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Numero 0 del Giornale del Liceo Scientifico Empedocle

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·izèmata

W W W . S C U O L A E M P

DOCLE.IT

Dr. Sergio Pedullà Avv. Giuseppe Pedullà

Messina, 25 luglio 2011 - Premiazione delle Eccellenze

"... Non vogliate negar l'esperienza di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti

ma per seguir virtute e canoscenza" (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120)

Liceo Scientifico EmpedocleLiceo Scientifico EmpedocleLiceo Scientifico EmpedocleLiceo Scientifico Empedocle

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orreva il secolo

V a.c. e un uo-

mo di Agrigen-

to stava ormai da anni pen-

sando di creare una Scuola di

Eccellenza che riunisse al suo

interno uomini che amavano

la Medicina e che fossero

“numeri uno”: nasceva così la

SCUOLA SICILIANA di

MEDICINA. Empedocle ne

fu il Fondatore… ahhh, di-

menticavo di dire che Empe-

docle è proprio lui: il Filosofo

- Medico - Guaritore. Il Filo-

sofo delle quattro RADICI

(RIZÓMATA): Fuoco, Aria,

Terra, Acqua. Tutto ha origi-

ne dalla loro unione, anche la

sua Scuola Medica aveva in

sè questi elementi che l’ave-

vano resa famosa. Ne passerà

di tempo prima che qualcuno

riesca a realizzare un piccolo

mondo simile a quello del V

secolo!!!2007/2008:

un TRIO … GIUSEPPE,

MAURIZIO, SERGIO

(chiaramente in ordine alfabe-

tico!) si presentano dinnanzi

ad un uomo alto, barba bian- continua...

ca, lunga veste bianca, beve caffè

Lavazza e parla con Bonolis e

Laurentis… chi è? Non nominia-

moLo! I Tre, in soggezione, si pre-

sentano a Lui: “Piacere” dice il

primo “sono l’Avvocato Giuseppe

Pedullà”;

“Piacere” dice il secondo “sono il

Dottore Sergio Pedullà”; “Piacere”

dice il terzo” sono il Dottore Mau-

rizio Scarmozzino”; “Molto piace-

re” risponde Lui ” so che siete ve-

nuti fin qui perché avete in mente

di creare un piccolo Miracolo sul-

la terra e vorreste il Mio benestare!

Ma Io sono molto esigente e se

non riuscirete a convincerMi che

il vostro progetto è strabiliante,

non avrete il Mio permesso!”. Do-

po aver bevuto una tazzina di buon

caffè Lavazza, Giuseppe, l’avvo-

cato, comincia ad illustrare il pro-

getto: “Vede, Altissimo, noi cre-

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V È NATA UNA STELLA

Storia di una Scuola dove ognuno riesce ad essere se stesso anche essendo parte di un Progetto

diamo che tutto derivi dall’unione

di 4 elementi (come diceva il buon

Empedocle): Coraggio, Intrapren-

denza, Fantasia, Volontà. Ecco

questi sono gli ingredienti che

hanno ispirato il nostro progetto.

Mescolandoli tra di loro abbiamo

creato una Scuola, dove accedono

i ragazzi che hanno a cuore il loro

futuro e che vogliono essere vin-

centi!! La nostra Scuola si chiame-

rà:

“Liceo Scientifico Empedocle,

indirizzo Brocca – con percorso

internazionale verso le

Scienze Mediche e Biotecnologiche”

Il nostro motto sarà: “Chi entra

qui butterà lacrime e sangue!!!”

Quindi Maurizio dice: “Vede,

Gran Capo, io sono un po’ come

Caronte… traghetto i ragazzi al-

l’interno della scuola e ce li faccio

rimanere in perfetto ordine. Con

me si scherza poco!!!!” Poi prende

la parola Sergio, che da medico

illustra quali saranno i percorsi

mirati di questa scuola e quale il

metodo utilizzato: TEST, TEST,

TEST… SPIE AZIONI, SPIEGA-

ZIONI, SPIEGAZIONI… INTER-

ROGAZIONI, INTERROGAZIO-

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NI, INTERROGAZIONI… pensi,

Altissimo, i nostri ragazzi diven-

teranno forti, capaci, preparati…

micidiali!”. Dopo aver sentito i

Tre, Lui dice: “Bene, Mi avete

convinto! Pietro tu cosa ne pen-

si?” Dal nulla vie-

ne fuori un uomo

con i capelli grigi,

e con una PIE-

TRA in mano (poi

si scoprirà che è

Colui che ha po-

sto la prima pietra

per la costruzione

di una Chiesa

grande, tanto

grande!) “Cosa

Vuoi che Ti dica,

mi pare che ab-

biano le idee chiare. Mettiamoli

alla prova!!!” “Bene” dice Lui:”

potete iniziare, ma sappiate che

ogni 60 giorni vi voglio qui a ri-

ferirMi cosa accade. Non delude-

teMi!”.

I Tre, contenti, ringraziano e tor-

nano sulla terra a fondare la loro

Creatura!

La notizia si diffonde velocemen-

te, ne parlano i giornali, le televi-

sioni, tutti accorrono…Curiosi:

“Ma chi è sta cosa?”

Invidiosi: “Chiù di un annu non

durunu!”

Genitori che hanno sempre so-

gnato una scuola con queste ca-

ratteristiche: “Peccato che ci ab-

biano pensato solo ora, ci posso

mandare solo un figlio, l’altro è

troppo grande!”

Figli: “Chissà cosa ci accadrà!!!”

Nonostante i SI e i NO la scuola

ha inizio, si dice che il nastro tri-

colore sarà tagliato da una perso-

nalità importante del mondo della

Pubblica Istruzione, ma mentre

ciò avviene, da sotto la giacca si

vedono cadere delle piume…. chi

è? Ovvio, Lui ha mandato l’An-

gelo Custode!

Le giornate scorrono, gli alunni

aumentano e i Tre cominciano a

prepararsi per il primo test di va-

lutazione pianificato allo scadere

dei 60 giorni pattuiti! Ma, qual-

che giorno prima della scadenza

dei 60 giorni, sul tavolo dove i

Tre si riuniscono, compare un

biglietto: “Portate con voi anche

un alunno!” Chia-

ro, Lui vuole senti-

re anche gli altri!!

Stavolta partono in

quattro..

Appena arrivati,

Lui fa uscire i Tre

e chiede al ragaz-

zo: “Ti piace que-

sta scuola?” “Si”

risponde lui.

“Potresti indicarmi

i motivi?” “Quanti

ragazzi possono

dire di studiare con Einstein, Rita

Levi Montalcini, Giosuè Carduc-

ci e così via? Bene, noi possiamo

dirlo! Pensi, Altissimo, ho visto

il Professore di Fisica dare delle

dritte ad Albert Einstein sull’ef-

fetto fotoelettrico ad un alunno

(Albert ci aveva già preso un No-

bel su questo argomento nel 192-

1), e subito dopo dire a Igor,

“Prendi esempio da lui!”

E cosa vogliamo dire della pro-

fessoressa di Biologia e Anato-

mia che dà ripetizione di nasco-

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sto a Rita Levi Montalcini

(Premio Nobel per la Medicina

nel 1986), dicendole che il fattore

che promuove la crescita delle

cellule del Sistema Nervoso Peri-

ferico si potrebbe utilizzare nella

nostra scuola per mantenerci

sempre giovani?

E la Professoressa di Chimica che

bacchetta Irene Joliot-Curie e

Frederic Joliot-Curie (Nobel per

la Chimica nel 1935) perché fan-

no esperimenti e sintetizzano

nuovi elementi radioattivi senza

alcuna protezione?.

“To be or not to be”, William

Shakespeare e la Professoressa di

Inglese che duettano e lei dice

“Stai attento, perfeziona la pro-

nuncia William!!”

“Se non sbaglio ti chiami Giosuè

Carducci” dice la Professoressa di

Italiano “aggiungi qualche rima a

questo versetto e sarai un Premio

Nobel per la Letteratura!!” E lui

risponde: “Già fatto nel 1906!!

“Povero Pitagora… la Professo-

ressa di Matematica continua a

chiedergli: “di chi è il Teorema

secondo cui, in un triangolo ret-

tangolo, l’area del quadrato co-

struito sull’ipotenusa è pari alla

somma dell’area dei quadrati co-

struiti sui cateti?” E Pitagora ri-

sponde: “Mio”! La Professoressa,

arrabbiatissima, ribatte: “Ma mi

prendi in giro?” Pitagora si volta

verso me e dice: “Vuoi fare capi-

re alla Professoressa che io sono

Pitagora?” E cosa dire dei litigi

tra Socrate e la Professoressa di

Storia e Filosofia? Lei dice a lui:

“Sei un Dàimon, sei un Dàimon”

e lui risponde “Attenta a come

parli… sono il Padre della Filo-

sofia!” Poi in mezzo al corridoio

si scorge la Professoressa di Sto-

ria dell’Arte che discute con Mi-

rone e si complimenta per la pla-

sticità della sua figura, consi-

gliandogli di farsi fotografare per

poi creare una scultura simile a

lui che avrebbe potuto chiama-

re… Discobolo!!!

Tutto questo accade nella nostra

scuola!!!”

E Lui dice. “Ma non c’è proprio

nulla che non ti va di questa scuo-

la?”

“Veramente una cosa ci sarebbe,

ma solo Lei potrebbe aiutarci a

risolverla!!”

“Che cosa?”

“Dura poco: 5 anni, poi ci attende

l’Università, dove saremo solo

dei numeri: matricola 15858;

qui, invece siamo Luca, Igor, Ni-

colò, Benedetta, Simona, France-

sco, Giovanni, Davide, Michele,

Antonello, Piero… Potrebbe sof-

fiare all’orecchio dei Tre che una

bella Università non sarebbe ma-

le?” “Potrei farci un pensierino!!!

“Apre una grossa porta dietro alla

quale stavano seduti i Tre e, dopo

avere rivelato loro il desiderio del

ragazzo, li invita a pensare come

fare!!

Usciti da là, l’Avvocato Pedullà,

il Dottore Pedullà e il Dottore

Scarmozzino cominciano a dire:

“Ma sei impazzito? Cosa gli vai a

dire? Una Università? Ma come

facciamo? Ma non potevi chie-

derGli un’altra cosa?” Una luce

fortissima appare in cielo. È l’im-

magine del nostro Angelo Custo-

de, che apre le ali e accoglie tra

le sue braccia tutti noi: il Trio, i

Professori, gli Alunni, la Segrete-

ria e ci dice:

“Abbiate fiducia!!” …

E’ COSI’ CHE COMINCIANO

LE GRANDI SFIDE!!!!!

Nicolò Albanese

Nasce una nuova realtà: l’Empedocle

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1861-2011: Buon Compleanno Italia!

Un cammino di Unità lungo 150 anni

Fratelli d’Italia (Pierfrancesco Pata)

150 anni… ma non li dimostra (Nicolò Albanese)

Politica italiana (Pierluigi Russo)

L’Italia… è davvero unita? (Michela Penna)

Italia, non gettare la spugna! (Biagio Sancetta)

Piccoli grandi eroi locali: così è nata l’Italia

Il grande Giuseppe Piaggia da Milazzo (Gaia Foti)

Un eroe risorgimentale della mia città: Giuseppe La Farina (Fabio Malacarne)

Domenico Romeo: un patriota dimenticato (Alessandra Minutolo)

Rosa Donato: un’eroina dimenticata (Federica Spadaro)

Rivalutiamo e facciamo conoscere le gesta di Benedetto Musolino (Martina Minutolo)

Michele Morelli: un patriota vibonese (Annamaria Pata)

Interpretiamo il presente

Notizie dall’Estero

Guerra in Libia. In che modo deve intervenire l’Italia? (Sergio Sorrenti)

La mia Africa (Alberto Giuffrida)

La caccia è finita! (Helga Turiaco)

Luca Sanna: un alpino morto (Ramona Urso)

Terrorismo. Fenomeno difficile da estirpare (Antonio Furci)

Le donne e l’ISLAM (Ramona Urso)

La storia di “Copia” e “incolla” (Nicolò Albanese)

Il gioco delle parti

Con gli occhi di un adolescente africano

Ho visto tutti partire (Pierfrancesco Pata)

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S O M M A R I O

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Uno sguardo alla realtà che ci circonda

La voce dei nostri inviati speciali dall’Italia

L’ingresso di cultura spaventa l’Italia (Simona Violi)

Perché dobbiamo diventare delle Barbie a tutti i costi? (Annamaria Pata)

La violenza e la giusta pena (Antonio Furci)

La mia Italia di domani (Benedetta Galletta)

Alcol: dipendenza fisica e psicologica (Michela Penna)

Una ricorrenza tutta nostra! (Giulia Pensabene)

YLa droga: un biglietto per un viaggio di sola andata (Gaia Foti)

ara e Sarah: due destini diversi accomunati da un unico tragico epilogo (Nicolò Albanese)

Dalla scuola

Catapultati nello spettacolo (Paolo Salerno)

Scienza e dintorni

La Bioetica. Sì alla ricerca e alla sperimentazione. Purché non si dimentichi l’uomo

(Antonio Furci)

L’influenza del caso della scienza (Pierluigi Russo)

Il tarlo dell’orecchio, Ohrwum! (Eris)

La scissione dell’atomo (Fabio Malacarne)

Moderne tecnologie e nuove generazioni a confronto

Passaggio di testimone (Gaia Foti)

Digital Generation (Pierluigi Russo)

Pirateria informatica (Alberto Giuffrida)

La televisione: positiva o negativa? (Fabio Malacarne)

Uomo o tecnologia? (Pierfrancesco Pata)

Sezione Ambiente-Ecologia

L’acqua: un bene pubblico o privato? (Alessandra Minutolo)

No alle centrali nucleari (Pierluigi Russo)

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SOMMARIO

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Energie rinnovabili per rinnovare l’umanità (Pascuzzi Martina Chiara)

Contribuiamo alla cura del mondo (Michela Penna)

Storia su rifiuti e riciclaggio (Nicolò Albanese)

Riciclaggio: è o non è per noi? (Pierfrancesco Pata)

Il demone dello smog (Maria Federica Ferlazzo)

Verde speranza (Alessandra Minutolo)

Riverberi culturali

Incursioni estravaganti sull’Arte, la Letteratura e la Filosofia

Le rappresentazioni di Ulisse nella letteratura. Dall’eroe di Omero e di Dante al “Re di tem-

peste” di Guido Gozzano (Fabio Malacarne)

Il mito della caverna (Giorgio Cacciola)

Le rappresentazioni del Destino nella Letteratura (Federica Spadaro)

L’uomo e la responsabilità (Martina Chiara Pascuzzi)

L’amore. Vita o morte (Michela Penna)

Se non poniamo fine alla guerra, la guerra porrà fine a noi (Andrea Megna)

La grande arte della Musica (Sergio Sorrenti)

Le nostre Recensioni

Paulo Coelho. L’Alchimista (salvatore Bertino)

L’uomo tra bene e male, ovvero il Visconte dimezzato (Michela Penna)

Roc Marciano – Marcberg (Salvatore Bertino)

COME UN DELFINO. Gli eroi non sono mai abbastanza!!! (Nicolò Albanese)

Prospettive Giovani

Il mondo visto con Sguardo Adolescente

Adolescenza: età unica ed affascinante, ma anche molto complessa (Alessandra Minutolo)

Italia: il mio sogno, la mia ambizione (Claudio Salmeri)

Fate della vostra Unicità motivo di Orgoglio (Biagio Sancetta)

Pane, latte e valori (Gaia Foti)

Uno spettacolo descritto da un’altra prospettiva (Salvatore Bertino)

La famiglia al giorno d’oggi (Martina Minutolo)

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SOMMARIO

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Il sorriso di un bambino: il guadagno più grande (Matteo De Blasio Di Palizzi)

È finita! E se ripenso al primo anno di Liceo? (Maria Federica Ferlazzo)

Penne Estroverse

La singolare e irripetibile creatività delle nostre parole

Metterci la faccia… ovvero l’uomo e la paura (Gaia Foti)

(testo selezionato dalla giuria del 7° premio di scrittura “Legami di parole” della Zanichelli, edizione 2010/11)

Viaggio nel tempo (Nicolò Albanese)

Il TG come lo vorrei (Nicolò Albanese)

Il mio giorno da presentatore del TG14 (Fabio Malacarne)

Una crociera da dimenticare? Forse no! (Francesco Valente)

Viaggio sul veliero dell’alba (Gaia Foti)

La fatica della mia SVEGLIA sempre più presto (Nicolò Albanese)

Se Paride può uccidere Achille, perché non lo può fare pure Ettore? (Fabio Malacarne)

Tutta un’altra Storia

I Corsi e i Ricorsi delle vicende umane

E se i Greci avessero vinto… (Fabio Malacarne)

C’era una volta, e c’è ancora, la MAFIA! (Annalisa Careri)

Le Foibe (Ramona Urso)

100 anni di Guerra. Francia e Inghilterra su fronti opposti. L’Eroina d’Orleans salva la si-

tuazione (Giulia Pensabene)

Uno sguardo nel passato: La Destra e la Sinistra storica (Martina Chiara Pascuzzi)

L’Italia nella Grande Guerra e l’avvento del Fascismo (Martina Chiara Pascuzzi)

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SPECIALI di

SOMMARIO

Il mazzo di asfodeli rossi (Biagio Sancetta)

L’Angolo della Ricerca: Le conseguenze biologiche della radioattività (Biagio Sancetta)

Empedocle: Il volto dell’Eccellenza

Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco

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Presentazione della Scuola

Il Liceo Scientifico “Empedocle” sorge all’interno della

prestigiosa struttura salesiana del “San Luigi” di Messina

e presso lo storico Collegio domenicano del “Sacro Cuore

di Gesù” di Catania. Il Liceo permette agli studenti fuori

sede di alloggiare all’interno della Scuola stessa presso il

“Residentato Empedocle” a Messina; a Catania invece è

possibile usufruire di apposite strutture convenzionate li-

mitrofe.

La Scuola offre ai suoi allievi l’opportunità di conse-

guire, al termine del percorso di studio, una preparazione

solida, completa e approfondita in tutti i settori disciplina-

ri. Nell’ambito del curricolo scientifico, essa, in particola-

re, appare orientata al potenziamento di competenze spe-

cifiche e propedeutiche all’accesso alle Facoltà universita-

rie dell’area medico-sanitaria. Per percorrere con profon-

da vocazione e opportuna serietà questo importante itine-

rario di sapere e di saperi, l’offerta formativa del Liceo è

stata infatti arricchita dalla presenza di specifiche discipli-

ne, quali l’Anatomia e la Fisiologia umana, l’Istologia, le

Biotecnologie alimentari e O. g. m. Da poco sono stati al-

lestiti laboratori didattici di informatica, lingue, fisica,

chimica e biologia, tutti all’avanguardia, che consentiran-

no agli allievi di poter applicare e sperimentare sul campo

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Sito internet:

www.scuolaempedocle.it

Presidente del C.d.A. e del Comitato Scientifico:

Dr. Sergio Pedullà

Direttore Generale

Avv. Giuseppe Pedullà

Direttore Responsabile

Prof. Maurizio Scarmozzino

Caporedattori:

Prof.ssa Grasso Agata Camilla

Prof.ssa Amata Donatella

Redazione e Amministrazione

Ufficio di corrispondenza di Messina

Responsabile:

Dott.ssa Maria Cinconze

Via R. Ansalone n. 2 98121 Messina

Tel. 0903710859 Fax 0908967872

Ufficio di corrispondenza di Catania

Responsabile:

Prof. Emanuele Failla

Via M. Cilestri 109 95128 Catania

Tel. 095449710 Fax 0908967872

email:

[email protected]

[email protected]

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quanto appreso nel corso delle lezioni.

La volontà che ha animato l’ambizio-

so progetto educativo dei suoi due fon-

datori, il Dottor Sergio

Pedullà e il cugino, l’-

Avvocato Giuseppe Pe-

dullà, ambedue dotati di

esperienza pluriennale

nel campo dell’istruzio-

ne, è stata, ed è quella,

di venire incontro alle

esigenze e ai bisogni

formativi di ogni singo-

lo alunno, al fine di ren-

dere ciascuno protago-

nista consapevole e corresponsabile del

percorso didattico predisposto.

Il Liceo Scientifico “Empedocle”,

sin dalla sua nascita, è animato inoltre da

un chiaro orientamento di carattere inter-

nazionale. Ciò è concretamente dimo-

strato dal potenziamento del numero di

ore dedicate alla lingua e alla cultura in-

glese, ma anche dagli scambi culturali e

dagli accordi stipulati con la prestigiosa

Università di Cambridge, in virtù dei

quali è possibile conseguire il Cambridge

International A / AS Level (Cie). Il “Cie”

è un titolo di studio superiore che, ricono-

scendo l’eccellenza nel-

la preparazione degli

studenti nelle discipline

scientifiche e nella pa-

dronanza della lingua

inglese, consente di po-

tersi direttamente iscri-

vere presso le Facoltà

universitarie a numero

programmato di più di

125 paesi del mondo. La

Scuola, inoltre, in colla-

borazione col Dipartimento di Anatomia

dell’Università di Malta, organizza ogni

anno corsi teorico-pratici di anatomia e

tecniche operatorie su cadaveri, destinati

agli studenti già iscritti in Medicina, Chi-

rurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria e

ai medici specializzandi e/o specializzati

in Chirurgia Generale.

Le risorse umane presenti all’interno

del Liceo, oltre alle fondamentali compe-

tenze di tipo disciplinare, didattico, psico-

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pedagogico e metodologico, coniugano an-

che specifiche competenze relazionali, che

permettono di instaurare uno stimolante e

aperto ambiente di apprendimento, rispet-

toso delle diversità e delle potenzialità di

ciascuno. Infatti, l’obiettivo fondamentale

che i docenti si prefiggono di raggiungere,

mediante la creazio-

ne di appositi itinera-

ri educativi in sinto-

nia con gli stili di ap-

prendimento e le esi-

genze di ciascun stu-

dente, è quello di garantire a tutti il conse-

guimento del successo formativo. Le scel-

te didattiche effettuate, pertanto, muovono

anzitutto dall’acquisizione di quei saperi e

di quelle competenze essenziali ed irrinun-

ciabili, che consentiranno all’allievo di po-

ter leggere ed interpretare autonomamente

e criticamente la realtà sociale in continua

evoluzione.

Oltre a questo bagaglio formativo di ba-

se, la Scuola si impegna, attraverso la rea-

lizzazione di apposite attività pomeridiane

di tipo extracurricolare, non solo a rimuo-

vere tempestivamente eventuali difficoltà

di apprendi-

mento rilevate,

ma soprattutto ad ampliare ed approfon-

dire la preparazione culturale degli allie-

vi. La flessibilità didattica ed organizza-

tiva che caratterizza l’impostazione ge-

nerale della Scuola permette di migliora-

re la qualità e l’ef-

ficacia del proces-

so di insegnamen-

to-apprendimento,

valorizzando gli

interessi e la curio-

sità e promuovendo il piacere della co-

noscenza.

Le attività curricolari ed extracurri-

colari attuate vengono supportate e valo-

rizzate dal costante utilizzo di sussidi

multimediali e delle nuove tecnologie

informatiche. Ogni aula è infatti dotata

di pc, videoproiettore, collegamento ad

Internet e lavagna elettronica e ciò favo-

risce l’attuazione di percorsi didattici

imperniati sulla ricerca, l’esplorazione e

il conseguente sviluppo di un apprendi-

mento collaborativo e dinamico.

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Pagina 12

Tutte le

volte che

si entra

nell’argo-

mento

dell’Unità d’Italia vengono ricordati

solo i nomi più celebri, come Giu-

seppe Garibaldi, Camillo Benso

Conte di Cavour e Giuseppe Mazzi-

ni. Nomi assolutamente degni di

stima e di rispetto. Ma ciò che molta

gente non sa è che dietro queste per-

sone che spiccavano per carattere,

volontà e soprattutto per voglia di

riuscire a raggiungere il loro scopo,

ce n’erano altre migliaia, pronte an-

che a sacrificare con eroismo la pro-

pria vita per rendere il nostro paese

unito. Basti pensare ai “Mille” di

Garibaldi che sbarcarono in Sicilia;

a Vittorio Alfieri, poeta e dramma-

turgo, le cui ossa ancora - come af-

fermò Foscolo nei Sepolcri -

“fremono amor di patria”; a Goffre-

do Mameli, un giovane genovese

senza il quale noi non avremmo la

colonna portante del nostro Stato, il

nostro “Fratelli d’Italia”, invidiato

da tutte

le altre

nazioni,

per bel-

lezza e

per musicalità. Di solito viene cantata

solo la prima parte dell’inno di Mameli,

considerata la sua lunghezza, ma in quel-

la prima parte credo che siano scritte la

parole più belle e significative che si

potessero dedicare ad una terra, la nostra

terra, l’Italia. Davanti all’Italia la Vitto-

ria stessa deve porgere la chioma, in sen-

so di sconfitta e di sottomissione. Qui

viene utilizzato il nome della capitale,

Roma, come espressione di tutto lo Sta-

to, per dire che questa subordinazione

discende direttamente da Dio. La

“Canzone degli italiani” si chiude con

dei versi pieni di pathos e di amor patrio:

alla chiamata di aiuto dell’Italia bisogna

rispondere repentinamente, senza esitare

e sacrificando per Lei anche la nostra

stessa vita. Per me, queste rappresentano

in assoluto le parole più belle che si po-

tessero scrivere per un Paese, così piene

di valori e soprattutto di amore. Amore

per una donna che sarà per sempre no-

stra, che nessuno potrà mai portarci via,

la nostra Patria.

Pierfrancesco Pata

Fratelli d'Italia

Inno di Mameli Fratelli d'Italia L'Italia s'è desta,

Dell'elmo di Scipio S'è cinta la testa. Dov'è la Vittoria?

Le porga la chioma, Ché schiava di Roma

Iddio la creò. Stringiamci a coorte

Siam pronti alla morte L'Italia chiamò.

Noi siamo da secoli Calpesti, derisi,

Perché non siam popolo, Perché siam divisi. Raccolgaci un'unica

Bandiera, una speme: Di fonderci insieme

Già l'ora suonò. Rit.

Uniamoci, amiamoci, l'Unione, e l'amore Rivelano ai Popoli Le vie del Signore; Giuriamo far libero

Il suolo natìo: Uniti per Dio

Chi vincer ci può? Rit

Dall'Alpi a Sicilia Dovunque è Legnano, Ogn'uom di Ferruccio Ha il core, ha la mano,

I bimbi d'Italia Si chiaman Balilla,

Il suon d'ogni squilla I Vespri suonò.

Rit. Son giunchi che piegano

Le spade vendute: Già l'Aquila d’Austria Le penne ha perdute.

Il sangue d'Italia, Il sangue Polacco, Bevé, col cosacco, Ma il cor le bruciò.

Rit.

1861 - 2011: Buon Compleanno Italia!

Tutta un’altra Storia

Page 13: Rizòmata - Numero 0

dopo un grande plebiscito il Regno delle

due Sicilie viene annesso all’Italia, se-

guito poi da Umbria e Marche. E Camil-

lo? Nell’Ottobre del 1860 una legge

elettorale del Conte, limita il diritto di

voto ai cittadini maschi con più di 25

Peppino Garibaldi… Regista

anni e che paghino almeno 40 lire d’im-

posta l’anno. Risultato: aventi diritto al

voto 418.000 (quelli del Nord che erano

più ricchi), votanti 240.000. Chi ci ave-

va guadagnato? Come sempre il Nord! E

Papa Pio IX? Camillo gli offrì su un

piatto d’argento: “Libera Chiesa in libe-

ro Stato” che equivale a dire: Basta con

il dominio dei Papi!!! Così ebbe inizio il

Regno d’Italia,17 Marzo 1861, con So-

Pagina 13

vrano Vittorio Emanuele. Questa storia è

molto lunga, cari spettatori, e per questo

gli attori e il regista di un tempo, ormai

scomparsi, sono stati sostituiti da altri

attori e registi RAI, a reti unificate, tra-

smette giornalmente quella che un tem-

po era una STORIA ed oggi è diventata

una SOAP opera. Premio Telegatto per

tutti. Berlusconi (regista), Fini, Rutelli,

Casini, Bersani, Di Pietro, Bossi e chi

più ne ha più ne metta. Quante comparse

si muovono sui nostri schermi e noi sia-

mo indecisi se andare al cinema a vedere

“Qualunquemente” o “Che bella giorna-

ta” o rimanere comodamente a casa a

vedere come andrà a finire la duemila-

cinquecento ventiquattresima puntata

della soap ”RUBY”. E la centocinquan-

tenne che fa? Aspetta di arrivare a 200

anni, tanto lo sa che Lei ci sarà sempre,

ma gli attori e i registi… cambieranno!!!

Albanese Nicolò

Questa è una storia ambientata nel

periodo che va dalla seconda guerra di

Indipendenza (1859), fino ai giorni

nostri. L’attrice principale (Premio

Oscar alla Carriera) è una donna molto

bella e audace di nome “ITALIA”, gli

altri attori sono volti più o meno noti

del cinema italiano di un tempo, come

Camillo Benso Conte di Cavour, Na-

poleone III, Vittorio Emanuele II di

Savoia. La regia è curata dal famoso

regista-attore Peppino Garibaldi. Sia-

mo a Plombières (Francia) nel 1858,

Camillo il Conte stringe un accordo

segreto con Napoleone III il Francese:

“Se verrai attaccato dagli Austriaci”

dice il Francese “sosterrò te e i Savoia,

ma se sarai tu ad attaccare loro, non mi

vedrai al tuo fianco!” Camillo, astuto,

provoca a tal punto gli Austriaci da

farsi attaccare… Ecco come ebbe ini-

zio la seconda guerra d’Indipendenza

italiana (29 Aprile 1859). Ma gli inte-

ressi erano diversi… Camillo pensava:

“ Se riuscirò a controllare la parte più

sviluppata d’Italia, controllerò tutta la

penisola”. Napoleone III, invece, dice-

va:”Se avrò sotto il mio dominio i due

terzi d’Italia, avrò anche il Piemonte”.

Alla fine della fiera, Camillo capì di

aver toppato… al Regno di Sardegna

mancavano Umbria, Lazio, Marche

(dello Stato Pontificio) e il Sud. Ma

come tutte le storie che si rispettino c’è

sempre l’Eroe che viene a salvarti!!!!!

Ed ecco che il Regista–attore Peppino

Garibaldi entra in scena: mette insieme

1000 uomini e, poiché gli avevano rega-

lato 100 metri di stoffa rossa, decide

che le camicie indossate dai suoi

“prodi” sarebbero state fatte con quella

stoffa. Parte da Quarto e sbarca a Mar-

sala l’11 Maggio del 1860; conquista

l’isola siciliana assieme ai “ picciotti” e

Auguri Italia

1861 - 2011: Buon Compleanno Italia!

150 anni…ma non li dimostra!

Page 14: Rizòmata - Numero 0

Quest’anno ricorre il sesquicentenario

dell’Unità d’Italia ed è stato scelto

giorno 17 marzo per festeggiare tale

ricorrenza. Purtroppo in Italia ogni

proposta che viene avanzata da qual-

siasi personaggio o partito o coalizio-

ne politica genera sempre malcontenti

e avversioni, in quanto non si conside-

ra l’oggetto della proposta ma il sog-

getto da cui questa parte. Festeggiare

il compleanno dell’Italia va oltre ogni

ideologia politica perché è il comple-

anno di tutti; è un modo per ricordare

il processo con cui quest’unità è avve-

nuta. E sentire ancora oggi lamentele

circa questo festeggiamento fa davve-

ro ridere. Venire a conoscenza che

alcuni “politici”, che occupano i pa-

lazzi del potere, e che quindi sono

stati eletti direttamente dal popolo

“italiano”, si rifiutino di partecipare a

questi festeggiamenti solo perché ap-

partenenti a determinati partiti, provo-

ca in me, cittadino di appena 18 anni,

un senso di delusione. Più di un seco-

lo fa un filosofo francese, Ernest Re-

nan, sostenne che una nazione è fatta

di due elementi: una ricca eredità di

ricordi e la volontà attuale di vivere

insieme. Mi sa che queste parole non

vengono prese in considerazione dai

nostri rappresentanti al governo, forse

perché interessati e impegnati a rag-

giungere i loro obiettivi e non quelli

comuni. O forse perché vi è molta

ignoranza. La classe politica italiana

sta mostrando proprio questo carattere.

Non si risolve un problema che subito se

ne genera un altro. E allora come si può

cambiare? Chi è che riesce a trovare il

“filo d’Arianna “ per condurci fuori da

questa grande matassa? Sicuramente non

ci potremo più affidare a personaggi

come Garibaldi, Mazzini e altri ITA-

LIANI che hanno lottato per la propria

patria, per portarla al sommo grado di

libertà, giustizia e uguaglianza, perché

di questi personaggi, ahimè, è scompar-

sa la traccia. Il 150° anniversario del-

l’Unità a mio parere deve essere festeg-

giato, non per il semplice giorno di fe-

sta, o per i discorsi che verranno fatti in

quel giorno, o per gli inni nazionali, ma

perchè l’Italia raggiunga un più forte

sentimento nazionale. Una cosa è certa:

continuare così non penso faccia del

bene. Del resto lo stesso Massimo D’A-

zeglio, all’indomani dell’Unità, quasi

prefigurando gli attuali scenari, disse:

AVETE FATTO L’ITALIA, ORA

FACCIAMO GLI ITALIANI.

Pierluigi Russo

Politica italiana

Pagina 14

Massimo Taparelli, marchese d'Azeglio

1861 - 2011: Buon Compleanno Italia!

ÂTuu|tÅÉ ytààÉ ÄË\àtÄ|t? ÉÜt ytvv|tÅÉ zÄ| \àtÄ|tÇ|Ê

Massimo D’Azeglio

Marchese e uomo politico di orienta-mento liberale moderato, cugino di Ce-sare Balbo, dopo aver intrapreso la car-riera militare - sul modello del padre - si dedicò alla pittura e alla politica. Since-ro patriota italiano, ma cosciente delle grandi differenze tra i vari regni d'Italia e deciso a rispettare i sovrani legittimi, era contrario ad una unificazione a sola guida piemontese e auspicava la crea-zione di una confederazione di stati sul modello dell'Unità tedesca. Fu dura-mente attaccato per questo dai Mazzi-niani (e successivamente anche da Gramsci) e definito da Cavour suo "empio rivale" (inseguito, quest'ultimo lo costrinse a dimettersi). Dopo i primi studi a Firenze, a soli 13 anni venne ammesso alla facoltà di filosofia dell'U-niversità di Torino, da dove uscì per entrare in Cavalleria ("Reale Piemon-te"). Fu primo ministro del Regno di Sardegna dal 1849 al 1852, in uno dei momenti più drammatici della storia di quel paese (in seguito alla sconfitta su-bita dall'Austria) al termine della Prima guerra d'Indipendenza. Sarà senatore del Piemonte dal 1853. L'11 luglio 1859 ebbe l'incarico di costituire un governo provvisorio a Bologna, dopo la cacciata delle truppe pontificie. Il 25 gennaio 1860 venne nominato Governatore della Provincia di Milano, carica che tenne fino al 17 marzo 1861 allorquando fu nominato il prefetto Giulio Pasolini. Durante la sua vita si dedicò anche alla pittura ed alla letteratura, sia in veste di scrittore politico che di romanziere. Ebbe la capacità di intravedere i limiti della riunificazione ("Abbiamo fatto l'Italia ora dobbiamo fare gli italiani"), della dirigenza sabauda (lasciò la scuola di cavalleria per contrasti con l'aristo-crazia) e che propose una sua soluzione sia dal punto di vista costituzionale (stato federale) che da quello economi-co (liberale).Sposò poi Giulia, figlia di Alessandro Manzoni. Durante gli ultimi anni della sua vita si dedicò alla scrittu-ra delle sue memorie, pubblicate postu-me col titolo I miei ricordi nel 1867. Massimo D'Azeglio morì a Torino nel 1866.

Page 15: Rizòmata - Numero 0

per ciò che succede da sempre, penso sia

inutile celebrare l’Unità d’Italia, perchè

ancora esistono persone italiane che

peccano di xenofobia nei confronti dei

loro stessi fratelli, pensando di esserne

superiori. Avrei tanto voluto festeggiare

questo giorno di grande emozione ma,

visto quanto accade, mi sembrerebbe

solo una gran finzione.

Michela Penna

L'Italia... è unita davvero?

Pagina 15

Si avvicina sempre più il giorno in cui

si festeggerà l’Unità d’Italia. Dovreb-

be essere un evento importante ed

emozionante per tutti noi, ma da quel-

lo che sta succedendo così non sem-

bra. Quale unità d’Italia? la politica di

oggi sta rovinando tutto. Immaginate

che l’Italia sia una statua, che il corpo

siamo tutti noi cittadini italiani e la

testa sia il governo. Come immagine-

reste questa statua? Io a mille pezzi.

E’ senza dubbio un corpo staccato

dalla testa. Quando studiai Shelly con

la poesia Ozymandias non ho potuto

non fare un parallelismo con la nostra

situazione nazionale ed ecco che lui

mi ispirò. Purtroppo non posso far

finta che sia tutto rose e fiori e festeg-

giare, perchè mi rendo conto che sarà

solo una messinscena per quel giorno

particolare. Parlo così perchè noi del

Sud siamo spesso discriminati da quei

fanatici politici della Lega, e non solo

da loro. Anche il sindaco di Vibo Va-

lentia ha dichiarato la non partecipa-

zione alla festa poichè, come noi tutti

calabresi, egli aspetta ancora quelle

tante scuse che non sono mai arrivate

dalla gente del Nord, perchè mortifi-

cati per l’immagine che si da di noi. Il

Comune di Spresiano, in provincia di

Treviso, usa, ad esempio, per pubbli-

cizzare la raccolta differenziata, l’im-

magine della Calabria posta all’inter-

no di una pattumiera, che viene così

paragonata ad un rifiuto. Il Sindaco di

Vibo ha espressamente affermato: “noi

calabresi ci sentiamo italiani, i nostri

avi hanno combattuto per l’Unità d’Ita-

lia e versato il loro sangue perchè ciò

avvenisse. Non possiamo permettere

che qualcuno, che forse non ha rispetto

per la nostra patria e per l’Italia intera,

pensi di offendere una terra di cultura,

storia, dolore ma soprattutto dignità,

come la Calabria”. Una dignità che non

può essere gettata tra i rifiuti. Proprio

TUTTA UN’ALTRA STORIA

1861 - 2011: BUON COMPLEANNO ITALIA!

Divisi nell’Unità

L’Italia delle Regioni

Page 16: Rizòmata - Numero 0

Pagina 16

ITALIA, NON GETTARE LA SPUGNA! Quest’anno l’Italia, la nostra Italia,

compie centocinquanta anni. Ed è stra-

no pensare che circa un secolo fa que-

sta era solo una neonata in fasce ed

ancora inesperta. Sarei stato felice di

scrivere che quelli della nostra nazione

sono stati anni gloriosi, che hanno

contribuito a migliorarla sempre di

più, fino a farla approdare ad un co-

mune sentimento di unità nazionale.

Ebbene, non è così: 17 marzo 1861, il

re Vittorio Emanuele II di Savoia vie-

ne incoronato re d’Italia e da allora il

nostro stato ha iniziato ha muovere i

suoi primi passi verso quello che molti

uomini, con grandi sacrifici e spesso a

prezzo della propria vita, avevano de-

siderato. Ma quale percorso ha fatto il

nostro paese fino ad ora? Il nostro è un

paese che a stento ha imparato a gatto-

nare ed ancora vacilla, cammina a pas-

si lenti verso la meta che un paese che

si rispetti deve raggiungere. Guardan-

do intorno a me mi chiedo: Dov’è que-

st’Italia? L’Italia di cui tutti noi abbia-

mo studiato la storia: per gli avvocati e

per la Costituzione è “unica ed indivi-

sibile”, per gli storici è uno Stato a

tutti gli effetti dal 1861, e per tutti gli

altri è solo e semplicemente “Italia”.

Ma dove vedete tutti voi l’Italia unita?

Da cosa riuscite a capire che tutti noi

siamo cittadini italiani? Nordisti, sudi-

sti, civili che indirizzate il vostro pen-

siero ai partiti, questa non è l’Italia,

l’Italia è ancora dormiente nella mente

di quegli uomini che hanno combattu-

to e lottato per svegliarla. Ma ancora

niente è successo: le urla degli uomini

uccisi, gli echi che in tutte le piazze

della penisola italica proclamavano

“Viva l’Italia unita”, il rumore dei

cannoni e lo stridio delle spade non

hanno svegliato nessuno. Oggi come

non mai la situazione è degenerata: noi

tutti siamo divisi e nessuno si rispec-

chia più in quegli ideali cui ancora

inneggiamo in alcune particolari occa-

sioni. Ed ora anche la festa di anniver-

sario per i 150 anni di unità. Secondo

me questa celebrazione non ha alcun

senso. Da quando nel 638 i Longobar-

di di Alboino scesero in Italia, le varie

regioni della penisola sono rimaste

divise per secoli ed hanno seguito stra-

de completamente diverse tra loro.

Quasi nessuno si rispecchia più negli

ideali del nostro inno, in quanto l’uni-

ca cosa che ci rende tutti affini è l’odio

ed il disprezzo. È triste pensare che

molti uomini siano morti per arrivare

alla condizione attuale. Forse, se i pa-

trioti avessero immaginato che sarem-

mo arrivati alle presente condizione, di

sicuro avrebbero rinunciato a lottare

per l’unità. L’Italia non è mai stata

così divisa come ora. Ma prima di ve-

dere le pecche del popolo, andiamo a

quelle delle cariche pubbliche: le stes-

se fazioni politiche (che in teoria do-

vrebbero rappresentare il popolo italia-

no) pensano solo ai propri interessi e

alimentano solo inutili diatribe. Per

raggiungere i propri scopi esse rallen-

tano lo stesso “iter” parlamentare e

dello Stato, creando disordine e caos.

Pensano a lottare solo per sé, non per

il popolo dal quale dipendono. La loro

nomina è solo un paradosso ed ancora

più assurda è l’istituzione di un giorno

che celebri l’unità italiana. Assegnare

uno scopo reale alla loro carica è co-

me far vedere la luna nel pozzo. Per-

ché non pensano a risolvere le que-

stioni istituzionali, anziché ricoprire

cariche fittizie ed istituire feste nelle

quali nessuno si rispecchia? Perché

non pensano a migliorare il proprio

popolo, anziché nascondere la vera

realtà dei fatti con inutili e futili que-

stioni? Quando mai, se ne lavano le

mani di noi e di quello che rappresen-

tano.

Connazionali, ancora niente è perso.

Devono capire che tutta la loro realtà

dipende da noi, il popolo di una de-

mocrazia. Allora reagiamo, sovvertia-

mo le cose. Il cammino verso una vera

e propria democrazia giusta ed equa

ha ancora molte frecce al proprio ar-

co. Non dormite sugli allori pensando

che qualcuno ci verrà a liberare. Italia,

stiamo arrivando, siamo noi i nostri

salvatori, resisti ancora! Fin quando ci

sarà qualcuno a perseverare, nulla è

perso e la liberazione è ancora realiz-

zabile.

Italia mia, resisti: non gettare la spu-

gna!

Biagio Sancetta

Page 17: Rizòmata - Numero 0

Pagina 17

Il grande Giuseppe Piaggia da Milazzo

PICCOLI GRANDI EROI LOCALI: COSÌ È NATA L’ITALIA

Milazzo, crocevia di

miti, leggende e tra-

dizioni sacre e profa-

ne millenarie, dalle

radici che affondano

nelle tradizioni gre-

che, nella religione e nelle più profane

credenze popolari, con i suoi abitanti

diede un contributo fondamentale al

Risorgimento siciliano, come forse nes-

sun altro centro delle sue dimensioni.

All’ombra del maestoso castello invio-

lato, quattro furono i protagonisti princi-

pali di questo fondamentale momento

storico : Domenico Piraino, Stefano

Zirilli, Francesco Carlo Bonaccorsi e

Giuseppe Piaggia. Tra questi, Piaggia ha

ricoperto un ruolo essenziale nel Risorgi-

mento siciliano. Giuseppe Piaggia, nel ’48

si arruolò nella Giovane Guardia, a Paler-

mo, scrisse sui giornali rivoluzionari e ven-

ne chiamato a prendere il posto di Bonac-

corsi nella carica di direttore del “Giornale

Officiale di Sicilia”. Dopo che la rivoluzio-

ne fu soffocata, per sfuggire alla repressio-

ne borbonica, fece ritorno a Milazzo, delu-

so dai contrasti fra i patrioti. Non si occu-

perà più di politica attiva ma solo di studi

storici; tuttavia le sue pagine saranno vi-

branti di sentimenti antiborbonici e liberali.

Nel ’60, subito dopo la battaglia di Milaz-

zo, accorse per raccogliere notizie di prima

Tra le tan-

te vie che

conosco

della mia

città, quel-

la che più

mi ha in-

curiosito

la prima volta che l’ho sentita nomi-

nare, è “Via La Farina”, una delle

più intasate. Quando sono venuto a

conoscenza di questa strada, chiesi a

mia madre chi fosse La Farina. Lei

mi rispose con un sorriso: “Giuseppe

La Farina?”. Io ovviamente risposi

che non sapevo quale fosse il suo

nome. Mia madre continuò spiegan-

domi che Giuseppe La Farina fu un

grande patriota del periodo risorgi-

mentale. Egli nacque in questa città

nel 1815 e non morì in patria, bensì

a Torino nel 1863, anche se poi le

sue spoglie furono, nel 1872, trasfe-

rite a Messina. Le imprese che lo

videro protagonista furono numero-

se. Tra di esse ricordiamo anzitutto

la battaglia del 1848 tra la Legione

Universitaria della Sicilia, che egli

condusse, e i Borboni; inoltre fu lui a

fronteggiare gli austriaci nel Veneto

come consigliere del re sabaudo e fu

uno dei fautori della Spedizione dei

Mille. La Farina non fu solo patriota

e militare ma anche un grande politi-

co: infatti dal 1848 al 1849 fu eletto

deputato al Parlamento Siciliano.

Quando poi emigrò in Francia, verso

la fine del 1856, fondò la Società

Nazionale Italiana, che ebbe l’obiet-

tivo di avvicinare l’opinione nazio-

nale al Piemonte di Cavour. Fu an-

che eletto deputato al primo Parla-

mento italiano, ricoprendo successi-

vamente la carica di Consigliere di

Stato. Fu inoltre Ministro dell’Istru-

zione, dei Lavori Pubblici, dell’Inter-

no e della Guerra. Quel che mi affa-

scina di più di questo personaggio è

che riuscì a essere a essere un grande

militare e allo stesso tempo anche un

grande politico. Anche se questo im-

portante personaggio del nostro Ri-

sorgimento non è molto noto in Ita-

lia, è una persona che merita tutta la

mia stima.

Fabio Malacarne

Un eroe risorgimentale della mia città: Giuseppe La Farina

mano sul suo svolgimento e scrisse

una sorta di instant book sulla giornata

del 20 Luglio, descritta quasi in diret-

ta: la prima ricostruzione documentata

della battaglia. Nel ’63 venne nomina-

to dal governo Ispettore (carica onori-

fica non retribuita) delle Scuole supe-

riori della Sicilia occidentale. Pur non

combattendo “in prima linea”, Giusep-

pe Piaggia ha scritto comunque una

delle pagine più importanti del risorgi-

mento milazzese e italiano, forte di

quei valori di unità e libertà che, attra-

verso lui,scorrono nel sangue di noi

Milazzesi doc.

Gaia Foti

Page 18: Rizòmata - Numero 0

Pagina 18

Domenico Romeo...un patriota ormai dimenticato

Domenico Ro-

meo (Santo Ste-

fano in Aspro-

monte, 1796 –

Reggio Calabria, 1847) è stato un

patriota italiano, martire del Ri-

sorgimento. Fratello minore di

Giovanni Andrea Romeo, crebbe

in mezzo alle dolorose agitazioni

che straziavano il suo paese, svi-

luppando amor patrio e avversio-

ne verso ogni forma di tirannide.

Svolse una imponente opera al

fine di risvegliare i liberali, sfidu-

ciati e intimoriti dalle persecuzio-

ni, in tutto il meridione d’Italia. A

seguito del fallimento della spedi-

zione dei fratelli Bandiera, decise

di preparare una rivolta che par-

tisse proprio dalla Calabria.

Organizzò quindi la rivolta del

settembre 1847, di cui è conside-

rato dagli storici l’ideatore, il pro-

motore e il capo indiscusso. Ordì

una trama tra Calabria, Sicilia e

Basilicata; la congiura coinvolse i

veterani della Carboneria. Il 29

agosto Domenico Romeo lancia-

va il proclama della rivolta, fa-

cendo sventolare il tricolore ita-

liano sulla piazza di Santo Stefa-

no in Aspromonte. Il 2 settembre,

assieme al fratello Giannandrea

Romeo, al nipote Pietro Aristeo

Romeo e al cugino Stefano Ro-

meo, alla testa di cinquecento se-

guaci, prese Reggio Calabria, isti-

tuendovi un governo provvisorio.

Tuttavia, era mancata l’unità di

intenti, e il segreto era stato tradi-

to. A muoversi furono solo i Ro-

meo: a Messina, addirittura, il

comitato d’azione locale si scisse

in due tronconi, e le teste più cal-

de e i patrioti più facinorosi tenta-

rono, di propria iniziativa, un’a-

zione già il 1º settembre: la rivol-

ta era prontamente schiacciata.

Mentre a Catanzaro non scoppia-

va neppure. Le forze regie potero-

no quindi agevolmente concen-

trarsi su Reggio. La repressione

fu durissima: il 15 settembre, a

seguito di un conflitto a fuoco, in

contrada Cicciarello di Marrappà,

nei pressi di Podàrgoni, Domeni-

co Romeo fu assassinato e barba-

ramente decapitato, e la sua testa

fu esposta nel cortile delle carceri

di San Francesco a Reggio Cala-

bria, per due giorni, quale monito

per i tanti rivoltosi ivi detenuti.

Alessandra Minutolo

PICCOLI GRANDI EROI LOCALI: COSÌ È NATA L’ITALIA

Grazie a tanti piccoli grandi uomi-

ni, oggi, l’Italia dopo ben 150 anni

è un’unica nazione. Tanti sono i

protagonisti ad esempio Garibaldi,

Mazzini… Tutti uomini: ma le

donne che ruolo svolgevano? Il

risorgimento femminile si ricorda

solo per alcuni casi eclatanti come

il caso della Contessa di Castiglio-

ne ed altri nobildonne che nei loro

circoli, nei loro salotti cercarono di

trasmettere l’idea risorgimentale.

Ma all’ombra delle nobildonne c’e-

rano donne che parteciparono atti-

vamente, prendendo le armi, scen-

dendo nelle strade, combattendo al

fianco degli uomini. Messina, con

Rosa Donato, non è un caso parti-

colare, è un CASO DIMENTICA-

TO.

Rosa Donato nacque

a Messina nel 1808,

al momento dei fatti

risorgimentali del

1848 era una donna

di quarant’anni.

Allo scoppio dei moti messinesi

scese in strada e, impadronitasi

fortunosamente insieme al Lanzetta

di un piccolo cannone sottratto ai

soldati borbonici, andava sparando

contro di loro. Essendosi dimostra-

ta del tutto degna del valore di un

Rosa Donato: un'eroina dimenticata

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Pagina 19

Rivalutiamo e facciamo conoscere ai giovani le gesta di Benedetto Musolino

PICCOLI GRANDI EROI LOCALI: COSÌ È NATA L’ITALIA

Benedetto Mu-

solino nacque a

Pizzo Calabro

l’8 Febbraio del

1809 da una fa-

miglia di idee liberali e antibor-

boniche. Da giovane si recò a Na-

poli per studiare Giurisprudenza e

visitò anche Costantinopoli, dove

divenne consigliere del Visir.

Successivamente rientrò a Napoli

per organizzare una congiura con-

tro i borboni. Nel 1832 fondò, nel

Regno delle due Sicilie, la Setta

dei “Figlioli della Giovine Italia”,

della quale egli scrisse il Catechi-

smo. Essa si ispirava a quella di

Giuseppe Mazzini, ma pur richia-

mandosi agli stessi principi, era

differente nell’organizzazione e

nella condotta. Nel 1839 venne

arrestato e liberato dopo alcuni

anni. Fu successivamente riman-

dato a Pizzo e sottoposto ad una

stretta sorveglianza. Nonostante i

severi controlli Musolino riuscì a

partecipare alla rivoluzione del

1848. Dopo che i moti furono se-

dati, la reazione borbonica fu

spietata nei confronti della fami-

glia di Benedetto Musolino: il

padre e il fratello maggiore ven-

nero uccisi, mentre la madre, un

altro fratello e la cognata moriro-

no per il grande dolore; furono

inoltre derubate e distrutte tutte le

proprietà di famiglia. Benedetto

fu condannato alla pena di morte

ma riuscì a fuggire, partecipando

nel 1849 alla rivoluzione romana.

Successivamente prese parte al-

l’impresa garibaldina con il grado

di colonnello brigadiere. Combat-

té a Reggio Calabria, Piale di Vil-

la S.Giovanni, Soveria Mannelli,

Capua e per il suo eroismo fu elo-

giato e stimato dai suoi conterra-

nei. anche deputato e poi senatore

del neonato Regno d’Italia. Mu-

solino viene ricordato anche per i

suoi importanti scritti: “La rivolu-

zione del 1848 nelle Calabrie”,

che fu pubblicata postuma nel

1903,”La Gerusalemme e il Po-

polo Ebreo”, “Al popolo delle

Due Sicilie”, “Il prestito dei 700

milioni e la riforma delle impo-

ste”, “Il trattato di Berlino”,

“Memorandum sur la guerre ac-

tuelle Turco-Moscovite”, “La Ri-

forma Parlamentare”. Morì il 15

Novembre del 1885 nel suo paese

natale.

Martina Minutolo

uomo, nell’estate del ’48 fu insi-

gnita del grado di caporale con ber-

retto e fazzoletto tricolore a giro-

collo, e fu posta al comando della

batteria dei “Pizzillari”, situata vi-

cino al torrente Portalegni, con il

compito di difendere sino alla mor-

te le mura a nord-ovest della città.

Quando non poté più mantenere la

sua posizione, diede fuoco al cas-

sone delle munizioni, uccidendo

molti soldati borbonici, mentre lei

stessa veniva scaraventata giù dalle

mura a colpi di baionetta. Fintasi

morta, fuggì a Palermo, dove le

vennero affidati due pezzi di arti-

glieria. Arresasi anche Palermo,

Rosa rientrò a Messina, dove fu

imprigionata per quindici mesi.

Negli anni ’50, una volta uscita dal

carcere, Rosa visse di elemosina,

che chiedeva solo agli studenti uni-

versitari, nei quali vedeva la spe-

ranza del futuro.

Morì in umili condizioni nel 1867.

Per ricordarne le gesta lo scultore

Vincenzo Gugliandolo scolpì in

marmo un suo busto, oggi colloca-

to nell’atrio del Banco di Sicilia di

Messina. Finalmente oggi si risco-

pre la sua figura, assieme a quella

di altre donne che hanno contribui-

to a rendere glorioso il Risorgi-

mento messinese.

Federica Spadaro

Page 20: Rizòmata - Numero 0

Michele Morelli fu un patriota

italiano nativo della città di Vibo

Valentia. Partecipò anche alla

campagna militare in Russia do-

ve guadagnò la promozione di

sottotenente, sotto Gioacchino

Murat.

Con il ritorno dei Borboni al tro-

no, fu inviato nel 1817, col grado

di sottotenente, nel reggimento

cavalleria Real Borbone stanziato

a Nola. La notizia della conquista

in Spagna del regime costituzio-

nale si diffuse tra i carbonari. A

Napoli la cospirazione prese su-

bito vigore e coinvolse anche de-

gli ufficiali superiori, come il ge-

nerale Guglielmo Pepe. Morelli

decise di partecipare alla cospira-

zione. A lui si affiancarono Giu-

seppe Silvati e Luigi Minichini.

La notte tra l’1 e il 2 luglio 1820

Morelli e Silvati diedero il via

alla cospirazione. Il 2 luglio, a

Monteforte Irpino, Morelli fu ac-

colto trionfalmente e poi insieme

a Silvati e Minichini fece il suo

ingresso ad Avellino. Accolti dal-

le autorità cittadine, i tre procla-

marono la Costituzione sul mo-

dello spagnolo. Dopo Morelli

passò i poteri nelle mani del co-

Michele Morelli: un patriota vibonese

lonnello De Concilij. Questo ge-

sto di sottomissione provocò il

disappunto di Minichini che tornò

a Nola per incitare una rivolta

popolare. Il 5 luglio Morelli entrò

a Salerno, mentre la rivolta si e-

spandeva a Napoli. Il giorno se-

guente, il re Ferdinando si vide

costretto a concedere la Costitu-

zione. Per festeggiare la vittoria,

molti cospiratori giunsero a Na-

poli. C’era anche Morelli alla te-

sta del suo squadrone che nel frat-

tempo era stato ribattezzato

“Squadrone Sacro”. Successiva-

mente le potenze della Santa Al-

leanza decisero l’intervento arma-

to contro i rivoluzionari che nel

Regno delle Due Sicilie avevano

proclamato la Costituzione. Mo-

relli e Pepe tentarono di resistere,

Pagina 20

PICCOLI GRANDI EROI LOCALI: COSÌ È NATA L’ITALIA

ma il 7 marzo 1821 i costituzio-

nalisti di Napoli vennero scon-

fitti ad Antrodoco dalle truppe

austriache. Il 24 marzo gli Au-

striaci entrarono a Napoli senza

incontrare resistenza e chiusero

il nuovo Parlamento. Dopo un

paio di mesi, re Ferdinando re-

vocò la Costituzione e affidò al

ministro di polizia il compito di

catturare tutti coloro che erano

sospettati di cospirazione. Mo-

relli e Silvati furono costretti

alla fuga e il 10 aprile si imbar-

carono verso l’Albania ma una

tempesta dirottò la loro imbar-

cazione sino a Ragusa. Di lì rag-

giunsero la Bosnia. Poi i due si

divisero e Morelli tornò in Ita-

lia. Mentre si trovava tra le

montagne d’Abruzzo venne as-

salito da dei banditi che lo deru-

barono. Arrivato al primo paese,

in cerca di aiuto, incontrò i gen-

darmi ai quali si arrese e così fu

rinchiuso nel Forte dell’Ovo.

Durante la prigionia incontrò

Silvati, catturato giorni prima.

Morì a Napoli il 19 settembre

1822. Oggi a Michele Morelli è

dedicato il Liceo Classico di

Vibo Valentia.

Michele Morelli

Page 21: Rizòmata - Numero 0

La Mia Africa

Pagina 21

INTERPRETIAMO IL PRESENTE

UNHCR), esagerate. E’ tra l’altro da

dirsi che ai confini della Libia, con

l’Egitto e con la Tunisia, i popoli di

queste due nazioni non hanno mo-

strato atteggiamento ostile nei con-

fronti dei popoli libici (anzi un au-

tentico spirito di accoglienza): su

questi confini la comunità interna-

zionale dovrebbe concentrate sforzi

umanitari e risorse di ogni tipo. Si

tratta di aiutare il popolo libico (cui

siamo debitori, come italiani colo-

nialisti) a superare questo momento

di violenza e sofferenza e di appog-

giare i tentativi che la Comunità in-

ternazionale farà di “fermare” Ghed-

dafi e la sua volontà di far sprofon-

dare negli abissi il suo popolo, pur

di non cedere il potere. Ma ancor di

più, oltre ad aiutare concretamente i

profughi, l’Italia deve farsi portatri-

ce di quella politica europea sempre

enunciata e mai iniziata, cioè di cre-

azione di uno spazio euro-

La necessità di

intervenire in

quel che sta

accadendo in Libia (una carneficina

che rischia di protrarsi nei prossimi

giorni, e magari mesi) è la necessità

di dare risposte su due fronti: l’acco-

glienza dei profughi e, appunto, un

possibile intervento militare.

E’ comunque chiaro che ogni inter-

vento possibile, umanitario, militare,

di interposizione, dev’essere europe-

o, o della Nato autorizzata dall’O-

NU. In ogni caso l’Italia, da sola, ha

dei problemi ad intervenire. Per ra-

gioni storiche l’Italia è bene che non

intervenga militarmente. La perma-

nenza e il dominio coloniale in Libia

degli italiani (iniziato nel 1911) fa

del nostro paese il meno adatto a

interventi di tipo militare: verrebbe

visto dalla popolazione locale libica

(e non solo) come “un ritorno” peri-

coloso di colonialisti (gli italiani).

E’, allo stesso tempo, dovere storico

proprio nostro dare una mano vera e

convinta al popolo libico in questo

momento di grande difficoltà: le mi-

nacce e le paure che si arrivi a un’

“invasione di profughi in Italia” ci

appaiono, leggendo anche il parere

di esperti ed istituzioni internazionali

(come l’Alto Commissariato delle

Nazioni Unite per i Rifugiati-

mediterraneo che integri i popoli me-

diterranei in un progetto di sviluppo,

di pace e benessere.

Sergio Sorrenti

Mi chiamo Mustafa, ho vent’anni e sono

nato e vivo a Bengasi. Si, sono anch’io

uno shabab, un combattente. La vedi

questa ferita che ho sul petto? Sono stato

tra i primi a scendere in piazza, il 17 feb-

braio scorso, a gridare il mio “no” e a

combattere con queste mie mani e con la

rabbia che mi sale dentro contro i merce-

nari assoldati da Gheddafi. Era ormai

giunto il momento di passare all’azione:

basta stare seduti a guardare le immagini

di Al Jazeera, basta leggere i messaggi di

incitamento alla lotta su facebook! Non

restava che scendere in campo e lottare

tutti insieme per liberarci di quel tiranno

maledetto che ci ha privati della libertà e

di qualunque elementare diritto civile;

che ha fatto arrestare, torturare ed uccide-

re chi non era d’accordo con lui; che ci ha

ridotti in totale schiavitù. Mio fratello

Ahmed, mio zio Ali, tanti amici, tanti

miei compagni di scuola sono stati truci-

dati dai suoi cecchini. Lui che per oltre

40 anni si è arricchito alle nostre spalle

con i contratti miliardari stipulati con i

paesi europei, lui che ha cercato di tener-

ci buoni con la politica dei sussidi, mi

auguro che muoia o che vada in esilio e

che finalmente la Libia diventi un paese

libero in cui è bello vivere.

Alberto Giuffrida

NOTIZIE DALL’ESTERO

Guerra in Libia. In che modo deve intervenire l'Italia?

Il simbolo della Organizzazione delle Nazioni Unite

Page 22: Rizòmata - Numero 0

Pagina 22

Luca Sanna: un alpino morto.

Cosa è realmente successo nei 38 mi-

nuti trascorsi nel fortino di Abbottā-

bad? Nessuno sembra saperlo e chi lo

sa preferisce che l’accaduto rimanga

riservato. In particolar modo gli USA

si rifiutano di pubblicare le foto della

morte di Osama Bin Laden; vogliono

forse nascondere qualcosa che non

sarebbe dovuta accadere? La figlia di

Osama sostiene che il padre sia stato

torturato e ucciso di fronte ai familiari,

ma nessuno riesce a determinare cosa

sia realmente accaduto. La grande cac-

cia è iniziata l’11 settembre 2001 sui

televisori di tutto il mondo e si è con-

clusa l’1 maggio 2011. Il criminale più

ricercato della storia, che ha causato la

bellezza di 2974 morti (più i 19 terro-

risti) e 24 dispersi in un attacco terro-

ristico che nessuno riuscirà a dimenti-

care, è stato giustiziato! Eppure ci so-

no ancora alcuni pezzi del puzzle che

non vanno ancora al proprio posto:

come hanno fatto gli elicotteri delle

forze speciali USA ad entrare non visti

in territorio pakistano? Scienza, peri-

zia militare, fortuna, sono queste le

motivazioni che ci sono state fornite,

ma la realtà rimane ancora un mistero.

Al solito i media sembrano sapere tut-

to senza sapere realmente niente, ma

presto riusciranno a convincerci del

contrario, pubblicando qualche dato

raccolto qua e là dagli inviati speciali.

Ma la verità continuerà a rimanere

nascosta! Helga Turiaco

Molti sono i soldati italiani che

decidono di andare in missione di

pace nel mondo. Tra questi ricor-

diamo gli alpini Italiani in Afgha-

nistan. Tra di loro Luca Sanna, il

cui ricordo è ancora vivo. Il 18

gennaio Sanna è stato ucciso

mentre si trovava in missione,

precisamente nella zona di Malah

Bunghab. Sanna lavorava nell’e-

sercito dal 2003, e, anche se non

aveva affrontato molte esperienze

lavorative, era comunque consi-

derato un soldato “esperto”. Il

caporal maggiore dell’ottavo reg-

gimento degli alpini italiani fu

aggredito mentre si allontanava

con un suo compagno dalla base

militare italiana. Un soldato af-

ghano si accostò pacificamente ai

due militari, fingendo di avere un

problema all’arma. Quando ne

ebbe la possibilità sparò ai due

alpini. Poco tempo dopo il mini-

stro La Russa

fece sapere a

tutti noi italiani

che per Luca Sanna il colpo era

stato fatale, mentre il suo collega

Luca Barisanzi, pur essendo stato

per molti giorni in gravi condizio-

ni, era riuscito a riprendersi. Luca

Sanna è stato riportato in Italia,

dove si sono celebrati i funerali di

Stato, durante i quali tutti noi ab-

biamo ricordato l’alpino che ha

sacrificato la sua vita. Luca Sanna

si era sposato da poco tempo e su-

bito dopo il matrimonio era partito

per l’Afghanistan: lo dedizione

alla causa della pace lo aveva

spinto ad abbandonare la sua fami-

glia. Tutti noi, secondo me, do-

vremmo considerare Luca Sanna e

tutti gli altri soldati che si sacrifi-

cano in guerra veri e propri model-

li, tramite i quali comprendere il

vero senso dell’altruismo e del

coraggio.

Ramona Urso

NOTIZIE DALL’ESTERO

La caccia è finita!

Page 23: Rizòmata - Numero 0

Pagina 23

gliacchi, non

combattenti,

perchè in effetti

i terroristi non

sono degni

nemmeno dell’appellativo di

combattenti. La loro è una guerra

non dichiarata, che uccide perso-

ne indifese. Il terrorismo è una

grave minaccia per il mondo in-

tero, perchè crea un senso di insi-

curezza, apprensione, paura, an-

goscia che non sempre tutti san-

no superare. Ed è proprio questo

il risultato perseguito dai terrori-

sti: seminare il panico, così da

condizionare negativamente tutte

le attività umane. Il mondo civile

deve saper combattere unito, di-

menticando rivalità di qualsiasi

genere in nome della civiltà. E’

indispensabile che le nazioni si

coordinino in un’unica lotta con-

tro il terrorismo, perchè è impos-

sibile chiudere gli occhi di fronte

alla morte straziante di bimbi

innocenti, fingendo che il fatto in

sè non tocchi la coscienza. La

vita umana non deve essere col-

pita, ma deve essere rispettata e

amata nel migliore dei modi.

Antonio Furci

Terrorismo. Fenomeno difficile da estirpare

Con tragica regolarità il nostro

pianeta è sconvolto da atti terrori-

stici che minano la stabilità di

fragilissimi equilibri politici, mi-

nacciando la sopravvivenza della

terra stessa. A voler scrivere una

storia del terrorismo nel nostro

secolo, troveremmo materiali suf-

ficienti per una inquietante enci-

clopedia, il cui ultimo volume è

sempre in preparazione, se di ulti-

mo volume si può sperare di ave-

re un giorno l’occasione di parla-

re. Sembra quasi che l’ umanità, o

meglio, certa umanità (ma poi è

giusto definirla così?) creda che

le proprie ragioni debbano essere

ribadite o fatte valere solo con

l’uso più vile della forza, della

paura, della violenza contro gli

innocenti. Motivi religiosi -o

piuttosto fanatismo- politici, raz-

ziali, economici non valgono ad

armare mani omicide di veri vi-

Le donne e l'ISLAM

E’ di poco tempo fa la notizia della

condanna a morte in Iran di Saki-

neh, una donna accusata di adulte-

rio. Si tratta di un caso emblemati-

co, che non è il primo nel mondo

islamico più integralista. Secondo

il corano, infatti, la donna deve es-

sere sottoposta all’autorità prima

del padre e poi del marito, in tutto

e per tutto. In virtù di questo le

donne sono private dei fondamen-

tali diritti umani e civili, non godo-

no di alcuna libertà, non possono

decidere del loro destino e sono

costrette ad un abbigliamento spe-

cifico, che comprende anche l’uti-

lizzo di veli atti a nascondere il

volto, ed a convivere con altre mo-

gli. Nel mondo occidentale tutto

ciò viene certamente condannato in

maniera assoluta, poichè nessun

essere umano, uomo o donna, può

o deve essere considerato inferiore

ad un altro. In molti paesi islamici,

del resto, le condizioni femmini-

li stanno cambiando: le don-

ne, talora, ricoprono ruoli pubblici

e professionali proibiti in passato.

Ci sono comunque settori rimasti

inaccessibili, come l’esercito o la

giustizia, e rimangono le oltraggio-

se restrizioni che le donne sono

costrette a subire. Ramona Urso

Osama Bin Laden

Page 24: Rizòmata - Numero 0

Pagina 24

La storia di "Copia" e "Incolla"

Questa storia ha inizio in una città chia-

mata “Furbetta”: i protagonisti sono due

buffi personaggi di nome “COPIA” uno,

“INCOLLA” l’altro. “Copia” e “Incolla”,

amano burlarsi di tutti e a tutti prometto-

no grandi cose! Girano su una vecchia

macchina tutta “scassata”, e sul tetto un

grosso megafono continua a ripetere:

”Copia e Incolla a prezzi stracciati!! Con

noi raggiungi il massimo risultato con il

minimo sforzo!!!”. Un giorno passa di lì

un malcapitato signore tedesco di nome

Karl-Theodor che, ben felice di poter

centrare l’obiettivo senza stancarsi troppo

e senza passare le notti insonni bevendo

caffè per stare sveglio a studiare, chiede

ai due “geni del male” di impacchettargli

una bella “tesi” per il Dottorato di Ricer-

ca!!! Ed ecco fatto! Tesi pronta… Dotto-

rato di Ricerca in tasca e… al diavolo

l’onestà!!! Pensate, questo Karl è talmen-

te bravo che è divenuto un uomo di fidu-

cia della Cancelliera Angela Merkel! Ne

ha fatta di strada il ragazzotto da quando

ha incontrato “Copia” e “Incolla”, e ne ha

fatta tanta… Ministro della Difesa. Ma

non è proprio vero che tutte le ciambelle

riescono col buco! Ai Tedeschi non la si

fa! Il poveretto, scoperto, è stato lasciato

in mutande e costretto a dimettersi!!! E

“Copia” e Incolla”? Sono chiusi dentro

un libro con “Tira” e “Molla”, “Pappa” e

“Ciccia”, “Bulli” e “Pupe”, “Peppone” e

“Don Camillo”. Ma torneranno, e come

se torneranno… di polli da spennare il

mondo è pieno!!! Nicolò Albanese

IL GIOCO DELLE PARTI

Con gli occhi di un adolescente africano

Sta succedendo qualcosa, qual-

cosa che non è mai accaduto

da quando sono nato. Sembra

qualcosa di terribile, di spaven-

toso, un’ondata di colpi di pi-

stole, fucili, bombe e qualun-

que altra cosa possa uccidere.

Vedo tanta gente scappare, vo-

gliono mettersi in salvo, da

cosa? Da una tremenda guerra

c h e

p o -

trebbe

porta-

re la

mor t e

di tutti

quanti

l o r o .

Ho visto tutti i miei amici par-

tire, salire su delle barche mar-

ce e logore, insieme a centinaia

di persone. Altri volevano fug-

gire in Germania, in Francia,

chi addirittura in America. Tut-

ti posti diversi ma con uno sco-

po comune, quello di avere una

vita migliore, di avere un lavo-

ro, una famiglia e qualsiasi co-

sa di bello la vita possa offrire.

Vedendo tutti quanti andare

Ho visto tutti partire

via, è sorto anche in me il desi-

derio di scappare lontano, di

farmi una nuova vita, ma questo

desiderio è stato subito indeboli-

to da una miriade di pensieri e

preoccupazioni. Avevo paura di

ciò che mi sarebbe potuto acca-

dere, avevo paura del Paese in

cui sarei andato, ma avevo an-

che paura a restare nel mio di

Paese. Così

presi la de-

cisione, for-

se fino ad

ora, più im-

portante di

tutta la mia

vita. Rac-

colsi i soldi

necessari alla traversata del ma-

re, soldi che mi avrebbero porta-

to in Europa, che mi avrebbero

portato ad una nuova vita. Oggi

è il giorno prima della partenza

e sento dentro di me quelle sot-

tili paure che piano piano diven-

tano sempre più grosse, ma che

allo stesso tempo vengono

smorzate dal desiderio irrefrena-

bile di cambiamento.

Pierfrancesco Pata

Page 25: Rizòmata - Numero 0

Pagina 25

La voce dei nostri inviati speciali dall’Italia

Uno sguardo alla realtà che ci circonda

Il flusso migratorio, in particolar modo dai paesi

extracomunitari, ma ultimamente anche da nazioni

europee, è una realtà presente da diversi decenni

nel nostro Paese, ma si è fatto più consistente a

partire dagli anni ‘80 del secolo scorso, fino a di-

ventare una vera e propria “emergenza”. Si parla di

emergenza prima di tutto per i problemi legati all’-

accoglienza, cioè per garantire igiene e cure ai sog-

getti in ingresso malati, eventualmente anche por-

tatori di malattie trasmissibili,

motivo per il quale nel corso

del tempo sono stati creati veri

e propri centri di accoglienza

per gli stranieri. Il fenomeno

migratorio ha portato nel tem-

po alla necessità di un inseri-

mento lavorativo degli adulti

immigrati e di un inserimento scolastico di bambi-

ni e adolescenti, dalla scuola materna fino a quella

superiore. Infatti, nella scuola italiana il numero

degli alunni stranieri è aumentato notevolmente.

Ciò ha comportato la necessità di cambiare l’orga-

nizzazione scolastica, perchè inevitabilmente la

presenza di bambini stranieri comporta l’esigenza

di risolvere alcuni problemi,

tra cui la diversa lingua, i di-

versi livelli culturali e religio-

si, le diverse priorità, i diversi

modelli comportamentali ed

educativi. Questi problemi

possono, dal punto di vista

didattico, creare dei rallen-

tamenti nello svolgimento

delle lezioni, anche se le

proposte di legge sono orientate a garantire comun-

que a tutti il giusto livello di istruzione. La differen-

za linguistica è il fattore più evidente, che crea mag-

giori difficoltà di inserimento e che spesso porta al-

l’emarginazione di alcuni stranieri. E’ chiaro che,

risolvendo questo problema,

molto probabilmente se ne po-

trebbero risolvere anche altri. E’

proprio nel tentativo di trovare

una soluzione che è stata fatta la

proposta di creare delle classi

solo per gli immigrati. A mio

parere questa iniziativa può solo

rendere più difficile e complicata l’integrazione di

immigrati, perchè sarebbe come creare classi di

“diversi”, con il rischio di aumentare i fenomeni di

intolleranza, violenza e razzismo. Sarebbe invece

necessario portare avanti un “progetto” di inseri-

mento, aumentando le ore di insegnamento della

nostra lingua, effettuando magari lezioni pomeridia-

ne per coloro che sono stranieri e utilizzando le dif-

ferenze culturali tra le varie razze come motivo di

arricchimento e non di ostacolo. Al momento attuale

la multiculturalità è un sogno, poichè c’è diffidenza,

ignoranza, superficialità e rifiuto di tutto ciò che è

“diverso”. Simona Violi

L'ingresso di cultura spaventa l'Italia

Page 26: Rizòmata - Numero 0

Pagina 26

Perchè dobbiamo diventare delle Barbie a tutti i costi?

Il mondo della moda e dello spettacolo

presenta icone di perfezione e bellezza ai

giovani, che molte volte sono false e irre-

alizzabili. Un mondo in cui se non si è

belli, magri e muscolosi non si farà mai

strada, illudendo i giovani che la bellezza

esteriore sia l’unica cosa da realizzare

nella nostra vita. Ogni giorno possiamo

osservare su riviste come Vogue e Vanity

Fair modelle, o meglio giovani ragazze,

che mettono in mostra il loro corpo e il

loro viso perfetto, indossando tacchi e

vestiti striminziti. Ma questo è pur sem-

pre il loro lavoro. Le ragazze le guardano

come se fossero la cosa più bella che ci

sia a questo mondo e si impongono che

anche loro dovranno raggiungere la loro

perfezione e bellezza. Questo accade nel-

le ragazzine dagli undici anni in su, per-

chè non sono contente del loro corpo e

del loro essere. Iniziano a guardarsi allo

specchio continuamente, fissando con

disprezzo quel poco di pancia che si ritro-

vano o che non hanno proprio, osservano

le loro gambe, che si potrebbero parago-

nare a dei manici di scopa, il loro seno

troppo piccolo e i loro glutei. Sembra che

tutti i difetti alloggino nel loro corpo.

Aprono il beauty-case della mamma e

iniziano a rovinare il loro viso con pro-

dotti estetici. Infine chiederanno ai loro

genitori le prime scarpe con il tacco, il

primo lucidalabbra, il primo ombretto e

così via. Il giorno mangiano sempre di

meno, o non mangiano proprio, per non

ingrassare. Dimagriscono, diventano

scheletriche, dei fantasmi pallidi. Loro

stesse diventano il loro dietologo. Il non

mangiare provoca gravissime malattie,

come l’anoressia o la perdita di calcio e

ferro, che avrà su di loro conseguenze

gravi. Io ho assistito in prima persona a

questo dramma, perchè una mia amica si

era innamorata perdutamente di un ragaz-

zo. Lei è una bella ragazza, solo che era

un po’ robusta, ma questo ragazzo l’ha

rifiutata solo per questo, perchè per lui

l’aspetto esteriore è tutto. La mia amica,

delusa ha iniziato a non mangiare, nono-

stante i richiami e le minacce della ma-

dre. Lei mangiava, ma poi si precipitava

in bagno a vomitare. Io sono molto con-

tenta che questa mia amica abbia messo

la testa a posto, soprattutto grazie agli

amici e avendo capito che l’aspetto este-

riore non è tutto. Ma sono ancora tante le

giovani che muoiono di anoressia, questa

malattia dell’anima che provoca una

mancanza persistente o la perdita comple-

ta dell’appetito con conseguente rifiuto

del cibo fino alla morte. Oppure ogni

giorno seguono una nuova dieta come le

modelle. Io non riesco a capire com fac-

ciano a vivere un intero giorno mangian-

do un solo frutto o un solo pezzetto di

formaggio; se cercano di imitare in tutto e

per tutto le modelle devono sapere che

loro farebbero di tutto per mangiare di-

versamente. Ultimamente la Spagna ha

emanato una legge che vieta alle industrie

di moda di far sfilare le modelle con abiti

taglia 38, proprio per non dare un cattivo

esempio alle adolescenti. Molte giovani

per il loro compleanno, principalmente

per il loro diciottesimo compleanno, o

anche prima, preferiscono un intervento

di chirurgia estetica al posto di una bella

festa o di un viaggio dell’estero. Non c’è

più nulla di concreto nei giovani ed essi

sono anche ingenui: non capiscono che

nessuno è perfetto ma i computer possono

far raggiungere la perfezione. PhotoShop

è un programma che può ritoccare le foto,

migliorarle nei minimi particolari. Since-

ramente io non mi sono mai posta questo

tipo di problemi: se non mi sono mai im-

posta di perdere peso è perchè non volevo

avere problemi di salute e poi perchè non

ho mai voluto imitare le modelle. E come

dicevano i latini bisogna avere “Mens

sana in corpore sano”. E sinceramente

preferirei non vivere proprio se vivere

vuol dire questo, perchè è immorale. Io

penso che conti più il cervello che la bel-

lezza. Ma non tutti lo comprendono, e

credo che la televisione o le riviste do-

vrebbero sensibilizzare queste ragazze,

facendo apparire persone con più cervello

e meno perfette, per far capire che se si è

bravi e intelligenti si può raggiungere

ogni nostro obiettivo e che non basta esse-

re “oche”. Ad esempio stilisti e negozi

hanno di recente organizzato sfilate dove

le modelle indossavano abiti dalla taglia

42 in su. Perchè tutti questi sacrifici per

dimagrire ci rendono infelici. Tra le mie

aspirazioni per il futuro c’è quella di di-

ventare un chirurgo, e se mai lo diventerò

credo che il chirurgo plastico mi farà gua-

dagnare molto, dato che tutte queste inge-

nue ragazze verranno da me per modifica-

re il loro corpo. Credo comunque che se

siamo circondati da una famiglia e da

amici che ci vogliono bene è praticamente

inutile cambiare noi stessi, perchè loro ci

accettano anche con i nostri difetti e so-

prattutto perchè la vera bellezza, quella

che rende davvero fantastica una persona,

non è la bellezza esteriore ma quella inte-

riore. Annamaria Pata

Page 27: Rizòmata - Numero 0

Pagina 27

La violenza e la giusta pena La mia Italia di domani

Ogni gior-

no la radio,

la televisio-

ne e i quoti-

diani riportano notizie di rapine,

furti, sequestri e azioni violente,

che non fanno altro che provocare

profonde angosce in molte perso-

ne. E’ facile condannare, quando

leggiamo del giovane che ha ru-

bato o che ha commesso un reato

piuttosto grave, e non ci preoccu-

piamo di comprendere, di andare

al di là del fatto di cronaca. Certo,

la criminalità è sem-

pre esistita, ma oggi

il fenomeno è più

esteso - o più cono-

sciuto - che in pas-

sato. Viviamo nella

società dei consumi,

della corsa sfrenata, del successo,

del consumismo senza scrupoli, e

chi non riesce ad assecondare tali

meccanismi ha la sensazione di

essere fallito. In questi ultimi

tempi notizie di efferati delitti

causati da “orchi cattivi”, come

l’uccisione della piccola Sara o

della piccola Yara, hanno portato

migliaia di persone a pensare e a

riflettere su quale debba essere la

giusta pena da dare a questi mo-

stri. Io sono contro la pena di

morte, da più parti invocata come

naturale rimedio alla criminalità,

perchè definisco assassino anche

chi uccide per punire. Credo che

non si debba punire per vendetta,

ma che la punizione debba avere

uno scopo rieducativo. Solo Dio

può decidere della vita di una per-

sona, solo Lui può fare Giustizia;

un giorno sarà Lui a scegliere la

giusta punizione per chi ha sba-

gliato. A noi compete solo invita-

re chi ha sbagliato a pentirsi.

Dobbiamo giungere

alla conclusione

che, se esistono le

violenze, forse è

colpa un pò di tutti,

poichè tutti abbia-

mo contribuito a

creare una società in cui vengono

messi da parte valori quali l’amo-

re, la fratellanza, la solidarietà, a

vantaggio di disvalori quali l’e-

goismo e il desiderio del succes-

so. Per evitare la degenerazio-

ne dovremmo fermarci un attimo

a riflettere e cercare di costruire

un mondo più solidale e meno

violento.

Antonio Furci

In questi giorni sono tante le manife-stazioni che si sono verificate in tutta Italia. Nella mia città, in particolare, gli studenti dei licei si sono riuniti presso le strade in cortei o nelle loro scuole dove hanno occupato i locali per molti giorni. Tutto ciò è dovuto ai tagli previsti dalla riforma Gelmini, soprattutto verso le università per i ricercatori, la scuola primaria (maestro unico) e gli istituti tecnici, dove sono state apportate delle ridu-zioni delle ore di studio: ciò si tradu-ce di fatto in una riduzione dei fondi per la cultura, il tutto a sfavore degli studenti. Anche i licei hanno subito molti tagli, specialmente per i labora-tori pomeridiani (musicali, teatrali, linguistici, ecc.), e ciò ha causato la ribellione da parte degli alunni. Inol-tre, è previsto un aumento delle scuo-le a pagamento: ciò ai danni di ragaz-zi che provengono da famiglie più modeste e che sono impossibilitati a pagare l’istruzione al figlio. Sarebbe più opportuno diminuire gli stipendi di molti politici e le spese che girano intorno a loro per investirli nell’istru-zione dei giovani, che rappresentano il futuro del Paese, e quindi dell’Ita-lia. Io ho molta fiducia nel futuro e spero che il governo dia molta più importanza alla scuola e mandi i fon-di necessari per migliorarla, non solo per quanto riguarda le ore mattutine ma anche per i laboratori pomeridia-ni. Io, per fortuna, frequento una scuola privata che mi sta dando l’op-portunità di conseguire una prepara-zione completa e approfondita, per-chè io e i miei compagni studiamo specifiche materie che ci serviranno in futuro per accedere facilmente a molte facoltà universitarie, ma soprat-tutto in quella che intendo scegliere, quella di medicina. Concludo espri-mendo il desiderio che tutti i miei coetanei abbiano le mie stesse possi-bilità.

Benedetta Galletta

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Pagina 28

Alcol:dipendenza fisica e psicologica

L’alcolismo è un fenomeno che

sempre più prende piede tra i gio-

vani e ha ormai raggiunto dimen-

sioni preoccupanti, in quanto uno

su quattro si sbronza. Inoltre l’età

del primo approccio con l’alcol si

abbassa ogni anno maggiormente.

Ad influenzare la mentalità dei

giovani vi è anche una società

che, su questo piano, è in cam-

biamento e che somiglia sempre

più agli stati nordici dove si be-

ve principalmente nel weekend,

a differenza di quello che acca-

deva precedentemente in Italia,

dove venivano consumate be-

vande alcoliche come birra e

vino durante i pasti, secondo la

tradizione mediterranea. Ciò

accade anche oggi ma in minor

quantità. A questo si aggiungono

le sollecitazioni pubblicitarie che,

anziché sensibilizzare le persone

a fare un uso responsabile degli

alcolici, le invogliano ad acqui-

stare i prodotti. I giovani sono i

primi a risentire gli effetti della

società e della pubblicità, si riuni-

scono in happy hours, brunch,

pub e discoteche, tutti luoghi di

ritrovo finalizzati al consumo di

alcol dove, probabilmente per

mostrarsi più grandi, pensando di

averne dei benefici o per cercare

momentaneamente di dimenticare

problemi personali, ne fanno un

uso scorretto. Questa è una situa-

zione negativa per quanto riguar-

da il benessere del nostro organi-

smo, che risente in primo luogo

di una serie di danni a carico di

svariati apparati: dal sistema ner-

voso centrale e periferico al meta-

bolismo generale, dal sistema im-

munitario a quello respiratorio,

dall’apparato gastroenterico al

sistema endocrino. Molte volte

poi capita di bere e subito dopo

sedersi al volante. Si dice che gli

incidenti più comuni del sabato

sera sono dovuti all’esagerato uso

di alcol soprattutto tra i giovani.

Nonostante l’alcol sia una sostan-

za pericolosa, la nostra società

mantiene nei suoi confronti un

atteggiamento ambivalente che

ne incoraggia il consumo. La

pubblicità associa il forte consu-

mo di alcol al successo materiale,

mondano e sessuale e alla elevata

performance.La medicina propo-

ne per gli alcolisti, oltre ad inter-

venti di carattere psicologico e

psicoterapeutico, che coinvol-

gano non solo la famiglia, ma

anche l’ambiente di lavoro,

l’impiego di farmaci che aiu-

tino a liberarsi dalla dipen-

denza. In particolare, si sono

conseguiti eccellenti risultati

da parte di comunità terapeu-

tiche e in special modo i

gruppi come gli Alcolisti A-

nonimi, resi ormai celebri

dalla stampa e perfino dal cine-

ma. Insomma, gli effetti sul no-

stro organismo dell’alcol, che a

differenza di altre sostanze entra

immediatamente ad operare nelle

cellule senza passaggi intestinali,

sono certamente più devastanti di

quello che noi immaginiamo.

Quindi pensiamoci più volte, pri-

ma di “alzare il gomito”.

Michela Penna

Page 29: Rizòmata - Numero 0

Pagina 29

Bagnara Calabra, il paese in cui

vivo, è una ridente cittadina della

costa viola; è un luogo pieno di

vita e festaiolo, con tante tradizio-

ni religiose e pagane. Uno degli

eventi più belli e sentiti è la fa-

mosa e tradizionale “Affruntata”,

che dà inizio alle festività religio-

se che si svolgono durante l’anno.

Nonostante la tematica, la festa

ha carattere popolare. E’ una rap-

presentazione che si tramanda di

generazione in generazione, che

rievoca l’incontro tra la Madonna

e suo Figlio, il Cristo Risorto. La

festa si svolge ogni anno la dome-

nica di Pasqua e segue un copione

che è sempre lo stesso. Dalla

Chiesa del SS. Rosario esce la

statua di Cristo Risorto, mentre le

campane suonano a festa, accom-

pagnato da una ragazza vestita di

bianco che rappresenta l’Angelo

Gabriele. La statua è portata a

braccio dai confratelli del Rosario

che indossano la tradizionale to-

naca bianca con mantello nero,

percorre la discesa del Rosario e

raggiunge la Chiesa Madre. Dopo

un breve sosta riprende il cammi-

no per raggiungere piazza Morel-

lo, luogo dell’incontro. Successi-

vamente, dalla Chiesa del Rosario

esce la statua della Vergine Maria

con un velo nero per il lutto, ac-

compagnata dalle pie donne

(quattro ragazze) e da due giovani

che impersonano San Pietro e San

Giovanni. La Madonna viene por-

tata, sempre a braccio, dai confra-

telli, tra il silenzio della folla, nel

luogo di incontro. Le due statue

sono nella stessa piazza, in punti

opposti. Inizia la rappresentazio-

ne: le pie donne, il giorno dopo il

sabato vanno al sepolcro di Cri-

sto, per sistemare le bende e un-

gerlo come era solito in una nor-

male sepoltura, ma al loro arrivo

troveranno l’Angelo che comuni-

cherà prima alle quattro giovani e

poi all’apostolo Giovanni, seguito

dall’Apostolo Pietro più anziano

di lui, la resurrezione di Gesù.

L’Apostolo Giovanni subito cor-

re da Maria per comunicarle la

Risurrezione del Figlio. Dopo

qualche istante ai piedi della Ver-

gine arriverà anche l’Angelo che

le dirà la stessa cosa e in quel

momento alla Madonna verrà

tolto il velo nero, simbolo di lut-

to. Adesso l’emozione della folla

è tanta così che esplodono ap-

plausi e grande commozione. Le

due statue vengono fatte correre

ed incontrare al centro della piaz-

za; si ricongiungono Maria con

suo Figlio, e Cristo con l’umani-

tà. Un coro intona l’Alleluia, la

banda musicale del paese suona

musiche di festa e si iniziano a

sparare i fuochi d’artificio. A

questa rappresentazione partecipa

tutta la cittadinanza di Bagnara e

non solo; molta gente arriva in

paese in questo giorno, per am-

mirare questo spettacolo straordi-

nario. Allora ragazzi vi aspettia-

mo per questo nuovo appunta-

mento, a Pasqua!

Giulia Pensabene

Una ricorrenza tutta nostra!

Page 30: Rizòmata - Numero 0

Yara e Sarah: due destini diversi accomunati da un tragico epilogo

Quando ero

piccolo, la

mamma mi

raccontava

sempre le favole e quando arrivava

quella dell’orco cattivo, finiva sempre

con un eroe che lo sconfiggeva. Cre-

scendo ho capito che lei raccontava

quella favola per farmi comprendere

che nella vita, purtroppo, può capitare

di incontrarlo ma il suo cuore preferi-

va finire con: “e l’orco morì e vissero

tutti felici e contenti”. Sono sicuro che

anche le madri di Yara e Sarah avran-

no raccontato queste stesse storie alle

loro figlie e il finale sarà stato sicura-

mente come quello che la mia racconta-

va a me. Purtroppo “l’orco” che ha in-

crociato le loro strade è stato talmente

cattivo da non poter essere sconfitto da

nessun eroe. Si rincorrono due date, 26

Agosto e 26 Novembre: Sarah e Yara

unite da una triste sorte, da uno stesso

numero.

I media ci hanno raccontato minuto per

minuto tutto il calvario di queste due

ragazze. Ognuno di noi si è immaginato

padre, madre, fratello, nonno, zio, cugi-

no, amico, ma nessuno si è immedesi-

mato nei panni sventurati di queste due

povere innocenti. Cosa sarà passato per

le loro menti quando hanno capito che

La droga: un biglietto per un viaggio di sola andata

Uno dei pericoli più gravi per un

adolescente è rappresentato dall’as-

suefazione a qualche sostanza chimi-

ca che modifichi il suo stato di co-

scienza. La “droga”, come si defini-

sce in maniera inappropriata la tossi-

comania, costituisce, da alcuni de-

cenni e da alcune generazioni, un

problema per giovani, genitori, edu-

catori e famiglie. Si tratta di moleco-

le che provocano danni irreversibili

al cervello e che generano dipenden-

ze fisiche e psicologiche difficili da

trattare; sostanze che, comunque,

mettono a repentaglio gravemente la

salute di chi ne fa uso. Per questo ci

si interroga su quali siano le cause

che inducono i giovani a fare uso di

sostanze stupefacenti e quali i mec-

canismi psicologici che determinano

questo comportamento giovanile de-

viante. Intanto va notato che alcune

sostanze capaci di modificare il no-

stro stato mentale, tossiche per l’or-

ganismo, vengono accettate dalla so-

cietà: il tabacco, l’alcol e gli psicofar-

maci in primo luogo. Ma perché i

giovani si drogano? Al giorno d’oggi

esiste quel fenomeno molto diffuso

tra i giovani che si chiama “gruppo

dei pari”. Si tratta di quel gruppo di

coetanei, la cui importanza e la cui

autorità stanno superando quelle dei

genitori. Il gruppo ha delle sue rigide

regole, un codice morale che induce i

singoli a uniformarsi pedissequamen-

te a determinati comportamenti

(scelta dell’abbigliamento, linguag-

gio, stile di vita, ecc..).Tutto ciò vie-

ne vissuto con il timore di non esse-

re accettati e approvati dal gruppo, e

ciò finisce per indurre l’adolescente

ad adottare comportamenti disadat-

tati e inappropriati. In sintesi, ciò

che spinge i giovani di oggi ad assu-

mere comportamenti devianti in tutti

i sensi, è la mancanza assoluta di

personalità, che li rende tutti uguali,

come fossero tanti robot program-

mati per fare il male ed andare con-

tro le regole della società. Conclude-

rei dicendo, come affermò il grande

Jim Morrison, che : “Comprare dro-

ga è come comprare un biglietto per

un mondo fantastico, ma il prezzo di

questo biglietto è la vita…”

Gaia Foti

Pagina 30

tutto era ormai perduto? A chi avran-

no rivolto il loro ultimo pensiero?

Sarah e Yara, due realtà così diverse:

Sarah una ragazza con la voglia di

scappare dal proprio mondo, per an-

dare alla ricerca di uno migliore; Ya-

ra, invece, felice del proprio mondo e

della propria vita. Ambedue però

sono state accomunate da un unico

triste destino, la morte. Non sappia-

mo chi sia stato, non sappiamo per-

ché sia successo. Le lasciamo volare

in cielo con una promessa… trovere-

mo coloro che hanno infranto i loro

giovani sogni!

Nicolò Albanese

Page 31: Rizòmata - Numero 0

Pagina 31

CATAPULTATI NELLO SPETTACOLO DALLA SCUOLA

ne. Il primo serve a tradurre in

una lingua diversa un film, cer-

cando di mantenere l’espressività

e il pathos delle battute originali.

La recitazione è invece la capaci-

tà di interpretare con espressività

un copione imparato a memoria.

Abbiamo approfondito la cono-

scenza degli attori anche in ambi-

to extrascolastico, andando tutti

insieme a cena fuori in piazza

La Scuola Superiore Empedocle,

prendendo parte al progetto cine-

matografico “A tutto Campus”,

ha organizzato una manifestazio-

ne che ha permesso a noi alunni

di sviluppare le capacità espressi-

ve e comunicative ma anche di

conoscere alcune significative

personalità artistiche. Il progetto

ha previsto infatti la presenza di

un produttore cinematografico, un

regista e due attori professionisti:

Roberta Scardola, appartenente al

cast dei Cesaroni, e Alan Cappel-

li, attore del film “Notte prima

degli esami”. I veri protagonisti

dell’evento però siamo risultati

noi ragazzi, che per la prima volta

ci siamo lanciati in una esperien-

za cinematografica. Gli attori,

infatti, ci hanno fornito un copio-

ne, ci hanno invitato a leggerlo in

poco tempo e poi a metterlo in

scena . Si sono cimentati in que-

sta esperienza anche i nostri inse-

gnanti. Il giusto clima di fiducia,

di collaborazione e spontaneità

che il gruppo di formazione ha

saputo creare ha permesso di far

emergere le potenzialità espressi-

ve presenti in ognuno di noi. L’e-

vento si è svolto il 18 ottobre 20-

10 e la location dell’incontro è

stata l’auditorium della mia scuo-

la.

Gli attori, oltre a farci capire che

recitare per professione è diver-

tente ma anche molto impegnati-

vo, hanno parlato delle differen-

ze tra il doppiaggio e la recitazio-

Duomo, dove abbiamo dramma-

tizzato una piccola scena e ottenu-

to la promessa del regista di asse-

gnare una piccola parte a ciascuno

di noi in un film riguardante la

frana di Giampilieri, il prossimo

anno. L’esperienza è stata adrena-

linica. La cooperazione tra i com-

pagni, la concentrazione, il supe-

ramento della timidezza e tanto

altro, si sono rivelate significative

opportunità che anche fuori dal

set serviranno ad affrontare me-

glio la vita.

Paolo Salerno

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Pagina 32

Scienza e dintorni

La ricerca scientifica deve porsi dei limiti oppure ogni tipo di speri-

mentazione è lecita, purché rag-giunga il risultato per il quale è stata intrapresa? Il rischio è che, rispondendo a questa domanda, emergano posizioni preconcette. Mi sforzerò pertanto di essere il più obiettivo possibile, partendo però sempre dal presupposto che non è possibile essere perfetta-mente neutrali su questo, come su altri argomenti. Anzitutto, sono molto contento che la ricerca pos-sa giungere a risultati importanti riguardo a tumori o altre malattie inguaribili, che possa aiutare a risolvere il problema della fame, che possa aiutare a sfamare tutte le popolazioni mondiali e a dona-re la gioia di avere un figlio an-che a chi non può provarla altri-menti. Tuttavia gli stessi scienzia-ti che si trovano a sperimentare e a modificare i meccanismi della vita hanno pensato di riflettere sul loro lavoro, sul comportamento da adottare in certi casi. E così è nata la bioetica. La filosofia illu-minista ci ha insegnato che esi-stono non solo diritti civili, ma anche diritti naturali dell’uomo. Pertanto, giustamente, gli scien-ziati si chiedono se, in una o nel-l’altra situazione, stanno violando i diritti di qualcuno. Un conto, infatti è che l’uomo operi su una materia inerte, un altro conto è che operi su un altro uomo. Ri-tengo corretto quindi che l’uomo adoperi le nuove scoperte tecni-co-scientifiche, salvaguardando

però i diritti che ciascun uomo ha sin da quando è nato. Infatti, se non credo giusto frenare il pro-gresso umano con principi e cre-denze tese solo a fermarlo, d’altra parte non ritengo legittimo subor-dinare al profitto personale (o di alcuni…) ogni tipo di ricerca. Non possiamo dire ad un medico “ho bisogno di un organo da tra-piantare”, comportandoci con lui come ci si comporta con un com-merciante qualsiasi. Infatti ci si dovrebbe chiedere: “Da chi è sta-to trapiantato quell’organo? Per caso, per curare il paziente a cui trapiantare un organo, si sono lesi i diritti del paziente da cui l’orga-no è stato espiantato?”. L’autono-mia della scienza, insomma, non può essere liberazione dall’etica, altrimenti passeremmo dall’uma-nesimo all’utilitarismo, subordi-nando tutto all’appagamento di bisogni personali, scavalcando i diritti degli altri, o creando i pre-supposti per un’involuzione, in-vece che per un miglioramento. Facciamo un altro esempio: po-niamo che un ricercatore indivi-dui il gene responsabile delle per-dite di raccolto di un prodotto e ne riesca a prevenire l’effetto con un intervento genetico sul prodot-to stesso, ma si dimostra che que-sta tecnica è dannosa per gli esse-ri umani. In quel caso, secondo me, il ricercatore dovrebbe essere indotto a proseguire con altre me-todologie e, se proprio non se ne trovano, a cessare immediatamen-te le sue ricerche. Questo non si-gnificherebbe privare quel ricer-catore della sua libertà scientifica, ma operare nell’interesse dell’in-

Sì alla ricerca e alla sperimentazione. Purchè non si dimentichi l’uomo

La Bioetica

tera umanità, in modo che la scienza aiuti la specie umana a progredire e non ad autodistrug-gersi. Tuttavia questo non vuol dire che la ricerca debba essere inibita. La bioetica non è un osta-colo alla scienza, ma un aiuto, affinché la scienza operi nel ri-spetto della morale. Occorre esa-minare ogni situazione in modo approfondito. Prima di esprimere una propria opinione, occorre documentarsi con scrupolo e solo dopo prendere una decisione, che sia poi condivisa dalla maggio-ranza, e non imposta dall’ alto. L’importante è che non prevalga il criterio che sono stati spesi dei soldi e che quindi bisogna andare fino in fondo sempre e comun-que, altrimenti prevarrebbe l’in-teresse imprenditoriale - econo-mico su quello della persona. La prospettiva da cui osservare il singolo problema, in ogni modo, è che non tutto quello che può dare un vantaggio immediato co-stituisce per forza la procedura corretta, perché, magari, a lungo andare, potrebbe causare risultati sfavorevoli di cui spesso ci si ac-corge quando ormai è troppo tar-di. La soluzione è quindi quella di usare la ragione, al di là dei suggerimenti interessati dei labo-ratori di ricerca o dei talk-show serali. Decidere con la ragione significa per l’uomo assumersi una matura e diretta responsabili-tà delle proprie azioni, anche quando chiamato solo ad espri-mere un’opinione o un voto, as-sumendo così una posizione au-tonoma e ben ponderata.

Antonio Furci

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Pagina 33

L'influenza del caso nella scienza Dagli svi-

luppi della

genetica è

sorta la

biotecno-

logia, ter-

mine derivato dal greco e compo-

sto dal suffisso”bios”, che signifi-

ca vita, e dai sostantivi

“technè” (tecnica) e

“logos” (discorso). La biotecno-

logia è una disciplina nata dal-

l’incontro della biologia e delle

tecniche industriali. Alcune bio-

tecnologie consentono, ad esem-

pio, d’isolare un gene, nel quale

sono contenute le informazioni

del Dna degli esseri viventi, ed

inserirlo nel patrimonio ereditario

di un altro organismo, anche del

tutto differente dal precedente.

Attraverso le tecniche delle bio-

tecnologie si riescono a produrre

anche farmaci propedeutici alle

terapie di qualche malattia. Ne

sono un esempio i peptidi atria-

li ,tra cui rientra anche la penicil-

lina scoperta da Fleming, il quale

riuscì a vincere il Premio Nobel

grazie ad una capsula dimenticata

aperta. Viene citato come il caso

più famoso di serendipity. Nel

laboratorio di Alexander Fleming

al St. Mary’s Hospital di Londra,

nel 1928, i germi proliferavano

nelle capsule di Petri. Il microbio-

logo lavorava su molecole capaci

di uccidere germi ma innocue per

l’uomo. Una di queste capsule

venne dimenticata aperta. Tor-

nando dalle vacanze il ricercatore

vide che una delle scatolette era

stata contaminata da una muffa.

Stava per buttarla, ma si accorse

che dove c’era la muffa gli staffi-

lococchi non crescevano. Che

cosa li aveva uccisi? Una sostan-

za prodotta dalla muffa stessa.

Questa apparteneva alla specie

Penicillium notatum, così Fle-

ming dette alla sostanza il nome

di «penicillina». Fleming non riu-

scì tuttavia a dare seguiti pratici

all’osservazione. Non c’erano

soldi e ci si rivolse alla Fondazio-

ne Rockefeller di New York, che

finanziò la ricerca per un anno.

Dovettero però passare 11 anni

prima che altri due ricercatori,

Howard Florey e Ernst Chain,

riuscissero a dare il giusto valore

alla scoperta. Bastò invece po-

chissimo tempo perché il nuovo

farmaco, usato dai soldati alleati

durante la II

guerra mon-

diate, si dif-

fondesse in

tutto il mon-

do. Sul finire

della vita, ri-

percorrendo la vicenda, Fleming,

che insieme con Florey e Chain

ricevette il Nobel per la medicina

nel 1945, annoterà: «La storia del-

la penicillina ha qualcosa di ro-

manzesco e aiuta a illustrare il pe-

so della sorte, della fortuna, del

fato o del destino, come lo si vuole

chiamare, nella carriera di ogni

persona». Quello stesso fato che

invece non arrise

a Vincenzo Tibe-

rio e a Ernest Du-

chesne. Nel 1897,

due anni dopo la

scoperta di Tibe-

rio, questo stu-

dente francese

riportò nella sua

tesi di laurea l’interazione tra il

fungo Penicillium glaucum e il

batterio Escherichia coli. Anche

nel suo caso lo studio fu abbando-

nato e i suoi risultati dimenticati.

Pierluigi Russo

Alexander Fleming

Vincenzo Tiberio

Ernest Duche-

Page 34: Rizòmata - Numero 0

Nonostante il nome, questi “parassiti” hanno poco a

che vedere con l’organo dell’udito. Si tratta di

“agenti musicali cognitivamente infettivi” del cer-

vello, come li definì nel 1987 una rivista tedesca,

“Musical imagery repetition (Ripetizione di imma-

gini musicali) ” . Il fenomeno è molto comune: il

98,2 % della popolazione mondiale è affetta dagli

Ohrwurm o earworm e i più esposti sono i giovani

che ascoltano molta musica e in particolar modo i

mancini. Di norma gli earworm vengono rilevati

come un’occasionale colonna sonora che tiene

compagnia o un fastidioso ritornello di cui è diffici-

le liberarsi, ma nel 10% della popolazione può di-

ventare un’ossessione ed è proprio in questi casi

che gli earworm diventano sintomi di una patologia

ossessivo-compulsiva. Sulle cause scatenanti degli

earworm ci sono solo delle ipotesi delle quali la più

diffusa sostiene che i tarli sarebbero sistemi di con-

solidamento mnemonico in cui la musica aiuta a

ricordare le parole o gli avvenimenti cui è legato

quel brano. Come fare quando il ritornello diventa

troppo fastidioso? E’ stato dimostrato che cercare

semplicemente di ordinare al cervello di smettere di

pensare a quella determinata musica è completa-

mente inefficace! Se infatti leggessimo “non pensa-

re alla scimmia sull’albero”, diventa impossibile

non visualizzare nella nostra mente l’animale in

questione. Diana Deutsch, ordinario di psicologia

all’University of California a San Diego, sostiene

che i tarli più fastidiosi riflettono un retropensiero,

una sota di post-it che invita a ricordare e sparisce

solo quando si riesce a trovare il ricordo che è lega-

to a quella determinata sinfonia.

Helga Turiaco

Il tarlo dell'orecchio, Ohrwurm!

Pagina 34

La scissione dell'atomo

Nel dicembre del 1942, Enrico Fermi

e i suoi collaboratori riuscirono a dare

il via all’era atomica. Tutto avvenne,

qualche anno prima, in un laboratorio

romano che si trovava in via Panisperna. Ma quei giova-

ni scienziati non ci sarebbero arrivati senza l’aiuto invo-

lontario di “sora Cesarina”, la donna che puliva il labora-

torio, che, per non farsi le scale, ignorando le regole, si

procurava l’acqua dai rubinetti che si trovavano nella

stanza dove Bruno Pontecorvo faceva i suoi esperimenti.

A causa di queste incursioni il giovane scienizato un

giorno si accorse che il tubo di argento, che doveva esse-

re “bombardato”, era molto radioattivo e un altro appena

appena, e per questo fu licenziato. Quando Amaldi e D’-

Agostino si accorsero che la vecchia lasciava spesso il

secchio pieno d’acqua tra gli strumenti, notarono pure un

diverso comportamento da parte di questi. Appena Fermi

fu a conoscenza di questo fatto, capì che nell’attraversare

un liquido i proiettili di neutroni “rallentavano”, ma gra-

zie ad uno strano processo diventavano sempre più mici-

diali. Fecero un prova in un vasca piena di pesci e l’espe-

rimento riuscì. Fermi e i suoi compagni ritennero così di

aver scoperto un nuovo elemento a cui diedero il numero

93 della scala Mendeleev. Solo quatto anni dopo Fermi,

quando già era a Chicago, capì che nel suo laboratorio

era avvenuta la scissione nucleare dell’uranio. A farglie-

lo comprendere furono anche gli esperimenti compiuti a

Berlino da due scienziati. Nacque così la “Pila di Chica-

go” e non “di Roma”. Il 2 Dicembre 1942 il capo del ser-

vizio che realizzò il primo reattore nucleare della storia

comunicò l’avvenimento dicendo che l’inventore italia-

no, come un nuovo Colombo, era giunto nel nuovo

“continente” dell’energia atomica.

Fabio Malacarne

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Pagina 35

MODERNE TECNOLOGIE E NUOVE GENERAZIONI A CONFRONTO Passaggio di testimone

Ed eccoci qua, come

tutte le domeniche a

casa del mio fantasti-

co nonno di 98 anni.

E’ diventato un ri-

tuale, ormai, incon-

trarci il pomeriggio

presto, raccontarci

tutto ciò che è suc-

cesso durante la set-

timana, per poi sprofondare nei comodissimi divani e

guardare la TV. Solitamente guardiamo documentari,

racconti storici, o i film che appassionavano i suoi

migliori anni. Ma, casualmente, quella domenica non

mandavano in onda né documentari né film. Solo

programmi pieni zeppi di gossip e news dal mondo

dello spettacolo. “Ma io non lo so! I bei programmi

di una volta sostituiti da queste porcherie, puàh!”

commenta subito mio nonno, alquanto disgustato.

“Hai ragione, nonno…tutta questa TV trash…”

“Trash? E che è? Si mangia?”

“Ma no, nonno…è la cosiddetta TV spazzatura, eh!”

“Ma parla decentemente! Tutto questo americano che

si è infiltrato nella nostra cultura…” “Nonno, vera-

mente è inglese…” “Ebbene? Che differenza fa? E’

pur sempre una lingua straniera! E per di più anglo-

sassone! Dove sono finite le nostre origini, le nostre

radici? Noi siamo gli eredi del maestoso latino! Il

latino si dovrebbe studiare, non l’inglese” “Ma non-

no, l’inglese è ormai ovunque! Se io volessi lavorare

all’estero, e non sapessi l’inglese, sarei persa!” “E

che bisogno c’è di andare all’estero? Eh? Aaah…

traditori della patria siete, traditori!” “Ma traditori di

che, nonno? Di una nazione che sta andando al massa-

cro?” “Si, esatto! Perché un marinaio non abbandona

mai la sua barca…” “Veramente si dice che un capita-

no non abbandona mai la sua nave…” “Osi contraddir-

mi? Ragazzina, ricordati che tu hai 14 anni, mentre io

ne ho esattamente 87…” sentenzia come sempre mio

nonno, offeso nell’animo. “Nonno, ne hai 98, per dire

la verità, e io 16” rispondo allora io, con un accenno di

insolenza. “Voi giovani d’oggi siete tutti così: presun-

tuosi ed impertinenti!” “Ma perché colpevolizzi tutti?

Non fare di tutta l’erba un fascio!” reclamo. “Dove

sono i valori di una volta, eh? I valori insegnati e tra-

mandati dal grande Duce? (possa egli avere gloria in

eterno!)” esclama accigliato mio nonno. Niente da fa-

re…mio nonno riesce sempre a mettere in mezzo Be-

nito Mussolini (pace all’anima sua), nonostante l’argo-

mento trattato sia di gran lunga lontano da quel nome.

“Ancora? Esalti colui che ha alleato l’Italia con un

mostro?” esclamo io, molto arrabbiata.

“L’errore non fu suo! Fu minacciato! Per questo en-

trammo in guerra al fianco della Germania hitleriana!

Piuttosto, ti ho mai raccontato di quella volta…” Ci

risiamo! Ma perché gli do sempre lo spunto per rac-

contare i suoi aneddoti bellici (che poi è sempre lo

stesso, ma raccontato in luoghi, posti e con parole dif-

ferenti). “Si, nonno! Me lo hai già raccontato!” rispon-

do prontamente io. «SMARTPHONE ANDROID a

soli 10 euro mensili! Passa a Vodafone» annuncia in

quel momento la TV.

“Nonno! Ma hai visto che telefono? E’… è … fanta-

stico! Magari lo avessi …” “Ma perché …è un telefo-

no quel coso?” chiede incredulo mio nonno. “Certo, è

di ultima generazione!” rispondo io. “E i tasti dove

Continua

Page 36: Rizòmata - Numero 0

Pagina 36

sono? Poi come lo componi il numero?” “Ma nonno, è

TOUCH!” rispondo io entusiasta. “Aaaah…touch…

come la canzone dei grandi The Doors e di Jim Morri-

son: «Touch me baby…and you see that IM not A-

FRIAID…»” inizia a canticchiare mio nonno (ne aves-

se azzeccata una, dico una di pronuncia). “AAAH AA-

HAHAH…” giuro, è impossibile contenere le risate.

“Si ma…non mi hai ancora spiegato dove sono i tasti!

Cioè, spendi 900 euro e manco i tasti ha il telefono…”

chiede ancora mio nonno. “I tasti sono sullo schermo,

nonno! Digiti il numero direttamente sullo schermo!”

spiego un po’ stufa. “Ma che razza di diavoleria è que-

sta? Quello è un signor telefono!” ed indica un vec-

chissimo modello di telefono fisso, con una cornetta in

avorio e “RUOTA GIRANTE SUI NUMERI” in le-

gno lucido. “Ma che c’entra! Nonno, stiamo parlando

di new generation…high technology system!” “…puoi

ripetere? Non ho capito da «parlando di» in poi…”

“Mio Dio, quanta arretratezza! Nonno: nuova genera-

zione è sinonimo di alta tecnologia di sistema! - ripeto

in italiano, sbuffando - In poche parole…il tuo telefo-

no è vecchio, nonno…it’s a shame!” “Non insultare

Doroty, idiota! Doroty non è scemo per niente! Quel

telefono vale molto per me…me lo regalò tua nonna…

costò molte lire…e non lo venderei neanche per milio-

ni di euro!” esclama il nonno…non accorgendosi di

abbracciare “Doroty” il telefono e piangendo in silen-

zio, rivolto verso di me. “Oh, nonno…beh…mi dispia-

ce, ma non volevo offenderti, né tanto meno offendere

ciò che è importante per te….scusami!” dico subito,

rammaricata. “Tranquilla…è l’unico ricordo che ho di

tua nonna…ora che non c’è più solo questo mi resta! -

dice mio nonno, ormai all’estremo della sua tristezza –

Erano altri tempi quelli…tempi in cui il telefono era

poco diffuso, la televisione era un bene per pochi, si

litigava di meno, la vita scorreva tranquilla e lenta, a

far da padrone era il verde dei campi e degli alberi in

fiore, ogni luogo era pieno di sole e di sorrisi; tempi

nei quali ci si accontentava di poco; tempi nei quali gli

occhi erano lo specchio dell’anima, del cuore…puri e

senza quel nero intorno che li sporca; tempi nei quali

le donne erano donne per la loro purezza e per la loro

semplicità, e non perché così risultava all’anagrafe;

tempi nei quali i giovani vedevano con rispetto gli an-

ziani, e ne traevano il meglio e ciò che di più saggio

avevano sotto quei capelli imbiancati dal tempo…”

“Nonno!” Che stupida. Ho saputo solo dire questo,

perché ho sentito subito il bisogno di gettarmi tra le

sue braccia, bagnandogli di lacrime la camicia profu-

mata di talco. “E sappi che ti ritengo una vera donna,

nipotina mia, perché nonostante la tua fierezza dimo-

stri ciò che hai nel cuore…”mi dice il buon nonno,

asciugandomi gli occhi. “Nonno…hai ragione su tutto,

davvero…ma lasciami dire che ciò che tu pensi è ricco

anche di luoghi comuni… - e subito gli occhi vispi del

nonno si fanno curiosi e languidi – E’ vero: sono tem-

pi diversi questi. Tempi in cui puoi avere tutto ciò che

vuoi con un solo click; in cui i giovani sono sempre

più vuoti e privi di coscienza e le droghe sono il mez-

zo più accessibile per uccidere; in cui gli incidenti so-

no all’ordine del giorno e la vita scorre, ma non ci sor-

ride; in cui ognuno di noi ha la sua ferita…ma non è

vero che in tutto questo non c’è chi ha ancora dei valo-

ri, chi crede ancora che la vita non sia tutta qui e che il

bene trionferà sul male, prima o poi…credimi, non-

no…c’è gente che sa vivere, ancora” spiego, riuscendo

a far valere la mia tesi. “Brava, nipotina mia, brava.

Sono orgoglioso di te!” dice allora mio nonno, sorri-

dendo.

Gaia Foti

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Pagina 37

Digital generation re un pensiero articolato. Ecco perché bisogna presta-re attenzione ai più piccoli che vivono esclusivamente di video e digitalizzazione. Quando spengono il compu-ter sono presi da angoscia, ma quando lo riaccendono tutto passa e si addentrano nuovamente nel mondo del-la virtualità, il quale ha una fondamentale caratteristica che lo rende attraente: se qualcosa non piace si clicca e la si fa sparire. Se, per e-sempio, in una classe scola-stica non piace un professo-re, non lo si può eliminare cliccando, a meno di non usare lo stesso indice della mano atteggiandolo ad un movimento che, anche se di poco, è diverso e serve a sparare. E non permette a quell’insegnante di conti-nuare faticosamente il com-pito di educare e soprattutto d’insegnare a vivere.

Pierluigi Russo

Oggi più che mai si parla di “digital generation”, ossia di una generazione che crea il proprio sapere, che si informa, che acqui-sta, che passa il proprio tempo libero attraverso l’uso di un og-getto, a prima vista quasi privo di senso, ma che rappresenta una vera e propria rivoluzione dal punto di vista tecnologico e scientifico: il computer. La sua importanza è dimostrata anche dal fatto che quasi tutti lo possie-dono. Infatti, grazie alla sua enor-me semplicità d’uso, ormai il computer è un elemento dell’esi-stenza di ciascuno di noi. La ca-ratteristica principale del “digital world” è di essere un mondo ana-logico, a differenza del mondo razionale che è causale e progres-sivo. Inoltre il mondo digitale non lascia spazio al dubbio, che è in-vece la forza stessa del procedere

scientifico. Tutto nel mondo ana-logico è al presente: una cosa è oppure non è. Tutto è riportato ad un atto operativo, legato si po-trebbe dire al gesto del cliccare, del premere quel bottone che apre la pagina della proposta richiesta. Non c’è dubbio che gli adole-scenti di oggi ne siano i più coin-volti, poiché sono nati quando il mondo digitale si era ormai impo-sto. E vi è indubbiamente una dif-ferenza tra chi ha vissuto parte della propria vita in epoca predi-gitale e vi si è introdotto con ti-

more e tremore e chi ha trovato l’analo-gico fin dalla propria culla, vivendo una vita addirittura ritmata da un computer. Sono proprio loro, bambini di appena 5 anni o anche meno, a insegnare il più delle volte, magari ai propri genitori, ad usare una determinata applicazione. Questo non può che essere positivo al-l’interno di una società nella quale l’uso del computer è diventato un obbligo, ma è anche importante, soprattutto per gli adolescenti, non farne un uso eccessivo che possa far deviare dalle loro preroga-tive principali, quali la scuola o lo sport o altre attività non virtuali. Oltre a questo, l’uso del computer e anche delle nuove tipologie di telefoni touch porta ad un deterioramento fisico e, più nello specifico, delle funzione cognitive. A tal proposito evidenzio, tra le conseguenze allarmanti di un uso smodato dell’ hi-tech, la possibile scomparsa di alcune capacità mnemoniche che non vengono più stimolate, come dimostra anche una ricerca effettuata dallo psichiatra Vitto-rino Andreoli, direttore del dipartimento di Psichiatria di Verona. Si perde la me-moria verbale e quella numerica, mentre sono attivate le memorie visive e quelle dei suoni e, come conseguenza estre-ma, diventa anche impossibile formula-

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Pagina 38

Pirateria Informatica

Al giorno d’oggi

Internet rappresen-

ta una componente

indispensabile del-

la nostra vita: non

vi è infatti ambito

di essa, sociale,

lavorativo, cultura-

le, in cui non sia prezioso l’aiuto dato da internet. Il

Web permette di entrare a contatto con miriadi di

informazioni a cui possiamo accedere istantanea-

mente. Ciò è stato anche possibile grazie alla diffu-

sione della Banda Larga (comunemente detta

ADSL) che oggi ormai si trova quasi in ogni fami-

glia. Il progresso tecnologico ha portato ad un conti-

nuo miglioramento e potenziamento delle connes-

sioni che oggi hanno raggiunto ottimi livelli. Per

fare un esempio, cinque anni fa sarebbe stato impen-

sabile organizzare una riunione lavorativa tramite

videoconferenza o, parlando di cose più vicine al

mondo di noi giovani, vedere un intero film online

senza difficoltà. Oggi, invece, tutto ciò è possibile e

se da un lato Internet ha dato spazio a nuove oppor-

tunità, dall’altro ha reso possibile la diffusione della

Pirateria Informatica. Il Decreto Urbani sul peer-to-

peer (detto anche P2P o File Sharing) varato nel 20-

04 punisce con una multa da 51 a 2065 euro

“chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e

in qualsiasi forma (…) mette a disposizione del pub-

blico, immettendola in un sistema di reti telemati-

che, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’o-

pera dell’ingegno protetta, o parte di esse”. Ciò non

è però bastato a scoraggiare i pirati informatici che

studiano giorno dopo giorno metodi migliori per

mettere in condivisione file protetti d’autore e che

sono supportati dagli stessi utenti che, contenti di

poter scaricare musica, film e software a costo ze-

ro, ritengono che il File Sharing sia un loro diritto.

Un esempio è il Piratpartiet, un partito politico na-

to in Svezia nel 2006 che lotta per la modifica le-

gale e concettuale delle leggi sul copyright e che,

nel 2009, alle Elezioni Europee ha ottenuto un seg-

gio nel Parlamento Europeo, fra i 18 disponibili

per la Svezia. I due fattori principali che secondo

me portano molti a trasgredire le leggi sui diritti

d’autore sono da un lato i costi eccessivi imposti

dalle case discografiche/cinematografiche e dai

produttori di software, dall’altro la facilità di ac-

cesso al materiale coperto da diritti d’autore in mo-

do fraudolento, senza che sia necessaria una parti-

colare perizia informatica. Tutto è lì a portata di

mano, con un semplice click. Probabilmente le leg-

gi da sole non bastano, forse l’abbassamento dei

prezzi dei prodotti originali potrebbe disincentivare

la pirateria in modo più incisivo. Ciò porterebbe

vantaggi ad entrambe le parti: gli acquirenti sareb-

bero consapevoli di acquistare un prodotto origina-

le e di ottima qualità ad un prezzo “più onesto” e

non andrebbero a cercare sottoprodotti di peggiore

livello, e le Major d’altro canto potrebbero, attra-

verso un’ organizzazione produttiva volta a ottene-

re l’abbattimento dei prezzi, favorire una maggiore

diffusione del loro prodotto e aumentare, così, i

propri fatturati.

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Pagina 39

La televisione: positiva o negativa?

Al giorno d’-

oggi buona

parte della

popolazione

mondiale è

influenzata

dalla televi-

sione e dai suoi aspetti negativi. Le scene di vio-

lenza raffigurate in TV ormai sono sempre di più

e sempre più brusche; la pubblicità induce spesso

al consumismo. Molti pensano che guardare scene

di violenza non condizioni i nostri comportamenti

e i nostri atteggiamenti quotidiani. Ma gli episodi

di violenza televisiva diventati realtà sono infiniti.

Per esempio, le rapine compiute con le maschere

di alcuni politici imitano dei film. I ragazzi, inol-

tre, diventano sempre più crudeli e violenti con il

bombardamento di immagini cruente che subisco-

no attraverso la TV. Un altro lato negativo, non

tanto preso in considerazione, ma che secondo me

ha anche il suo peso, è il problema delle pubblici-

tà. Tutte queste pubblicità portano milioni e mi-

lioni di ragazzi e ragazze a comprare qualsiasi

cosa, anche se non la desiderano. Infatti diversi

studi hanno accertato che la maggior parte delle

pubblicità contengono messaggi subliminali che

riescono a condizionare la nostra mente. Questo

provoca il famoso fenomeno del consumismo. La

televisione inoltre illude tutti (o quasi) i ragazzi e

le ragazze facendo loro credere che diventando

calciatori o veline si possa avere un futuro radioso

e felice. Ciò è invece del tutto sbagliato, poichè

solo la cultura, lo studio e l’impegno ci offrono le

opportunità concrete per trovare, un giorno, un vero

lavoro. Perchè correre appresso ad un pallone non

può essere considerato, a mio parere, un vero lavoro.

Ma la cosa più sbagliata è che la felicità vera non si

basa sul capitale economico posseduto da una perso-

na, ma su una famiglia, o comunque sulle persone

che ti vogliono bene. E’ vero che i calciatori sono

sposati con le veline più belle, ma in realtà non si a-

mano, e quindi non raggiungeranno mai la felicità.

Ovviamente la televisione un lato positivo ce l’ha,

per esempio, è una fonte di cultura. Infatti attraverso i

telegiornali ci si può informare sulle vicende che av-

vengono in tutto il mondo, e tramite i documentari è

possibile apprendere molte più cose su vari argomen-

ti. Secondo me prevalgono, purtroppo, i lati negativi,

però penso anche che eliminarli e lasciare solo quelli

positivi non sia impossibile. Il problema è che non

conviene ai ” grandi capi”. Noi non sappiamo quali

siano gli obiettivi di queste associazioni a delinquere,

perchè sono loro a comandarci. Dobbiamo però im-

pegnarci a far prevalere un po’ di giustizia nel nostro

mondo, perchè sta scomparendo sempre di più!

Fabio Malacarne

Page 40: Rizòmata - Numero 0

Uomo o tecnologia? Non passa giorno in cui non si senta parlare di

innovazioni tecnologiche. Essendo circondati da

un mondo in continua evoluzione, i giovani si a-

deguano all’evoluzione della tecnologia. Come

tutti gli altri ragazzi della mia età, io sono sono

sempre in cerca delle ultime innovazioni in cam-

po tecnologico: cellulari, i-pod, computer e tutto

ciò che sia di

“ultima generazio-

ne”. Il mio interesse

per la tecnologia è

iniziato quando ave-

vo solo cinque anni,

quando mio padre

tornò a casa con una

playstation, la prima

che fosse mai stata

inventata. Da allora

ho iniziato a ricerca-

re sempre nuovi oggetti tecnologici. Dopo pochi

anni è stata inventata la playstation 2, che ovvia-

mente non poteva mancare alla mia collezione

“hi-tech”. Fortunatamente la playstation 3 è stata

inventata quando il mio interesse per i videogio-

chi era drasticamente calato. Così, un paio di anni

fa, ho comprato un i-pod. Per chi non lo sapesse,

cosa che credo molto improbabile, un i-pod è un

piccolo dispositivo nel quale possono essere me-

morizzati musica, foto, film, ecc… Da quando

l’ho scoperto, l’i-pod è diventato uno dei miei mi-

gliori amici, anche se non è una cosa molto bella

e giusta da dire, però è così; lui è quell’oggetto

che c’è sempre, che ti tiene sempre impegnato e

Pagina 40

non ti fa annoiare. Però, la fissazione per l’i-pod è

presto finita, perché qualche tempo fa ho acquistato

un i-phone. Le caratteristiche di questo oggetto sono

molto simili ad un semplice i-pod, solamente che,

con un i-phone, si ha la praticità del touch screen,

l’utilità di un telefono (come dice il nome stesso), la

possibilità di navigare in internet e, quindi, di usu-

fruire dei moderni

social network. Un

i-phone è pertanto

tutto ciò di cui un

giovane adolescente

potrebbe avere biso-

gno, perché con un

i-phone, come dice

lo spot che lo pub-

blicizza “hai il mon-

do nelle tue mani”.

Da quando Bill Ga-

tes, all’età di soli tredici anni, inventò il primo sof-

tware per giocare a tris la tecnologia si è evoluta così

come l’uomo si è evoluto nel corso di milioni di anni.

E con la sua continua evoluzione, la tecnologia è en-

trata sempre di più a far parte del nostro quotidiano.

Io, in prima persona, credo che non riuscirei a so-

pravvivere senza la tecnologia e il mondo intero si

fermerebbe se internet si spegnesse. A questo punto

mi sorgono due domanda: è l’uomo che ha bisogno

della tecnologia? O è la tecnologia che ha bisogno

dell’uomo?

Pierfrancesco Pata

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Pagina 41

SEZIONE AMBIENTE -ECOLOGIA

L’acqua: un bene pubblico o un business privato?

Giugno si avvicina e con esso il refe-

rendum che, tra le altre proposte, chia-

ma i cittadini a esprimersi se abrogare

o meno l’obbligo di gara per affidare i

servizi idrici, favorendo nel primo

caso la gestione pubblica degli acque-

dotti. Il sistema di distribuzione delle

risorse idriche fa “acqua da tutte le

parti”. Si calcola in media che il 35%

di questo bene sempre più prezioso si

perda in mille rivoli causati da reti

idriche malmesse, e il 30% della po-

polazione non sia approvvigionata in

modo sufficiente. Il fallimento dell’-

amministrazione pubblica nel gestire

le risorse idriche ha indirizzato l’inte-

resse privato verso questa realtà così

delicata e in rapida evoluzione, anche

in conseguenza dei mutamenti clima-

tici. L’immobilismo in cui versa il

servizio di distribuzione dell’acqua

potrebbe dipendere non solo da un’in-

capacità ad innovare, ma anche dalla

volontà politica di mantenere inaltera-

ta la situazione, tariffe comprese, pur

di conservare il consenso o trovare un

nuovo bacino da cui trarre voti. Oggi

è difficile garantire in Italia un discre-

ta gestione del’acqua ed altrettanto

adeguate tariffe, ma la questione non

riguarda più la contrapposizione tra

gestione pubblica o privata, quanto

piuttosto una gestione più o meno

valida.

Alessandra Minutolo

governo ha anche detto che riguardo

a simili rischi si può stare tranquilli,

in quanto con le moderne tecnologie

il tasso di incidenti è notevolmente

basso. E’ certo che, per avanzare

queste ipotesi, si sono effettuati par-

ticolari studi da parte di persone

competenti, che hanno dimostrato la

scarsa percentuale di rischio. Ma il

problema è che a volte la scien-

za, ovvero la mente umana, non spe-

rimenta sempre prodotti certi e sicu-

ri. Proprio ultimamente il Giappone

è stato distrutto quasi interamente da

un terremoto che, fra tutte le sue

conseguenze, ha anche determinato

il danneggiamento di alcune centrali

nucleari con il rischio di emanazione

di sostanze tossiche. Ma la scienza

conosce la pericolosità di tali sostan-

ze che provocano patologie difficil-

mente curabili, quali l’insorgenza di

tumori, disturbi mentali, fisici ecc…

Allora - io mi chiedo - perché ri-

schiare? Perchè non concentrarsi

sulle energie rinnovabili? Diceva un

antico proverbio: “Prevenire è me-

glio che curare”. Se non sono i no-

stri politici a salvaguardare la nostra

vita, allora spetta a noi indurli a

cambiare idea. Al prossimo referen-

dum sulla realizzazione delle centra-

li nucleari scegliamo NO!!! Una X

potrà cambiarci la vita.

Pierluigi Russo

No alle centrali nucleari Nell’ultimo periodo la società italia-

na ha assistito a ridicoli quanto inu-

tili dibattiti sulle intercettazioni di

esponenti politici o sulle celebrazio-

ni dell’Unita d’Italia, dimenticando

aspetti forse più importanti e proble-

matici. Tra questi occupa sicuramen-

te un posto importante il problema

dell’uso di energia nucleare. Il go-

verno ha proposto di creare degli

impianti per la produzione di energia

nucleare, che affianchino altre cen-

trali come quella a carbone. Tra le

sedi deputate ad accogliere tali im-

pianti è stato scelto anche un paese

adiacente al mio, in provincia di

Reggio Calabria. Gli abitanti delle

aree interessate si stanno mobilitan-

do per far sentire la propria voce e

per opporsi a tale proposta. Sicura-

mente il governo avrà valide motiva-

zioni per installare questi impianti:

di certo, ad esempio, in zone con

elevati tassi di disoccupazione le

nuove centrali impiegherebbero ma-

nodopera ora inoccupata. Ma potreb-

bero far sorgere problemi di altra

natura, forse più gravi. In primo luo-

go si può danneggiare la natura, che,

specie nella zona in cui abito, è ricca

di flora e fauna, in particolare mari-

na, in via di estinzione. Oltre al pro-

blema delle minacce di estinzione

per le specie animali, se ne aggiunge

un altro: il rischio di incidenti. Il

Page 42: Rizòmata - Numero 0

Pagina 42

Contribuiamo alla cura del mondo Energie rinnovabili per rinnovare l'umanità

Tornano dal passato gli spettri di

Hiroshima e Nagasaki negli animi

dei Giapponesi. Torna lo spettro di

Cernobyl, insieme al ricordo ag-

ghiacciante di immagini scheletrite e

calve di bambini-fantasma. Negli

ultimi mesi il terrore di un disastro

nelle centrali giapponesi, dopo la

strage del terremoto, ha pervaso gli

animi della popolazione mondiale.

Nessuna comunità locale accetta di

sacrificare il proprio territorio per

ospitare i rifiuti nucleari, i quali sono

destinati ad essere sepolti per mi-

gliaia di anni prima che perdano le

loro radiazioni. A mio avviso, l’e-

nergia nucleare dovrebbe essere so-

stituita dalle fonti rinnovabili come

il sole, il vento, il mare, il calore del-

la Terra, ovvero quelle fonti inno-

cue, il cui utilizzo attuale non ne

pregiudicherebbe la disponibilità nel

futuro. Sarebbe opportuno costruire

nuovi impianti atti allo sfruttamento

di queste fonti che non compromet-

terebbero la vita dell’uomo; è pur

vero che i costi sono abbastanza ele-

vati, ma la vita di ogni singolo uomo

non ha prezzo.

Martina Chiara Pascuzzi

Dall’Inghilterra arriva

l a no t i z i a de l l e

“prodigiose gesta” di una normale

famiglia, gli Strauss, che attuando

con continuità, quotidianità ed effi-

cienza la raccolta differenziata è riu-

scita a far entrare in un piccolo sac-

chetto i rifiuti di un intero anno.

Sembra semplice pensare, dopo aver

appreso di questa grandiosa fami-

glia, che tutti possano fare qualcosa

di eroico per salvare il pianeta. Ma

non è così. Risulta poco facile spie-

gare quali siano gli atteggiamenti

degli umani verso queste problemati-

che, e forse la loro causa è indivi-

duabile nell’egoismo o nell’ignoran-

za di molti. L’uomo da tempo si im-

pegna a distruggere il mondo, piutto-

sto che amarlo e trarne i frutti. C’è

tanta gente nel mondo come questa

famiglia che ambisce a ottenere un

ambiente più pulito per il futuro del-

l’umanità; dall’altra parte però c’è

gente che non si preoccupa della sa-

lute del pianeta, e ciò implica che

questa stessa gente rimanga indiffe-

rente di fronte alle conseguenze che

potrebbero intaccare la salute di cia-

scun uomo. Come ben diceva Char-

les Baudelaire “l’unica cosa che

muove il mondo è l’ignoranza” , e

questa affermazione è da accettare

perché si ignora ciò che ogni giorno

si crea, ovvero la disgregazione nel

nostro pianeta. Il riciclaggio è solo

una delle possibili soluzioni alla

“contaminazione” della terra, tutta-

via la maggior parte della popolazio-

ne lo tralascia, pensando stupida-

mente che non possa migliorare le

condizioni attuali. Ecco la pura i-

gnoranza: non sapere ciò che causa-

no i rifiuti all’ambiente, alla natura,

perchè convinti che ciò non influisca

sulla salute del pianeta. Non ci si

rende conto che un chicco di riso fa

la differenza sulla bilancia.

Bisognerebbe prendere a modello la

sana famiglia Strauss, cimentandosi

giorno per giorno in piccole atten-

zioni che possono portare a risultati

impensabili. Molti vorrebbero con-

tribuire alla “cura del mondo”, per-

seguibile solo se considerata come

impegno quotidiano. Come asserì il

grande filosofo G. Bruno: ”che ci

piaccia o no siamo noi causa di noi

stessi”, vale a dire che, chi più chi

meno, ognuno ha contribuito ad arri-

vare al punto in cui ci troviamo og-

gi. Ma non è troppo tardi. Tutti ab-

biamo le capacità e tutti possiamo,

volendo, prendere come modello

questa famiglia inglese che ha dato

davvero una lezione al mondo inte-

ro. Bisogna solo riflettere su ciò a

cui si sta andando incontro e rim-

boccarsi le maniche per dare un per-

sonale contributo. Per noi stessi, per

la nostra città… per il mondo inte-

ro!! Michela Penna

Page 43: Rizòmata - Numero 0

Pagina 43

Storia su rifiuti e riciclaggio Il VINCITORE DEL PREMIO

STREGA E’: Nicolò Albanese,

con il libro “A MONNEZZA

(Viaggio tra Profumi e Speciali-

tà)”. Salgo sul palco tra gli ap-

plausi… “Ebbene sì, sono il vin-

citore del Premio Strega 2010, e questo è il mio li-

bro. Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato

con me.”Dalla platea si alza un uomo con i capelli

bianchi, media statura, con gli occhiali…..è Enzo

Biagi (ma non era morto? Sto forse sognando?),

che dopo essersi complimentato con me dice:

“Nicolò, quali ritieni siano i passi più belli del tuo

libro? Puoi citarcene alcuni?”. Prendo il microfo-

no… è il mio momento: “Il mio libro è la denuncia

di un ragazzo di 16 anni che crede ancora che non

tutto sia perduto, e che l’uomo non è nato per vio-

lentare la natura ma per farne parte!”. La mia opera

inizia così: “In una mattina piovosa di Marzo, non

potendo andare a giocare la partita di calcio della

domenica, faccio ciò che più mi piace…. sto al

computer e messaggio. Ho tanti amici sparsi per il

mondo e decido di chiamarne qualcuno per salutar-

lo. James a New York (italo-americano)… “Come

stai?” “Bene grazie” “Cosa stai facendo?” “Sto

svolgendo una ricerca sulla Rubbish” Mi si accende

una lampadina… il tema di oggi che unirà me ai

miei amici nel mondo è: RIFIUTI. La domanda che

mando in rete è: “Come si dice nella vostra lingua

RIFIUTI (Spazzatura)?” Risposte: Marc da Berli-

no,”Mull”; Charlotte da Parigi,”Ordures; Domini-

que da Madrid, basura”; Martina Da Pécs, in Un-

gheria…..”Szemet”; Ciro da Napoli….” A MON-

NEZZA”. La risposta che meglio rende l’idea di

quanto sporca sia questa parola è quella del mio ami-

co napoletano. Infatti a pag. 85 del mio libro si trova

l’incontro tra me e lui. Che sei venuto a fare?”, mi

dice Ciro (Ciro è un ragazzo napoletano sfortunato:

padre in galera, madre che si spacca la schiena dalla

mattina alla sera per sfamare lui e i suoi 8 fratelli).

“Sono venuto qui perché ogni giorno i media ci fan-

no na capa tanta, come diresti tu, con questa storia

dei rifiuti e del loro riciclaggio. “Ma dimmi un po’, è

vero che avete l’esercito per le strade a spalare i ri-

fiuti? E’ vero che quando non ne potete più date fuo-

co a tutto? E’ vero che ormai è tanta “a monnezza”

che è diventata una delle meraviglie di Napoli, insie-

me al Vesuvio e a Castel dell’Ovo?”. Ciro non gradi-

sce quanto gli dico e mi manda a quel paese. Chiedo

scusa per averlo offeso, ma non volevo. Napoli è una

città come tante altre in cui il rapporto tra rifiuti, rici-

claggio e uomo è piuttosto strano. Lascio in pace

Ciro e mi ritiro nella mia stanza d’albergo a pensare.

I rifiuti chi li ha creati? L’uomo! Non certo la Natu-

ra! Chi non riesce a smaltire i rifiuti? L’uomo! Non

certo la Natura! Chi dovrebbe saper riciclare i rifiuti?

L’uomo! Non certo la Natura! Chi è che sta pagando

e pagherà amaramente per gli errori fatti? L’uomo!

Non certo la natura. E allora, l’uomo crea i rifiuti,

non riesce a smaltirli, non riesce a riciclarli… e alla

fine ci rimette pure le penne! Vi sembra che questo

sia un uomo intelligente? Partendo dal fatto che l’uo-

mo si sente “ganzo” e dominatore della natura pos-

siamo dimostrare che invece è solo un cretino! E vo-

gliamo parlare del riciclaggio? Nelle ultime pagine

del mio libro tratto questo argomento con tanto ardo-

Page 44: Rizòmata - Numero 0

Riciclaggio: è o non è per noi?

Pagina 44

re, perché è proprio in questo passaggio che l’uo-

mo si dimostra “piccino”. Mentre giro per le strade

di Roma ( il mio viaggio continua ), incontro una

vecchietta seduta a terra, con i vestiti sporchi e

strappati. Mi dice: “Dove vai bel giovane?”. Ed io

rispondo:”Vago per la città in cerca di uno spazio

pulito!”. Lei risponde: “Fermati qui , io so cosa

vuoi sapere!”. Spaventato ma incuriosito mi siedo

per terra accanto a lei; guardo la gente che passa, si

ferma e getta i rifiuti. Getta? ma che dico!!! Alcu-

ni li scaraventano fuori dalla macchina in corsa,

altri gettano bottiglie di vetro con i rifiuti ordinari,

altri ancora, ritenendosi “splendidi”, le buttano per

terra senza preoccuparsi… Sono passate più di due

ore da quando sono seduto accanto alla vecchietta,

vedo scorrere di tutto e mi chiedo: ma che razza di

uomini siamo? Improvvisamente la vecchietta si

alza e si allontana velocemente, mi saluta e dove

prima era seduta trovo un biglietto dove c’è scritto:

“Ciao bel giovane, quello che hai visto è quello che

tutti i giorni voi uomini perbene mi fate! Ancora

non hai capito chi sono?… LA NATURA!” La cer-

co ovunque, non la trovo più, sparita! Mi ha la-

sciato in mezzo ai rifiuti proprio come meritavo!

Concludo il mio libro con una dedica… alla NA-

TURA: “Vorrei poter cambiare il mondo e fare in

modo che tu non venga più oltraggiata, ma io da

solo non posso farlo, accetta però la mia personale

promessa di rispettarti!”. Improvvisamente sento

qualcuno che mi scuote: è mia madre che arriva a

svegliarmi! Dunque era tutto un sogno….pazienza!

Però la STREGA c’è: mia madre! Il PREMIO. Mai

dire mai!!!

Nicolò Albanese

Da diversi anni continuano a

giungerci alle orecchie notizie

sull’esaurimento delle risorse

terrestri, sull’inquinamento e

dei tanti, troppi rifiuti. I rifiuti

ci stanno sommergendo; bottiglie, avanzi di cibo, lat-

tine, buste di plastica, elettrodomestici rotti ecc. oc-

cupano cassonetti e strade. Continuando così non si

sa quanto potremo resistere. Una possibile soluzione

a questo grave problema potrebbe essere quella di

creare nuove discariche, o strutture per lo stoccaggio

dei rifiuti, come i termo-valorizzatori che, oltre a bru-

ciare i rifiuti, producono anche energia. Un’altra pos-

sibile soluzione potrebbe potrebbe essere quella del

riciclaggio dei rifiuti che lo consentono, cioè la mag-

gior parte di essi. Bottiglie di plastica e di vetro, carta

e imballaggi, lattine oggetti che potrebbero essere

riutilizzati più e più volte; ad esempio da bottiglie di

plastica usate nascono nuove bottiglie; dai telefonini

rotti vengono estratte le parti in oro e riutilizzate; i

modi per riciclare qualcosa sono infiniti. Secondo

dati statistici solo una famiglia su tre ricicla i rifiuti

domestici: questo è ciò che avvilisce di più. Le strut-

ture per il riciclaggio ci sono, e sono anche tante.

Quindi il problema non nasce da quando i rifiuti e-

scono dalle nostre case, ma da prima che questi ven-

gano gettati, dipende da noi, gente italiana. Tra tutti

gli stati europei, l’Italia è quella che opera di meno

nel campo del riciclaggio dei rifiuti. Questa non è una

caratteristica degna di un paese tra i più sviluppati del

mondo, noi non dobbiamo seguire gli altri, dobbiamo

essere sempre un passo avanti a loro.

Pierfrancesco Pata

Page 45: Rizòmata - Numero 0

Il demone dello smog

Pagina 45

“Il 2011 è il terzo anno peggiore del decennio, do-

po i terribili 2002 e 2006″: con tanta crudezza i

noti quotidiani nazionali riprendono a parlare del

terribile avvento dello smog. Gli italiani malati di

smog? E’ proprio in quest’ultimo mese che ben 48

città italiane hanno superato il tasso limite regiona-

le. Domeniche ecologiche, biciclette, tasse d’auto,

parcheggi a pagamento… sembra non esistere so-

luzione al peggiore dei mali del xx secolo. Monos-

sido di carbonio, biossido di azoto, benzene, ozono

e zolfo, l’aria in città si è decisamente tinta di gri-

gio, causando danni irreparabili (bronchiti, asma) a

circa 30.000 bambini all’anno nella sola Milano.

Ci potremmo

affidare al

nostro senso

civico e cer-

care di risol-

vere il problema da singoli in modo ottimale come

siamo soliti auspicare, ma poi sapremmo realmente

prenderci cura di noi stessi e del nostro paese o sa-

rebbe la solita finta promessa? Perché per fare an-

che semplici spostamenti l’auto sembra l’unica so-

luzione alla nostra pigrizia? Forse bisognerà ancora

aspettare che la medicina non riesca più a curare

gli effetti di questo demone per spaventarsi davve-

ro e iniziare a cercare soluzioni alternative alle

semplici domeniche ecologiche; forse, però, incon-

sapevolmente quel momento è già arrivato! Sveglia

italiani pigroni! Il nostro paese - la nostra vita - è

in pericolo!!

Maria Federica Ferlazzo

Mai colore fu così

appropriato ad esse-

re legato a tale no-

me. In un anno hor-

ribilis per la terra e il

suo habitat, un po’ di

speranza è cio’ che

ci vuole. Dopo la marea nera del Golfo del Messi-

co e l’ombra grigia e minacciosa di morte della

catastrofe nucleare, uno squarcio di verde ci giunge

da non troppo lontano, Torino .

La sesta edizione di “Energethica” si è aperta con

la presentazione da parte di James Barber di un’in-

novazione destinata a cambiare il mondo. La foglia

artificiale, grande più o meno quanto una carta da

poker,riproduce la fotosintesi clorofilliana delle

piante, trasformando la luce del sole e l’acqua in

energia, ma in quantità ben dieci volte superiore

alla fotosintesi naturale. Proprio come una foglia

naturale, utilizza la luce solare scindendo l’acqua

nelle sue due componenti principali, ossigeno e

idrogeno (reazione di fotolisi dell’acqua). I due

gas, che si accumulano ciascuno su un lato della

“foglia”al silicio, vengono convogliati in una pic-

cola cella a combustibile e poi utilizzati per la pro-

duzione di energia. Le idee ci sono, le menti lavo-

rano… non resta che augurarci che i potenti si la-

scino inondare da questa verde speranza e investa-

no molto di più nella ricerca di fonti energetiche

alternative.

Alessandra Minutolo

Verde speranza

Page 46: Rizòmata - Numero 0

Riverberi culturali Incursioni estravaganti sull’arte, la letteratura e la filosofia

Pagina 46

L’Odissea è un libro dove il tema generale è il viag-

gio di Ulisse e dei suoi compagni che devono torna-

re dalla guerra di Troia ad Itaca. Ovviamente questo

ritorno sarà ostacolato o avvantaggiato dagli dei.

L’Odissea non è un libro policentrico sul piano dei

personaggi protagonisti come invece lo è l’Iliade,

bensì ha un solo grande protagonista, da cui infatti

deriva anche il nome dell’opera, Odisseo, più comu-

nemente detto Ulisse. Questa è una delle grandi dif-

ferenze fra lliade e Odissea. Un’altra è che l’Iliade è

il primo libro ad essere stato scritto e l’Odissea è il

primo ad avere alle spalle un libro e quindi deve ri-

farsi a questo. Infatti la guerra di Troia nell’Odissea

è nel passato. Ulisse nell’Odissea è rappresentato

come un uomo coraggioso, ma soprattutto astuto e

curioso. Astuto perchè riuscirà a tessere molti in-

ganni: quello più ricordato è l’inganno del cavallo di

Troia, dato che nessuno sarebbe mai riuscito ad e-

spugnare le mura del re Priamo. Curioso perchè

vuole conoscere sempre più cose: la sua curiosità si

evidenzia, ad esempio, nella vicenda delle sirene:

egli infatti vuole ascoltare il canto senza morire, e ci

riuscirà. Nel XXVI canto, nel girone dei consiglieri

fraudolenti dell’Inferno, nella Divina Commedia di

Dante, Ulisse dice:”Considerate la vostra semenza:/

fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir

vertute e canoscenza”. Queste sono le parole con

cui, secondo Dante, Ulisse incitò i suoi compagni a

continuare il viaggio alla scoperta di mondi scono-

sciuti, perchè bisogna conoscere sempre più cose.

Ripartendo da Itaca infatti, Ulisse supererà le colon-

ne di Ercole, vedrà la montagna del Purgatorio, per

poi morire punito da Dio. Odisseo si trova tra i con-

siglieri fraudolenti nell’Inferno, poichè lui ha tessu-

to inganni tutta la vita. Un’altra rappresentazione di

Ulisse è quella offertaci da Guido Gozzano, l’espo-

nente principale del Crepuscolarismo. Egli ha la tu-

berolosi e sa di dover morire da giovane. Così nel

suo componimento intitolato “l’ipotesi” Gozzano

immagina di sposarsi, diventare felicemente anziano

e di dover raccontare alla consorte buona ma igno-

rante la “favola” di Odisseo. Così egli lo paragona

ad un play-boy e ad un piccolo borghese che con i

suoi compagni e il suo yacht frequenta le spiagge

più famose del tempo e incontra numerose cocottes.

Il poeta continua dicendo che Ulisse non è stato un

esempio di fedeltà coniugale ma che, una volta ritor-

nato ad Itaca la moglie lo perdonerà. il “Re di tem-

peste” però, né per il figlio, né per la moglie rimarrà

a casa e ripartirà in cerca di fortuna in America. In-

vece di trovare il porto del Perù arriverà sino al

monte del Purgatorio, che “trasse la nave all’in giù”.

Secondo me la figura di Ulisse dovrebbe essere un

punto di riferimento per tutti. Ormai quasi nessuno

ha la curiosità di conoscere sempre più cose. E que-

sto è sbagliato dato che secondo me, cultura è sino-

nimo di conoscenza, perchè è proprio questa che

arricchisce l’uomo e lo rende unico tra tutti gli esse-

ri viventi!

Fabio Malacarne

Le rappresentazioni di Ulisse nella letteratura. Dall'eroe di Omero e di Dante al "Re di Tempeste" di Gozzano

Page 47: Rizòmata - Numero 0

Pagina 47

Due mondi in contrapposizione: l’esperienza della

vita reale, tangibile, diretta, dura. Di contro: il sole e

la vita immaginata attraverso un velo, il velo del-

l’immobilità all’interno di una caverna, il buio.

All’interno della caverna l’immaginazione è il sim-

bolo della vita di questi poveri uomi-

ni costretti all’immobilità, all’impos-

sibilità di muovere il collo per poter

scorgere il volto dei compagni ed il

colore della luce che proviene loro

da dietro, immaginando un mondo

surreale. Ma come è veramente que-

sto mondo soltanto immaginato? E’

migliore o peggiore del contatto di-

retto, della luce abbagliante che feri-

sce gli occhi. L’incapacità a voltarsi

potrebbe essere decifrata come una paura a capire

veramente ciò che ci circonda, la brutalità del mon-

do esterno che ci ferisce, che non ci dà il tempo di

adattarci ai cambiamenti repentini che ci propone.

Lo studio delle forme, degli oggetti trasportati dagli

uomini che percorrono il muro alle spalle dei prigio-

nieri, svela lo sforzo da parte di chi è cieco di svi-

luppare il senso dell’immaginazione fino a farlo di-

ventare realtà. Quello che l’uomo, cosiddetto nor-

male non deve sforzarsi di fare. E chi dice che la

realtà sia preferibile all’immaginazione? Questi uo-

mini sono cresciuti nel crepuscolo da sempre; fin da

bambini non conoscono il mondo reale. La loro real-

tà è l’immobilita e l’immaginazione, e chi può dire

se non soffrirebbero di più se ne fossero privati? Ma

Il mito della caverna

alla pseudo-realtà dell’immaginazione, si contrap-

pone brutalmente l’impatto crudele con la vita rea-

le. L’adattamento alla luce è difficile, lento. Il sole

dapprima brucia gli occhi, poi permette al prigio-

niero, reso libero, di vedere delle immagini, dap-

prima confuse e simili a quelle im-

maginate nell’oscurità. Poi lentamen-

te gli occhi cominciano ad adattarsi

alla luce, e non orientandosi ancora

durante il giorno, trovano ristoro e

felicità durante la notte, nella visione

della luna e delle stelle. Ma anche

questo non basta, la percezione della

realtà è la luce, fino a che l’uomo

reso libero guarda finalmente il sole

e nel sole percepisce che la vita reale

non è distorsione dell’immagine. La vita reale è

contatto, urto, dolore, scoperta, sofferenza, curiosi-

tà. Aggettivi questi che fanno la differenza fra una

vita solo immaginata, ma forse più tutelata, da una

vita segnata dalla sofferenza. Ma la sofferenza pro-

babilmente è l’unico percorso che porta alla sag-

gezza e alla maturità.

Non esiste conquista senza dolore. Certo, potrebbe

essere più facile mascherarsi dietro una finta vita,

vivere di luce riflessa. Ma la sfida dell’essere uma-

no secondo me è proprio questa, combattere ogni

giorno per allontanare quella luce abbagliante dagli

occhi e conquistare un gradino di verità. Anche se

la verità spesso fa male.

Giorgio Cacciola

Page 48: Rizòmata - Numero 0

Pagina 48

Le rappresentazioni del Destino nella Letteratura

Nella nostra vita tutto acca-

de secondo un principio: il

destino. Celebre è la frase di

Appio Claudio il Cieco

“siamo noi gli artefici del

nostro destino”. Il fato,

infatti, altro non è che gli

eventi oggettivi, la possi-

bilità, i limiti, tutto ciò che

cade al di fuori del nostro

controllo. È determinato

dalle scelte che facciamo e

che gli altri fanno, condi-

zionando, così, il nostro

futuro. Già i primi filosofi

hanno parlato di questa

forza, che altro non è che

il futuro che non siamo

noi a scegliere. Platone

dice che tutto è nel fato, ma

che non tutto è predestinato.

L’anima è senza padrone e

siamo liberi, quindi, di fare

ciò che vogliamo senza esse-

re sottoposti a nessun vinco-

lo e sono le conseguenze

delle azioni, invece, che si

compiranno secondo il desti-

no. Nel corso dei secoli il

concetto di destino è stato

molto spesso divinizzato. Per

la mitologia greca le artefici

del nostro destino erano le

Moire (o Parche per i roma-

ni), che tessevano il filo della

vita dalla nascita fino alla

morte con la recisione dello

stesso. Anche nell’Iliade e

nell’Odissea di Omero gli av-

venimenti sono collegati al

fato attraverso il volere degli

dei, così come nell’Eneide di

Virgilio in cui si dice “Cessa

di sperare di cambiare i fati

degli dèi con la preghiera”. Varie

sono le rappresentazioni letterarie,

oltre a quelle già citate, del

Destino o Tyche, come nel

Macbeth di Shakespeare, opera

in cui il protagonista non rie-

sce, per quanto ardentemente

si sforzi, a sfuggire ad un de-

stino già fissato, o anche nell’-

opera manzoniana “I Promessi

Sposi” in cui le sventure dei

protagonisti sono dettate da

uno dei più grandi protagonisti

del romanzo, la Provvidenza

Divina, ovvero l’idea cristiana

che tutto segue un disegno di-

vino. Il destino, tuttavia, rima-

ne una forza di cui sappiamo

ben poco e, come dice il pre-

mio Nobel per la letteratura, Sa-

muel Beckett, “potrei dirvi di più a

proposito dei ravanelli”. Spesso lo

usiamo come giustificazione,

“forse non era destino”, per illuder-

ci che quello che accade non di-

pende da noi e che è colpa di que-

sta forza che i nostri sogni fallisco-

no.

Federica Spadaro

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Pagina 49

“La responsabilità è prezzo

d e l l a g r a n d e z -

za.” (W.Churchill)

L’uomo, in quanto essere

coscienzioso, basa la propria

esistenza su scelte responsa-

bili che contribuiranno alla

realizzazione di una vita ap-

pagata e soddisfacente. Agi-

re opportunamente in manie-

ra efficace delinea il com-

portamento responsabile di

un uomo che sa scegliere il

modo di agire più opportuno

anteponendo la fermezza dei

propri pensieri e delle pro-

prie azioni alla casualità de-

gli eventi e che non lascia

che il suo stato d’animo sia

determinato da alibi e scuse

che gli impediranno di agire.

Spesso, soprattutto per noi

ragazzi, è preferibile rove-

sciare su fattori esterni le

colpe di ciò che non va e na-

scondere profondi stati di

inerzia e impassibilità. Al-

l’impegno, alla fatica e so-

prattutto alla costanza c’è chi

preferisce scegliere la via più

facile, la via della viltà, che

lo porterà a confondersi tra

la massa, a guardare nell’-

ombra chi ha scelto il peso

gravoso delle decisioni re-

sponsabili. Ognuno è artefice

del proprio destino ed è re-

sponsabile di ciò che accade

e perciò spetta a noi compie-

re cosapevolmente scelte op-

portune. Come afferma un

grandissimo filosofo, Emma-

nuel Kant, è insito in noi il

senso di “moralità”, intesa

come intenzionalità e volon-

tà di comportamento senza il

vincolo di alcuna imposizio-

ne. Da ciò scaturisce l’auto-

regolazione di ognuno di

noi, vista come misura della

nostra libertà. A noi ragazzi

talvolta questi concetti risul-

tano poco chiari o troppo dif-

ficili da attuare e questo per-

chè, a mio avviso, è più co-

modo giustificare scelte

semplici con considerazioni

che delineano il nostro essere

infantile. Ma ogni singolo in-

dividuo è responsabile di una

crescita individuale, che lo

porta alla maturazione di de-

terminati obiettivi che tra-

scendono ogni minima infan-

tile distrazione. L’uomo re-

sponsabile decide di non con-

formarsi alla massa, di non

seguire inconsapevolmente la

moda di turno. E’ facile nel

mondo vivere secondo le opi-

nioni dei più, ma il grande

uomo, a mio avviso, è quello

che in mezzo alla folla man-

tiene la solitudine del suo

pensiero.

Pascuzzi Martina Chiara

L'uomo e la responsabilità

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Pagina 50

L'amore. Vita o morte Potrebbe sembrare un tema banale l’amore, poiché

ormai ognuno lo definisce per come meglio crede.

Forse è proprio questo l’amore, puro desiderio di

felicità! Come disse F. Alberti “noi desideriamo,

vogliamo assolutamente qualcosa per noi. Tutto ciò

che facciamo per la persona amata non è far qualco-

sa d’altro e per qualcun altro, è farlo per noi, per

essere felici”. L’amore è qualcosa che riempie ogni

parte del nostro essere, di illusioni e desideri , desi-

derio di vivere per l’eternità insieme alla persona

amata che viene percepita come parte di noi stessi,

quella parte che se andasse via darebbe inizio ad un

ciclo infinito di sofferenza e tormento. L’amore fa

vivere in un mondo incantato, nel quale torniamo

bambini, quei bambini che non smettono di sognare,

di illudersi, di amare, di desiderare, di cercare …

anche se invano. Se ad un bambino viene tolto il suo

pupazzo preferito con il quale dormiva, giocava,

passeggiava, andava a scuola , lui continuerà a pian-

gere e gridare, dicendo che quello era suo, che lo

vuole. Come il bambino, un uomo o una donna se

perdessero la più cara persona al mondo con la qua-

le condividevano ogni singolo istante, ma soprattut-

to credevano di vivere un amore insieme, scoppie-

rebbero in lacrime e si troverebbero in quell’infer-

no di vita in cui tutto sembra aver perso senso di

esistere. Alberoni disse “ la vita quotidiana è un

eterno purgatorio. Nell’innamoramento c’è solo il

paradiso o l’inferno; o siamo salvi o siamo danna-

ti”. A volte ci si chiede se vale la pena soffrire, ri-

schiare, struggersi e bruciarsi d’amore quando al-

l’improvviso vedi quella persona andar via da

te. Il distacco tra due amanti viene esemplificato

nei versi di V.Cardarelli, nei quali si comprende

perfettamente la sofferenza amorosa: “ e già quello

che ieri era presente divien passato e quel che pare-

va incredibile accade […] la vita mi rimane quel-

l’indegna, un’inutile soma, da non poterne avere

più alcun bene”. L’amore è tutto o è niente, è pace

o è tormento, è vita o è morte. “Tutti vogliono vo-

lare, ma quanti sono disposti a rischiare di farsi

male, cadere, ricominciare? tanti si accontentano

solo di camminare; ma tappando le ali al cuore che

cosa si vive a fare? perché senza amare siamo an-

geli a metà. A volte viene da pensare che l’amore

vero non esiste ma il cielo è pieno di stelle e di cer-

to c’è una di quelle più belle che splende solo per

me”. Michela Penna

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Pagina 51

Se non poniamo fine alla guerra, la guerra porrà fine a noi. Nonostante la storia dell’uomo sia millenaria, l’u-

manità non sembra aver attraversato periodi prolun-

gati senza guerre. La guerra, con i suoi orrori e le

sue crudeltà, sembra appartenere al patrimonio ge-

netico della specie umana. È un poema sulla guerra,

quella fra Greci e Troiani, uno dei primi grandi libri

della civiltà occidentale, l’Iliade, e anche oggi, che

abbiamo ormai superato la boa del terzo millennio,

le guerre divampano in varie parti del globo: guerre

fra nazioni, ma anche guerre civili, interne ai singoli

Stati. Eppure l’aspirazione alla pace fa ugualmente

parte dei sogni dell’uomo, tanto che il massimo filo-

sofo della modernità, Immanuel Kant, dedicò un

volumetto importante allo studio delle condizioni

che avrebbero condotto alla pace perpetua. Penso

che nessuno ami la guerra, se non qualche fanatico

militarista. La guerra è distruzione, violenza, sopraf-

fazione. Nella guerra le norme basilari dell’umanità

vengono distrutte, quindi essa è di per sé sempre da

condannare. Ma l’uomo, nel corso della storia, ha

dimostrato di coltivare un’inquietante e irriducibile

attitudine alla guerra. Basta leggere le testimonian-

ze, letterarie e non, provenienti dai vari fronti di

guerra, per rendersene conto. La guerra genera orro-

ri, crudeltà, stermini agghiaccianti e inauditi, fuori

della morale condivisa, ma si rivela spesso anche

un’occasione in cui gli uomini mettono in mostra le

loro qualità migliori: la fratellanza, il cameratismo,

la solidarietà, la pietà, l’altruismo, il coraggio. Spes-

so nell’esistenza di un uomo la guerra costituisce

un’esperienza unica, fortissima, indimenticabile,

l’uscita da uno stato di innocenza infantile e dall’i-

pocrisia diffusa nella vita sociale. La speranza di

tutti si ripone nell’abilità della diplomazia, nella co-

struzione di una Società delle Nazioni, giudice super

partes, che abbia l’autorevolezza e la forza di diri-

mere le contese in nome di leggi e di regole chiare,

stipulate in precedenza. Qualcosa che assomigli all’-

Onu di oggi, ma riveduta e corretta, più giusta ed

efficiente. Soprattutto c’è la necessità di incanalare

l’insopprimibile aggressività che alberga nel cuore

umano verso scopi più nobili e costruttivi: la crea-

zione tecnica, scientifica e artistica. Un’educazione

dunque che valorizzi la bellezza e che diffonda il

pluralismo, il dialogo, il rispetto per il diverso e per

la complessità, senza quelle pericolose e diffuse

semplificazioni che ci rendono inutilmente e distrut-

tivamente bellicosi. Andrea Megna

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Pagina 52

La grande arte della musica La musica: una delle tante forme d’arte che

aiutano l’artista a esprimere i propri pensie-

ri e a trasmetterli a chi ascolta la melodia.

Un tempo per sentire questo genere d’arte

bisognava andare al teatro e chi vi andava

era colui che amava e apprezzava veramen-

te la musica; i compositori erano persone

che sapevano andare oltre ogni apparenza,

possedevano una fanta-

sia in grado di superare

quella di chiunque altro,

esprimevano le varie e-

mozioni in modo pieno,

mettendo insieme le no-

te giuste. Il fatto stesso

che sapessero esternare

ciò che sentivano dentro, utilizzando solo

strumenti e senza parole, può far capire

quanto essi siano stati grandi, tanto che si

ha memoria di loro anche dopo secoli dal

giorno della loro scomparsa. La vera musi-

ca non perde mai la sua bellezza nemmeno

dopo decenni o secoli. Le vere composizio-

ni, quindi, non passano mai di moda, una

cosa che oggi succede fin troppo spesso; le

canzoni ascoltate appena due mesi fa sono

state sostituite da quelle di un “artista” e-

mergente, destinato a scomparire dai ricordi

dei fan del momento. La realtà è che oggi

conta più l’aspetto esteriore, l’immagine che

si manda, che si dà di se stessi; ma forse, tra

le “vittime” delle apparenze, si nasconde re-

almente un giovane Artista come lo si inten-

deva un tempo. Amo la musica che mi sap-

pia trasmettere ogni tipo di emozione, adoro

quel genere di musica che mi coinvolga pie-

namente facendomi senti-

re ciò che l’autore ha

messo dentro quelle sem-

plici note e parole. Il ge-

nere di musica che prefe-

risco è senza dubbio il

pop, poichè in questo tipo

di musica, a parere mio,

possono realmente emergere le grandi voci

che ci regalano capolavori. Ogni tanto mi

diletto ad ascoltare la musica classica seppur

raramente; essa mi aiuta a rilassarmi, oppure

può essere la compagna per una buona lettu-

ra. Talora le note di una melodia accompa-

gnano stati d’animo. Quando ho l’umore tut-

t’altro che sereno, la musica diventa compa-

gna dell’emozione provata in quel preciso

istante.

Sergio Sorrenti

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Pagina 53

Tra la schiera degli

scrittori contempora-

nei, pochi riescono a

distinguersi dalla massa. Guardate

cosa arriva ai giorni nostri nelle li-

brerie: il 50% dei libri ha come pro-

tagonisti dei vampiri, o più generica-

mente qualcosa che riesca a comba-

ciare con le mode del momento. La

restante percentuale possiamo divi-

derla in due categorie: la solida mi-

riade di libri insignificanti e quei

pochi libri scritti da autori conosciu-

tissimi che difficilmente riescono a

deludere, ad esempio i libri di Gior-

gio Faletti, Jeffery Deaver, Dan

Brown, Wilbur Smith, Andrea Ca-

milleri, Paulo coelho. Quest’ultimo è

uno scrittore di origine sudamerica-

na, i cui canoni di scrittura si disco-

stano dalla normale routine. egli ha

anche pubblicato diverse raccolte di

poesie e di aneddoti; detto questo

possiamo definirlo come una delle

penne più originali e brillanti dei

nostri tempi. I suoi libri sono infatti

in grado di coinvolgere il lettore e,

cosa più importante, riescono quasi

sempre ad emozionare o a indurre

alla riflessione. Adesso mi trovo a

parlare di uno dei suoi must:

“L’alchimista”. in questo “breve”

libro (poco più di 180 pagine) Paulo

Coelho crea un atmosfera tipica da

mille e una notte, dando così vita a

una storia il cui significato si racchiu-

de proprio nella sua estrema semplici-

tà. Essa non presenta un’intricata rete

di avvenimenti né di un gran numero

di personaggi, anzi il personaggio

principale è uno solo: il pastore San-

tiago, del quale viene narrata la storia.

Ne “l’Alchimista” il pastore Santiago,

che era solito a pascolare le sue peco-

re, fa lo stesso sogno per due notti di

seguito. Santiago, incuriosito, si reca

da un’indovina che gli rivela il signifi-

cato del sogno: la presenza di un teso-

ro presso le piramidi. Questo è solo

l’inizio di ciò che lo porta verso un

lungo viaggio. Nel lungo viaggio che

lo separa dalle piramidi Santiago im-

parerà il significato dell’amore e della

sua importanza affinché l’anima del

mondo viva. Durante il suo cammino

apprenderà inoltre l’arte dell’alchimia

e il linguaggio universale con il quale

l’uomo riesce ad essere un tutt’uno

con l’anima del mondo. Il viaggio di

Santiago è accompagnato dalla pre-

senza di altri personaggi, come il Re

di Salem, ovvero colui che appare a

tutti coloro che seguono la propria

leggenda personale, un alchimista in

viaggio verso Al Fayun, un ladruncolo

da porto, un venditore di cristalli, un

potente alchimista del deserto e Fati-

ma, la sua amata. Il preciso intento

dello scrittore è quello di incitare

chiunque ad impegnarsi a fare di tutto

(a seguire i segnali) quello che oc-

corre per pervenire alla realizzazio-

ne dei propri sogni. Che sia un pa-

storello o che sia un re il protagoni-

sta di questa avventura non ha im-

portanza, l’importante è portare a

termine la propria leggenda persona-

le, quella per cui siamo nati. Questa

tematica viene trattata attraverso una

tecnica narrativa molto particolare,

scorrevole e fruibile per tutti. Grazie

a questo libro possiamo capire che

al giorno d’oggi l’uomo pone a se

stesso dei limiti che non ha realmen-

te, come la paura di realizzare i pro-

pri sogni. Realizzerete che tutti do-

vrebbero essere un po’ più bambini

e leggere questa favola, che nella

sua semplicità comunica molto di

più dei tremila libri thriller/splatter

che usciranno dall’oggi al domani.

Se cercate quindi in un libro con la

capacità di emozionare e lo spunto

riflessivo avete appena finito la vo-

stra ricerca. Chiudetevi in camera,

appendete i cuori alle porte di casa

vostra e immergetevi nella magia de

“l’Alchimista” e forse riacquisterete

un po’ dell’indispensabile fattore

“follow your dreams” che avete per-

so o anche qualcosa in più, come la

consapevolezza che da sempre, le

cose semplici sono le migliori.

“L’alchimista” ne è la dimostrazio-

ne. Salvatore Bertino

LE NOSTRE RECENSIONI

Paulo Coelho. L'alchimista

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L'uomo tra bene e male, ovvero il visconte dimezzato Nelle opere dei grandi scrittori osservo e realizzo

che l’immensa immaginazione assieme al loro pen-

siero rappresenta un immenso patrimonio culturale

nelle cui opere spesso possiamo immedesimarci.

Ho letto un romanzo di Calvino molto bello, la vi-

cenda è ambientata nel Seicento, il periodo in cui i

cristiani facevano guerra contro i Turchi. Il prota-

gonista è il visconte di Terralba, Medardo, che par-

tecipa alla guerra nella quale viene

ferito e dimezzato da una palla di can-

none. Durante lo scontro viene ritrova-

ta una sola metà del corpo. Questa me-

tà tornerà poi a Terralba dove si mac-

chierà di molti delitti senza pudore:

tutto ciò che incontra lo dimezza a

causa della sua malvagità. La metà

buona entrerà a far parte del racconto

facendo notare a tutta la popolazione

di Terralba la differenza tra le due me-

tà, la malvagità che terrorizzava tutti i

cittadini e l’immensa bontà che quasi li soffocava e

li esasperava. In questo romanzo viene presentato

il problema dell’uomo “dimezzato”, cioè incom-

pleto, per questo lo scrittore ha dimezzato il suo

personaggio. Il tema principale, in questo romanzo

è celato nelle vicende insolite delle due metà: il

sapere cosa si prova ad essere dimezzato e incom-

pleto nell’animo fa soffrire entrambe e di conse-

guenza cercano la propria metà che però non è

quella del proprio corpo bensì una donna. Quando

se ne innamoreranno entrambi, un unico uomo

completo rinasce. Esiste una continua contrapposi-

zione di personalità in uno stesso personaggio e nel-

lo stesso uomo, la contrapposizione tra male e bene

che è il fulcro dell’intera opera. Tutto ciò porta a

pensare che non esiste il male assoluto né il bene

assoluto poiché in ogni individuo coesistono en-

trambi. Magari c’è chi vorrebbe essere del tutto buo-

no o del tutto cattivo, ma questo non potrà mai acca-

dere poiché noi siamo essere umani,

esseri finiti ed imperfetti.

Un altro aspetto che mi ha colpito mol-

to è che i lebbrosi utilizzano la musica

come strumento per sfuggire dalla real-

tà, hanno usanze strane e sono di facili

costumi, praticamente tutto ciò che a-

desso nessun uomo farebbe sapendo di

avere un tumore o altre malattie che

portano alla morte certa. I personaggi,

come quelli di Calvino, ci hanno la-

sciato davvero un immenso patrimonio

culturale, insegnamenti che dobbiamo apprendere

per capire meglio la vita. Rispose così ad un ragazzo

che gli chiese del romanzo: “avevo questa immagine

di un uomo tagliato in due ed ho pensato che questo

tema dell’uomo tagliato in due, dell’uomo dimezza-

to, fosse un tema significativo, avesse un significato

contemporaneo: tutti ci sentiamo in qualche modo

incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e

non l’altra”.

Michela Penna

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Roc Marciano - Marcberg Avete presente

quando guar-

date un film

che immagina-

te sia un capo-

lavoro o co-

munque una pellicola molto sopra

alla media e vi ritrovate a vedere

un filmetto qualsiasi oppure lo ste-

reotipo di “normale”? L’assenza di

difetti e pregi esponenziali non ren-

de la pellicola bella, ma neanche

brutta, in sostanza, né carne né pe-

sce; “Marcberg” di Roc Marciano

per me è la stessa cosa. Premetto

dicendo che questo sarà il disco

dell’anno per molti nostalgici del

vecchio boom bap, ha un suono

cupo e delle atmosfere parecchio

“marce”, tanto che alcune tracce

sembrano appena uscite da un di-

sco dei novanta. Da quanto ho letto

in rete, Roc Marciano ha prodotto

da sè tutte le tracce di quest’album.

Abbiamo un disco molto compatto

dal punto di vista dei beat e con la

presenza di un solo featuring, cosa

che alla fine può renderlo parec-

chio prolisso specialmente per me

che non sono mai riuscito ad ap-

prezzare a pieno la voce di Roc. Il

punto forte di questo disco sono i

beat che Marciano ha prodotto

(snow più di tutti) che creano, co-

me già detto, delle atmosfere hard-

core, rare da trovare di questi tempi

(non menziono “Panic”, beat da

molti definito come marcissimo,

proveniente da uno sgabuzzino ne-

wyorkese, traccia che personalmente

skippo sempre). Ho apprezzato so-

prattutto la seconda parte del disco:

“thugs prayer” è una delle mie trac-

ce preferite di Marcberg. Ascoltando

e riascoltando questo lavoro sono

arrivato a farmi una domanda: Mar-

cberg è davvero un prodotto così

buono? Detto sinteticamente, per me

la risposta è no. Per quanto io sia un

estimatore del suono newyorkese dei

novanta, penso che questo disco sia

stato osannato un po’ troppo per la

qualità o, meglio, per il suono dei

beat, che però secondo me anch’essi

alla lunga stancano. Fattore a svan-

taggio di Marcberg è la mancanza

del cosiddetto pezzo “pestone”, me-

glio definibile come banger, un po’

come nell’album dei Roots, elemen-

to che rende un album sempre mag-

giormente fruibile all’ascolto. Il di-

sco, per me che non ho mai partico-

larmente apprezzato Roc Marciano

definendolo non abbastanza coinvol-

gente dal punto di vista della voce o

di quello che volete, è stato come

una di quelle tazze ricolme di caffè

che sembrano non svuotarsi mai.

Con questo non voglio assoluta-

mente dire che Roc Marciano sia

scarso o che il disco sia effettiva-

mente brutto, l’aggettivo giusto

come detto al principio è secondo

me “buono ma anonimo” e se ci

pensiamo bene, oltre il fatto di a-

vere dei beat che suonino Golden

age, qual è la sua particolarità?

Quali sono le qualità che lo con-

traddistinguono da qualsiasi altro

disco? Nessuna in particolare, se

non le atmosfere dei beat. La quasi

totale assenza di feat e la mancan-

za di una traccia “potente” lo han-

no reso anche piuttosto noioso alle

mie orecchie e a quelle di (quasi)

tutti alla lunga. Posso dire alla fi-

ne, che chiunque sia un ascoltatore

instancabile dei novanta e non rie-

sce a trovare nei dischi che escono

ai giorni nostri qualcosa che ri-

specchi i suoni di quel tempo, ha

appena trovato un tesoro, chi inve-

ce come me cerca qualcosa che

vada oltre il “si ok suona come gli

Smif n wessun e ciao” non ha tro-

vato nulla se non un album come

altri mille. Non vorrei dare inutili

valutazioni, anche se per me è de-

finitivamente un 7/ 7.5. Tracce

migliori: Snow, thugs prayer, hide

my tears, rindin around.

Salvatore Bertino

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COME UN DELFINO. Gli Eroi non sono mai abbastanza!!!

Il mondo visto con occhi adolescenti

Come un delfino è una fiction tv andata

in onda su Canale 5 l’1 e il 2 Marzo.

Racconta la storia di un nuotatore, or-

mai “ex ”, che dopo aver dovuto abban-

donare il sogno delle Olimpiadi 2012, mette a disposi-

zione la propria esperienza per dare aiuto ad un gruppo

di ragazzi difficili, emarginati dalla società, che sotto la

guida di un prete “ buono”, don Luca, cercano di tenersi

lontano dai guai….. E tutto questo dove accade?…..in

Sicilia!!! E’ una storia strappalacrime ambientata tra

Messina e le Isole Eolie, con il mare e il sole come co-

protagonisti. Ho visto questa fiction con tanto piacere e

se dovessi dargli un voto gli darei 10! Perché? Perché ci

sono eroi dei nostri tempi che combattono e si espongo-

no a favore di chi è stato meno fortunato nella vita. Per-

ché questi eroi, purtroppo, per quanto numerosi siano,

rimangono sempre” pochi” rispetto alla grande maggio-

ranza della società, che invece pensa che ciò che non la

tocca non le riguarda! Invece, questi Eroi, combattono,

si impegnano, e non chiedono mai niente in cambio!

L’adolescenza (termine che deri-

va dal latino “adolesco” = cresce-

re) senz’altro è uno dei periodi

più difficili della vita. In questa

fase della crescita il giovane deve

affrontare molti problemi e molte

responsabilità. Se fosse in grado

di superare le prove di questa età,

potrebbe diventare una persona

adulta, ma capita frequentemente

Adolescenza: età unica ed affascinante, ma anche molto complessa

gi impliciti dei figli.

Allora il giovane cerca aiuto nei

coetanei, ma non sempre trova chi

può capire il suo disagio interiore.

Talvolta accade che l’amico più

caro lo tradisca, magari andando a

raccontare un segreto che gli era

stato confidato proprio a chi non

doveva conoscerlo. Questo può

causare forti depressioni, da cui è

che l’adolescente non riesca ad

affrontare con successo le preoc-

cupazioni. Pertanto in lui nasco-

no situazioni di disagio che egli

non riesce sempre ad esprimere.

La famiglia, così, non può aiutar-

lo a superare quei momenti, an-

che se certe volte i genitori, di-

stratti dal lavoro o da altre preoc-

cupazioni, non colgono i messag-

Cercano di lavorare nell’ombra, senza nessun clamore,

senza nessuna pubblicità, e non pretendono (e neanche

cercano) un grazie!!! E noi, che eroi siamo, cosa faccia-

mo? Li liquidiamo con un bell’articolo sul giornale, o

una bella intervista in televisione, o ne parliamo nelle

piazze della nostra città, ma tutto ciò non basta: tutto poi

continua come prima nella nostra vita… Gli Eroi conti-

nueranno a fare gli Eroi e noi staremo lì a guardare cosa

faranno ancora di strabiliante!! Ma chi sono questi eroi?

Come si chiamano? Possono chiamarsi Giovanni Falco-

ne, Paolo Borsellino, Generale Dalla Chiesa, Aldo Moro

o più semplicemente Roberto, Giuseppe, Antonio, Luca

(tutti morti in Afghanistan per difendere la Libertà), o

ancora Vittorio, Vincenzo, Francesco (medaglia d’oro al

valore militare), perché facendo il proprio dovere hanno

difeso con la loro vita la vita degli altri!!! Ci sono Eroi

conosciuti ed Eroi che conosciuti non sono, ma il valore

di un Eroe non può dipendere dalla notorietà… L’eroe

non ha un valore, l’Eroe è un valore in una società come

quella nostra che di valori ormai ne ha ben pochi!!!

Nicolò Albanese

PROSPETTIVE GIOVANI

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difficile uscire senza l’aiuto di

qualcun altro, che spesso viene

respinto per paura di subire un’-

altra delusione.

Anche il rapporto con l’altro ses-

so non aiuta, e spesso il giovane

si coinvolge troppo in storie che

non si rivelano affatto serie come

lui pensava.

Altri problemi dipendono dalla

difficile accettazione della pro-

pria persona. Infatti i cambia-

menti di un adolescente sono an-

zitutto fisici. Spesso il corpo cre-

sce non proprio come noi stessi

volevamo, oppure non rispecchia

i modelli che gli amici, la società

e talvolta anche i genitori ci im-

pongono. Questi sembrano solo

problemi soprattutto femminili,

ma risulta che oggi anche i ma-

schi ne soffrono molto più di un

tempo. Anche l’ambito scolastico

è spesso fonte di insoddisfazione.

L’adolescente ha la volontà di

affrontare lo studio per raggiun-

gere gli obiettivi prefissati, ma

poi la mancanza di interesse per

Forse risolverli del tutto non è

sempre facile, ma almeno si può

cercare di evitare che giungano

ad un punto critico. Anzitutto

bisogna far capire all’adolescente

che la diversità, rispetto a un mo-

dello mutuato dalla tv o dal

“gruppo”, non è un difetto, ma un

valore. Bisogna provare ad ac-

contentarsi di quello che si è,

senza dare troppa importanza al-

l’aspetto esteriore, ma potenzian-

do gli elementi positivi. Ogni

persona ha le sue carte da giocare

nella società, per quello che è,

non necessariamente per il ruolo

che ricopre o per la maschera che

indossa. Un’altra strada per af-

frontare bene quest’età è quella

di selezionare le amicizie e gli

adulti di riferimento, in modo da

privilegiare il rapporto con le

persone che davvero dimostrano

di voler bene alla persona nella

sua integrità. In questo modo il

ragazzo acquisterà maggiore fi-

ducia nelle proprie potenzialità e

scoprirà una passione cui dedi-

carsi con impegno e costanza.

Forse, senza neanche che se ne

accorga, a quel punto avrà già

imboccato e iniziato a percorrere

la strada per un’effettiva maturi-

tà. Alessandra Minutolo

materie scolastiche che egli vede

sempre più lontane dalla sua sensi-

bilità e dal mondo in cui vive lo

porta a risultati insoddisfacenti.

Inoltre molti accusano i giovani di

oggi di essere privi di ideali. Forse

questo è vero, nel senso che i gio-

vani di oggi non devono lottare per

ottenere quello che vogliono, ma

spesso se lo trovano a disposizione

senza grandi sforzi, e questo li ren-

de superficiali e scettici sui grandi

valori. Forse questa mancanza di

ideali è dovuta al fatto che gli a-

dulti cercano di inculcare valori di

cui poi non sono esempio concreto

per i ragazzi. In genere sono pro-

prio i figli di genitori magari ric-

chi, ma assenti, a covare un’insod-

disfazione che poi esplode in gesti

estremi. Sono, infatti, drammatica-

mente aumentati i tentativi di sui-

cidio fra adolescenti, soprattutto

nelle grandi città, mentre gli episo-

di di autolesionismo, anche se me-

no grave, di anoressia, bulimia,

vandalismo, bullismo, ecc… sono

all’ordine del giorno. Come abbia-

mo visto, le preoccupazioni degli

adolescenti sono parecchie, a di-

spetto di chi pensa a quest’età co-

me spensierata e serena. Ma è pro-

prio impossibile risolvere questi

problemi?

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ITALIA: il mio sogno, la mia ambizione

L’Italia, un paese che oggi giorno

sembra andare alla deriva, ma

non per questo privo di speranze

e di obiettivi. È questo quello che

penso della maggior parte degli

studenti che scendono in piazza a

protestare, perché essi vogliono e

pretendono un posto nel futuro

dell’Italia. Gli studenti che

reclamano i loro diritti in

piazza lo fanno solo perché

amano il loro paese e non vo-

gliono andare all’estero. Io

amo l’Italia, e vedere il mio

paese cadere a pezzi dopo una

storia basata sulla gloria, sulla

vittoria e l’amor di patria mi di-

strugge e mi rammarica nel pro-

fondo: io voglio dedicare il mio

futuro all’Italia. Proprio per que-

sto all’età di appena nove anni ho

deciso, parlando con ragazzi mol-

to più grandi di me e con signori

con una certa esperienza, di en-

trare nell’esercito italiano, so-

prattutto nel reparto alpinista,

paracadutista o esercito di terra.

Tutto ciò è anche influenzato da

una passione personale, da una

scelta che è sorta spontaneamen-

te, in quanto nella mia famiglia

nessuno, se non obbligatoriamen-

te, è mai entrato in questo campo.

E così ho cominciato ad organiz-

zare il mio futuro per riuscire nel

mio intento; servendomi della

rete ho cercato e ricercato tutte le

possibili scuole militari presenti

in Italia per la scuola superiore e

per l’università e ho scelto di en-

trare, a partire dal terzo anno di

liceo scientifico, nell’ accademia

militare la “Nuziatella” di Napoli,

che prepara per l’ingresso nell’ac-

cademia militare per sottoufficiali

di Modena. È ovvio che per entra-

re in queste scuole di alto rilievo

e importanza bisogna superare

degli esami molto impegnativi.

Infatti sono presenti prove di cul-

tura generale, fisico-psicologiche

e sanitarie, da superare tutte con il

massimo di voti perché, ad esem-

pio, alla Nunziatella sono dispo-

nibili circa ottanta posti per i due-

mila giovani italiani decisi a su-

perare l’esame. La conoscenza di

queste informazioni mi ha prepa-

rato dall’inizio ad affrontare anni

di duro impegno, soprattutto i pri-

mi due di scuola superiore che ho

appena cominciato, dai quali deve

scaturire un curriculum impecca-

bile per prepararmi al meglio al

fine di superare queste prove.

Queste mie scelte stanno molto

condizionando il mio presente,

poiché nel primo anno di liceo

scientifico ho già cambiato

scuola una volta perché la pre-

cedente era molto scadente sul

piano dell’offerta formativa.

Infatti dopo due mesi di scuola,

per motivi di sciopero, eccessi-

ve assemblee studentesche, ecc.,

mi sono reso conto che, non facen-

do niente, non potevo avere spe-

ranze nel superare gli esami, quin-

di io e la mia famiglia abbiamo

deciso il mio trasferimento in una

scuola privata molto importante

che, da quanto ho constatato, con-

ferma la sua reputazione. Premet-

tendo che studiare tanto non è il

mio hobby preferito, devo dire che

si prospettano anni molto difficili

davanti a me, fatti di sacrificio, ma

tutto questo per raggiungere la mia

meta nel modo migliore e per dare

il mio contributo affinché l’Italia

diventi un paese migliore.

Claudio Salmeri

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Fate della vostra unicità motivo di orgoglio

Unicità, rispetto, libertà sono valori che dovrebbero

caratterizzare la nostra società e sono proprio questi

“monumenti” ad essere chiamati a diventare la radice

del rapporto tra esseri civili,

ambiente e sviluppo. Non a

caso ho voluto scegliere e uti-

lizzare il sostantivo che vede-

te scritto tra virgolette, in

quanto tali ideali sono im-

pressi nella nostra stessa sto-

ria, ne tessono gli eventi e

saldano presente e passato.

Essi si pongono così non co-

me sfondo ma come veri e

propri motori degli eventi u-

mani. Ovviamente, se questi

motori attivi si assopiscono o vengono meno, si ha un

impoverimento della società, che diventa scevra di

sviluppo, di storia e di significato. Mi duole ammette-

re che proprio i giovani (in particolare la fascia ado-

lescenziale) partecipano a volte, indirettamente, a

questo fenomeno di depauperamento. Sottolineo

“indirettamente”, poiché la causa di un tale fenomeno

interessa l’intera struttura economica, culturale e so-

ciale di un paese. Richiamandoci al primo valore

messo in evidenza (unicità) cerchiamo di analizzare

le sue diverse sfaccettature, rifuggendo da una sua

considerazione superficiale. Unicità è possibilità e

capacità di distinzione, quel quid che non solo ci

rende diversi dagli altri ma che, di contro, ci rende

anche speciali e conferisce significato alla nostra

vita. Cosa inoltre porta a

far diventare la nostra

vita singolare e insostitui-

bile? Ebbene, miei cari

coetanei, lancio un appel-

lo diretto a tutti voi, indu-

cendovi alla riflessione e

all’ascolto del mio mes-

saggio: ognuno è impor-

tante e unico per il contri-

buto che può dare alla

società. Quando però vi

rendete identici e vi omo-

logate alla massa, la vostra vita diventa un doppio-

ne delle altre e perde lo stesso motivo per conti-

nuare ad essere. Dunque il vostro “ragionare in

branco” non fa altro che produrre copie e cloni, tra

i quali nessuno si distingue. Non riducete la vostra

vita ad un inutile copione che nel multiforme mo-

saico dell’esistenza vi rende delle tessere facilmen-

te sostituibili, perché uguali a molte altre. Il cam-

mino verso la perfezione è infinito e la nostra so-

cietà ha bisogno del contributo unico e personale di

ciascuno.

Biagio Sancetta

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Pane, latte e valori

Adolescenza. Parola spesso usata

e “abusata” per descrivere, nel

bene e nel male, un periodo della

nostra esistenza. Quella fase di

transizione particolare e delicata di cambiamenti sia

fisici che psicologici nella quale si fa l’ingresso nella

vita; quella stessa fase in cui l’identità, il ruolo, la fami-

glia, il comportamento, i pensieri, le azioni vanno in

confusione. L’universo virtuale di Internet e dei Social

Network predispone soltanto a rapporti immaginari,

senza contatto umano, che a volte disorientano e disar-

mano i giovani ancora di più. In una società che, per

diverse ragioni, coltiva il dubbio e il cinismo, la paura e

l’impotenza, l’immaturità e l’infantilismo, alcuni giova-

ni tendono di aggrapparsi a modalità di gratificazione

primarie e hanno difficoltà a diventare maturi. Molti

giovani hanno difficoltà nel separare la loro vita interio-

re dai condizionamenti esterni e questo fenomeno viene

amplificato e alimentato dalla psicologia mediatica, la

quale permea gli animi e l’universo virtuale dei video-

giochi e di Internet. I giovani d’oggi sono come le ge-

nerazioni precedenti: capaci di generosità, solidarietà e

dedizione solo se sono motivati da una causa. Prendono

i loro punti di riferimento un po’ dappertutto, per poi

sperimentarli nel loro modo di vivere. Rischiano di ca-

dere nel conformismo delle mode, lasciandosi impre-

gnare come spugne, piuttosto che costruire la loro liber-

tà partendo dalle ragioni di vivere e amare. Il che spiega

la fragilità effettiva e i dubbi su se stessi che li logora-

no. Spesso, rammentando il comportamento di molti

giovani, le persone, forse anche in maniera un po’ trop-

po semplicistica, affermano che i ragazzi di oggi non

hanno più valori, non hanno nulla in cui credere, non

hanno nessun interesse vero all’infuori del divertimen-

to. Ma è davvero così? E soprattutto, quali sono i valori

che i giovani di ieri avevano e che i ragazzi di oggi do-

vrebbero avere? Possiamo considerare “valori” tutte quel-

le regole, quei principi e quelle linee di condotta che per-

mettono alle persone di costruire la loro esistenza, di sta-

bilire le proprie priorità e di compiere delle scelte. Per noi

ragazzi, quindi, è importante avere dei valori che ci guidi-

no nel compiere le scelte giuste. A mio parere, è ingiusto,

come si suol dire, fare “di tutta l’erba un fascio”: è ingiu-

sto sostenere che al giorno d’oggi la società è composta da

tanti giovani inetti, senza valori morali, né tantomeno civi-

li, perché, per mia particolare esperienza, esistono parec-

chi giovani che hanno fatto dei valori una vera e propria

regola di vita. Il problema è che a volte non sono solo i

giovani a non avere valori morali, ma anche i “grandi”

hanno le loro responsabilità: quanti sono gli adulti che non

seguono una condotta morale, mentre dovrebbero essere il

nostro esempio? Per quanto riguarda me… posso essere

fiera di affermare che sono cresciuta con pane, latte e va-

lori…. Valori trasmessi dai punti cardinali (papà, mamma,

fratello), valori veri, autentici, che affondano le radici nel

passato e proiettano i loro frutti nel futuro. Frutti che san-

no di rispetto per sé e gli altri, di condivisione, di tolleran-

za e di amore per tutto l’universo creato. Ma soprattutto,

valori che hanno un sapore che solo pochi hanno avuto

l’occasione di scoprire…. I valori dello Scoutismo, un

movimento che da ben otto anni mi ha saputo dare e inse-

gnare tanto, come tanto è stato ciò che ha fatto il suo crea-

tore, Baden Powell. Lo Scoutismo mi ha insegnato ad a-

mare il prossimo, anche il mio nemico, ad essere sempre

pronti (“estote parati” è il nostro motto), a dare se stessi

per gli altri. Ma soprattutto, che può bastare così poco per

donare un sorriso! Io sono del parere che non esistono

ragazzi o adulti con o senza valori. Tutti hanno dei valori

in cui credere. Basta solo cercare dentro di sé e conoscersi

meglio. Gaia Foti

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Uno spettacolo descritto da un'altra prospettiva Avrete sicuramente letto tantissi-

mi articoli riguardanti una mani-

festazione culturale o uno spetta-

colo. Che siano commenti, criti-

che, recensioni o semplici descri-

zioni ne avrete sicuramente viste

(o meglio “lette”) di cotte e di

crude. Io in questo articolo

farò l’esatto contrario, de-

scrivendo la mia esperienza

di partecipante ad uno spet-

tacolo di danza effettuatosi il

12 febbraio 2011. Il mio in-

tento non è quello di fare

una descrizione di cosa sia

successo “dietro le quinte”, in

quanto potrebbe risultare alquan-

to noioso nonché poco originale,

bensì quello di farvi capire che

dietro un’esibizione c’è molto più

dell’esibizione stessa.

La spettacolo di danza è stato pre-

sentato presso il Palacultura An-

tonello e inserito all’interno della

ricca serie di eventi che hanno

animato la “Notte della Cultura”,

manifestazione che il Comune di

Messina sta cercando di promuo-

vere da due anni a questa parte,

riscuotendo sempre più successo.

Lo scopo principale è stato quello

di rappresentare le Isole Eolie

come sette sorelle. Da questa idea

nasce il titolo stesso dello spetta-

colo: “le sette sorelle”. Quello di

cui volevo parlare e incentrare il

discorso è il fatto che di uno

show non si deve solo prendere in

considerazione il momento della

semplice messinscena ufficiale

davanti al pubblico. C’è molto di

più dietro. L’importante, il punto

del discorso, è comprendere inve-

ce come bisogna produrre e strut-

turare uno spettacolo a partire dal

nulla. Viene spesso sottovalutata

la capacità di riuscire ad avere

un’idea e di trasformarla in qual-

cosa di concreto, in modo che

sia comprensibile e piacevole

anche per chi non capisce nulla di

danza e vuole semplicemente di-

vertirsi per un’oretta. Un’idea

originale, e dunque vincente, de-

ve essere creativa e comprensibile

allo stesso tempo. La meta da

raggiungere è quella di realizzare

uno spettacolo che non somigli a

qualcosa di già fatto. Traguardo

ancora più difficile è riuscire a

prendere una situazione, una sto-

ria e modellarla per creare un

punto di incontro tra coreografie

di diversi stili di danza, in

modo che esse combacino

senza entrare in contrasto.

Personalmente penso che la

cosiddetta “abilità coreografi-

ca” consista proprio in que-

sto: riuscire ad accostare stili

diversi in modo da restare

comprensibili e non creare confu-

sione. La progettazione di una

rappresentazione deve essere cu-

rata in ogni suo singolo aspetto, a

partire dalla scelta della giusta

soundtrack o da quella dei costu-

mi, che hanno un impatto visivo

molto forte sugli spettatori. Per-

sonalmente ho partecipato all’u-

nica coreografia Hip hop che fi-

gurava l’isola di Panarea. Chiun-

que ne abbia l’occasione non

pensi due volte a partecipare ad

un esperienza del genere, perchè

essa arricchisce molto non solo

l’artista ma anche lo stesso spet-

tatore. Salvatore Bertino

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La famiglia al giorno d'oggi Sinceramente la situazione di ciò

che si intende per famiglia tradi-

zionale è molto cambiata negli

anni passati ad oggi. La famiglia

moderna è in una situazione di

crisi nella quale si mettono in di-

scussione i lati positivi di ciò che

essa dovrebbe rappresentare. Co-

me afferma A.Golini in “La fami-

glia italiana dall’Otto-

cento ad oggi”, in una

famiglia rispettabile vi

erano due regole fonta-

mentali:i rapporti con-

sentiti solo tra coniugi e

il matrimonio, conside-

rato un’unione per la

vita. Ai tempi d’oggi sia

l’una che l’altra

“regola” sono andate

via via perdendo valore,

come la famiglia di per sè. Si nota

infatti come le persone abbiano

già figli prima del matrimonio o

addirittura come una coppia spo-

sata si separi così facilmente do-

po pochi anni. Questo perchè suc-

cede? Perchè la famiglia non as-

sume più, per gran parte delle

persone, un significato tra quelli

che dovrebbero essere di primaria

importanza. Il lavoro, il denaro, i

divertimenti, fanno sì che ci si

dedichi di meno al nucleo fami-

liare. Questo è anche alla base del

problema del numero dei figli.

Molte coppie, come riportato in

vari grafici, decidono di non voler

avere figli, e questo secondo la

mia opinione perchè c’è un crollo

di responsabilità da parte dei ge-

nitori. Avere figli comporta una

grande responsabilità e oggi si

preferisce “rinviare” la cosa. Si

nota infatti come alcune famiglie

tirino su i propri figli: viziati per

la maggior parte. Nasce la coppia

pendolare, persone che vivono

per lunghi periodi lontani dalle

proprie abitazioni. In contrapposi-

zione a queste tesi però, c’è chi

dichiara che la famiglia abbia a-

vuto un miglioramento. Punto

principale è l’emancipazione del-

la donna nella società. Il pensiero

che si aveva della donna è cam-

biato nei secoli ed oggi la donna

è capace di mantenere una fami-

glia da sola e, anche se esistono

ancora casi tragici di violenza

sulla donna, di riuscire a “non

farsi mettere i piedi

in testa” dal mari-

to. Succede che in

questo modo i

bambini restino a

casa da soli e per

alcuni questa cosa

è vista come un

acquisizione di re-

sponsabilità del

bimbo stesso. Io

penso che non bi-

sognerebbe lasciare troppo spes-

so solo il proprio figlio. Penso

che bisogna controllarlo, evitargli

pericoli e tirarlo su dandogli un

buon appoggio per indirizzarlo

sulla via giusta. In conclusione,

come la maggior parte delle cose,

le tesi sulla famiglia si dividono.

Sta a noi decidere ciò che si pen-

sa esser meglio per la nostra vita.

Martina Minutolo

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Pagina 63

Il sorriso di un bambino: il guadagno più grande Sin da piccolo sape-

vo già di voler di-

ventare da grande un

medico, diversamen-

te da tutti gli altri bambini che, in

genere, sognano di diventare astro-

nauta, presidente, pilota, calciatore.

Coltivo questo sogno anche perché

molti miei parenti sono dei medici e

ogni volta che mi capita di sentirli

parlare e discutere del loro lavoro,

l’attrazione nei confronti di questa

professione aumenta sempre di più.

Ho scoperto che esistono diverse

specializzazioni mediche ma tra tutte

io vorrei intraprendere la strada della

ricerca bio-tecnologica. Mi è sempre

piaciuto molto montare e smontare

gli oggetti, collegare i vari fili, trova-

re il meccanismo che ne permette il

funzionamento, e la ricerca scientifi-

ca è anche questo. Grazie allo studio e

all’applicazione costante dei ricerca-

tori sono stati infatti progettate e col-

laudate protesi sempre più sofisticate,

e sono state anche portate avanti ricer-

che importanti sulle cellule staminali,

che sembra siano in grado di poter

ricostruire organi danneggiati da ma-

lattie o incidenti. Per me diventare

medico implica anche la necessità di

dover aiutare tutti coloro che soffro-

no. Ho potuto conoscere da vicino

questo aspetto grazie all’attività in-

stancabile di un mio cugino, responsa-

bile scientifico di un’importante orga-

nizzazione medica che opera nei paesi

poveri del mondo. Quando torna dalle

sue missioni, mi fa vedere molti fil-

mati e fotografie che presentano le

precarie condizioni di vita in cui ver-

sano le popolazioni del terzo mondo,

prostrate dalla povertà, dalla malnu-

trizione, dalla carenza di acqua puli-

ta, ma soprattutto dall’ignoranza e

dall’emarginazione. Questi medici

eroi operano bambini con malforma-

zioni al palato, al naso e alla bocca,

per donare loro un futuro normale.

Mio cugino mi ha fatto così com-

prendere l’importanza delle missioni

a cui partecipa, non solo dal punto

di vista medico, ma soprattutto a

livello umano: regalare infatti il sor-

riso ai bambini che lo avevano per-

duto, e alle loro famiglie, risarcisce

più di qualsiasi guadagno stretta-

mente economico.

Anch’io vorrei, un giorno, compiere

esperienze simili all’estero, perché

so che mi voterei a questa causa con

entusiasmo e passione.

Matteo De Blasio Di Palizzi

E' finita!E se ripenso al primo giorno del primo anno di liceo? Finalmente è arrivato: il primo giorno

del primo anno di liceo! Sembra quasi

di vivere un sogno, sembra quasi di

essere realmente diventati grandi. La

sveglia qualche ora prima, le lunghe

ore allo specchio nella speranza di

dimostrare qualche anno in più, l’e-

mozione della novità, la voglia di co-

minciare una nuova avventura… Ec-

coli là gli anni più belli della tua vita,

ti stanno aspettando!! Tra le tante fac-

ce sconosciute che camminano al tuo

fianco lungo i corridoi della tua nuova

seconda casa riconosci nei volti quel-

l’euforia che ti sta invadendo da qual-

che giorno, alti ragazzoni e piccole bar-

bie in miniatura sembrano costantemen-

te guardarti e ritornare con la mente a

quei “lontani” anni in cui erano proprio

loro ad essere al tuo posto, e sembrano

proprio guardarti con tanta invidia. Pas-

sano i mesi, gli anni…1°, 2°, 3°, 4°… e

le risate, le goliardate, le ore di supplen-

za passate a giocare in classe, le gite, le

battute, le paure prima delle temibili

interrogazioni di latino e matematica, i

bidelli speciali, le ricreazioni speciali…

sono ormai ricordi che affievoliscono,

mentre alle 8:00 del primo ultimo gior-

no di scuola della mia vita guardo il

cancello e capi-

sco che è finita!

Eccomi qui, sono

arrivata alla fine

della corsa come in una lunga marato-

na, realizzo che gli esami mi aspetta-

no, che il tempo delle risate spensiera-

te è ormai finito, che devo abbandona-

rere quei corridoi che già aspettano

qualche nuovo cadetto pronto a co-

minciare gli anni più divertenti della

vita, e per la prima volta dopo 5 anni

capisco che…ho paura!E ora? Cosa

accadrà? Perchè è già finita???

Maria Federica Frelazzo

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PENNE ESTROVERSE

La singolare e irripetibile creatività delle nostre parole

La paura è un sentimento ata-

vico, da sempre presente nel-

l’animo dell’uomo. Essa va

dallo scoramento allo spavento, attraversando tutti

gli stadi della “fobia”. Varie sono le cause da cui è

determinata: dal buio indistinto che atterrisce il

bambino, ai mezzi di comunicazione di massa, che

costringono a vivere la compresenza storica di tutta

l’umanità da luoghi lontani, ma temporaneamente

vicini, determinando conseguenze alle volte ango-

scianti e irreversibili. L’uomo convive, suo malgra-

do, con varie forme di angoscia esistenziale: la pau-

ra della malattia e, ancor prima, del contagio (chi

non ricorda, infatti, la fobia generata ad opera della

“Mucca Pazza, alla sola vista di una succulenta bi-

stecca alla fiorentina?); la paura dell’olocausto nu-

cleare proferito da insigni (menagrami) scienziati; la

paura dell’alterazione irreversibile degli ecosistemi,

con rischio di immediata fine del mondo; non ulti-

mo, il terrore del 2012, che incombe come una spa-

da di Damocle sulle nostre teste. Ed ancora: paura

delle responsabilità della vita, di metterci la faccia,

di non essere sempre all’altezza delle situazioni,

paura dei rapporti sociali, di perdere il proprio lavo-

ro o l’immagine che faticosamente ci si è costruiti,

col terrore di finire in braghe di tela. Il timore fa ri-

piegare l’uomo su se stesso, lo rende egoista, insen-

sibile agli altri. L’uomo pauroso diviene solitario,

apatico, depresso, sempre più assoggettato agli an-

siolitici e, nei casi più gravi, all’alcolismo o all’uso

di sostanze eccitanti, sempre nel vano tentativo di

METTERCI LA FACCIA … ovvero L’UOMO E LA PAURA

sfuggire o esorcizzare il demone della paura, che

nella fattispecie si chiama solitudine. L’uomo del

terzo millennio si trova, infatti, nel pieno di un com-

plesso di trasformazioni che hanno diffuso un senso

di profonda incertezza sugli aspetti essenziali della

vita. Sono in crisi i ruoli tradizionali della società e

della famiglia, i ruoli che competono alle diverse

generazioni. Tra fiumi di parole, oggi non sappiamo

più comunicare. Tutti vivono la strana percezione di

essere alla canna del gas. Inquietudine e incertezza

investono la nostra società, nella quale sono mutati i

rapporti tra passato e futuro, nel senso che la dimen-

sione della vita quotidiana è prevalentemente quella

del presente, dato che il passato non conta più e del

futuro “quien sabe”. Stiamo perdendo, o meglio,

credo che abbiamo già perso la tramontana, ovvero

il senso più profondo del nostro passato, le radici

lontane del nostro agire odierno, il legame con la

nostra storia individuale, di gruppo, di popolo.

Stracciarsi le vesti? Non ci resta che questo? Asso-

lutamente no! Il coraggio, la dignità, la fiducia nei

valori universali dell’amore, del rispetto reciproco,

della solidarietà non sono cose da poco. Non sono

slogan per imbonitori politici e per televendite. Non

sono frutti secchi, ma germogli vividi, pronti ad e-

splodere nel terreno fertile di una coscienza giovani-

le, forse più tormentata e travagliata, ma certamente

più autentica e schietta, che non cede ai compromes-

si e si rifiuta di “baciare le mani a voscienza”. Do-

vremmo imparare, allora, ad avere paura solo…

della Paura. Gaia Foti

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Gennaio 2011… Il Direttore entra in classe e dice:

“Abbiamo comprato la Macchina del Tempo, possia-

mo tornare indietro di tantissimi anni, chi vuole pro-

vare?” “Quale occasione migliore” - penso io - “se

torno indietro nel tempo, potrò anche cambiare qual-

cosa che in questi 16 anni non mi è piaciuta!!!!” “Io,

io” dico a voce alta, e mi accorgo di essere l’unico

coraggioso. Poco dopo cominciano ad alzarsi altre

mani e diveniamo un bel gruppetto, ma sulla macchi-

na del tempo si sale uno alla volta… quindi parto io

per primo! Entro in una stanza dove c’è una grossa

macchina, monto su e mi accorgo di un monitor sul

quale scorrono anni, epoche,

personaggi, fatti, luoghi. Im-

mediatamente leggo: “Vuoi

scegliere in quale epoca anda-

re, quale personaggio incontra-

re, o vuoi che la scelta sia ca-

suale?” “Casuale, casuale, al-

meno non avrò colpa di nul-

la!”… E allora si parte!!! Pre-

mo il pulsante con su scritto”

“lascia al caso il tuo destino” e dopo 10 secondi mi

ritrovo nel XII secolo faccia a faccia con Alberto da

Giussano, condottiero lombardo, eroe della battaglia

di Legnano del 1176. “E questo da me che vuole?”

penso e subito lui mi dice: “Ciao Terrun!!” Ora capi-

sco… e dico: “Ma tu non sei il fondatore della Com-

pagnia della Morte, un’armata di 900 cavalieri scelti

per difendere il Carroccio, simbolo della Lega Lom-

barda, contro Federico I Barbarossa?” “Sono proprio

Viaggio nel tempo

io, e tu ,Terrun, mi ri-

troverai dal 1991 come

simbolo elettorale della

Lega Nord, e Umberto

Bossi sarà la mia Crea-

tura… pensa: sposerà

persino una di voi!!

“Caro Alberto da Gius-

sano” penso in silenzio “tu sarai anche un condot-

tiero, un eroe, un coraggioso, ma vuoi mettere l’a-

stuzia di un Terrun?!” Bene allora guarda cosa ti

combino… ti cambio qualche elemento! Faremo in

modo che il 19 Settembre

del 1941, alla Sig.ra Bossi

madre, in vacanza sulle rive

dello Stretto di Messina, le

si rompano le acque e… na-

sca il piccolo Umberto! Che

bello che sarebbe riuscire a

cambiare la Storia… oggi

Umberto sarebbe in giro per

le strade di Messina e direb-

be: “Ciao cumpari comu stai?” … BOOOOOOOO-

OM!!! Che è successo? L’ho detta troppo grossa?!

… No, il boato è soltanto la macchina del tempo

che è ritornata nel 2011, ed io? Per fortuna sono

rientrato nel mio tempo e nel mio mondo; Bossi è

nato a Cassano Magnago, non parla da Terrun ma

da Polentone, e la macchina del Tempo? Il Diretto-

re l’ha già rivenduta come prodotto di seconda ma-

no!!!

Nicolò Albanese

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Il TG come lo vorrei

NOTIZIA SHOCK: all’alba di oggi tutte le se-

di dei TG nazionali (RAI, Canale 5, Retequat-

tro, Italia 1, la 7, SKY, Premium) sono state

occupate da ragazzi tra i 15 e i 20 anni, che di-

cono di chiamarsi “VOLEMOSE BENE”.

Ci sembra che abbiano delle armi… no, no, un

momento.

Non sono armi, sono FIORI che sparano PE-

TALI! “Da oggi le Redazioni dei TG sono in

mano nostra. L’informazione la facciamo noi!”

continuano a gridare. Ore 08.30: TG 1… nuo-

vo conduttore, un ragazzetto alto, capelli casta-

ni, sguardo intenso che dice: “Buon giorno dal

TG1… e che Buongiorno! Yara Gambirasio

non è mai scomparsa! Sarah Scazzi passeggia

per Avetrana! Gheddafi è un nuovo personag-

gio dei Pokemon! Berlusconi è a pranzo con

Fini e Bersani! Ruby è una maestra d’asilo!”

Ore 12.00: TG4…. Una ragazzetta alta, bionda,

occhi da gatta, sta seduta al posto di Emilio Fe-

de e dice: “a Emy, o sai che in Iraq stanno a

sloggià pecchè a guerra è finita? E o sai che e

Tori Gemelle so ancora li e nessuno è riuscito a

buttalle giù?”

Ore 14.30: Studio Aperto, Italia 1. Anche qui un

ragazzino si è impossessato del microfono e di-

ce: “ Notizie dall’Italia… remonti ha promesso

meno tasse per tutti e più lavoro! Notizie dall’E-

stero… Ahmadinejad scende in piazza contro il

Nucleare e contro il Burqa!”

Ore 18.00: TG5… “Clamoroso- dice una ragaz-

za – a Cerignola scongiurato un disastro fami-

liare. Un uomo in vacanza con le sue due bam-

bine scivola alla stazione e cade tra i binari. Il

macchinista del treno in arrivo riesce a frenare e

Mathias, Livia e Alessia sono salvi e potranno

riabbracciare la loro Irina”.

Ore 20.00: SKY… “Trovata la causa che provo-

ca il cancro. Un gruppo di medici appartenenti

alle Università di tutto il mondo ha messo a

punto il VACCINO!!!”

Ore 20.30: Premium…. “NOTIZIA SHOCK: al

tramonto di oggi tutte le sedi dei TG nazionali

non sono più occupati dai giovani giornalisti!”.

Peccato!!! Anche se è durato un solo giorno,

questo TG mi è proprio piaciuto!!

Nicolò Albanese

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Pagina 67

Il mio giorno da presentatore del TG14 Mi sveglio,

sembra una

giornata come

tutte le altre,

ma qualcosa mi dice che non sarà

così. Sto per uscire di casa per

andare a scuola e mi accorgo che

mi è arrivata una lettera, rimango

stupito. Subito penso: “Non ho

tempo da perdere con lettere inu-

tili, sono in ritardo”. Così esco di

casa e la ignoro. Alle 13:45 esco

in cortile per giocare a

calcio con i miei compa-

gni, e ad un certo punto

sul nostro cortile atterra

un grande elicottero con

su scritto: TG14. Subito

scende un uomo che mi

prende e mi fa salire a

bordo. Durante il viaggio mi spie-

ga che sono stato scelto come

presentatore del TG per un gior-

no. Io mi illumino di gioia, ma

per orgoglio, con indifferenza

chiedo: “Perchè non mi avete av-

visato prima?”. Loro mi dicono di

avermi spedito una lettera, così

capisco di chi era quella lettera

che avevo ricevuto. Arrivati a Ro-

ma vedo la sede e scopro che sa-

rei andato in onda fra cinque mi-

nuti! Ma non sono pronto, non so

cosa dire e soprattutto… come

avrei fatto io, il ragazzo più timi-

do di tutti i tempi? “Ora diamo la

parola allo studente scelto dalla

nostra selezione!”. Eccomi in on-

da, “oh cielo” non so che dire!

Inizio con un banale “buongiorno

a tutti”, mi fermo, penso … Ma

certo! E’ facile la soluzione, io

non sono direttamente di fronte

ad un pubblico, sono solo ripreso

da una telecamera, sono solo co-

me quando ripeto storia, e allora

inizio: Notizia dell’ultimo secon-

do… Non ci posso credere, ce

l’ho fatta, il TG è finito e sento

che è andato tutto bene, però ora

voglio tornare alla mia vita di

sempre. L’indomani la mia routi-

ne mattutina viene però di nuovo

stravolta, perchè prima di uscire

vedo una lettera e subito penso:

“questa volta non sbaglierò!”. La

leggo, è il TG14! Le visualizza-

zioni sono state altissime, mi

hanno chiamato per una settima-

na di prova e mi hanno offerto

pure soldi. Devo rispondere alla

proposta entro la sera, ma per ora

vado a scuola. Arrivo e tutta la

scuola mi accoglie con applausi e

fischi, chiedendomi come era an-

data e dico loro della lettera. Ma

vedo che tutti sono tristi, poichè

se avessi accettato mi sarei dovu-

to trasferire a Roma. Allo-

ra penso che forse avrei

fatto bene a non accettare,

ma loro, da buoni amici,

mi dicono di non perdere

questa grande opportunità.

Ecco è arrivata sera: devo

mandare la lettera con

scritto sì o no. La scelta è così

difficile e straziante… Mi affac-

cio e vedo dei ragazzi giocare a

calcio. Non resisto. No. Oh no!

Sono di nuovo in ritardo, ma so-

no contento di poterlo essere. Ar-

rivo a scuola e mi chiedono: hai

detto sì, vero? No. E lì un urlo di

gioia scoppia dal cuore dei miei

compagni e… dal mio.

Fabio Malacarne

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Una crociera da dimenticare? Forse no Io quel giorno ero molto impauri-

to ed eccitato all’idea di partire e

di fare la mia prima grande cro-

ciera. Avendo paura del mare,

non sono mai salito su di una na-

ve ma per questa crociera mi feci

coraggio e partii. Feci male

però. Partii il 17 Febbraio,

di venerdì, alle 17:17. Le

prime due settimane mi di-

vertii molto ma, dopo di

queste, arrivarono onde gi-

gantesche che fecero ribal-

tare la nave. Morirono tutti,

tranne me. Mi ritrovai in

un’isola immensa, mai visitata

dall’uomo e non segnata sulle

cartine geografiche. Questa era

un’isola meravigliosa, ricca di

verde e piena di specie inusitate

di animali. Dopo che mi alzai dal-

la spiaggia, mi andai a fare un

giro per trovare dell’acqua fresca,

cibo e un riparo per la notte.

Camminando, trovai dei pezzi di

corteccia molto diversi dai nostri.

Provai a prenderne due, li spezzai

e, con un accendino che avevo in

tasca, accesi un fuoco. Con gli

altri pezzi mi costruii un rifugio

e, usando varie pietre dure trovate

al confine tra la spiaggia e la fo-

resta, varie lance per cacciare. Mi

misi poi vicino al fuoco e mi ad-

dormentai, perchè quella era stata

una giornata molto faticosa e dif-

ficile. Il giorno dopo iniziai ad

esplorare la foresta: essa era mol-

to buia, perchè i raggi del sole

erano coperti dal fitto fogliame

degli alberi. Trovai anche un ru-

scello dove scorreva acqua limpi-

da e pura. Riempii la borraccia

d’acqua e raccolsi strani frutti,

molto diversi da quelli che cono-

scevo. Improvvisamente apparve

un grosso animale, simile ad una

tartaruga, ma gigantesco e carni-

voro. Uccisi la fiera con la lancia,

conficcandogliela in testa e, sic-

come il suo guscio era molto

grande e resistente, lo presi per

costruirmi una barca. Tornando

verso la spiaggia trovai delle lia-

ne molto resistenti che mi servi-

rono per unire i vari pezzi della

barca. Il giorno successivo il sole

fu ricoperto da nere nuvole e ini-

ziò una violenta tempesta tropi-

cale. Le onde cominciarono ad

alzarsi ed ebbi paura che la mia

fine fosse giunta. Per

fortuna mi salvai e

qualche giorno dopo

continuai la costruzione

della barca. Mi serviva-

no una vela e una pietra

simile all’amigdala per

modellare l’imbarcazio-

ne. Con una lancia più

lunga costruita in precedenza e

un sasso molto tagliente riuscii

ad uccidere animali dalla pelle

spessa e resistente, pelle che usai

successivamente come vela. Feci

provviste di acqua e cibo e mi

preparai per il viaggio di ritorno.

Il giorno dopo partii e attraversai

un mare calmo ma pericoloso,

perchè infestato da piranha e bar-

racuda. Mi seppi difendere bene.

Giunsi così fino alle coste della

Sicilia, felice di essere sopravvis-

suto a questa pericolosa ma affa-

scinante avventura.

Francesco Valente

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Viaggio sul veliero dell’alba Il sole sta sorgendo ormai, la

sua luce rischiara a poco a poco

il cielo, salutando l’oscura not-

te, la luna e le stelle che mi

hanno tenuto compagnia fino ad ora. Credo che co-

mincerebbe così il mio viaggio ideale, un viaggio

alla scoperta del mondo, di culture e popoli diversi.

Un viaggio alla scoperta di se stessi, del proprio es-

sere e della propria anima. E soprattutto, un viaggio

su un veliero fantastico, che naviga sulle acque più

blu e per mari inesplorati dall’uomo : il veliero del-

l’Alba. La voglia di ve-

dere, capire e scoprire

arde in me più viva che

mai, come le fiamme di

un fuoco indomabile.

Sento sulla pelle la leg-

gera brezza che spira da

est, una brezza fresca,

che sembra cantarmi ciò

che ha avuto la fortuna di ammirare nelle bellissime

terre d’Oriente; terre vergini , perennemente baciate

dal sole e lambite dal più bel mare che si possa mai

sognare. Terre dagli alberi possenti e sempre in fio-

re, dove il silenzio regna, dove vivono le più diverse

specie di animali; dove la tenera erba degli immensi

prati sembra invitarti a distenderti e ad abbandonarti

a quella meravigliosa tranquillità che invade la tua

mente, rilassandoti. Un velo di salsedine mi pizzica

le labbra, riportandomi alla realtà, facendomi riapri-

re gli occhi ed ammirare ciò che mi si pone davanti :

l’immensità dell’oceano e delle sue gigantesche cre-

ature..creature che fino ad allora avevo solo potuto

vedere nei libri o in tv. Pesci dai colori sgargianti

saltano fuori dalle acque con agilità impressionante,

accompagnati da bellissimi delfini. Ma ecco che,

tutt’un tratto, una voce angelica…ed un cavallo

bianco dalle ali grandissime richiama la mia atten-

zione. Il magnifico animale volteggia in alto, e dopo

pochi secondi scende in picchiata e si posa delicata-

mente sul ponte del veliero. Ed ecco: un’isola illu-

minata dal sole appare d’improvviso in tutta la sua

bellezza. Salgo in groppa al mio destriero alato e

prendo il volo. Salgo sem-

pre più in alto, sfioro con

le dita le nuvole bianchis-

sime, e ammiro l’immensa

natura pullulante di vita. Il

cavallo scende in picchia-

ta, ed ecco che mille sen-

sazioni si affollano nella

mia mente. Gli infiniti

paesaggi, le distese azzurre e le verdi colline. Gli

imponenti alberi ed i profumatissimi fiori. Final-

mente tocco il terreno morbido e fresco. E mi sento

pervasa da una sensazione nuova, quasi magica : mi

sento di nuovo bambina! Torno a correre, saltare ed

urlare il mio nome per sentirne l’eco. Finalmente

sono arrivata nel mio mondo… nel mondo che ho da

sempre sognato e desiderato. Tornerò mai a casa?

Questo non lo so. Ma la risposta mi è suggerita da

una bellissima canzone : ” Un viaggio a senso solo,

senza ritorno, se non in volo…”

Gaia Foti

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La fatica della MIA sveglia sempre più presto

Centro disturbi del Sonno-

Ospedale Molinette di Torino:

“Chi punta prima la sveglia in

Europa per andare a lavoro?”. I

Belgi alle 6.30, i Britannici alle

6.45, gli Italiani, in media alle

6.49, i Tedeschi alle 6.50, i Fran-

cesi alle 6.55. Gli Spagnoli alle

7.00 (da TV SORRISI E

CANZONI). E tu, quando ti

svegli? E’ cambiato l’orario

da quando eri piccolo ad og-

gi? Alfonso Signorini

(Direttore di TV SORRISI E

CANZONI) mi intervista…

“1995: Messina, ho 1 anno.

7.30 sveglia, biberon, cap-

pottino, mamma mi infila in mac-

china e via dalla nonna dove mi

aspettano bagnetto, ninna nanna e

pappa! 1996-1999:Taormina, dai

2 ai 5 anni, vado all’asilo! 7.15

sveglia, bagnetto, cappottino, di

corsa in macchina, vengo lanciato

dal finestrino e preso al volo dalla

maestra! Gioco, dormo, mangio e

aspetto che qualche anima pia mi

riporti a casa… mai prima delle

17.00!!! 2000-2005: le elementari

( a Mazzeo, frazione di Taormi-

na): ore 7.00 sveglia; ore 7.45

pulmino che, lungo curve e tor-

nanti, mi conduce a scuola e mi

riprende alle 13.30 (viaggiare per

raggiungere la scuola fin da pic-

colo mi è valso la comprensione

della mia nonna paterna

”figghittu, soffriu sempri p’annari

a scola!!! U Signuri mi cci renni

sti sacrifici!!!). 2005-2008: 6.45

sveglia (la lancetta piccola passa

dal 7 al 6) “Svegliati - dice mia

sorella Martina - vestiti, fai cola-

zione,”…lo ripete per tre anni!!!

2008 ad oggi: Liceo Scientifico

Empedocle a Messina… continuo

ad abitare a Taormina…Ore 6.15:

caffè, fetta biscottata e mia madre

che mi urla:”Presto che è tar-

di!!”… riesce a farmi imbestialire

e ne è felice perché, dice lei,” rie-

sco a non farti riaddormentare!”

Penso: “Quanti in questo momen-

to staranno facendo la stessa co-

sa? Quanti l’hanno fatta ore pri-

ma?” E poi, con invidia: “Quanti

la faranno tra un paio di ore?”.

Vede, Direttore, anche per la sve-

glia c’è una formula di matemati-

ca: La sveglia suona tanto più

presto quanto più cresci di età!

Prenda ad esempio me… da pic-

colino mi svegliavo e facevo il

pacco… depositato. Cre-

scendo, mi sono svegliato

“sempre più presto”, perché

il mio impegno da studente

è aumentato di intensità e

durata. Anche l’orario di

ingresso a scuola è “sempre

più presto”… 8.30... 8.15...

8.00… il traguardo richiede

una fatica sempre maggiore. E la

sveglia? Con i suoi occhioni furbi

(nei miei disegni è sempre stata

una faccia con occhi grandi e

bocca larga, rompiscatole, brutta

e vecchia!) sembra dirti: “Su di

me trovi 12 numeri che scandi-

scono la tua giornata di 24 ore.

Sei in trappola!!! E io che faccio?

… Sposto sempre la lancetta 1 o

2 minuti indietro!!! Non sarà la

soluzione ai miei problemi, ma

mi aiuta!!!

Nicolò Albanese

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Se Paride può uccidere Achille, perché non lo può fare anche Ettore?

Tra i vari libri dell’Iliade,

troviamo lo scontro tra

Achille e Ettore. Normal-

mente il primo vince sul

secondo uccidendolo e

trascinandolo con un car-

ro. Però io tra le due figure preferisco quella del

troiano, perciò ho provato ad immaginare un esito

dell’incontro diverso, che ha come finale la vittoria

di Ettore. Troia, giornata afosa. Il re Priamo, padre

di Ettore, Ecuba, la madre, Andromaca, la moglie,

Paride, il fratello e tutti gli altri

parenti e compatrioti piangono

perchè sanno che Ettore ha po-

chissime possibilità di vincere

contro Achille. Ma intanto il

figlio di Teti urla il nome del

guerriero più forte di Troia e lo vuole uccidere per

vendicare Patroclo. Ed ecco che il principe troiano

scende. Il duello inizia. Ettore prova a scagliare la

lancia che aveva in mano. La lancia è lunga e poco

robusta ma con la punta di ferro molto appuntita e

tagliente. Intanto Achille, per sfregio, si toglie l’el-

mo e poggia lo scudo a terra. Subito dopo estrae la

sua spada e la punta contro il suo sfidante. A sua

volta Ettore svolge le stesse azioni e corre verso il

suo nemico. Il greco vuole punire e far soffrire l’uc-

cisore di Patroclo e così inizia schivando i colpi e

spingendo l’avversario facendolo cadere. Il figlio di

Priamo si ritrova a terra sanguinante ed a quel punto

Achille decide di ucciderlo ma, non appena scaglia

il colpo finale, Ettore lo evita saltando e lo trafigge

con la spada tra il collo e la spalla; infine con lancia

infilza il suo tallone. Così il quasi immortale Achil-

le, piede rapido, muore. Ettore alla visione della sua

vittoria scoppia a piangere per la felicità di poter

tornare dalla moglie e dal figlio Astianatte e decide

di ritornare il corpo di Achille ai Mirmidoni. Ecco

arrivato il giorno successivo. La morte del grande

eroe ha scombussolato i Greci, compreso Agamen-

none, il quale sa che senza Achille, il risultato della

guerra sarebbe stato negativo. Così decide di scap-

pare nella notte successiva. Però arriva prima il re

Priamo e così i soldati greci subi-

scono subito l’attacco dei troiani.

L’unica flotta che riesce a scap-

pare è quella del re di Itaca, Ulis-

se. Troia è salva dalle insidie dei

Greci, almeno per ora. In futuro

la Grecia invierà un altro esercito e riuscirà ad entra-

re con il piano di Odisseo. Infatti sarà al ritorno di

questa battaglia che lui si perderà e compirà l’infini-

to viaggio per tornare in patria. Ma allora chi uccide

Ettore? Teti. Ella, venuta a conoscenza della morte

del figlio, convince Poseidone ad inviare il suo ser-

pente marino per uccidere i principi di Troia e il dio,

dovendolo mandare per uccidere anche l’indovino

Laocoonte, accetterà. In effetti con questo finale Et-

tore morirebbe lo stesso, ma al-

meno non contro un combattente

che poi verrà ucciso da Paride,

più debole rispetto al fratello, ma

per la volontà di un dio.

Fabio Malacarne

Page 72: Rizòmata - Numero 0

Pagina 72

TUTTA UN’ALTRA STORIA

Non dimen-

ticherò mai

questa data:

Termopili,

20 Agosto 480 A.C. 4.700.000

soldati dell’esercito persiano

mandati da Serse I, contro i 300

soldati spartani di Leonida. La

battaglia inizia … 299 … 298…

297… il numero di spartani viene

diminuito in un batter d’occhio!

Sono ancora vivo, ancor per po-

co, ma alla fine siamo partiti sa-

pendo che saremmo morti tutti.

Finalmente sono arrivati 700 Te-

spiesi e altri 6000 alleati greci.

Ma i persiani sono troppi e sem-

brano sbucare da tutti i lati. Lo

spettacolo è terrorizzante, i miei

fratelli sono sgozzati dalla lama

lucente delle spade dell’esercito

di Serse. Purtroppo anche io devo

uccidere i nemici e so l’amarezza

che nel frattempo stanno provan-

do gli altri. E’ proprio questa la

stupidità della guerra: ognuno fa

male all’altro, ma nessuno con-

clude nulla. E’ vero, io sono qui a

combattere, ma perchè questo mi

è stato insegnato e, tra i valori che

ho, quello della patria è il più im-

portante ed è quello che mi ri-

specchia di più. Io darei anche la

vita per difendere Sparta, la mia

patria. Anzi, la sto già dando. Oh

cielo… siamo rimasti in 10, e l’e-

sercito della Persia ha subito un

danno minimo. In proporzione le

perdite dei persiani sono nulle.

Nel frattempo sono rimasto solo

tra i miei uomini ma cosa devo

fare io contro i milioni di nemici

che ho davanti? Allora io, il co-

mandante Leonida, scavalcherò i

soldati e conficcherò questa stes-

sa lancia nel cuore del re persia-

no, sempre se ne ha uno! Ovvia-

mente nella mia lunga e trafelata

corsa dovrò anche eliminare qual-

che soldato. Inizio a muovermi

rapidamente ed ecco il primo sol-

dato: con un possente salto schivo

il suo colpo e lo trafiggo tra il

collo e la spalla. Il secondo: paro

la spadata con lo scudo e gli ta-

glio la gola. Il terzo: blocco con

la spada il suo attacco e infilzo il

suo stomaco con la lancia. Ed ec-

comi finalmente vicino al re, e

alle orecchie mi giungono queste

precise parole:”Cosa vorrebbe

fare quel pazzo?” Eccoci naso

contro naso. Ormai è finita, que-

sto momento stabilirà il vincitore,

anche se io già lo sono in un cer-

to senso. L’immagine che può

rappresentare questa scena è dif-

ficile da immaginare: due grandi

uomini, un sovrano e un coman-

dante sovrano che si accoltellano

all’altezza del cuore a vicenda, e

tutti i soldati intorno che combat-

tono… Ma ora torniamo alla real-

tà. I miei uomini sono morti, e

tentare di arrivare fino a Serse

sarebbe un suicidio, migliaia di

arcieri mi freccerebbero e non

riuscirei a salvarmi. Addio! Sono

morto vincente, perchè ho dato la

vita per difendere la mia terra.

Ma sono morto. I risultati dell’a-

spra e feroce battaglia saranno

alla fine questi: 299 spartani mor-

ti, tutti i Tespiesi e 1400 alleati

greci. E i persiani? 35000 dei lo-

ro soldati scenderanno nell’Ade,

risultato notevole, sia perchè sia-

mo riusciti a rallentarli, ma anche

perchè abbiamo ucciso molti più

uomini. L’ultima immagine che

ricordo, è quella di Serse che ride

di fronte alla mia morte!

Fabio Malacarne

E se i Greci avessero vinto...

I Corsi e i Ricorsi delle vicende umane

Page 73: Rizòmata - Numero 0

Pagina 73

“La mafia è il cancro del Mezzogiorno”. Così

è definita la situazione che caratterizza politi-

camente ed economicamente l’Italia meridio-

nale. Alla vigilia del 150° anniversario del-

l’Unità Nazionale, la realtà del nostro paese

risulta ancora travagliata e frammentaria. Per comprendere le

dinamiche dell’accentuato divario tra Nord e Sud bisogna

compiere un breve excursus a partire dalle origini del fenome-

no mafioso. Il termine mafia compare per la prima volta in un

testo teatrale del 1863, “I mafiusi de la Vicaria” di Giuseppe

Rizzotto, opera ambientata all’interno dell’omonimo carcere

palermitano. A usare successivamente il termine mafioso, con-

ferendo alla parola anche un giudizio di carattere etico, fu Gae-

tano Salvemini, il quale definì l’allora Primo Ministro italiano

Giovanni Giolitti “ministro della malavita”. Il 10 giugno 1924

venne assassinato a Roma un coraggioso segretario del partito

socialista che denunciò in Parlamento le violenze i brogli com-

piute dai fascisti durante le elezioni: GIACOMO MATTEOT-

TI. Tuttavia, ancora oggi il caso Matteotti è definito “omicidio

politico”. Ma allora, cosa è la mafia? Oso ampliare il significa-

to della parola: nella vita quotidiana la “mafia” si concretiz-

za quando qualcosa, considerata scomoda da qualcuno, viene

eliminata con estrema facilità; “mafia” è la repressione di un

dissenso. “Mafia” è omertà. Dunque, oggi non riesco a vedere

la tanto esaltata Italia come un paese veramente unito e coeso.

Vedo invece un tumore ormai in metastasi, non presente più

solo nel Meridione, che logora tutti gli organismi di uno Stato

a capo del quale sta un gruppo di politici che dichiara di voler

risanare le ancora aperte ferite , ma che nel contempo utilizza

l’immagine della Calabria per sollecitare gli italiani alla pratica

della raccolta differenziata. Questa chiamasi Unità? No. Non a

mio avviso. Annalisa Careri

Le Foibe C'era una volta, e c'è ancora, la MAFIA!

Almeno 10.000

persone, negli an-

ni a cavallo del

1945, sono state

torturate ed uccise

a Trieste e nell’Istria controllata dai parti-

giani comunisti jugoslavi di Tito. La gior-

nata dedicata alla memoria del massacro

delle Foibe intende ricordare proprio que-

sto eccidio, che coinvolse prevalentemen-

te cittadini di etnia italiana e in misura

minore cittadini italiani di etnia slovena e

croata. Il nome deriva dagli inghiottitoi di

natura carsica, chiamati appunto

“foibe”, in cui furono gettate, vive e

morte, migliaia di persone prima torturate

e massacrate. Per molti decenni questo

tragico pezzo di storia italiana è passato

sotto silenzio ma, ormai da diversi anni, il

10 febbraio è stato riconosciuto come

giorno del ricordo, al fine di conservare e

rinnovare la memoria di quelle vittime.

Numerosi sono ogni anno, in occasione di

questa giornata, i convegni e i lavori volti

appunto a raccontare, ricordare e capire.

Coltivare la memoria di un popolo è un

preciso dovere e, pur senza poter cancel-

lare le sofferenze e le ingiustizie subite,

bisogna guardare avanti e costruire una

comune appartenenza europea che arric-

chisca le diverse identità nazionali.

Ramona Urso

Page 74: Rizòmata - Numero 0

Pagina 74

100 Anni di Guerra, Francia e Inghilterra su fronti opposti. L'Eroina d'Orleans salva la situazione!

L’eroina

francese

Giovanna

d’Arco è

una delle

protagoni-

ste del

periodo

storico

della guerra dei cent’anni (1337-

1453), una guerra destinata a du-

rare per molto tempo, per via

degli intensi scontri tra Francia

ed Inghilterra. Le cause di que-

sto conflitto inizialmente si in-

centrarono sulla controllo delle

Fiandre, un territorio economi-

camente e commercialmente

molto importante; da non sotto-

valutare fu anche il conflitto

dinastico tra i due regni, poiché

alcuni territori francesi erano

posseduti dalla corona inglese.

Siffatta situazione fu aggravata

dall’arrivo dell’epidemia della

peste nera, dalle varie rivolte po-

polari, dalla Cattività Avignonese

e dallo Scisma d’Occidente. Lo

scontro tra i due fu sempre più

aspro finché non si arrivò alla

battaglia di Poitiers nel 1356, do-

ve gli inglesi ottennero una gran-

territori per infliggere numerose

sconfitte, finché non salì al tro-

no Carlo VII che riuscì a ripor-

tare pace all’interno del territo-

rio ma soprattutto a migliorare

la Francia stessa, delineando

definitivamente i suoi confini ed

avviandola alla trasformazione

in una monarchia nazionale.

Giovanna d’Arco, la figura prin-

cipale della Guerra dei Cent’-

Anni, già all’età di dieci anni

aveva acquisito una certa pre-

parazione religiosa per via

della madre Isabella la quale

aveva cercato di infondere

nell’animo della figlia tutti i

valori sociali e morali della

società di quel tempo. La gio-

vane però fu sempre interes-

sata agli avvenimenti politici

e decise di studiarli in chiave

religiosa, considerandoli co-

me la perpetua lotta tra il bene

e il male. Nel 1425 la Pulzella

iniziò ad avere delle visioni e a

sentire delle voci che la incita-

rono a lottare contro le ingiusti-

zie e spingere al di fuori dei

confini francesi gli inglesi. In-

fatti Giovanna stessa decise di

andare a Vaucouleurs per incon-

de vittoria sui Francesi, i quali

dovettero accettare la pace di Bre-

tigny, con la quale molti dei terri-

tori francesi passarono nelle mani

degli inglesi. La situazione si in-

vertì solo quando fu incoronato

sovrano Carlo V, il quale ricon-

quistò una buona parte dei territo-

ri riportando stabilità in Francia;

Dopo sua la morte salirono al tro-

no due successori i quali furono

sempre in lotta fra di loro, crean-

do così ulteriori conflitti; iniziaro-

no molte rivolte popolari, come a

Parigi e nelle campagne

(Jacquerie) portando una divisio-

ne della popolazione in due parti:

gli Armagnacchi e i Borgognesi.

Gli inglesi rientrarono in questi

Page 75: Rizòmata - Numero 0

Pagina 75

trare il comandante d’Orleans e

farsi affidare una parte dell’e-

sercito. in tale contesto l’eroina

viene raffigurata nelle vesti di

un soldato con una spada in una

mano e nell’altra una bandiera

raffigurante Dio, benedicente il

fiordaliso francese, con accanto

i due Arcangeli Gabriele e Mi-

chele. Con la ragazza

si allearono molte

truppe di soldati che

volevano sconfiggere

gli inglesi. Nel frat-

tempo questi stavano

arrivando a conquista-

re i territori d’Orleans,

ma la caduta della città

avrebbe determinato il

passaggio di tutto il

territorio della Loira Meridiona-

le nelle mani degli inglesi. For-

tunatamente gli assediati riusci-

rono a tenere libera la Porta del-

la Borgogna per facilitare l’in-

gresso di Giovanna con le mili-

zie e i viveri per i rifornimenti.

Giovanna giunse così ad Orle-

ans e il primo incontro che ebbe

fu con il capitano. Tra i due ci

fu un breve e burrascoso collo-

quio, per via del fatto che la ra-

gazza avrebbe preferito essere

direttamente condotta con le sue

truppe in battaglia; purtroppo però le

condizioni climatiche non erano del

tutto favorevoli. Il vento poi diminuì

e cambiò direzione, così da permette-

re a Giovanna e alle truppe di portare

i rifornimenti, scendere e schierarsi

in battaglia. Qualche giorno dopo

Giovanna sconfisse la bastiglia più

forte e ruppe gli accerchiamenti, de-

terminando così la messa a cielo a-

perto degli inglesi, che si ritirarono

definitivamente, lasciando la Francia.

Giovanna impedì ai francesi di segui-

re i nemici, sia perché era domenica,

per i cristiani considerato giorno di

riposo, sia perché gli inglesi si erano

spostati volontariamente. Qui, alla

fine della guerra, precisamente nel

1430, la Pulzella fu catturata, depor-

tata per sei mesi in varie prigioni e

alla fine venduta agli inglesi, i quali

cercarono con tutti i mezzi di far ri-

sultare eretica Giovanna, così da po-

terla processare e condannarla

al rogo. La leggenda vuole

che a Giovanna fu concesso

come suo ultimo desiderio di

poter tenere con sè fino alla

sua morte un piccolo crocifis-

so. Invocando più volte il no-

me di Gesù si l’eroina france-

se si spense tra le fiamme.

Spento il fuoco, della

povera Giovanna rima-

sero solo le ceneri, ma,

cosa più strana, il suo

cuore rimase intatto e

fu gettato nella Senna,

così da evitare di poter

essere rubato e consi-

derato una reliquia. La

giovane diede la vita

per i suoi ideali nazio-

nalistici; definire però Gio-

vanna una pulzella nazionali-

sta non è un’affermazione

completamente giusta, perché

al suo tempo ancora non esi-

steva un’idea ben definita di

nazione unita. Giovanna d’-

Arco però può e deve comun-

que essere considerata una

giovane dotata di forte perso-

nalità, grande carisma e stra-

ordinario coraggio.

Giulia Pensabene

Page 76: Rizòmata - Numero 0

Pagina 76

Uno sguardo nel passato: la Destra e la Sinistra storica

Il periodo precedente l’età giolit-

tiana abbraccia esattamente qua-

ranta anni: dal 1861 (costituzione

del Regno d’Italia) al 1901. Du-

rante i primi quin-

dici anni fu al go-

verno la Destra.

Dal 1876 al 1896,

salvo brevi inter-

ruzioni, fu al go-

verno la Sinistra, rappresentata in

particolare da due statisti: Depre-

tis, fino al 1887, e Crispi. Proprio

della Sinistra faceva anche parte

Giolitti, deputato nel 1882 e pre-

sidente del Consiglio negli anni

1892-1893. Ma quando si parla di

Destra e Sinistra non bisogna

pensare a due partiti ben distinti e

contrapposti: in realtà le maggio-

ranze su cui si appoggiarono i

governi furono composte da ele-

menti eterogenei provenienti sia

da destra, sia da sinistra. Le diffe-

renze, oltre che ideologiche, era-

no presenti anche da un punto di

vista sociale: i deputati di Destra

appartenevano prevalentemente

alle regioni del Settentrione e del

Centro ed erano perlopiù apparte-

nenti all’aristocrazia e all’alta

borghesia, invece molti deputati

della Sinistra erano stati legati a

Garibaldi e al Partito mazziniano.

I deputati della Destra erano in

prevalenza cattolici, quelli di Si-

nistra erano massoni e anticlerica-

li. Dal punto di vista economico

nella Destra prevalevano i legami

con la grande proprietà; la Sini-

stra rappresentava soprattutto la

piccola borghesia urbana e la na-

scente industria. Nel periodo 186-

1-76 la Destra al governo aveva

affrontato, e in parte brillante-

mente risolto, quattro problemi: il

compimento dell’unità nazionale,

con l’annessione di Venezia nel

1866 e di Roma nel 1870; la si-

stemazione dei rapporti tra Stato

e Chiesa cattolica sulla base della

reciproca separa-

zione; il rafforza-

mento delle finan-

ze dello Stato; la

formazione delle

cosiddette infrastrutture economi-

che. Ma proprio a causa di que-

st’ultimo punto, in particolare

riguardo alla statalizzazione delle

ferrovie, nacquero discordie in

Parlamento che portarono la De-

stra a sciogliersi; nel 1876 la Sini-

stra prese il potere con lo scopo

di promuovere

una maggiore li-

bertà e una mag-

giore ricchezza

privata. Il primo

aspetto di questo programma si

concluse con la riforma elettorale

del 1882. Ma, fatta questa rifor-

ma, Depretis ritenne opportuno

orientare in senso conservatore

l’azione del governo, unendosi ad

una parte della Destra e dando

inizio al cosiddetto trasformismo.

Dal punto di vista economico De-

pretis abbracciò la politica del

protezionismo e nel 1885 iniziò

la conquista, in Africa, di quella

che sarebbe stata poi la colonia

eritrea. Gli interessi degli italiani

erano però orientati verso Tunisi,

che era stata conquistata dalla

Francia nel 1881. Ciò deteriorò i

rapporti italo-francesi e costi-

tuì una delle cause dell’alleanza

dell’Italia con Germania e Au-

stria, la Triplice Alleanza, stipu-

lata nel 1882. Crispi successiva-

mente proseguì la politica colo-

niale in Africa, ma dovette far

fronte alla clamorosa e umiliante

sconfitta di Adua nel 1896.

Pascuzzi Martina Chiara

Francesco Crispi

Agostino Depretis

Giovanni Giolitti

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Pagina 77

L'Italia nella Grande Guerra e l'avvento del Fascismo Agli inizi del ‘900 l’Italia fu ca-

ratterizzata da molte modifiche

introdotte a tutti i livelli organiz-

zativi e innovativi. In primo luo-

go va sottolineato il fatto che

molti rami scientifici e culturali,

in passato trascurati, e non poche

produzioni ebbero inizio in quel

particolare momento storico. Il

ramo chimico fu, a livello inter-

nazionale, probabilmente tra i più

dinamici, ma si conseguirono im-

portanti progressi soprattutto nel

campo metallurgico e meccanico;

furono, ad esempio, inventati e

collaudati i primi mezzi di avia-

zione, che ebbero un ruolo impor-

tante nella Grande Guerra. Allo

scoppio del conflitto, nel 1914,

l’Italia si dichiarò neutrale. Suc-

cessivamente però le forze politi-

che e l’opinione pubblica si scis-

sero sul problema dell’entrata

dell’Italia in guerra. Gli interven-

tisti, appoggiati da Sidney Sonni-

no, che segretamente stipulò degli

accordi con l’Intesa, firmando il

26 Aprile 1915 il Patto di Londra,

ebbero la meglio. L’italia entrò in

guerra nel 1915. Quest’anno rap-

presentò per l’Italia una grande

disfatta, in quanto dovette subire

una grande spedizione punitiva da

parte dell’Austria e combattere le

battaglie dell’Isonzo. Tuttavia, fu

proprio il 1917 un anno cruciale,

in quanto il 24 Ottobre l’armata

nemica attaccò le linee italiane

sull’alto Isonzo e le sconfisse nei

pressi di Caporetto, invadendo

l’Italia fino al Piave. Tuttavia nel

1918 fu proprio l’Italia ad avere

la meglio sugli austriaci, sconfig-

gendoli nella battaglia di Vittorio

Veneto e costringendoli a firmare

l’armistizio di Villa Giusti. Tutta-

via, a seguito della Grande Guer-

ra e della crisi economico-sociale

intervenuta, sulla scia della Rivo-

luzione Russa, l’Italia fu caratte-

rizzata dal “Biennio Rosso” dal

1920 al 1921 che sfociò con la

fondazione a Livorno nel 1921

del Partito Comunista. Contro

questa ondata socialista si schie-

rarono i Fasci di combattimento

fondati nel 1919 da Benito Mus-

solini che, approfittando della

debolezza dei governi liberali,

organizzò un colpo di stato e il

28 Ottobre 1922 si impossessò

del potere con la marcia su Ro-

ma. Una volta al potere Mussoli-

ni instaurò uno governo autorita-

rio, che godeva di un grande con-

senso e soprattutto di un grande

appoggio soprattutto da parte del-

la Chiesa. Tuttavia però il Fasci-

smo ottenne il pieno potere con

le elezioni del giugno del ‘24 di

cui però furono denunciati brogli

e intimidazioni da parte di un de-

putato socialista, Giacomo Mat-

teotti. Quest’ultimo fu successi-

vamente assassinato dagli stes-

si fascisti e questo delineò e rese

chiaro a tutti il carattere autorita-

rio, violento e liberticida di que-

sta politica che porterà l’Italia

agli esiti disastrosi della Seconda

Guerra Mondiale .

Pascuzzi Martina Chiara

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Pagina 78

IL MAZZO DI IL MAZZO DI IL MAZZO DI IL MAZZO DI

ASFODELI ROSSIASFODELI ROSSIASFODELI ROSSIASFODELI ROSSI

“De rubrorum asphodelorum fasce”“De rubrorum asphodelorum fasce”“De rubrorum asphodelorum fasce”“De rubrorum asphodelorum fasce” di

Biagio Maria Sancetta

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Pagina 79

Ho voluto farmi eccezionale portavoce

delle imprese del re carolingio

Carlo Magno,

scrivendo un racconto che fosse attinente

dal punto di vista storico, ma anche ricco di

finzioni per allietare il lettore.

Forse l’unico elemento incompatibile con la

storia è la data riportata

(infatti al tempo della narrazione Carlo

Magno risulterebbe avere solo un anno). Buona lettura.

Page 80: Rizòmata - Numero 0

Pagina 80

n giorno, nella piena consuetudine e

monotonia di un dì come gli altri,

mi ritrovai in una strana selva, fitta

e tenebrosa, ove la via del ritorno era ormai persa.

Sono davvero strane le cose e le persone che in-

contri quando ti perdi ma, nel mio caso, ancora più

curioso è forse il modo col quale ero arrivato in

quello stravagante e misterioso luogo. Ma, invece

di dilungarmi in un discorso che, oltre ad apparire

inutilmente ampolloso, potrebbe sembrare al letto-

re anche poco chiaro continuerò tale storia inizian-

do la narrazione dal principio (come del resto ne-

cessita un vero racconto). Tuttavia l’incipit di que-

sta mia avventura non è molto lontano dall’evento

citato all’inizio: in particolare, il fattore scatenante

avvenne poche ore prima. Però, a differenza delle

normali storie di avventura, l’evento che ha portato

me (il protagonista) ad esser parte dello scenario

poc’anzi descritto non è ricco di elementi inaspet-

tati o misteriosi, ma più che altro riguarda la sfera

del viver quotidiano. Infatti, tutto cominciò quando

la nostra professoressa ci diede una traccia a parti-

re dalla quale scrivere un articolo giornalistico. In

particolare l’argomento era “un viaggio che hai

sempre desiderato fare”. Ovviamente, appena la

professoressa ebbe dettato tale traccia, nella classe

si venne a creare un clima che stentava la goliardia.

Tutti i miei compagni avevano un’idea e l’unica

cosa che mancava loro era quella di metter per i-

scritto quanto avevano già in mente di narrare.

Nessuno era incerto ed aveva dubbi: nessuno, tran-

ne me. Ovviamente non dovete fraintendermi: di

sicuro ne avrei avute di storie da narrare e nella

mia mente l’immaginazione di certo non scarseg-

gia o vacilla. E cosa ancora più certa è che avrei po-

tuto scriver una decente storia con le stesse idee dei

miei compagni. Ma chiunque mastica tali argomenti e

l’intender bei temi è il suo viver di tutti i giorni, capi-

sce che quella era una bella traccia e sprecarla con i

soliti temi visti e rivisti, trattati ed ancora una volta

ritrattati, sarebbe stato di sicuro un peccato. Dunque

non volevo sprecare tale traccia perché, come avete

ben compreso, la mia intenzione era quella di narrare

qualcosa di fuori dal comune, di mai visto prima in

un tema del genere. Così iniziai a pensare, pensare ed

ancora a pensare alla storia che avrei potuto inserire

nel mio racconto. Persino la notte di quello stesso

giorno non riuscii a riposare, perché tale pensiero

continuava ad assillarmi, sì per la fretta di scrivere a

causa della breve scadenza entro la quale il lavoro

doveva essere consegnato alla professoressa, pronto e

corretto, sia per lo spasmodico desiderio di trovare

una bella storia e comporla subito. Così, dopo una

notte insonne, mi svegliai ed andai in cucina dove i

miei genitori mi stavano aspettando, preoccupati per

la tarda ora con la quale mi alzai. Tuttavia, nonostan-

te non voglia soffermarmi su tale scenario, urge dire

che quel giorno io ed i miei genitori avevamo dormi-

to dai miei nonni, ma appena mi svegliai erano pre-

U

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Pagina 81

senti solo i miei genitori e mia nonna. Così le chie-

si dove era andato il nonno e la risposta mi fu subi-

to data. In particolare, mio nonno è un restauratore

e quel giorno gli era arrivato uno strano mobile,

con la commissione di dover restaurare quel mobi-

le di antiquariato dai danni arrecati dal tempo. Mi è

sempre interessato il lavoro di mio nonno: proprio

per questo non esitai a recarmi da lui per vederlo

intento a rimettere in sesto quella cassapanca, ma

una volta arrivato al suo studio non riuscii a trovar-

lo. Lo cercai per molto tem-

po ma i miei tentativi furo-

no vani, o meglio non mi

aiutarono a trovare mio

nonno, ma mi aiutarono a

trovare quella cassapanca

della quale mia nonna mi

aveva parlato. Era questa un

mobile molto sobrio e poco

ricco di particolari, ma spesso la sobrietà e la sem-

plicità racchiudono qualcosa di inimmaginabile ed

inaspettato, il cui valore supera di gran lunga quel-

lo del contenitore che lo racchiude. Infatti, quando

aprii lo sportello della cassapanca al suo interno

era presente, avvolto in un tessuto logoro e consu-

mato, un libro. Con molta cura cercai di toglier il

manoscritto dalla stoffa e, una volta riposto questa

nella cassapanca, fui in grado di dedicare la mia

attenzione a quello scritto che, date le condizioni di

conservazione e cura, sembrava non essere stato

più toccato da secoli. Finalmente ero capace di leg-

gerne il titolo e, con la stressa attenzione e solenni-

tà con la quale un filologo tratta i propri testi, io

tolsi la polvere che impediva al mio sguardo di car-

pire ogni singolo particolare di quel libro, il cui titolo

si mostrò ed era “De rubrorum asphodelorum fasce”,

ovvero “Il mazzo di asfodeli rossi”.Ovviamente sape-

vo che non ero stato autorizzato a prendere tale ma-

noscritto, ma la curiosità e l’interesse fu talmente for-

te che presi il libro e, con la stessa velocità di qualcu-

no che sfugge da un pericolo, lo portai a casa con me.

Ora mi vergogno della mia avidità, avidità simile a

quella di un goloso che vuole tenere tutte le preliba-

tezze solo e solamente per sé; ma io ero sì avido, a-

vido però di conoscenza e non

volevo rivelare il mio segreto

a nessuno, proprio per potere

essere l’unico a carpire i se-

greti di quel fantastico stru-

mento di diletto. Così appena

arrivai a letto subito iniziai la

lettura. Visto che voi siete i

miei lettori penso che meritate

di sapere le bellezze citate nel libro: Sì bella che mi-

rabilissima di historia di qual ed alcuna possessione

historia meo populo, qui meco…. ma aspettate, ora

che sono in procinto di raccontare fedelmente quanto

scritto nel libro, mi rendo conto che forse nessuno dei

miei moderni lettori vorrebbe leggere un racconto

che cita fedelmente quanto riportato da un libro anti-

co, scritto con un linguaggio, ampolloso e in disuso.

Però, per compensare il supporto narratologico ed

introduttivo di tale libro, sarò io a fare il riassunto di

quanto scritto in tali pagine. In particolare, il narrato-

re scrive della storia del suo popolo, il popolo dei

Franchi, tra il VII ed VIII secolo D.C. Inoltre ci for-

nisce un dettagliato resoconto del periodo storico in

cui vive, dicendo che verso l’VIII secolo a poco a

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Pagina 82

poco nella corte carolingia i nobili ed i legittimi

eredi al trono avevano perso potere ed era emerso

il così detto maggiordomo, che nel regno carolin-

gio corrispondeva all’attuale primo ministro. Tale

termine (ciò non è precisato nel libro), penso derivi

dal latino maior domus, che significa “uomo più

importante nella corte”. Inoltre ci spiega che Pipi-

no II di Heristal ( 635 - Jupille 714), maggiordomo

e maestro di

palazzo del-

l'Austrasia,

riunì i regni

franchi

(ovvero Neu-

stria e Bor-

gogna) nel

tardo periodo

merovingio

(dinastia ini-

ziata col re Meroveo, re dei Franchi del Nord, an-

che detti Salii, ed alla quale apparteneva non lui

ma il legittimo sovrano Dagoberto II). Era il nipote

di Pipino il Vecchio e gli succedette come Maestro

di Palazzo intorno al 680. Alla morte del re Dago-

berto II, egli assunse l'effettivo dominio del regno;

nel 687 estese il suo controllo anche ai regni fran-

chi di Neustria e Borgogna, di cui divenne maestro

di palazzo, mantenendo sui due troni i membri del-

la dinastia merovingia. Due anni dopo conquistò i

Frisi, una popolazione pagana stanziata sulle coste

del Mare del Nord. Alla morte di Pipino seguì una

guerra civile; gli succedette il figlio illegittimo

Carlo Martello. Tuttavia sembra che lo scrittore

non fosse appartenuto a tale periodo ma a quello

del re successivo a Carlo Martello, ovvero Pipino III

il Breve, Maestro di Palazzo dell'Austrasia. Figlio di

Carlo Martello e nipote di Pipino II di Heristal, Pipi-

no il Breve divenne maestro di palazzo sotto il regno

di Childerico III (743-752 ca.), ultimo rappresentante

della dinastia dei Merovingi. Nel 751 depose Childe-

rico e si fece nominare re. Fu incoronato dal Papa

Stefano II (III) nel 754 e strinse con lui un'alleanza: il

Papa riconob-

be il diritto di

successione

dei figli di Pi-

pino e in cam-

bio questi si

impegnò a di-

fenderlo dalle

aggressioni dei

sovrani stra-

nieri. Quando

il papa si sentì minacciato dall'espansione dei Longo-

bardi, Pipino scese in Italia alla testa di un esercito,

sconfisse Astolfo, loro re (754-55) e consegnò al pa-

pa un territorio che includeva Ravenna e altre città.

Pipino si scontrò con gli Arabi e i Sassoni e ampliò il

proprio regno conquistando l'Aquitania, nel sud-ovest

della Francia. Gli succedettero i figli…. È a questo

punto della storia che le forze iniziarono a scemare e

la stanchezza accumulata dalla scorsa notte si fece

sentire. Così mi addormentai e non ebbi il tempo di

leggere il seguito. Silenzio. Non so per quanto tempo

dormii e neanche saprei dirvi con assoluta certezza

quello che pensavo e sognavo in quel momento. Ad

esser sincero non il pensiero di quel fatidico tema

scolastico minimamente sfiorava la mia testa (e sono

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Pagina 83

quasi certo che in quel momento di dormiveglia i

miei pensieri fossero tutti tranne l’articolo giornali-

stico), ma ad un certo punto qualcosa di strano ac-

cadde che turbò il silenzio del mio sonno:

“Giovine…. orsù levati e ritorna dalla madre e pa-

dre tuo. Lor son appena entrati”. Erano queste pa-

role che mi incitarono ad alzarmi. Per poco tempo

resistetti alla tentazione ed alle continue esortazio-

ni, ma dopo che a queste vennero accostate spinte

sempre più frequenti, allora feci cenno di esser

sveglio e, ed aprii gli occhi; dopo un’iniziale visio-

ne sfocata del luogo dove mi ero ritrovato, iniziai a

capire di non essere più a casa, ma in uno strano ed

antiquato mezzo molto simile ad una carrozza, ove

all’entrata c’era ritta ed attenta una guardia che,

vistomi confuso e quasi smarrito, mi prese per la

spalla e continuò a ripetere “Giovine, il vostro

viaggio è terminato… sei in terra di Aquisgrana,

loco principale del franco regno e dimora dello

splendente sovrano Pipino, il III per nome e Breve

per epiteto, ormai re nostro da quattro anni. Orsù

muoviti, i tuoi son già dentro per chieder agli alti

funzionari del feudo la protezione…. su vai”. Que-

ste parole nella mia testa non avevano molto signi-

ficato, ma mi apparivano solo come tante lettere

accostate in un discorso in modo casuale. La mia

indolenza fu tanto palese agli occhi di quella guar-

dia, che ad un tratto mi prese il braccio, mi trascinò

fuori dalla carrozza e mi accompagnò dentro un

grandioso palazzo. Miei cari lettori, se non vi ho

raccontato l’emozione di quei primi momenti di

confusione, lasciatemi almeno esprimere in poche

e semplici parole (forse non degne di decantare

l’accaduto) ciò che vidi quando la luce del sole ir-

ruppe prepotentemente al di fuori della carrozza e

quel nuovo mondo, che ora cercherò di descrivere, si

mostrò in tutta la sua bellezza: davanti a me apparve

una realtà nuova ed inesplorata. Accanto a quell’im-

menso palazzo vi era un andirivieni di contadini che

portavano otri e ceste piene di cacciagione o quant’-

altro. C’erano contadini che lavoravano costantemen-

te la terra con buoi ed aratri costruiti in legno. Spesso

alcune scene erano anche tristi: gli uomini erano affa-

ticati ed ansanti sotto quei carichi di bestiame e di

arnesi che erano costretti ad utilizzare e a sistemare

da sé. A quanto pare alcuni abitanti del villaggio che

lavorano nei campi possedevano la terra che coltiva-

vano, dividendo gli utili con il signore, altri, invece,

coltivavano le terre del castellano, ottenendo solo un

compenso fisso. Tuttavia, tutti i contadini, oltre a de-

dicarsi alle proprie coltivazioni, svolgevano alcune

attività per il signore ed è proprio per questo che tutta

questa gente aveva quasi timore di fermarsi per ripo-

sare e bivaccare un pò. Pare, inoltre, che ogni conta-

dino fosse tenuto a pagare un tributo al prete del vil-

laggio, un decimo del raccolto; inoltre un'altra parte

andava al signore, in cambio della macina. Però, più

variato e più pratico era l’apprendistato dei giovani

nelle professioni artigianali. Da una rapida visione di

alcune case (più curate di quelle dei contadini), si ca-

piva infatti che tali attività si svolgevano nelle stesse

botteghe artigiane, dove l’apprendistato avveniva

sempre per sperimentazione diretta delle attività da

compiere. Ammiravo poi tutte le bellezze del luogo,

non tanto per scorgerne ogni particolare, ma più che

altro per riuscire a capire in quale posto fossi stato

portato. Proprio per questo, la guardia tra una parola

ed un’altra, vedendomi molto confuso, troncò subito

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il discorso e mi fece

vedere l’esterno del pa-

lazzo; ad ogni passo

iniziava discorsi simili

a quello citato:“Mai

avesti occasione alcuna

di vedere una città…

vero, ragazzo? Per ora

sembra tutto così tran-

quillo. Nei periodi di

pace e di tranquillità

bastano pochi soldati a pattugliare il castello, men-

tre le bertesche vengono tolte dalle merlature.

Beh… molto diversa è la situazione in tempo di

guerra: il castello viene preparato a resistere agli

assedi e pullula di soldati…. Mentre i piccoli si-

gnori hanno un solo castello, i signori più potenti

ne possiedono più di uno. Spesso, ad esempio, ne

hanno uno come residenza estiva, magari uno per

l’inverno, uno conveniente agli affari, uno favore-

vole a controllare le operazioni militari, a seconda

della posizione più o meno strategica. Più o meno

centrale. Ogni tanto i signori passano a visitare i

vari possedimenti. Un signore con più castelli, co-

munque, passa pochi mesi all’anno in ciascuno, il

resto del tempo lo passa alla corte del re o a com-

battere all’estero. Così può capitare molto frequen-

temente che un castello, specie in regione periferi-

ca, resti tranquillo per gran parte dell’anno, affida-

to al castellano. Ma quando arriva il signore per un

soggiorno o, nei castelli più belli, il re per una vi-

sita, il castello si riempie di trambusto e di gente

indaffarata. Per sale, cucine, magazzini fervono i

preparativi. Occorre infatti rifornire le dispense,

ripulire le stanze e le latrine, effettuare riparazioni,

riordinare le sale. Durante la sua permanenza il si-

gnore ispeziona le terme, incontra i funzionari del

castello per assicurarsi che tutto si svolga senza pro-

blemi, giudica i prigionieri, ed intrattiene i suoi ospiti

con battute di caccia, banchetti, festini, e, magari, con

una giostra tra cavalieri. Ma il signore non è al castel-

lo solo per una visita di piacere: deve infatti ispezio-

nare i suoi possedimenti ed amministrare questioni e

affari del suo feudo." Al suono di quell’ultima parola

(feudo) la mia mente subito ricollegò quel contesto a

quello altomedievale e allora anche le parole che

quell’uomo aveva pronunciato prima acquistarono

finalmente un senso: mi trovavo ora nel regno di Pi-

pino III il Breve, ovvero durante il periodo storico nel

quale viveva lo scrittore del libro che stavo leggendo

nella mia stanza. Dopo tale fulminante rivelazione

iniziai ad appuntare in un foglio di pergamena tutto

ciò che vedevo: ora la mia curiosità era molto forte e

non mi interessava più come fossi arrivato in quel

posto e per mezzo di quale assurdo incanto. Ero solo

felicissimo ed invaso da quello strano piacere di an-

notare ogni cosa di quel mondo tanto lontano, ma per

me vicinissimo. Cero, non passò molto che i miei ge-

nitori iniziarono a cercarmi, e proprio per questo la

guardia fu costretta ad accompagnarmi nel castello:

appena entrai, la mia espressione divenne strana co-

me quella delle persone che rimangono allibite alla

vista di un trucco di magia di un saltimbanco e non

riescono a capire come questi sia riuscito a compiere

tale prodigio. Non pensate che la mia reazione sia

stata esagerata. Infatti, l’austera bellezza di quei pa-

lazzi di pietra dell’Alto Medioevo, farebbe restare

qualsiasi persona attonita ed impietrita. Inoltre, ciò

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che arricchiva il castello erano le figure dei corti-

giani, uomini molto diversi da quelli che avevo

visto al di fuori del castello. All’interno della corte

gli uomini indossavano larghi cappelli, tuniche

bordate di pelliccia, ampie, lunghe fino al polpac-

cio, calzamaglie e scarponcini aderenti; invece le

donne avevano i capelli acconciati e legati, ricoper-

ti da un ampio fazzoletto bianco che scendeva sulle

spalle. I loro vestiti erano ampi, lunghi, con lo

strascico di seta, bordati di pelliccia o di merletti.

Tuttavia, evito altre inutili descri-

zioni di un palazzo medioevale

(che penso sia ben noto a tutti) e

proseguo subito la narrazione. In

particolare, la guardia del palazzo

mi aveva portato in un’aula mol-

to vasta con un’enorme tavolo

ubicato al centro, con alcune per-

sone sedute da un lato ed altre,

invece, dall’altro. Inoltre, capii

subito dove erano i miei genitori,

poiché la guardia mi fece cenno di sedermi accanto

alla gente che si trovava nell’estremità del tavolo

più vicina alla porta. Inizialmente non avevo capito

cosa stessero facendo i miei genitori e la mia fami-

glia al cospetto di quei nobili, ma successivamente

compresi che noi tutti eravamo lì, al cospetto di

quei funzionari per la cosiddetta Commendatio.

Questa, da quello che posso ricordare dalle lezioni

che trattavano tale argomento, era una pratica in

uso nel periodo altomedioevale, grazie alla quale i

contadini potevano ricevere protezione da un si-

gnore.

Infatti, tra il IV e il V secolo diverse popolazioni

germaniche si insediarono nei territori dell’Impero

Romano d’Occidente, facendosi concedere in benefi-

cio dall’imperatore grandi aree territoriali, trasforma-

te in regni locali, in cambio dell’impegno a difenderli

da ulteriori minacce. In tale epoca, caduto ormai ogni

potere imperiale nell’Europa occidentale, la pratica

divenne stabile tra i Franchi cristianizzati così come,

in Italia, tra i Longobardi convertiti al cattolicesimo,

che in tal modo crearono il Regno d’Italia e numerosi

ducati. Molti proprietari terrieri, d’altronde, si trova-

vano costretti a stabilire rapporti di

vassallaggio nei confronti del re e a

cedere le loro terre alla signoria dei

più potenti, al fine di riottenerle co-

me benefici in cambio di un recipro-

co impegno di difesa. Però,

i contadini appartenevano ereditaria-

mente al feudo, al quale dovevano

non solo conferire quote esose di

raccolto e prestare servizio militare,

ma anche un numero, fissato per

consuetudine, di giornate di lavoro per opere di edifi-

cazione, manutenzione, miglioria ecc. Ritornando

però al nostro racconto, una volta che i miei genitori

ebbero fatto richiesta di protezione, subito i funziona-

ri ordinarono l’entrata di un trovatore che allietasse la

corte durante la scelta sull’accettazione o no di tale

richiesta. Effettivamente, le parole di quel menestrel-

lo calmarono in qualche modo l’atmosfera di attesa

che si era venuta a creare in quella stanza. Nello spe-

cifico, il soggetto della storia decantata dal mene-

strello era Carlo Martello. Il trovatore affermò che

Carlo Martello era un principe carolingio del regno

franco d'Austrasia. Figlio illegittimo di Pipino di Hé-

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ristal, Maestro di Palazzo durante il regno degli

ultimi sovrani della dinastia merovingia, alla morte

del padre (714) Carlo venne imprigionato dalla

matrigna, ma nel 715 riuscì a fuggire e venne a sua

volta proclamato maestro di palazzo. Dopo aver

vinto una guerra contro il regno di Neustria, Carlo

divenne il personaggio più potente del regno fran-

co. Intraprese una serie di guerre contro gli Ala-

manni, i Bavari e i Sassoni, ma

il suo più importante successo

militare fu la vittoria nella bat-

taglia di Poitiers contro gli ara-

bi di Spagna nel 732. L'esito

del conflitto determinò l'arre-

sto dell'avanzata dell'Islam,

che aveva messo in allarme

tutta la cristianità; nel 739 Car-

lo respinse una seconda inva-

sione dei musulmani e tolse

loro il possesso dei territori a

Nord dei Pirenei. Che erano belle quelle parole. Le

adoravo: era forse il primo uomo dell’epoca con-

temporanea ad ascoltare di persona parole così idil-

liache. Come non potevo non riscrivere le parole

che pronunciava quel cantore? A me sembrava così

naturale annotare qualcosa di così meraviglioso ed

irripetibile, ma evidentemente nel Medioevo ciò

poteva sembrare strano alla vista di un cortigiano,

poiché ad un tratto tutti i funzionari iniziarono a

guardarmi con insistenza. All’inizio non feci caso

all’improvviso silenzio che si era creato in quell’-

aula, ma ad un tratto la mia operazione di riscrittu-

ra venne interrotta da una domanda che un funzio-

nario pose a mio padre: -“Plebeo, potresti illustrar

al comitato nostro cosa di grazia sua progenie sia in

procinto di compier?” -“Ma… signor mio, o autorità

illustrissima….. mio figlio scrive sur un foglio…”,

rispose mio padre dopo un iniziale istante di indeci-

sione e tentennamento. Fu a questo punto che la fac-

cia del rappresentante divenne come quando si è din-

nanzi ad un incanto; -“Lor signore vorrà di certo

prendersi beffa dell’autorità della quale ho le veci?”

continuava molto nervoso; -“No,

no, mi ha frainteso… Mi creda

non la sto prendendo in giro.”; -

“Ma come mi può dire tali assur-

dità se neanche noi della cavalle-

ria più alta sappiam di scrittura!

No, impossibil è che pezzenti co-

me voi sappian… no, no non ne

voglio più sentir di tali frivolezze,

andate via all’istante.” Dopo

quelle parole la mia confusione

aveva raggiunto l’apice: ormai

non sapevo più quali fossero stati i casuali giochi del

destino che, non solo mi avevano portato lì, ma ora

mi avevano messo in un ceto sociale indefinito e po-

co aleatorio. Di sicuro non ero appartenente alla no-

biltà, poiché se fosse stato così, io e la mia famiglia

non avremmo chiesto la protezione di un potente so-

vrano; l’ultima opzione rimanente era il ceto dei con-

tadini, ma ora non ero neanche più sicuro di questo,

perché secondo i nobili, nessun plebeo sapeva legge-

re o scrivere. Tuttavia, fu mio padre colui che dissipò

i dubbi miei e di tutti i cortigiani lì presenti: egli disse

che la nostra era una famiglia discendente dall’antica

classe dirigente del periodo romano e di Teodorico

l’Ostrogoto. Ma non appena arrivarono i Longobardi

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del re Alboino nel 568 e sequestrarono tutti i pos-

sedimenti senatorii (incluso l’allodo di nostra pos-

sessione) mio padre ed i miei nonni furono costretti

a rinunciare alla terra ed a spostarsi nella Gallia,

ove mio padre sposò mia madre e lì creo una nuo-

va famiglia. Però, con le poche ricchezze che riuscì

a salvare dall’assedio, i miei genitori riuscirono

desiderarono farmi avere un’adeguata istruzione.

Così, dette tali parole, dopo un’iniziale momento

di incertezza i funzionari decisero di farci avere un

piccolo manso. Così, firmate tutte le scartoffie ne-

cessarie a rendere la commendattio ufficiale, un

funzionario ordinò di farci accompagnare nella

nuova terra nella quale avremmo avuto dimora.

Durante l’itinerario passammo sia per la parte del

possedimento dominata direttamente da lui e dai

suoi cortigiani, sia da piccoli insediamenti e villag-

gi che si erano creati col tempo e col trascorrere

degli anni. Ovviamente, per girare tutto il possedi-

mento di un sovrano occorreva attraversarlo con

una carrozza: d’altro canto il nostro era uno dei

mansi più periferici dell’intero feudo e proprio per

questo il viaggio fu alquanto lungo. Infatti, prima

di arrivare passammo anche in un borgo ove si sta-

va svolgendo una grande manifestazione. Di sicuro

si trattava di una fiera: la guardia che mi aveva

portato dai miei genitori qualche ora prima mi ave-

va infatti detto che nella maggior parte delle città si

teneva un mercato una o due volte la settimana e

nei giorni come questi la piazza principale del cen-

tro urbano brulicava di gente, di mercanti indaffa-

rati e di venditori che vantano a gran voce i propri

prodotti. Invece un paio di volte l'anno si teneva

una fiera, più grande del mercato e con più merci,

mercanti e attrazioni. Ovviamente non c’era tempo

per fermarci in quanto, arrivati alla casa assegnataci

avremmo avuto soltanto il tempo per desinare. Infatti,

una delle prerogative della commendatio era quello di

iniziare i lavori appena arrivati nel nuovo alloggio.

Del resto l’alloggio non era di sicuro previsto per il

riposo. Infatti, le dimore avevano a stento lo stretto

necessario per poter dormire: un letto di assi, poca

biancheria, stoviglie, un tavolo, delle sedie e un ta-

bernacolo. Nella camera, invece c’erano tre panche

da letto di cinque braccia, un saccone pieno di paglia,

un materasso, un copriletto, tre lenzuola e due cusci-

ni. Insomma, lo stile era molto spartano e di sicuro

non era minimamente paragonabile a quello odierno.

Proprio per questo non so se definire fortuna il fatto

che ognuno di noi non fu costretto a restare in quel

luogo, poiché l’ordine che ci fu impartito fu quello di

recarci subito nei campi per la vendemmia invernale.

Infatti, alcune zone del feudo erano state disboscate

per far spazio all'agricoltura ed alla pastorizia, ma era

anche vero che in ogni possedimento c’erano immen-

se foreste popolate da daini, cinghiali, volpi, orsi, e

tanti altri animali. I signori d’altra parte, proprio per

avere la certezza di non tornare mai a casa a mani

vuote da una battuta di caccia, preservavano tali ri-

serve di caccia "private", dove avevano il diritto e-

sclusivo per la pratica di questa attività. Di sicuro a-

vete già capito a cosa voglio alludere quando pronun-

cio tali parole: insomma secondo voi, un viaggiatore

del tempo, il cui destino si è incrociato casualmente

con quello del passato, preferisce assistere alla solita

vendemmia dei contadini o vuole visitare le immense

foreste presenti nel periodo medievale, oggi scompar-

se e quasi del tutto adibite alla coltivazione? Di certo

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sapete la

risposta:

avevo or-

mai com-

preso l’uni-

cità di

quell’occa-

sione che

dovevo sfruttare fino alla fine. Infatti, una volta

arrivato ad i campi per la vendemmia, colsi al volo

la prima occasione offertami per fuggire e recarmi

in una foresta presente lì vicino: mi incamminai,

incamminai e continuai a passeggiare a lungo fin-

ché non arrivai in un immensa distesa verde che a

prima vista sembrava immensa e quasi insuperabi-

le. Però, più della pianura, ciò che mi confondeva

la mente era l’immensa cerchia di mura che circon-

dava tutta la campagna. Inoltre gli accessi erano

protetti da posti di guardia che precludevano la

possibilità di fuga. Miei cari lettori vi comunico

che stiamo per tornare al punto di partenza, ovvero

al punto in cui la nostra narrazione era stata inter-

rotta bruscamente per raccontare gli eventi in un

ordine più chiaro e meno confuso. Feci solo pochi

passi e subito sentii un rumore che lacerò e squar-

ciò l’armonia di quella realtà: era il nitrito di alcuni

cavalli e il rumore dei loro zoccoli che a poco a

poco si intensificava avvicinandosi. Appena udii

tale rumore, la tranquillità dei miei pensieri, già

precedentemente turbata da quelli precedenti, svanì

subito ed improvvisamente lo stato d’animo di stu-

pore e di ammirazione che avevo provato fino ad

allora a poco a poco si dissolse e lasciò spazio ad

un nuovo sentimento che metteva il mio corpo e la

mia ragione in stato di allerta. Subito cercai tutte le

possibilità possibili di fuga. Pensai di fuggire dai po-

sti di guardia delle mura, ma subito mi venne in men-

te ciò che le guardie avrebbero potuto farmi. Pensai

di fuggire nella foresta, ma non volevo dimenticare il

sentiero percorso e perdermi. Ne immaginai molte

vie di fuga, ma immediatamente ed all’improvviso

vidi un cespuglio di asfodeli rossi posto alle mie spal-

le: così, pensando che questa fosse una delle migliori

opportunità, mi nascosi dietro a quell’arbusto. Del

resto nel frattempo i nitriti dei cavalli si facevano

sempre più forti e di fronte a me apparivano due op-

zioni: o farsi scoprire, o cercare almeno di trovare un

nascondiglio sicuro. Ora i cavalli erano talmente vici-

ni da poter percepire le voci di coloro che li cavalca-

vano. Ovviamente, queste all’inizio erano molto con-

fuse, ma dopo si fecero molto più chiare: io nel frat-

tempo non ebbi neanche il coraggio di guardare ciò

che accadeva all’esterno. Infatti non posso dirvi cosa

accadde di preciso quando io ero nascosto dietro il

cespuglio, so solo che le parole pronunciate da quegli

uomini erano ora così vicine che riuscivo a capirne

ogni singolo e minuto particolare. –“Uffa… oggi ma-

dre natura e fortuna nostra non ci ha preservato una

caccia assai gloriosa.”; -“non preoccuparti fratello

mio, non esser sempre dei seccatori ed assillanti il

principe supremo…, vedrai che la prossima volta po-

tremo portare a palazzo un copioso bottino; stai a ve-

dere e abbi fiducia nelle semplici parole di tuo fratel-

lo…”. Potevo soffrire quanto volevo dal mio nascon-

diglio, tanto loro continuavano a parlare ininterrotta-

mente sopra i loro destrieri ed io non potevo fare al-

tro che attendere e sperare che se ne andassero il più

velocemente possibile. Speravo, speravo e continua-

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vo a farlo, ma le loro voci non finivano: -“Cosa

porteremo dinnanzi la nostra corte?” chiedeva uno

quasi seccato ed impaurito, -“niente” rispondeva

l’altro con tono di irriverenza e profonda sicurezza

–“Cosa vuoi che facciano a noi due… del resto se

dovessero far questioni a noi, allora sì che sarebbe-

ro fessi e felloni. Non aver alcun timore…. invece,

pensa a rilassarti. Anzi, servitori, allestite subito un

bivacco per me e il mio fratello. Desideriamo rilas-

sarci in questa così bella radura prima di continua-

re il nostro percorso e tornare dinnanzi alla corte

del padre nostro.” Appena udii

queste parole la mia speranza va-

cillò e subito fui preso dalla tri-

stezza e dalla malinconia. Le uni-

che cose che potevo fare in quel-

la circostanza erano quelle di pre-

gare, sperare ancora ed ancora e

continuare ad ascoltare quello

che dicevano i due fratelli. “Dai compagni miei,

sedetevi anche voi e gioite di queste giornate, che

poche se ne vedono qui ad Aquisgrana nostra capi-

tale solenne ed austera. Mirate anche voi questa

perfezione e godete del dono che fortunatamente la

natura ci ha donato: il riposo!!!”. A quelle parole

ironiche i servi iniziarono a sghignazzare ed alcuni

di loro risero di cuore. Si vede che quel giovine era

ben voluto e rispettato per la sua goliardia tra la

servitù. –“fratello tu scherzi troppo… certo tu

scherzi e ti prendi beffa di tutti e tutto, ma poi an-

che io son costretto ad ascoltare le prediche dei

nostri precettori e superiori” ribatteva nuovamente

l’altro, -“Ma ora smettila e rilassati… anzi portate

qui anche i nostri adorati segugi… anche loro do-

vranno pur riposare dopo una giornata di caccia così

faticosa e stressante”, -“Beh… rilassiamoci come tu

dici, ma sostiamo ancora per poco e promettimi che

dopo ritorneremo in cammino e continueremo l’itine-

rario stabilito… sei d’accordo fratello mio?...”. Tutta-

via, detto questo si capì che il fratello era ormai in

stato di riposo poiché a quel punto tutto tacque, e l’u-

nico rumore che potevo percepire erano i suoni dei

passi dei servi che portavano al ragazzo i cani tenuti

al guinzaglio. Ma ciò che sembra un piccolo ed insi-

gnificante particolare, in realtà a volte può celare ri-

svolti decisivi. Infatti, mentre sem-

brava che anche io avessi trovato un

po’ di tranquillità, i cani di quei due

fratelli iniziarono a fiutare insisten-

temente. Fiutavano e fiutavano ed a

poco a poco iniziarono a dirigersi

verso di me ed al cespuglio di asfo-

deli dietro al quale mi ero nascosto.

Inizialmente i padroni non fecero molto caso a quegli

animali, ma quando questi iniziarono a tirare, allora il

mio cuore diventò talmente ansioso che sembrava

volesse balzare fuori dal petto. I cani continuarono ad

abbaiare ed abbaiare finché non svegliarono i due

fratelli. “Ehi…. Cosa succede? Perché abbaiate e

guardate insistentemente quel cespuglio?...” così di-

ceva e proprio per questo svegliò il fratello –

“Carlomanno, Carlomanno, svegliati” diceva, - “Sì…

cosa accade? I cani hanno per caso trovato qualche

preda?” diceva l’altro ingenuamente, -“No… i cani

non avrebbero abbaiato in questo modo, di sicuro c’è

qualcuno dietro quel cespuglio di asfodeli rossi….

Chi è? Su mostrati o saranno guai per te…”. Non sa-

pevo più cosa fare, ero nervoso, molto nervoso, pale-

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semente nervoso, se non di più; Alla fine preferii

rivelarmi ai due fratelli. Essi si mossero di qualche

altro passo ed appena furono abbastanza vicini a

cespuglio mi alzai lentamente -“Chi sei tu?” diceva

uno dei due con tono di curiosità ed interesse, -

“Chi sei… Orsù rivelaci il tuo nome… Non sai che

se qualche contadino è scovato a cacciare di frodo

in una di queste zone, rischia l'accecamento o an-

che l'uccisione?” iniziò a dire. A quel punto non

riuscii a mantenere il silenzio e per la paura che

quelle parole mi avevano intimato e soprattutto il

tono con le quali esse erano state pronunciate, ini-

ziai a giustificarmi: -“Credetemi, non sapevo che

questa fosse la vostra riserva privata… non volevo

violare alcun regolamento, credetemi, non volevo

mancarvi di rispetto… sono nuovo, ancora non so

bene come funzionano qui le cose… mi dispiace,

perdono”. Sapevo di stare parlando con qualcuno

di autorevole e proprio per questo dissi tali parole

con un tono di profonda umiltà. –“Dicon tutti così

quelli che commettono reato… ma dimmi ragazzo

non sei di questi luoghi… hai un accento strano ed

effettivamente non ho mai visto prima d’ora un

volto simile al tuo”, -“siete nel vero mio signore….

son di un posto molto lontano, del quale forse voi

non siete a conoscenza”,- “Dubitate forse delle mie

conoscenze geografiche?”, -“No…. no, non era

intenzione mia volermi prendere beffa di voi” con-

tinuavo a dire in modo impacciato ed altalenante, -

“Non ne dubito” ribadì “ma ascoltatemi cosa avete

in mano? Potrei avere qualche delucidazione su

tale oggetto?” . Questi continuava a fissare il mio

libro degli appunti con forte insistenza. In verità

aveva notato fin da subito il mio quaderno. Egli

mostrava dunque

interesse per il

mio manoscritto.

Proprio per questo

iniziai a spiegare

che quelli erano

fogli di un quader-

no e che lì io riu-

scivo ad annotare,

grazie alla scrittu-

ra, concetti ed e-

venti. Appena

ebbe sentito le mie

parole, la sua fac-

cia mutò e con

stupore ed ammirazione disse: -“Tu sai scrivere… è

sorprendente. Deve essere fantastico poter annotare

ciò che si pensa, imprimere nella pergamena ciò che

si vede e si percepisce…”. Sinceramente io non ave-

vo mai fatto caso a cosa potesse significare saper

scrivere, ma quel ragazzo mi aprì gli occhi: il modo

col quale pronunciava quelle parole e il significato

aulico ed idilliaco che attribuiva alle parole

“scrittura” e “conoscenza” denotava grande interes-

se… Così entusiasmato e sorpreso gli dissi: -“Saresti

felice se ti donassi questo libro in modo da poter im-

parare l’arte da te tanto amata della scrittura?”. Dopo

tali parole egli divenne incredulo, ma subito senza

esitare un momento ordinò a due servitori di portare

la cassapanca riservata per il trasporto della caccia-

gione. Così due servi la aprirono e la adagiarono sul

verde manto d’erba. All’interno di quella cassapanca

vi era un lenzuolo bianco; all’improvviso quel princi-

pe la aprì e disse: -“Quest’umil cassa sarebbe servita

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Pagina 91

per trasportare a palazzo la cacciagione e tale velo

sarebbe servito per non sporcare il recipiente du-

rante il trasporto… ma sicuramente nessun reci-

piente potrà vantare di contenere la cultura rac-

chiusa nel tuo libro e nessun velo bianco potrebbe

aver funzione cotanta importante di preservare e

proteggere nell’eternità la somma sapienza. Fidati

di me… Avrò io cura del documento nel tempo e

scriverò la storia infinita del mio vasto impero”.

Detto ciò e riposto il mio manuale dentro il reci-

piente, i due fratelli montarono sul cavallo e, fatto

un semplice cenno alla servitù con la mano, parti-

rono. Tuttavia prima di andare rivelarono i loro

nomi: -“Perdonami giovane amico…. In tutto ciò

non ci siamo ancora presentati. Il mio nome è prin-

cipe Carlo, invece quello di mio fratello è Carlo-

manno, siamo i futuri eredi…..” ma prima che po-

tessero finire li interruppi e per la loro cordialità il

mio istinto mi disse di cogliere dal cespuglio dietro

di me degli asfodeli rossi e di regalarne un mazzo a

Carlo… Appena ciò accadde, in quel preciso i-

stante e perentorio momento, questi non ebbe ne-

anche il tempo di ringraziarmi che si udì uno squil-

lo di trombe e dei cavalieri che dissero in tono au-

stero: -“Principi Carlo e Carlomanno, la vostra pre-

senza urge a palazzo. Vostro padre e nostro sovra-

no Pipino III il

Breve ha appena

dichiarato guerra

ai Longobardi del

re Astolfo e si sta

preparando ad

oltrepassare le

Alpi….”. Non

poterono finire di parlare, poiché come tutto era inco-

minciato, tutto, per incanto, era già finito… “Biagio,

Biagio…. Biagio”. Qualcuno mi chiamava insistente-

mente e così mi risvegliai da quella stupenda avven-

tura. Tutto era stato solo uno splendido sogno. -“Ti

sei improvvisamente addormentato… Dai vai a letto

se sei così stanco”. Obbedii e seguii il consiglio di

mia madre, ma prima di riaddormentarmi presi il li-

bo e notai che la sua ultima pagina si concludeva con

questo verso: “e fu così che un mazzo di asfodeli ros-

si decretò la fortuna dell’impero carolingio del re

Carlo detto il Magno”.

Commenti finali:

Ancora ho in mente le parole del re Carlo Magno,

che nel bosco mi disse di voler continuare la storia

infinita del suo impero. È certo che l’impero franco è

ormai concluso da tempo, ma la letteratura e la storia

hanno fatto continuare a vivere il personaggio del

mitico re carolingio e ad ogni nuova interpretazione

letteraria il vecchio re dei franchi torna a rivivere nei

nostri cuori, ora come in quelli dell’Alto Medioevo.

Inoltre, se quell’antica cassapanca di re Carlo è arri-

vata veramente fino ai giorni nostri, allora la storia è

davvero eterna ma, paradossalmente, anche sempre

attuale. Infatti, grazie ad ogni nuovo saggio letterario

o storico scritto scopriamo un aspetto diverso e nuo-

vo dell’ imperatore Carlo. Ma se qualcuno pensa che

questo mio racconto sia andato fuori dalla traccia as-

segnata si sbaglia: la volontà di perdersi nel tempo e

nello spazio per scoprire nuove cose ed il desiderio di

viaggiare tra i meandri della storia è la cosa più bella

che un uomo possa compiere.

Biagio Maria Sancetta

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Pagina 92

Considerazioni di Bioetica:

“… andando nel sole che abbaglia

sentire con triste meraviglia

com’è tutta la vita e il suo travaglio

in questo seguitare una muraglia

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”

(Meriggiare pallido ed assorto, Ossi di seppia, 1916)

Aveva proprio ragione Montale quando affermava

che il cammino della nostra vita è come un viaggio

intorno ad un alto muro, sulla cui cima ci sono coc-

ci di bottiglie, a causa dei quali non si riesce a tro-

vare ne l’uscita e neanche cosa vi sia dietro. Secon-

do questi, infatti, l’esistenza è qualcosa di miste-

rioso e sconosciuto. Egli è convinto che qualcosa

nasconde la realtà, ne fa schermo, ne impedisce la

conoscenza. Di qui sfocia la ricerca di un “varco”

che permetta di superare l’ostacolo, il muro che ci

metta in contatto con la vita autentica. Quel muro,

quell’ostacolo, quell’impedimento rappresenta il

sottilissimo velo che separa la realtà dall’immagi-

nazione, la vita autentica, dalla finzione. Proprio

per questo, ciò che appare circoscritto al muro ap-

pare a Montale privo di senso e l’uomo è in peren-

ne disarmonia con un mondo chiuso ed ostile, si

sente oppresso da questo “male di vivere”. Eppu-

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re, nemmeno Montale è riusci-

to ha comprendere la chiave

per poter dissipare il dolore

della vita, a dare un senso a ciò

che faceva ed a trovare la spe-

ranza mai posseduta. Infatti, a

suo parere, proprio a causa di quei frammenti di ve-

rità, “schegge” e “sillabe” delle quali dispone l’uo-

mo, neanche la poesia può insegnare nulla. Ma forse

l’errore più grande di Montale è stato quello di non

aver avuto fiducia nella ragione. Infatti, quella

“meraviglia… che ha in cima cocci aguzzi di botti-

glia” non rappresenta altro il confine tra la ragione e

la stessa immaginazione. Lo scibile scientifico e la

scienza pura non esisterebbero senza l’immagina-

zione. La mente umana è talmente grande da riusci-

re a comprendere nell’essenza e nella concretezza la

reale natura di un oggetto che ha noi ci appare solo

nelle esteriorità e macroscopicità. In questo austero

e perfetto, la mente è quel sublime ingranaggio che

ci permette di scoprire tutto in relazione solo a quei

frammenti di verità di cui ci parla Montale. La

scienza riesce a scorgere da quei cocci di bottiglia in

cima di quel muro insormontabile solo parti di veri-

tà: la maggior parte di essi, come dice Montale stes-

so, sono ancora racchiusi in quell’universo al di là

di quella muraglia tanto insormontabile e tanto peri-

colosa. Ma risiede proprio in ciò la sublime bellezza

del sapere scientifico: attraverso quei pochi fram-

menti e grazie alla razionalità l’uomo riesce infatti a

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scoprire ciò che si cela al di la di quella muraglia

inesplorata, e passo dopo passo, riesce a scorgere

frammenti nuovi di verità che li permettono di mi-

gliorare le vecchie certezze e di ipotizzare nuove

teorie. Del resto, l’irrazionale e la ragione sono so-

relle: ambedue figlie dello stesso elemento, il sape-

re, ed allo stesso tempo, paradossalmente, figure

poste ai due estremi ideologici e poetici. Ma l’irra-

zionalità e la libertà creativa sono figlie del libero

pensiero, che a sua volta è legittima progenie della

ragione. Dunque la ragione e la scienza non cerca-

no di dare una spiegazione a ciò che si vede, ma al

pari dei poeti, lo scienziato esplora il mondo del-

l’immaginazione. Infatti le teorie e le tesi da dimo-

strare non sono per niente frutto del mondo nel

quale viviamo. Quei frammenti di verità ci forni-

scono solo le tesi e gli strumenti per dimostrare la

nostra tesi. Tuttavia spetta allo scienziato l’arduo

compito di formulare quelle leggi che diventano

frammenti autentici della realtà che ci circonda,

frammenti non direttamente estrapolati da quell’u-

niverso presente all’aldilà del varco montaliano,

ma a noi pervenuti grazie al ragionamento raziona-

le. Proprio in ciò risiede la dignità delle cose, di-

gnità alla quale Montale non è mai riuscito ad at-

tingere, a differenza di Sabba, per esempio, che

con la sua semplicità ha in parte compreso la digni-

tà e la bellezza del creato e di ogni oggetto. Ogni

cosa vista esteriormente sembra banale ed inutile,

ma è quello che si cela al di sotto di quell’oggetto

che suscita nell’uomo grande curiosità ed interesse.

Pensare che le proprietà che regolano la vita e la

stessa esistenza di quell’oggetto possono essere

utilizzate proprio per distorcere le leggi che da

sempre hanno tenuto l’uomo saldo sulla terra, impe-

dendogli di volare, o gli hanno impedito di comuni-

care in tempo reale col resto del mondo, è emozio-

nante ed unico. Questa è l’eterna bellezza della

scienza, la possibilità di demolire le consuetudini e

permettere all’uomo di superare la nature e le restri-

zioni che ci ha imposto fin dalla nostra comparsa

nell’universo, e tutto ciò solo grazie a quei fram-

menti di verità ed ad un unico sublime mezzo: la

ragione. E mentre scrivo queste parole, rammento

quest’altro frammento di liriche di Eugenio Monta-

le:

“… Non domandarci la formula che mondi possa

aprirti,

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti:

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”

(Non chiederci la parola, Ossi di seppia, 1925)

Questa è senza alcun dubbio una delle poesie più

celebri scritte da Eugenio Montale. Non chiederci

quella formula magica che possa risolvere ogni tuo

quesito o possa rivelarti una nuova visione del mon-

do, dice Montale, facendo ancora comparire quella

negazione che riprende quella iniziale della poesia.

La negazione, tutta in negativo, contiene però che

sembra attenuare la durezza dell’affermazione: oggi;

dunque la conclusione non può definirsi definitiva,

rimane un piccolo spazio nella speranza, speranza

che permette alla scienza di andare avanti e scoprire

nuovi frammenti di verità, fino ad arrivare al codice

completo della nostra esistenza. Nonostante il pen-

siero di Eugenio Montale muove da una visione

pessimistica e sconsolata del mondo e della vita u-

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mana, secondo la quale l’esistenza ed “il male di

vivere” non è interpretabile razionalmente, le sue

liriche stranamente infondono grande coraggio e

forza. La verità cercata da Montale è lo sprono di

ogni scienziato, di ogni ricercatore che freme al

pensiero di trovare quella pura e autentica verità.

Quella “formula”, che riesca a far comprendere

all’uomo ciò che lo circonda, deve essere scoperta

e la mia stessa mente freme dalla voglia di inter-

pretare gli enigmi della natura. Ogni cosa è frutto

di una chiave nascosta e celata, ed è proprio in

quella microscopica chiave

che è celato il mistero della

vita, da secoli celato con

cautela dalla natura e del

quale conosciamo solo alcu-

ni frammenti, poiché se fos-

se già stato interpretato il

miracolo della vita, la natura sarebbe stata sotto-

messa all’uomo. Ma io credo fermamente in questa

speranza che la formula tanto ricercata da Montale

e da altri uomini, possa essere portata alla luce.

Proprio per questo il mio desiderio è quello di fare

le veci di ultore della scienza, da troppo tempo or-

mai criticata causa dei suoi limiti a causa dell’igno-

ranza dell’uomo dimostrata nelle numerose pagine

di storia scritte: la scienza è pura e non ha alcun

limite; la cupidigia e l’imperfezione dell’uomo

contaminano la scienza e sfruttano il suo enorme

potere in modo abnorme. L’uomo ancora non è

pronto per l’energia nucleare, ed è forse ancora lui

a dover fare molta strada prima di comprendere le

verità della correttezza e della giustizia ed a dover-

si evolvere, e non la scienza.

Relazione:

Giorno 19 Maggio 2011 si è tenuta presso l’aula

magna del Rettorato dell’Università di Messina la

giornata di Bioetica per la scuola, il cui argomento

principale riguardava la scelta responsabile di fonti

energetiche bio-sostenibili. Dunque, in vista del-

l’imminente referendum amministrativo, era d’ob-

bligo parlare dell’impatto biologico ed ambientare

che la costruzione di una centrale nucleare a fissio-

ne avrebbe nel nostro paese. In particolare, oltre ai

numerosi relatori Ordinari e

Straordinari e ai discorsi dei

docenti universitari, numerose

sono state le scuola della sud-

detta Città, che , non solo hanno

avuto la possibilità di poter assi-

stere a tale evento, ma sono stati

anche attivi partecipanti in quanto hanno potuto in-

tervenire manifestando le proprie opinioni e mo-

strando ai presenti lavori inerenti la materia compiu-

ti durante il proprio iter scolastico. Il sottoscritto

Biagio Maria SANCETTA, ha relazionato durante

tale manifestazione in nome del Liceo Scientifico

Paritario “Empedocle” circa le conseguenze biologi-

che delle radiazioni atomiche. Dopo aver compiuto

studi approfonditi in ambito citologico e citogeneti-

co si comprende che i reali danni delle radiazioni

atomiche risiedono nella modificazione delle strut-

ture polimeriche e macromolecolari dell’unità biolo-

gico-cellulare. In particolare le macro- molecole

più compromesse l’acido desossiribonucleico, più

comunemente conosciuto come DNA e l’acido ri-

bonucleico, più noto come RNA. Il primo è un poli-

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mero organico destrorso costituito da due catene

polinucleotidiche avvolte per formare una struttura

alfa elicoizzata. I monomeri e le basi strutturali di

questa complessa molecola biologica sono i nucle-

otidi , costituiti da un gruppo fosfato dotato di

gruppi negativi polari in corrispondenza dei siti di

legame dell’ossigeno con l’atomo fosfato; uno zuc-

chero mono saccaride pentoso a cinque atomi di

carbonio (rappresentato nel DNA dal desossiribo-

sio e nel RNA dal ribosio), legato al primo com-

ponente mediante un legame N-glicosidico tra ossi-

geno e gruppo idrossimetile del C5 del pentoso

(con eliminazione di un gruppo funzionale idrossi-

le); e da una base contenente azoto legata al C1

del pentoso mediante un legame estereo. Le basi

azotate nel DNA sono l’adelina, la gualina ( dette

purine), la citosina e la timina (sostituita nel RNA

dal uracile), dette invece pirimidine. Il nostro ma-

teriale genetico è tradotto proprio in relazione alle

triplette di base (chiamate codoni) ripetute nel no-

stro corredo cromosomico. Infatti, è proprio in re-

lazione a tale corrispondenza di tre basi per un am-

minoacido, che avviene la sintesi delle strutture

polipeptidi ed enzimatiche, indispensabili nell’atti-

vità catalitica di ogni reazione metabolica biologi-

ca. Dunque modificare direttamente il DNA (dal

quale proviene il testo di decodifica per la tradu-

zione proteica) o indirettamente l’RNA, ovvero

quel trascritto primario immaturo, sintetizzato du-

rante la trascrizione e utilizzato come copia dell’a-

cido deossiribonucleotidico nella sintesi mediata

dai componenti nucleo proteici ribosomiali, non

viene sconvolto solo il nostro corredo enzimatico,

ma anche le reazioni cataboliche ed anaboliche del

metabolismo cellulare. Tale discorso è valido se tale

mutazione non riguardi una sequenza esonica che

viene eliminata dopo il processo di spilicing. Tali

modificazioni del nostro materiale cromosomico

eucariotico, non riparabile mediante meccanismi di

escissione o poof reading, sono definite come muta-

zioni. Però, se le radiazioni causano una mutazione

a livello di una cellula somatica, essa non è eredita-

bile alla progenie. Invece, se tali mutazioni riguar-

dano cellule sessuali aploidi, allora la mutazione è

detta germinale ed è ereditabile alla progenie. In tal

caso, la mutazione può riguardare un allele di un

carattere autosomico (controllato ovvero da un gene

localizzato in un cromosoma non sessuale) o un ca-

rattere non autosomico (ovvero un carattere control-

lato da un gene localizzato su di un cromosoma ses-

suale X, detto X-linked, o Y, detto Y-linked). Se la

mutazione riguarda un carattere autosomico recessi-

vo per essere affetto un individuo deve essere omo-

zigote recessivo (a/a con “a” considerato l’allele

mutato). Se immaginiamo che la mutazione riguarda

la generazione parentale P, quasi tutti gli individui

affetti hanno genitori normali eterozigoti (A/a con

“A” l’allele dominante non mutato) ed la malattia

causata dalla mutazione si manifesta alla F1 visto

che ¼ dei figli sarà Omozigote recessivo. Tuttavia,

le mutazioni riguardanti un allele autosomico reces-

sivo saltano le generazioni. Se invece la mutazione

riguarda un carattere atutosomico dominante (A/a o

A/A con “A” l’allele dominante mutato e “a” l’alle-

le recessivo non alterato), possiamo affermare che

ogni individuo affetto ha almeno un genitore affetto,

in quanto anche un individuo eterozigote manifesta

la patologia (infatti le mutazioni presenti in un allele

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dominante non saltano le generazioni). Riguardo la

generazione parentale P, un soggetto eterozigote

trasmette la patologia ad ½ dei propri figli. Se in-

vece la mutazione riguarda un carattere X-linked,

allora in questo tipo di ereditarietà si ha una tra-

smissione dal nonno (Maschio P) ad una figlia

femmina (F1) portatrice, ad un figlio maschio del-

l’F2 malato. Tale trasmissione è definita

“crisscross”. In particolare, se la mutazione X-

linked è avvenuta a livel-

lo di un allele dominante,

avremo le seguenti con-

dizioni: se è un padre ad

essere affetto da tale mu-

tazione tutte le figlie sa-

ranno affette perché rice-

vono una delle due X dal

padre (tale fenomeno

ovviamente dipende anche dalla lionizzazione);

invece una madre eterozigote (P) trasmette il carat-

tere a ½ dei figli maschi ( in quanto emizigoti) ed

ad ½ delle figlie femmine. Però, nel caso in cui il

carattere mutato X-linked è recessivo, di norma più

maschi che femmine sono affetti poiché possiedo-

no una sola X. Inoltre, tutte le madri omozigoti per

l’allele, quindi malate a causa della mutazione

(XNXN con XN il cromosoma con l’allele mutato)

generano figli maschi tutti malati poiché essi otten-

gono la loro unica X dalla Madre. Invece, le madri

eterozigoti (XNX) generano figli maschi ½ malati e

½ sani. In tal caso, dall’ unione di una Padre nor-

male (XY) e di una madre portatrice della mutazio-

ne (XNX) ci si attendono figlie sana ma ½ portatri-

ci (XNX). Mentre i maschi saranno ½ sani e ½ ma-

lati e dall’ unione di una Padre malato (XNY) e di

una Madre normale (XX) ci si attendono figlie fem-

mine tutte sane ma portatrici (XNX). Mentre i ma-

schi saranno sani. Tralasciando ora l’ereditabilità

delle mutazioni germinali, ritorniamo a vedere le

diverse tipologie di mutazioni causate dalle radia-

zioni nucleari. In particolare, tralasciando le muta-

zioni spontanee e riferendoci solo a quelle indotte, il

DNA può essere danneggiato dall’azione di nume-

rosi agenti, definiti muta-

geni. In particolare tra i

numerosi agenti mutageni

correlati alle radiazioni

nucleari compaiono gli

agenti ossidanti e le radia-

zioni elettromagnetiche

che si manifestano sotto

forma di raggi gamma,

alfa beta ed ultravioletti. Tutti questi effetti rientra-

no nell’azione degli agenti fisico-chimici. In relazio-

ni alle radiazioni atomiche, agenti mutageni come i

radicali liberi ed il perossido di idrogeno, per esem-

pio, producono danni eterogenei, come modificazio-

ni di basi, sostituzioni di basi o addirittura rottura

del doppio filamento di DNA stesso. Come predetto,

le radiazioni nucleari causano la formazione di radi-

cali liberi che, non solo agiscono direttamente sui

cicli metabolici cellulari, ,ma agiscono come agenti

modificanti le basi, ovvero particolari agenti chimici

mutageni che modificano la capacità di appaiamento

tra le basi azotate. Inoltre, agenti mutageni indotti

dalle radiazioni nucleari possono portare a mutazio-

ni puntiformi. In tal caso le radiazioni possono cau-

sare o una sostituzione di basi, o una delezione di

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basi o una inserzione. Il primo evento è meno peri-

coloso rispetto agli altri. Nello specifico, quando

siamo davanti ad una sostituzione di basi dovuta ad

agenti radioattivi, si parla sempre di sostituzione di

una base azotata con un’altra. Inoltre, parleremo di

transizione quando avviene la sostituzione di una

purina con una purina o di una pirimidina con una

pirimidina (A con G o C con T); invece parliamo

di transversione quando avviene uno scambio tra

purina con pirimidina o viceversa. Tuttavia, in am-

bedue i casi, gli effetti di una sostituzione di basi

possono essere diversi in relazione dei casi: infatti,

quando la mutazione determina un codone diverso

ma che codifica per lo stesso amminoacido (ciò

grazie alla degenerazione del codice genetico) si

parla di mutazione sinomia o silente e non vi sarà

alcun cambiamento sul prodotto genetico; si parla

invece di mutazione di senso errato quando il co-

done mutato produce un amminoacido diverso ri-

spetto a quello originario. In tal caso il prodotto

genetico può conservare le stesse proprietà del po-

lipeptide sintetizzato a partire dal genoma non mu-

tato (mutazione conservativa), oppure no

(mutazione non conservativa); infine si può spesso

verificare che la formazione di un codone di stop

all’interno della sequenza codonica del trascritto

immaturo di RNA (UAA, UAG e UGA). In tal ca-

so si parla di mutazione di non senso. Tuttavia, no-

nostante le sostituzioni di basi producano effetti

assai diversi, comunque vanno a compromettere

solo un unico amminoacido. Invece, sia la delezio-

ne (eliminazione di una base), sia un inserzione di

base (inserimento di una base azotata) causano u-

n’alterazione dell’intera lettura codonica del gene

in questione. Andiamo invece ora a vedere gli effetti

causati non indirettamente dagli agenti mutageni

chimici, ma da quelli fisici. In particolare, in tal ca-

so ci riferiamo alle radiazioni ed al calore (che pro-

voca nella maggior parte dei casi ustioni di secondo

o di terzo grado). Le radiazioni prodotte durante la

conversione dell’energia nucleare in elettrica, come

ormai è noto, si dividono in radiazioni ultraviolette

(UV) e in radiazioni ionizzanti (suddivise a loro vol-

ta in raggi ics e gamma). Le prime eccitano la mole-

cola di DNA, fornendole energia. Solitamente que-

st’energia decade senza conseguenze, ma in un e-

sposizione eccessiva può innescare una reazione

chimica che altera la struttura del DNA. In questo

caso, si ha la formazione di legami tra due nucleoti-

di (timina) che si trovano ravvicinati al momento

della reazione stessa, con formazione dei cosiddetti

ponti di timina o ponti aberranti. Tale processo,

spesso riparato dai meccanismi di escissione e ripa-

razione del DNA (con sostituzione di una delle timi-

ne suddette con una base purinica adenilata), modi-

fica la conformazione della doppia elica e causa tu-

mori gravi all’epidermide. Però, nonostante siano le

radiazioni UV quelle più dannose a livello macro-

molecolare, quando si parla delle radiazioni nucleari

gli effetti più numerosi sono causati dai raggi gam-

ma, molto più penetranti e carichi di energia rispetto

agli alfa e beta. Tali raggi rientrano nella categoria

delle radiazioni ionizzanti, che penetrano nei tessuti

in notevole profondità. Nel loro percorso, infatti,

collidono con gli atomi che incontrano determinan-

do il rilascio di elettroni e la formazione di ioni cari-

chi positivamente, questi collidono con altre mole-

cole, liberando ulteriori elettroni e così via. Grazie a

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tale effetto domino, si forma quindi un cono di ioni

lungo il percorso di ogni raggio ad alta energia at-

traverso i tessuti viventi. Le radiazioni ionizzanti

sono alla base della formazione dei radicali liberi e

possono provocare rotture cromosomiche e quindi

sia riarrangiamenti cromosomici ( riguardanti dun-

que la struttura, e non il numero) che mutazioni

puntiformi o geniche. Il momento in cui le cellule

sono più vulnerabili in assoluto alle radiazioni è

durante la mitosi o la meiosi. Infatti, quando ha

inizio la fase S del ciclo cellulare il DNA è in fase

di duplicazione e quindi si presenta sotto forma

despiralizzata, dissociato dalle proteina basiche

istoniche (eucromatina), le strutture del nucleo so-

no dissolte e gli enzimi che assicurano l'integrità

del materiale genetico non possono operare. Inol-

tre, le radiazioni elettromagnetiche nucleari inibi-

scono l’attività nel nucleo attivo della DNA poli-

merasi III: le radiazioni reprimono l’attività della

subunità alfa, addetta all’attività endonucleasica 3I

-5I , sia la sub unità epsilon, addetta all’attività eso-

nucleasica 5I -3I, che quella teta addetta invece al-

l’azione cooperativa con gli altri enzimi come la

DNA polimerasi II. In particolare, quest’ultimo

oloenzima processivo, grazie alla sua prevalente

attività esonucleasica 5I -3I, ha un ruolo cruciale

nella correzione delle bozze o poof reading, indi-

spensabile per la correzione di quei rari errori com-

piuti dalla DNA polimerasi III durante la duplica-

zione del DNA. Dunque, anche l’inibizione di que-

st’ultimo enzima comporta la persistenza di quelle

rare mutazioni, che persistono nei neofilamenti sin-

tetizzati, a causa degli errori spesso compiuti dalla

polimerasi. L'effetto macroscopico più vistoso del-

la radioattività sulle cellule, quindi, è il rallentamen-

to della velocità di riproduzione. Infatti, le popola-

zioni di cellule che si riproducono molto rapidamen-

te sono più vulnerabili di quelle che lo fanno lenta-

mente. Inoltre, le cellule esposte ad alte concentra-

zioni di raggi elettromagnetiche vanno incontro ad

un precoce evento di senescenza. Ciò è spiegato dal-

l’inibizione delle telomerasi, enzimi con attività en-

donucleasica 3I -5I che servono a sintetizzare le parti

terminali dei cromosomi, detti appunto telomeri, in

quanto spesso in quei tratti la DNA polimerasi III

non riesce a svolgere la propria azione. Infatti senza

la presenza o comunque senza l’azione di tali enzi-

mi a poco a poco le parti telomeriche terminali dei

cromosomi verrebbero eliminate, causando un gra-

duale rimpicciolimento del cromosoma stesso. An-

diamo ora, invece, a vedere macroscopicamente le

conseguenze istologiche delle radiazioni nucleari.

In modo specifico, il tessuto osseo è il tessuto più

compromesso dalle radiazioni. Andiamo a vedere

allora le caratteristiche fondamentali di tale tipolo-

gia di connettivo strutturale specializzato al fine di

comprendere le azioni delle radiazioni. Le cellule

fondamentali del tessuto osseo, responsabili della

sintesi dei componenti della matrice, sono gli osteo-

blasti: si tratta di cellule di forma tondeggiante che

derivano dalla differenziazione delle cellule osteo-

progenitrici, ossia cellule staminali determinate che

rappresentano una prima differenziazione delle cel-

lule mesenchimali. Gli osteoblasti sono caratterizza-

ti dalla presenza di un reticolo endoplasmatico rugo-

so e di un apparato di Golgi molto estesi e responsa-

bili da un punto di vista istologico della loro basofi-

lia citoplasmatica. Similmente ai fibroblasti (le cel-

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Pagina 99

lule fondamentali del tessuto connettivo propria-

mente detto), gli osteoblasti sono infatti costante-

mente impegnati, nelle fasi di formazione dell'os-

so, nella sintesi dei componenti molecolari che an-

dranno a costituire sia le fibre che le glicoproteine

(osteonectine) della matrice. Tali composti vengo-

no successivamente espulsi dalle cellule per esoci-

tosi, e vengono quindi assemblati nella loro forma

definitiva all'esterno della cellula. Una volta com-

pletata la sintesi della matrice, ed

una volta avvenuta la sua calcifica-

zione, gli osteoblasti si sistemano in

cavità ellissoidali o lacune ossee

non mineralizzate scavate nella ma-

trice stessa. In questa fase prendono

il nome di osteocidi ovvero cellule

che, pur rimanendo cellule vitali,

entrano in uno stato di quiescenza.

Tipici di queste cellule sono i lun-

ghi prolungamenti citoplasmatici con cui la cellula

attinge alle sostanze nutritizie e che decorrono al-

l'interno di microgallerie definite canalicoli ossei.

Tuttavia, alcuni isotopi dello stronzio o del pluto-

nio si concentrano proprio nel midollo osseo, an-

dando ad otturare i canalicoli ossei ed impedendo

agli pseudopodi di ricavare i nutrimenti necessari.

Un altro tipo di cellule del tessuto osseo sono gli

osteoclasti, una tipologia di cellule deputata a pro-

durre e secernere enzimi che agiscono degradando

la matrice calcificata, permettendo il riassorbimen-

to dell'osso. Dunque le radiazioni influiscono no-

tevolmente anche la calcemia ematica e la produ-

zione eritrocitaria poiché sono le cellule staminali

emopoietiche poste tra le trabecole del tessuto os-

seo spugnoso che producono tali elementi figurati

nel sangue. Altro importante organo nel quale le ra-

diazioni delle centrali nucleari a fissione vanno ad

influire sono le gonadi, in particolare quelle maschi-

le. Infatti, in tal caso la prima conseguenza delle ra-

diazioni è la sterilità. In particolare, per poter com-

prendere a fondo gli effetti delle radiazioni sulle cel-

lule aploidi sessuali maschili occorre comprendere

gli eventi principali della gametogenesi maschile,

ovvero la spermatogenesi. L’evento

spermatogenetico inizia quando le

cellule staminali presenti nel testico-

lo, ovvero lo spermatogonio, inizia a

dividersi per mitosi. In particolare,

una di queste due cellule ottenuta

dalla divisione dopo la citodieresi,

continua il compito della cellula ma-

dre, continuando dunque a dividersi

continuamente per mitosi; la seconda

va invece in un primo processo di differenziamento

cellulare, nel quale lo spermatogonio ottenuto dopo

la mitosi, diventa spermatocita primario. Tale cellu-

la differisce da quella di prima in quanto entra nella

prima divisione meiotica, nella quale tale processo

geneticamente riduzionale, porta alla formazione di

due cellule aploidi, dette spermatociti secondari, che

però presentano ancora il materiale genetico dupli-

cato nei due cromatidi di uno solo dei due futuri

cromosomi omologhi. Tali cellule entrano così in

meiosi due ambedue delle cellule si dividono in due

cellule dette spermatidi. Dunque, alla fine di tale

processo abbiamo la formazione di quattro sperma-

tidi. Tuttavia, tali cellule non sono ancora pronte per

l’evento fecondativo, in quanto mancano ancora di

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strutture fondamentali per il movimento degli stes-

si spermatidi e per il corredo enzimatico indispen-

sabile per la rottura della membrana fosfolipidica

ovulare e per la sopravvivenza dello zigote nelle

prime settimane del processo organogenetico. In-

fatti proprio per questo lo spermatide deve munirsi,

per mezzo di un successivo differenziamento cellu-

lare, di una vescicola fosfolipidica, detta cromoso-

ma, contenete enzimi litici e di una coda flagellare

indispensabile per il movimento cellulare. In parti-

colare, tale struttura è costituita da diversi dimeri

di tubulina, costituiti da un mo-

nomero di tubulina alfa ed uno

di beta, questi si associano for-

mando filamenti proteici di va-

ria lunghezza, detti protofila-

menti; tredici protofilamti si

chiudono su se stessi formando

un microtubulo completo; tutta-

via all’interno della stessa coda flagellare possiamo

riconoscere due porzioni: una parte detta corpo ba-

sale, formato da nove triplette di microtubuli, tenu-

te insieme da proteine nexine, dineine ed enzimi

con attività ATP-asica, capaci di trasmettere il mo-

vimento di un solo microtubulo su tutti gli altri; la

porzione distale è invece costituita dall’assonema

costituito, invece, da nove doppiette di microtubuli

e da una coppia di microtubuli centrale. Anche in

tal caso sono presenti bracci laterali e centrali di

natura proteica con funzione ATP-asica. Inoltre,

occorre notare che delle triplette o doppiette di mi-

crotubuli solo uno di essi in realtà è completo (che

è costituito ovvero da tredici protofilamnti), gli al-

tri sono incompleti (formati cioè da undici proto

filamenti) poiché si agganciano a due protofilamenti

del microtubulo ad esso adiacente. Inoltre, i micro-

tubuli posseggono una capacità di movimento nelle

strutture biologiche cellulari conferitola dalla loro

capacità di polimerizzazione e depolarizzazione pre-

sente rispettivamente sull’estremità polimerizzante

o positiva e sull’estremità depolimerizzante o nega-

tiva. Proprio affinché sia resa stabile questa struttura

flagellare, alle due estremità della coda flagellare

sono presenti proteine, le proteine map’s, che rendo-

no stabile la struttura impedendo l’attività combina-

ta esoergonica ed endoergonica

dell’ATP per la polimerizzazione

e depolimerizzazione dei dimeri

di timina dei proto filamenti fla-

gellari. Il differenziamento sper-

matidico, che porta proprio alla

formazione di tali strutture, oltre

che alla testa, al corpo ed agli

acidi nucleici del nucleo stesso, genera gli sperma-

tozoi ormai pronti per l’eiaculazione ed il successi-

vo evento fecondativo. Le radiazioni nucleari causa-

no la sterilità proprio perché impediscono il diffe-

renziamento degli spermatidi in spermatozoi e la

sintesi, dunque, di proteine indispensabile al movi-

mento a marea degli spermatozoi (i flagelli) che

consente la mobilità stessa di gameti e di proteine

adese alla base delle ciglia vibratili (quali l’actina e

la specrina alla base e la miosina e la calmodulina

lateralmente). In altri ambiti, come nel sistema linfa-

tico, la conseguenza principale della radiazione è

l'infezione dei linfonodi (cellule mesenchimali ap-

partenenti al tessuto connettivo) e della milza conse-

guente alla morte dei linfociti presenti. Invece, la

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Pagina 101

pelle ha una vulnerabilità particolare: poiché, se

non protetta, riceve tutti e tre i tipi di radiazione

(alfa, beta e gamma). Il danno che riceve è tanto

più elevato quanto più le radiazioni sono penetran-

ti: viene danneggiata poco dai raggi gamma e mol-

to di più dalle radiazioni alfa e beta. Per bassi livel-

li di radiazioni si sviluppa un eritema, se l'irraggia-

mento aumenta può formarsi una neoplasia epite-

liale. La capacità di riparazione del danno subito è

comunque molto elevata. Inoltre, la crescita dei

capelli si arresta completamente, e quelli presenti

cadono in maggiore o minore quantità in base alla

dose assorbita. Caso particolare va infine riservato

alle ghiandole endocrine che non presentano un

elevato grado di sensibilità alle radiazioni, ma in

elevate esposizioni le loro disfunzioni, come ora

capiremo, sono causa di patologie molto gravi. A-

vevamo già visto in relazione al tessuto osseo spu-

gnoso, le conseguenze dell’alterazione degli osteo-

clasti, la cui azione è indispensabile per il manteni-

mento della calcemia. Tuttavia, tale valore non

sconvolge solo i valori di calcio nel flusso ematico,

ma anche l’azione di alcuni ormoni. In particolare,

l’azione degli osteoclasti per quanto riguarda la

loro attività demolente i cristalli di idrossiapatite,

di carbonato e fosfato di calcio e di fluoruro di cal-

cio, è regolata principalmente da due organi ghian-

dolari: le cellule parafollicolario e quelle paratiroi-

dee. Le prime producono Calcitonina (CT) che a-

ziona proprio sul livello di calcio nel sangue, ope-

rando feedback negativo sull’azione degli osteocla-

sti, dunque demolendo il prodotto ossificato. Le

seconde sono invece delle piccole masse tondeg-

gianti di tessuto ghiandolare endocrino presenti

nella superficie posteriore della ghiandola endocrina

tiroidea (sono in tutto quattro: una superiore destra

ed una sinistra ed una inferiore sinistra ed una de-

stra). Queste ghiandole producono due ormoni, l’u-

no l’antagonista della calcitonina (il paratormone) e

l’altro detto paratiroideo i cui compiti sono quelli di

regolare i livelli di Ca2+, Mg2+ e di Po3-4 nel sangue,

determina cambiamenti nei reni e romuove la for-

mazione di calcitriolo che fa feedback positivo sulla

calcitonina. Dunque, da ciò si può comprendere l’al-

terazione che anche tali ghiandole hanno a causa

delle radiazioni. Altri importanti organi ghiandolari

addetti a funzione secretoria sono la ghiandola pitui-

taria e la tiroide. La prima, anche detta ipofisi, è di-

visa in due sezioni, una anteriore, detta adenoipofisi,

e l’altra, detta neuroipofisi, che riceve neurosecreti

proveniente dall’ipotalamo. In particolare, risente

dell’influenza delle radiazioni gamma l’adenoipofisi

e di conseguenza gli ormoni da lei prodotti, le corri-

spettive azioni ed organi bersaglio, ovvero: l'ormone

somatotropo (GH) che agisce direttamente sui tessu-

ti ed è indipendente dall'attività delle altre ghiandole

endocrine, stimola la deposizione del calcio nel tes-

suto osseo e la proliferazione delle cellule cartilagi-

nee, aumenta la massa dei muscoli scheletrici e sti-

mola la sintesi proteica. È detto anche ormone della

crescita e la sua mancanza causa l'arresto dello svi-

luppo e della crescita di un individuo; la prolattina

(PRL) che agisce sulla ghiandola mammaria stimo-

lando la secrezione di latte dopo il parto; Il melano-

cita stimolante (MSH) che ha effetto trofico sui me-

lanociti, responsabili della pigmentazione della pel-

le; l'ormone tireotropo (TSH) che agisce sulla tiroi-

de, favorendo la liberazione degli ormoni che questa

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Pagina 102

produce

(tiroxina e triio-

dotironina); l'or-

mone adreno-

corticotropo

(ACTH) che

determina a sua

volta la sintesi e la secrezione molto rapida degli

ormoni della corteccia surrenale e stimola il meta-

bolismo lipidico; l'ormone follicolo-stimolante

(FSH) e l'ormone luteinizzante (LH) sono invece

gonadotropi (agiscono cioè sulle gonadi). Nelle

ovaie il primo stimola la formazione dei follicoli e

la secrezione dei loro ormoni (estrogeni), il secon-

do la formazione del corpo luteo e la secrezione

dell'ormone corrispondente, il progesterone. Nel

testicolo, l'LH agisce invece promuovendo la sper-

matogenesi e la secrezione dell'ormone testicolare

(testosterone). La tiroide, altro indispensabile orga-

no endocrino sensibile alle radiazioni, produce in-

vece due ormoni: la tiroxina e la triiodotironina che

aumentano il consumo di ossigeno ed il tasso meta-

bolico basale, influiscono il metabolismo cellulare

e la crescita e lo sviluppo. Per motivi metabolici,

però, la tiroide concentra in sé quasi tutto lo iodio

presente nell'organismo. Le ghiandole surrenali,

anch’esse altamente compromesse dalle radiazioni,

sono suddivise in due parti: la corticale surrenale

più esterna e la midollare surrenale più interna. La

prima è a sua volta suddivisa in zona esterna, che

produce i mineralcorticoidi (il più importante dei

quali è l’aldosterone che regola l’omeostasi e le

concentrazioni di Na+ e K+), una zona intermedia

che produce glicocorticoidi (come il cortisolo che

regola la degradazione lipidica e triglicerica, libera

il glucosio e deprime la risposta immunitaria) e una

zona interna che produce androgeni. La zona midol-

lare surrenale produce invece neurotrasmettitori co-

me l’adrenalina e la noradrenalina. Come si può ve-

dere le radiazioni non compromettono solo le singo-

le ghiandole ma tutte le azioni metaboliche soprae-

lencate. Anche i polmoni, venendo a contatto con

l'aria esterna, sono colpiti direttamente da particelle

radioattive inalate con la respirazione. In particola-

re, tali inquinanti compromettono le cellule unicel-

lulari esocrine secernenti, ovvero le celleule muci-

pare caliciformi, intercalate alle cellule di rivesti-

mento di epiteli cilindrici semplici di bronchioli re-

spiratori. Sono dette mucipare, perché producono

muco derivato dall’idratazione del mucinogeno. Es-

so a contatto con acqua si trasforma nelle mucine,

ovvero mucopolisaccaridi neutri e acidi e da glico-

proteine, che compongono il muco. Nella zona infe-

riore della cellula mucipare sono localizzate il nu-

cleo, i mitocondri, il reticolo endoplasmatico muco-

so ed il complesso del Golgi, nella parte apicale si

accumula invece il secreto costituito da grosse ve-

scicole. Dunque, l’inquinamento dell’aria provoca

anche l’infiammazione di queste ghiandole unicellu-

lari, i cui secreti sono indispensabili per la cattura

dei batteri nelle vie respiratorie. Concludo allora

dicendo che, nonostante dal punto di vista energeti-

co siano molti i vantaggi dell’energia nucleare, di

sicuro le ripercussioni che ha sulla materia vivente

(anche durante lo stadio embrionale), sono tutt’altro

che positive, anzi nocive, patogene e sovente deva-

stanti.

Biagio Maria SANCETTA

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Pagina 103

EMPEDOCLE:

IL VOLTO DELL’ECCELLENZA

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EMPEDOCLE: IL VOLTO DELL’ECCELLENZA

Circa un anno fa sentii parlare

di una Scuola Superiore, il Li-

ceo Scientifico “Empedocle”,

fondato dal Dottore Sergio Pe-

dullà e dall’Avvocato Giuseppe

Pedullà, che aveva la fama di

preparare al sommo grado gli

studenti per l’accesso alle Fa-

coltà dell'area medico-sanitaria

a numero programmato. Decisi

così di presentarmi al test d'am-

missione per la frequenza del

suddetto Liceo. L'esito del test

fu positivo e dal 13 settembre

2010 la mia vita subì una svolta

radicale. Il Liceo Scientifico

“Empedocle” non è solo una

scuola, è molto di più: il rappor-

to instauratosi con tutto il corpo

docente ed amministrativo ha

assunto, nel corso dell'anno, ca-

ratteri prettamente "familiari". È

questo che contraddistingue la

MIA (e sono fiera di poterla de-

finire tale) Scuola. A testimo-

nianza di quanto detto ci sono

gli splendidi ed indelebili ricordi

dell'anno scolastico ormai finito,

che certamente mi accompagne-

ranno sempre con infinita dol-

cezza. Dal punto di vista forma-

tivo tutti i docenti hanno dato

costantemente il massimo, per

consentirci di avere una prepara-

zione "diversa" rispetto a tutte le

altre. Gli strumenti multimediali

messi a nostra disposizione, le

molteplici attività extracurrico-

lari compiute, dal progetto Re-

pubblica@scuola, alla visita ai

musei o ai RIS di Messina, mi

hanno enormemente arricchito,

lasciando un segno per sempre

nel mio cuore. E gli esiti finali

lo hanno dimostrato.

Il mio sogno nel cassetto, sin da

bambina, è quello di diventare

una pediatra, ed è per questo che

frequento tutt’oggi i corsi prepa-

ratori al test d'ammissione alla

Facoltà di Medicina, organizzati

dalla stessa Scuola; Scuola che

pensa in grande, che aspira al

grande, che si connota di un re-

spiro internazionale che permea

di sé ogni attività promossa e

compiuta. Basta ricordare i cor-

si teorico-pratici di anatomia,

organizzati in collaborazione

col Dipartimento di Anatomia

dell’Università di Malta e rivol-

ti agli studenti di Medicina, o

ancora agli accordi stretti con

l’Università di Cambridge, fina-

lizzati al conseguimento del

CIE (Cambridge International

A / AS Level), che permette di

iscriversi direttamente, senza

ulteriori esami, in diverse e pre-

stigiose Università di tutto il

mondo. Tra gli infiniti attimi

meravigliosi vissuti, ci tengo a

condividere quello del mio esa-

me orale di Maturità, in cui in-

sieme a tutto il corpo scolastico,

ho condiviso forse la prima vera

soddisfazione della mia vita.

Annalisa Careri

Annalisa Careri Diplomatasi con 100/100 e Lode

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Ricordo come fosse oggi il giorno

in cui presi una delle decisioni

più importanti della mia giovane

vita: trasferirmi a Messina dalla

Calabria per poter frequentare il

Liceo Scientifico “Empedocle”,

che ha sede anche a Catania.

Staccarmi dalla famiglia e allog-

giare presso il residentato annesso

alla scuola, per me ancora adole-

scente, e’ stata una scelta soste-

nuta dalla prospettiva di realizza-

re il mio sogno più grande: entra-

re in Medicina. Questa scommes-

sa che ho fatto con me stessa si è

rivelata poi meno difficile del

previsto, e di questo devo ringra-

ziare le singole persone che han-

no ricoperto, e lo fanno tuttora, i

rispettivi ruoli con seria profes-

sionalità e, soprattutto, profonda

umanità. L’entusiasmo e la vo-

glia di fare che aleggiano tra le

aule hanno contagiato noi studen-

ti, reso meno pesante l'incontro

con nuove materie, dissolto, in

definitiva, i consueti rapporti ste-

reotipati che si instaurano tra

insegnanti e ragazzi. Ognuno di

noi era unico per il nostro prof.,

ognuno è stato messo nelle condi-

zioni di essere capace di fare e

migliorarsi.... ognuno si sentiva "

a casa" tra i banchi di scuola, a

mensa, nelle attività didattiche

pomeridiane e negli alloggi: inco-

raggiato sempre ad esprimere e a

dare il meglio di sé. È trascorso a

malapena un mese dalla fine del-

l'anno scolastico ed ho già nostal-

gia delle uscite extracurriculari,

delle visite al museo, della parte-

cipazione ad attività teatrali, o a

qualche convegno di ambito me-

dico. Non credo che scorderò mai

nessun momento di questi intensi

anni di studio e di vita che mi

hanno arricchito delle più varie

emozioni, né tantomeno le perso-

ne straordinarie che ho conosciu-

to. Ringrazio soprattutto i Fonda-

tori della scuola, il Dottore Sergio

Pedullà e l’Avvocato Giuseppe

Pedullà, che con la loro presenza

costante mi hanno accompagnato

giorno dopo giorno in questo

viaggio nel mondo della cultura e

del sapere. A loro

ed a me dedico il momento più

intenso della mia carriera scola-

stica, l'esame orale di maturità, in

cui è venuta fuori l'Alessandra

che ero diventata. Il cammino è

solo iniziato, un più gravoso im-

pegno mi attende: il test di am-

missione in Medicina. Tutt’oggi

però sono ancora qui al-

l'“Empedocle", per frequentare i

Percorsi di Eccellenza per il su-

peramento del test, per imple-

mentare la preparazione che la

Scuola, con grande professionali-

tà e seria attenzione, ha già mes-

so a disposizione di noi tutti du-

rante l’anno scolastico. Grazie

all’Empedocle ho infine avuto

l’opportunità di sostenere il test

di ammissione in inglese alle Fa-

coltà di Medicina, Odontoiatria e

P.D. e Veterinaria delle tre Uni-

versità ungheresi di Semmelweis,

Pécs e Szeged, test che ho supe-

rato con successo e che mi con-

sentirà, qualora lo volessi, di po-

termi iscrivere il prossimo anno

accademico in uno di questi pre-

stigiosi e internazionali centri di

studio.

Alessandra Minutolo

Alessandra Minutolo Diplomatasi con 100/100 e Lode

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Fin da piccolo il mio sogno

principale è stato quello svolgere la

professione di medico: mi

entusiasmava particolarmente il fatto

di stare a contatto con altre persone e

aiutare coloro che sfortunatamente

stavano meno bene di me. Allora, a

partire dallo scorso anno, ho scelto

di frequentare il Percorso di

Eccellenza per l’ammissione alle

Facoltà a numero chiuso dell’area

medico-sanitaria organizzato dal

Liceo Scientifico “Empedocle”.

D u r a n t e q u e s t a b e l l i s s i ma

esperienza, ho maturato l’idea di

frequentare l’ultimo anno di Scuola

Superiore presso la stessa Struttura,

nella sicura consapevolezza che ciò

mi avrebbe offerto, a livello

formativo, vantaggi maggiori

rispetto alla mia scuola precedente.

Così dopo aver superato il test

d’ammissione, ho iniziato a

frequentare la Scuola, che ha le

proprie sedi a Messina e a Catania.

Proseguendo il mio percorso di studi

mi sono convinto del fatto che,

dietro la volontà di studiare per

passare i fatidici test, si è innestato

un desiderio ancora più grande:

voler studiare prima di tutto per me

stesso e per poter leggere ed

interpretare autonomamente la realtà

che mi circonda. Il merito di questa

grande conquista che mi ha visto

protagonista va sicuramente

riconosciuto soprattutto al Dottore

Sergio Pedullà e all’Avvocato

Giuseppe Pedullà, fondatori del

Liceo, che dall’inizio dell’anno fino

all’ultimo minuto della prova orale

mi hanno sostenuto e incoraggiato.

Sono stati loro i primi che hanno

fermamente creduto che l’ambizioso

progetto educativo di formazione

globale del la persona, che

coinvolgesse non solo il lato

strettamente culturale ma soprattutto

l ’ i n t e r a c r e s c i t a u m a n a

dell’individuo, dovesse e potesse

concretizzarsi. Infatti, stranamente,

studiare non mi seccava, anzi non

vedevo l’ora di rientrare a casa per

comprendere le spiegazioni

quotidiane, non solo delle materie

scientifiche ma anche di quelle

umanistiche. Questo è ciò che più

mi ha colpito del Liceo Scientifico

“Empedocle”: l’avermi messo nelle

c o n d i z i o n i d i

appassionarmi allo studio di tutte le

discipline. Le attività didattiche

compiute la mattina venivano

a f f i a n c a t e d a p e r c o r s i

extracurricolari pomeridiani in cui

ciascun studente, col supporto dei

docenti, poteva approfondire

specifiche tematiche o compiere

apposite attività di consolidamento

delle competenze maturate .

L’utilizzo dei sussidi multimediali e

delle nuove tecnologie informatiche

nella prassi didattica quotidiana (in

ogni aula sono presenti computer,

c o l l e ga me n t o a d In t e r n e t ,

videoproiettore), hanno permesso di

instaurare uno stimolante e ricco

ambiente di apprendimento. Il Liceo

Scientifico “Empedocle” inoltre

offre l’opportunità di conseguire il

prestigioso titolo di studio

internazionale CIE (Cambridge

International A / AS Level), con il

quale è possibile iscriversi

direttamente nelle Facoltà a numero

chiuso di più di 125 paesi in tutto il

mondo. Per conseguire questa

importante meta la scuola è stata da

poco attrezzata di laboratori di

ricerca di chimica, biologia, fisica e

informatica, tutti all’avanguardia,

con lo scopo di sperimentare e

applicare concretamente quanto

appreso ogni giorno.

Pierluigi Russo

Pierluigi Russo Diplomatosi con 100/100 e Lode

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Ho scelto di frequentare il Liceo

Scientifico “Empedocle”, che ha

le sue sedi a Messina e a Cata-

nia, al fine di raffinare le mie

conoscenze nelle materie scien-

tifiche, per poter affrontare con

maggiore preparazione e serietà

il quiz ministeriale per l’accesso

alla Facoltà a numero program-

mato di Odontoiatria. Il mio so-

gno, infatti, sarebbe quello di

continuare la professione dei

miei genitori, poiché fin da pic-

cola ho dimostrato di possedere

una particolare attitudine per i

lavori di precisione, e di certo la

determinazione non mi man-

ca! In parte il mio obiettivo è

stato già raggiunto, come dimo-

stra il fatto che io abbia già su-

perato le selezioni per la Facoltà

di Odontoiatria in lingua inglese

di Cracovia, ma nonostante tutto

vorrei avere la possibilità di stu-

diare nel mio Paese. La decisio-

ne di frequentare il Liceo Scien-

tifico “Empedocle”, nato per

volontà del Dottor Sergio Pedul-

là e dell’Avvocato Giuseppe Pe-

dullà, con sedi a Messina e Ca-

tania, è scaturita anche dal carat-

tere internazionale di cui la

scuola si fregia, basti pensare al

legame che essa possiede con

l’Università di Cambridge (che

consente di conseguire il Cam-

bridge International A / AS Le-

vel) o col Dipartimento di Ana-

tomia dell’Università di Malta,

insieme al quale organizza ogni

anno corsi teorico-pratici di A-

natomia. Durante il mio percor-

so scolastico gli insegnanti, tutti

profondamente motivati ed e-

stremamente preparati, mi han-

no molto aiutato, seguendomi

passo passo e mettendomi nelle

condizioni di poter conseguire

una completa maturazione e

concretizzazione di tutte le mie

attitudini. Oltre a svolgere le

normali attività didattiche, infat-

ti, questa scuola

affronta in modo approfondito

discipline quali la Biologia, la

Chimica, l’Istologia, le Biotec-

nologie mediche, alimentari e

ogm. Tali conoscenze, a partire

dal prossimo anno potranno tro-

vare una concreta applicazione

pratica grazie ai nuovi laborato-

ri didattici di cui la scuola si è

da poco dotata. Inoltre, durante

le attività extracurricolari di

rientro pomeridiano i docenti

hanno offerto a ciascuno di noi

l’opportunità di poter chiarire

eventuali dubbi sulle lezioni

svolte la mattina e approfondire

determinati argomenti che più

ci hanno interessato. Il ricordo

più bello del periodo trascorso

al liceo è senza dubbio legato al

fatidico "ultimo giorno di scuo-

la". In quei momenti conclusivi

tutte le fatiche e i sacrifici com-

piuti sono spariti nel nulla, per

lasciare spazio solo alla profon-

da unione che è sorta tra me, i

miei compagni di classe e tutto

il personale della Scuola.

Turiaco Helga

Helga Turiaco Diplomatasi con 100/100 e Lode

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Pagina 108

Dopo quattro anni di liceo classico

ne avevo abbastanza di latino e

greco e così decisi di scegliere di

frequentare una scuola dove, ac-

canto allo studio delle materie let-

terario-filosofiche, venissero ap-

profondite e curate anche le cono-

scenze scientifico-biologiche, che

mi sarebbero servite per i futuri

studi universitari. Ed in effetti la

scelta di iscrivermi al Liceo Scien-

tifico “Empedocle”, è stata per me

vincente e non solo dal punto di

vista strettamente culturale, ma

anche sul piano formativo e uma-

no. Una scelta che rifarei subito e

che mi pento di non avere fatto pri-

ma. Sul piano metodologico e di-

dattico ho trovato professori ecce-

zionali, che ci hanno seguito, gior-

no dopo giorno, con interesse e

zelo, pronti a soddisfare ogni no-

stra esigenza di studio, di apprendi-

mento e di approfondimento, di-

sponibili ed aperti ad ogni richie-

sta. Ciò che mi ha quasi subito sba-

lordito è stato l’entusiasmo nel la-

voro da parte dei professori, ma

soprattutto l’“alleanza“ creatasi tra

insegnanti e studenti finalizzata ad

un apprendimento davvero ecce-

zionale, e che onestamente non

avevo mai trovato nella scuola

pubblica. Una scuola dove non esi-

ste “l’aiutino” o “ la raccomanda-

zione”, dove tutti sono ugualmente

posti nelle condizioni di apprende-

re e andare avanti senza favoritismi

o privilegi. Certo, ho dovuto sgob-

bare il triplo di quanto non fossi

abituato poiché, com’è noto, i ritmi

della scuola sono serrati, con lezio-

ni giornaliere dalle 8.00 alle 14.30,

e pomeridiane, dalle 15.30 alle 1-

8.30, dedicate all’approfondimento

e al consolidamento. La sera la de-

dicavo invece a fare i compiti,

spesso fino alla mezzanotte. Solo e

unicamente studio, senza passeg-

giate, televisione o computer e sen-

za scioperi e vacanze gratuite. E

questo senza sosta per tutto l’anno

scolastico. Ma ne è valsa la pena. E

non lo dico solo per il sudato 100,

ma perché grazie a questo studio

“matto e disperatissimo” ho arric-

chito molto le mie conoscenze, im-

parando anche che niente ci viene

regalato e che qualunque obiettivo

può essere rag-

giunto, purché ci si metta di buona

volontà. Ecco cosa mi ha donato

questa Scuola: una bella lezione di

vita, che sono certo mi servirà so-

prattutto in futuro. Frequentare

l‘Empedocle ha significato anche

conoscere ragazzi seri e motivati

quanto me, fare amicizia con com-

pagni di scuola che ricorderò per

sempre con affetto, ma ha signifi-

cato anche fare simpatiche espe-

rienze extracurriculari, come cono-

scere importanti attori di una fa-

mosa fiction televisiva (I Cesaro-

ni), assistere a rappresentazioni

teatrali e conferenze, imparare a

scrivere articoli su argomenti vari

in un giornale online (partecipando

al progetto Repubblica@scuola),

fare delle belle gare di nuoto. Il

ricordo che porterò per sempre nel

mio cuore è legato alla visita effet-

tuata presso i RIS di Messina, che

mi ha consentito di conoscere dal

vivo le tecniche investigative più

sofisticate oggi utilizzate. Ora spe-

ro che il bagaglio di conoscenze

acquisite durante l’anno possa ser-

virmi a superare i test di accesso

alla Facoltà di Medicina. Questo è

il prossimo e impegnativo obietti-

vo da raggiungere.

Giuffrida Alberto

Alberto Giuffrida Diplomatosi con 100/100

Page 109: Rizòmata - Numero 0

Pagina 109

I l Li ceo Sc ien t i f i co

"Empedocle", fondato dal

Dottore Sergio Pedullà e

dall’Avvocato Giuseppe

Pedullà, con sedi a Messina

e a Catania, si differenzia

dalle altre scuole superiori

perché è indirizzata in

maniera chiara e evidente

all’approfondimento e al

conso l idamen to de l l e

conoscenze dell’ambito

medico e biotecnologico.

Proprio perché il mio sogno

è stato fin da sempre

diventare un medico ho

scelto di frequentare questo

Liceo, in cui le attività

didattiche predisposte ed

attuate prevedono una

particolare attenzione nei

confronti della Biologia,

l’Anatomia, la Fisiologia

Umana, la Chimica e le

Biotecnologie. Discipline

queste che dal prossimo

anno gli alunni avranno

modo di approfondire

maggiormente, grazie ai

nuovissimi laboratori (di

biologia, chimica, fisica e

informatica) da poco

allestiti. La scuola inoltre

organizza percorsi didattici

po me r id i an i d i t i p o

extracurricolare, dedicati

all’approfondimento e al

conso l idamen to de l l e

conoscenze, delle abilità e

delle competenze maturate la

mattina. Proprio grazie a

tutto ciò sono riuscito ad

acquisire un buon bagaglio

culturale, che spero possa

darmi maggiori opportunità

per superare il test di

ammissione alla Facoltà di

Medicina. La scuola rivolge

un’attenzione

particolare anche allo studio

della lingua inglese, ed è

proprio l’area internazionale

il suo punto di forza: basti

ricordare la possibilità per

gli studenti di conseguire il

C I E ( C a m b r i d g e

International A / AS Level),

titolo di studio riconosciuto

a livello internazionale in

d i f f e r e n t i F a c o l t à

universitarie a numero

chiuso del mondo. E

navigando tra i ricordi, forse

il più bello che mi sovviene

è quello della cena di classe

che abbiamo compiuto

insieme ai professori a fine

anno scolastico.Una serata

molto particolare, dove

ancora una volta ho sentito il

calore che questa Scuola mi

ha saputo dare, ma

soprattutto sono riuscito a

sentire lo spirito di famiglia

che ho respirato sin dal

primo momento dell’anno

scolastico. Andrea Megna

Andrea Megna Diplomatosi con 100/100

Page 110: Rizòmata - Numero 0

Pagina 110

Ho scelto di iscrivermi al Liceo

Scientifico “Empedocle” perché è

una scuola completa, una scuola che

mette al primo posto il benessere

degli alunni, inteso non soltanto co-

me raggiungimento degli obiettivi

culturali, per il fatto che fornisce

complete conoscenze in tutte le ma-

terie, ma anche come benessere psi-

chico, perché fa capire ai ragazzi che

si è parte importante di un gruppo.

Ho frequentato questo Liceo nella

sede di Messina (a Catania ha sede

nei locali del Sacro Cuore di Gesù).

La scuola, per volere dei suoi due

fondatori, il Dottor Sergio Pedullà e

l’avvocato Giuseppe Pedullà nasce

con una seria e chiara vocazione nei

confronti dell’ambito medico-

scientifico. Durante l’anno, infatti,

noi alunni abbiamo affrontato non

solo discipline come la Biologia o la

Chimica (presenti in tutte le altre

scuole) ma anche argomenti in più,

che hanno spaziato dalla Patologia

alle Biotecnologie Alimentari, dalla

Genetica all’Istologia, approfondi-

menti propedeutici e fondamentali

per il successivo percorso di studi

che vorrei intraprendere all’Univer-

sità. Infatti il mio sogno è quello di

entrare nella Facoltà di Odontoiatria,

il cui accesso è a numero program-

mato. Un sogno che è pertanto molto

difficile da realizzare se non si è ani-

mati da molta motivazione e se non

si è maturata, nel corso degli studi

superiori, una adeguata e specifica

preparazione. Alla fine della mia

esperienza educativa e formativa

compiuta presso il Liceo Scientifico

“Empedocle” sono pervenuta alla

consapevolezza che questa Scuola,

giorno dopo giorno, ha fornito a me

e ai miei compagni gli strumenti di-

dattici e metodologici adeguati per

acquisire una solida e accurata pre-

parazione in ogni campo del sapere.

Questa importante meta è stata rag-

giunta non solo grazie alle lezioni

mattutine, condotte da docenti pro-

fessionalmente preparati e entusiasti-

camente motivati, ma anche nel cor-

so delle preziose ore dedicate alle

attività extracurricolari. Ogni pome-

riggio infatti ciascuno di noi, in base

alle proprie specifiche esigenze e

supportato dagli insegnanti, poteva

approfondire le tematiche che mag-

giormente lo avevano interessato o

consolidare quelle

conoscenze e quelle competenze che

ancora non erano state bene assimi-

late ed interiorizzate. Le ore dedica-

te al potenziamento dell’inglese tro-

vano una precisa giustificazione nel-

lo spirito di carattere internazionale

che anima questo Liceo, che offre

anche l’opportunità di poter conse-

guire il prestigioso CIE (Cambridge

International A / AS Level), prezio-

sa chiave di accesso a molte Univer-

sità a numero programmato del

mondo. La Scuola organizza anche,

in collaborazione col Dipartimento

di Anatomia dell’Università di Mal-

ta, corsi teorico-pratici di Anatomia,

rivolti agli studenti già iscritti in

Medicina e agli stessi medici, spe-

cializzandi o specializzati in Chirur-

gia Generale.

Tanti sono stati i momenti belli e

intensi trascorsi in questa scuola, ed

essi rimarranno per sempre impressi

nella mia mente, come ad esempio

le due gite di istruzione compiute a

Budapest e a Barcellona di Spagna.

Un posto particolare però riserverò

sempre nel mio cuore al dolce ricor-

do del profondo legame che ho in-

staurato con i miei compagni e tutto

il personale della Scuola.

Stefania Marino

Stefania Marino Diplomatasi con 100/100

Page 111: Rizòmata - Numero 0

Pagina 111

Eccomi qui giunta alla fine della

mia carriera scolastica! Stento

ancora a crederci, mi sembra ieri

quando, per la prima volta, varcai

la porta del liceo. Aver finito mi

ha lasciato dentro una sensazione

strana, forse anche un po’ malin-

conica: non so infatti cosa mi a-

spetta in futuro, cosa mi attende

fuori da queste mura che in que-

st’anno ho imparato a conoscere

al meglio ed ad amare. Il mio

quinquennio di studi ha avuto una

svolgimento diverso dal normale.

I miei primi quattro anni di Liceo,

infatti, li ho vissuti a Reggio Ca-

labria, al “da Vinci”. Giunta in

quinto, lo scorso anno, ho deciso

di maturare una decisione di rot-

tura e intraprendere l’ultimo anno

lontana da casa e dai miei affetti,

in una città fino ad allora semi-

sconosciuta, Messina, ma spinta

da un gran desiderio: quello di

migliorare la mia preparazione di

base nell’ambito scientifico, in

vista di quello che considero il

mio più grande obiettivo, accede-

re alla Facoltà di Medicina. Ho

scelto Messina, tra le due sedi che

il Liceo Scientifico “Empedocle”

possiede (l’altra è in Catania

presso all’interno della storica

sede del Sacro Cuore di Gesù),

perché più vicina a casa mia, ma

sapevo bene cosa sceglievo: una

scuola, l’Empedocle, diversa dal-

le altre, che mi garantiva un rap-

porto stretto e proficuo con i pro-

fessori e quindi la possibilità di

approfondire al meglio ogni ma-

teria.

Ho incontrato un ambiente scola-

stico speciale e delle persone che

mi hanno aiutato fortemente lun-

go questo cammino difficile, dai

docenti ai Fondatori della Scuola,

il Dottor Sergio Pedullà e l’Avvo-

cato Giuseppe Pedullà. Posso si-

curamente dire che il Liceo Em-

pedocle, quindi, mi ha arricchito,

e non solo culturalmente. Non mi

sono pentita affatto di questa de-

cisione, e adesso ricordo con im-

menso piacere tutte le attività

“extra” compiute

qui durante l’anno: le lezioni

multimediali, le attività pomeri-

diane di approfondimento e con-

so l idamento , i l proget to

“Repubblica@ scuola”, con cui

ho avuto un primo approccio se-

rio e sistematico con il mondo

della scrittura e dell’analisi gior-

nalistica. Gli orizzonti del Liceo

fanno inoltre riferimento all’area

internazionale, grazie ad accordi

particolari stretti con l’Università

di Cambridge, che danno l’op-

portunità di conseguire la certifi-

cazione CIE, riconosciuta in mol-

te Università a numero chiuso nel

mondo. Adesso che la scuola è

finita, come già detto, ho un solo

obiettivo e voglio riuscirci impe-

gnandomi al 100%, dando tutta

me stessa! La mia volontà di di-

ventare un medico, magari pedia-

tra, è molto forte: queste due sta-

gioni trascorse qui a Messina non

hanno fatto altro che cementifica-

re questo mio desiderio, renden-

dolo vivo più che mai. Ho sudato

tanto sui libri e sacrificato molte

attività in nome di questa ambi-

zione e adesso non voglio fallire.

Martina Chiara Pascuzzi

Martina Chiara Pascuzzi Diplomatasi con 100/100 e Lode

Page 112: Rizòmata - Numero 0

Pagina 112

Ma t u r a i l a d e c i s io n e d i

intraprendere l’ultimo anno della

mia carriera scolastica presso il

Liceo Scientifico “Empedocle”,

quando tocca i con mano

l’efficienza organizzativa e la

qual i tà de l le r i sorse che

contraddistingue questa Scuola.

Infatti, nonostante questo sia stato

il mio primo anno da studentessa

in questo Liceo, già l’estate scorsa

ebbi modo di frequentare il corso

di preparazione per l’accesso alle

Facoltà universitarie a numero

programmato. Capii subito che era

questa la scuola adatta a me e così,

dopo aver superato una prima

selezione, ad agosto mi presentai

per affrontare un esame articolato

in una parte scritta e una orale.

Ricordo ancora la tensione e

l’emozione provata quella mattina,

l’agitazione, il timore di non

potercela fare. Dopo qualche

giorno seppi, invece, di essere stata

ammessa. Fu così che la paura si

trasformò in gioia e dal 13

settembre tale sensazione mi ha

accompagnato, giorno dopo giorno,

nel corso di tutto l’anno scolastico.

Non potrò mai dimenticare l’affetto,

la comprensione e la straordinaria

umanità che hanno contraddistinto

tutti i membri della scuola: dal

corpo docente e amministrativo a

coloro i quali hanno reso possibile

tutto questo: il Dottore Sergio

Pedullà e l’Avvocato Pedullà.

Lo studio intenso e impegnativo

che mi ha visto protagonista negli

ultimi mesi è stato fondamentale

perché ha favorito la mia crescita e

la mia maturazione a livello globale.

Infatti il percorso di studi che

caratterizza il Liceo Scientifico

“Empedocle” è stato appositamente

programmato per incrementare e

potenziare le conoscenze tanto in

campo scientifico quanto in ambito

umanistico, allo scopo di fornire

una preparazione completa e

approfondita specie a tutti coloro i

quali, come me, desiderano superare

il test di ammissione alle

professioni medico-sanitarie.

Questa Scuola inoltre valorizza le

attività di tipo curricolare svolte al

mattino con appositi percorsi

d i d a t t i c i e x t r a c u r r i c o l a r i

pomeridiani, che

hanno lo scopo di consolidare e

approfondire le conoscenze e le

competenze maturate. Fin da

quando ero bambina, sognavo di

diventare un medico e adesso, a

circa un mese dal giorno più

importante della mia vita, mi sento

in dovere di dare un consiglio a

tutti coloro i quali desiderano

compiere una scelta simile alla

mia: nessuno di noi è in grado di

prevedere quanto accadrà in

futuro: esso infatti è un grande

mistero. L’unica arma che

possiamo utilizzare a nostro

vantaggio è sfruttare nel migliore

dei modi gli strumenti che

possediamo, spendere tutte le forze

e le energie e lottare per la

realizzazione dei nostri sogni. Ora

che sono giunta alla fine del mio

percorso scolastico, ho maturato la

sicura consapevolezza che è

proprio grazie a scuole come il

Liceo Empedocle, in cui

l’istruzione non è semplice

nozionismo, ma amore e passione ,

che per molti ragazzi il giorno

della selezione per l’ammissione

alla Facoltà di Medicina non sarà

solo un traguardo, ma anche un

trampolino di lancio verso nuove

e d a vv i n c e n t i e spe r i e n ze

educative. Francesca Vizzari

Francesca Vizzari Diplomatasi con 100/100

Page 113: Rizòmata - Numero 0

Pagina 113

“Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco”

Oggi più che mai sento intima e forte

l’esigenza di intervenire per fare gli

auguri di profonda stima ed apprez-

zamento a tutti coloro che hanno col-

laborato per dare

vita ad una testa-

ta che vuole essere

autorevole punto

di riferimento per

chi vive questa

scuola ogni giorno

e lavora con dedi-

zione per raggiun-

gere traguardi

sempre più ambi-

ziosi. Il primo rico-

noscimento è avve-

nuto proprio in

questo primo anno

di vita. L’Associazione Nazionale per

il giornalismo scolastico, nell’ambito

del monitoraggio sul giornalismo sco-

lastico ha individuato proprio nella

nostra attività redazionale il raggiun-

gimento di livelli di eccellenza tali da

meritare il riconoscimento del Diplo-Diplo-Diplo-Diplo-

ma di Gran Meritoma di Gran Meritoma di Gran Meritoma di Gran Merito e la candidatura

all’assegnazione del Premio Nazionale Premio Nazionale Premio Nazionale Premio Nazionale

“Giornalista per 1 giorno” 2010/2011.“Giornalista per 1 giorno” 2010/2011.“Giornalista per 1 giorno” 2010/2011.“Giornalista per 1 giorno” 2010/2011.

Ciò dimostra che la forza delle idee e

dell’impegno unitamente all’entusiasmo

che ha animato tut-

ti coloro che hanno

contribuito a que-

sto primo impor-

tante riconoscimen-

to, prevalgano e so-

no determinanti.

Il nostro è un gior-

nalismo serio, di ti-

po investigativo, a

volte coraggioso,

che fa bene alla

Scuola e a chi è at-

tento alle proble-

matiche che atta-

nagliano la società civile; È la VOCE di

una Scuola che si propone di abbattere

tutti quegli steccati per superare i limi-

ti dettati dall’ignoranza e dall’assenza

di un confronto di quelle idee vive e

fervide, ricche di quell’entusiasmo che

anima i Nostri ragazzi!

È un esempio di come si può e si deve

Page 114: Rizòmata - Numero 0

Pagina 114

fare il giornalismo: promuovere spunti

di riflessione che permettono al lettore

di farsi una propria idea delle vicende

rappresentate (su temi come la legali-

tà, la sicurezza, il lavoro e la tutela

ambientale), senza oscurare la fanta-

sia e l’autenticità dei redattori che

lavorano in modo autonomo e libero.

Sarò sempre a fianco di tutti coloro

che hanno collaborato per la realizza-

zione dell’iniziativa!

Certo, l’entusiasmo ha avuto un ruolo

fondamentale; ma c’è dell’altro.

A due giovani Empedoclini DOC come

me, prima di me (l’Avv. Giuseppe Pe-

dullà e il Dottore Sergio Pedullà), vo-

gliosi di spendersi per far crescere nel-

la coscienza dei ragazzi che desidera-

no frequentare questa nuova e unica

realtà (espressione di sentimenti di so-

lidarietà, altruismo, generosità, legali-

tà, giustizia) e attenti a dare un vali-

do contributo nel campo dell’istruzio-

ne, della formazione e dell’informazio-

ne, non potevo dire no nel momento in

cui mi hanno proposto di impegnarmi

nella costruzione della Scuola Empedo-

cle, nell’inseguire questo sogno poi re-

alizzato. L’uomo poi, si sa, resiste a

tutto, tranne che alle tentazioni, quin-

di.

Un ulteriore stimolo inoltre è giunto

nel corso del tempo dalla determinazio-

ne contagiosa dei miei Ragazzi, da quel

desiderio di sana competizione che ani-

ma tutte le iniziative presentate in

questi pochi ma intensi anni, non ulti-

mo, dalla necessità di partire alla pari

con le altre realtà scolastiche locali pre-

senti nel mondo dell’istruzione di Mes-

sina e Catania.

Questo giornale vuol essere punto di ri-

ferimento irrinunciabile sia per chi vi-

ve il nostro Liceo, sia per chi è distante

con il corpo, ma non di certo con la

mente e per quanti, ancora, non cono-

scono la vitalità e il cuore pulsante del

Liceo Scientifico Empedocle.

Non si può che assistere con piacere al-

la nascita di una nuova realtà nel pa-

norama dell’informazione scolastica

italiana. A maggior ragione se questa

nuova voce – ed è il caso di “Rizómata”

– si pone un obiettivo ambizioso, ma

quanto mai nobile e necessario. Far co-

noscere la Nostra Scuola e parlare di

Cultura. E ancora a maggior ragione,

questa nuova VOCE “prenderà forma”

Page 115: Rizòmata - Numero 0

Pagina 115

e si confronterà anche attraverso uno

strumento, il web giornale, che sarà

presente sul nostro sito

www.scuolaempedocle.it e su Albo-

scuole, Associazione che in segno di ri-

conoscenza per l’impegno profuso ha

ospitato la Scuola a Chianciano nei

giorni 6, 7 e 8 aprile per la premiazio-

ne della nostra realtà come espressio-

ne di eccellenza nel panorama scola-

stico nazionale.

La nostra è una Scuola costruita sulla

condivisione, sul pluralismo, sulla par-

tecipazione, sull’osmosi tra storie e i-

dentità diverse che hanno necessità di

quel dialogo costruttivo, continuo e co-

stante con il mondo circostante. È que-

sta la chiave del futuro, quella che la

Scuola deve assumersi nell’onere di di-

segnare e costruire l’Italia di domani.

Voglio ringraziare innanzitutto il

Dottore Sergio Pedullà (Presidente del

Consiglio di Amministrazione), l’Av-

vocato Giuseppe Pedullà (Direttore Ge-

nerale) per l’opportunità, la fiducia e

l’amicizia che non ho sentito mai ve-

nir meno; Esprimo sentimenti di affet-

to per le Persone a me più vicine, Ma-

ria, Rosalba, Emanuele. Con loro ho

condiviso questi anni ricchi di impegno

seguito dal conseguimento di grandi

successi. Un pensiero di gratitudine va

alla Prof.ssa Grasso e alla Prof.ssa A-

mata, Caporedattori di Rizómata, e a

tutti i Docenti e collaboratori che con-

tribuiscono alla crescita della Scuola.

Ma il grande merito va riconosciuto a

Voi, miei Cari Allievi che avete saputo

costruire e valorizzare questa realtà,

avete dato lustro alla Scuola Empedo-

cle, mi avete arricchito quotidiana-

mente e rappresentate la linfa vitale di

questa Istituzione. A Voi che mi avete

insegnato che “Educare non è riempire “Educare non è riempire “Educare non è riempire “Educare non è riempire

un secchio, ma accendere un fuoco!”un secchio, ma accendere un fuoco!”un secchio, ma accendere un fuoco!”un secchio, ma accendere un fuoco!”, a

Voi che ci permettete di guardare il fu-

turo con fiducia. Devo tutto a Voi!

"Siate sempre un mezzo per la diffusio-

ne di lealtà, onestà, verità e coraggio" e

portate sempre con voi un messaggio di

solidarietà e altruismo senza dimenti-

care che solo l’impegno vi consegnerà

la chiave del successo.

Non resta che augurarVi buon viaggio.

Maurizio Scarmozzino Maurizio Scarmozzino Maurizio Scarmozzino Maurizio Scarmozzino

Page 116: Rizòmata - Numero 0

IBIS

`xáá|Çt`xáá|Çt`xáá|Çt`xáá|Çt VtàtÇ|tVtàtÇ|tVtàtÇ|tVtàtÇ|t Redazione Rizômata

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