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LUMBRIA NEL MONDO IL MONDO DELLUMBRIA ANNO I NUMERO 5 EURO 2,50 View oint P dicembre 2010 Periodico mensile - ViewPoint anno I n. 5 - euro 2,50 - Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. - 70% DCB PERUGIA L’ Umbria per l africa

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numero di dicembre 2010 di viewpoint

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l’umbria nel mondo il mondo dell’umbria anno i numero 5 euro 2,50

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La nuova vita di Mogol

Il CET è la mia eredità

per i giovani artisti

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8Autosalone De Poi dal 1917

Dall’Ansaldo alla Fiat

dalla Maserati alla Ferrari

San Bevignate

La Chiesa dei perugini

miniera di storia della città

Trend BistrotLa movida folignatedal sapore parigino

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Cinema in UmbriaCiak si gira: è natolo School Studios

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Il telescopioProtagonista di moltescoperte scientifiche

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PoEticheImmagini d’Irlandain Umbria

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Salute nella terza etàPer invecchiare bene:dieta e sport

37

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Sfida ai fornelliAntipasti: l’arvoltolosfida il tortino al formaggio

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La copertina di questo numero è stata realizzata con inchiostri UV, gioco di vernici lucido/opaco, stampa rosso a caldo su poliestere oro

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Periodico mensileIscriz. Trib. di Perugia n° 36 26/05/2010

Direttore editorialeSilvia La Penna

Direttore responsabileMassimo Pistolesi

Staff di redazioneFrancesco Fini, Ramona Premoto, Alfiero Bigaroni

Progetto Grafico a cura diFat Chicken s.n.c.

In questo numero hanno collaborato:Floriana Lenti, Pier Paolo Vicarelli, Silvia Prologo, Daniele Calzoni,Federico Boila, Carlo Fini,Federico Pastorelli,Luigi Zeppetti e nonna Tina(per la rubrica di cucina), Carlo Fini e Maria Elena Porzi (per le foto)

Concessionaria pubblicitariaFat Chicken s.n.c.Silvia La Penna 329.6196611

Contabilità e diffusioneSilvia La Penna [email protected]@fatchicken.it

Servizio abbonamentiAbbonamento annuale (10 uscite) Euro 20,00Intestato a: Fat Chicken s.n.c. Iban. IT79S 01030 03008 000000 257931

Stampa a cura diTipografia Pontefelcino S.r.l. www.tipografiapontefelcino.it

View P ointE’ un’ edizione

Fat Chicken s.n.c. di La Penna Silvia e Inches Anna Maria

Str. Colomba Pecorari, 3906134 - Bosco - Perugia

P. iva 03143490542 Tel. 3296196611 www.fatchicken.it

33Per chi ha la pesca nel sangue

Michele Moscati

campione italiano di ledgering

Acqua, clima e dinosauri

La mostra dell’American Museum

of Natural History sbarca in Umbria

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24Gomena per dare speranza

In aiuto del prossimo

in ogni angolo del mondo

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La nuova vita di Mogol

Pensi ad una scuola di musica e ti viene in mente un luogo al chiuso, pieno di strumenti, spartiti, docenti, ed invece ti ritrovi al CET,

Centro Europeo di Toscolano, un posto meraviglioso immerso nella campagna umbra vicino Terni, in una tenuta di un centinaio di ettari chiamata “Tenuta dei

Ciclamini” che emana pace e tranquillità da ogni suo centimetro. E’ proprio qui che nel 1992 Giulio Rapetti, alias Mogol, si è trasferito abbandonando la caotica vita metropolitana per fondare il CET, un’associazione a carattere no-profit creata per valorizzare e qualificare nuovi professionisti comunicatori ad ogni livello. Si tratta di una scuola di

perfezionamento musicale in cui si tengono diversi corsi: corso di perfezionamento per interpreti, per autori di testi, per compositori di musica leggera, per arrangiatori di musica leggera, per arrangiatori di musica da film e per tecnici del suono. Una scuola creata quindi per coinvolgere mente, anima e corpo e dotata di strutture all’avanguardia.

Una scuola creata per qualificare e valorizzare nuovi professionisti: “Il CET è la mia eredità per i giovani artisti”

Barbara Maccaridi

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Come è nata l’idea del CET e perché la scelta dell’Umbria come sua sede? “La scelta dell’Umbria non è stata teorica, ho girato l’Italia alla ricerca di un luogo dove costruire il CET e mi sono imbattuto in questa splendida terra. L’idea di creare una scuola per giovani artisti è nata dalla convinzione che si stia perdendo, già da almeno venti anni, la cultura popolare ed ho pensato che l‘unico modo per arginare la situazione, visto che la cultura popolare è fondamentale, era questo, di realizzare qualcosa per gli artisti emergenti”.Cosa ha di diverso il CET rispetto alle altre scuole di musica?“Nella nostra scuola non si insegna solo a

cantare ma si preparano gli artisti a livello internazionale; il docente con la nostra

tecnica aiuta l’allievo a crearsi un proprio linguaggio, analizzando prima quello dei

grandi artisti italiani ed internazionali. Da questo punto di vista quindi non abbiamo molte scuole concorrenti”.C’è un criterio nella scelta dei giovani allievi per l’ingresso alla scuola?“I ragazzi vengono selezionati sulla base delle loro capacità qualitative. Per offrire a

Arisa grande protagonistadella musica Italianaè una cantanteche ha frequentatola scuola umbradi Mogol

non siamo una macchina per il successo l’ obiettivo è la crescitaartistica dei giovani

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tutti quelli meritevoli la possibilità di poter entrare nella scuola, molte regioni italiane offrono borse di studio. L’anno scorso si sono diplomati in cento, quest’anno abbiamo raddoppiato e abbiamo toccato quota duecento”.Come si svolgono i corsi?“La nostra scuola è organizzata secondo il modello di college americano. I corsi vengono realizzati con 12-15 giorni full immersion settimanali suddivisi in tre periodi di cinque giorni nell’arco di tre mesi, con successivi compiti ed applicazioni teorico-pratiche, con indicazioni e strumenti forniti dalla scuola. La nostra didattica consiste nell’impartire agli allievi delle notizie e fornire loro dei mezzi tecnici che si portano poi a casa, come una sorta di sala d’incisione portatile con tutto già preparato, dopo un mese tornano e fanno ascoltare il loro lavoro al docente”.Qual è la giornata tipica dell’allievo del CET?“La giornata è suddivisa in due lezioni giornaliere di quattro ore. Tra una lezione e l’altra pranzo e cena vengono serviti tenendo sempre conto della sana alimentazione, allo scopo di mantenere alto il livello di attenzione durante i corsi e di raggiungere

l‘equilibrio giusto tra mente e corpo. Al termine della lezione pomeridiana cerco di indirizzare gli studenti allo sport, ma spesso faccio un po’ di fatica perché sono tutti molto più innamorati della didattica e della musica”.Chi si diploma al CET riesce poi ad inserirsi nell’ambito mondo della musica?“L’inserimento nel mondo della musica dipende dal successo, il nostro obiettivo non è però assicurarlo, ma promuovere il livello artistico. Non siamo una macchina per il successo. Ad esempio Arisa è stata l’unica nostra allieva a Sanremo, ammessa oltretutto per caso, ma ha avuto un enorme gradimento. Chi viene qui lo fa per passione e se avrà l’occasione giusta riuscirà sicuramente a mettersi in mostra. Per un artista vero la qualità è più importante del successo, altrimenti non potrà durare più di due tre mesi”.Dall’alto della sua esperienza come giudica il livello attuale della musica italiana? “Lo giudico come voi giornalisti (ride). Non ci sono giovani che mi hanno colpito, se faccio poi il paragone con i ragazzi che ho qua, che sono molto bravi, mi sento ancora peggio. Da dieci anni a questa parte non c’è nessuno

di grande livello, vedo tanta promozione ma poca qualità”.C’è secondo Giulio nel 2010 un nuovo Mogol?“Un nuovo Mogol no, ma per il semplice fatto che ognuno di noi è irriproducibile, non c’è una persona, un artista uguale all’altro, ma credo che ci siano comunque autori che si avvicinano e superano anche Mogol. Su invito della regione Valle d’Aosta ho creato il Premio Mogol, che va in televisione in prima serata. E’ un premio importante, sia economicamente che per il prestigio, ricordo le parole di Jovanotti che disse: “E’ stato come se avessi vinto il Nobel”. E’ fatto per incentivare la cultura, è una targa in oro del valore di 20mila euro, ed è un premio che non si vince con la raccomandazione, neanche politica, lo do io, ed ho chiesto lo statuto proprio per questo”.Progetti futuri come Mogol?“Ho scritto un’opera lirica con Gianni Bella orchestrata da Jeff Wesley; l’ouverture è stata registrata dall’Orchestra Regio di Parma ed abbiamo inciso l’opera a Brno. Ci sono grandi artisti come Michele Pertusi, basso - baritono alla Scala di Milano, al Metropolitan di New York, ed è un’opera che incanta tutti, i direttori di teatro, i musicisti, perfino il Maestro Pavarotti quando era ancora in vita ascoltò le melodie, ancora i testi di Bella non c’erano, ma disse che era un’opera incantevole”.E come CET?“Oltre alla scuola il CET è anche sede di numerosi ed importanti convegni. Uno spazio importante lo occupa la medicina, abbiamo creato un gruppo di ricerca per valutare l’efficacia di cure alternative con Luc Montagnier, Girolamo Sirchia, Ignazio Marino. Altro progetto a cui tengo molto è la creazione, assieme all’ospedale di Terni e ad un team di esperti, di un centro sull’obesità giovanile. Grazie alle strutture presenti nel nostro centro, piscine, palestre, aree verdi, possiamo ospitare chi è in difficoltà, ma oltre la terapia sarà importante portare avanti anche la ricerca”. ●

Senza ricerca non c’è futuro

per questo il cEt ospita convegni di medicina

e ha iniziato una collaborazione

con l’ospedale di terni

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Forse fu in quegli ultimi anni del xIx secolo, per le silenziose vie di Perugia irruppe un mezzo motorizzato a tre ruote, che al giovane Augusto

Chiuini venne in mente di professare l’arte dell’automobile. E fu proprio seguendo l’idea del proprietario del primo Emporio ciclistico di Perugia che per primo offrì ai perugini la possibilità di lasciare a casa la bicicletta, preferendo ad essa un più comodo mezzo a motore, che negli anni antecedenti la grande guerra, il primo Garage Officina di Perugia apre i suoi battenti proprio davanti alla cattedrale della città. Ad intraprendere l’attività erano i fratelli Umberto e Augusto Chiuini, un trentenne perugino, quest’ultimo, che già a diciotto anni aveva fatto esperienza come capo operaio in una importante officina di Nizza.Nel 1917 le prime vetture commercializzate dai Chiuini furono le Ansaldo nei modelli a 4 e 6 cilindri, fornite di solo chassis, il resto della carrozzeria veniva assemblato nell’officina perugina. “L’intraprendente nonno Augusto, racconta ancora oggi emozionato il nipote Francesco, si recava personalmente allo stabilimento di Torino ogni volta che doveva ritirare le vetture; aggiustava alla meglio una cassetta di legno sopra i longheroni del telaio ed iniziava la sua avventura verso Perugia. Una volta, arrivato a Città di Castello, durante una sosta rifocillante, incontrò un conoscente che doveva tornare a Perugia. “Monta su, che ti do un passaggio!” Sistemata un’altra cassetta si offrì di portare con sé il temerario amico che tra polvere, sobbalzi e scoppiettii, all’arrivo a Perugia, si accorse non essere più al suo posto; si era irrimediabilmente perso lungo il tragitto! Dall’Ansaldo alla Lancia, dalla Fiat alla Ferrari, e Maserati, da quasi un secolo la famiglia De Poi ha ereditato l’arte di commercializzare autovetture. “Il nonno Augusto, racconta con orgoglioso affetto Francesco De Poi, amministratore del gruppo insieme ai figli Filippo ed Angelo, della più antica

concessionaria di auto perugina, era una persona affabile e competente ed ebbe anche un’altra geniale intuizione. Si rese subito conto della necessità di istruire i nuovi clienti alla conduzione dei veicoli ed istituì la prima scuola guida della città, per autovetture ed autocarri, alla quale affluirono da ogni parte della provincia, facoltosi del volante, giovani autisti, trasportatori e persino militari in servizio di leva”. Furono in molti coloro che abbandonarono le briglie per il volante; oltre ad insegnare le prime regole della strada, alla scuola di guida si imparava anche come era fatto un motore, come funzionavano i variatori di velocità, i freni o gli ammortizzatori. Dopo la chiusura dell’Ansaldo, avvenuta nel 1931, la ditta “Augusto Chiuini e Fratello”, ottenne la rappresentanza delle autovetture Bianchi e successivamente quella della Lancia. Sebbene le case automobilistiche si andavano

perfezionando di anno in anno, questi primi modelli avevano continuamente bisogno di manutenzione e così i Chiuini si costruirono una officina per l’assistenza e le riparazioni, creando una nuova categoria di artigiani, quella dei meccanici autoriparatori. Attratti dall’ebbrezza del volante, i primi clienti a conseguire l’abilitazione per la conduzione di autoveicoli, furono i benestanti proprietari privati provenienti da tutta la provincia. Una specie di pionieri delle quattro ruote come il conte Alfredo Bennicelli, il cavalier Antonio Sereni, il professor Barola, il proprietario terriero Gilberto Cozzari o l’imprenditore Giovanni Buitoni che nel 1925 faceva da apripista con la sua Lancia alla celebre gara della Coppa della Perugina. “Un giorno, racconta Francesco De Poi, venne in officina il principe Boncompagni di Città di Castello lamentando un problema meccanico alla sua

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ExcEllEncE

De Poi dall’autorimessa all’autosalone

Pier Paolo Vicarellidi

Novanta anni di auto al servizio dei perugini. Dal 1917 la concessionaria e officina sono diventati punto di riferimento in Umbria

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Lancia Aurelia B20. Lo zio Umberto allora mobilitò i suoi meccanici che si misero subito al lavoro riuscendo a sistemare l’auto a notte fonda. Quando il fratello Augusto che si occupava della parte commerciale gli chiese come era andata la riparazione e quanto era costata, il fratello gli rispose: “Non gli abbiamo voluto niente!”. Tanta era la preoccupazione per fare bella figura di fronte al cliente che il guadagno era stato messo in secondo piano. Un altro episodio curioso invece accadde ad Augusto Chiuini durante lo svolgimento del Giro automobilistico dell’Umbria del 1950, allorché la Lancia Aurelia B20 di Giovanni Grilli che gareggiava con al fianco la moglie tedesca Annielise, ebbe un problema al pedale dell’acceleratore. Vedendo il sor Augusto ai bordi della strada si fermò e gli chiese di aiutarlo. Prontamente Chiuini si tolse un laccio dalla scarpa e lo legò al pedale dicendo alla

consorte del Grilli di tenerlo in tensione fino al traguardo. Oltre al perugino Grilli che riuscì a portare la sua Aurelia al terzo assoluto nella cronoscalata Spoleto-Monteluco, altri clienti che hanno tenuto alto il marchio Lancia sono stati i coniugi Mignini e negli anni Sessanta il pilota Sandro Fratticioli con la Fulvia HF.Oggi la gamma dei prodotti commerciali offerti dalla concessionaria De Poi di Ellera di Corciano si è consolidata negli anni attraverso una rete di vendita che offre ai

suoi clienti prodotti di alta qualità come le prestigiose Rosse di Maranello nei modelli, 612 Scaglietti, 599 GTB, 458 Italia, California e la Enzo, serie numerata. L’azienda attualmente si colloca con prestigio fra le uniche 8 concessionarie italiane Ferrari e Maserati ed è composta di due società CDP (concessionaria Ferrari-Maserati) e De Poi (concessionaria Fiat e Lancia), facenti parte della stessa unità commerciale in grado di offrire alla nostra Umbria marchi prestigiosi come la Maserati, lo storico marchio Lancia, fino ai più moderni e consolidati modelli Fiat auto e Fiat Professional. La sua attività è incentrata sul settore della vendita del nuovo e dell’usato, ma offre anche il servizio di autonoleggio ed è dotata di una aggiornatissima officina per riparazioni e revisioni e di una carrozzeria autorizzata per l’alluminio per tutti i modelli Ferrari. Dal 2000 l’immagine CDP-De Poi possiede anche un reparto corse che partecipa con tanta passione ed eccellenti risultati alle competizioni sportive del campionato monomarca Ferrari Challenge, con i piloti Dario Caso e Del Prete. ●

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Dall’ansaldo alla lancia, dalla Fiat alla Ferrari

e maserati, da quasi un secolo l’arte del commerciare

e assistere l’auto

oggi la gamma dei prodotti commerciali offerti

dalla concessionaria si è consolidata offrendo

prodotti di alta qualità

L’autosalone De Poi ha anche una scuderia

che prende parte al Ferrari Challenge

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A Foligno un itinerario tra indirizzi d’atmosfera e sapori autentici. Piacciono quello stile del metallo lucido dei vecchi locali alla

Maigret, dove il bancone si chiamava zinc; quelle atmosfere intime e calde dove l’Oste reinterpreta pietanze e quei Gourmet o ambienti raffinati che richiamano la Belle époque. Al tempo della Belle époque molti artisti e scrittori si rifugiavano nei bistrot per creare i loro capolavori, visto che non avevano il denaro per riscaldare le case o le camere che abitavano (dato che gli artisti quasi sempre erano squattrinati). A quel tempo, le scene della vita quotidiana, dagli ambienti borghesi ai Bistrot fino alle strade parigine, venivano dipinte con vivo realismo da Jean Béraud, pittore francese dell’impressionismo (V. Jean Béraud, Al bistrot).Tra i clienti del Café Charbon, uno dei locali parigini più in voga contraddistinto dal suo lunghissimo bancone ricoperto di zinco, si celano scrittori, architetti, grafici, artisti. Qualcuno scrive, qualcuno riflette, molti leggono e si lasciano ispirare, altri dialogano con amici e sorridono. Intanto, il profumo del caffè si mescola con quello del tè. Così hanno inizio le quotidianità al Café Charbon, aperto dalle nove del mattino a tarda notte. Tra i bistrot parigini che hanno conservato lo zinc si nasconde di tutto un po’, anche semplici locali dove ordinare uno spuntino a tutte le ore e bere un bicchiere di vino per pochi euro.Quel clima incipriato di autenticità e

Trend bistrotPane, prosciutto e fantasiaTra le vie di Foligno, viaggio nei locali di tendenza avvolti in un’atmosfera parisienne

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Silvia Prologodi

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spontaneità, oggi viene riprodotto tra le vie di Foligno, dove si è soliti nelle serate invernali rinchiudersi in “bistrot”, osterie, ambienti dove concepire serate di svago tra amici, sorseggiare un buon bicchiere di vino e gustare un dolce fatto in casa dall’Oste. “Qua si sta da meraviglia” direbbe un cittadino folignate. È una vera rinascita di quell’atmosfera bistrot Secondo Impero stile Napoleone III, la penombra, i dettagli in cuoio, i tavoli di legno; come pure una reinterpretazione delle Osterie in forma nuova ed adeguata al tempo pur mantenendo l’anima démodé dell’epoca. La città è ricca di posticini dove degustare salumi, formaggi, vini pregiati, ricette della tradizione italiana riviste e corrette secondo l’umore della giornata; è così che Foligno diventa un rifugio anche per neo-nostalgici di bistrot di quartiere e di botteghe, sia che si tratti di “aperitivi in miniatura”, di una cena, di stuzzicanti alternative alla cucina tradizionale o di una festa con gli amici.Attilio Scotti “Enogastronomade” qualifica il fenomeno della nascita e del mutamento di questi locali in chicchette di stile antico, parla della riscoperta della buona, sana e vecchia Osteria, quelle che non hanno mai avuto uno straccio di segnalazione neanche su un giornale locale o il ciclostilato dell’oratorio, ma dove il buongiorno vuol dire veramente buongiorno e due ravanelli con un cucchiaio di salsa non sono chiamati pomposamente “colori rossi che s’intrecciano sul bianco, con riflessi dorati di salsa alla senape dolce”, ma in maniera molto più semplice.Iniziamo l’itinerario folignate con la voglia di stuzzicare il nostro gusto in un ambiente semplice, intimo e delizioso, con tavoli in legno ed arredato all’interno dai numerosi vini. Stanchi del solito bar-aperitif, i giovani optano per “Toda joia toda belleza”! Tutti pazzi per la Lumaca Ubriaca (in Piazza del Grano), dove le serate dell’organizzatore

Donati si dilatano automaticamente dal semplice aperitivo all’assaggio di bruschette, fino a delle vere ed appetibili mangiate, per poi passare ad uno shortino o un chupito. Piacevoli serate passatempo dai temi più irrazionali come : Se vuoi conoscere il tuo destino bevi prima un bicchiere di vino, La serata dei fantasmi ubriachi, La serata party malibù drink musica reggaetone.Proseguiamo l’itinerario presentando un altro ambiente che ripropone il vero zinc parisien, Il Gaja (in via Chiavellati) che con la sua allure di lounge restaurant e le note semi-acustiche jazz e soul riesce a creare delle atmosfere particolari, formulando una nuova chiave artistica del bistrot. Il clima Ambient e Lounge, prodotto dalle musiche, dalle mostre dei dipinti schizzati in bianco e nero alle pareti e dai giochi di luce speziati, è in grado di catturare lo stato d’animo dell’ospite e farlo uscire dalla propria coscienza. L’arredamento volto a stimolare l’ozio, va dagli sgabelli dinanzi allo zinc dove sorseggiare prosecchi e vini scelti gustando pietanze in miniatura e “finest food”, ai numerosi tavoli posti qua e là nella sala di parquet, fino ad arrivare anche ai

divanetti morbidi su cui “bighellonare”. È uno di quei locali che rimane sulla cresta dell’onda dei giovani , per le colazioni, le cene e le spensierate serate; che attira per le sue birre artigianali, i suoi whisky invecchiati dal finale secco, un po’ “torbato”

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e affumicato, per le sue notti a tema (freak Friday) e di musica dal vivo con gli Oskuri group. Tra le sue musiche insolite spiccano: I Rockets con On the road again, Edwin Birdsong con Cola Bottle Baby, Kraak & Smaak con Say Yeah oppure I Player con

Baby Come Back.Concentriamo poi l’attenzione sul gourmet l’Ocabarocca (in via Gramsci), un vecchio negozio di spezie che dal 28 agosto 2010 è divenuto una vera e propria rarità, una specie di cioccolateria, tisaneria, stuzzicheria, che con l’alta qualità dei prodotti e degli ingredienti, la raffinatezza delle presentazioni dei cibi, l’accoglienza dei due simpatici gestori, offre coccole di buongusto e benessere. A colpire oltre l’arredo opaco d’epoca, sono gli odori forti dell’autentico caffè, del pepe, dei fiori delle tisane filtrati direttamente nelle tazze degli ospiti, del cioccolato solido che viene fuso in una caraffa con sotto l’acqua bollente.Tutto questo fa dell’Ocabarocca ristoro per gli avidi di atmosfere calde.Concludiamo l’itinerario soffermandoci sulle due osterie gioiello di Foligno.In primo luogo, l’Osteria del Vicoletto (in via Bagni) a due passi dal duomo e da piazza della Repubblica, che sembra davvero essere una creatura di altri tempi. Oggetti di ogni tipo trionfano sopra le mensole dell’intimo posticino, qualche accessorio è volutamente un po’ fané, altri

di quelli che si recuperano nei migliori mercati d’Oltralpe, semplici, poco costosi, adatti alle case di campagna come ai loft di città, dai fiaschi di vino di ogni grandezza a segnali stradali, targhe, ed orologi vecchio stampo. All’ottima scelta gastronomica delle pietanze e l’ampia selezione dei vini, si addensano la simpatia ed il carisma dell’oste Filippo che reinterpreta i piatti tipici come il Bollito a seconda dell’umore della giornata creando un ambiente amichevole dove il rapporto col cliente torna ad essere dialettico e la frenesia del mondo rimane rigorosamente fuori. Infine, l’Osteria Zaff (sempre in via Bagni), il piccolo regno dei fratelli Francesco e Gianluca Zaffuto “osti per passione” che hanno saputo riprodurre da un’antica carbonaia, un locale molto accogliente e raffinato, sullo stampo delle tipiche osterie alla romana degli anni 60’, dove l’ospite si sente davvero a casa di amici. La sera verso le 18.30 si accalcano qui i volti e le voci della gente del posto, per sorseggiare e degustare ciò che offre la maison. Ed ecco che dalla cucina spuntano piatti di bruschette con i migliori oli umbri, salumi, formaggi, legumi e frittate con prodotti di stagione, “panzanella”, pappa al pomodoro, il tutto bagnato da un buon vino, dai prosecchi di Valdobbiadene ai bianchi siciliani, Trentino, Marche ed Umbria. Non mancano neanche i Franciacorta i vini rossi di tutta Italia compresi il rosso di Montefalco e il Sagrantino. Sfizioso e genuino è il menù del giorno per chi vuole “allungare” l’aperitivo, l’oste dalla cucina consiglia l’amatriciana, cacio e pepe, gli gnocchi, la trippa, i fagioli con le cotiche, l’ottima tagliata di Angus. Rifugio istituzionale insomma per le buone forchette nel vicoletto con vista duomo. Dunque, Se Jean Béraud ritraeva vissuti e stili quotidiani della Parigi nel periodo impressionista, da chi verrà dipinto questo soffio di “non artefatta” vita folignate? ●

Quel clima incipriato di autenticità e spontaneità,

oggi viene riprodotto tra le vie di Foligno, dove si è

soliti nelle serate invernali rinchiudersi in “bistrot”

la città è ricca di posticini dove gustare salumi,

formaggi, vini pregiati, ricette della tradizione italiana riviste secondo l’umore della giornata

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Hollywood? Bollywood? Cinecittà? No, a volte per creare grandi film basta essere a Perugia, avere tanta passione e voglia

di comunicare, così nascono i piccoli capolavori, così nasce School Studios. “Il nostro film – dicono in coro Errico Piselli e Marta Vescovi registi del cortometraggio – nasce all’interno di un progetto scritto dalle Acli provinciali chiamato Mediazione, un progetto sviluppato in collaborazione con Perugia per i giovani”. Un film di giovani che ha coinvolto un gran numero di gente, e per il cui sviluppo si è emulato il mondo cinematografico professionista: “Abbiamo cominciato il lavoro nell’ottobre 2009 – continuano i due – facendo i casting in centro e ai “baracconi”, durante i quali abbiamo provato più di 500 ragazzi”. Poi c’è stata la stesura del copione, dove i futuri attori hanno giocato una parte fondamentale: “E’ stato proprio così, una volta selezionati coloro i quali dovevano recitare ci siamo riuniti una volta alla settimana e in ogni incontro la storia ed il copione di School Studios prendeva forma, sino a quando a febbraio abbiamo iniziato ad effettuare le riprese, che sono durate fino a giugno”. Poi è stata la volta della fatidica “prima”: “E’ stato bellissimo, abbiamo lanciato la proiezione al teatro Pavone di Perugia il 15 ottobre, che coincideva con l’inaugurazione di Eurochocolate ed è stato un vero successo”. Successo prontamente replicato: “Esatto – continua Errico Piselli

– per la seconda proiezione siamo stati ospitati da The Space Cinema a Corciano dove abbiamo riempito un’intera sala, davvero una bella soddisfazione per noi della Studios che abbiamo effettuato le riprese”. Tanto è stato l’entusiasmo

nell’affrontare questa avventura che Perugia e i perugini hanno risposto prontamente, in tanti hanno aderito al progetto come sponsor. Oltre all’esperienza strettamente cinematografica, questa avventura ha sicuramente lasciato ai ragazzi, che

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Ciak si gira

E’ nato lo School StudiosDa un gruppo di autori, registi e attori umbri, un film vietato ai maggiori di 18 anniEd è già pronta la seconda avventura

Daniele Calzonidi

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ricordiamolo vanno dai 14 ai 18 anni, qualcosa di importante: “Hanno potuto vedere come nasce e si sviluppa un film, a nostro parere – ammettono Piselli e Vescovi – è stato grande il valore educativo che hanno potuto assorbire, il che va a slegarsi

dalla mera recitazione che possiamo trovare anche in uno spettacolo teatrale”. School Studios è appena finito e già un nuovo film sta per nascere: “Esattamente, durante Eurochocolate abbiamo lanciato i casting per il nuovo film, che questa volta

coinvolgerà ragazzi sino ai 25 anni, stiamo selezionando gli attori, e ci prepariamo per il nuovo spettacolo”. E possiamo star certi, che se ci sarà questo impegno, questa dedizione e questa voglia di fare, spettacolo sarà di certo. ●

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Sede delle due proiezioni sono state

il teatro Pavone di Perugia e il cinema

The Space di corciano

Durante l’ultima edizione

di Eurochocolate sono iniziati i casting

per il nuovo film

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LLa presenza dei Templari nell’area del Perugino si colloca attorno agli anni 1237-43, quando papa Gregorio Ix dona loro l’abbazia di

San Giustino d’Arna (1237), situata a pochi chilometri da Perugia e la chiesa di San Girolamo (1243), vicino all’odierno cimitero monumentale cittadino. Ma dell’oratorio di San Girolamo oggi non v’è più traccia, perché probabilmente fu abbattuto per edificare al suo posto la chiesa di San Bevignate. La prima preziosa testimonianza riguardante

San Bevignate è contenuta nei registri del Comune di Perugia. Porta la data del 18 maggio 1256. Si tratta di un’annotazione succinta in cui è riportata la discussione del consiglio della città sulla lettera che aveva spedito loro un certo ‘frater Bonvicinus’, riguardante la costruzione della ‘ecclesia Sancti Benvegnati’. Sempre di Bonvicino ci è giunta la sua richiesta ai canonici della cattedrale, nel 1262, di una lapide di marmo che doveva forse servire come mensa d’altare, e ciò indica che la chiesa

all’epoca era quasi ultimata. Ma chi era Bonvicino e perché ricoprì un ruolo cruciale nell’edificazione di San Bevignate? Bonvicino fu cubicolare di Gregorio Ix e Innocenzo IV, cioè un segretario particolare che godeva della più completa fiducia dei pontefici e che svolse per essi delicati incarichi amministrativi e diplomatici. E’ l’epoca della sanguinosa guerra tra i ghibellini guidati da Federico II di Svevia e la lega delle città guelfe fedeli al papato, di cui fa parte anche Perugia. Bonvicino nel 1244 è incaricato

San Bevignatela chiesa dei perugini

Dedicata al misterioso eremita umbro, non fu solo un’importante commenda templare, ma luogo di culto e di memoria dell’intera città

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Francesco Finidi

L’affresco contenuto nella parete destra dell’abside rafigurante Raniero Fasani fondatore del movimento dei Flagellanti

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dal neo eletto papa Innocenzo IV di recarsi come ambasciatore ad Acquapendente dove si trova di passaggio Federico II, per convincerlo a porre fine alla guerra. Ed è sempre a Bonvicino che viene affidato da Alessandro IV, successore di Innocenzo, il delicato compito di convincere i perugini a capeggiare una lega guelfa di comuni umbri contro Manfredi, senza successo. Bonvicino svolge anche un importante ruolo di controllo dell’amministrazione delle case dei templari della Tuscia, della Marca Anconitana e del ducato di Spoleto. Infine fa da prezioso tramite tra il Comune di Perugia, l’Ordine templare e la Chiesa. E’ proprio in questa veste che nel 1260, dietro insistenza del vescovo e del Comune di Perugia, cerca di ottenere da Roma senza successo, la canonizzazione dell’eremita Bevignate.

Canonizzazione che Perugia non otterrà mai dalla curia pontificia e che decreterà laicamente ‘sua sponte’ con una delibera comunale nel 1453!. Se la situazione politica italiana del Duecento appare complicata, lo è ancor di più ricostruire la figura di San Bevignate. Lo Iacobilli, storico umbro del Seicento, racconta che Bevignate, perugino di nascita e figlio di contadini, si sarebbe fatto monaco e poi eremita nei boschi intorno a Perugia. Aiutò i poveri e gli oppressi e resuscitò un fanciullo ucciso da un lupo. Forse morì attorno all’anno 500. La prima volta che Bevignate è chiamato “santo” è documentata nei registri comunali nel 1256. Nel 1266 e nel 1267 i Templari ne chiedono al papa la canonizzazione chiamandosi “fratres santi Benvignatis”. Infine nel 1277 i perugini, approfittando del fatto che papa Giovanni xxI, la curia al completo e il gran maestro templare Guglielmo di Beaujeu si trovano a Viterbo, non

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Gli affreschi Un libro illustrato della storia di Perugia e dei Templari

Prezioso e suggestivo documen-to della vita dei Templari è l’affresco custodito nella con-

trofacciata della chiesa, che raffigura uno scontro armato fra crociati e mussulmani ed il ‘Baussant’, il vessil-lo bianco e nero crocesegnato che i Templari spiegavano in battaglia. In caso di pericolo l’ordine tassativo era di mettersi tutti in cerchio at-torno al ‘Baussant’ per difenderlo fino alla morte. Da quando la Chie-sa è nuovamente visitabile, diversi turisti francesi vengono apposi-tamente per vedere il ‘Baussant’. Sempre nella controfacciata in alto a sinistra si nota una nave di pellegrini diretta in Terra san-ta. I Templari nacquero proprio per difendere i pellegrini che si recavano a Gerusalemme. Più in basso un leone tende la zampa ai Templari, che per nulla intimo-riti, forse gli tolgono una spina. Potrebbe trattarsi di un omaggio a San Girolamo, il santo eremita che, secondo la Legenda Aurea, mentre si trovava nel deserto tol-se una spina dalla zampa di un leone che si era avvicinato soffe-rente. Un culto così sentito per San Girolamo potrebbe indicare la vocazione eremitica della zona e il fatto che al santo fu dedicata una chiesa, forse demolita per far posto a quella di San Bevignate.

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esitano a mandare una ambasceria per perorare la propria causa, ma il pontefice di lì a poco muore e il Beaujeu torna in Palestina. All’interno della Chiesa di San Bevignate nella parete di fondo dell’abside sulla destra è raffigurato il vescovo che benedice Bevignate, leggermente chinato. Questa immagine ha fatto scaturire altre interpretazioni tra cui quella del Siepi che lo ritiene vissuto all’inizio del Duecento. La dott.ssa Casagrande dell’Università di Perugia ha ipotizzato che il saio bianco che indossa il santo indicherebbe che forse è appartenuto ai Camaldolesi o a qualche altro ordine monastico. Chiara Frugoni, medievista e studiosa degli affreschi della chiesa, ha supposto che il santo, indossando l’abito bianco come i Templari ritratti nella controfacciata, dapprima fosse un eremita

entrato poi nell’ordine del Tempio: questo spiegherebbe i reiterati tentativi da parte dell’Ordine di ottenerne la canonizzazione. Nella parete di destra dell’abside, vicino all’immagine di Bevignate, v’è un’altra preziosa testimonianza pittorica che attesta l’esistenza a Perugia, in quel periodo, del movimento dei Disciplinati o Flagellanti, fondato nel 1260 da Raniero Fasani, qui raffigurato alla testa della processione dei penitenti. E’ un periodo di guerre sanguinose e quindi non deve stupire la nascita di un movimento che invocava la pace, la rinuncia alla violenza e l’invito al pentimento attraverso processioni e riti di penitenza pubblica; tanto più che la famosa “Lezenda” scritta dal Fasani a Bologna narra la storia di un miracolo il cui protagonista è Bevignate accompagnato da quattro

santi. Nella Lezenda si parla anche di una lettera che sarebbe stata inviata dal cielo a Raniero mentre si stava dando la disciplina, subito appare Bevignate che ne spiega al basito penitente il contenuto: il castigo di Dio e il suo giudizio sono imminenti e solo grazie all’intercessione della Vergine è stato concesso agli uomini un breve lasso di tempo, affinché si pentano e si convertano in vista della salvezza eterna. Inoltre Dio vuole che la disciplina privata di Raniero divenga pubblica e sia condivisa da tutti i cittadini. La lettera celeste deve essere consegnata al vescovo affinché questi ne divulghi il contenuto. Raniero obbedisce, ma all’inizio incontra la resistenza del presule, che solo in un secondo momento capisce l’importanza dell’occasione che gli viene offerta: portare la città sotto il controllo istituzionale della Chiesa e del governo popolare, arginando così il pericolo di infiltrazioni ghibelline. E’ l’arma decisiva per limitare il vecchio potere magnatizio attraverso la paura dell’aldilà, e per rafforzare il nuovo governo popolare, ponendo fine agli odi e alle violenze. E questo spiegherebbe anche il posizionamento dell’affresco del Giudizio Universale accanto alla processione dei Flagellanti. San Bevignate può essere quindi considerata, a buon diritto, la chiesa di tutti i perugini e non solo dei Templari o dei Flagellanti, perché ha avuto un ruolo rilevante nella storia della nostra città fungendo da collante sociale, un luogo in cui si fondevano sentimenti profondi e simboli a cui sentivano di appartenere tutti i cittadini. ●

Note bibliografiche: ‘Milites Templi’. Il patrimonio monumentale e artistico

dei Templari in Europa, a cura di Sonia Merli, Volumnia Editrice 2008.

Si ringrazia per la preziosa collaborazione la dott.ssa Sonia Merli

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San Bevignate non era solo una chiesa,

ma all’occorrenzafungeva da fortezza di difesa per la città

e i contadini della zonalo testimoniano le alte

finestre di accesso laterali le cui scale esterne in caso

di attacco venivano ritirate

Le indagini condotte nel 2007-2008 all’interno della Chiesa di San Bevignate dal Comune di Perugia, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria, hanno portato al ritrovamento di una fullonica impiantata sopra una domus della metà del I secolo a.C.

Foto Carlo Fini

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“Un gesto d’amore sarà la vittoria dell’uomo” è con questa frase che si presenta Sandro Prio-

relli, presidente della Gomena, sorridente e disponibile, portavoce del gruppo di amici e soci fondatori impegnati come attori di progetti umanitari che gradualmente sono stati assorbiti dall’associazione e che hanno esperienze di volontariato in altre realtà e or-ganizzazioni, soprattutto nell’AINA (Associa-zione Italiana Nomadi dell’Amore).La Gomena è il termine nautico con cui si indica una cima, spesso di canapa, molto resistente, destinata all’ormeggio delle im-barcazioni; il termine è anche adoperato nel Vangelo e il suo significato metaforico sta nel fatto che la corda mette al sicuro la nave al porto. Da qui nasce il nome dell’associazione umbra, frutto dell’impegno di volontari che portano avanti iniziative di sostegno e aiuto a partire dal territorio, fino ad estendere i propri confini d’azione in cooperazioni attive a livello internazionale. “Abbiamo contribui-to in maniera consistente a trovare fondi per realizzare progetti concreti, come nel Chaco in Argentina, un villaggio e due laboratori per famiglie che vivevano ai margini della società. Da qualche mese abbiamo portato a termine un lavoro in Kenya, realizzando la costruzione di una struttura di accoglien-za, ‘Aina’s children’s home Mirella Piazzesi’ per bambini affetti dal virus HIV. Il dato più significativo è il modo con cui operiamo: ci mettiamo amore, tempo, pensieri, consigli e preghiera, e chiediamo a chi entra in contat-to con noi di non farci sentire soli, anche solo con piccoli gesti” ci spiega Sandro Priorelli. Un’altra grande emergenza umanitaria di cui la Gomena si occupa è Haiti: è stata fatta una raccolta fondi di 100.000 euro destinati ad un ospedale haitiano resistito al terremoto ep-

pur bisognoso della ricostruzione del muro di cinta. L’intento è stato rendere accogliente quel luogo che dà cure a numerose famiglie, possiede tre sale operatorie e lavora a pieno regime, i dottori in quella sede arrivano da tante parti del mondo e d’Italia. “Il nostro progetto –incalza Sandro Priorelli- d’appog-gio alla Fondazione Francesca Rava (Nue-stros Pequeños Hermanos: I nostri piccoli fratelli) prevede l’arredo e il recupero di tutto il reparto maternità e la ricostruzione di tu-bazioni di gas operatori”. Attualmente tra le varie priorità della Gomena c’è la volontà di fare rete con altre associazioni nazionali, una

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La Gomena, una Luce di speranza, una Mano tesa in aiuto del prossimo

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Floriana Lentidi

Sandro Priorelli traccia il bilancio positivo del lavoro svolto in ogni angolo del mon do. Anche in Umbria si raccoglieranno i fondi per portare a termine i progetti in cantiere

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delle quali è ‘Aleamar Onlus’ di Milano, che porta avanti 73 progetti in tutto il mondo, incentrati nell’adozione a distanza e in piani di sviluppo, e che si occupa di minori in diffi-coltà (bambini di strada, orfani, abbandonati, profughi) senza distinzione di religione, razza e cultura. “Nei miei ultimi viaggi in Africa – racconta il presidente della Gomena- ho vi-sto bambine ‘streghe’ strappate alla madre e isolate nel deserto, dunque lasciate morire. Questo fenomeno purtroppo continua a persistere in varie aree africane e noi possia-mo e dobbiamo intervenire”. In Umbria l’as-sociazione darà aiuto ad una casa di anziani,

organizzerà –per la raccolta fondi- una mo-stra di quadri con il patrocinio del Comune di Perugia e due spettacoli, uno nelle scuole con Giampiero Mirabassi, uno con Giovanna Marini al Teatro Morlacchi. Tutto il ricava-to verrà utilizzato per i progetti in cantiere. E alla domanda “Come fate a procedere e a portare avanti tutte queste attività?” i volon-tari della Gomena hanno risposto “Abbiamo una regola morale: seguire un progetto alla volta e portarlo a termine, avendo anche preso coscienza delle nostre forze ci ponia-mo obiettivi e ci impegniamo a raggiungerli, passo dopo passo”. ●

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la nostra regola morale è seguire un progettoalla volta fino al suocompimento

La Gomena, una Luce di speranza, una Mano tesa in aiuto del prossimo

Perchè tutto l’amore accolto o donato

Foss’anche una briciola sola Quando è amore davvero

Sarà la sconfitta del tempoE il trionfo di questo

pulviscolo d’uomoDisperso nel grande universo...

Da “All’ultimo soffio di sole”

E’più facile che una gomena entri nella cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel regno dei cieli

Dal Vangelo

Sandro Priorelli traccia il bilancio positivo del lavoro svolto in ogni angolo del mon do. Anche in Umbria si raccoglieranno i fondi per portare a termine i progetti in cantiere

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“Il Pianeta che Cambia” è il titolo della interessante mostra curata dal prestigioso American Museum of Natural History di New York al-

lestita in Umbria, prima e unica tappa italiana, grazie alla felice intuizione della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, sotto l’alto Pa-tronato del Presidente della Repubblica. Si snoda in tre città: Perugia, Assisi e Gubbio e

rappresenta un’importante occasione didat-tica per tutte le scuole della penisola. Nel ca-poluogo, presso Palazzo Baldeschi, si affronta il tema dei cambiamenti climatici. Palazzo Bo-nacquisti ad Assisi ospita la seconda parte del-la mostra, che parla dell’importanza dell’acqua per la vita sul nostro pianeta. Infine a Gubbio, presso il Palazzo dei Consoli, si racconta l’affa-scinante storia dei dinosauri, la cui improvvisa

e violenta estinzione, offre degli spunti per capire le dinamiche climatiche e ambientali che hanno investito la terra in passato e la fra-gilità del suo ecosistema. La mostra si avvale del prezioso contributo di Piero Angela, che ha sottolineato come la conoscenza dei temi qui approfonditi aiuterà i giovani ad orientarsi meglio, con uno spirito più responsabile e pro-positivo, verso le sfide e le scelte che dovranno

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Clima, acqua e dinosauri:

benvenuti nel pianeta che cambiaTre grandi mostre curate dall’ American Museum of Natural History di New York di scena in Umbria per la prima e unica tappa italiana

nat

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Francesco Finidi

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sostenere in futuro. Clima

Il tema dei cambiamenti climatici può esse-re affrontato in maniera meno catastrofista e pessimista partendo dalla considerazione che la tecnologia di cui disponiamo ci con-sente di adottare energie pulite che evitano il riscaldamento globale. L’ American Museum of Natural History, basandosi sulle misurazio-ni effettuate dagli scienziati che controllano costantemente lo stato di salute del nostro pianeta, mostra la situazione attuale, grazie anche all’ausilio di installazioni interattive di plastici e diorami. La combustione di carbu-ranti fossili e la deforestazione sono le prin-cipali cause dell’aumento dei gas serra nell’at-mosfera, primo tra tutti l’anidride carbonica (CO2). Questo determina il graduale aumen-to della temperatura atmosferica, causa di fe-nomeni come siccità, inondazioni e temporali sempre più violenti. I ghiacci perenni situati ai poli vanno incontro al loro scioglimento, il livello degli oceani cresce come anche il loro grado di acidità e ciò minaccia la sopravvi-

venza di molti organismi. Il visitatore viene spinto a riflettere sui propri comportamenti quotidiani, in particolare quelli che generano le maggiori emissioni di CO2. Basta veramente poco per rispettare la natura. Chiude la mo-stra un documentario curato da Piero Angela sulle energie alternative ai combustibili fossili (eolica, solare e nucleare). Riflettendo sull’ano-mala situazione energetica dell’Italia, alla luce della sua dipendenza cronica dalle nazioni vi-cine, Angela ritiene che il nostro paese debba realizzare con urgenza impianti che sfruttino le energie alternative, per ridurre drasticamen-te le emissioni di CO2 e la propria dipendenza energetica.

AcquaUna suggestiva cascata di vapore che sembra acqua accoglie i visitatori della mostra di Pa-lazzo Bonacquisti ad Assisi. L’ effetto è quello di immergersi letteralmente nel prezioso ele-mento che ha dato la vita al nostro pianeta. Tutte le civiltà umane si sono sviluppate nei pressi dei corsi d’acqua. Molti degli utensili di uso quotidiano costru-

iti dall’uomo sono nati tenendo conto delle caratteristiche dell’acqua. E’ da sempre utiliz-zata per rituali e cerimonie religiose e fonte di ispirazione per l’arte. Possiamo dire che ci accompagna dalla nascita alla morte. Ma l’ac-qua ha anche una vita propria, un ciclo che le permette, cambiando stato di continuo, di viaggiare attraverso l’intero pianeta. Nuvole,

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pioggia e ghiaccio sono i tre stati con cui l’ac-qua si è diffusa in tutti gli ambienti della terra. Da quando è comparsa ha pazientemente plasmato la natura. Il fiume Colorado in Ame-rica ha scavato in due milioni di anni, una gola profonda centinaia di metri: il Grand Canyon. Gli ecosistemi hanno costituito il loro equili-brio in base alla maggiore o minore presenza

di acqua e al suo tasso salino. Siamo abituati a considerarla una risorsa inesauribile, ma solo il 3% è potabile e una frazione ancora minore risulta immediatamente fruibile per l’uomo: il resto è intrappolato sotto terra o congelato ai poli. Nonostante ciò i paesi dove è presente in abbondanza spesso la sprecano. Viene propo-sto ai visitatori un divertente quiz per calcolare la quantità di acqua necessaria a produrre cibi e indumenti. Ebbene, anche per fabbricare una semplice t-shirt, occorrono grandi quan-tità d’acqua: un aspetto che pochi sanno e che potrebbe costarci caro. La mostra si chiude quindi con un messaggio rivolto a tutti: siamo i custodi dell’acqua, un bene prezioso e finito, perciò facciamone un uso responsabile evi-tando inutili sprechi.

DinosauriLa mostra, ospitata nelle bellissime sale del Palazzo dei Consoli di Gubbio, completa ide-almente il percorso di ricerca iniziato presso le vicine gole del Bottaccione, importante sito geologico, dove sono state raccolte preziose informazioni per ricostruire le cause dell’estin-

zione dei dinosauri. I visitatori potranno vede-re come realmente si muoveva un dinosauro, grazie ad un modello di Apatosauro lungo 18 metri collegato ad un sistema interattivo. La paleontologia infatti, avvalendosi di mo-derni software e delle più recenti tecnologie, ha compiuto importanti passi in avanti, utili per capire anche il legame dei dinosauri con gli uccelli. Robotica, bioingegneria e paleontologia cam-minano insieme alla scoperta del comporta-mento e degli aspetti più nascosti di questi affascinanti animali, che hanno popolato il nostro pianeta milioni di anni fa. La mostra presenta uno zoo fossile ottenuto sia con pez-zi originali che ricostruiti artificialmente di un Bambiraptor, un Tirannosauro Rex, uno Ste-gosauro e un Apatosauro. E’ stata riprodotta in tre dimensioni una piccola porzione dell’ha-bitat dove i dinosauri sono vissuti, basandosi sui dati raccolti in una valle del nord est della Cina e per i più piccoli sono stati allestiti di-vertenti giochi che facilitano il loro apprendi-mento. ●

“ho dato volentieri il mio apporto a questa iniziativa resa

possibile grazie ad un accordo con l’american museum of

natural history di new york”(Piero Angela)

Semplici gesti quotidiani come prendere i trasporti pubblici e usare lampadine più efficienti

riducono le emissioni di anidride carbonica e aiutano la natura

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Curioso e inconsueto l’accostamen-to sul piano territoriale e morfo-logico fra la nostra terra umbra e l’Irlanda, che, tuttavia, se qualcuno

confronterà sulla carta geografica, scoprirà affini per la forma un po’ a cuore e rotondeg-giante.Così, anche ad una prima riflessione, queste due defilate (e solo apparentemente margina-li) porzioni d’Europa si rivelano binomio den-so di sottili richiami e suggestive somiglianze, sia in ordine a paesaggi invasi di verdi molte-plici o, a volte desolati e rocciosi, sia nella loro storia diversa di terre quasi oasi di discrezione e intensità, scrigni di differenti culture che si sono nutrite a vicenda, di spiritualità, d’arte e di pensiero.E’ per questo che la manifestazione “Riflessi-DiVersi”, I poeti Irlandesi ci raccontano”, che da cinque anni ha luogo fra Perugia e Ma-gione, non rappresenta soltanto la qualità di un proficuo incontro fra autori europei, ma anche la peculiarità di un concreto confronto sulla società, sempre foriero di nuove idee e di prospettive future.Anche quest’anno, dunque, l’evento è stato scandito da diversi momenti, avviati dall’inau-gurazione della ineffabile mostra pittorica di Anne Donnelly, alla Torre dei Lambardi, per proseguire nelle due intense serate di rea-ding fra musica, poesia e traduzione, che ha visto alternarsi le letture di Joseph Woods e Francesca Pecorella, con la traduzione di Rita Castigli, spigliata e convincente presentatrice dei versi del poeta irlandese da lei tradotti. Per la Pecorella ha tradotto in inglese la poetessa Eiléan NìChuilleanàin, che leggendo ha im-presso il suo appassionato timbro espressivo ai testi. E’ intervenuto anche il poeta Macdara Woods, ospite dei precedenti incontri. Le due performances si sono svolte rispetti-vamente nell’aula magna dell’Università per stranieri e nella suggestiva cornice della Torre di Magione, appunto, alla presenza dell’amba-

sciatore d’Irlanda in Italia e di autorità locali.Mi sembra significativo sottolineare la valen-za connotativa di questi luoghi non casuali per gli appuntamenti artistici: nell’aula ma-gna della Stranieri, come ha fatto notare l’as-sessore alla cultura del comune di Magione, Giacomo Chiodini, campeggia in alto il cele-bre quadro di Dottori, “Antiquam exquirite matrem”, in cui fasci di luce si aprono verso i punti dell’orizzonte quasi ad indicare strade, percorsi, e l’iscrizione esplicitamente allusi-va al viaggio reale e simbolico di Enea, è già metafora d’indagine, comprensione, pietas, e dunque tutto ciò che fa la sostanza dell’arte.La torre dei Lambardi, a sua volta, appare

come un “punto di vista” (se mi è concessa la citazione) che attraversa il tempo e i luoghi, luogo essa stessa di uno sguardo a 360 gradi, che apre all’altrove e insieme protegge, vero e proprio τoπos che incarna identità, genera sapere e consapevolezza, come la poesia.Sono prospettive che rimandano agli intenti di chi molti anni fa avviò un sodalizio cultu-rale tra i due paesi, Paul Cahill, poeta e intel-lettuale di singolare pregio e alla cui indelebile impronta Fernando Trilli, presidente dell’As-sociazione “Immagini d’Irlanda in Umbria”, si è ispirato nel creare questo importante evento.La musica calda e meditativa di Edward McLa-chlan, che ha spaziato in un’ampio repertorio

Immagini d’Irlan da in Umbria

Poesia, arte e vita in un binomio denso di sottili richiami

Brunella Bruschidi

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Po tich

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Immagini d’Irlan da in Umbria

di brani e suggestioni musicali, si è rivelata feli-ce contrappunto alla poesia, facendo risuona-re l’alternanza delle diverse poetiche come un vero e proprio dialogo di contenuti e forme.Il numeroso pubblico ha fruito, così, piace-volmente sia della scrittura di Francesca Pe-corella, semplice ed attenta al quotidiano, sia della pungente metafora che Joseph Woods mimetizza nella pacata ricognizione di eventi, apparentemente oggettiva e distante, e che, in realtà, suscita emozione e pensiero. L’iniziativa ha, inoltre, realizzato, come sem-pre, incontri con le scuole superiori nell’inten-to di dialogare con gli studenti su temi attuali che riguardano costumi delle nostre società,

offrire stimoli di riflessione e suscitare curiosi-tà verso la poesia e le sue molteplici relazioni con l’esperienza.A questa proposta, come sempre la risposta è stata vivace e attenta sia da parte dei docenti, che hanno inserito nel lavoro curricolare sol-lecitazioni e strategie d’intervento, sia da par-te dei ragazzi, che hanno sviluppato interesse autentico anche con interventi e domande.Di Francesca Pecorella, che ha letto testi niti-di ed essenziali in cui l’”inventario caotico” e l’enumerazione di oggetti allude a sentimenti ed esperienze sfumate in un mistero, forse, impenetrabile, riporto le seguenti poesie: “C’era una volta” e “Nel campo”. ●

C’era una volta

C’era una voltauna storia non storia,fatta d’incontri fortuiti aicrocicchi delle strade,aperitivi mancati,campanelli rotti,lattine bevute al tavolinodi un bar chiassoso;lecca-lecca gommosinon mangiati,gatti randagi che passano e vanno.Una storia di giochi di parolee di parole non dette,verità nascoste.C’era una volta…una storia.

Nel campo

Nel campo sono rimastiSterpi di girasoli,le teste mozzatesono state portte via,ma tra le zollechicchi caduti stanno.La mattina, stormi di piccioniaperte le ali, planano felici,quasi ringraziandoe il campo si anima di inusuali spigolatori.

Di Joseph Woods, tra l’altro direttore della presti-giosa rivista irlandese di poesia “Poetry Ireland RE-VIEW”, riporto: “Hedviga Golik”, “Calci alla ruote”.Hedviga Goli, nata nel 1924, morta nel 1966, trovata nel 2000. Per tutta la mia vita, Hedviga Golik, sede-sti morta nella tua poltrona Davanti alla tv, bene di lusso nella Jugoslavia del ’66 nota il giornale, cocco-lando una tazzina di tè ormai asciutta Quando gli ufficiali giudiziari irruppero alla fine, nemmeno la nazione In cui eri morta c’era più. La notte che ti sedesti A guardare la TV, di certo non c’era niente di decente non c’è mai, stesso vecchio ciarpame sempre uguale. Ora morir davanti ad uno schermo è quel che fa la maggioranza per campare Come i vicini tuoi che, son sicuro, in oltre quarant’anni ma-hanno pensato di venirti a trovare, bella gente, i mi-gliordei vicini, lì per te solo quando li vuoi.

Calci alle ruote

Dovrebbe esserci uno stop da qualche partead est di Drumshanbo dove sempre si chiacchieradi alberi a gomiti, carburatori, fresatricie semiassi storti, e a saperne la forma,

non farei lo scontroso, standomene in panciollecon la tuta fuori dal garage a misurare a calciruote e giorni e a sapere di ogni mezzo che passail pedigree. Chinandomi con grande competenza

su ogni nuovo arrivo nel piazzale, ogni tantoraddrizzerei la schiena per sentire se c’è vento di nuovo.Mentre la radio, unta come una batteria d’auto buttata,ad ogni ora ciancerebbe con notizie del mondo.

atmosfere irlandesi

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Nel suo confronto tra ipotesi e mon-do reale, Auguste Comte (1798-1857) aveva concluso che non si sarebbe mai potuta conoscere la

natura dei corpi celesti data la nostra impos-sibilità a raggiungerli. Il cannocchiale di Galileo aveva permesso la caratterizzazione del moto dei corpi celesti ed aveva indicato che essi ave-vano proprietà analoghe a quelle del nostro pianeta quali, ad esempio, montagne ed av-vallamenti sulla superficie lunare, Venere mo-strava fasi simili a quelle lunari ed anche Giove aveva le sue lune, ma più sorprendentemente ancora, il Sole mostrava delle macchie. Tutta-via la definizione della natura chimica dei corpi celesti dovette attendere l’analisi spettrale, che fu eseguita solamente verso la fine del xIx se-colo e che ha dimostrato che i materiali di cui sono costituiti i corpi celesti sono gli stessi che si ritrovano nel nostro pianeta. Comunque, la

descrizione del cielo diurno e notturno è iniziata partendo dal semplice uso

dei nostri sensi. Di notte, ad occhio nudo, astrono-

mi di ogni epoca hanno capito

che unen-do sensi

e ge-

ometria si possono quantificare cambiamenti o conservazioni delle posizioni relative di astri nella volta celeste ed anche la differente lumi-nosità e tremolio delle luci conducono a for-mulare suggestive ipotesi sulla natura dell’uni-verso. Tuttavia i nostri sensi sono stati sempre ritenuti poco affidabili e le varie teorie sulla forma della Terra, piatta o rotonda, sulle traiet-torie dei corpi celesti, sul fatto che la Terra gi-rasse su se stessa e/o intorno al sole, fanno ca-pire quanto potesse essere difficile stabilire una verità basata sui propri sensi. Galileo è sempre andato alla ricerca delle verità sperimentali, pronto ad utilizzare i sensi, gli strumenti e la ragione, concludendo che se un ragionamento fosse “assai ben fondato” anche i sensi si sareb-bero adeguati, non dimenticando tuttavia che “quello che l’esperienza e il senso ci dimostra, si deve anteporre ad ogni discorso, ancorché ne paresse assai ben fondato”. Così il suo occhiale altri non era se non uno strumento che face-va vedere gli oggetti lontani più vicini e perciò con maggiore dettaglio, pur senza modificarli e senza inviare sull’oggetto ordini o messaggi volti a farlo apparire di diversa natura ai nostri sensi. Se il cielo aveva tanti misteri, anche la ter-ra non era ben conosciuta. Secondo Eratoste-ne di Cirene (275-194 a.C.), dalla misura della inclinazione dei raggi solari al solstizio d’estate in due diverse località a mezzogiorno, la Terra doveva avere una circonferenza di 250000 sta-di, pari a 39475 Km; oggi si stima in 40054,84 Km la circonferenza equatoriale ed in 39920,57

Km quella polare, che aveva misurato Eratoste-ne. Non ci dobbiamo meravigliare del fatto che la misura di Eratostene sia stata così vicina a quelle determinate oggi, perché essa fu deriva-ta da misure sperimentali corrette (inclinazio-ne dei raggi del sole in due diverse località sullo stesso meridiano a distanza nota e nello stesso momento) e ipotesi corrette (sfericità della Terra). Al contrario, Claudio Tolomeo (100-175) circa tre secoli dopo, basandosi su calcoli del filosofo Posidonio (130-50 a.C.) calcolò la circonferenza terrestre in 180.000 stadi: ben 1/6 più piccola rispetto a quella determinata da Eratostene. Ciò accadde soprattutto perché la distanza tra Rodi ed Alessandria impiegata nei calcoli non era conosciuta con esattezza, ossia mancava un dato sperimentale affidabile. L’autorità di Tolomeo fece sì che tale valore fos-se accettato da tutti i geografi postertiori e ne fece le spese persino Cristoforo Colombo nelle sue valutazioni per il progetto di raggiungere le Indie da occidente. Tutti gli errori insegnano che la scienza fatta dall’uomo progredisce via via che gli strumenti scientifici progrediscono, permettendo così di ottenere nuove cono-scenze su cui fondare nuove teorie che, a loro volta, attenderanno nuovi strumenti per essere confermate e così di seguito con un continuo arricchimento delle conoscenze. L’approfon-dimento dello studio dei corpi celesti ha ben presto indicato che per ottenere informazioni complete è necessario “vedere” in tutta l’esten-sione dello spettro elettromagnetico. L’occhio

Il telescopio: un pr otagonista della scienzaDalle iniziali osservazioni ad occhio nudo, gli strumenti astronomici ci portano sempre più vicini alla conoscenza dei segreti dell’Universo

Carlo Finidi

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Il telescopio: un pr otagonista della scienzaDalle iniziali osservazioni ad occhio nudo, gli strumenti astronomici ci portano sempre più vicini alla conoscenza dei segreti dell’Universo

umano vede solo tra 380-750 nm, nella così detta zona del visibile, ma lo spettro elettroma-gnetico si estende dalle onde radio fino ai raggi gamma e, nell’universo si stanno trovando cor-pi celesti che emettono in tutta la gamma dello spettro (da 103 fino a 10-15 m). Va anche ricor-dato che la atmosfera terrestre, per fortuna no-stra, assorbe in varie regioni dello spettro, per cui è necessario inviare telescopi fuori dell’at-mosfera per ottenere preziose informazioni sulla natura chimica, l’età e la distanza degli og-getti e ricostruire la storia dell’universo sin dalle sue origini. Il telescopio ottico usato sulla terra serve a catturare la tenue luce emessa dai corpi celesti in maniera più efficiente di quanto non possa fare la nostra pupilla, che ha un diame-tro inferiore ad 1 cm, per cui telescopi dotati di lenti o specchi di 3, 5 o 8 metri di diametro sono enormi pupille che ci aiutano a catturare più luce e quindi più informazione, anche dallo spazio profondo. Inoltre, telescopi dotati di si-stemi capaci di catturare emissioni di radioon-

de, microonde, radiazioni ultraviolette, raggi x e gamma e raggi cosmici completano ad oggi la strumentazione astronomica, mentre nelle strumentazioni sotterranee, accelerando com-ponenti atomici, si cerca di capire come e fatta la “materia”. Per coloro che vogliono osservare il cielo da casa, viene riportata una breve nota su telescopi ottici che possono essere costruiti an-che da soli con pochi materiali da modellismo. Per le osservazioni amatoriali si usano telescopi rifrattori e riflettori. I rifrattori impiegano due gruppi di lenti, di cui il gruppo posto anterior-mente cattura la luce proveniente dall’oggetto e costituisce l’obiettivo. Il gruppo di lenti poste-riore è l’oculare ed ingrandisce l’immagine che invia all’occhio. E’ riportato uno schema ottico semplificato di questo strumento: Il telescopio riflettore newtoniano è costituito da uno spec-chio concavo principale posto nella estremità posteriore del tubo e da un specchio secon-dario piano inclinato a 45° sull’asse dello stru-mento. Il fascio luminoso viene così deviato di

90° ed entra nell’oculare posto laterlmente. Un altro tipo di telescopio riflettore è il cassegrain in cui lo specchio primario concavo è aperto al centro, lo specchio secondario è uno spec-chietto iperbolico convesso che fa convergere i raggi luminosi nell’oculare dove è posto l’osser-vatore. I parametri fondamentali del telescopio sono il diametro dell’obiettivo, espresso in mil-limetri ed è legato al potere risolutivo (secondi di arco): più grande è il diametro maggiore la capacità di distinguere due oggetti vicini; la lunghezza focale del telescopio, espressa in millimetri ed è la distanza tra l’obiettivo ed il piano dell’immagine; il rapporto tra la lunghez-za focale del telescopio e quella dell’oculare de-finiscono l’ingrandimento. Infine, più diffusa è la montatura equatoriale del telescopio, che permette di ruotare lo strumento attorno ad un asse parallelo all’asse di rotazione terrestre e ad un asse perpendicolare ad esso in modo da determinare l’ascensione e la declinazione dell’astro. ●

Cannocchiale GALILEIANO Telescopio NEWTONIANO Telescopio CASSEGRAIN

f = fuoco Sc = specchio principale concavo Sp = specchio secondario piano

là onde qualunque voltanello stabilito sin qui

si scuopre mancamento,si potrà ragionevolmente

dubitar di tutto il resto,che sopra gli vien costruito

(Galileo Galilei)

Per le osservazioni amatoriali si usano

due tipi di telescopio quelli di tipo rifrattore

e quelli riflettori

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“All’ ombra dell’ ultimo sole s’era assopito un pescatore e aveva un solco lungo il viso come

una specie di sorriso”. Comincia così una celebre canzone di Fabrizio De André, parte da qui, la storia di Michele Moscati. Già, proprio da quella specie di sorriso, immancabile sul suo volto quando si diletta nell’arte della pesca, emozionante quando invece, quello sport che si sente cucito addosso gli regala magnifiche soddisfazioni. Quel sorriso che rimarrà nella storia, quel sorriso che sarà stampato sulla bandiera umbra sventolata da Michele nelle Olimpiadi della Pesca. Sarà infatti lui, probabilmente l’unico agonista della nostra regione a competere per quello che nella pesca può considerarsi il mondiale dei mondiali. Una settimana di pesca in cui si sfideranno tutti i campioni provenienti dalle varie parti del mondo, aperto a tutte le categorie e relativamente a tutte le discipline alieutiche (maschile, femminile e diversamente abili). Un palcoscenico suggestivo quello del Ledgering, Montemolino (Todi), una platea caldissima, dato che Moscati giocherà in casa, e due tifosi d’eccezione: la moglie Lucia e la figlioletta Alice, sempre presenti al suo fianco negli appuntamenti importanti. L’appuntamento è per la seconda metà di Agosto 2011, periodo in cui Michele proverà a coronare l’ennesimo sogno di una carriera da agonista a dir poco entusiasmante. Sì perché per arrivare al mondiale devi essere

Michele Moscati per chi ha la pesca nel sangue

Fedrico Pastorellidi

Il campione italiano di ledgering 2010 per ora è l’unico umbro sicuramente presente alle Olimpiadi della pesca che si disputeranno nella nostra regione nel 2011

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un campione, e Moscati, ha dimostrato in sole quattro gare, di esserlo davvero. Il trentottenne eugubino, che vive a Foligno, ha infatti sbaragliato la concorrenza aggiudicandosi il titolo di Campione Italiano di Pesca a Ledgering 2010.

Le tappe Quattro prove con i 50 migliori pescatori d’Italia a confronto, tre risultati validi e uno, il peggiore, scartato. Nelle prime due gare, disputatesi il 10 e 11 Luglio, si pesca sul fiume Arno a Laterina, nei pressi di Arezzo. Michele, che gareggia per il Club Fario, ottiene il primo posto assoluto, ed un terzo. Poi ci si trasferisce sul canal Bianco ad Ostiglia, Mantova, il 5 e 6 di Settembre. Moscati ottiene un primo ed un secondo posto; risultati che lo incoronano campione italiano di Pesca a Ledgering 2010. “E’ stata una soddisfazione immensa – commenta Michele – e sono riuscito a fare un terzo posto come peggior piazzamento (risultato poi scartato) il che significa che è andato tutto per il meglio. Non è stato facile perché le prime due gare erano totalmente diverse, come tipologia, dalle ultime. Gara 1 e 2 infatti, prevedevano una pesca più rustica, basata sul peso; le altre invece erano decisamente più tecniche, con pesci piccoli. Paradossalmente, per quelle che sono le mie qualità, avrei dovuto trovarmi meglio nelle prime due, invece sono andato forte, dati alla mano, soprattutto in gara 3 e 4. Però diciamo che m’accontento lo stesso (sorride)”.

Il sogno Michele, insieme al 2° e 3° classificato, e a 3 pescatori scelti dal commissario tecnico della nazionale italiana, Mario Molinari, tra i primi 20, proverà, nel 2011, a coronare il sogno di vincere il Mondiale. “E’ un

appuntamento importante – rivela Michele Moscati – e partecipare alla maggior competizione mondiale come unico umbro, giocando in casa, per me è un onore oltre che una grande gioia. Non vedo l’ora, speriamo di fare una bella gara”.

La passioneIl risultato raggiunto da Michele, è il frutto di una passione coltivata sin da piccolo. “Mi sono avvicinato alla pesca all’età di 4 anni – racconta Michele – grazie a mio padre. La passione vera e propria è sbocciata a 8 anni, e con l’aiuto dei maestri Marco Roscini e Umberto Costantini, ho deciso di coltivarla. In realtà, credo comunque che la pesca sia nel mio DNA. Alle superiori, di tanto in tanto, mi alzavo alle 5 del mattino per passare un paio d’ore a pescare, poi alle 7 tornavo a casa; doccia e poi via a scuola. Lo spirito, vittorie o non vittorie, gare o non gare, è sempre quello del puro divertimento. Il mio, come credo lo slogan di tanti, è

“meglio pescare 30 chili senza vincere niente, che arrivare primi ad una gara con 7 etti”. E poi ci sono mia moglie Lucia e Alice, la mia famiglia, i miei primi tifosi; sono loro che mi danno la spinta in più”.

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“l’essere umbro mi ha aiutato

ad ottenere i successinella nostra regione

infatti ci sono dei campi gara

ben attrezzati come quelli di umbertide

e montemolino nei quali si può

imparare molto”

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La comunicazione Michele, oltre a viverle in prima persona, sente il bisogno di esprimere le proprie sensazioni, e decide, insieme ad altri colleghi, di aprire un sito ed un forum. “Scoprendo la

tecnologia – dice Moscati – ho avuto l’idea di creare un sito, in collaborazione con altri miei colleghi, totalmente dedito a svelare un mondo poco conosciuto ma decisamente affascinante come quello della pesca. Oltre

al sito internet (www.mikymos.it) c’è anche un forum. Siamo già arrivati ad un buon numero di utenti e credo che questo sia un modo efficace per poter permettere, a chi è interessato, di scoprire questo sport e, viceversa, a chi ama già la pesca, di poter esprimere le proprie idee e condividere esperienze e sensazioni personali”.

L’appartenenzaTra tanti italiani, Michele è riuscito a conferire lustro alla nostra regione. Sorge spontaneo capire quanto l’essere umbro, lo abbia aiutato a diventare campione di Pesca a Ledgering 2010. “Devo dire che in Umbria – sottolinea Michele – ci sono dei campi gara ben attrezzati come quelli di Umbertide e Montemolino, nei quali si può imparare molto. Fuori invece, diverse zone

somigliano un po’ ai nostri Laghi di Faldo, a Montone, quelli ricchi di pesci, in cui anche chi non è esperto riesce a portare a casa qualcosa. Questo è divertente, però non aiuta a crescere. Ed infatti, poi quando ci sono gare più complicate, qualcuno si trova in difficoltà. Allenarsi su campi gara più ostici, riesce a farti capire di che pasta sei fatto realmente. Per cui credo che noi in Umbria abbiamo una scuola molto valida”. Non a caso, Michele, campione italiano in questa terza edizione, eredita la corona dell’allievo Daniele Meotti, campione italiano 2009. Due umbri in tre edizioni dunque;

la nostra pesca in Italia si conferma un’eccellenza. E nel Mondo? Beh, per sapere se saremo all’altezza, non ci resta che tifare Michele e sperare che il fattore campo reciti la sua parte. Un umbro campione Mondiale in Umbria. Un sogno? Per ora sì, in futuro chissà…●

“credo che la pesca sia nel mio Dna. alle superiori, di tanto

in tanto, mi alzavo alle 5 del mattino per passare un paio

d’ore a pescare, poi tornavo a casa, doccia e via a scuola”

i grandi risultati sportivi raggiunti da moscati sono

il frutto di una passione, coltivata sin da piccolo e poi

proseguita nel tempo con dedizione e impegno

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Con il progetto “Sinergie” i soci fondatori hanno inteso

perseguire un nuovo modo di vivere l’attività professionale.

Un modello caratterizzato dall’esigenza di effettuare

investimenti costanti in risorse, in formazione, in strumenta-

zioni informatiche ed informative. Un modello contraddistinto

dalla necessità di porre la massima attenzione nella cura

delle fasi programmatiche ed organizzative. Il tutto con

l’obbiettivo di divenire “partner strategici” dei propri clienti,

valorizzando al massimo i talenti di cui la squadra dispone.

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Se in giovane età si possono correg-gere i problemi di postura o i dolori derivanti da traumi improvvisi in tempi relativamente brevi, quando

si entra nella “terza età” bisogna fare i conti con il progressivo indebolimento della strut-tura fisica. Lo stato di conservazione dei tes-suti, delle ossa e dei muscoli dipendono dalle sollecitazioni a cui sono stati sottoposti nel corso dell’intera vita, e ognuno di noi si porta dietro i segni degli sforzi e dei traumi che ha subito. In questo numero apriamo una fine-stra sulle problematiche legate alla cosiddetta “terza età”. Lo stesso concetto di “terza età” sta cambiando, visto l’allungamento della vita media, che ha costretto la medicina e la ricerca scientifica ad occuparsi di pro-blemi nuovi. Lo scopo è quello di consen-tire agli anziani di poter avere una qualità della vita accettabile, che permetta loro di ricominciare a praticare sport e, per chi non ha mai smesso, di continua-re, magari in maniera più leggera. La medicina sta quindi studiando sistemi riabilitativi e terapie far-macologiche specifiche per questa fascia d’età. Tutti sono concordi nel ritenere che camminare con passo leg-germente sostenuto, allunga la vita, perché fa bene all’appa-rato cardio-circolatorio e allo spirito, oltre che a tenere a bada i problemi di peso. Resta il fatto che le strutture osteo-articolari su-biscono con l’andar del tempo, un progressivo degrado, che comporta la perdita di elasticità

e di robustezza dell’apparato muscolo-sche-letrico. Osteoporosi, artrosi e artrite, sono le patologie più frequenti, aggravate in taluni casi dai chili di troppo che accumuliamo con-ducendo una vita sedentaria. Anche il sistema circolatorio e quello neuromotorio vanno in-contro ad una riduzione progressiva dell’effi-cienza che si traduce in movimenti più lenti e faticosi. Negli uomini come nelle donne si nota di frequente una correlazione diretta fra lavoro e deficit-funzionale: facciamo alcuni esempi. Un impiegato, con molta facilità, va incontro a patologie della colonna lombare e cervicale, per aver svolto a lungo un lavoro sedentario davanti al computer. L’imbian-chino potrebbe incorrere in frequenti pe-riartriti (dolore infiammatorio alle spalle);

il piastrellista, stando spesso in ginoc-chio rischia più di altri una gonartrosi (dolore infiammatorio alle ginocchia); le sarte devono invece fare i conti con problemi al tunnel carpale (do-lore ai polsi e deficit della funziona-lità delle mani). Coloro che hanno

praticato sport per molto tempo a livello amatoriale o professio-nistico, presentano i classici ac-ciacchi da usura. La medicina possiede oggi tanti strumenti riabilitativi efficaci, come la ionoforesi, la magnetoterapia e gli ultrasuoni a cui seguono

cicli di ginnastica medica ope-rata dal terapista di concerto con il

paziente, che successivamente può segui-re dei corsi di ginnastica dolce di manteni-mento. ●

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La ricetta per invecchiare bene:ginnastica e dieta bilanciataLo sport nella terza età mantiene sotto controllo il peso e fa bene anche allo spirito

Questa rubrica dedicata alla salute ospiterà gli interventi di Federico Boila, fisioterapista che opera nel settore da oltre quindici anni e che sarà lieto di rispondere alle domande dei nostri lettori scrivendo a: [email protected]

Federico Boiladi

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Sfida ai fornelli: l’antipasto è in tavolaA confronto la tecnica di uno chef e i segreti e l’esperienza di una casalinga

Procedimento:Una volta ottenuta la besciamella, aggiungervi i formaggi tagliati a dadolata ed il parmigiano grattugiato e, a fuoco moderato, ottenere una fonduta continuando a mescolare con un mestolo di legno. Lasciare raffreddare la fonduta e, successivamente, incorporarvi le uova e la farina (è possibile effettuare questa operazione anche con il frullatore). Aggiustare di sale, riempire a ¾ gli stampini precedentemente imburrati ed infarinati e cuocere in forno a bagno-maria per circa 20-25 minuti.

Tortino al formaggio

Luigi Zeppettidi

Chefdella Trattoria del Borgo

di Perugia

Nonna Tinadi

Sfama da oltre 30 anni marito

e tre figli

Ingredienti:(per circa 10 tortini): Besciamella “con il roux a 100” mezzo litro –

Formaggi dolci a pasta morbida g. 150 – Parmigiano grattugiato g. 50 – Uova n. 3 – Farina n. 2

Ingredienti (4 persone):1 rametto di rosmarino 4 cucchiai di farina

3 cucchiai di olio extravergine di oliva 100 g di guanciale

Arvoltolo

Procedimento:Si dice che fritta è buona pure una scarpa. Beh, probabilmente è vero, ma c’è una ricetta che secondo me va oltre alla semplice bontà data dalla doratura. E’ l’arvoltolo. Chi non è umbro, e soprattutto chi non è della provincia perugina si chiederà di cosa stiamo parlando. Semplificando al massimo si può dire che è una pastella fritta, ma con qualche accorgimento in più si può creare un vero piatto che tagliato a dadini può diventare un antipasto. Andiamo con ordine. In una terrina ponete la farina e un pizzico di sale, aggiungete acqua quanto basta per ottenere una pastella morbida. A questo punto potete aggiungere il guanciale tagliato a cubetti piccoli e il rosmarino tritato.

Mescolate bene. A parte, in una padella ampia, portate a temperatura di frittura l’olio e

versate un poco di pastella, per ottenere una sorta di crepe piuttosto

sottile. Fatela rosolare da entrambe le

parti, ponetela su un foglio di

carta da cucina e spolveratela

di sale. Servite caldissima. Piccola

variante per chiudere, se non aggiungete

rosmarino e guanciale, potete friggere la pastella

e poi cospargerla con lo zucchero per avere un dolce.

Una ricetta, due piatti. Buon appetito

Antipasti. E’ questa la portata su cui lo chef professionista e la nonna (anche essa a suo modo

professionista) si sfidano. A volte si

sottovaluta l’importanza di un antipasto che invece è il primo approccio con un pasto, per cui quello che, quando abbiamo un ospite, dà il primo impatto con quello

che sarà il menù. Due piatti diversi che pescano a loro modo dalla tradizione umbra con piccole e grandi rivisitazioni. Come sempre, buon appetito.

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