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  • LUOGHI 41

    Larte della ceramica a Grottaglie

    di Nunzia Piccinni

    Non molto consueto allo stato attuale di dominio tecni-co sulla natura incontrare oggi citt, luoghi, insediamenti so-ciali il cui destino storico appaia cos profondamente plasmatodai caratteri originali dellhabitat. In tali casi la natura i ca-ratteri morfologici dei luoghi, labbondanza particolare di cer-te materie prime, ecc., a decidere dellevoluzione sociale e per-fino culturale di una comunit. In passato, il punto di partenzadella storia di tali centri stato posto nella tradizione artigia-na delle popolazioni. Il che ha naturalmente un fondamento.Ma quasi sempre si dimenticato di osservare che quella tradi-zione artigiana era potuta sorgere e si era evoluta grazie a con-dizioni speciali di habitat, al rapporto di cooperazione tra uma-na abilit e risorse naturali locali. Sotto tale profilo il caso diGrottaglie, capitale della ceramica pugliese, appare esemplare.

    Grottaglie un luogo magico e strano, con un suo fascinoimmediato che stupisce e conquista, in bilico tra lanonimo mo-derno dei caseggiati in cemento e larcaico personalizzato dellefornaci in grotta. Situata ad oriente dello Jonio, lungo la stradache congiunge Taranto con Lecce, la Via Appia, si estende sul-le ultime propaggini della Murgia dei Trulli, ad unaltitudine dicirca 132 m. sul livello del mare, la c.d. citt delle molte grotte,conosciuta altres, ormai a livello nazionale, come citt della ce-ramica. Tale appellativo ben meritato se si considera che la ce-ramica di Grottaglie vanta una storia plurisecolare, durante laquale si sviluppato un repertorio tipologico e morfologicoparticolarmente variegato e caratteristico. La cittadina (circa30.000 ab.) copre una superficie di poco pi di 100 Kmq. Il pae-saggio presenta caratteristici affioramenti calcarei fossiliferi(molluschi, foraminiferi e microfaune). La natura calcarea delluogo, sprovvisto di veri e propri corsi dacqua, ha fatto s che

  • torn allora aristocratica; i manufatti ripresero ad essere sem-pre pi elaborati, raffinati, ricercati. Ma intanto continuavaunaltra produzione, quella della committenza povera, stretta-mente legata al lavoro contadino e alleconomia domestica chene derivava.

    Bisognava conservare il pi a lungo possibile i prodotti del-la terra (vino, olio, olive, frutta, ecc.) in vista di annate magre odi lunghe carestie o di distruzioni belliche operate nelle campa-gne pugliesi dai tanti eserciti stranieri. Nacquero cos i grandicontenitori rustici, i capasoni, e piccoli altri numerosi manufat-ti: le stoviglie, le suppellettili per la casa (brocche, boccali, vasi,giare, piatti). Origini plebee ha dunque questa ceramica. E se nevanta!

    Gli oggetti in ceramica sono presenti in quantit impressio-nante, per leffetto plastico, cromatico e paesaggistico che crea-no. Ce ne sono dappertutto: nei cortili, sui muri, nei terrazzi,perfino sui tetti. Entrare nel quartiere delle ceramiche di Grot-taglie unesperienza da fare: come entrare in unaltra di-mensione, lontana e diversa da quella che viviamo tutti i giorninei nostri paesi e nelle nostre citt. E bisogna entrare nelle bot-teghe dove si fabbricano, con la stessa tecnica di tanti secoli fa,le ceramiche, per conoscere quei personaggi straordinari chesono i vasai, i ceramisti, i decoratori, i tornitori, i fornaciai.Straordinari perch aperti, umani, disponibili al dialogo e allavisita, oltre che per la loro particolare abilit. Un tempo gli ar-tigiani di Grottaglie erano un ceto di privilegiati, esenti da ga-belle, confratelli dei nobili della Congrega del Purgatorio, libe-ri di entrare e uscire dalle porte del paese a qualunque ora delgiorno e della notte. Eppure erano quasi tutti analfabeti (nel1888 solo l1% sapeva leggere e scrivere), lavoravano da matti-na a sera e guadagnavano poco. Per questo avevano in antipa-tia i ceti popolari con migliori condizioni economiche (massa-ri, contadini, ecc.) ed erano invece amici dei briganti che spes-so si rifugiavano nelle loro grotte.

    Di questa citt scavata nel tufo, i figuli sono ancora i custo-di e i sacerdoti. Individualisti esasperati, nonostante i ceramistisiano meno di una cinquantina, hanno avuto limitato successofinora tutti i tentativi di consorziarsi e di unirsi in cooperative.Ognuno di loro un creatore originale. Anche se i modelli e itipi si somigliano (e danno il carattere unitario a questa cerami-ca), ognuno ha il suo stile, la sua mano, la sua specialit.

    Vi anche una scuola statale di ceramica a Grottaglie, laVincenzo Cal, che da decenni tiene viva la tradizione e ten-

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    le acque piovane penetrate nel sottosuolo, lungo il corso deimillenni, erodessero gole e burroni, le c.d. gravine, che in alcu-ni punti raggiungono circa 40 m. di profondit e sulle cui pare-ti quasi verticali, a diverse altezze, si aprono numerose grotte.Lo stesso nome della citt, Grottaglie, viene da cripte-aliae e staad indicare le tante grotte naturali in cui si rifugiavano gli abi-tanti dei paesi vicini per difendersi dalle diverse calamit uma-ne e naturali. Il particolare geomorfismo dellhabitat naturaleha favorito lo sviluppo degli insediamenti trogloditici e della ci-vilt rupestre.

    La ceramica in Puglia nata quando il primo troglodita del-le Murge o del Gargano, impastando casualmente il fango dar-gilla con lacqua e lasciandolo al sole, si accorto che, essiccan-dosi, esso diventava duro quasi come una pietra. Cominci co-s a modellare quel fango seguendo il cavo della mano e cre laprima ciotola per attingere acqua. Le impresse qualche unghia-ta e cre la prima decorazione. Poi linvenzione della ruotaport alla creazione di quella macchina semplice e straordina-ria che fu il tornio. Da allora la storia della ceramica non si pifermata e la sua meravigliosa avventura di forme, colori, impa-sti, usi vari continua fino ad oggi, testimonianza tangibile del-lestro, del lavoro e della vita delluomo di cui sempre stataaccessorio indispensabile. In ogni epoca la ceramica pugliese haraggiunto dei vertici che ancora oggi suscitano ammirazione.Soprattutto nellantichit, in et preclassica, furono i Peuceti, iMessapi e i Dauni, in pratica i popoli autoctoni, a creare ognu-no uno stile di lavorazione e decorazione della ceramica. I cen-tri pi importanti di produzione (Taranto, Canosa, Ruvo) di-ventarono anche centri importantissimi desportazione. Dopola colonizzazione romana, che impose i suoi manufatti e pro-voc la lenta decadenza di quelli magnogreci, la ceramica pu-gliese sub una grave battuta darresto nei secoli bui dellAltoMedioevo. Dalloriente bizantino e musulmano arriv, per,luso degli smalti per rendere impermeabile e lucida la terracot-ta. I conquistatori del Nord, Normanni e Svevi, secondo il lo-ro gusto eclettico e sincretico, unirono il loro gusto primitivo oclassicheggiante alle tecniche gi note e perfezionate dai vasaipugliesi. Si ebbe poi una ripresa, in et aragonese e asburgica,quando linfluenza spagnola divent decisiva in tutta la vita so-ciale, economica e culturale del sud dItalia. Per giungere adunaltra esplosione apicale, quella del barocco sei-settecente-sco, che trov in Puglia interpreti altrettanto vivaci e ricchidinventiva dei maestri regi di Capodimonte. La committenza

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  • soprattutto acquistata dalla Toscana. La ceramica grottagliese suddivisa in pi categorie: larte capasonara, faenzara e moder-na.

    Larte capasonara realizza recipienti denominati capasoni,simbolo dellabbondanza, che hanno capacit variabili, da po-chi litri a circa 300 l. Un tempo in questi contenitori venivanoconservati il vino, lolio, lacqua e quindi erano molto richiesti,ma con la concorrenza dei materiali metallici, prima, e in se-guito con lavvento della plastica, questo tipo di commercio si ridotto notevolmente. Creare un capasone di dimensioni ele-vate (talvolta possono superare 1 metro e 70) richiede partico-lare bravura, riservata a pochi tornitori.

    Larte faenzara, cos denominata perch trae le sue originida Faenza, grande centro ceramico, produce la faenza (maioli-ca) bianca. Le decorazioni tradizionali pi tipiche dellarte po-polare pugliese sono il fiorellino blu su bianco-latteo del caoli-no e il galletto ruspante (simbolo del sol levante), che ornanoservizi da tavola, piatti da muro. Loggetto simbolico popolaredella casa era la zuppiera, un tempo al centro dogni tavola, an-che la pi povera, oggi quasi dimenticata, collocata su vecchiecredenze o com, vincolo indissolubile col passato.

    Altro settore dellartigianato grottagliese larte del presepe,che data dal Cinquecento. Inoltre, un degno posto nellartigia-nato locale ha larte della miniatura e del fischietto, dalle formepi svariate, raffiguranti caratteristici personaggi (come il cara-biniere) e variopinti animaletti.

    Sicuramente Grottaglie ha rappresentato il centro ceramicopi importante di Terra dOtranto; infatti, era molto attivo ilcommercio con il vicino porto di Taranto. Bisogna dire, per,che nonostante sia stato visitato e ammirato da molti turisti, cu-riosi e studiosi attratti dalla nobile arte figulina, il quartiere del-la ceramica attende ancora uno studio adeguato che nevidenzianche le singolari caratteristiche, proprie di un insediamentodattivit umana in un ambiente naturale riconducibile ad unfenomeno carsico.

    Dal dopoguerra ad oggi, Grottaglie, grazie anche ai vari go-verni cittadini susseguitisi, ha conosciuto e conosce tuttora unperiodo di continuo e costante miglioramento, nei diversi set-tori della sua struttura socio-produttiva, s da potersi collocaretra i centri pi attivi e importanti della provincia.

    La ceramica pugliese non si chiama, per, solo Grottaglie. Sipu anzi affermare che ogni provincia ha la sua piccola capita-le della creta. Anche se la crisi del manufatto artigianale di coc-

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    ta anche la ricerca di tecniche e forme moderne. Molti giovaniceramisti vi hanno imparato i rudimenti dellarte. Ma poiognuno si forma una sua gelosa personalit che lo distingue datutti gli altri. C chi tira a fare il prodotto pi dozzinale e ru-stico che si vende per pochi soldi alle fiere di paese; e chi inve-ce lo porta a termine con unaccuratezza e unelaborazionelunga e minuziosa.

    In alcune botteghe figuline vengono prodotte perfette imi-tazioni, sia per la forma che per il decoro raffinato, di vasi del-la Magna Grecia, i cui originali sono custoditi nel Museo di Ta-ranto. Anche la produzione di maschere in terracotta, accesso-rio essenziale del teatro fliacico, unica forma di comunicazioneil cui alternarsi riproduceva i diversi stati danimo, riappropriala nostra terra del lungo legame ellenico.

    Il lungo percorso che porta al manufatto finito comprendepi momenti: il primo riguarda la preparazione dellargilla cheda materia grezza viene purificata, attraverso vari passaggi. Inseguito la creta viene impastata accuratamente, degassandola elasciandola riposare per alcune ore. Questo lungo e scrupolosoprocedimento favorisce una maggiore plasticit, condizione es-senziale della creta per una proficua foggiatura che pu esserefatta in tre diversi modi: a lucignolo, sovrapposizione di cor-doncini di pasta che uniti compongono loggetto; con stampa-tura a mano per gli ornamenti in rilievo; a tutto tondo e al tor-nio. Il tornio era uno strumento essenziale per produrre svaria-ti oggetti. Un tempo era azionato dalluomo che con maestria,mediante un movimento cadenzato del piede spingeva la ruotasottostante. Attualmente si usa soprattutto il tornio elettricoazionato da un pedale. Il tornitore un maestro che possiedeuna perfetta coordinazione tra mano e piede, crea da una sem-plice palla dargilla i vasi pi svariati, sia per forma che pergrandezza. Ogni suo gesto non avviene mai per caso, ma il ri-sultato di lunghi anni di esperienza e di duro lavoro. Le manidevono essere sempre bagnate in acqua e a contatto con lumi-da argilla, mentre il corpo ha una posizione scorretta, inclinatain avanti sul tornio. Anche i forni oggigiorno sono per la mag-gior parte elettrici o a gas, anche se alcune botteghe fanno an-cora uso del forno tradizionale a legna, costituito da vani sca-vati nella roccia.

    La possibilit di ricavare dal suolo la materia prima, hasenzaltro favorito lo sviluppo dellarte figulina. Difatti, untempo largilla era estratta dalle cave presenti nel territorio li-mitrofo, ora ridotte notevolmente; attualmente la creta viene

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  • LUOGHI 4746 I FRUTTI DI DEMETRA

    Il viterbese: biodiversittra storia e conservazione

    di Rosa Chiatti

    Lo scorrere del tempo ed il succedersi delle diverse epochestoriche hanno disegnato pi o meno marcatamente la fisiono-mia del territorio viterbese. Percorrendo mentalmente le variecittadine della provincia non si pu negare che anche il minimolembo di terra porti almeno qualche segno dei secoli passati.Compiendo un viaggio immaginario lungo il corso del fiumeFiora gli occhi di uno spettatore possono ancora ammirare unanatura rigogliosa punteggiata di antiche vestigia, testimonianzadi presenze passate. Avvolta in questo peculiare paesaggio gia-ce lormai inerte citt di Castro. Qui il tempo sembra essersifermato al 1649, anno in cui linsediamento fu distrutto dalletruppe di papa Innocenzo X Pamphili. Avanzando di alcunichilometri la natura rigogliosa e la vegetazione spontanea ce-dono il passo ad un paesaggio agrario di tipo moderno. Inseri-to in una campagna dove i poderi, nati dalla nuova organizza-zione agricola conseguente alla Riforma agraria degli anni 50del secolo scorso, costituiscono lunit colturale prevalente,troneggia lantico insediamento di Vulci, che per lungo tempoha fatto da cornice allo svolgersi della enigmatica vita etru-sca.

    Come si pu ben capire, la caratteristica della provincia diViterbo costituita dal fatto che il paesaggio naturale, intesocome frutto del lento evolversi dei rapporti che fin dai tempipi antichi gli abitanti hanno instaurato con il loro ambiente,quello agrario moderno e le testimonianze archeologiche sifondono insieme come i fili di un arazzo, dando vita di volta involta, cambiando il punto di osservazione, ad un nuovo tipopaesaggistico, in cui convivono senza particolari disarmonievegetazione spontanea, antichi reperti e nuove sistemazioniagrarie. In direzione del mar Tirreno lintrecciarsi di questi treelementi si fa ancora pi evidente: le campagne coltivate circo-

    cio, soppiantato dalloggetto industriale di plastica, ha fattoscomparire molti di quei vasai che punteggiavano tutto il terri-torio pugliese. Sono, infatti, ormai quasi del tutto spariti centriche un tempo erano famosi per la produzione artistica, comeLaterza, Capurso, Cutrofiano, S. Pietro in Lama, Lecce, Brin-disi, Foggia.

    Riferimenti bibliografici

    R. Quaranta, Grottaglie nel tempo. Vicende, arte, documenti, TiemmeEd., Manduria (TA) 1995.

    M. A. Pace, Guida turistica di Grottaglie. Storia e arte, Publidea, Taranto1996.

    B. Tragni, Artigiani di Puglia, Adda Editore, Bari 1986.