
Da lunedì 4 a domenica 10 luglio Frascati, Taranto, Salerno
Da lunedì 11 a domenica 17 luglio Otranto, Lecce, Brindisi, Trani, Nardò-Gallipoli
Da lunedì 1 a domenica 7 agosto Castellaneta, Andria, Bari
DATA DIoCesI
Quota di partecipazione agli Esercizi spirituali: Settori giovanili € 170 – Adulti € 210
noicvs NoiCVSnoicvsnoicvsNOIcvsnoicvs CENTRO VOLONTARI DELLA SOFFERENZA - SILENZIOSI OPERAI DELLA CROCE